leggi
e sentenze
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3
ottobre 2001
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COSTITUZIONALMENTE ILLEGGITTIMO IL DECRETO SUI SERBATOI INTERRATI: E ADESSO CHE FARE?
Il mese di luglio, per chi ha a cuore le sorti dell'ambiente in questo paese, ha riservato una sgradita sorpresa. La Corte Costituzionale ha infatti deciso per l'illeggittimità costituzionale del decreto ministeriale 24 maggio 1999 n.246 su sollecitazione della Provincia Autonoma di Trento. La sentenza è pubblicata di seguito a questo commento. Cosa dire a proposito. Non è la prima volta che illeggitimità parziali o totali di norme che disciplinano la protezione ambientale sono dichiarate a seguito di contestazioni presentate da una o entrambe le province autonome di Trento e Bolzano. E' noto che le due province tengono molto alla loro autonomia e che prestano un'attenzione estrema a leggi e regolamenti emanati dal Parlamento in modo che non vi siano indicazioni cogenti in grado di lederla. Di quanto è capitato in passato è stato fatto tesoro ed è per questo che il legislatore non fa mai mancare in testa ad ogni nuovo provvedimento una precisazione analoga alla seguente: "Ai fini della presente legge, sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome previste dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione." Evidentemente, nel decreto in questione, se ne sarà dimenticato.
Altre dimenticanze, o per meglio dire, veri e propri errori, sono il non aver previsto che, con l'abrogazione di due decreti legislativi, il primo riguardante la tutela delle acque sotterranee dagli scarichi indiretti, il D.lvo 132/95, il secondo gli insediamenti a rischio di incidente rilevante, il DPR 175/88, veniva a mancare la base normativa strumentale all'approvazione del decreto sui serbatoi interrati.
Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132 assegnava infatti al Ministro dell’ambiente il compito di indicare le misure necessarie per impedire scarichi indiretti di sostanze inquinanti. Il D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175 assegnava ancora al Ministero dell’ambiente il potere, di carattere essenzialmente tecnico, di emanare norme generali di sicurezza alle quali devono attenersi i fabbricanti le cui attività rientrino nel campo di applicazione del decreto, oltre ad attribuire allo stesso Ministro funzioni di indirizzo e coordinamento. Abrogati questi decreti, nelle nuove formulazioni del testo unico sulle acque e nella nuova legge denominata "Seveso bis" queste prerogative del Ministero dell'Ambiente sono completamente saltate. Su queste fondamenta, o meglio, sulla loro abrogazione, la Corte Costituzionale non ha potuto altro che confermare i rileievi della Provincia di Trento.
Sul fatto poi che il decreto, con la definzione di linee guida relative all’applicazione delle tecnologie di contenimento e rilevamento dei rilasci dei serbatoi interrati, potesse produrre una lesione degli interessi della Provincia di Trento tutelati con il sistema normativo di protezione ambientale risalente al 1990, in particolare per la parte riguardante questo particolare tema, è lecito esprimere più di un dubbio. Dal punto di vista tecnico le prescrizioni del decreto ministeriale rimangono ad un livello indiscutibilmente più elevato di tutela del suolo e sottosuolo rispetto alle indicazioni discretamente generiche che si possono ritrovare nel “Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti”.
Ma ormai è fatta e non serve recriminare. Piuttosto bisogna chiedersi che fare adesso. Nella Provincia di Trento rimarrà comunque una fase di controllo preventivo in grado di assicurare un livello minimo di protezione, nel resto del paese se ne dovrà fare totalmente a meno, con tanti auguri per l'ambiente.
La soluzione più rapida e indolore è la riproposizione del decreto da parte del Ministero dell'Ambiente, sulla base di nuove premesse normative e con l'accortezza di non deprivare le province autonome delle loro prerogative. Ma qualcosa ci dice che non sarà così, stante l'attuale atteggiamento "semplificatorio" della maggioranza al Governo (dove per semplicazione si intende l'abrogazione tout court delle norme).
