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25 marzo 2001

EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA: CRONISTORIA

Molti si chiedono adesso cosa stia succedendo in Campania. E' l'epilogo di una vicenda i cui prodromi sono noti da tempo. Cerchiamo di conoscerne gli antefatti attraverso i documenti ufficiali redatti dalla Commissione Bicamerale d'Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti.


La prima cosa che è necessario conoscere è lo stato di applicazione della normativa dei rifiuti. La prima legge quadro in Italia disciplinante la materia è del 1982. Tra le diverse indicazioni della legge la più importante, per l'aspetto che stiamo valutando, è la necessità di redigere un piano regionale che affronti la problematica dello smaltimento, definendo il quadro della produzione e programmando gli interventi strutturali che sono indispensabili a raggiungere l'autosufficienza impiantistica territoriale.

Per la Campania i tempi sono decennali e, in ogni caso, non servono al raggiungimento degli obiettivi.

"La gestione dei rifiuti solidi urbani è stata per la prima volta regolata in Campania con la legge regionale n.10 del 10 febbraio 1993, che si proponeva di raggiungere nel triennio 1993-1995 una riduzione fino al 50 per cento dell'utilizzo delle discariche, grazie in particolare alla raccolta differenziata, al riciclo e riuso dei materiali ed alla compattazione dei rifiuti. Tuttavia, l'11 febbraio 1994, il Governo nazionale nominò, con apposita ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, il prefetto di Napoli quale commissario straordinario per la situazione di emergenza determinatasi nel settore dei rifiuti solidi urbani; al commissario era demandata la gestione quotidiana dei rifiuti, nelle more dell'emanazione da parte della regione Campania di un piano regionale di smaltimento.

Una prima stesura di tale piano, approvata dalla giunta regionale il 3 marzo 1995, non venne ratificata dal consiglio e, di conseguenza, non trovò alcuna applicazione a causa della conclusione della legislatura regionale.

Il Governo nazionale ha proceduto, il 18 marzo 1996, ad un secondo commissariamento della regione Campania, nominando il presidente della regione commissario di Governo per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza. Tale commissariamento era ed è complementare a quello affidato tuttora al prefetto di Napoli: a questi spetta, infatti, l'individuazione dei siti di smaltimento in attesa dell'entrata in vigore del piano regionale d'emergenza, che in base all'ordinanza del 18 marzo 1996 il presidente della regione doveva preparare. Tale piano, promulgato il 31 dicembre 1996, venne redatto tenendo conto del suddetto piano regionale non ratificato, e di successive revisioni allo stesso operate dall'ENEA. In seguito all'emanazione del decreto legislativo n.22 del 5 febbraio 1997, recante "Attuazione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Cee sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio", il piano regionale è stato rivisto e coordinato con la nuova normativa, e pubblicato definitivamente il 14 luglio 1997."

Con il commissariamento si vanno a delineare lo stato di gestione dei rifuti presenti nelle province e nei comuni campani. Il quadro è sconfortante.

"A) provincia di Avellino.

In tale provincia operano due consorzi. Il consorzio AV1 comprende 44 comuni, con il comune capoluogo. Lo smaltimento avviene pressoché interamente presso la discarica di Difesa Grande, nel comune di Ariano Irpino. Tale discarica, entrata in esercizio nel novembre 1995, ha ricevuto nel corso di un anno 80.000 mc di rifiuti; nella realizzazione del piano viene considerata una capacità residua di 250.000 mc. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, questa viene effettuata solo nei comuni di Avellino, Cesinali, Forino, Prata Principato Ultra, Altavilla Irpina, Ospedaletto d'Alpinolo, San Mango sul Calore, Montemiletto, Chiusano San Domenico, Montoro Inferiore, unicamente per quanto concerne le batterie al piombo e rifiuti piombosi, grazie ad un'apposita convenzione con il Cobat. Dalle audizioni del commissario di Governo con i rappresentanti del consorzio AV1 non sono emerse particolari proposte in merito alla redazione del piano regionale. Il consorzio AV2 comprende 56 comuni. Anche tale consorzio smaltisce presso la discarica di Difesa Grande, nel comune di Ariano Irpino. Non esiste al momento della redazione del piano regionale del 1996, alcun tipo di raccolta differenziata, nè i rappresentanti del consorzio hanno fornito proposte specifiche in sede di preparazione del testo.

