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1 febbraio 2003

Uno choc. Solo così si può definire la notizia degli arresti all'Enichem di Priolo per gravi fatti di inquinamento ambientale. Quando giovedì 16 gennaio sono apparsi i primi articoli sui quotidiani all'interno dei quali si narrava di scarichi di mercurio, certificati falsi, traffico di rifiuti pericolosi, doppi fondi e altro ancora si stentava a credere che non si stesse parlando di criminalità ambientale legata al fenomeno delle ecomafie, ma del comportamento di uno dei più importanti gruppi industriali nazionali nel campo della chimica, l'Enichem appunto.

Per la prima volta in Italia, grazie all'inserimento nel codice penale del delitto di "traffico illecito di rifiuti" (avvenuto sul filo di lana della precedente legislatura), il quale permette finalmente l'utilizzo degli strumenti di polizia investigativa come le intercettazioni, la Procura della Repubblica di Siracusa è entrata nelle stanze del management di una grande industria scopredo cose che sfidano l'immaginazione e sollevano l'indignazione fino a dover commentare i comportamenti rilevati come indice di un "sostanziale disprezzo per il valore dell’ambiente e dunque della stessa vita umana" (dalla conferenza stampa).

Dei risultati dell'inchiesta sono filtrate solo poche notizie, pochi brani di conversazione, singoli flash che però paiono rappresentare una quotidianità di rapporti con abusi e illeciti di ogni genere, talmente connaturata alle modalità di lavoro dal continuare a svolgersi ad inchiesta in corso e alla presenza degli stessi magistrati e consulenti in ispezione all'interno degli stabilimenti. Tutto quanto naturalmente se i riscontri che sono stati raccolti dagli inquirenti saranno in grado di convincere i magistrati togati, nei diversi gradi di giudizio, riguardo alla commissione dei reati descritti nei 552 capi d'imputazione. Fino alla fase di discussione delle prove è quindi bene evitare di assumere atteggiamenti di condanna, non solo perché i diritti devono essere rispettati, ma anche perchè con l'attuale normativa sui rifiuti, vessata e snaturata dai tanti strappi e rammendi che le affligge periodicamente il Parlamento, esiste la concreta possibilità di non riuscire più a stabilire chi ha torto e chi abbia ragione ( si legga a questo proposito "Il pericolo viene dai rifiuti e l'equivoco corre sul limite")

Ciò detto si potrebbe finire qui. Tuttavia la curiosità di capire meglio cosa possa essere accaduto è più forte e ci spinge a voler approfondire alcuni dei temi descritti sotto il profilo tecnico e quello legale, cercando di ricucire informazioni che si possono trovare senza grandi difficoltà con quel potente strumento che è la rete.

Dai resoconti giornalistici dei primi giorni dopo l'annuncio dei 18 + 10 arresti si è appreso che l'indagine sarebbe partita da una segnalazione del 10 settembre 2001 relativa ad un fenomeno particolare riscontrato nel tratto di mare antistante il petrolchimico e ribatezzato allora come "mare rosso". Le immagini di repertorio sono state riprese un po' da tutte le testate RAI, Mediaset, La7 ecc. Effettivamente la colorazione rosso-aranciata delle acque marine è resa in modo evidente dai filmati girati. In quel campione che il tecnico Arpa sta raccogliendo (purtroppo senza usare grandi precauzioni nel proteggersi le mani) si troveranno poi elevate concentrazioni di acido solforico. Solo tuttavia con la conferenza stampa di gennaio dei magistrati siracusani si è appreso che, disciolto nell'acqua, era presente anche una elevata concentrazione di mercurio. "Vicino a Siracusa sono stati rilevati 121 ppm (parti per milione) di mercurio nell'acqua marina, una percentuale di mercurio il cui tasso è superiore di ventimila volte il valore consentito dalla legge di 0,005 parti per milione".

Questo del mercurio è anche l'aspetto che più ha allarmato di tutta la vicenda. Molti hanno infatti voluto ricondurre alla diffusione del pericoloso metallo pesante attraverso la catena alimentare, in particolare attraverso il pesce, l'elevato numero di malformazioni neonatali e incremento di patologie tumorali registrati all’ospedale civile di Augusta, identificando nel petrolchimico la fonte di questa contaminazione.