Una alternativa, più favorevole, è l'adozione di una direttiva di analoghi contenuti da parte delle regioni, anche grazie alle nuove competenze loro affidate dalla Legge sul Federalismo (oggetto di referendum). Lo stesso da parte di province o comuni i quali possono inserire questo armamentario tecnico nelle regolamentazione locali come il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale o nelle Norme Tecniche di Attuazione dei Piani Regolatori. Naturalmente il rischio concreto è che queste decisioni siano rimesse alle sensibilità che possono essere o non essere presenti nelle diverse regioni italiane o comunque sollecitate dall'improvviso de profundis del DM 246/9 con la conseguenza di una normazione a macchia di leopardo. A questa preoccupazione si può tuttavia rispondere che la realtà in cui ci troviamo a vivere è effettivamente e da tempo variegata, che non ci si faccia illusioni sull'uniformità delle discipline nella loro concretazione decentrata. Ci sono regioni che legiferano e spendono perchè le loro leggi si applichino, altre che legiferano perchè l'importante sono le apparenze, altre che non legiferano proprio.
Bisogna in ogni caso ricordare che l'interramento di un serbatoio costituisce trasformazione del territorio, quindi, come tale, assoggettabile alle disposizioni vigenti in materia di edilizia. Potrà essere una autorizzazione edilizia o una denuncia di inizio attività, come prevede il disegno di legge attualmente in sede referente presso la Camera, il procedimento attraverso il quale prescrivere quelle caratteristiche tecnico-costruttive e quei sistemi di controllo e monitoraggio richiesti dal decreto abrogato.
La speranza tuttavia è un'altra. Forse questa è l'occasione per il mondo delle imprese per dimostrare che le cose si fanno con scrupolo anche senza i condizionamenti di una legge, che è possibile un'adesione volontaria ai requisiti del decreto abrogato sia sotto il profilo delle nuove realizzazioni, delle sostituzioni e dismissioni, delle manutenzioni periodiche.
Un esempio potrebbe venire dalle ristrutturazioni delle stazioni di rifornimento, dove si mostra l'atteggiamento positivo di chi tiene in conto più la sostanza delle direttive, che la loro forma giuridica. Per quanto se ne possa sapere a proposito è noto infatti che alcune compagnie di bandiera hanno anticipato da anni l'applicazione di quei requisiti che saranno poi introdotti dal decreto. Vogliamo sperare che questo comportamento virtuoso abbracci il maggior numero di imprese.
SENTENZA N. 266 - ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernando SANTOSUOSSO Presidente
- Massimo VARI Giudice
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Trento notificati il 28 dicembre 1998 ed il 24 settembre 1999, depositati in Cancelleria il 7 gennaio ed il 29 settembre 1999, per conflitti di attribuzione sorti a seguito: a) degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 10; 11; 12 del decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 recante «Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati»; b) degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 9; 10; 11; 12 e allegati A) e B) del decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante norme concernenti i requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati), ed iscritti ai nn. 1 e 32 del registro conflitti 1999.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 gennaio 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 (Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati), lamentando la violazione - in particolare, ad opera degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 10; 11; 12 dell’impugnato decreto - dell’art. 8, numeri 5) e 6), dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che assegna alla ricorrente potestà legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori, e di tutela del paesaggio; dell’art. 9, numeri 9) e 10), dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che attribuisce alla Provincia potestà legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, nonché di igiene e sanità; dell’art. 16 dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che conferisce alle Province autonome corrispondenti funzioni amministrative nelle menzionate materie; dell’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); dei princìpi costituzionali relativi all’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento; dell’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa); del principio di leale cooperazione tra Stato, regioni e province autonome.
La Provincia di Trento chiede a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato di emanare, nei confronti della Provincia autonoma di Trento, il decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998, recante «Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati», ed in particolare le disposizioni di cui agli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 10; 11; 12. La ricorrente chiede altresì che venga annullato lo stesso decreto, “con particolare riferimento alle specifiche disposizioni impugnate”, per violazione delle invocate disposizioni statutarie e costituzionali.