B) provincia di Benevento.

In questa provincia operano tre consorzi. Il consorzio BN1 comprende 35 comuni, con il comune capoluogo, e due comuni della provincia di Avellino. Lo smaltimento avviene presso la discarica di Piano Borea, nel comune di Benevento, dove conferiscono anche 13 comuni non consorziati; la discarica, entrata in esercizio il 5 febbraio 1996, riceve circa circa 5.000 t/mese e pertanto l'esaurimento della stessa viene previsto, alla fine del 1996, in due anni. Tuttavia, diciotto dei comuni consorziati - e precisamente Apice, Apollosa, Buonalbergo, Colle Sannita, Casalduni, Campolattaro, Castelpagano, Castelpoto, Circello, Pagoveiano, Pietrelcina, Ponte, Sassinoro, Fragneto Conforte, S. Arcangelo Trimonte, S. Croce del Sannio, Torrescuso - utilizzano proprie discariche. Non esiste alcun tipo di raccolta differenziata, nè dal consorzio sono venute proposte in merito alla redazione del piano regionale. Il consorzio BN2 comprende 33 comuni, e 4 comuni della provincia di Avellino. A proposito di tale consorzio, non si hanno notizie in merito allo smaltimento, nè tanto meno riguardo alla raccolta differenziata ed alle eventuali proposte avanzate. Il consorzio BN3 comprende 10 comuni. Per quanto concerne tale consorzio, i dati raccolti in quella sede informano che cinque comuni, non specificati, utilizzano discariche nel proprio territorio, mentre gli altri ricorrono addirittura a "siti abusivi". Non esiste alcun tipo di raccolta differenziata ed i rappresentanti del consorzio hanno proposto di realizzare in quel territorio una discarica di I categoria, ed una di categoria IIB.

C) provincia di Caserta.

In tale provincia esistono quattro consorzi di smaltimento. Il consorzio CE1, comprendente 35 comuni, che scaricano autonomamente nel proprio territorio. Nessuno dei comuni interessati pratica alcuna forma di raccolta differenziata. Dal consorzio, in occasione della redazione del piano 1996, è venuta la proposta di realizzare nel comune di Pietravairano un centro di rottamazione, un centro distruzione gomme ed una piattaforma di stoccaggio dei rifiuti differenziati nel comune di Pratella. Il consorzio CE2 comprende 26 comuni. Per lo smaltimento dei rifiuti viene utilizzata la discarica consortile della Maruzzella, dove confluiscono anche i rifiuti prodotti in 8 comuni del consorzio CE3: il riempimento del sito è valutato nell'ordine delle 240.000 t/anno ed in area limitrofa è prevista la realizzazione di un impianto di compostaggio della capacità di 51.000 t/anno. Nel territorio del consorzio non viene praticata la raccolta differenziata ed è venuta la proposta di realizzare una nuova discarica di I categoria, un impianto di compostaggio, una piattaforma per il rifiuto secco ed una piattaforma per la produzione di combustibile da rifiuti. Per nessuno di questi impianti è stata fornita un'ipotesi di localizzazione. Il consorzio CE3, comprendente 23 comuni, compreso il comune capoluogo. Per quanto riguarda lo smaltimento, è indicato come sito finale la discarica consortile della Maruzzella (del consorzio CE2, mentre tale soggetto afferma di ricevere i rifiuti solo di 8 comuni del consorzio CE3). Nessuno dei comuni di tale consorzio effettua la raccolta differenziata, ma si propone di realizzare un impianto di smaltimento e compostaggio a Maddaloni, una piattaforma MPS in località Uttaro (Caserta), un impianto di termoconversione presso l'area della Cementir, un centro di selezione e stoccaggio degli inerti in un sito non specificato. Il consorzio CE4 comprende 20 comuni. Tutti i rifiuti prodotti nell'area di competenza di questo consorzio vengono smaltiti presso la discarica di Castelvolturno. Non è praticata la raccolta differenziata, nè sono emerse proposte da parte del consorzio.

