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CHI DEVE STANZIARE LE RISORSE PER I I CONTROLLI AMBIENTALI?
L'argomento trattato in questa interpellanza ha per oggetto la problematica del riparto delle somme versate a titolo di sanzione per infrazioni riscontrate dagli agenti forestali nel corso dei propri accertamenti sul territorio. In realtà la tematica riguarda tutti gli organi di controllo statale che si trovano ad elevare contravvenzioni relative a norme passate alla competenza locale.
Può sembrare aspetto di poco conto, ma dietro al problema sollevato dalla Comunità Montana della Valseriana, cioè sul versamento "incauto" alle casse dello Stato delle somme introitate per violazioni accertare dagli agenti forestali, c'è una questione più generale che riguarda due soggetti: chi effettua i controlli e chi può poi disporre delle risorse così raccolte.
In prima battuta c''è un problema etico evidente: non è ammissibile che il soggetto al quale è demandato un controllo sia, nei fatti, incentivato all'azione da un ritorno economico personale, questa è una cosa che fa a pugni con l'imparzialità della pubblica amministrazione. Si spera che, nella situazione descritta, le somme siano incamerate dall'ente per il rinnovo delle attrezzature, l'aggiornamento del personale o altra simile indicazione.
Quello invece che preme osservare è un altro risvolto. Lo stacco netto tra soggetto primo che effettua materialmente il controllo e soggetto terzo che ne riscuote i "frutti". Questa separazione si ritrova frequentemente quando si tratta dell'argomento controlli: ambientali, alimentari, sanitari ecc. I proventi cioè di tali attività non sono cioè versate all'ente che le promuove ma ad altra amministrazione la quale non vede certo il motivo di dover ripartire al primo le risorse raccolte, anche solo in misura minore. Ciò che manca è il riconoscimento del lavoro altrui, la valutazione degli oneri che si sobbarca l'ente per svolgere adeguatamente il mestiere di far applicare le leggi in questo paese. E invece di vulturare le somme raccolte, senza fatica alcuna, a chi ne avrebbe titolo, si volge il pensiero alle proprie necessità, con egoistica razionalizzazione.
Naturalmente questo è solo un esempio di come, nel nostro paese, si tengano in considerazione le attività di controllo. Nn sono certo questi "ammanchi" che pregiudicano il funzionamento di un ente. Quello che preme sottolineare è come sia deleterio per la crescita tecnica e professionale di questi enti il fatto di dover amministrare leggi "per interposta persona". Un governo del territorio che si attua attraverso la delega o l'avvalimento di soggetti specializzati senza che vi sia nessun contributo oneroso da parte dei "committenti" è destinato a soccombere. E' ora di mettere in discussione un sistema che fa acqua da tutte le parti.
I sottoscritti
chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro
per le politiche agricole e forestali, per sapere - premesso che:
-la legge n. 3267 del 30 dicembre 1923 - confermata dall'articolo 29 della
legge n. 689 del 1981 - dettava norme, tra l'altro, sui proventi per la suddivisione
delle contravvenzioni elevate dagli agenti forestali, anche per la parte a
questi destinata;
-la legge regionale lombarda n. 90 del 5 dicembre 1983, in materia di funzione
sanzionatoria, come confermato dalla stessa Regione Lombardia con propria
nota prot. PG1997/031600 del 15 settembre 1997, non ha previsto, ed ha pertanto
escluso, la possibilità di riparto dei proventi da sanzioni a favore
degli agenti accertatori; pertanto tali proventi devono essere introitati
integralmente, come entrata patrimoniale, dalla Regione e dagli Enti delegati;
-la comunità montana della Val Seriana (Bergamo) - ma è il caso
anche di altri enti montani lombardi - dal 1996 sta richiedendo al Fondo assistenza
previdenza e premi per il personale del Corpo Forestale dello Stato, con sede
in Roma, la restituzione di quanto erroneamente versato per il periodo 1990-1995;
-tali fondi, pari al 22,50 per cento dell'importo totale delle sanzioni elevate,
corrisponde per il periodo interessato a lire 49.957.088;
-della questione è stata investita, come risulta dalla nota prot. 8275/VIII/1/C
del ministero per le politiche agricole e forestali datata 12 novembre 1998,
l'Avvocatura Generale dello Stato che però, a tutt'oggi, non ha ancora
formalizzato nessun parere in proposito-:
quali siano i motivi dell'ingiustificato ritardo dell'Avvocatura Generale
dello Stato nella formalizzazione del parere richiesto;
-se non ritenga opportuno sollecitare l'Avvocatura Generale dello Stato ad
esprimere rapidamente il parere richiesto al fine di restituire, qualora l'indirizzo
regionale citato in premessa fosse confermato, quanto di competenza alle comunità
montane interessate al problema, ed in particolare a quella della Valle Seriana.
(2-02675)
"Stucchi, Calderoli, Alborghetti".
(25 ottobre 2000).
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Stucchi n. 2-02675 L'onorevole Stucchi ha facoltà di illustrarla.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, rinuncio ad illustrarla.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali ha facoltà di rispondere.
ROBERTO
BORRONI, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali.
Signor Presidente, la problematica a cui si fa riferimento nell'interpellanza,
relativa al diritto degli agenti accertatori, è sorta nel 1996, quando
l'ispettorato generale di finanza ha sollevato alcuni rilievi circa l'effettiva
vigenza di questo diritto.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, in particolare l'ufficio per il
coordinamento amministrativo, su richiesta dei servizi ispettivi del Ministero
del tesoro, ha convocato riunioni di coordinamento tra i Ministeri interessati
proprio per cercare di risolvere la questione per quanto concerne tutti gli
appartenenti alle Forze di polizia.