Come si spiega la presenza del mercurio nell'"acqua rossa"? Si sa che tra i pochi composti di mercurio solubili in ambiente acido c'è l'ossido mercurico che è caratterizzato da una colorazione rosso-aranciata. Se sia o non sia questa la causa della colorazione una certezza in merito la può avere avuta solo il tecnico di laboratorio al quale è stato sottoposto il campione per l'analisi. Le altre domande che ci si dovrebbe fare in condizioni quali quella osservata sono:

  1. Da dove proviene questo ingente quantitativo di acido solforico.
  2. Da dove viene il mercurio.

Prima di tutto è possibile concludere che il fenomeno dell'acqua rossa è legato ad un evento occasionale, in caso contrario di questa caratteristica particolare se ne parlerebbe da anni e anche tuttora, invece dopo il caso del settembre di due anni fa non c'è n'è più stata memoria. Il fatto che queste sostanze provengono dagli stabilimenti del petrolchimico è necessario invece dimostrarlo, portare delle prove concrete, risalendo dal canale di scolo fino al punto di immissione dello scarico. In questa occasione potrebbe essere stato di aiuto la colorazione intensa della soluzione, sempre che la miscelazione tra acido e composti del mercurio sia avvenuta prima dello scarico vero e proprio. Difficoltà maggiori si sarebbero invece avute se la la formazione del composto colorato fosse avvenuta nello scolo o direttamente in mare a seguito della reazione dell'acido con il mercurio metallico o altro sale insolubile dello stesso. Come si può capire i problemi che si devono affrontare per chiarire le cause dell'evento sono diverse a seconda della tempestività della segnalazione rispetto al momento in cui questo è avvenuto.

Diamo per sicuro (viste le risultanze dell'indagine) che la provenienza del mercurio sia Enichem. A questo punto ci interesserebbe capire quali sono state le vere cause dell'evento, tenendo conto di un altro obiettivo, che non è solo quello della contestazione di un reato, ma anche quello di assicurarsi che non se ne ripetano altri. Comprensibilmente la ricostruzione del fatto è possibile solo avendo bene note le caratteristiche dei processi che si svolgono all'Enichem, le materie prime che si utilizzano, gli intermedi, i sistemi di raccolta e trattamento dei rifiuti liquidi, solidi e gassosi, le zone di deposito, i punti di scarico sia parziali che generali, il recettore finale ecc. Da qui, svolgendo gli opportuni accertamenti, è possibile raccogliere gli indizi che servono a formulare una o più ipotesi.

Per chiunque sia di quelle parti tuttavia la risposta è già scontata. Il mercurio proviene dall'impianto cloro-soda del petrolchimico.

Petrolchimico Enichem

Lo stabilimento Petrolchimico Enichem, è costituito da impianti chimici e dai relativi depositi.

All’interno dello stabilimento oggi operano, oltre ad Enichem, Agip Petroli con impianti petroliferi e relativi depositi, Polimeri Europa con un impianto per la produzione di materie plastiche e Gasco con impianti di frazionamento aria e distribuzione di servizi.

Lo stabilimento si articola nei cicli produttivi del cracking termico, degli aromatici, del cloro – soda e derivati, dei poliuretani che, in sequenza o attraverso integrazioni produttive, offrono una ricca gamma di prodotti intermedi e finiti che hanno svariati impegni nel campo della componentistica per auto, delle materie plastiche, dei lubrificanti sintetici, della gomma, delle vernici, dei detergenti, del settore farmaceutico ecc.

Il sistema produttivo si articola in un ciclo integrato.Un impianto di cracking termico, alimentato con cariche liquide(virgin nafta e gasolio) e gassose( etano, gas di petrolio liquefatto), produce etilene, propilene e benzina da cracking, prodotti utilizzati per le successive trasformazioni operate negli impianti presenti nello stabilimento. Circa il 50% della produzione di etilene e di propilene è destinato all’impiego in altri siti produttivi. Le materie prime utilizzate da questo impianto provengono sia dalla raffineria dello stabilimento Agip Petroli di Priolo che da approvvigionamenti esterni nazionali ed esteri.