D) provincia di Napoli.

In questo territorio, al momento della redazione del piano 1996, operavano cinque consorzi di smaltimento. Il consorzio NA1 comprende 20 comuni, sul quale non si hanno notizie in merito alla gestione dello smaltimento; non è praticata la raccolta differenziata, nè sono state fornite proposte. Il consorzio NA2 comprende 14 comuni. Neanche per quanto riguarda questo consorzio si hanno informazioni in merito alla destinazione finale dei rifiuti; non viene praticata la raccolta differenziata. Per quanto riguarda le proposte, è emersa la contrarietà al piano ENEA che prevedeva la realizzazione di due discariche 2A nel territorio, per l'assenza di cave da utilizzare e per la vocazione agricola di quest'area. Il consorzio NA3 comprende 27 comuni, oltre a 13 comuni della provincia di Avellino. Lo smaltimento viene effettuato presso le discariche di Piracchi, nel comune di Palma Campania, e di Schiavi di Tufino. Non è praticata la raccolta differenziata, nè sono emerse proposte concrete per la redazione del piano regionale. Il consorzio NA4 comprende 30 comuni, per il quale non si hanno informazioni in merito alla situazione dello smaltimento. Non è praticata la raccolta differenziata, mentre in vista della redazione del piano regionale è stato proposto di realizzare sette stazioni di pretrattamento e selezione dei rifiuti; tre sono state localizzate a Gragnano, Torre del Greco e Castellammare di Stabia, mentre per le restanti quattro non è stata fornita alcuna indicazione. La destinazione finale dei rifiuti non inviati al riciclaggio dovrebbe essere un termodistruttore, peraltro non indivi-duato. Il consorzio NA5, coincidente con la città di Napoli. Per questo consorzio non si hanno notizie in merito alla situazione dello smaltimento, alla raccolta differenziata, nè dallo stesso sono giunte proposte utili alla redazione del piano.

E) provincia di Salerno.

Il territorio provinciale è suddiviso in quattro consorzi di smaltimento. Il consorzio SA1 comprende 20 comuni, che smaltiscono i loro rifiuti presso la discarica di Montecorvino Pugliano. La raccolta differenziata viene praticata unicamente nel comune di Cava dei Tirreni. Le proposte riguardano la realizzazione di un termodistruttore - non localizzato - insieme al consorzio SA2 e l'attivazione di un impianto di compostaggio localizzato a Pagani-Nocera o a San Marzano. Il consorzio SA2 comprende 40 comuni, compreso il comune capoluogo. Lo smaltimento avviene presso le discariche di Montecorvino Pugliano e Giffoni Valle Piana, mentre non vi è alcuna forma di raccolta differenziata. Dal consorzio non è emersa alcuna proposta in vista della redazione del piano regionale di smaltimento. Il consorzio SA3, comprendente 45 comuni, che smaltisce i propri rifiuti nella discarica di Polla. Non è praticata alcuna forma di raccolta differenziata, nè sono state formulate proposte per la redazione del piano. Il consorzio SA4 comprende 49 comuni. Quaranta di questi smaltiscono in discariche comunali rientranti nell'area del parco del Cilento, e quindi da chiudere e bonificare. Nessuno dei comuni pratica la raccolta differenziata; il consorzio propone di realizzare un impianto di termodistruzione a Battipaglia - e quindi in area non di competenza di questo consorzio- ed un'area di stoccaggio ad Omignano."

I primi passi del Prefetto di Napoli in qualità di Commissario sono quelli di requisire le discariche private, affidandole in gestione all'ENEA, per consentire a tutti i comuni campani di utilizzare anche questi impianti per lo smaltimento dei propri rifiuti. In particolare, i provvedimenti riguardano le discariche Ardolino di Piazzola di Nola e Iovino di Palma Campania, che vengono dissequestrate dalla magistratura per consentire il loro utilizzo da parte della struttura commissariale.