Nel ricorso, si illustra il contenuto delle disposizioni ministeriali censurate, le quali hanno la finalità, come risulta espressamente dall’art. 1 del decreto all’origine del presente conflitto, di salvaguardia e prevenzione dell’inquinamento del suolo e delle acque superficiali e sotterranee che potrebbe essere causato dal rilascio delle sostanze o preparati contenuti nei serbatoi interrati di cui si tratta, destinati allo stoccaggio di sostanze per uso commerciale o industriale. In particolare, la ricorrente denuncia la lesione della propria sfera di attribuzioni legislative e amministrative ad opera dell’art. 4, che abilita il Ministro dell’ambiente a svolgere funzioni di indirizzo, promozione e coordinamento delle attività connesse con l’applicazione del decreto impugnato (comma 1, lettera a) e ad elaborare e proporre “le linee guida relative all’applicazione delle tecnologie di contenimento e rilevamento dei rilasci dei serbatoi interrati” (lettera b). A questo riguardo, nel ricorso si osserva che “tali ‘linee guida’ ... hanno, al di là delle apparenze, un netto carattere normativo, come risulta dal rinvio che ad esse fa l’art. 12”. Le disposizioni successive, che la ricorrente ritiene lesive, stabiliscono competenze di organi statali, regionali e comunali in ordine al rilascio di autorizzazioni e concessioni (art. 5, commi 1-3), disciplinando i relativi procedimenti (art. 5, comma 4); stabiliscono procedure amministrative per l’installazione di nuovi serbatoi (art. 6) e per la dismissione di serbatoi esistenti (art. 9); dettano regole sulla conduzione, la registrazione e il controllo dei serbatoi interrati (art. 8) e stabiliscono i tempi limite di esercizio degli stessi, nonché le modalità di adeguamento alla nuova disciplina (artt. 10 e 11).
La ricorrente si duole innanzi tutto dell’incidenza del decreto ministeriale impugnato in una materia nella quale essa aveva già legittimamente esercitato la propria potestà legislativa, con l’adozione del “Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti”, che all’art. 26 disciplina i serbatoi o contenitori di materiali inquinanti (disciplina integrata dalla deliberazione della Giunta provinciale del 25 maggio 1990, n. 6043, “Determinazione soglie-limite per l’applicazione della disciplina relativa ai serbatoi e contenitori di materiale inquinante”) e con l’approvazione della legge provinciale 22 dicembre 1983, n. 46 (Disciplina del settore commerciale), che all’art. 51 detta norme in materia di distributori di carburanti.
Nel ricorso si denuncia poi la mancanza di una “base legislativa” a fondamento del decreto ministeriale 20 ottobre 1998. Tra tutti i riferimenti normativi citati nelle premesse dell’impugnato decreto, si legge nel ricorso, il solo decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132 (Attuazione della direttiva 80/68/CEE concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose), assegna (art. 4, comma 3) al Ministro dell’ambiente il compito di indicare le misure necessarie per impedire scarichi indiretti di sostanze inquinanti. Senonché, rileva la ricorrente, l’atto all’origine del conflitto non può considerarsi emanato nell’esercizio del potere conferito al Ministro dell’ambiente dal menzionato decreto legislativo n. 132 del 1992: “Lo escludono, da un lato, il diverso oggetto ... dall’altro, la diversa procedura e le diverse autorità coinvolte”.
La Provincia ricorrente esclude inoltre che il decreto ministeriale impugnato possa legittimamente vincolare le province autonome come atto di indirizzo e coordinamento, non essendo stato adottato nel rispetto dell’art. 3 del citato decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che prevede una procedura di consultazione della provincia e richiede una fonte legislativa per porre “oneri di adeguamento della legislazione provinciale”. Né, si afferma nel ricorso, la natura tecnica della normativa ministeriale – ad avviso della Provincia di Trento, propria del solo art. 7 – potrebbe sottrarre il decreto impugnato alle censure prospettate in riferimento all’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992. In ogni caso, conclude la ricorrente, risulterebbe comunque violato l’art. 8, comma 1, della legge n. 59 del 1997, che assoggetta ad intesa con la Conferenza Stato-regioni anche gli “atti di coordinamento tecnico”, e, contestualmente, il principio costituzionale di leale cooperazione.
2. - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per chiedere – previa riserva di successive e più ampie deduzioni – il rigetto del ricorso, costituendo l’impugnato decreto ministeriale “legittimo esercizio di competenza dello Stato ... che non reca invasione o turbativa di attribuzioni della ricorrente provincia”.
