Il neokantismo (neocriticismo)
di Renzo Grassano
Nella seconda metà dell'ottocento si manifestò in Germania, in Francia ed in Inghilterra una notevole e diffusa ripresa d'interesse per la filosofia di Kant.
Ciò, in risposta al crescente diffondersi delle idee positiviste, in reazione alla crisi che attraversava l'idealismo di Hegel e dei suoi epigoni, ma anche, e soprattutto, in ragione dell'accellerazione degli sviluppi delle scienze in numerosi campi, sviluppi che da un lato sembravano reclamare una rinnovata riflessione filosofica sui problemi della conoscenza, e dall'altro ponevano, come nel caso delle nuove geometrie, la questione di una diversa fondazione delle verità assiomatiche in relazione alla struttura dello spazio.
Pur riconoscendo numerosi elementi comuni tra la ripresa kantiana ed i positivisti, è bene chiarire subito che tra i fautori di un ritorno a Kant ed i positivisti correvano non poche differenze. I primi, cioè, riconoscevano alla conoscenza scientifica dei fenomeni una validità di fondo, ma erano soprattutto interessati ad un atteggiamento critico e non dogmatico; contestavano la conoscenza scientifica come semplice accumulo di dati e teorie, contestavano, in particolare a Comte, acriticità e dogmatismo; riproponevano con grande forza l'attenzione non già sul conosciuto, cioè l'oggetto della scienza, ma sul come si conosce, cioè il processo conoscitivo.
Non solo: in generale, i fautori del ritorno a Kant insistevano sulla differenza tra la conoscenza logica-oggettiva e lo psicologismo, e mettevano in grande risalto che la validità di una scienza era indipendente dal modo in cui essa veniva acquisita o conservata dal soggetto conoscente.
Un preciso segnale della ripresa dell'interesse per Kant fu costituito dalla pubblicazione in Germania dello scritto di Otto Liebmann Kant e gli epigoni, del 1865.
Lo scritto di Liebmann si proponeva soprattutto di evidenziare il modo in cui era stata affrontata la problematica della distinzione tre fenomeno e cosa in sé da parte di vari filosofi, in particolare da parte degli idealisti Fichte, Schelling ed Hegel, da parte di Herbart, da considerarsi un realista, dall'empirista Fries, ed infine da Schopenhauer. Sintomatico dell'insufficienza, o, forse, della sufficienza con cui Liebmann trattò le varie posizioni, è che alla fine di ogni capitolo del libro si trova la stessa considerazione conclusiva: "Bisogna dunque tornare a Kant."
Ma, anche nel periodi massima fioritura dell'idealismo, Kant non aveva cessato di rappresentare un saldo punto di riferimento. L'antiidealista F.E. Beneke aveva celebrato il cinquantenario della comparsa della prima edizione della Critica della ragion pura con lo scritto Kant ed il problema filosofico del nostro tempo, nel 1832.
Tra gli stessi idealisti era rimasto vivo un grande interesse. Ne sono testimonianza gli scritti di C.H. Weisse del 1847 (prolusione intitolata In quale senso la filosofia tedesca si debba orientare di nuovo su Kant), dell'hegeliano K. Rosenkranz, che scrisse una Storia della filosofia kantiana nel 1840, di Kuno Fischer, autore della Clavis kantiana del 1855, e di Eduard Zeller, grande storico del pensiero filosofico antico, che compose Sul significato e sul compito della gnoseologia, nel 1862, sottolineando l'eccezionale importanza della teoria kantiana della conoscenza.
Il processo si estese anche al di là dei confini tedeschi. In Francia Charles Renouvier (1815-1903) pubblicava tra il 1854 ed il 1864 i quattro volumi dei suoi Saggi di critica generale, dichiarando esplicitamente di voler proseguire l'opera critica di Kant, accettando dal Positivismo la limitazione ai fenomeni, che del resto era implicita già nel pensiero del grande di Königsberg.
Sia Renouvier, che l'amico Jules Lequier (1814-1862), non si dovrebbero propriamente classificare come appartenenti al neocriticismo in quanto la loro ricerca prenderà via spiritualistche, sfociando con Lequier in una filosofia su base teistica, e portando Renouvier ad occuparsi soprattutto delle condizioni della morale nell'opera Scienza della morale, del 1869.
In Inghilterra, la ripresa kantiana si farà più visibile nei decenni successivi, ad opera soprattutto di Shadworth H. Hodgson, autore di Tempo e spazio, del 1865, e della fondamentale La metafisica dell'esperienza, in 4 volumi del 1898.
Ma già William Whewell aveva chiaramente mostrato il prioprio debito nei confronti della teoria kantiana della conoscenza.
In Germania, una posizione significativa del ritorno a Kant è quella rappresentata da Hermann Helmholtz (1821-1894), singolare figura di filosofo e scienziato.
