SEDULIO SCOTO

 

I REGGITORI CRISTIANI E LE CONVENIENTI REGOLE CON CUI SI DEVE RELIGIOSAMENTE GOVERNARE LO STATO.

 

Cap.I: É necessario che il pio reggitore, dopo aver ricevuto il potere regale, per prima cosa onori degnamente Dio e le sante chiese.

É necessario che il reggitore cristiano, dopo aver preso lo scettro regale ed essersi assunto il compito di governare il regno, contraccambi il favore ricevuto ringraziando ed onorando degnamente l'Onnipotente e la santa chiesa. Infatti, allora lo Stato è sin dal principio ben consacrato, quando il re, temendo e contemporaneamente amando il supremo Re, si dimostra pienamente sollecito e santamente devoto verso di Lui, e quando sollecitamente e santamente si prende cura e provvede alla gloria ed all'utilità della chiesa, di modo che, mentre la porpora regale e tutti gli altri fregi del regno lo abbelliscono esteriormente, le sue preghiere di lode verso Dio e verso la sua santa chiesa lo abbelliscano interiormente. Non vi è dubbio infatti che allora si perviene in modo straordinario al vertice del regno terreno quando si tengono in pia ed attenta considerazione la gloria e l'onore del Re onnipotente. Pertanto, il pio principe si adoperi attivamente per obbedire alla volontà di Dio, sommo dominatore di tutti gli uomini, ed ai suoi santi precetti; inoltre, egli abbia per certo di essere arrivato al vertice del potere grazie alla suprema volontà di Dio che tutto dispone, secondo quanto testimonia l'Apostolo che afferma: "Non c'è autorità che non venga da Dio; e quelle che esistono, sono disposte da Dio". Dunque il buon reggitore, che sa di essere stato ordinato da Dio, attende al suo compito con pia sollecitudine e, misurando tutto col metro della rettitudine, al cospetto di Dio e degli uomini, dispone ordinatamente e valuta esattamente ogni cosa. Che cosa sono infatti i reggitori del popolo cristiano se non i ministri dell'Onnipotente? É certamente ministro capace e fedele chi con sincera devozione fa tutto ciò che il suo signore e maestro gli ha comandato di fare. Per questo motivo, i piissimi e gloriosi principi si inorgogliscono di più ad essere chiamati e ad essere ministri e servi dell'Eccelso, che ad essere chiamati e ad essere padroni ovvero re degli uomini. Infatti, il beato Davide, re e profeta straordinario, spesso si definisce servo del Signore; nondimeno il famoso Salomone, figlio di Davide, pregando l'Onnipotente, tra le altre cose dice: "O Signore mio Dio, guarda benigno al tuo servo che ti prega e ti supplica; ascolta il grido e la preghiera che oggi il tuo servo eleva dinanzi a te e vigila giorno e notte su questo tempio di cui hai detto: lì sarà il mio nome". É anche celeberrimo quanto ci è stato tramandato del grande imperatore