Gli impianti del ciclo aromatico, che vengono alimentati con benzina da cracking, miscele di idrocarburi aromatici, producono:

  • benzine aromatiche, benzolo ed etilbenzolo, intermedi per la produzione di stirolo e polistirolo impiegato negli imballaggi, gomme e detergenti biodegradabili;
  • toluolo, materia prima nel ciclo di produzione delle resine poliuretaniche nonché come componente delle benzine per autotrazione;
  • paraxilolo e ortoxilolo materie prime per la produzione di fibre poliesteri.

Gli impianti del ciclo cloro – soda producono:

  • cloro, soda e potassa per elettrolisi di soluzione acquosa di salgemma o sale marino e cloruro di potassio; il cloro prodotto viene utilizzato principalmente per la produzione di ossido di propilene mentre parte della soda e della potassa alimenta l’impianto di produzione di carbonato di sodio e di potassio, prodotti che vengono impiegati nell’industria della detergenza e nell’industria vetraria;
  • dicloroetano, utilizzando etilene e cloro, impiegato come intermedio nella produzione di materie plastiche (PVC);
  • acetaldeide, materia prima nella produzione di acetato di etile, che trova impiego nell’industria degli adesivi, e degli inchiostri dei solventi per vernici.

(notizie desunte dalla scheda informativa sui rischi rilevanti - Comune di Priolo)

Il processo cloro-soda.

Il cloro viene prodotto industrialmente contemporaneamente alla soda caustica attraverso una ellettrolisi che si svolge all'interno di una cella. Inizialmente era la soda il prodotto principale, poi l’utilizzo del cloro ha superato quello della soda per quanto riguarda l’importanza proprio con l’avvento delle plastiche. La reazione complessiva che avviene è somma delle reazioni parziali che avvengono ai due elettrodi, anodo e catodo. Il processo utilizza come materia prima una soluzione di cloruro di sodio o di potassio. Per effetto dell'energia elettrica la molecola del sale si scinde, originando sia il cloro che la soda caustica (idrossido di sodio).

L'elettrolisi può essere condotto su tre tipologie di impianti a seconda della tipologia di celle che viene impiegata, a diaframma c’è la (Grishime) del 1885, ad amalgama di mercurio cella (Castner Kelmer) del 1892, o a membrana, che è il metodo migliore finora che ha cominciato a svilupparsi negli anni ‘60 in Giappone ed è stato tecnologicamente maturo già dalla fine degli anni ‘60. La scelta giapponese per le celle a membrana è stata conseguenza di una delle prime tragedie ambientali causate dall'industria chimica nel dopoguerra: il cosiddetto morbo della baia di Minamata, un gravissimo avvelenamento da mercurio causato agli abitanti di alcuni villaggi costieri dagli scarichi in mare di un industria produttrice di acetaldeide e PVC (Chisso). Nel 1975, a venti anni dalla comparsa dei primi sintomi, il morbo aveva colpito 3.500 persone, incluse decine di bambini danneggiati a livello embrionale dal mercurio assunto dalla madre, e che alla nascita presentavano deficienze mentali e susseguente blocco della crescita.

Mentre ad est si rivedevano le scelte industriali con il fine dichiarato di non ripetere più questo tragico errore, ad ovest si continuava più o meno come prima mantenendo in attività i più vecchi processi ad amalgama di mercurio. Il 75% della produzione europea si basa ancora su questa tecnologia.

La reazione è la seguente:

The anode reaction for all processes is:

2 Cl-(aq) -> Cl2(g) + 2 e-

The cathode reaction is:

2 Na+(aq) +2 H2O + 2e- -> H2(g) + 2 Na+(aq) + 2 OH-(aq)

The overall reaction is:

2 Na+(aq) + 2 Cl-(aq) + 2 H2O -> 2 Na+(aq) + 2 OH-(aq) + Cl2(g) + H2(g)

Nelle celle ad amalgama l'anodo è sempre di grafite, il catodo è costituito da un film di mercurio che scorre lungo la cella e su cui si deposita il sodio, formando un'amalgama che successivamente viene decomposta con acqua in mercurio e soda in recipienti detti disamalgatori.