Le sue ricerche in campo fisiologico e fisico ebbero una grande risonanza anche in campo strettamente scientifico. Sotto il profilo schiettamente filosofico, Helmholtz affermò l'oggettività delle sensazioni, asserendo che esse lasciano dei segni sui nostri sensi e sulla nostra psiche, e precisando che detti segni non sono copie dell'originale, ovvero non riproducono fedelmente i caratteri degli oggetti esterni, ma derivano da essi.
Da questa derivazione, che costituisce un rapporto stabile e non ingannevole tra noi e gli oggetti, si può ragionevolmente dedurre che i processi naturali sono regolati da leggi, e questo basta a garantire che le leggi stesse sono visibili e quindi ricostruibili criticamente nel mondo interiore dei segni, che ci è proprio.
Helmholtz accettò la dottrina kantiana della conoscenza a priori dello spazio e del tempo, ma negò che gli assiomi della geometria abbiano carattere trascendentale. In sostanza, Helmholtz fu colpito dallo sviluppo delle geometrie non euclidee, e si rese conto che gli spazi matematici, pur essendo intuibili, non sono altro da costruzioni empiriche, che hanno però un fondamento comune nell'intuizione e nella percezione dello spazio.
Un altro importante teorico del ritorno a Kant fu Friedrich Albert Lange (1825-1875), che nel 1866 pubblicò una importante Storia del materialismo.
La posizione di Lange è interessante perchè, attraverso la critica del materialismo, egli giunse a riconoscere che Kant aveva avuto ragione nell'affermare che tutta la realtà, anche se si presenta concatenazione causale, non è altro che fenomeno. Con Lange si torna, quindi, al riconoscimento della cosa in sé, esistente in sé, causa di tutti i fenomeni, quale concetto limite e quale problema rispetto al quale non si può tuttavia affermare alcunchè di positivo.
Lange riconosceva che il materialismo aveva posto le basi per affermare la stretta connessione tra l'organismo fisiologico e l'attività mentale e spirituale, ma sottolineava come lo stesso organismo non era conoscibile se non attraverso le immagini da esso prodotte.
Per Lange, quindi, il fondamento trascendentale dell'organizzazione interna che ci consente di conoscere i fenomeni, rimaneva sconosciuta ai conoscitori: "Noi non abbiamo mai altro davanti a noi che il prodotto di due fattori: il nostro organismo e l'oggetto trascendente."
"Lange - scrive Nicola Abbagnano - ritiene che il vero Kant sia quello della Critica alla ragion pura e che il tentativo di Kant di uscire, come ha fatto nelle altre opere, dai limiti del fenomeno per raggiungere il mondo noumenico, sia impossibile. Gli stessi valori morali ed estetici si radicano nel mondo dei fenomeni e non hanno significato al di fuori di esso. C'è bensì una via - continua l'Abbagnano - per procedere al di là dei fenomeni, ma non è quella del sapere positivo: è la via della libera creazione poetica. L'uomo ha certamente bisogno di completare la realtà fenomenica con un mondo ideale da lui stesso creato. Ma la libera creazione di questo mondo non può assumere la forma ingannatrice di una scienza dimostrativa; e se l'assume, il materialismo è lì a distruggere il valore di ogni ardita speculazione e a trattenere la ragione nei limiti di ciò che è dimostrabile." (Nicola Abbagnano - Storia della filosofia - vol.VI)
Un'altra figura importante del ritorno kantiano fu Alois Riehl, (1844-1924), nato a Bolzano, autore di Il criticismo filosofico ed il suo significato per la scienza positiva, opera conclusa nel 1887. La sua importanza è particolarmente legata alla riaffermazione che l'esperienza sensibile non è un fatto solo psicologico, ma una componente sociale. La regolarità dei fenomeni, dunque, è ravvisabile da ciò che è comune ad ogni individuo, ed è anche a priori nella coscienza e nelle facoltà conoscitive di ciascuno.
In generale, il neokantismo influenzò diversi campi e settori di ricerca, dalla sociologia (Simmel e Weber) alla filosofia del diritto (Stammler, Radbruch e, soprattutto, Hans Kelsen), dal campo delle teorie politiche, particolarmente quelle di orientamento socialista e socialdemocratico, al campo della filosofia della religione (Rudolf Otto).
Sia la scuola di Marburgo (Hermann Cohen, Paul Natorp, Ernst Cassirer) che quella del Baden (Wilhelm Windelband, Heinrich Rickert) concorsero al grande sviluppo del neokantismo a cavallo dei due secoli e nei primi decenni del novecento. Di queste scuole, come del pensiero di Dilthey, e dell'intera corrente filosofica dello storicismodi derivazione kantiana, ci occuperemo con maggiori dettagli in appositi files.
RG - 29 dicembre 2002