Costantino, il quale, avendo creduto e messo in pratica il mistero della salvifica croce e della fede cattolica, poté constatare che al grandioso diffondersi della religione corrispondeva la prosperità del suo impero; eppure costui non divenne certamente arrogante, ma rese grazie all'Onnipotente, giacché Dio, per propria decisione, si era degnato di considerare proprio lui ministro adatto a mettere in pratica la sua volontà. Dunque Costantino, imperatore eminentissimo, rendeva grazie più per essere diventato ministro di Dio che per aver avuto il comando supremo sulla terra. Inoltre, proprio perché era stato ministro della suprema volontà di Dio, poté allargare i confini del suo pacifico regno che andava dal mare della Bretagna alle regioni dell'Oriente e, poiché si era sottomesso all'Onnipotente, riuscì a superare, grazie alla sua potenza ed alla sua fedeltà a Dio, tutti gli avversari, vincendo tutte le guerre che egli combatté sotto la protezione del Signore. Egli faceva costruire ed arricchiva le chiese di Cristo con magnifiche opere d'arte. Per questo la suprema grazia di Dio gli concesse di ottenere trionfali vittorie; è indubbio infatti che i sacri reggitori quanto più umilmente si sottomettono al Re dei re, tanto più ascendono alla sublime grandezza di una gloriosa dignità. Chi non rimarrebbe stupito e di fronte a tutti gli onori che il suddetto Salomone diede in cambio al Signore dopo aver ricevuto lo scettro del regno di Dio, autore di tutte le cose, e di fronte al tempio del Signore che egli con sapientissima devozione fece costruire e meravigliosamente ornare, e infine di fronte agli innumerevoli pacifici sacrifici che egli immolò a Dio? Salomone raccolse i frutti della sua devozione e delle sue preghiere, come dimostrano le parole che il Signore, apparendo a lui, gli rivolse: "Ho esaudito la tua preghiera e la tua supplica che hai elevate dinanzi a me, ho santificato questo tempio che hai costruito affinché potessi collocare qui in perpetuo il mio nome; i miei occhi ed il mio cuore saranno qui per sempre. Inoltre, se camminerai al mio cospetto, come camminò tuo padre Davide con sincerità di cuore e con rettitudine, e farai tutto quello che ti ho prescritto, ed osserverai le mie leggi ed i miei ordini, io stabilirò il trono del tuo regno in eterno su Israele, come promisi a Davide tuo padre quando gli dissi: "Non mancherà uno della tua stirpe sul trono d'Israele". Pertanto, se il famoso re Salomone, per la sua santa devozione e per aver fatto costruire la casa di Dio sulla terra, meritò di avere tanta gloria come ricompensa, quale incomparabile premio avrà quel reggitore che, degno dell'amore di Dio, avrà abbellito la santa chiesa, che è il tabernacolo spirituale del Dio vivo?