Nel corso delle riunioni a cui ho fatto riferimento è emersa l'opportunità
di sottoporre un formale quesito sull'argomento all'Avvocatura generale dello
Stato, la quale ha risposto in data 11 novembre 1999 alla Presidenza del Consiglio
dei ministri. Quest'ultima, in data 23 novembre 1999, ha trasmesso alle amministrazioni
interessate il parere che era stato formulato dall'Avvocatura generale dello
Stato, la quale con il parere ha sottolineato come attualmente per lo stato
della legislazione e per la prassi applicativa il quarto dei proventi contravvenzionali
non possa essere negato al personale del Corpo forestale dello Stato nella
misura netta determinata dal Ministero delle finanze del 17,424 per cento.
Le regioni quindi dovrebbero ottemperare al relativo obbligo di versamento.
L'Avvocatura precisa inoltre che non sembra che il regime ritenuto vigente,
quanto all'attribuzione delle quote contravvenzionali agli agenti scopritori,
abbia subito mutamenti con l'avvento dell'ordinamento regionale. La legge
n. 689 ha precisato, con l'articolo 29, che i proventi delle sanzioni amministrative
sono devoluti agli enti a cui era attribuito, secondo le leggi precedenti,
l'ammontare della multa o dell'ammenda, e che nelle materie di competenza
delle regioni e per materie amministrative ad esse delegate i proventi spettano
alle regioni ma continuano ad applicarsi, se previsti, i criteri di ripartizione
attualmente vigenti. Di tutto ciò sono state informate la regione Lombardia
il 5 aprile 2000 e la comunità montana della Val Seriana con una nota
del novembre 2000. La Presidenza del Consiglio dei ministri, nel trasmettere
il parere, ha auspicato un riesame completo della materia da parte del dipartimento
della funzione pubblica, come peraltro era stato sollecitato anche dalla stessa
Avvocatura proprio per riconsiderare la stessa opportunità di mantenere
un regime di compartecipazione ai proventi contravvenzionali o comunque di
uniformare la disciplina per tutte le Forze di polizia.
Successivamente alla formalizzazione del parere in argomento la direzione
generale delle risorse forestali montane ed idriche ha ripreso le liquidazioni
delle quote dei proventi contravvenzionali a favore degli agenti accertatori
e, su richiesta del dipartimento della funzione pubblica, ha fornito le proprie
valutazioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Stucchi ha facoltà di replicare.
GIACOMO
STUCCHI. Non posso esprimere soddisfazione per la risposta del sottosegretario
su una questione iniziata, almeno per quanto riguarda la Lombardia, nel 1983
e riguardante proprio le problematiche connesse ad una suddivisione percentuale
delle sanzioni a favore degli agenti accertatori (i cui proventi, invece,
in base a questa disposizione dovrebbero restare tutti in capo agli enti presso
i quali costoro prestano lavoro). È un problema importante soprattutto
per quanto riguarda i bilanci piuttosto risicati di questi enti (mi riferisco
alle comunità montane), per cui arrivare, a distanza di diciassette
anni, ad un parere come quello che ci è stato descritto non ci sembra
un modo di lavorare serio e produttivo. Ci aspettavamo qualcosa di diverso;
ci sembrava di capire che almeno le decisioni della regione Lombardia (nell'ambito
della quale si è verificato il caso della Val Seriana) mostrassero
che la direzione intrapresa era un'altra, che cioè c'era un cambiamento
rispetto alle leggi del 1923 e del 1981.
Non credo, quindi, che il parere di cui ci ha ora parlato il sottosegretario
sia congruo e giusto: infatti, si va a capovolgere un'impostazione che si
era cercata di dare negli ultimi anni nella gestione di tale tipo di problematiche.
Comprendo che da parte del Ministero vi è la volontà di arrivare
ad una soluzione inquadrando tutte le problematiche in un'ottica omogenea
e non trattando, caso per caso, la suddivisione delle sanzioni per la parte
destinata agli agenti accertatori, ma pensavo che si fosse superato un tale
modo di operare. Purtroppo, constato che non è così e me ne
rammarico: arrivare a diciassette anni di distanza dall'approvazione della
prima legge per la regione Lombardia, che disciplinava tale problematica,
vuol dire non aver posto la dovuta attenzione alla questione. Se non vi fosse
stata la comunità montana della Val Seriana, che nel 1996 si impuntò
e si rifiutò di pagare quella quota al fondo centrale con sede in Roma,
in quanto riteneva che vi dovesse essere una suddivisione diversa e che la
quota dovesse spettare interamente alla comunità montana, non vi sarebbe
stata alcuna preoccupazione da parte del Ministero di acquisire un parere
sulla regolarità delle procedure che erano state seguite sino a quel
momento. Rivolgo,
dunque, un ringraziamento a coloro che hanno posto il problema ed esprimo
l'auspicio che si possa rivedere la questione nel suo complesso, cercando
di comprendere che la direzione da seguire consiste nell'investire direttamente
le realtà locali (dunque, le regioni e nel caso specifico le comunità
montane) senza cadere nella vecchia logica del "contentino" o dell'obolo
di felicità da regalare agli agenti accertatori.