leggi e sentenze
10 gennaio 2001

LA LEGISLAZIONE D'EMERGENZA PER LO SMALTIMENTO DI RIFIUTI: L'ALLARME MUCCA PAZZA

A proposito dell'allarme sui recenti casi di BSE (encefaloptia spongiforme bovina) il Ministro della Sanità, Prof.Umberto Veronesi, ci fa sapere che "..iI prione della BSE è un agente scoperto abbastanza di recente - nel 1996 - grande come la millesima parte di un virus. Si tratta di una semplice proteina composta da 250 aminoacidi, prevalentemente metionina e valina, che si riproduce e, con la cascata a catena, infetta altri elementi e spinge altre proteine a riprodursi. Questo è un mistero dal punto di vista biologico, perché le proteine di per sé non potrebbero riprodursi, se non sono legate ad una frazione di DNA. Quindi, noi immaginiamo che questa proteina possa venire in contatto con una minima frazione di DNA o di RNA e acquisire questa capacità produttiva....non conosciamo la potenzialità evolutiva di questo prione. Potrebbe concludersi tutto con un episodio circoscritto o potrebbe, invece, assumere domani proporzioni epidemiche gigantesche. "

Proprio il timore su una possibile evoluzione epidemica della malattia ha portato prima i Ministri dell'Agricoltura della UE, poi il nostro Governo, ad emanare una serie di provvedimenti d'urgenza volti il più possibile a contenere la diffusione del morbo "mucca pazza" e a garantire il maggior numero di controlli sulle carni messe in libera vendita.

Conseguenti ai provvedimenti tesi a salvaguardare la salute dei consumatori si è proposto il problema di dover eliminare le parti anatomiche o le carcasse animali che sono state denominate come materiali specifici a rischio. Questi sono:

a) cranio, inclusi il cervello, gli occhi, le tonsille, il midollo spinale e l'ileo dei bovini di età superiore ai 12 mesi ;

b) cranio, inclusi il cervello, gli occhi, le tonsille, il midollo spinale di ovini e caprini di età superiore ai 12 mesi;

c) milza di ovini e caprini;

d) l'intero corpo di animali morti o abbattuti della specie bovina di età superiore a 12 mesi e della specie ovina e caprina di qualunque età.

Secondo il DM 29 settembre 2000 questo materiale deve essere distrutto previa rimozione al momento della macellazione qualora si tratti di parti anatomiche, oppure senza alcuna rimozione di parti o tessuti qualora sia costituito dall'intero corpo. In attesa dell'invio detto materiale può essere stoccato temporaneamente sia nel medesimo stabilimento nel quale è avvenuta la sua rimozione o in impianti o depositi temporanei autorizzati. Il materiale specifico a rischio costituito dalle parti anatomiche sopra indicate, deve essere colorato o marcato, raccolto e stoccato separatamente dagli altri materiali, trasportato in contenitori e con automezzi autorizzati.

Il materiale specifico a rischio costituito dalle richiamate parti anatomiche, deve essere distrutto:

a) senza trasformazione preliminare mediante incenerimento;

b) previa trasformazione preliminare in impianti di trattamento specificatamente autorizzati e successivamente inviato ad impianti di incenerimento;

c) previa trasformazione in impianti di trattamento e successivamente interrato in discarica autorizzata.

E' fatto divieto di impiego del materiale specifico a rischio, anche quale prodotto intermedio, in alimenti per il consumo umano, mangimi e fertilizzanti.

Sono inoltre fissate restrizioni all'importazione e viene affidato ai Servizi veterinari delle ASL il sistema dei controlli sull'osservanza di queste disposizioni.

L'intero corpo degli animali morti della specie bovina di età superiore a 12 mesi e della specie ovina o caprina di qualunque età deve essere distrutto:

a) senza trasformazione preliminare mediante incenerimento;

b) previa trasformazione preliminare in impianti di trattamento specificatamente autorizzati e successivamente inviato ad impianti di incenerimento o bruciato come combustibile in impianti autorizzati dal sindaco ed il cui esercizio sia altresì autorizzato ai sensi del D.P.R. 203/88.

Il trasporto degli animali morti deve essere effettuato con mezzi e strutture autorizzate e gestito da un sistema di documenti di accompagnamento redatti dal Servizio Veterinario.

Sul fronte europeo Bruxelles ritiene che saranno distrutti nell'Unione circa due milioni di capi, per un costo di 1.700 miliardi di lire a copertura del 70 per cento delle spese.