Cap.II: In che modo il re veramente religioso deve per prima cosa regolare la propria condotta di vita.

Colui il quale è giunto, perché Dio glielo ha accordato, all'apice della dignità regia, è opportuno che per prima cosa regoli se stesso, egli che ebbe da Dio (il quale dispone ogni cosa) l'ordine di reggere gli altri. Infatti, il re è così chiamato da reggere. Dunque, sappia che può veramente essere chiamato con questo nome chi sa governare razionalmente se stesso. Pertanto, il re ortodosso s'impegni al massimo a seguire la giusta condotta di vita affinché non sia proprio lui (lui che desidera ardentemente ordinare ai sudditi di fare il bene e dispone di correggere gli errori degli altri) a commettere azioni malvagie che, se fossero commesse dagli altri, egli punirebbe severamente; dunque il re sia il primo a compiere le buone azioni che intende comandare ai sudditi. Il reggitore buono regola lodevolmente se stesso quando osserva queste sei norme, e cioè: 1) quando reprime con severità ed attenzione i suoi illeciti propositi; 2) quando considera attentamente quei salutari consigli che riguardano tanto la sua, quanto l'utilità del popolo; 3) quando evita l'oziosa, inutile e nociva abbondanza di vuote parole; 4) quando impara la saggezza e contemporaneamente il linguaggio dei principi gloriosi, e nondimeno assapora con la mente le dolci parole della divina scrittura circa il miele; 5) quando evita con tutte le proprie forze di disonorarsi completamente prendendo iniziative che arrechino danni irreparabili; 6) quando, infine, fa conoscere a tutti, mettendole nella massima evidenza, le proprie lodevoli azioni e tutte quelle opere che sono esempi straordinari di una gloriosa capacità di mettere in ordine ogni cosa, affinché, mentre interiormente, cioè al cospetto di Dio, brilla per la sua devota volontà, esteriormente, cioè al cospetto del popolo, si distingua per i suoi discorsi e per le sue opere. É inoltre conveniente che egli si attenga a queste tre regole: incutere paura, mettere ordine e farsi amare; infatti, se non è amato e contemporaneamente temuto non potrà minimamente mettere ordine. Dunque si faccia amare per i benefici concessi e per la sua gentilezza, e con ogni mezzo si faccia temere per le sue giuste e severe punizioni, inflitte per vendicare non le ingiurie alla propria persona, ma quelle fatte alla legge di Dio. É opportuno che il re si comporti umilmente, secondo quanto sta scritto: "Ti hanno messo come reggitore, non ti esaltare, ma sta in mezzo a loro come uno di loro", e domini non solo gli uomini con la giustizia, ma anche le passioni del suo corpo e della sua anima, se vuole essere chiamato a buon diritto reggitore, secondo quanto un saggio afferma: "Sarà re chi avrà agito con rettitudine: chi non avrà agito rettamente, non sarà re". Dunque, egli sia prudentissimo nelle decisioni; nel parlare sia (quando la ragione lo richiede) terribile, ma più spesso sia gentile e dolce; domini la libidine, la superbia e soprattutto la dissennata ferocia; sia amico dei buoni, nemico dei tiranni, strenuo avversario dei criminali e dei viziosi; in guerra egli sia molto cauto, in pace sia fermissimo di carattere, mostrandosi degno della massima stima per le promesse fedelmente mantenute, anteponendo le cose divine a quelle umane, distogliendo i sudditi dal male ed invogliandoli al bene, perdonandoli e rendendo buoni i sudditi cattivi e ottimi quelli buoni. Il re sia un uomo santo e utile allo Stato, raccomandabile per clemenza, di grandissima bontà, molto famoso per pietà, forza, castità e giustizia; egli sia il migliore di tutti e si renda degnissimo di stare al vertice del potere, mostrandosi sempre timoroso di Dio e giudicando ponderatamente e con giustizia, secondo i decreti dell'Onnipotente, il quale dà salute ai re ed opera tutto ciò che vuole in cielo, in terra e negli inferi, poiché nelle sue mani si trova ogni potere in cielo ed in terra, e poiché Egli è il Re dei re e la speranza di gloria per coloro che dominano piamente e secondo giustizia.