3. - Con un successivo ricorso, regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato un secondo conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante norme concernenti i requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati), lamentando la violazione - in particolare, ad opera degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 9; 10; 11; 12, nonché degli Allegati A e B dello stesso d.m. – dell’art. 8, numeri 5) e 6), dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che assegna alla ricorrente potestà legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori, e di tutela del paesaggio; del successivo art. 9, numeri 3), 9) e 10), dello stesso statuto speciale, che attribuisce alla provincia potestà legislativa concorrente in materia di commercio, utilizzazione delle acque pubbliche, igiene e sanità; dell’art. 16 dello statuto speciale, che conferisce alle province autonome le corrispondenti funzioni amministrative; degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); dell’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa); dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri); del principio costituzionale di leale cooperazione.
La Provincia di Trento chiede a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato di emanare, nei confronti della Provincia autonoma di Trento, il decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246, ed in particolare le disposizioni di cui agli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 9; 10; 11; 12; Allegati A e B. La ricorrente chiede altresì l’annullamento delle disposizioni ministeriali ritenute lesive della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite.
Il decreto ministeriale impugnato con questo secondo ricorso sostituisce, a norma dell’art. 13, il decreto del Ministro dell’ambiente del 20 ottobre 1998 - già impugnato dalla Provincia autonoma di Trento [Confl. n. 1/99] - e presenta un contenuto sostanzialmente invariato. Sviluppando la ricorrente censure ed argomentazioni del tutto analoghe a quelle già contenute nel primo ricorso, non occorre ripercorrere le deduzioni svolte ai fini dell’instaurazione di questo secondo conflitto [n. 32/99].
4. - Anche nel presente giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per chiedere – previa riserva di successive e più ampie deduzioni – il rigetto del ricorso.
5. - In prossimità dell’udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria per argomentare l’infondatezza del ricorso con il quale la Provincia di Trento ha promosso il conflitto n. 32/1999.
Nella memoria, l’Avvocatura individua il fondamento normativo dell’impugnato decreto del Ministro dell’ambiente n. 246 del 1999, anzitutto, nel d.P.R. 17 maggio 1988, n. 175 (Attuazione della direttiva CEE n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, 183), come modificato dalla legge 19 maggio 1997, n. 137 (Sanatoria dei decreti-legge recanti modifiche al D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali), che “assegna al Ministero dell’ambiente il potere, di carattere essenzialmente tecnico, di emanare norme generali di sicurezza alle quali devono attenersi i fabbricanti le cui attività rientrino nel campo di applicazione del decreto”, oltre ad attribuire allo stesso Ministro funzioni di indirizzo e coordinamento.
A fondamento del potere ministeriale contestato, il resistente invoca anche la direttiva 80/68/CEE, recepita con decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132 (Attuazione della direttiva 80/68/CEE concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose). La citata disciplina statale di recepimento, sottolinea l’Avvocatura, è stata successivamente trasfusa nel decreto legislativo n. 152 del 1999.
La normativa tecnica all’origine del presente conflitto, osserva la difesa erariale anche sulla scorta di considerazioni generali attinenti alla politica comunitaria in materia ambientale basata sull’art. 174 (ex art. 130R) del Trattato CE, ed invocando altresì l’art. 10 (ex art. 5) dello stesso Trattato, costituisce adempimento di precisi obblighi comunitari e si propone di coordinare l’interesse ambientale con quello alla “detenzione di sostanze che presentano un elevato rischio sia sotto il profilo ambientale ... che di sicurezza pubblica e di tutela della salute”.
La materia disciplinata dal provvedimento ministeriale impugnato, si legge nella memoria, “non è certamente quella urbanistica, per la quale la Provincia di Trento ha potestà legislativa primaria, ma quella di prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti e dell’inquinamento delle acque e del suolo, per la quale potrebbe al più rinvenirsi una potestà legislativa concorrente”.
Il rispetto di tale competenza concorrente, aggiunge l’Avvocatura, sarebbe “garantita dall’art. 16 del d.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, per quanto riguarda i rischi particolarmente rilevanti; dall’art. 3, comma 8, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, per quanto concerne la tutela delle acque dall’inquinamento; dall’art. 1 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo al recepimento delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi”.
Quanto al dedotto esercizio, da parte della ricorrente, della potestà legislativa nella materia dei serbatoi interrati, l’Avvocatura osserva che “la Provincia doveva farsi carico in primo luogo di evidenziare la piena conformità della normativa provinciale alla normativa comunitaria in materia ambientale”.