In Italia, il comparto registra 320 mila addetti, 120 aziende di allevamento, 2.500 aziende di macellazione e una produzione lorda vendibile di 6 mila miliardi. I capi bovini di età superiore ai dodici mesi, sono, attualmente, circa 4,9 milioni e il tasso di mortalità, sebbene molto variabile su base regionale (dallo 0,8 per cento al 2 per cento), è mediamente pari all' 1,2 per cento, il ché comporterebbe l'obbligo di smaltire, annualmente, circa 60 mila carcasse.

A queste necessità si sono venute ad aggiungere anche le richieste di smaltimento di bovini di età inferiore ai 12 mesi, suini, cavalli , polli, ecc. morti o abbattuti, i quali rientrano nella definizione di "rifiuti ad alto rischio" e che, fino alla data del 1 gennaio 2001, potevano essere inviati in impianti di trasformazione il cui prodotto veniva immesso sul mercato sotto forma di mangime animale e fertilizzante.

Sono materiali ad alto rischio i rifiuti di origine animale così definiti all'art.3 del D.lgs 508/92:

1. Sono materiali ad alto rischio:

a) tutti i bovini, suini, caprini, ovini, solipedi, volatili e tutti gli altri animali tenuti a scopi di produzione agricola, morti ma non macellati per consumo umano, compresi gli animali nati morti o da aborto;

b) altri animali morti di specie non elencate alla lettera a), di volta in volta stabilite dai servizi veterinari dell'unità sanitaria locale competente;

c) animali che sono stati abbattuti nell'ambito di misure di polizia veterinaria nell'azienda o in qualsiasi altro posto designato dall'autorità competente a stabilire tali misure;

d) rifiuti, compreso il sangue, provenienti da animali che in sede di ispezione veterinaria fatta in occasione della macellazione hanno presentato sintomi clinici o segni di malattie trasmissibili all'uomo o ad altri animali;

e) tutte le parti di animali macellati che non sono state presentate all'ispezione post-mortem, ad esclusione di cuoi e pelli, zoccoli, penne e piume, lana e pelame, corna, sangue e prodotti analoghi;

f) tutte le carni ivi comprese le carni di pollame e la cacciagione, il pesce e tutti i prodotti di origine animale in stato di deterioramento, che per tale motivo, costituiscono un rischio per la salute dell'uomo e degli animali;

g) gli animali, le carni ivi comprese le carni di pollame e la cacciagione, il pesce, i prodotti a base di carne, i prodotti lattiero caseari e gli altri prodotti di origine animale importati da Paesi terzi che, in particolare all'atto dei controlli previsti dalla normativa comunitaria, non sono conformi ai requisiti sanitari prescritti per poter essere importati nella comunità, a meno che essi siano riesportati o l'autorizzazione alla loro importazione sia subordinata a restrizioni previste dalla normativa comunitaria;

h) animali da reddito morti durante il trasporto, salvo che sottoposti a macellazione di emergenza per ragioni di benessere;

i) i rifiuti di origine animale contenenti residui di sostanze che possono costituire un pericolo per la salute dell'uomo o degli animali; latte, carne o prodotti di origine animale che, per la presenza dei suddetti residui, non sono adatti al consumo umano;

j) pesci con sintomi clinici o segni di malattie trasmissibili all'uomo o ai pesci.

In forza delle decisioni UE dal 1 gennaio e per un periodo di sei mesi sarà vietata l'utilizzazione di farine animali nel mangime destinato agli allevamenti. Giocoforza le imprese dedite a questo tipo di trasformazione hanno cessato il ritiro dei rifiuti adalto rischio per le quali si pone appunto il problema dell'eliminazione in sicurezza. Lo stesso vale per le imprese di trasformazione dei materiali a basso rischio, definiti, sempre secondo il 508, come altri rifiuti di origine animale diversi da quelli indicati all' art.3, comma 1.Così come si pone per le tonnellate di farine prodotte fino alla data del 1 gennaio 2001 che oggi non hanno più la possibilità di essere vendute sul mercato europeo.

C'è infine il problema dei bovini destinati alla macellazione, oltre i 30 mesi di età. I tempi lunghi dei test costringono ad una sosta forzata nella stalle e ad un invecchiamento dei capi, con abbassamento delle caratteristiche organolettiche delle carni e quindi perdite per l'allevatore. C'è chi ha chiesto che anche questi animali siano ritirati e conseguentemente distrutti mediante incenerimento e quindi risarcito l'allevatore.

Il costo della distribuzione delle carcasse e del materiale organico ritenuto a rischio varia dalle 800 alle 2 mila e 300 lire al chilogrammo e risulta in costante aumento a causa della carenza di strutture in grado di assicurare questo tipo di operazioni; il lievitare dei suddetti costi, associandosi alle nuove e più restrittive misure comunitarie, potrebbe favorire il diffondersi di comportamenti illegittimi, quali la distruzione clandestina e in strutture non autorizzate, sia delle carcasse, sia del materiale organico a rischio encefalopatia spongiforme bovina.

