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MINISTERO DELLA SANITA'
CIRCOLARE 28 marzo 2001, n.4
Interpretazione ed applicazione delle leggi vigenti in materia di divieto di fumo.

Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri
Al Ministero degli affari esteri
Al Ministero delle politiche agricole e
forestali
Al Ministero dell'ambiente
Al Ministero per i beni e le attivita'
culturali
Al Ministero del commercio con l'estero
Al Ministero della difesa
Al Ministero delle finanze
Al Ministero della giustizia
Al Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato
Al Ministero dell'interno
Al Ministero dei lavori pubblici
Al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale
Al Ministero dei trasporti e della
navigazione
Al Ministero delle comunicazioni
Al Ministero della pubblica istruzione
Al Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica
Al Ministero dell'universita' e della
ricerca scientifica e tecnologica
Ai sig. ri presidenti delle giunte
regionali
Ai sig. ri presidenti delle province di
Trento e Bolzano
Ai sig. ri assessori regionali alla
sanita'

Il fumo di sigaretta, com'e' noto dai dati riportati dalla
letteratura scientifica mondiale, e' causa di una molteplicita' di
patologie. Il tumore polmonare, ad esempio, in circa il 90% dei casi,
e' causato dal fumo di sigaretta. L'Organizzazione mondiale di
sanita' ha piu' volte richiamato l'attenzione dei Governi su quella
che e' stata definita "nuova epidemia" (90 mila morti in Italia ogni
anno, 3 milioni nel mondo).
Occorre da parte di tutti uno sforzo per porre rimedio ad una
abitudine o, meglio, dipendenza che danneggia chi la pone in essere e
chi, soprattutto, passivamente la subisce.
L'ordinamento giuridico italiano contiene varie norme dirette a
tutelare la salute, come sancito all'art. 32 della Costituzione, dai
rischi connessi all'esposizione anche passiva al fumo, alcune delle
quali, vigenti gia' da un ventennio, non sono adeguatamente
applicate, sia per una sottovalutazione dei rischi del fumo, sia a
causa di dubbi interpretativi ed applicativi.
In relazione ai quesiti posti da vari soggetti interessati
sull'applicazione della legge 11 novembre 1975, n. 584, e della
direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995,
questo Ministero ritiene opportuno precisare quanto segue.

Normativa vigente in tema di limitazione
e divieto di fumo nei locali aperti al pubblico

Regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, art. 25.
"Testo unico delle leggi sulla protezione e l'assistenza della
maternita' e dell'infanzia".
".... chi vende o somministra tabacco a persona minore degli anni
16 e' punito con la sanzione amministrativa fino a L. 40.000. E'
vietato ai minori degli anni 16 di fumare in luogo pubblico sotto
pena della sanzione amministrativa di L. 4.000."
Legge 11 novembre 1975, n. 584.
"Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto
pubblico".
La legge persegue scopi di tutela della salute pubblica.
Consapevole dei danni che alla salute puo' arrecare il fumo c.d.
passivo, il legislatore ha posto un generico ed assoluto divieto di
fumo nei seguenti locali:
corsie d'ospedale;
aule delle scuole di ogni ordine e grado;
autoveicoli di proprieta' dello Stato, di enti pubblici e di
privati concessionari di pubblici servizi per trasporto collettivo di
persone;
metropolitane;
sale d'attesa di stazioni ferroviarie, autofilotranviarie,
portuali-marittime, aeroportuali;
compartimenti ferroviari per non fumatori delle Ferrovie dello
Stato e delle ferrovie date in concessione ai privati;
compartimenti a cuccette e carrozze letto, durante il servizio di
notte, se occupati da piu' di una persona;
locali chiusi adibiti a pubblica riunione (ogni ambiente aperto
al pubblico ove si eroga un servizio dell'amministrazione o per suo
conto (vedi ultra, T.A.R. Lazio, sentenza n. 462/1995; direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995);
sale chiuse di cinema e teatro;
sale chiuse da ballo;
sale-corse;
sale riunioni di accademie;
musei;
biblioteche;
sale di lettura aperte al pubblico;
pinacoteche e gallerie d'arte pubbliche o aperte al pubblico.
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre
1995.
"Divieto di fumo in determinati locali della pubblica amministrazione
o dei gestori di servizi pubblici".
La direttiva e' stata emanata in seguito a due pronunce dei giudici
amministrativi che hanno interpretato estensivamente le norme della
legge n. 584/1975.
Essa ha quali suoi destinatari tutte le amministrazioni pubbliche.
Per amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono:
tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le
aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le
regioni, le province, i comuni, le comunita' montane e loro consorzi
ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi
case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non
economici nazionali regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
La direttiva prevede che le amministrazioni pubbliche attuino il
divieto di fumo comminato dalla legge n. 584 del 1975, esercitando
poteri amministrativi regolamentari e disciplinari nonche' poteri di
indirizzo, vigilanza e controllo sulle aziende ed istituzioni da esse
dipendenti e sulle aziende private in concessione o in appalto.
La direttiva fornisce, inoltre, i seguenti criteri interpretativi
per l'individuazione dei locali in cui si applica il divieto:
1. per locale aperto al pubblico si deve intendere quello in cui
la generalita' degli amministrati e degli utenti accede, senza
formalita' e senza bisogno di particolari permessi negli orari
stabiliti;
2. tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, dalla p.a. e
dalle aziende pubbliche per esercizio delle proprie funzioni
istituzionali, sempre che i locali siano aperti al pubblico;
3. tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, da privati
esercenti servizi pubblici, sempre che i locali siano aperti al
pubblico;
4. i luoghi indicati dall'art. 1 della legge 11 novembre 1975, n.
584, anche se non si tratta di "locali aperti al pubblico" nel senso
precisato dalla direttiva (es. aule scolastiche: fra le aule delle
scuole di ogni ordine e grado si intendono ricomprese anche le aule
universitarie).
La direttiva precisa, inoltre, che le amministrazioni e gli enti
possono comunque, in virtu' della propria autonomia regolamentare e
disciplinare, estendere il divieto a luoghi diversi da quelli
previsti dalla legge n. 584 del 1975. Nei locali in cui si applica il
divieto vige l'obbligo di apporre cartelli con indicazione del
divieto di fumo.

