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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831)


4. La scienza della logica

di Renzo Grassano

Tra la composizione della Fenomenologia e la stesura della Scienza della logica, accadono molte cose.
La chiusura dell'università di Jena, con l'arrivo dei francesi, getta Hegel sul lastrico. La soldataglia lo deruba dei pochi talleri che Goethe gli aveva fatto avere a titolo di liquidazione. Invano cerca impiego presso altre università tedesche. Eppure, nonostante le avversità ed i torti subiti, egli non cessa di professare una grande simpatia per Napoleone, come testimoniano le sue lettere agli amici. Tra questi, purtroppo, la condizione di Hölderlin sembra più che preoccupante. Non ha più cura di sé, del proprio aspetto fisico: è impresentabile. Se ne avesse la possibilità, Hegel lo accoglierebbe persino in casa sua. Ma, non può.
Un suo caro amico, Niethammer, divenuto ministro in Baviera, alleata dei francesi, gli procura finalmente un posto nella redazione di una gazzetta; Hegel diviene giornalista a Bemberga. Qui termina di scrivere la Prefazione alla Fenomenologia, che provoca la rottura formale dell'amicizia con Schelling.
La censura di alcuni articoli spinge all'allontanamento di Hegel dal giornale. Ancora Niethammer lo salva dalla povertà, procurandogli un posto da direttore nel ginnasio di Norimberga. Qui Hegel tiene corsi di filosofia e religione, scrive una Propedeutica Filosofica e Discorsi ginnasiali. Rimugina. Finalmente, nel 1811, sposa Marie von Tucher, di famiglia aristocratica, ma priva di grandi sostanze (il patrimonio era tutto nelle mani del nonno di lei) ed ha due figli: Karl e Immanuel.
La pubblicazione della prima parte della Scienza della Logica, nel 1812, gli procura una serie di chiamate quale professore ordinario in diverse università: Erlangen, Heidelberg, e persino Berlino.
Al momento, Hegel sceglie Heidelberg.

Compiuta l'introduzione al sistema attraverso la composizione della Fenomenologia dello Spirito, si pone per Hegel il compito di esporre il sistema vero e proprio, che, in termini hegeliani, non può esser altro dall'Assoluto che espone se stesso.
Anche questa esposizione descrive un processo, cioè una successione necessaria di momenti, sia perchè tale è la natura necessaria del sapere, sia perchè, nella visione hegeliana, i concetti stessi sono il risultato di un automovimento dell'idea.
La logica hegeliana non è più concepita come sistema della riflessione, ma come sistema di proposizioni speculative nel significato che si è già visto, ovvero come pensiero che afferma, si nega, si riafferma insieme togliendo una parte del negato ed affermando una parte inclusa nell'antitesi.
Sotto questo aspetto, è facile comprendere che la logica descritta da Hegel, non può essere considerata "logica"da tutte le altre logiche, sia antiche che contemporanee, eppure ha una sua logica interna, una coerenza tuttora insuperata ed insuperabile dall'esterno, cioè utilizzando concetti e terminologia della logica formale.
Nella storia della filosofia La scienza della logica di Hegel fu praticamente ignorata dagli oppositori e caldeggiata dagli hegeliani, ma non conobbe sviluppi, anche perchè sembra impossibile aggiungere o togliere alcunchè. Sia che la si consideri un corpo morto, sia che la si consideri come qualcosa di vivo e rischiarante, essa è pressochè inutilizzabile per un qualsiasi ragionamento finito e con un significato preciso.
Ad essa reagirono negativamente Fries e Trendelenburg, motivando le loro critiche con argomenti solidi e tradizionali, ma non ottennero il successo sperato. Di certo, possiamo solo dire che il seguito della storia della filosofia, portò ad un risveglio della sopita corrente kantiana, di cui abbiamo cominciato a parlare nel file dedicato ai neokantiani.