In Italia sono nove gli stabilimenti con impianti cloro-soda:

sito

denominazione

Produzione cloro in tonn

Torreviscosa

Caffaro

69.000

Volterra

Altair Chimica

27.000

Bussi

Ausimont/Montedison

70.000

P.to Marghera

Enichem

200.000

Porto Torres

Enichem

90.000

Priolo

Enichem

190.000

Rosignano

Solvay

120.000

Picinisco

Eredi Zarelli

6.000

Pieve Vergonte

Tessenderlo Chemie

40.000

Fonte: Eurochlor

Di questi solo quello di Porto Torres era a membrana (pare che abbia chiuso o sia in procinto di), gli altri sono tutti ad amalgama di mercurio.

Per quanto riguarda la produzione si riferisce ad esempio di Porto Marghera dove Enichem impiega celle ad amalgama per una capacità produttiva complessiva di 200.000 t/a di cloro gas, ca. 6.000 t/a di idrogeno, 60.000 t/a di ipoclorito di sodio e 230.000 t/a di soda caustica.

Volendo comprendere quali siano i possibili rischi ambientali di una installazione cloro-soda non resta che documentarsi partendo dal lavoro di tipo ricognitivo che la UE ha commissionato ai tecnici dell'Ufficio di Siviglia, l'organismo incaricato dagli Stati Membri per redigere le ormai note BAT, migliori tecniche disponibili, a supporto dell'applicazione della direttiva IPPC.

Uno dei Bref approvati, cioè dei documenti tecnici per le BAT predisposti dai gruppi di lavoro europei (TWG), è proprio quello relativo agli impianti cloro-soda: Reference Document on Best Available Techniques in the Chlor-Alkali Manufacturing industry (December 2001) che si scarica liberamente dal sito di Siviglia: http://eippcb.jrc.es.

L'industria del cloro-soda è identificata all'art.9, paragrafi 3 e 4, della direttiva IPPC. Le considerazioni finali del Bref sono che: il processo a mercurio non è considerato come migliore tecnologia disponibile. Ai sensi dell'articolo 5 della direttiva stessa le installazioni esistenti prima del 30 ottobre 1999 dovranno riconvertire gli impianti secondo il processo a membrana entro il 30 ottobre 2007, o anche prima di questa data secondo il calendario fissato dal singolo Stato membro della Comunità. Se l'Italia fara la sua parte tutti gli impianti esistenti andranno a dismissione.

Ma intanto vediamo di capire come e in che modo il mercurio contenuto della cella può contaminare l'ambiente. Secondo Eurochlor le emissioni totali di mercurio nell'ambiente da parte degli impianti cloro-soda esistenti in Europa occidentale è stata di 9,5 tonn. nel 1998, con un range di 0,2 - 3,0 grammi di mercurio per tonnellata di capacità produttiva di cloro per singola installazione. Le maggiori perdite di mercurio si sono avute attraverso la contaminazione delle acque. A questo momento sono 12000 le tonnellate di mercurio contenute nelle celle europee. Quando gli impianti verranno dismessi si presenterà il rilevante problema di come smaltire o riciclare tutto questo mercurio.

Perdite di mercurio

Emissioni atmosferiche: vapori di mercurio vengono emessi in ambiente attraverso la ventilazione delle celle, gli esausti di processo, la purificazione della salamoia, la fase di disalmagatura, l'idrogeno bruciato o scaricato in atmosfera, la distillazione del mercurio, la manutenzione delle celle, gli stoccaggi di materiali contaminati e dello stesso mercurio in container. Stima Eurochlor: 0,2 - 2,1 g per t di cloro prodotto.