In una seconda fase, con la proroga dello stato d'emergenza al 31 dicembre 1995, viene requisito l'impianto DiFraBi, affidandone la gestione all'ENEA; vngono poi requisite le attrezzature della società Ecologica Meridionale e della SoGeRi per utilizzare le discariche site ad Uttaro e Castelvolturno, in provincia di Caserta, a servizio rispettivamente dei consorzi CE3 e CE4.

Il Prefetto prevede la realizzazione di nuove discariche, che consentirebbero l'autonomia di smaltimento della regione, in assenza di una riduzione dei quantitativi di rifiuti, fino al dicembre 1999. Accanto al Prefetto il Governo nomina 18 marzo 1996 il presidente della regione Campania, come commissario di Governo per la predisposizione di un piano di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti. Questo presenta il piano nel luglio del 1997. La Commissione Bicamerale valuta il piano ed epsrime le segueni osservazioni:

"Il documento commissariale presenta tuttavia aspetti di indeterminazione, che rischiano di inficiarne la messa in atto. Anzitutto, è assente l'aspetto relativo alla riduzione della produzione dei rifiuti, previsto nell'articolo 3 del decreto legislativo n.22 del 1997: nel piano di smaltimento viene prevista unicamente una riduzione della quantità dei rifiuti da inviare alla discarica, e tale previsione risulta identica nei modi e nelle tipologie per tutti gli ambiti ottimali di smaltimento, apparendo in certa misura un'operazione aritmetica e non già il frutto di interventi mirati.

Ulteriori perplessità emergono a proposito del consenso degli enti locali, spesso difficile da ottenere per quanto concerne la localizzazione sul territorio di impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Nella previsione degli impianti a servizio dei diversi ambiti ottimali di smaltimento ciò ha comportato una diffusa indeterminatezza. Non vengono infatti localizzati: l'impianto di preselezione dei rifiuti e pressatura degli imballaggi dell'Atos 1; la discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione Rsu dell'Atos 2; l'impianto di termodistruzione dell'Atos 6; una stazione di trasferenza dell'Atos 6; due impianti di compostaggio dell'Atos 6.

Inoltre, per tutti gli ambiti ottimali di smaltimento, sono previste discariche con la comune indicazione presso impianti già esistenti o cave dismesse: una previsione che tuttavia contrasta con le difficoltà incontrate dal commissario di Governo nel reperimento dei siti di smaltimento."

Accanto alle disfunzioni istituzionali un ulteriore elementocontribuisce a rendere sempre più ingestibile la situazione campana: l'attività della criminalità organizzata nel settore dei rifiuti, meglio noto con la denominazione di ecomafia.

"Va segnalato che i trafficanti di rifiuti spesso utilizzano quali discariche le cave, per lo più abusive, dalle quali vengono estratti gli inerti necessari alla produzione del calcestruzzo, le cui forniture sono storicamente controllate dalle organizzazioni camorristiche; in Campania la situazione è tale che le organizzazioni camorristiche controllano persino la formazione di consorzi per il controllo della commercializzazione del calcestruzzo, consorzi che sono stati sanzionati dall'autorità antitrust proprio per le posizioni di monopolio conquistate nel settore.

Tale attività produce effetti devastanti, a volte irreversibili, sul piano ambientale, come ha dimostrato l'indagine "Adelphi", che ha fatto registrare un fenomeno di smaltimento abusivo per milioni di tonnellate di rifiuti di ogni tipologia, nonchè denunce di gravissimi casi di occultamento di rifiuti tossici; da allora (le inchieste lo confermano) la situazione si è persino aggravata e si è consolidata la vocazione della Campania a fungere da "pattumiera d'Italia".

Il territorio campano oggi sembra essere saturo, al punto da non poter più assolvere a tale "vocazione". Per questo aumentano i casi che coinvolgono altre regioni, come il Lazio, la Basilicata e soprattutto l'Abruzzo. Un ulteriore esempio sulla cosiddetta 'circolarità` di cicli d'impresa apparentemente diversificati emerge dall'attività di estrazione della sabbia - materiale che, insieme agli inerti, è uno degli elementi impiegati nella produzione del calcestruzzo - attività regolata da normative e potestà amministrative regionali: per evitare tali controlli e sostituirli con quelli di competenza delle amministrazioni comunali, giudicati più facilmente condizionabili, si è diffusa la pratica di impiantare attività di allevamento di pesci che mascherino le attività di estrazione della sabbia e quelle di successivo occultamento dei rifiuti nei vuoti provocati dalle pratiche estrattive.

