| Chi siamo | Ce n'est qu'un débat | scientia | antropologie | mandrognan school of economics | dizionario | libri | Toyo tetsugaku (zhexue) | bioetica



Logo cuccato sul sito de Il giornale della musica, uno dei nostri preferiti
Eraclìto
di Guido Marenco

Secondo diverse testimonianze Eraclìto nacque nel 540 A.C. ad Efeso, città dell'Asia Minore, non distante da Mileto.
L'importanza di questo filosofo è dovuta al fatto che egli non fu solo un "fisico" come i precedenti, Talete ed Anassimene in particolare, visto che in Anassimandro vi sono già considerazioni metafisiche ed esistenziali, ma espresse nel corso degli anni una dottrina che affermava che al di sopra delle opinioni derivate dai sensi e dalle particolari esperienze di ognuno, esiste un punto di vista unico, universale e valido per tutti, il logos.
Il logos, cioè la ragione, il pensiero discorsivo, dovrebbe essere ciò che accomuna tutti gli uomini, ma essi o non lo intendono, o non se ne curano, seguono invece le loro opinioni, la loro particolarissima pseudosaggezza, e per questo non si capiscono e, probabilmente, non arrivano alla verità delle cose.

Il suo libro, intitolato secondo la maggior parte delle fonti, "Sulla natura" inizia infatti così: «di questo logos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato, sia dopo averlo ascoltato».
Non solo, Eraclito affermò: « Nessuna cosa avviene per caso ma tutto secondo logos e necessità.» Affermazione molto impegnativa, che potrebbe condurre il lettore ad annoverarlo tra i precursori del determinismo moderno e contemporaneo.
Se tuttavia rimaniamo a quanto scrisse di lui Diogene Laerzio dobbiamo prender atto che l'interpretazione della "fisica", cioè la natura, giocò un ruolo importante di tutto il pensiero di Eraclito, fondato su una sorta di dialettica degli opposti.
Il suo concetto di logos e questa visione dialettica dei principi prevalenti, ora in un senso (il freddo o il secco) ora nell'altro (il caldo o l'umido), lo portano obiettivamente molto vicino al pensiero di Laozi (figura semileggendaria di saggio cinese dell'VIII secolo A.C., indicato come autore del Daodejing) ed alla sua concezione della natura come una dialettica di opposizioni tra maschile e femminile, al suo appellarsi alla "via", un quasi equivalente al logos eracliteo che gli uomini rifiutavano. Si tratta ovviamente di un avvicinamento indipendente perchè dobbiamo escludere che Eraclìto avesse anche solo notizia dell'esistenza del saggio cinese.

Eraclìto era di famiglia aristocratica, si vantò di non avere avuto maestri e di aver appreso tutto da solo. Assunse ben presto un atteggiamento critico e polemico nei confronti dei concittadini, di tendenze democratiche, ma la vera ragione, secondo diverse testimonianze, potrebbe oggidì essere espressa come un dissenso non tanto verso le posizioni politiche, ma verso i costumi degenerati, il lusso ed il "consumismo" possibile all'epoca in una operosa città della Ionia.
Solo seguendo questo "filo" infatti si intende il suo contrapporsi all'ignoranza del volgo, cioè della massa. Non una contrapposizione politica di tipo moderno (la convinzione, ad esempio, di una supposta superiorità della aristocrazia sui ceti medi e sui popolani) ma una critica di "costume" più razionale che moralistica. Ciò che fate - sembrerebbe dire Eraclito - non è conforme al logos, e nemmeno a natura giacchè in natura tutto si autoregola, mentre voi siete sregolati ed esagerati.
Inutile dire che queste posizioni gli valsero un giudizio altrettanto negativo dei suoi contemporanei, che lo bollarono come altero e superbo.
Ciò lo portò ad un orgoglioso isolamento e il biografo degli antichi filosofi Diogene Laerzio, al solito stringato ma spesso superficiale, lo raccontò come un eremita che si ritirò sui monti a nutrirsi di bacche selvatiche e fili d'erba.
Si ammalò di idropisia e tornò in città per farsi curare dai medici, ma fu talmente provocatorio ed enigmatico nei loro confronti, che essi non solo non riuscirono a guarirlo, ma probabilmente contribuirono a peggiorare le sue condizioni.
Una fonte ripresa da diversi autori, tra cui lo stesso Diogene Laerzio, riporta inoltre che egli morì nel tentativo di guarirsi in modo assai singolare: si era fatto ricoprire di sterco in una stalla da alcuni ragazzi ed i cani lo divorarono.
A parte il carattere leggendario e probabilmente diffamatorio di questo aneddoto, da prendere quindi con molte cautele, rimane che Eraclito non fu amato dai suoi concittadini e nemmeno dai suoi avversari "filosofici", che spesso nemmeno lo intesero correttamente.
Egli stesso, del resto, contribuì ad alimentare una leggenda negativa nei suoi confronti, scrivendo da cani, (senza punteggiatura adeguata, come osservò Aristotele, e quindi rendendo oscure ed incomprensibili alcune espressioni).
Di qui la buona e cattiva fama di cui godette Eraclìto detto "l'oscuro".