Elenco esemplificativo dei locali
in cui si applica il divieto di fumo.

Premesso che il divieto di fumo si applica nei luoghi
nominativamente indicati nell'art. 1 della legge n. 584 del 1975,
ancorche' non si tratti di locali "aperti al pubblico" nel senso di
locali in cui una generalita' di amministrati e di utenti accede
senza formalita' e senza bisogno di particolari permessi negli orari
stabiliti, si fornisce un elenco esemplificativo dei locali che
rientrano nella generica espressione usata dalla legge n. 584/1975,
cosi' come interpretata dalla sentenza n. 462/1995 del T.A.R. del
Lazio, "locali chiusi adibiti a pubblica riunione" in cui vige il
divieto di fumo, allo scopo di agevolare la corretta applicazione
della normativa:
ospedali ed altre strutture sanitarie (corsie, corridoi, stanze
per l'accettazione, sale d'aspetto e piu' in generale locali in cui
gli utenti richiedono un servizio - pagamento ticket, richieste di
analisi, ecc...);
scuole di ogni ordine e grado, comprese le universita' (aule,
corridoi, segreterie studenti, biblioteche, sale di lettura, bagni,
ecc...);
uffici degli enti territoriali quali regioni, province e comuni;
uffici di altre amministrazioni a livello territoriale: uffici del
catasto, uffici collocamento ecc..;
uffici postali (locali di accesso agli sportelli, corridoi,
ecc.);
distretti militari ed altri uffici dell'amministrazione della
difesa aperti al pubblico (uffici di certificazione, uffici
informazioni e relazioni con il pubblico);
uffici I.V.A., uffici del registro;
uffici di prefetture, questure e commissariati, uffici
giudiziari;
uffici delle societa' erogatrici di servizi pubblici (compagnie
telefoniche, societa' erogatrici di gas, corrente elettrica, ecc.);
banche, relativamente ai locali in cui si svolgono servizi per
conto della pubblica amministrazione (riscossione imposte e sanzioni
pecuniarie, tesoreria per enti pubblici).

Competenze dei dirigenti in ordine
all'applicazione del divieto di fumo.