Nel Consiglio dei Ministri del 9 gennaio è stato approvato un decreto-legge finalizzato ad eliminare le situazioni di rischio igienico-sanitario e di grave disagio alle attività zootecniche, a seguito del fenomeno “mucca pazza”.

In particolare il decreto affida alla AGEA (ex AIMA) la possibilità di erogare un indennizzo pari a lire 726.000 per lo smaltimento (inclusa la raccolta, il pretrattamento e il trasporto) di ogni tonnellata di farine animali ad alto rischio e di materiali specifici a rischio. Per le farine animali a basso rischio è invece previsto un ammasso pubblico temporaneo da parte dell’AGEA al valore dei prezzi medi di mercato registrati nella settimana 6-12 novembre 2000: lire 490.000 per ogni tonnellata, con alcune maggiorazioni per le farine a più elevato tasso proteico. L’ammasso riguarderà, nel limite massimo di 30.000 tonnellate, anche le farine a basso rischio, prodotte prima dell’entrata in vigore del decreto. Le predette indennità saranno riconosciute per il materiale prodotto dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 maggio 2001. L’onere finanziario per lo Stato ammonta, per il periodo previsto, a 149,504 miliardi di lire, di cui 33,760 per lo smaltimento e 115,844 miliardi per l’ammasso pubblico delle farine a basso rischio.

Questo provvedimento ha fatto seguito all'emergere di grandi difficoltà nel reperimento di strutture da dedicare allo smaltimento dei rifiuti di origine animale. La prima decisione a questo riguardo era stata presa con Ordinanza 13 novembre 200 dove si prevede che coloro che esercitano attività di stoccaggio, trasposto e pretrattamento del materiale specifico a rischio operino in deroga agli articoli 11, 12, 15, 27, 28 e 30 del D.lgs 22/97 sulla gestione dei rifiuti.

Per impianto di pre-trattamento si intende un impianto di trasformazione del rifiuto consistente nella sua riduzione volumetrica operata mediante un processo di cottura. Tale processo va individuato tra quelli autorizzati dalla Comunità Europea e rientranti nelle definizioni di cui al DM 15 maggio 1993. La cottura del materiale ne provoca sostanzialmente la disidratazione con un riduzione in peso equivalente alla quinta parte del peso iniziale: il prodotto finale è una farina che deve essere distrutta in impianti di incenerimento o co-incenerimento (per es. i cementifici). Prima di poter operare l'impianto di pre-trattamento, se già esistente, deve aver richiesto e ottenuto la riconversione dell'attività. Questa riconversione viene autorizzata dal Ministero della Sanità dietro parere dei Servizi Veterinari Regionali, anche perchè a tale impianto verrà poi interdetta ogni altra attività di trasformazione.Allo stato sono quattro gli impianti autorizzati e tutti siti nel nord Italia.

La scelta urgente di individuare impianti dedicati al pre-trattamento fa mettere in secondo piano i problemi che possono sorgere dalla messa in funzione di tali processi. Si tratta di processi estremamente impattanti sul piano ambientale, in particolare sotto il profilo dell'inquinamento idrico e dell'inquinamento atmosferico. Inoltre, con l'emanazione dei provvedimenti anti BSE diventa evidente come ai materiali a rischio specifico si applichi ormai indiscutibilmente la nozione di "rifiuto" in quanto vige, per detti materiali, "l'obbligo di disfarsene".

La preoccupazione di ulteriori ritardi nella messa in esercizio del sistema nazionale di smaltimento fa dunque decidere per l'esclusione dell'applicabilità del Decreto Ronchi in modo cioè che questi impianti possano operare in deroga alle principali disposizioni dettate dal D.lgs 22/97. Salta quindi anche questo grado di valutazione preventiva che avrebbe potuto mettere le Autorità di controllo nelle condizioni di stabilire gli indispensabili requisiti strutturali e gestionali per garantire la compatibilità ambientale di questi processi.

Nella medesima ordinanza è previsto che il materiale specifico a rischio possa essere oggetto di attività di recupero energetico in impianti e stabilimenti che dovranno presentare alla provincia territorialmente competente la comunicazione di inizio attività secondo quanto disposto dagli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 22/97.

Il materiale in ingresso a queste strutture deve provenire da impianti di trattamento del materiale a specifico rischio per la trasformazione in farina proteica animale avente P.C.S minimo sul tal quale di 16.000 Kj/Kg, umidità in massa massimo 5% e ceneri sul secco in massa 10%.