Il logos


Se il logos è la ragione che tutti potrebbe accomunare, ma che la maggioranza rifiuta, Eraclìto attribuiva molta importanza al fatto che comunque fosse possibile seguirlo.
Coloro che seguono il logos sono paragonati da Eraclìto ai desti, cioè sono gli svegli, per i quali "unico e comune è il mondo", mentre coloro che seguono i sensi, le opinioni, oggi diremmo "le mode", le credenze irrazionali, sono paragonati ai dormienti, perchè nel sogno ognuno vive nel suo particolare.
Di un certo interesse è notare che per Eraclìto, come più tardi per Democrito, i sensi ingannano (diceva che la vista inganna, ad esempio, e in tono ironico continuava affermando " che se tutte le cose diventassero fumo sarebbero i nasi a discernere").
Ciò dovrebbe farci arguire una sua posizione totalmente antiempirica fondata sull'esame delle esperienze altrui e sulla considerazione del carattere del tutto particolare di queste esperienze, non riconducibili al logos.
Anche le opinioni, come risultato di particolari esperienze, sono disprezzate da Eraclìto, il quale le dichiara caduche e le considera effimere.
Non fu tenero con i poeti, considerati evidentemente dei sognatori, e giudicò Omero come "degno di essere scacciato dagli agoni e di essere frustato" e di Esiodo disse che " non sapeva neppure cosa fossero il giorno e la notte".
Ma scorrendo bene le testimonianze sul suo conto nella citata "I presocratici" di Angelo Pasquinelli si comprende bene che il vero bersaglio di Eraclìto erano le credenze religiose popolari, alimentate da sacerdoti e sacerdotesse, pizie e maghi, nonchè le superstizioni di vario tipo.
Quando dunque criticava l'insufficienza dei sensi e la possibilità di rimanere ingannati, si riferiva esplicitamente al fatto che i miracoli e i prodigi di certi maghi avrebbero potuto essere nient'altro che trucchi studiati per i creduloni.

Il logos è per Eraclìto non solo nel comprendere che tutte le cose sono governate dalla stessa legge, che è essa stessa logos, ma nel fatto che lo stesso logos non è altro dalla struttura della realtà che si ripresenta, che si riflette nella mente umana, come discorso sulla realtà stessa.
Non sarebbe quindi del tutto sbagliato, anche se la distanza è notevole, vedere in Eraclìto anche una specie di anticipatore del materialismo dialettico di Engels e di Lenin.