6. - In prossimità dell’udienza, anche la Provincia Autonoma di Trento ha depositato una memoria illustrativa ad integrazione del secondo ricorso [R. confl. n. 32/1999] e per replicare alla memoria depositata dall’Avvocatura.
La ricorrente esclude innanzi tutto che il richiamato d.P.R. 17 maggio 1988, n. 175 – che conferisce al Ministro dell’ambiente il potere di indicare norme generali di sicurezza per attività industriali comportanti il rischio di “incidenti rilevanti” - possa costituire il fondamento legale dell’impugnato regolamento ministeriale: quest’ultimo, infatti, “non rinvia … alle sostanze contemplate dal d.P.R. n. 175 del 1988”, le quali, si legge, sarebbero “rilevanti per la loro attitudine a generare fenomeni fisici di pericolosità, che solo in parte sono riconducibili all’inquinamento del suolo e delle acque”. Nella memoria si insiste poi sul carattere amministrativo e non tecnico della normativa ministeriale censurata.
La difesa della Provincia deduce poi l’avvenuta abrogazione, anteriormente alla pubblicazione (in G.U. del 29 luglio 1999, n. 176) del d.m. impugnato, del decreto legislativo n. 132 del 1992 – anch’esso invocato dalla difesa erariale quale base legale del potere esercitato - ad opera del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, pubblicato il 29 maggio 1999, “senza che risultino particolari clausole che differiscano l’entrata in vigore oltre il normale termine di vacatio”.
La memoria della Provincia richiama inoltre l’art. 18 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, che ha abrogato il citato d.P.R. n. 175 del 1988.
Anche l’affermata necessità di introdurre la censurata disciplina ministeriale in adempimento di obblighi comunitari viene contestata dalla Provincia autonoma, che non assume “una assoluta impossibilità per lo Stato di intervenire in materia ambientale”, ma lamenta “la mancanza di fondamento legislativo del d.m. in questione e l’inidoneità del tipo di atto prescelto ad interferire in materie di competenza provinciale”. Si legge ancora, a questo riguardo, nella memoria della ricorrente: “non risulta che il regolamento qui impugnato sia attuativo di una specifica direttiva, né viene citata una norma legislativa che autorizzi la recezione in via regolamentare di tale ipotetica direttiva”.
D’altro canto, conclude la Provincia autonoma, la disciplina provinciale è “ben più ampia e rigorosa rispetto a quella dettata dal regolamento impugnato, sia sotto l’aspetto oggettivo, in quanto riguarda tutte le sostanze inquinanti ... sia sotto l’aspetto soggettivo, in quanto è destinata a chiunque detenga serbatoi o depositi di sostanze inquinanti”.
Nella memoria si lamenta infine che l’Avvocatura non avrebbe replicato alle doglianze relative alla dedotta violazione dell’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
1. -
Con due distinti ricorsi, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto
di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione ai decreti del Ministro
dell’ambiente
20 ottobre
1998 (Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio
di serbatoi interrati) e 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante norme
concernenti i requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio
di serbatoi interrati).
Con il primo ricorso, la Provincia ricorrente chiede alla Corte di accertare se spetti allo Stato di emanare, nei confronti della Provincia autonoma di Trento, il decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 (poi abrogato e sostituito dal successivo regolamento ministeriale 24 maggio 1999, n. 246, sostanzialmente invariato nel contenuto) ed in particolare le disposizioni di cui agli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 10; 11; 12 - e se debba essere annullato tale decreto, “con particolare riferimento alle specifiche disposizioni impugnate”, in quanto lesivo della sfera di attribuzioni della ricorrente Provincia autonoma di Trento, come definite dall’art. 8, numeri 5) e 6), dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che assegna alla ricorrente potestà legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori, e di tutela del paesaggio; dall’art. 9, numeri 9) e 10), dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che attribuisce alla Provincia potestà legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, nonché di igiene e sanità; dall’art. 16 dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che conferisce alle province autonome le corrispondenti funzioni amministrative; dall’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); dai principi costituzionali relativi all’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento; dall’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa); dal principio di leale cooperazione tra Stato, regioni e province autonome.