I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio
ovvero il responsabile della struttura privata, sono tenuti ad
individuare, con atto formale, i locali della struttura cui
sovrintendono, dove, ai sensi dei criteri prima citati, devono essere
apposti i cartelli di divieto.
Spetta ad essi, quindi, predisporre o far predisporre i cartelli di
divieto completi delle indicazioni fissate dalla direttiva:
divieto di fumo;
indicazione della norma che impone il divieto (legge n.
584/1975);
sanzioni applicabili;
soggetto cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto e ad
accertare le infrazioni (nominativo del funzionario/i preposto/i dal
dirigente, con atto formale, alla vigilanza sul divieto di fumo
nonche' all'accertamento dell'infrazione nei locali ove e' posto il
cartello di divieto, o, ove non si sia proceduto a nomina specifica,
il nome del dirigente responsabile della struttura pubblica ai sensi
di legge e dei regolamenti).
Spetta ai dirigenti preposti alle strutture amministrative e di
servizio, come anticipato, individuare in ciascuna di esse, con atto
formale, i funzionari incaricati di vigilare sull'osservanza del
divieto, di procedere alla contestazione delle infrazioni e di
verbalizzarle.
Detti funzionari, ove non ricevano riscontro dell'avvenuto
pagamento da parte del trasgressore, hanno l'obbligo di fare rapporto
all'autorita' competente, che, come si e' detto, e', nella maggior
parte dei casi, il prefetto, affinche' irroghi la sanzione.
Nei locali privati, ove si svolge comunque un servizio per conto
dell'amministrazione pubblica (concessionari di pubblici servizi) i
soggetti obbligati a vigilare sul rispetto del divieto e ad
accertarne la violazione sono coloro cui spetta per legge,
regolamento o disposizioni d'autorita' assicurare l'ordine
all'interno dei locali.
Nei locali privati nominativamente citati dall'art. 1 della legge
n. 584 del 1975 (es. nei teatri, nei cinema, nelle sale da ballo,
ecc.) tali figure si identificano nei conduttori dei locali
individuati nella lettera b) dell'art. 1 della legge citata.

Sanzioni.

La sanzione amministrativa prevista dall'art. 7 della legge n.
584/1975 per il trasgressore e' quella del pagamento di una somma di
danaro da L. 1.000 a L. 10.000.
Per effetto degli articoli 10 e 114 della legge n. 689/1981 le
sanzioni amministrative non possono essere inferiori quanto al minimo
a L. 4.000, e quanto al massimo a L. 10.000.
Per effetto dell'art. 96 del decreto legislativo 30 dicembre 1999,
n. 507 "Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema
sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n.
205", l'art. 10 della legge n. 689/1981 e' cosi' modificato: "La
sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una
somma non inferiore a lire dodicimila e non superiore a lire
ventimilioni. ... Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge,
il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non puo'
per ciascuna violazione superare il decuplo del minimo.".
L'art. 16 della legge n. 689/1981 ammette il pagamento in misura
ridotta della sanzione se il versamento viene effettuato entro
sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi e'
stata dalla notificazione degli estremi della violazione.
In forza di tale norma il trasgressore puo' pagare 1/3 del massimo
o il doppio del minimo se piu' favorevole. Nel caso della sanzione
relativa al divieto di fumo, per quanto detto sopra, e' piu'
favorevole il pagamento del doppio del minimo, pari a L. 24.000.
Va precisato in proposito che ai sensi dell'art. 15 delle
disposizioni preliminari al codice civile, per incompatibilita',
resta abrogato l'art. 8 della legge n. 584/1975 in quanto disciplina
una materia successivamente modificata da apposita legge, appunto la
legge n. 689/1981 e che altre norme dispongono il divieto di
maneggiare danaro da parte dei pubblici funzionari (e quindi di
riscuotere direttamente la sanzione dal trasgressore).
Per completare il quadro sanzionatorio occorre ricordare che l'art.
7 della legge n. 584/1975 prevede una sanzione anche per coloro che
sono tenuti a far osservare il divieto e vengono meno a questo loro
dovere; la sanzione per questi va da L. 20.000 a L. 100.000.

Applicazione della sanzione.