Acque inquinate: si originano dai reflui della purificazione della salamoia, dalla condense della disidratazione dell'idrogeno e dalle unità di concentrazione della soda, dalla rigenerazione delle resine durante il trattamento delle acque, dalla pulizia delle prese d'aria e degli sfiati e delle altri parti di impianto comprese quelle demolite. Anche le acque di pioggia possono risultare inquinate da mercurio quando dilavano terreni che storicamente sono rimasti contaminati a causa delle emissioni o per i depositi incontrollati di rifiuti. Stima Eurochlor: 0,01 - 0,65 g per t di cloro prodotto.

Rifiuti solidi: contengono mercurio i fanghi risultanti dal trattamento delle acque di processo, i solidi generati durante la purificazione della salamoia, i granuli di grafite esaurita dai disalmagatori, i fanghi dai filtri della soda, i carboni attivi utilizzati per l'abbattimento delle emissioni ecc. Stima Eurochlor: 0 - 84 g per t di cloro prodotto.

Prodotti finiti: sia l'idrogeno che la soda dei processi ad amalgama contengono un certo quantitativo di mercurio. Nel cloro questa presenza è invece non significativa. Stima Osparcom: 0,01 - 0,93 grammi per t di cloro prodotto.

Come detto delle forme attraverso le quali si originano dispersioni di mercurio nell'ambiente quella che riguarda la matrice acqua è la più importante. Per avere un'idea dell'ordine di grandezza si può consultare il "documento tecnico di supporto alla redazione del decreto ministeriale sulle migliori tecnologie disponibili ai sensi dei decreti del ministro dell'ambiente di concerto con il ministro dei lavori pubblici del 23 aprile 1998 e del 16 dicembre 1998" allegato al Piano Direttore 2000 della Regione Veneto (www.regione.veneto.it/pianodirettore/norme/dm26_2.html), prendendo a riferimento l'impianto cloro-soda dell'Enichem di Porto Marghera:

"Il mercurio deriverebbe dall'impianto di produzione cloro-soda dell'Enichem del tipo celle ad amalgama. La contaminazione avverrebbe con l'acqua industriale impiegata per il lavaggio della sala celle, dell'impianto salamoia e per la rigenerazione dei filtri salamoia (30 mc/ora, 1000 mg/l, 263 kg/anno) e con l'acqua demi impiegata per le tenute delle pompe salamoia e per la condensazione dei vapori mercurosi (13 mc/ora, 10000 mg/l, 1139 kg/anno). È da evidenziare che si potrebbe avere un inquinamento da mercurio anche su delle acque le quali poi non andrebbero a confluire nell'impianto di demercurizzazione (trattamento delle acque industriali). In particolare le acque mare, impiegate per il raffreddamento dei fluidi di processo, provenienti da zone di processo con presenza di mercurio, così come le acque semipotabili o meteoriche, potrebbero essere per vari motivi (es. perdite da flange) contaminate da mercurio con valori che potrebbero aggirarsi intorno ai 0.2-0.4 mg/l, che, considerando una portata della fognatura bianca dell'impianto cloro soda. di ca. 1500 mc/ora, vorrebbe dire ca. 3 kg/anno direttamente scaricati in laguna."

La regolamentazione degli scarichi di mercurio

A questo punto occorre conoscere cosa prevedono le disposizioni vigenti per il mercurio contenuto negli scarichi industriali. E' necessario ricordare che nel nostro paese la prima regolamentazione delle acque di scarico si deve alla Legge n° 319 del 1976, poi integrata con D.Lvo n°133/92 e infine entrambi abrogati con D.Lvo 152/99.

 

Legge di riferimento

Concentrazione Hg in microgrammi/litro

in acque superficiali

in fognatura

Legge n°319/76

5

10

D.Lvo 152/99

5

5

Bisogna ricordare che anche la Comunità Europea, consapevole delle conseguenze dall'avvelenamento di mercurio registrate in Giappone, aveva provveduto ad emanare la Direttiva 82/176/CEE del Consiglio del 22 marzo 1982 concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini. Gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 1° luglio 1983 e dopo tre anni secondo la tabella seguente.

1983

1986

note

Recycled brine and lost brine

Microgramsof mercury per litre

 

75

 

50

Applicable to the total quantity of mercury present in all mercury containing water discharged from the site of the industrial plant

In Italia la Direttiva n°176 verrà recepita 10 anni più tardi con il D.Lvo n°133/92.