Tra le condizioni perchè il recupero energetico della farina proteica animale possa essere effettuato attraverso la combustione c'è in particolare il divieto di manipolazione diretta della farina nonché qualsiasi forma di dispersione ambientale della stessa, da attuarsi mediante alimentazione automatica della farina proteica.

I timori circa la dispersione ambientale delle farine sollevati dai dipendenti delle aziende che in Italia dispongono di un impianto di incenerimento, i problemi di impaccamento determinati dal passaggio delle stesse nei filtri alle emissioni, fanno ridurre drasticamente il numero delle strutture che avanzano la comunicazione di regime semplificato ai sensi dell'art.33.

La scarsità di impianti adatti e le necessità di trasporto mediante imprese autorizzate fa lievitare consistentemente i costi delle operazioni di smaltimento. Se nei macelli questo comporta l'ammasso delle parti anatomiche separate dal corpo degli animali nelle celle frigo, fino ad un incremento esponenziale in deposito tale da dover richiedere lo stop dei ritiri, negli allevamenti si pone il problema di come eliminare le carcasse degli animali morti.

Sempre secondo il DM 29 settembre 2000, fermo restando l'obbligo della colorazione, il materiale specifico a rischio puo' essere interrato in una discarica autorizzata a condizione che sia stato sottoposto al trattamento di cui all'allegato I alla decisione della Consiglio 1999/534/CE del 19 luglio 1999. Questa soluzione tuttavia non sposta il problema a causa della scarsità di tali impianti.

Si risolve allora, sempre ai sensi del medesimo decreto, il quale prevede che nei casi di cui all'art. 3, comma 3, lettere a), c) e d) del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, e' consentito derogare alle modalita' di distruzione delle carcasse di animali morti o abbattuti applicando quanto in essi previsto. Ciò significa in sostanza che l'autorità sanitaria locale decide, se necessario, che i materiali ad alto rischio siano eliminati, mediante incenerimento o mediante sotterramento secondo che:

a) il trasporto fino allo stabilimento più vicino di trasformazione di materiali ad alto rischio di animali colpiti da una malattia epizootica o che si sospetta ne siano colpiti è rifiutato a causa del pericolo che si propaghino rischi sanitari;

c) la presenza diffusa di una malattia epizootica comporta un carico eccessivo per lo stabilimento di trasformazione di materiali ad alto rischio;

d) i rifiuti di origine animale in questione provengono da luoghi di difficile accesso; e) la quantità e la distanza non giustificano la raccolta di rifiuti.

Su un aspetto quindi così delicato come l'interramento di anmali morti prevale la figura dell'autorità sanitaria locale. Unica preoccupazione circa gli effetti ambientali si legge al successivo comma 4:

"Qualora si ricorra al sotterramento dei materiali di cui al comma 1, questi devono essere sotterrati in un terreno adeguato per evitare contaminazioni delle falde freatiche o danni all'ambiente ed a una profondità sufficiente ad impedire a carnivori di accedervi; prima del sotterramento, detti materiali devono essere cosparsi, se necessario, con un opportuno disinfettante stabilito dal servizio veterinario dell'unità sanitaria locale di competenza."

Tuttavia, man mano vengano ad applicarsi i vari provvedimenti emessi, diventa evidente come non si possa affrontare l'emergenza dello smaltimento con i ripieghi. Per la prima volta si assiste così in Italia alla precettazione generalizzata degli impianti di incenerimento, sia pubblici che privati, anche se solo per tre mesi.

Con Ordinanza 3 gennaio 2001 infatti:

I titolari degli impianti di incenerimento devono accettare, ai fini della distruzione:

a) il materiale specifico a rischio come definito all'art. 1, comma 2, lettera f) del decreto del Ministero della sanita' 29 settembre 2000, sia tal quale che sottoposto a trasformazione preliminare ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera b) del medesimo decreto 29 settembre 2000;

b) le farine ottenute da rifiuti di origine animale ad alto rischio come definiti all'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, e successive modifiche.

Con le decisioni del Consiglio dei Ministri del 9 gennaio aumentano le probabilità che si inneschi il ciclo virtuoso del corretto smaltimento. E' facile prefigurare come solo la certificazione dell'impianto di incenerimento possa garantire che l'allevatore o il macello siano risarciti delle spese sostenute. Se tale incentivo funzionerà e se, soprattutto, gli inceneritori saranno in grado di sostenere l'urto di una tale massa di rifiuto, possibilmente non a spese dell'ambiente, lo vedremo nei prossimi mesi.

 

 

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