Camastra F., Ockham. Il filosofo e la politica, Rusconi, Milano 1999.

Disponibilità al dialogo e al confronto, sincerità e coraggio caratterizzano le Octo quaestiones de potestate papae di Guglielmo d’Ockham, un’opera che è anche un agile compendio delle differenti opinioni e dei diversi orientamenti politici del XIV secolo. La franca e aspra polemica contro il papato avignonese, che il Venerabilis Inceptor sostiene con indubbia maestria nel corso degli ultimi vent’anni della sua vita, e l’intento di demolire la dottrina ierocratica non si traducono mai in stizzite e incontrollate dispute verbali o in preconcette e astiose invettive contro gli avversari. La volontà di non arrendersi all’andazzo corrente, di non concedere nulla al conformismo e di non ridurre la politica ad arte della simulazione, corrotta e corruttrice, non indulge ad atteggiamenti di narcisismo erudito o di moralismo estetizzante, ed esplicita rigore, incisività e onestà intellettuali. Il filosofo francescano, che vive la stagione dello scontro politico e dottrinario fra i papi di Avignone e l’imperatore Ludovico il Bavaro, affronta l’annoso e controverso problema del rapporto tra stato e chiesa con il chiaro intento di introdurre nuovi elementi di riflessione: la povertà come solidarietà, l’equità naturale, la legge evangelica, il diritto naturale e la libertà individuale fanno organicamente parte di una filosofia politica che non si limita alla critica della pienezza dei poteri papale e a legittimare la piena autonomia del potere regio o imperiale, ma insiste sulla necessità di soddisfare le istanze soggettive e comunitarie.

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