In realtà non è la concentrazione del Hg allo scarico l'elemento più caratterizzante delle disposizioni europee, ma la limitazione del "flusso di massa" dell'inquinante, cioè l'aver stabilito che da quella installazione il mercurio "disperso" attraverso le acque non possa essere maggiore di una determinata quantità in relazione alle capacità produttive dell'impianto. Questa è chiaramente una indicazione più concreta e significativa sotto il profilo ambientale della sola concentrazione, il cui valore limite può essere facilmente raggiunto con la pratica della diluizione. E' inoltre sovvertitrice dell'impostazione classica dei sistemi di autocontrollo perché prevede una strategia di campionamento sulle 24 ore a periodicità quotidiana.

La Direttiva n°176 è stata quindi ritrasposta nel nostro ordinamento nel nuovo D.Lvo 152/99 alla tabella 3/A dell'allegato 5 al decreto.

Tabella 3/A. Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi

Mercurio (settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini)

Settore produttivo

Quantità scaricata per unità di prodotto (o capacità di produzione)

Media mensile

Salamoia riciclata - da applicare all’Hg presente negli effluenti provenienti dall’unità di produzione del cloro

g Hg /t di capacità di produzione di cloro, installata

0,5

Salamoia riciclata - da applicare al totale del Hg presente in tutte le acque di scarico contenenti Hg provenienti dall’area dello stabilimento industriale.

g Hg /t di capacità di produzione di cloro, installata

1

Salamoia a perdere - da applicare al totale del Hg presente in tutte le acque di scarico contenenti Hg provenienti dall’area dello stabilimento industriale.

g Hg /t di capacità di produzione di cloro, installata

5

Per verificare che gli scarichi soddisfano i limiti indicati nella tabella 3/A deve essere prevista una procedura di controllo che prevede:

• il prelievo quotidiano di un campione rappresentativo degli scarichi effettuati nel giro di 24 ore e la misurazione della concentrazione della sostanza in esame;

• la misurazione del flusso totale degli scarichi nello stesso arco di tempo.

La quantità di sostanza scaricata nel corso di un mese si calcola sommando le quantità scaricate ogni giorno nel corso del mese. Tale quantità va divisa per la quantità totale di prodotto o di materia prima.

Demercurizzazione

Il termine "demercurizzazione" è uscito come parte di una intercettazione telefonica raccolta dalla polizia investigativa nel corso dell'indagine sull'Enichem di Priolo che La Repubblica del 18 gennaio riportava così a pag.14: "Mettiamo altra urea, mettiamo altra soda, mettiamo calce o prodotto alcalino e a questo punto si scende sotto i 5 ppb e quindi può essere smaltito come speciale". Il significato di queste parole, nella versione giornalistica, starebbe a dimostrare l'intenzione di Enichem di ridurre la concentrazione del mercurio nei rifiuti utilizzando la pratica vietata della miscelazione con materiale non contaminato e quindi ottenere di declassarli a speciali, con un risparmio nei costi di smaltimento rispetto ai corrispondenti rifiuti tossici-nocivi.

Questa versione non spiega tuttavia il riferimento al limite di 5 ppb (parti per bilione), che è la concentrazione soglia del mercurio nelle acque di scarico e non nei rifiuti, come abbiamo visto nella tabella del paragrafo precedente (ppb o microgrammi/litro è la medesima unità di misura). In effetti la disciplina dei rifiuti precedente all'entrata in vigore del decreto Ronchi del 1997, lo "storico" DPR 915/82, stabiliva invece che la soglia discriminante tra speciali e tossico-nocivi per il mercurio fosse di 100 ppm, quindi di 20.000 volte maggiore rispetto a quella indicata dal giornale. La soppravvivenza di questa disciplina è peraltro legata al sistema di smaltimento tramite discariche, in quanto, al di fuori di questa fattispecie, e fino a quel momento (si sta parlando del novembre 2001) le nuove modalità di classificazione introdotte con D.Lvo 22/97 non prevedevano l'effettuazione di analisi, ma l'applicazione di un codice per rifiuto pericoloso o meno basata esclusivamente sulle definizioni desunte dal CER. Solo dal 1 gennaio 2002 è stata reintrodotta la facoltà di declassificare i rifiuti tramite analisi, e comunque solo limitatamente ad un centinaio di codici ricadenti nelle c.d. voci specchio.