In alcune zone si sono diffuse vasche ittiche nelle quali sono presenti pochissimi pesci e le stesse vasche segnano i luoghi in cui, a seguito dell'estrazione incontrollata di sabbia, si sono determinate fratture tali da provocare l'abbassamento del livello del suolo in aree piuttosto estese del casertano e nella zona di Villa Literno: questi vuoti vengono colmati attraverso lo sversamento abusivo di rifiuti, in modo da "saldare" le fratture precedentemente provocate: le verifiche investigative fin qui effettuate, ed inserite nel contesto di un'inchiesta tuttora in corso, hanno dato risultati allarmanti anche per la rilevazione di segnali di radioattività anomala."

Nel luglio del 1998 la Commissione Bicamerale redige il documento finale le cui conclusioni così recitano:

"L'insieme delle problematiche affrontate sin qui offrono un quadro sicuramente grave per i diversi profili: programmatorio, gestionale, sanitario e criminale. La Campania è tuttora in una fase emergenziale per quanto concerne lo smaltimento dei propri rifiuti, e gli interventi attuati sinora non hanno le caratteristiche necessarie per poter superare tale fase.

Certo, si dà atto che il prefetto di Napoli, commissario di Governo per l'emergenza smaltimento, sta effettivamente ricercando siti idonei per poter coprire le necessità di smaltimento dei rifiuti prodotti nella regione; tale attività tuttavia - nonostante corrisponda a ciò che viene a lui richiesto dalle ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri - non può però essere che provvisoria, nell'attesa di una nuova politica dei rifiuti. Inoltre, le scelte operative commissariali si scontrano con l'indisponibilità di alcune amministrazioni comunali ad accogliere l'insediamento di nuove discariche sul proprio territorio.

Ma, al momento, questa sembra essere l'unica strada possibile per i rifiuti solidi urbani prodotti in Campania, giacché - come si è visto - la raccolta differenziata da destinare al riciclaggio è attualmente limitata a pochi comuni, anche se di rilevanti dimensioni come Napoli e Salerno. Il piano regionale di smaltimento - emanato dal presidente della regione Campania, commissario di Governo alla predisposizione del piano - non sembra offrire quelle soluzioni concrete e di forte impatto che la situazione richiede.

Com'è stato già evidenziato, il piano regionale manca di individuare numerosi impianti di smaltimento e fornisce elementi di previsione in materia di raccolta differenziata che non risultano basati su alcuna politica effettiva. Il discorso, peraltro, riguarda anche altre tipologie di rifiuti - come gli industriali e gli ospedalieri - per le quali non è dato rinvenire alcuna concreta previsione di realizzazione di impianti di smaltimento.

La Commissione esprime viva preoccupazione per tale stato di cose, che potrebbe determinare il protrarsi della situazione di emergenza senza però offrire concretamente soluzioni operative. Ritiene, pertanto, opportuno richiedere al presidente della regione Campania, commissario di Governo alla predisposizione del piano di smaltimento, un'attivazione straordinaria perchè in tempi rapidi si possano riempire i vuoti di programmazione, per offrire un futuro certo alle necessità di smaltimento dei rifiuti in Campania."

La Commissione continua comunque a monitorare la situazione e riprende le audizioni di lì a pochi mesi. Nel dicembre del 2000 viene sentito il nuovo Prefetto di Napoli, Carlo Ferrigno, e nuovo Commissario di Governo per l'emergenza:

"Vorrei innanzitutto farvi un quadro sintetico della situazione. Il gruppo tecnico che era stato nominato a suo tempo, costituito da sette unità provenienti da amministrazioni pubbliche ed enti pubblici specializzati, a seguito di verifiche effettuate ha fornito delle indicazioni in seguito alle quali è stata disposta la prosecuzione dell'attività di smaltimento per le nove discariche in esercizio nell'intera regione Campania che, alla data del 31 marzo scorso, avevano quasi tutte esaurito la loro capacità di progetto.