In particolare, si chiede alla Corte di accertare se siano lesivi delle attribuzioni provinciali l’art. 4 del decreto impugnato, che abilita il Ministro dell’ambiente a svolgere funzioni di indirizzo, promozione e coordinamento delle attività connesse con l’applicazione del medesimo (comma 1, lettera a) e ad elaborare e proporre “le linee guida relative all’applicazione delle tecnologie di contenimento e rilevamento dei rilasci dei serbatoi interrati” (lettera b) - avendo “tali ‘linee guida’ ... al di là delle apparenze, un netto carattere normativo, come risulta dal rinvio che ad esse fa l’art. 12” – e le disposizioni successive, che stabiliscono competenze di organi statali, regionali e comunali in ordine al rilascio di autorizzazioni e concessioni (art. 5, commi 1-3), disciplinando i relativi procedimenti (art. 5, comma 4); che stabiliscono procedure amministrative per l’installazione di nuovi serbatoi (art. 6) e per la dismissione di serbatoi esistenti (art. 9); che dettano regole sulla conduzione, la registrazione e il controllo dei serbatoi interrati (art. 8) e stabiliscono i tempi limite di esercizio degli stessi, nonché le modalità di adeguamento alla nuova disciplina (artt. 10 e 11).
Ad avviso della ricorrente, le richiamate disposizioni sarebbero lesive della propria sfera di autonomia legislativa ed amministrativa, giacché, in primo luogo, inciderebbero in un settore nel quale la Provincia di Trento aveva già legittimamente esercitato la propria potestà legislativa, con l’adozione del “Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti”, che all’art. 26 disciplina i serbatoi o contenitori di materiali inquinanti (disciplina integrata dalla deliberazione della Giunta provinciale del 25 maggio 1990, n. 6043, “Determinazione soglie-limite per l’applicazione della disciplina relativa ai serbatoi e contenitori di materiale inquinante”) e con l’approvazione della legge provinciale 22 dicembre 1983, n. 46 (Disciplina del settore commerciale), che all’art. 51 detta norme in materia di distributori di carburanti.
In secondo luogo, lamenta la ricorrente, la disciplina impugnata sarebbe priva di “base legislativa”, giacché l’atto all’origine del conflitto non può considerarsi emanato nell’esercizio del potere conferito al Ministro dell’ambiente dal menzionato decreto legislativo n. 132 del 1992: lo escluderebbero, “da un lato, il diverso oggetto ... dall’altro, la diversa procedura e le diverse autorità coinvolte”. In sede di replica alla difesa erariale, la Provincia ha poi rilevato l'intervenuta abrogazione del decreto legislativo n. 132 del 1992 ad opera del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, ed altresì richiamato l’art. 18 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, che ha abrogato il d.P.R. n. 175 del 1988, anch’esso richiamato nel preambolo dei regolamenti impugnati, ed invocato dall'Avvocatura, unitamente al d. lgs. n. 132 del 1992, quale fondamento legale del potere ministeriale contestato.
In terzo luogo, l’impugnato decreto ministeriale, eventualmente interpretato come atto di indirizzo e coordinamento, sarebbe – ad avviso della ricorrente – in contrasto con l’art. 3 del citato decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che prevede la consultazione della Provincia e richiede una fonte legislativa per porre “oneri di adeguamento della legislazione provinciale” (a quest'ultimo riguardo, viene in realtà implicitamente evocato anche l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992); interpretato come disciplina di natura tecnica, l’impugnato d.m. avrebbe d’altro canto violato l’art. 8, comma 1, della legge n. 59 del 1997, che assoggetta ad intesa con la Conferenza Stato-regioni anche gli “atti di coordinamento tecnico”, e, contestualmente, il principio costituzionale di leale cooperazione.
2. - Del tutto analoghi sono i termini del secondo conflitto [R. confl. n. 32/1999], sollevato in relazione al successivo decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246. Con riferimento a questo secondo decreto ministeriale, in aggiunta alle censure sopra enumerate, la Provincia di Trento lamenta la lesione delle attribuzioni statutarie anche in materia di commercio (art. 9, n. 3, dello statuto per il Trentino-Alto Adige); la violazione anche dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri); la violazione altresì dell’art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
3. -
Con i ricorsi in epigrafe, la Provincia autonoma di Trento lamenta la lesione
della propria sfera di attribuzioni ad opera dei decreti del Ministro dell’ambiente
20 ottobre 1998 e 24 maggio 1999,
n. 246, di contenuto quasi identico, invocando i medesimi parametri e avanzando
doglianze del tutto analoghe. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti
e decisi con unica sentenza.