Cap.III: Quale talento e quanta intelligenza occorrono per poter rendere stabile il regno terreno che è di brevissima durata.

I sapienti hanno sempre ritenuto che il regno terreno sia di brevissima durata perché dipende dalla mutevole fortuna. Infatti, come la fortuna può in un primo momento abbattere ciò che subito dopo può risollevare più in alto di prima, così la gloria del regno terreno può improvvisamente crescere e altrettanto improvvisamente venir meno; per questo il regno terreno non gode di veri onori, ma i suoi sono onori apparenti e quanto mai fuggevoli. Il vero regno è quello che dura in eterno, invece questo, che è transeunte e caduco, non è il vero regno, ma è solo pallidamente simile al regno vero ed eterno. Come l'arcobaleno, risplendente di vari colori che si dispongono a forma d'arco, rapidamente scompare, così senza dubbio la dignità della gloria secolare per quanto possa essere al momento splendente, tuttavia è sempre di brevissima durata. Quale talento dunque, quale diligenza e quanta solerzia occorrono per rendere il regno terreno meno instabile e dargli una certa qual forma di stabilità? La stabilità del regno terreno sta nella forza (che è sempre violenza) degli eserciti o nella concordia che porta pace e tranquillità? Comunemente si crede che l'instabilità del regno è dovuto proprio al frequente ricorso alle armi ed ai fragori assordanti delle battaglie. Infatti, niente è più incerto e maggiormente insicuro dell'esito delle guerre, in cui il risultato di un accanito combattimento non è mai scontato, nessuna vittoria è mai certa, anzi spesso eserciti inferiori per numero di soldati prevalgono su quelli numericamente superiori, e nondimeno qualche volta accade che entrambi siano colpiti da un'eguale distruzione, così che anche coloro che presumevano di dover riuscire vincitori alla fine non ottengono altro che sventura e miseria. Chi potrebbe poi elencare quante rovine provengono da una pace solo apparente? Infatti anche una pace tra uomini buoni, che si credeva stabile e duratura, talvolta, a causa di cattivi consigli di uomini malvagi, si trasforma in innumerevoli discordie apportatrici di funesti disastri; per questo motivo, una pace soltanto provvisoria è contrassegnata da una grande instabilità! Che cosa dunque si deve concludere se non che il cuore del re e tutta la sua fiduciosa speranza devono affidarsi non alla forza degli eserciti, né all'inganno di una pace provvisoria, ma alla clemenza dell'Onnipotente, il quale sa come rendere stabile il regno, che Lui stesso ha dato, tanto nelle avversità quanto nella prosperità? Pertanto, il cuore del principe, durante l'espletamento del suo ministero, permanga fedele e devoto a Dio, dal quale ha ricevuto in dono un così grande beneficio ed il glorioso ministero, affinché non capiti che il sommo reggitore, constatata la non fedeltà del principe che Egli elesse come ministro fedele, indignato gli tolga il beneficio che gli aveva dato. Infatti, se il re terreno può togliere ad un uomo che non gli è fedele il potere che gli aveva dato e può affidarlo ad un altro, che sa per certo essergli più fedele, a maggior ragione il supremo dominatore di tutti gli uomini, il quale non può essere ingannato o sviato da alcuna perfidia, ha il potere di togliere i suoi benefici ai reprobi ed assicurarli ad altri che giudica ministri adatti a seguire il suo volere. L'empio Saul, re d'Israele, fu privato del regno e della vita perché agli occhi del Signore non era stato un ministro fedele; al suo posto l'Onnipotente trovò Davide (uomo che Egli scelse secondo il suo cuore) e lo innalzò al vertice del potere regio; del resto Dio scelse Davide preconoscendo che sarebbe stato un ministro fedele. Pertanto, il prudente reggitore si sforzi di mantenere costantemente il suo cuore nella grazia dell'Eccelso se desidera che il caduco regno affidatogli da Dio abbia una stabilità in una certa misura simile alla stabilità del regno eterno; inoltre egli, poiché il Signore è giusto e misericordioso, deve esserGli affezionato con tutto l'amore di cui è capace il suo cuore, deve dar prova in molti modi di operare con misericordia per poter avere in premio molta gloria. Il reggitore prudente ami la giustizia e se ne faccia garante, non ammetta l'ingiustizia e le azioni malvagie tra i sudditi e con lodevole zelo (segno questo di perfetta conoscenza della giustizia) li corregga. Finché il re osserva fermamente i precetti divini, il suo regno terreno diviene sempre più stabile e si avvia con l'aiuto di Dio (aiuto che non ha uguali) a conquistare le gioie eterne ed immutabili.

Cap.IV: Il potere regio deve distinguersi non tanto per le ricchezze e per la sua fiducia nella forza, quanto per la sua saggezza e per il culto della pietà.

Il potere regio, che per volere di Dio è istituito per provvedere alla pubblica utilità deve distinguersi non tanto per le effimere ricchezze e per la propria forza terrena, quanto per la saggezza e il culto di Dio, giacché senza dubbio il popolo sarà governato con abilità e con salutari provvedimenti, gli avversari saranno sconfitti grazie all'appoggio del Signore, le province e il regno non saranno perduti, se il re, che eccelle su tutti gli uomini, si distinguerà per l'osservanza della religione e per la sua saggezza. Infatti, Dio volle che l'uomo per natura desiderasse ardentemente due cose: essere religioso ed avere la sapienza. La religiosa sapienza apporta decoro e sicura salvezza, illumina le anime devote ed è un dono celeste e una gioia che durerà in eterno. Pertanto, il re che vuole gloriosamente reggere e sapientemente governare il popolo e vuole essere risoluto nelle sue decisioni, chieda la sapienza al Signore, il quale la dona a tutti generosamente e senza indugio; inoltre, egli ricerchi la sapienza con diligente impegno e contemporaneamente con amore, affinché gli si addica questo passo delle Scritture: "É beato l'uomo che trova la sapienza e colui che possiede molta prudenza", e tutto il resto che è stato scritto per lodare colui che è sapiente. É dunque veramente beato e degno di lode il reggitore che è illuminato dallo splendore della sapienza, la quale è corona dei principi, origine di ogni virtù, al cui confronto anche le gemme più splendenti e preziose diventano di scarso valore. La sapienza significa somma accortezza nei consigli, straordinarietà di linguaggio, splendore di opere, forza nelle avversità, temperanza nella prosperità, oculatezza nei giudizi; essa abbellisce con la grazia celeste e rende splendenti come il firmamento coloro che la amano; sta scritto infatti: "I giusti splenderanno come stelle, i saggi brilleranno come il firmamento"; la sapienza innalzò Salomone al di sopra di tutti i re della terra, giacché egli la ebbe a cuore sin da quando era un fanciullo ed amò la sua bellezza. Per questo, come si legge nel terzo libro dei Re, il Signore apparve in sogno a Salomone e gli disse: "Chiedimi qualunque cosa vuoi che io ti dia". Salomone, che pure era ancora un fanciullo, chiese un cuore pieno di discernimento per poter giudicare il popolo del Signore e distinguere fra il bene e il male, ed ebbe dal Signore questa risposta: "Siccome hai chiesto questo dono e non hai domandato per te una lunga vita né ricchezze né la morte dei tuoi nemici, ma hai chiesto la sapienza per distinguere ciò che è giusto, ecco, io faccio come tu hai detto: ti do un cuore così saggio ed intelligente che uno simile non c'è mai stato, né dopo di te ci sarà mai. Ma ti do anche quello che tu non hai chiesto, cioè ricchezze e gloria tali che nessuno sarà stato pari a te fra i re durante tutta la tua vita. Se poi camminerai nelle mie vie, osservando i miei precetti e i miei comandamenti, come camminò tuo padre Davide, io ti darò pure una lunga vita". Quanto ineffabile è la generosità della grazia divina! Essa dona più di quanto le si chiede, purché la richiesta sia fatta da un uomo che ha a cuore la rettitudine ed ha pii propositi. Ecco, il re Salomone non chiese al Signore argento, né oro, né ricchezze terrene, ma i tesori della sapienza; egli che aveva chiesto con rettitudine una sola ricchezza, ne ebbe due; infatti, non solo fu arricchito della sapienza, ma fu anche innalzato a grandissimi onori dall'inclita gloria del suo regno. Pertanto, i re della terra, se vogliono regnare a lungo e felicemente in questo mondo, seguano il grandissimo esempio di Salomone e con pio desiderio chiedano all'Onnipotente i doni spirituali piuttosto che quelli materiali. Occorre dunque che il principe, che vuole essere caro a Dio, impari a volere e a desiderare i beni celesti; soltanto così infatti il suo cuore sarà nelle mani di Dio e, col favore del Signore, governerà in pace il regno per molti anni.

Cap.V: Il re deve dar prova di avere grande cura nel guidare santamente la moglie, i figli ed i propri servi.