Per Eraclìto infatti il logos, nel senso di vera e propria legge della natura, contempla un'opposizione universale risolta sempre in unità che predica ciascuna cosa come sintesi di opposti, congiunta al suo opposto e che non potrebbe esistere senza di esso.
L'armonia musicale è possibile grazie all'esecuzione simultanea di suoni discordi. La realtà naturale è una bellissima armonia di elementi discordanti.
Per esemplificare i principi di questa teoria, egli menzionò alcuni "congiungimenti" evidenti quali quello tra "intero e non intero", "concorde e discorde", "armonico e disarmonico", "uno e tutto".
Inoltre per spiegare la verità di questa dottrina ricorse ad esempi piuttosto convincenti. Infatti constatò che "la malattia rende piacevole e preziosa la salute". Questo per dire che uno non sa cosa sia la salute veramente se non conosce il suo opposto, cioè la malattia.
Si i tratta di un pensiero di evidente profondità, che spiega abbondantemente perchè le esperienze limitate di ognuno possano condurre lontano dal logos, cioè la visione della realtà come intero arco di esperienze che va dalla privazione all'abbondanza, dalla ricchezza alla povertà, dalla pace alla guerra.
Pertanto anche "la fame spiega cosa sia la sazietà" e solo "la fatica rende piacevole il riposo".

La contraddizione

Si è detto che molti eraclitei, come del resto molti taoisti, successivamente alle oscure affermazioni dei loro maestri e sulla base di queste abbiano poi affermato come possibile la contraddizione e quindi una descrizione della realtà come contraddittoria.
In epoca moderna sia il pensiero hegeliano che il pensiero di derivazione marxista faranno ampio ricorso al termine sia per spiegare le cosiddette "contraddizioni sociali", sia per spiegare fenomeni di crescita e trasformazioni nel campo delle scienze naturali.
Ora si tratta di intendere che affermare che la realtà governata dal logos è dinamica, in continuo mutamento, il panta rei eracliteo, non comporta affatto contraddizione. Semmai sarebbe contraddittorio affermare che tutto è statico e che non cambia niente, perchè non corrisponderebbe a realtà.
Se dunque si attribuisce al termine contraddizione il significato di non corrispondenza tra pensiero e realtà in Eraclìto non vi è, su questo punto, alcuna contraddizione.
Se, in secondo luogo, si volesse attribuire al termine contraddizione il significato di incoerenza interna ad un discorso, secondo il quale prima si dice una cosa del tipo "Dione ride" e poi si dice "Dione non ride", è evidente che non è il caso di Eraclito. Le due affermazioni sono incoerenti solo se si riferiscono ad un medesimo tempo preciso.
Se infine si volesse affermare che è la stessa realtà a risultare contraddittoria basta intendersi.
Poniamo che in un cesto vi siano sette pesche. Se nessuno ne prende rimangono sette pesche. Ma noi crediamo ve ne siano sei fino a quando non vi guardiamo. Nel momento in cui guardiamo scopriamo che ve ne sono sette.
Allora c'è contraddizione tra quanto credevamo e la realtà, ma in nessun caso c'è contraddizione nella realtà.
Non solo: un qualsiasi confusionario motivato a sollevare polveroni potrebbe osservare che anche la nostra mente è realtà, e quindi c'è contraddizione nella realtà.
Sbagliato: la realtà della nostra mente non è la prima realtà, cioè non è la stessa realtà considerata, ma un riflesso di essa. Il riflesso può dunque essere impreciso, non la realtà, perchè in entrambe le realtà, quella reale e quella mentale considerate isolatamente, non c'è alcuna contraddizione: sei pesche ho in testa e sette sono nel cesto.

Vi è infine un piano più sottile per considerare cosa è contraddittorio. L'esempio del fiume fatto da Eraclìto in cui non scorre mai la stessa acqua, e per cui "non è quindi possibile tuffarsi due volte nel medesimo fiume" è appunto la conferma alla constatazione che la realtà non è contraddittoria, ma siamo noi che ci dilettiamo a giocare con le parole per minare la fiducia nel logos degli altri.
Infatti vi sarebbe contraddizione se Eraclìto avesse detto che nel fiume scorre sempre la stessa acqua. E questo se non avesse anche specificato il senso estensivo dell'affermazione, ad esempio la "stessa" acqua torbida e fangosa, il che non significa la stessa acqua in senso di quantità determinata, quei dieci litri lì che ristagnano da sempre, ma nel senso di qualità determinata come scadente, la solita acqua torbida e fangosa.

Affermare dunque che il pensiero di Eraclìto consista nel riconoscere la realtà come contraddittoria è falso, una vera e propria baggianata eristica.