Prima di fornire specifici elementi informativi per ciascuna discarica, volevo sottolineare che il conferimento dei rifiuti ben oltre il piano della campagna circostante sta determinando rilevanti problemi igienico-ambientali e tecnici.

Il primo problema è quello del notevole impatto visivo che ha acuito il disagio e le proteste degli abitanti e degli amministratori che sollecitano l'immediata chiusura degli impianti. Lo smaltimento in sopraelevazione comporta, d'altra parte, rilevanti difficoltà gestionali.

Si deve infatti assicurare, anzitutto, la stabilità delle rampe di accesso al sito di scarico per garantire la sicurezza degli operatori addetti al conferimento dei rifiuti, evitando il fondato pericolo di ribaltamento dei mezzi operativi. Il secondo problema è la regolarità della pendenza delle scarpate, realizzate alle condizioni limite di stabilità, con la predisposizione di idonei canali di scolo delle acque meteoriche. Vi è poi l'esigenza di una perfetta ricopertura giornaliera dei rifiuti al fine di evitare il trasporto delle sostanze leggere oltre il limite della recinzione. Infine occorre assicurare il sollecito allontanamento del percolato da contenere all'interno delle superfici impermeabilizzate.

A ciò consegue naturalmente che la prosecuzione dell'attività di smaltimento comporta il rinvio delle operazioni di bonifica e sistemazione finale già programmate, con la sigillatura della discarica e la captazione del biogas, in quanto bisogna adeguare i relativi progetti alle nuove configurazioni che andranno ad assumere i siti utilizzati.

Dai sopralluoghi tecnici effettuati presso le discariche in esercizio è emerso che l'intero sistema, se ulteriormente condotto oltre gli accettabili livelli di tollerabilità e di sicurezza, potrà subire un grave collasso, con imprevedibili ripercussioni sotto il profilo geo-ambientale. Il sovraccarico dei rifiuti sul fondo potrebbe infatti compromettere la tenuta delle opere di impermeabilizzazione, con la naturale cessione in falda del percolato prodotto. Inoltre, l'eccessiva altezza in sopraelevazione induce possibili condizioni di instabilità delle scarpate, con l'eventuale scivolamento della massa dei rifiuti fuori dell'area impermeabilizzata.

In questo quadro di riferimento, si registra con estrema preoccupazione che anche i progetti varati dal presidente della regione, commissario per la costruzione degli impianti di termovalorizzazione e degli impianti di produzione di combustibile derivato da rifiuti (CDR), che sarebbero dovuti entrare in funzione entro il corrente anno, stanno subendo inopinati ritardi per effetto di ripensamenti o di opposizioni posti in essere, anche questa volta, dagli amministratori locali nonché da forze politiche e sociali."

Riguardo alla situazione degli impianti attivi è importante rilevare come la provincia di Napoli, la più popolosa e quindi maggior produttrice di rifiuti, sia servita da due discariche.

"La prima, in località Paenzano del comune di Tufino, è al servizio di 63 comuni. Il volume utile di progetto di 1.300.000 metri cubi si è esaurito nel mese di giugno 2000. L'esercizio è stato autorizzato, per intanto, fino al 22 dicembre 2000, con un'altezza media di 25 metri rispetto al piano di campagna. Qualora siano attivati gli impianti di vagliatura previsti dalla regione che comportano la riduzione dei rifiuti da smaltire, la discarica potrà essere utilizzata fino al 31 dicembre 2000."

Il 17 gennaio 2001 la discarica viene posta sotto sequestro dalla Magistratura e scoppia il caos. Anche nella Provincia di Salerno le tensioni iniziano a farsi sentire, è il Prefetto di Salerno che parla:

"Volendo solo accennare alla cronologia degli ultimi eventi che si sono verificati in provincia di Salerno, si è registrata in questi ultimi tempi un'accelerazione delle iniziative e delle tensioni, in coincidenza con l'approssimarsi della scadenza del 31 dicembre, quando quasi tutti gli impianti registreranno l'esaurimento della loro disponibilità.

