Caro Lettore,
la moneta di fig. 4 è
attualmente in vendita on line sul sito Internet:
http://www.athina.ch/RI/RI2701.htm
Nello stesso sito troverà
i riferimenti bibliografici che ne consentono la catalogazione (C
182 ; RIC1)
e le indicazioni di valore.
Di seguito Le fornisco
una descrizione sintetica della suddetta moneta..
D. M ANT GORDIANVS CAES.
Busto drappeggiato a destra e testa nuda. Bordo perlinato.
R. PIETAS AVGG. Bastone
da augure, coltello da sacrificio, patera, vaso sacrificale, simpulo (1)
e aspersorio. Bordo perlinato.
Si tratta di un denario
d'argento, del peso di 2,73 g, coniato nel breve periodo temporale, aprile
÷ luglio del 238 d.C. durante il quale Marcus Antonius Gordianus,
sotto gli imperatori congiunti Balbino e Pupieno, fu investito del titolo
di Cesare, ossia di sovrano in pectore. (2)
La leggenda del rovescio,
Pietas Augustorum, allude, attraverso la simbologia del bastone dell'augure
(il potere religioso) e degli strumenti sacrificali, al doveroso rispetto
e sentimento di gratitudine dovuto, dai due regnanti, agli dei.
E veniamo ora alle sue monete
di identica tipologia ma di diverso peso, diametro e grado di conservazione.
In fig. 1/2/3 ne ho riprodotto le immagini, senza rispettare le proporzioni.
Noto al riguardo che:
-
il Cohen (C
182)
non riporta alcuna moneta d'oro della tipologia delle sue ma solo una moneta
d'argento;
-
gli aurei emessi in questo
breve periodo sono rarissimi (uno classificato dal British Museum
- RIC rep 36 - comunque
di tipologia diversa dal denario di figura 4, pesava ben 5,75g e aveva
un diametro di 21 mm);
-
significative differenze di
stile (osservi ad esempio i particolari dei capelli di Gordiano) si riscontrano
tra le Sue monete e quella di fig. 4.
Tutto ciò porta, a mio
avviso, ad escludere che quelle in suo possesso, ancorché d'oro
come lei riferisce, possano essere monete originali.
La saluto cordialmente.
Giulio De Florio
_______________
Note:
(1) Il simpulo
era il mestolo con cui si attingeva il vino dal cratere.
(2) La tragica
storia della dinastia dei Gordiani si consumò nell'arco di soli
sei anni, tra il 238 e il 244 d.C. . Il futuro Gordiano I, di nobile e
ricca famiglia, aveva ricevuto dall'imperatore Alessandro Severo l'incarico
proconsolare in Africa e ivi si trovava quando nel 238 d.C., regnante
Massimino, scoppiò una ribellione dei locali proprietari terrieri,
timorosi di vedere i propri beni confiscati dalla politica predatoria del
sovrano. I ribelli, dopo aver ucciso il legato imperiale, imposero a Gordiano
la scelta tra l'acclamazione ad imperatore o la morte. Gordiano accettò
l'incarico condividendolo con il figlio (Gordiano II) e inviò a
Roma una legazione con l'incarico palese di perorare presso il Senato la
causa dei ribelli e quello segreto di eliminare Vitaliano, capo dei pretoriani
e uomo forte del regime di Massimino. La missione riuscì, gli ambasciatori
sparsero la voce della morte dello stesso Massimino, il popolo si sollevò,
il Senato appoggiò gli ammutinati contro i fautori della conservazione
e, senza attendere la conferma ufficiale della morte del sovrano legittimo,
convalidò l'elevazione al trono dei due Gordiani. Il loro regno
doveva tuttavia durare meno di un mese. Capelliano, legato della Numidia,
che in un primo tempo aveva appoggiato la causa dei Gordiani, gli si rivoltò
contro allorché ritenne che le sue aspettative non venissero tenute
nella giusta considerazione e poiché aveva al suo comando un esercito
forte e bene addestrato, batté agevolmente a Cartagine l'esercito
raccogliticcio dei suoi oppositori, sicché Gordiano I si suicidò
e Gordiano II finì ucciso in battaglia.
Le notizie provenienti dall'Africa
circa la morte dei due Augusti crearono il panico nella città di
Roma, dove si era sparsa la voce che Massimino, dato per morto, era invece
ancora vivo e ben deciso a difendere le prerogative imperiali. Al Senato,
ormai compromesso, non restò che scegliere al proprio interno, come
successori, due suoi membri, Pupieno e Balbino con il compito di preparare
la guerra. Ma il popolo non gradì il risorgere del potere senatorio,
ne seguirono tumulti e il Senato dovette accettare il compromesso di proclamare
Cesare (cioè sovrano in pectore) il tredicenne Marco Antonio Gordiano,
il cui nonno materno era stato Gordiano I e il cui zio materno Gordiano
II. Poco dopo, una rivolta dei pretoriani pose fine alla vita dei due Augusti
regnanti, sicché l'ultimo dei Gordiani, Cesare da pochi mesi, divenne
Augusto, passando alla storia come Gordiano III.
L'anno 238 fu fatale anche
per Massimino: la resistenza opposta dall'esercito senatorio ostacolò
il suo ritorno a Roma e una rivolta della 2^ Legione Partica ne determinò
la morte.
Gordiano III, data la giovane
età, era docile strumento nelle mani dei pretoriani e del loro capo
Timesiteo che lo aveva mantenuto al potere e gli aveva dato in moglie la
propria figlia. Ma il suo regno durò quanto la vita di Timesiteo.
Quando questi morì, pare avvelenato, durante una campagna militare
in Oriente, il nuovo prefetto dei pretoriani, Marco Giulio Filippo, figlio
di uno sceicco arabo, passato poi alla storia come Filippo I l'Arabo,
lo fece assassinare dai suoi sicari facendosi proclamare Augusto al suo
posto. Il Senato e le province riconobbero subito il nuovo sovrano, favorito
delle legioni orientali. |