4. -
In ordine al primo dei due ricorsi, deve essere dichiarata la cessazione della
materia del contendere, essendo stato il decreto del Ministro dell’ambiente
20 ottobre
1998 abrogato e sostituito dal decreto dello stesso Ministro 24 maggio 1999,
n. 246, anch’esso impugnato dalla Provincia di Trento, con il secondo ricorso.
Come
si evince dal secondo ricorso, il primo decreto ministeriale, all'origine
del conflitto n. 1 del 1999, è stato espressamente ed interamente sostituito
dal successivo regolamento ministeriale n. 246 del 1999, sostanzialmente invariato
nel contenuto, in séguito a rilievi della Corte dei conti in merito alla non
conformità del primo decreto - sotto il profilo formale e procedurale - all'art.
17, commi 3 e 4, della legge n. 400 del 1988. In particolare – si legge nell’atto
introduttivo del secondo conflitto - era stata rilevata l'omessa sottoposizione
del primo regolamento al controllo preventivo della Corte di conti.
Poiché
il regolamento del Ministro dell’ambiente 24 maggio
1999, n. 246 è venuto a sostituire integralmente l’atto all’origine del conflitto
di cui si tratta, e non risultando che il decreto impugnato abbia prodotto
effetti, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
5. - Il ricorso con il quale la Provincia di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 deve essere accolto.
E’ fondata infatti la doglianza della ricorrente, che lamenta come la disciplina impugnata sia priva di “base legislativa” e pertanto lesiva dell’autonomia provinciale.
Anteriormente
all’emanazione del regolamento impugnato è venuto meno il fondamento legislativo
del potere ministeriale invocato dalla difesa erariale, essendo stato espressamente
abrogato il d.lgs. n. 132 del 1992 – che all’art. 4, comma 3, conferiva al
Ministro dell'ambiente il potere di indicare le misure necessarie per impedire
scarichi indiretti di sostanze inquinanti - dal d.lgs. 11 maggio 1999, n.
152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento
della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane
e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento
provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), pubblicato in Gazzetta
Ufficiale del 29 maggio 1999, n. 124, ed entrato in vigore prima della
pubblicazione dell'impugnato d.m. 24 maggio 1999, n. 246, in Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 1999, n. 176.
Poco
dopo, anche l’altro provvedimento legislativo indicato dall’Avvocatura dello
Stato quale “base legislativa” dei contestati regolamenti ministeriali, il
d. lgs. n. 175 del 1988 - che all’art. 12 assegnava al Ministro dell'ambiente
funzioni di indirizzo e prevedeva che “con uno o più decreti del Ministro
dell'ambiente verranno indicate le norme generali di sicurezza cui devono,
sulla base della disciplina vigente, attenersi tutti i fabbricanti le cui
attività industriali rientrano nel campo di applicazione del presente decreto”
– è stato (ad eccezione dell'art. 20, disciplinante le ispezioni), espressamente
abrogato dall'art. 30 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione
della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incendi rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose).
Quanto
precede impone a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato, in
difetto di esplicita autorizzazione legislativa ai sensi dell’art. 17, comma
3, della legge n. 400 del 1988, emanare il decreto del Ministro dell’ambiente
24 maggio 1999, n. 246 e altresì, conseguentemente, di annullare lo stesso decreto ministeriale
n. 246 del 1999.
Rimane
assorbita ogni ulteriore censura.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
COSTITUZIONALE
riuniti
i giudizi,
dichiara che
non spetta allo Stato, in assenza di base legislativa, emanare il decreto
del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante
norme concernenti i requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione
e l’esercizio di serbatoi interrati) e conseguentemente annulla lo stesso decreto del Ministro
dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246;
dichiara cessata
la materia del contendere in ordine al conflitto di attribuzione sollevato
dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dello Stato con il ricorso
in epigrafe n. 1 del 1999.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 5 luglio 2001.
F.to:
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2001.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA