Filosofia antica |
Su Parmenide
di Renzo Grassano
Le obiezioni che Marenco muove agli "storici di buon senso della
filosofia" che hanno in diversa misura
contribuito a ritenere Parmenide lo scopritore
del principio di non contraddizione mi stimolano
ad alcune riflessioni.
Vado contro le mie abitudini, ovvero ponderare
con severità quanto scrivo, ma una risposta
"urgente" a volte riesce ad essere
più efficace e stimolante quanto, se non
più, un voluminoso saggio ponderato in ogni
sua parte..
Orbene in primo luogo mi pare che Marenco
non abbia colto il senso primario, ossia
proprio la premessa di base del filosofare
parmenideo.
Affermare che <<l'essere è ed il non
essere non è>> significa solo e semplicemente
che il non-essere non è pensabile. Se dunque
tutto ciò che è pensabile coincide con l'essere,
è evidente che tutto ciò che pensiamo è "essere"
indipendentemente dal fatto che lo cataloghiamo
come "non-essere", come vero o
come falso. Anche una moneta falsa è, come
del resto anche una menzogna è.
Mi sembra pertanto che Marenco confonda,
non credo volutamente, il non-essere assoluto
con il non-essere relativo e contingente
degli enti..
In realtà alla base del filosofare non vi
può star altro dall'essere-che-fonda.
Il nostro pensiero si fonda sia sul dato
puro di esserci, sia sul dato esteriore dell'essere
che sta di fronte a noi.
E' evidente che Parmenide parlando del <<non-essere
che non è>> non intendeva altro che
richiamarci a non pensare qualcosa di diverso
dall'essere stesso delle cose, secondo il
logos per il quale ogni cosa occorra che
sia, prima ancora di nominarla o tentare
di conoscerla.
Da questa premessa che ritengo corretta ed
ovviamente necessaria, mi permetto di dedurre
che le forzature di Marenco sul Parmenide
portaborse dei governanti ed asservito al
potere, siano quindi filosoficamente scorrette
oltre che poco plausibili persino sotto un
profilo storico.
La questione del "divenire" non
ha che un'importanza secondaria, perchè se
una cosa non è, non può nemmeno divenire.
Se invece è, ovviamente può anche divenire
altro, questo senza divenire altro da sè.
Considerando infine che il richiamo a distinguere,
che ovviamente condivido, ci deve proprio
portare a distinguere il senso fondamentale
delle affermazioni filosofiche, ecco che
la prima distinzione necessaria diventa la
seguente: divenire non significa divenire
altro da sè. Significa divenire e basta.
Un baco diventerà farfalla, ma non sarà mai
altro da sè. Se intendiamo in questo senso
il significato del principio di non contraddizione,
ecco dimostrato come sia stato effettivamente
scoperto da Parmenide ben prima di Aristotele.
renzo grassano - 05 agosto 2000