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Tar Emilia – Romagna, sez. staccata di Parma, sentenza del 20 aprile 2001 n. 226.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA SEZIONE DI PARMA
composto dai Signori:
Dott. Gaetano Cicciò Presidente
Dott. Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.Est.
Dott. Umberto Giovannini Primo Referendario.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso N. 151/2000 proposto da xxx, rappresentati e difesi dall’avv. xxx, ed elettivamente domiciliati nello studio dell’avv. xxx;
contro
Comune di Collecchio, rappresentato e difeso dall’avv. xxx e domiciliato nello studio dello stesso in Parma, xxx;
e contro
Azienda U.S.L. di Parma, n.c.;
e nei confronti
dell’ARPA – Ag. Reg.le Prevenzione e Ambiente Emilia Romagna, n.c.;
e nei confronti
dell’OMNITEL Pronto Italia S.p.A. , rappresentata e difesa dagli avv. xxx e domiciliata nello studio dell’avv. xxx
per l'annullamento
della concessione edilizia n. 384 dell’11/11/1999 rilasciata dal Comune di Collecchio all’OMNITEL per l’installazione di stazione radio base per telefonia cellulare; del parere favorevole 24/11/1999 dell’AUSL di Parma, del parere dell’ARPA di Parma del 16/11/1999; del parere favorevole reso il 4/11/1999 dalla Commissione Edilizia del Comune; della delibera n. 60 del 29/11/1999;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune e dell’OMNITEL;
Viste le memorie prodotte dai ricorrenti, dal Comune e dall’OMNITEL a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 20 marzo 2001 l’avv. xxx per i ricorrenti, l’avv. xxx per il Comune e l’avv. xxx in sostituzione dell’avv. xxx per l’OMNITEL;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Ricorrenti hanno impugnato gli atti in epigrafe indicati deducendone l’illegittimità sotto vari profili.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Collecchio e l’OMNITEL S.p.A. che hanno concluso per la reiezione del ricorso.
L’istanza cautelare, accolta in primo grado, è stata respinta in appello con ordinanza del Consiglio di Stato n. 4305/2000 “considerato che allo stato, la costruzione risulta ultimata”.Le parti costituite hanno sviluppato ampiamente le rispettive difese e la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 20 marzo 2001.
2. Va preliminarmente respinta l‘eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla difesa di parte resistente. Infatti, il ricorso è stato ritualmente notificato in data 7 aprile 2000 e, quindi, entro il termine di sessanta giorni dalla dati di ultimazione dei lavori avvenuta in data 28/2/2000 (vedi verbale di fine lavori- doc. n. 14) Né vi è prova della piena conoscenza dei vari provvedimenti impugnati e di quelli presupposti endo-procedimentali in data anteriore, essendo irrilevante sia la data di inizio dei lavori stessi del 30/1/2000 sia quella della apposizione dei cartelli con gli estremi della concessione rilasciata, quest’ultima comunque non provata.
3. Va, altresì, preliminarmente rilevata l’inammissibilità dell’impugnativa del parere favorevole dell’Azienda Sanitaria Locale di Parma del 24/11/1999, del parere dell’A.R.P.A. – Sezione Provinciale di Parma, reso in data 6/11/1999, nonché del parere della Commissione edilizia del Comune di Collecchio del 4/11/1999, trattandosi di meri atti interni di carattere endoprocedimentale, da cui l’inammissibilità del giudizio promosso nei confronti dell’A.R.P.A. e dell’Azienda Unità Sanitaria di Parma.
4. Nel merito il ricorso avverso la concessione edilizia n. 384/1999 e la deliberazione n. 60 del 29/11/1999 con la quale il Consiglio Comunale di Collecchio ha deliberato di rilasciare la concessione in deroga, è, invece, fondato.