Secondo Hegel, la logica da lui presentata si distingue dalla logica formale perchè non si affida a forme vuote, ma espone la vera realtà. Il punto da afferrare è che essa coincide con la metafisica, essendo scienza della struttura concettuale della realtà, sia nel senso dell'ontologia tradizionale, come scienza degli enti esistenti e dell'essere nella sua totalità, sia nel senso della teologia tradizionale, perchè l'essere di cui parla Hegel è l'Assoluto, cioè il divino.
In questo senso, la logica è, per Hegel, il manifestarsi di questa unità metafisica, l'esposizione di Dio com'è nella sua essenza prima della creazione della natura. Ogni categoria o determinazione del pensiero non è la condizione del giudizio, ma la regola essenziale attraverso cui ciò che esiste è nel modo particolare in cui è.

La logica hegeliana si articola in tre sezioni dialetticamente connesse: l'essere, l'essenza, il concetto.
L'essere stesso, cioè l'intera realtà, è l'oggetto della prima parte della logica., e ne rappresenta l'indispensabile inizio.

1. La logica dell'essere
Hegel si pone il problema di come cominciare l'esposizione della scienza e la sua risposta è che si deve partire dal più immediato di tutti i concetti, quello che non ne presuppone altri prima. Questo non può che essere il concetto più indeterminato, perchè qualsiasi determinazione comporterebbe differenza da altro. Questo concetto è il concetto di essere, in un senso del tutto diverso da quello della metafisica aristotelica. Infatti, lo stagirita aveva pensato l'essere come ciò che si dice in molti sensi, che, quindi, comprende tutte le determinazioni.
Quello di Hegel è davvero l'essere di Parmenide. Essendo totalmente indeterminato, l'essere di cui parla Hegel non contiene nulla di più di ciò che è contenuto nel concetto di nulla, che è il secondo concetto della logica hegeliana; perciò esso si risolve, "trapassa" nel concetto di nulla. L'essere ed il nulla, per Hegel, sono dunque identici!
Secondo Hegel, ciò non fu compreso da Parmenide, e per la verità risulta ostico a chiunque ragioni, se le parole hanno un significato universale che dovrebbe rimanere invariato. Hegel svuota il significato del concetto di essere senza determinazioni, e su questo fa leva per dire che un essere senza quantità e qualità equivale a nulla.
E nonostante ciò, l'identità di essere e nulla non cancella l'opposizione, perchè ciascun concetto rimane pur sempre la negazione dell'altro.
Ed è a questo punto che si scopre l'importanza del terzo concetto della logica hegeliana, quello di divenire. Esso esprime il dato del trapassare dell'essere nel nulla e del nulla nell'essere.
Il primo filosofo che ha compreso questo, secondo Hegel, è stato Eraclìto, affermando l'unità degli opposti nel divenire universale.
Il divenire, a sua volta, in quanto Aufhebung, è insieme un togliere qualcosa e mantenere qualcosaltro. Da questa mescolanza, nasce secondo Hegel il determinato, cioè l'essere qualcosa di riconoscibile, con qualità e quantità.
A prescindere dal fatto che appare molto discutibile che si possa togliere e mantenere qualcosa a ciò che non ha nessuna determinazione, rimane che da un nulla che equivale all'essere e da un essere che vale il nulla, emerge l'essere con determinazioni, quantità e qualità.
Ma questo alcunchè è tale perchè lo distinguiamo dall'altro, cioè dal suo opposto, che costituisce il suo limite.
Non si capisce da dove arrivi questo altro, ma facciamo finta di niente, e proseguiamo.
Ogni determinato è dunque finito, anche se trapassando da una condizione all'altra, fino a diventare il suo opposto, ad esempio da giovane a vecchio, perisce e si dissolve, pur rimanendo.
Lo stesso trapassare, dunque lo stesso processo del divenire, non può considerarsi finito, è anzi l'infinito, l'unico vero infinito. Per Hegel, anzi, il finito non è qualcosa che si oppone al finito, perchè in tal caso sarebbe limitato da questo, e dunque finito. L'infinito è l'insieme dei finiti, cioè il loro processo, che ancora non deve essere considerato come processo aperto, a sua volta, all'infinito, perchè non sarebbe un vero infinito, ma una cattiva infinità, ma solo come totalità del processo, e quindi come totalità di tutti i finiti.
Hegel, in sostanza, affermerebbe che nel finito vi è in realtà l'infinito, come nell'infinito vi è la somma di tutti i finiti.
Nell'analisi delle strutture concettuali che costituiscono il movimento dialettico dell'essere, Hegel prende in esame le determinazioni immediate dell'essere, cioè le forme più elementari (ma già articolate) di manipolazione del pensiero: il differenziare, il contare, il misurare.
Nella dialettica qualità-quantità, tema centrale del primo volume, Hegel segue i temi salienti della scienza contemporanea: i risultati dalla fisica di Newton, come quelli dalla chimica delle affinità. Qui mostra come le forme razionali che sono in atto nel sapere scientifico sono forme limitate di razionalità che vengono "superate" dalla riflessione filosofica. In tal modo, Hegel rovescia la posizione illuministica e kantiana secondo cui il modello newtoniano aveva costituito una rivoluzione razionale rispetto a tutte le altre forme di pensiero.
La riflessione di tipo filosofico, ovviamente di tipo hegeliano, si mostra dunque superiore al modello scientifico, nel quale non esiste una vera e propria dialettica.
Ma, nello stesso Hegel il finito si rivela in una forma puramente "ideale", nel senso che non è propriamente reale, cioè non esiste davvero qualcosa che sia finita e perfetta in sé; l'unica realtà concreta è l'infinito e con questa affermazione siamo ad una ripresa forte dei caratteri storici dell'idealismo tedesco, ripresa che ingloba sia Fichte che Schelling e le loro filosofie.
L'idealismo è per Hegel l'unica vera filosofia proprio in quanto nega il finito e la finitudine degli esistenti ed afferma l'idealità del finito. Ciò spiega perchè, altrove, il cosidetto parlare di cose concrete e quotidiane viene trattato con disprezzo, come un parlare in astratto, senza alcuna attenzione al processo, mentre il parlarne in termini di divenire e di connessioni, di processo, sia da Hegel considerato il massimo della concretezza e dell'aderenza alla verità ed alla realtà.