Il continuo mutamento

Eraclito afferma piuttosto che la realtà nel suo insieme diviene e che tutte le cose sono in continuo mutamento. Questo processo non coinvolge solo le cose, la natura, gli uomini, ma gli stessi elementi fondamentali, cioè l'acqua, la terra, il fuoco, e l'aria.
Dal fuoco, che Eraclìto considera come il principio di tutte le cose in una visione che è sia fisica (se il fuoco per noi non è un elemento ma un fenomeno oltre il quale sta il processo di combustione, per gli antichi era un elemento) che metafisica in quanto il "fuoco cosmico" è il divino.
Dal fuoco viene tutto: per condensazione viene l'aria, dall'aria viene l'acqua e da questa la terra; questa tornerà ad essere acqua, l'acqua tornerà ad essere aria ed infine l'aria tornerà ad essere fuoco. Per Eraclìto questi due processi costituiscono la via all'in giù e quella all'in su.
Attraverso questo processo si formano anche le anime dei mortali, che sono fatte di aria e si differenziano l'una dall'altra a seconda che siano di natura più umida e fredda, cioè vicine all'elemento acqua, o più calda, cioè vicine all'elemento fuoco.
Le anime fredde ed umide sono per Eraclito quelle dei dormienti, cioè di quelli che non comprendono il logos, ma solo il loro particolare, mentre quelle dei sapienti, dei desti, sono prossime all'elemento fuoco.

Cosa manca

Detto in sintesi cosa si può ricavare dai frammenti rimasti della sua opera e dalle testimonianze raccolte, possiamo ora considerare che in Eraclìto si è venuta affermando una teoria della realtà che rispecchia quasi in tutto la stessa realtà, anche se occorre osservare che anch'egli introduce elementi di metafisica come la dottrina degli elementi e la priorità del fuoco su tutti gli altri.
Eraclìto non argomenta a sufficienza queste sue affermazioni e quindi, anche se solo limitatamente a questa parte del suo pensiero, possiamo ravvisare un momento dogmatico.

Ma la cosa che, alla luce dei successivi sviluppi della filosofia, viene a mancare è la ricerca del perchè avviene tutto ciò, ovvero perchè tutto muta, perchè esiste il logos e perchè questo logos è, insieme, sia legge generale degli accadimenti, sia pensiero riflesso di questi processi esterni nella nostra mente.
Non arrivando alla necessità del "perchè" (possiamo dedurlo, ma non affermarlo con certezza in quanto non abbiamo il testo completo dei suoi scritti) egli ci consegna una filosofia interessante, forse la più interessante tra tutte quelle presocratiche, Anassagora escluso, ma, paradossalmente statica, del tipo "tutta cambia, tutto continuerà a cambiare ma non verremo mai a capo di nulla, e questo sia seguendo il logos, sia non seguendolo."
Ovvio che sia meglio seguirlo, ma senza una ricerca meno generica e quindi più analitica, il disegno della realtà offerto da Eraclìto non sarà mai seguito da una vera ed illuminante spiegazione del mondo fondata sulla realtà dei processi fisici, chimici, biologici ed infine psicologici e sociali.
Tutto ciò si spiega anche col fatto che rifiutando l'empirismo in blocco anzichè considerarlo analiticamente, caso per caso, come vero, comunque utile, e mai solo ingannevole, egli venne a negare uno dei momenti decisivi della formazione di una coscienza adeguata delle cose.
Platone nel Cràtilo cercherà di mostrare come fosse possibile aggirare alcune difficoltà tipiche proposte dagli eraclitei, come al solito i peggiori nemici del pensiero di Eraclìto, e pervenire dunque ad una vera scienza delle cose. Ma sarà una spiegazione insoddisfacente, anche se altamente stimolante, perchè fondata esclusivamente sull'idea delle cose, e non sull'idea delle cose come riflesso, e dunque riflessione sulla realtà reale.

gm - 2 agosto 2000 -rivisto nel giugno 2012


Indice generale




















07 giugno 2012 - webmaster Guido Marenco guimare@libero.it // idee e soluzioni grafiche di Marco Amerelli mailto:marame@email.it