Infine il termine di "demercurizzazione" negli impianti cloro-soda sta abitualmente ad indicare un "processo di trattamento delle acque di scarico che contengono mercurio principalmente sotto forma di cloruro mercuroso (Hg2Cl2), in ambiente fortemente basico (PH=10 - 10.5). Le acque da trattare giungono ad un serbatoio di equalizzazione che ha lo scopo di omogeneizzare i reflui, i quali possono avere sensibili variazioni di densità (scarichi di salamoia da manutenzione celle). Prima dell'ingresso nella vasca di omogeneizzazione, le acque vengono additivate di tiourea per determinare la precipitazione del mercurio sotto forma di solfuro di mercurio a bassissima solubilità. Il dosaggio viene effettuato in base alla portata, che viene misurata presso l'impianto di trattamento." Dopodiche c'è una ulteriore fase di chiarificazione e filtrazione su sabbia e carbone attivo. Questo trattamento passa sotto il nome di Processo Montecatini ed è presente all'impianto cloro-soda dell'Enichem di Marghera (dal che si dovrebbe presumere sia presente anche nell'impianto Enichem di Priolo): si ottengono nell'effluente concentrazioni residue di mercurio comprese fra 0,001 e 0,010 mg/l.

E' quindi più probabile che, in quelle intercettazioni, si stesse discutendo di come migliorare la precipitazione del mercurio dalle acque di scarico, ottenendo così di rientrare in quei 5 ppb (0,005 mg/l) che evidentemente si temeva non fossero garantiti.

Peraltro si è appreso che gli scarichi del petrolchimico recapiterebbero al depuratore consortile dello IAS di Priolo. Nell'ottica dell'art.45 del D.Lvo 152/99 è il soggetto gestore dell'impianto di depurazione che si deve preoccupare di controllare gli ingressi al collettore fognario, una volta autorizzati secondo il proprio regolamento di fognatura. Se lo scarico parziale del cloro-soda è stato allacciato al collettore consortile non si spiega tuttavia perché sia stato trovato mercurio nel mare antistante il tratto di canale che scola le acque meteoriche. O meglio si spiega, secondo quanto è emerso nel corso delle indagini, con il comportamento di chi scaricava le acque contaminate direttamente nelle caditoie dei pluviali. Oppure lo scarico del cloro-soda non è convogliato al depuratore consortile come gli altri scarihi del petrolchimico, ma è condottato nel canale di scolo.

Acido solforico

Negli impianti cloro-soda l'acido solforico al 92-98% si utilizza per disidratare il cloro gas. Il consumo è pari a 20 kg di acido per tonnellata di cloro prodotta. Di solito l'acido esaurito viene smaltito come rifiuto o riprocessato. Spesso viene restituito al fornitore. L'acido spento viene anche utilizzato per il controllo del pH negli impianti di trattamento delle acque di processo o per distruggere il surplus di ipoclorito, o può essere venduto per altri usi che siano compatibili con la sua qualità.

Da queste poche note si può desumere che vi siano serbatoi dedicati al ricovero dell'acido dai quali attingere per gli usi descritti. Niente di più facile che sia avvenuto uno sversamento involontario da uno di questi serbatoi e che abbia preso la via di qualche condotta fognaria diretta a mare.