In particolare, negli ultimi giorni si è registrato un aumento dell'attenzione dei cosiddetti comitati delle mamme antidiscarica, un gruppo di cittadini di Montecorvino Pugliano, che presidiano ormai da lungo tempo la discarica di Parapoti. Essi hanno ottenuto, per la verità, anche alcuni correttivi ad una gestione che inizialmente era un po' meno puntuale, e che tuttavia minacciano di manifestare in modo piuttosto clamoroso se dovesse in qualche modo ipotizzarsi la proroga dell'utilizzabilità della discarica al di là del 31 dicembre di quest'anno. A tale utilizzabilità osterebbe anche un'indicazione del tribunale amministrativo regionale della Campania di Salerno.Le proteste delle cosiddette mamme di Parapoti hanno portato ad un interesse sempre più deciso del NOE, dei carabinieri e della procura della Repubblica, che sta esaminando se davvero la gestione sia secondo gli standard previsti o se si vi siano rifiuti speciali e peculiarità non consentite.

In ogni caso, il problema da affrontare è dove portare a sversare i comuni che attualmente scaricano a Parapoti. Tra questi vi è il comune capoluogo, perché la provincia di Salerno è caratterizzata dalla cattiva peculiarità di non aver neanche ipotizzato la soluzione alternativa, pur dichiarata, alle attuali discariche (il territorio del comune di Salerno è piuttosto esiguo come estensione e ad altissima densità abitativa. Quindi non gli è possibile trovare un'area all'interno del suo territorio). Quindi, non è vi alcun tipo di appiglio a soluzioni che possano consentire, dal 1° gennaio in poi, di risolvere il problema. Siamo incartati, nel senso che, nonostante le discariche si esauriranno, una serie di motivazioni, quali la demonizzazione dell'argomento rifiuti, le difficoltà da parte di alcune amministrazioni locali a prescegliere i siti e certe altre peculiarità della vicenda che il presidente Scalia credo conosca molto bene (dagli atti dell'audizione ho visto, infatti, che vi è stata un'audizione a Salerno tre anni fa), ha impedito che si profilasse una soluzione alternativa. Pertanto, ciò che ci viene chiesto dagli amministratori, dalla gente e da quanti operano in questo contesto e in questa vicenda è come si potrà ovviarvi senza immaginare una proroga dell'utilizzazione delle attuali discariche. Ma come ha ricordato il prefetto di Napoli, commissario delegato, la discarica di Polla (Costa Cucchiara) ha una limitatissima capacità e per ora è in grado, a detta del suo presidente di consorzio, peraltro anche sindaco di Polla, di sobbarcarsi l'onere aggiuntivo soltanto per alcuni mesi.

I problemi maggiori sorgono per Napoli e Salerno. Il 31 dicembre, ammesso che riusciamo ad arrivarci, chiuderà la discarica di Tufino. Da quel momento vi saranno 2.200 tonnellate di rifiuti al giorno prive di collocazione nell'immediato. Nella provincia di Salerno, con la chiusura delle due discariche, si avranno altre circa 1.100 tonnellate al giorno da collocare. Alla fine dell'anno, dunque, avremo da 3.300 a 3.500 (considerando anche Benevento) tonnellate di rifiuti al giorno senza collocazione. In questi mesi abbiamo provato ad immaginare tutti gli scenari possibili.

La quantità di rifiuti è tale da inibire qualsiasi altra possibilità di soluzione. Immaginare di portare tutto fuori regione è impensabile perché servirebbero numerose aree di compattazione, di cui non disponiamo; oltretutto, ammesso che le avessimo, 150 tir tutti i giorni dovrebbero attraversare le autostrade per conferire rifiuti. Mi sembra anche difficile trovare qualche regione disposta ad accettare un simile carico quotidiano. Dico questo perché sono stati recentemente pubblicati numerosi articoli di sindaci che chiedevano di utilizzare spazi fuori dalla regione e mi pare sia stata presentata più di un'interrogazione parlamentare in materia nel corso delle ultime settimane.

