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Apologia del porco. Del porco non si butta via niente! Francesco Tadolti

Anticamente il porco veniva sacrificato sull’altare della dea Maia, dea della produttività e dell’abbondanza. Maia era ritenuta la moglie del dio Vulcano ed ogni 1° maggio il "Flamen-Vulcanalis", sommo sacerdote in suo onore, sgozzava sulla pietra sacrificale, una "Porca Pregna". Di fatto, il porcus, già suinus, grazie alla dea Maia diventava maialis, animale di lignaggio apprezzato da tutti. L’insudiciarsi per difendersi dai parassiti non ha però giovato alla sua immagine: lo ha reso immondo, sudicio tant’è che certe culture indiana, israelita, mussulmana lo hanno bandito (anche per altri motivi). Nel periodo medievale la pastura nei boschi era regolamentata da apposite leggi "Diritto Ghiandatico", per cui si poteva raccogliere ghiande dal bosco, pur non essendone proprietario. Il periodo migliore per ammazzare il porco, va da novembre a gennaio. E’ opportuno che l’animale rimanga digiuno il giorno prima dell’inizio della "salata". L’addetto alla mattanza conficca un affilatissimo coltello nella gola della bestia fino a recidere la vena grossa, il sangue che copioso defluisce viene raccolto dalle donne presenti che provvederanno a prepararlo al più presto: lessato, tagliato a pezzetti, e rifatto in padella con olio e cipolla oppure aggiunto al sugo di carne che andrà a condire la polenta o ancora a comporre un dolce tipico pesarese: il Migliaccio. Con l’aiuto di acqua bollente si pela velocemente il maiale. Appeso a testa in giù, si divide con precisi colpi di "mannarina" in due parti uguali: "le pacche" che dovranno fermarsi per 24 ore, ed ecco che come per incanto, compiuto il nobile sacrificio, l’impuro maiale ridiventa "il divin porcello". Quindi il pistarolo, norcino etc inizia la sua opera maestra e "pista", batte, sminuzza, trita ed insacca, taglia, divide, seleziona, sala, governa la carne che si sublimerà nell’:

- intensità della "coppa di testa" che raccoglie in sé sensazione gustative molto originali: si uniscono le parti carnose della testa (orecchie, musetto, gola), vengono bollite lentamente per ore e poi, sminuzzate finemente sono unite alla cannella e alla noce moscata e ai pinoli, alle mandorle, alla buccia d’arancia tritata e a volte alle olive. Il tutto amalgamato senza far raffreddare l’impasto perché altrimenti non si "apparenta", racchiuso nel budello "trombone", legato strettamente e pressato, viene gustato nei giorni successivi.

- unicità della salsiccia, sia essa di carne, di fegato, di Fano o di Filottrano, perché in se racchiude tutto ciò che serve. Può essere cotta e gustata così come è, basta una fonte di calore. In sé ha la carne, il grasso, le spezie, il sale e gli aromi, protetti dal suo budello gentile. E’ talmente completa che riesce a regalare ai compagni di cottura i suoi tipici umori. Di lei dicono bene le lenticchie, le verze, i fagioli, i pomodori, il riso, la polenta e...

- Parente della salsiccia è il ciauscolo o ciabuscolo, salame che nelle sue diverse versioni attraversa tutta la Regione, fungendo da tratto di unione fra tutte le sue specialità. Di esso si conoscono quello di carne, di fegato e il bastardo. Il suo impasto diventa a grana sempre più fine, quasi una pasta, nel passare dalla zona costiera a quella montana.

- Altro simbolo del porco è lo strutto che si prepara facendo scaldare a fuoco lentissimo la sugna (parte grassa che avvolge i reni, l’intestino e la milza) e che, filtrata, lascia come residuo le parti solide dette grasselli o ciccioli. Con il grasso fuso si riempie la vescica del maiale che lo conserva poi tutto l’anno mentre i grasselli, che nel frattempo avranno raggiunto una invitante colorazione ambrata, servono per condire la crescia in un accostamento tra i più riusciti.

Non dimentichiamo la schiera dei salami, dei prosciutti, delle lonze e dei lonzini, le costarelle, la barbaja, gli zamponi e i cotechini, gli zampetti, il codino, il lardo salato e così via. Ognuno avrebbe bisogno di attenzioni a parte. La rete o velo del maiale avvolge i cibi in cottura, li abbraccia proteggendoli dal calore diretto e cede la sua porzione di grasso insaporendo e ammorbidendo: è ciò che succede al fegato del porco che, condito con sale, pepe e fior di finocchio, ci consegna fumanti e sorprendenti fegatelli, ma è poi giusto che il maiale debba essere il simbolo della trasgressione alimentare e di tutte le malattie? Povero porco, eppure lui si ritiene il migliore amico dell’uomo.

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