2. La logica dell'essenza
La riflessione sull'essere determinato, sul risultato provvisorio raggiunto, perchè nel divenire infinito nulla potrebbe essere considerato definitivo, arriva ad un punto nel quale l'essere pensa l'essere nella sua natura intrinseca, che Hegel chiama essenza, o meglio che noi traduciamo in italiano con "essenza" perchè non vi è di meglio.
L'esposizione delle determinazioni di un essere determinato è la logica dell'essenza.
Da qui in avanti, Hegel riprende i principi supremi della metafisica tradizionale. La prima determinazione dell'essenza è l'identità, ciò per cui una cosa è identica a sé stessa, non il nome, non la forma, non il questo qui o quello lì, ma appunto la tautologia che afferma che A è A, ovvero che A=A.
Hegel vede nella formulazione del principio di non-contraddizione aristotelico un carattere soltanto negativo, mentre in origine aveva anche un lato positivo, anzi era proprio questo il centro della messa a fuoco: se Socrate, ora, è seduto (affermazione), ora, non può camminare (negazione)
Se Socrate, ora, pensa Atene, ora, non può pensare Sparta.
Però può pensare Atene e Sparta insieme.
In realtà, Hegel, iniziando a determinare la logica dell'essenza, non muove dal vero ed autentico principio di non-contraddizione, ma da quello di identità, avanzato da Leibniz. Giustamente, secondo molti, Hegel accusa di vuotezza questo principio. A che serve dire che un albero è un albero?
Per uscire dalle tautologie, cioè dalla ripetizione assai poco significativa che Renzo Grassano è Renzo Grassano, occorre la diversità, ovvero la differenza, considerata ancora nella sua astrattezza. Ogni cosa è diversa da tutte le altre, come aveva affermato Leibniz enunciando il principio di diversità.
Ma, Hegel contesta anche questo principio, considerandolo troppo indeterminato ed indica la sintesi di identità e diversità nella differenza determinata o opposizione, quando ciascun termine è sé stesso solo in quanto si oppone al suo altro. La rappresentazione più esatta di questa opposizione è nel concetto di polarità, usata nella fisica, per cui un polo è positivo solo in quanto opposto al polo negativo.