Non vi sono poi i tempi tecnici necessari all'apertura di nuove discariche per i rifiuti indifferenziati. Inoltre, le ordinanze che danno i poteri ai prefetti di Napoli e delle altre province e al presidente della regione non prevedono oggi il potere di autorizzare nuove discariche. Secondo le ultime ordinanze, infatti, su parere del comitato tecnico, il prefetto di Napoli deve sfruttare oltre i limiti consentiti le discariche esistenti; il vuoto di competenze degli ultimi mesi inibiva dunque l'ipotesi di nuove discariche. Tra l'altro una decisione in tal senso ci avrebbe portato un passo indietro rispetto all'attualità."

A fronte a tanti ostacoli si aggiunge anche la incapacità ammoinistrativa, se non l'aperto contrasto, dei Sindaci dei Comuni campani:

"Un piccolo appunto riguarda poi l'istituto del commissariamento: quando si vedono le stesse figure istituzionali presenti alla manifestazione contro il termodistruttore ad Acerra, al blocco nella discarica di Tufino, alla manifestazione contro i CDR Caivano e poi magari anche al compostaggio di San Vitaliano, quando vengono contestate tutte le soluzioni dallo stesso soggetto istituzionale riconosciuto dai cittadini, è ben difficile immaginare di trovare soluzioni. Almeno una di queste quattro o cinque deve essere praticabile, altrimenti diventa difficile gestire la situazione. Si possono inventare i poteri che si vogliono, ma se non c'è un equilibrio tra la politica, il consenso e le elezioni, la strada mi sembra difficilmente praticabile."

La cosa viene ribadita in un ulteriore documento, il documento che esamina l'istituto del commissariamento per l'emergenza rifiuti e che viene trasmesso alle Camere il 9 gennaio 2001:

"Il commissario prefetto, nel corso di un'audizione tenutasi il 21 settembre 1999, nel ricordare che le discariche per quanto riguarda la loro capienza e capacità ricettiva avrebbero cessato la loro attività rispettivamente il 31 marzo 2000 (Napoli, Caserta e Benevento), il 31 agosto 2000 (Salerno) e alla fine del 1999 (Avellino), ebbe a riconoscere che "ad oggi, malgrado le iniziative ed i tentativi di costruire altre discariche, per la ferma, rigida e preconcetta opposizione delle popolazioni locali, sostenute anche dagli enti locali, non sono riuscito a realizzare alcun progetto".

Si tratta di un'affermazione che appare particolarmente preoccupante, ove si consideri che la designazione a commissario di un'autorità espressione del Governo, qual è il prefetto, sarebbe dovuta servire per rimuovere, con i poteri straordinari e derogatori conferiti nella delega, proprio quelle resistenze di cui sopra è cenno.

D'altra parte, sono comprensibili gli imbarazzi e le difficoltà incontrati dal prefetto, che avrebbe dovuto assumere responsabilità di scelte di stretta natura politica, di esclusiva competenza delle rappresentanze elettive. Occorre ancora interrogarsi se, ed in quale misura, uno strumento quale quello disegnato dalla legge n. 225/1992 sia idoneo a risolvere crisi di gestione in materia. Interrogativo che lo stesso prefetto si è posto da ultimo rappresentando (nota del 21 dicembre 1999) ai ministri dell'interno e dell'ambiente l'inopportunità di proseguire in regime di commissariamento, "attesa l'impossibilità .... di realizzare nuove discariche per il generale rifiuto opposto dalle popolazioni interessate, non appare né utile, né produttiva di concreti effetti, l'eventuale proroga dei poteri al prefetto di Napoli nella qualità di delegato all'emergenza rifiuti".

Siamo così arrivati al mese di marzo. Entro l'estate verranno inaugurati i primi due impianti per ottenere combustibile dai rifiuti (cdr).In totale gli impianti saranno 7. Nell'immediato La Regione ha deciso di continuare ad utilizzare la discarica di palma Campania, in provincia di Napoli, per poi procedere ad una bonifica non appena saranno disponibili le altre soluzioni.

 

 

 

 

 

 

 

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