Conclusioni

Non potendo conoscere il contenuto degli atti di accertamento si possono a questo punto fare solo supposizioni. Si devono quindi necessariamente prendere con beneficio d'inventario. Le acque inquinate da mercurio sono arrivate a mare attraverso le reti delle acque piovane, consapevolmente o meno questo lo si vedrà al dibattimento (sempre che non si patteggi la pena). Se lo scarico non è avvenuto intenzionalmente l'alternativa è che gli elevati contenuti del metallo possono essere stati causati da un insufficiente trattamento di demercurizzazione o, come si è visto, la contaminazione può essere derivata anche dalle acque di raffreddamento che, solitamente, non vengono sottoposte a depurazione. Sia come sia uno sversamento incontrollato di acido solforico ad elevata concentrazione ha probabilmente reagito con il mercurio presente nelle stesse acque con la formazione del corrispondente ossido, caratteristicamente colorato, rendendo pertanto evidente un fenomeno che, magari, andava avanti da anni, ma che non era mai stato riscontrato prima.

Detto questo tutti, si ritiene, vorrebbero essere rassicurati sul fatto che le regole siano rispettate, in particolare quando vi sono le condizioni economiche e prefessionali che ne forniscono la garanzia, come nel caso dei grandi gruppi industriali del nostro paese. Tuttavia le rassicurazioni non possono che trovare riferimento in un sistema pubblico di controlli efficace e puntuale e dalla credibilità delle istituzioni che lo governano. Ogni volta che accadono eventi così cruenti sul piano emotivo, prima ancora che su quello della piano della salute, ci si dovrebbe chiedere cosa non ha funzionato e se le cose potevano essere evitate. Se vi è la volontà di scoprire questo, vi devono essere tuttavia anche le motivazioni per porvi rimedio, prima di doversi rassegnare ai disastri annunciati.

Ultim'ora

Venerdì 31 gennaio, il giorno stesso in cui questo articolo sarebbe dovuto andare in rete, è stato possibile leggere sul quotidiano online "Gazzetta del Sud" dei risultati dei controlli effettuati da ASL e ARPA siracusane sul contenuto di mercurio nell'acqua di mare di Priolo. Su 13 campioni raccolti nessuno è risultato contenere mercurio. A tali notizie rassicuranti ha fatto da contraltare una comunicazione della Procura che ha contestato i risultati affermando che la contaminazione riscontrata non si riferiva alle acque di mare ma ai sedimenti. Secondo i magistrati "l'utilità scientifica dei campionamenti effettuati sino a ora dall'Asl è nulla tenuto conto che chiunque è a conoscenza del fatto che il mercurio, in quanto metallo con elevatissimo peso specifico, ove riversato in mare si deposita immediatamente nei fondali". Posto che tutti i quotidiani locali e nazionali avevano invece riportato la concentrazione di 121 ppm come riferita alle acque, evidentemente avendo compreso questo dalla conferenza stampa dei magistrati siracusani, il fatto che il mercurio sia stato trovato nei sedimenti sposta l'accento non più sul presente, ma sul passato. Per essere più chiari avere ritrovato mercurio in alte concentrazioni nei sedimenti marini, tenuto conto della presenza "storica" degli impianti Enichem, non è una prova sufficiente, presa singolarmente, in grado di dimostrare l'effettuazione di scarichi incontrollati di mercurio in epoca recente. Peraltro le stesse condizioni di contaminazione dei fondali si registrano anche a Porto Marghera, dove il Magistrato delle Acque ha ritrovato nei sedimenti un valore in concentrazione pari a 114 ppm (si veda a questo proposito l'interpellanza del parlamentare Zanella nella rubrica "documenti"). A questo proposito si deve ricordare, purtroppo, che il processo intentato dal Sost.Proc.dr.Casson a tutta la dirigenza Enichem e Montedison per disastro ambientale nella laguna veneta si è arenato, in primo grado, davanti ad una sentenza assolutoria basata sull'assenza di leggi di tutela ecologica nel periodo in cui avveniva questa grave contaminazione dei fondali e del biota, in pratica rinviando le responsabilità a chi, governando questo Paese in quegli anni, non ha dimostrato di volerne proteggere le risorse.

Nei prossimi giorni è previsto che verranno raccolti dalla ASL altri campioni, questa volta dai sedimenti, la quale dà per scontato che si troverà mercurio a livelli elevati. Se saranno resi noti i risultati potremo avere un'idea più chiara della situazione.

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IL MARE ROSSO A PRIOLO, SIRACUSA