Questa opposizione, per Hegel, non è altro che contraddizione. Hegel sottolinea la funzione della contraddizione come motore di ogni movimento e vitalità. Nel moto locale, dice Hegel, una cosa è sia qui che non qui, ed è presente ovunque vi sia un processo, un passaggio da una condizione a quella opposta.
"Tutte le cose sono in sé stesse contraddittorie" proprio in quanto sono determinate, cioè finite (potremmo dire compiute) e quindi trapassano nel loro opposto.
La contraddizione, ancora secondo Hegel, "si risolve" nel senso che ciascuno dei due opposti perde la sua indipendenza, perisce, rientra nel suo fondamento, che è ciò in cui le realtà finite "finiscono" a causa del loro finire. Ma questo fondamento è l'infinito, l'apeiron di Anassimandro.
Il principio che determina questa riderteminazione nel fondamento è il principio di fondamento secondo il quale ogni cosa ha il proprio fondamento in qualche altra cosa.

La logica del concetto
Per giungere alla sintesi tra essere irriflesso ed essenza riflessa (nel senso di pensata) occorre il concetto, cioè l'intellegibilità dell'essere e della essenza. Su questa esigenza di intellegibilità si articola la terza parte della scienza della logica. Il primo concetto adeguato al pensiero che coglie l'essere e l'essenza è quello di universalità, cui segue, per opposizione, quello di particolarità.
La sintesi viene trovata nel concetto di individualità, che racchiude, negando una parte e mantenendo l'altra, sia l'universalità, per la quale ogni individuo è uno dei tanti uguali, sia la particolarità per la quale un individuo è unico, ed è proprio questo qui.
Ciò che consente di connettere universalità e particolarità è il giudizio. Nella valutazione (termine che preferisco al giudizio, che richiama inesistenti riferimenti legali o morali) la particolarità funge da soggetto e la universalità da predicato, mentre per esprimere la loro differenza è necessario un insieme di valutazioni, cioè un ragionamento sillogistico.
Per questo Hegel recupera qui tutti gli elementi della logica tradizionale, privilegiando il sillogismo disgiuntivo, quello cioè più vicino alla stessa logica hegeliana costruita sulla triade di affermazione, negazione, sintesi.
Questo tipo di sillogismo afferma, infatti, che A è o B, o C; questa è la premessa maggiore. La premessa minore nega, ad esempio "A non è B". Ciò consente una conclusione positiva, cioè A è C.

Hegel differenzia il significato di concetto da quello di idea, perchè il concetto può avere carattere soggettivo ed oggettivo, ma non entrambi i caratteri insieme. Il concetto è dunque una tipica espressione della vecchia logica e della vecchia metafisica, separate come campi di riflessione; solo l'idea è dunque adeguata alla unione di logica e metafisica in una nuova filosofia, cioè il sapere assoluto teorizzato da Hegel.
Sul significato di idea alcune puntualizzazioni verranno successivamente presentate nell'Enciclopedia in compendio delle scienze filosofiche che, nella prima parte, riprenderà e svilupperà alcuni elementi di riflessione già presenti nella Scienza della logica.

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RG - 8 gennaio 2003