1) Come si accerta l'infrazione:
a) negli uffici pubblici:
il funzionario preposto alla vigilanza e all'accertamento
dell'infrazione, deve essere dotato degli appositi moduli di
contestazione. In caso di trasgressione, questi procedera' a
compilare il modulo e a darne copia al trasgressore.
Trascorso inutilmente il termine per il pagamento in misura
ridotta, sessanta giorni, il funzionario che ha accertato la
violazione presentera' rapporto, con la prova delle eseguite
contestazioni o notificazioni (ex art. 17, legge n. 689/1981), al
prefetto (competente ex art. 9, legge n. 584/1975).
b) nei locali condotti da privati:
il responsabile della struttura, ovvero il dipendente o il
collaboratore da lui incaricato richiamera' i trasgressori
all'osservanza del divieto e curera' che le infrazioni siano
segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma
dell'art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (art. 4, lettera c)
della direttiva 14 dicembre 1995).
2) Come si paga la contravvenzione:
il modulo di contestazione deve riportare le indicazioni sul
pagamento della contravvenzione, ove non sia diversamente individuato
da specifiche normative regionali si applica quanto segue:
a) si puo' pagare direttamente al concessionario del servizio
di riscossione dell'ente in cui e' stata accertata l'infrazione,
compilando apposito modulo.
Il codice tributo da indicare e' il 131 T, che corrisponde alla
voce "sanzioni amministrative diverse da I.V.A." (V. decreto
legislativo n. 237/1997 e relativo allegato).
Va pero' inserito anche il codice "ufficio". Si tratta di un codice
che ogni amministrazione pubblica deve avere e che dovra' essere
stampato sul verbale di contestazione.
b) si puo' delegare la propria banca al pagamento sempre
utilizzando lo stesso modulo;
c) si puo' pagare presso gli uffici postali con bollettino di
conto corrente postale intestato a servizio riscossione tributi -
concessione di ....
Si rammenta che il funzionario che ha accertato l'infrazione non
puo' ricevere direttamente il pagamento dal trasgressore ai sensi
delle vigenti leggi.
Ai sensi dell'art. 18 della legge n. 689/1991, entro trenta giorni
dalla data di contestazione o notificazione della violazione, gli
interessati possono far pervenire all'autorita' competente a ricevere
il rapporto scritti difensivi e documenti e possono chiedere di
essere sentiti dalla medesima autorita'. L'autorita' competente,
sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed
esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti, se ritiene
fondato l'accertamento, determina con sentenza motivata, la somma
dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento; in caso
contrario emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti. In
base alla normativa vigente, a chi e' stata contestata la violazione
e' data facolta' di ricorrere contro la stessa al giudice ordinario
territorialmente competente, sia nel caso in cui non abbia fatto
ricorso all'autorita' competente, sia qualora quest'ultima abbia
emanato l'ingiunzione di pagamento della sanzione.
3) Autorita' competente a ricevere il rapporto.
Un aspetto problematico e' correlato alla identificazione della
autorita' competente a ricevere il rapporto sulle violazioni
accertate. Ove non sia diversamente individuato da specifiche
normative regionali si applica quanto segue.
L'art. 9 della legge n. 584 del 1975, nella sua formulazione
testuale, dispone che i soggetti legittimati ad accertare le
infrazioni presentino il rapporto al prefetto.
Tale disposizione, tuttavia, deve oggi essere applicata in maniera
conforme ai sopravvenuti indirizzi espressi dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 1034 del 27 ottobre 1988.
Il giudice delle leggi ha, infatti, affermato che non spetta allo
Stato indicare gli uffici competenti a ricevere il rapporto ex lege
n. 689/1981 quando le violazioni siano attinenti a materie di
competenza regionale.
In particolare, relativamente al divieto di fumo sui mezzi di
trasporto tranviario e delle ferrovie in concessione, nonche' nei
locali adibiti allo stesso servizio di trasporto, la sentenza ha
precisato che, quando l'infrazione inerisce attivita' affidate, a
titolo proprio o di delega alle regioni, a norma dell'art. 9 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, la competenza a
ricevere il rapporto deve essere imputata agli organi dalle stesse
individuati.
Lo stesso principio e' stato affermato dalla Corte con riguardo al
divieto di fumo nei locali chiusi di cui all'art. 1 della legge n.
584, "quando la proibizione di fumare si riferisce a luoghi, locali o
mezzi sui quali si esercita la competenza regionale (come ad esempio,
le strutture del Servizio sanitario nazionale, i musei e le
biblioteche affidate alle regioni)...".
Ne consegue che il rapporto va presentato alla regione quando la
violazione sia stata rilevata:
a) nell'ambito dei servizi di trasporto pubblico rientranti nella
competenza regionale;
b) nell'ambito di luoghi, locali o mezzi sui quali le regioni
esercitano competenze proprie o delegate;
c) nell'ambito degli uffici o delle strutture della regione o
delle aziende o istituzioni da essa dipendenti.
Il rapporto va presentato all'ufficio provinciale della M.C.T.C.
competente per territorio (art. 1, comma 1, voce Ministero dei
trasporti, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n.
571/1982), quando le violazioni siano state rilevate nell'ambito dei
servizi di trasporto pubblico rientranti nella competenza statale, ad
esclusione delle violazioni accertate negli ambiti di competenza
delle Ferrovie dello Stato per le quali occorre aver riguardo a
quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio
1980, n. 753.
Il rapporto va presentato all'ufficio di sanita' marittima aerea e
di frontiera e all'ufficio veterinario di confine, di porto,
aeroporto e di dogana interna quando le violazioni siano state
rilevate negli ambiti di rispettiva competenza (art. 1, comma 1, voce
Ministero della sanita', del decreto del Presidente della Repubblica
n. 571/1982).
Il rapporto, infine, va presentato al prefetto in tutti i restanti
casi.
Roma, 28 marzo 2001
Il Ministro della sanita': Veronesi