Il re pio e sapiente allora assolve il suo ministero di reggitore quando osserva queste tre norme: quando regola se stesso nei modi espressi nel capitolo precedente; quando guida la moglie, i figli ed i propri servi; quando regge il popolo a lui affidato con razionale e gloriosa capacità di governo e di guida. Pertanto, è necessario che il principe buono sappia non solo dominare se stesso (così eviterà di compiere azioni cattive, sceglierà di fare quelle buone e persevererà fermamente in queste), ma anche governare con previdente sollecitudine e con l'amore dovuto ai familiari tutti coloro che gli sono maggiormente vicini, cioè la moglie, i figli e i servi. Così facendo, acquista una duplice gloria, perché non solo è lui stesso buono e santo, ma rende buoni e santi anche coloro che gli sono accanto, secondo quanto il salmista dice: "Stando con chi è santo sarai santo anche tu, e stando con chi è senza colpa sarai senza colpa anche tu", eccetera. Infatti, non basta al re essere onesto, ma gli si addice necessariamente anche il rispetto di una moglie pudica e casta, e nondimeno quello dei figli, dei conti e dei ministri, giacché Davide dice: "Chi sarà probo, costui sarà mio ministro". Come il giglio è ancora più leggiadro quando sta in mezzo alla variopinta bellezza delle altre erbe e delle viole di un campo, come la bellezza della luna è messa in maggior risalto dallo splendore delle stelle che le stanno intorno, così senza dubbio il re giusto e sapiente trae ulteriore vanto e onore dall'avere con sé persone altrettanto buone. Dunque, il re avveduto e lungimirante abbia cura di prendersi in moglie una donna che sia non solo nobile, bella e ricca, ma anche casta, prudente e soprattutto dedita alle sante virtù. Infatti, la regina, in quanto moglie, è a buon diritto la persona più vicina al re, per cui può essere o grandemente dannosa per la sua malizia o dolce come il miele per correttezza di comportamento. Una donna non adatta al suo ruolo di moglie è la rovina della casa, la perdita delle ricchezze, la causa di tutte le possibili iniquità, la sede di tutti i mali e di tutti i vizi; costei cura in ogni particolare il suo aspetto esteriore, ma non sa curare l'interiore bellezza della sua anima. Ella ama oggi l'uomo che domani odierà; inoltre, come un poeta afferma, "una moglie volubile verso il marito è la completa rovina di ogni cosa", così, al contrario, una moglie casta e prudente, occupandosi metodicamente solo di ciò che è utile alla casa, senza abbellimenti esteriori e con un parlare allegro governa pacificamente i figli e la famiglia, offre, se necessario, la sua vita per la salvezza del suo uomo e custodisce, traendone buona reputazione, le ricchezze di suo marito. Chi le è stato amico ieri, continua ad esserlo anche oggi. Dunque costei è fonte di ricchezze, elemento di stabilità per la casa, gioia per il marito, splendore della famiglia ed è persona capace di ogni virtù. Inoltre, conviene che la donna non solo sia castamente unita e sottomessa al suo uomo, ma si mostri sempre un modello di amore verso i familiari, dia esempio di casta conversazione e sia anche capace di prudenti consigli. Come infatti dall'opera di persuasione di una moglie malvagia sorgono rovinosi pericoli, così dal consiglio di una moglie prudente derivano molti vantaggi graditi all'Onnipotente; per questo motivo anche l'Apostolo afferma che un uomo non credente si salverà grazie ad una moglie credente....

Cap.VI: Quali consiglieri e quali amici il buon principe deve avere.