5. L’intervento oggetto della concessione, come emerge dalla relazione tecnica in atti, è costituito da una struttura complessa a supporto del sistema di trasmissione in radiofrequenza per telefonia numerica denominata GSM costituita da un insieme di elementi caratterizzanti. “Lo sviluppo del sito” (così qualifica l’intervento la suddetta relazione tecnica – doc. n. 5-) consiste in:1) una struttura porta antenne costituita da un palo poligonale di metri 24 con master da 6 m.;
2) un supporto per le antenne, costituito da un sostegno verticale;
3) il complesso delle antenne settoriali;
4) un box in cemento (SHELTER) contenente tutti gli impianti elettrici, meccanici e sistemi per le trasmissioni;
5) un impianto di messa a terra costituito generalmente da un sistema di pozzetti in cls con puntazze in acciaio collegate con conduttori di rame nudo;
6) un eventuale impianto parafulmine per la protezione delle antenne e dello shelter;
7) opere edili accessorie costituite da una recinzione realizzata con paletti metallici (h = 2.00 m) e rete metallica plastificata, portoncino metallico di ingresso al sito, eventuale viabilità carrabile o pedonabile di accesso al sito;
8) collegamenti interni ed esterni alla rete ENEL (15KW) e TELECOM”.
6. E’ evidente che le rilevanti dimensioni dell’intervento sopra descritto comportano, sul piano formale, la necessità di una concessione edilizia, come del resto avvenuto nel caso di specie in cui l’effettivo rilascio del titolo è stato preceduto dal procedimento previsto dalla normativa locale per le concessioni in deroga. Del resto la giurisprudenza prevalente, con riferimento a stazioni radio di questo tipo, ha ritenuto necessaria la concessione edilizia, atteso il rilevante impatto sul territorio (cfr tra le tante Cons. Stato, sez. V, 18/3/1991, n. 280; T.A.R. Lombardia, sez. II, 25/3/1993, n. 62; T.A.R. Lombardia, sez. II, 7/4/1997, n. 430; T.A.R. Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, 17/4/2000, n. 229).
Conseguentemente, in applicazione della normativa vigente, il parametro per valutare la legittimità del rilascio della predetta concessione edilizia non può che essere costituito dalla disciplina urbanistica dell’area destinata “a ricevere il manufatto” ed in particolare dalla destinazione della stessa per effetto degli strumenti urbanistici locali.
7. Vero è che la particolare necessità di realizzare opere, quali quelle oggetto del presente ricorso, costituisce un’esigenza di un’utenza sempre più numerosa e si è particolarmente accentuata con lo sviluppo della tecnologia in tempi relativamente recenti e, quindi, ciò potrebbe giustificare un’attenzione particolare, attraverso una disciplina speciale. Infatti, il legislatore, con la recente legge 22 febbraio 2001, n. 36, ha previsto una specifica competenza regionale per l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti di telefonia mobile (art-. 8, comma primo, lettera a-) e la possibilità per i Comuni di adottare un proprio regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
8. In attesa del suddetto intervento normativo gli impianti in parola devono essere realizzati in conformità degli strumenti urbanistici vigenti nella località destinataria dell’insediamento.
9. Nel caso concreto, pacificamente, l’area sulla quale è stato realizzato l’intervento è classificata come zona D – sottozona D2, disciplinata dall’articolo 29.2 delle N.T.A. del piano regolatore generale, che individua gli usi consentiti nelle aree medesime.
10. L’articolo 29.2 citato, per quanto concerne la sottozona D2 in parola, ammette i seguenti usi: U3.1 “Attività commerciali di dettaglio”; U3.2 “Pubblici esercizi”; U3.3 “Usi vari di tipo diffusorio”; U3.5 “Commercio all’ingrosso e magazzini”; U3.6 “Per soli servizi di informatica ed elaborazione dati”; U3.7 “Artigianato di servizio”; U3.8 “Attività di servizio e distribuzione carburanti”; U3.9 “Attività culturali di ritrovo e spettacolo”; U4.1 “Artigianato produttivo”; U4.2 “Industria”; U4.3 “Impianti agroalimentari industriali”.Va, pertanto, rilevato che gli impianti di trasmissione in radiofrequenza di telefonia, quale quello in oggetto, non rientrano tra le categorie previste per la sottozona D2.
11. Né può sostenersi che l’impianto in parola possa rientrare in via analogica tra gli usi consentiti in quanto la disciplina locale ha esplicitamente previsto l’uso U5.1 “Attrezzatura tecnologiche e servizi tecnici urbani”, limitatamente alle sottozone D1 e D3, tra le quali potrebbe semmai rientrare l’impianto in parola.