Senza dubbio tra le cose degli uomini non esiste, come dicono, arte più difficile del comandare bene in mezzo ai grandissimi torbidi di questo tempo e del governare saggiamente lo Stato. Quest'arte allora arriva ad essere perfetta, quando lo Stato si avvale di prudenti ed eccellenti consiglieri. Inoltre, nell'accogliere i consigli, bisogna attenersi a tre regole. La prima è quella di anteporre i consigli divini a quelli degli uomini, giacché bisogna obbedire più a Dio che agli uomini. Dunque, se qualcuno, da buon nocchiero, si dispone e desidera guidare felicemente la nave dello Stato, osservi scrupolosamente gli eccellenti consigli del Signore, che sono stati resi pubblici dalle sacre scritture. La seconda regola è quella che il reggitore saggio faccia affidamento non tanto sul suo parere, quanto su quello dei suoi uomini più avveduti. Per questo l'imperatore Marco Aurelio Antonino seguì sempre questa straordinaria massima: "É meglio che io segua il consiglio di tanti e così illustri amici e non che siano loro a seguire la mia personale volontà"; anche Salomone attesta ciò quando afferma: "I progetti scelti senza il consiglio di nessuno falliscono, quelli invece che sono deliberati col consiglio di molti riescono" e "la loro riuscita sta in numerosi consiglieri". L'uomo prudente chiede consiglio agli uomini prudenti e non fa niente senza il loro consiglio, lo stolto, invece, pensa di poter decidere da solo e, senza il consiglio di nessuno, si affretta a fare ciò che vuole. La terza ed ultima regola, a cui il buon reggitore deve attenersi nell'accogliere i consigli, è quella di non avere consiglieri fraudolenti e dannosi. Chi infatti deve avere fiducia nei consigli di uomini malvagi? Come gli steccati intorno ai campi, come le reti celate su un'ampia via e le trappole che impediscono di camminare, poste dove nessuno se le aspetta, costringono gli altri a fermarsi, così i consigli degli empi, giacché sono intrisi del veleno della cattiveria, malvagiamente impediscono il cammino ai giusti ed ai santi. Come i buoni consiglieri innalzano sempre più in alto lo Stato, così i cattivi consiglieri lo fanno precipitare sempre più in basso verso la completa rovina. I cattivi consiglieri, dunque, devono essere allontanati e detestati in ogni modo, giacché costoro non saranno mai devoti al principe terreno in quanto, parlando malvagiamente, disprezzano i comandamenti di Dio....Il cielo non voglia che il buon principe sia amico di crudeli tiranni; costoro sono simili agli infesti serpenti, i quali sono rifiutati da tutti gli altri animali, come l'esempio della pantera dimostra: la pantera è un quadrupede e, come i naturalisti ci attestano, è amica di tutti gli animali eccetto il serpente. Pertanto, il buon principe sia amico di uomini dei quali conosce l'onestà. Quali possono essere i buoni amici del principe se non quegli uomini che sono santi e venerabili, che non sono maligni, né ladri, né faziosi, né malvagiamente furbi, né consenzienti al male, né nemici dei buoni, né libidinosi, né crudeli, né ingannatori del loro principe, ma sono santi, continenti, religiosi, sinceramente affettuosi verso il loro principe e non lo deridono né permettono che altri lo deridano, non gli mentono né fingono con lui e giammai lo ingannano, e inoltre sono veritieri, sobri, prudenti e fedeli in ogni cosa al loro principe? Sono proprio questi uomini che salvano lo Stato ed accrescono la fama e la gloria del re pio.

Cap.VII: Ciò che rende malvagi i principi.

L'ordine del discorso richiede ora che noi facciamo qualche rapidissimo cenno sui principi cattivi, giacché di alcune cose utili ai re e necessarie allo Stato abbiamo già scritto. Per prima cosa ci si deve chiedere: Quale è la causa che rende cattivi i principi che pure erano buoni? A questo interrogativo si deve rispondere così: in primo luogo la libertà del re di agire a suo piacimento, poi le molte ricchezze in suo possesso (entrambe queste cose unite insieme sono la causa della malvagità del principe); sono altresì causa di malvagità per un principe e gli amici disonesti, e l'avere al proprio seguito uomini di fiducia che invece dovrebbero essere allontanati, e gli eunuchi molto avidi di denaro, e i cortigiani stolti e detestabili: tutti costoro fanno dimenticare al sovrano, che pure sembrava buono, gli ordini di Dio; un'altra causa di malvagità per il principe è infine (e questo non si può negare) l'ignoranza circa il governo dello Stato....

Cap.X: Il regno del re giusto è sostenuto da otto colonne.

Bisogna inoltre sapere quali sono le otto colonne che, a detta dei saggi, sostengono validamente il regno del re giusto. Esse sono: la verità, che il re deve far trionfare in ogni sua azione; la perseveranza in ogni pubblica attività; la generosità nel donare; la persuasione e la gentilezza nel parlare; la correzione e la punizione dei malvagi; l'amicizia e l'esaltazione dei buoni; una moderata imposizione fiscale verso il popolo; l'imparzialità di giudizio senza distinzione tra ricchi e poveri. Queste sono dunque le otto colonne che rendono stabile su questa terra il regno del principe giusto e che conducono quest'ultimo alla gloria eterna ed immutabile.

Da:

La disgregazione dell'impero carolingio. Teoria e prassi politica nel IX secolo.

 

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