12. Né può essere condivisa l’osservazione difensiva secondo la quale la realizzazione dell’impianto in parola sarebbe compatibile con la destinazione “artigianale ed industriale” della zona D2, dove sarebbero preclusi gli insediamenti residenziali. Infatti, a prescindere dalla circostanza che la destinazione urbanistica impressa riguarda le future edificazioni mentre l’Amministrazione nel differenziare la disciplina urbanistica nell’ambito delle sottozone ben può avere inteso armonizzare lo sviluppo urbanistico futuro con quello già esistente, tenuto conto degli edifici abitativi comunque da mantenere, va rilevato che la specifica presenza degli usi consentiti nella sottozona D2, tra i quali non può rientrare l’intervento in parola, preclude una diversa valutazione integrativa ad opera dell’interprete.
13. Del resto la stessa Amministrazione comunale sembra aver ritenuto non compatibile l’intervento in parola con le prescrizioni vigenti nella sottozona D2, tanto è vero che ha seguito, sia pure illegittimamente, il procedimento per il rilascio di una concessione edilizia in deroga, ai sensi dell’art. 54 della legge regionale n. 47/1978 e successive modificazioni ed in applicazione dell’articolo 12 del regolamento edilizio comunale, e 40 delle N.T.A., proprio evidenziando il contrasto tra l’intervento in parola e la disciplina della citata sottozona D2.
14. In proposito sia l’articolo 12 del Regolamento edilizio, sia l’articolo 40 delle delle N.T.A., limitano il potere discrezionale di rilascio della concessione in deroga agli “edifici ed impianti pubblici”.
E’ evidente, pertanto, che la concessione in deroga presuppone l’appartenenza soggettiva ad una Pubblica Amministrazione dell’opera da realizzare non essendo sufficiente né un interesse diffuso ad una generalità di utenti, per quanto vasta, e neppure un interesse pubblico alla realizzazione di un’opera di una Società privata necessaria allo svolgimento di un’attività di impresa, sia pure di interesse per la collettività.Del resto il carattere derogatorio del procedimento, rispetto alla disciplina generale, consente solo un’interpretazione restrittiva.
La giurisprudenza, sia pure in fattispecie diverse, ha sempre escluso l’equiparazione tra un’opera pubblica, in quanto appartenente alla Pubblica Amministrazione, ed un’opera privata di interesse pubblico al fine della estensione a quest’ultima categoria di una disciplina speciale e derogatoria (vedi ad esempio per il procedimento espropriativo Cons. Stato, Ad. Plen. 13/12/1995, n. 35).
15. Non può, pertanto, essere condivisa la valutazione operata dalla deliberazione del C.C. n. 60 del 29/11/1999 che giustifica il rilascio della concessione in deroga attraverso una illegittima equiparazione tra la nozione di “edifici ed impianti pubblici” di cui all’articolo 12 del regolamento Edilizio citato, con il carattere di pubblica utilità dell’impianto in parola che verrebbe desunto dalla qualità di concessionario del titolare degli impianti.
16. Ciò anche a prescindere dal venir meno del regime concessorio nel settore delle telecomunicazioni per effetto del processo di liberalizzazione e dell’avvio della concorrenza ad opera della legge n. 249 del 1997 e del D.P.R. n. 318 del 1998.
17. Per tali ragioni, di carattere assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte, il ricorso va accolto e, per l'effetto, vanno annullati i provvedimenti impugnati.
18. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe indicato, in parte lo dichiara inammissibile, nei limiti di cui in motivazione, ed in parte lo ACCOGLIE e, per l’effetto, ANNULLA la concessione edilizia n. 384/1999 del 11/11/1999 e la deliberazione n. 60 del 29/11/1999 del Consiglio Comunale di Collecchio, in epigrafe indicate.
Nulla per le spese in favore dell’Azienda Sanitaria Locale di Parma e dell’A.R.P.A., non costituite in giudizio.
Condanna il Comune di Collecchio e l’OMNITEL Pronto Italia S.p.A. al pagamento in solido delle spese di causa in favore dei ricorrenti che si liquidano in complessive L. 7.000.000 (sette milioni) oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, il giorno 20 marzo 2001.f.to Gaetano Cicciò Presidente
f.to Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.Est.
Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L.18/4/82, n.186
Parma, lì 20 aprile 2001
Il Segretario f.to Raffaele Lanza