Libri de S. Daniel e M.te Borgà

L'alta Val Cellina, posta ai margini occidentali della regione, è una zona che non frequento molto. Perciò, come uscita di ripresa dell'attività ho pensato di recarmi proprio lì, nella zona soprastante Erto-Casso ove si trovano delle caratteristiche formazioni rocciose note come «Libri de S. Daniel».

Col senno di poi sconsiglio di iniziare la stagione con quest'escursione: forte dislivello e pendenza del sentiero sostenuta per la maggior parte del percorso. L'itinerario si svolge sui pendii meridionali del Monte Borgà, quindi in pieno sole, in una zona ove non c'è la possibilità di rifornirsi d'acqua (portarsene in considerevole quantità).
Va detto che il giro era stato proposto come gita sociale lo scorso ottobre. Letta la relazione, mi ero fidato. La prossima volta starò più attento ai dislivelli ed alle tempistiche. 3 ore di salita per 1400 metri di dislivello appaiono pochine, sopratutto se applicate ad una gita sociale.

Il monte Borgà puo' essere salito sia da Erto che da Casso, con possibilità di effettuare la traversata. Ho preferito salire -e scendere- da Erto. Come si arriva con la macchina al paese si seguono le indicazioni turistiche e stradali per il biv. Maniago. Quando la strada piega a destra, si trova il segnavia. C'è una staccionata in legno a monte della strada. Le indicazioni dovrebbero essere sufficienti, ma ho perso una ventina di minuti prima di venirne a capo. Buon per me perché nel frattempo un locale ha iniziato a diserbare il tratto iniziale, facilitandomi l'accesso e, probabilmente, allontanando le zecche.

Il Parco delle Dolomiti friulane ha provveduto a porre dei segnavia in tutti i bivii lungo il percorso. Ma i segni sono pochi e molto sbiaditi. Nella parte alta della salita ho avuto più di qualche esitazione. In discesa, grazie alla conoscenza del posto, si procede con maggior sicurezza mentre nella parte bassa il sentiero, benché poco segnato, è evidente.

Il sentiero inizia subito con pendenza e punta verso delle case. Sono grandi, anche ben tenute. Molte sono sprangate. Alcune hanno delle antenne satellitari. L'unico modo per raggiungerle è il sentiero. Mah. Si prosegue poi per bosco misto, tra faggi e larici. In mezz'ora si giunge ad una specie di belvedere con bella visione del Col Nudo, della frana del Monte Toc (causa del disastro del Vajont) e di cio' che resta dell'invaso. Il sentiero sale attraversando una zona con fioritura pressoché continua di erica. Piano piano si esce dalla vegetazione e si sale per mugheta avvicinandosi ai contrafforti rocciosi del Borgà. Ci si affaccia ad un catino che si attraversa, finalmente a pendenza meno forte. Ci si affaccia su un altro catino, ove inaspettatamente c'è il rudere di una casera (probabilmente la C.ra Borgà). Qui si procede un po' ad intuito ed esperienza. Lasciar perdere in caso di scarsa visibilità. Lambendo per ultimo alcune caratteristiche caverne, appare finalmente il segnale della forcella tra Borgà e Sterpezza ed il segnavia per i libri. Magnifica la visione verso lo Zoldano ed il Cadore, ovvero Dolomiti orientali: Pelmo, sopratutto, ma anche Antelao oltre a tutto il contorno, ad esempio i vicini Duranno ed Alpago.

A sinistra, per breve salita e poi tagliando in piano sotto la cima dello Sterpezza. Il sentiero inizia a perdere quota. Inizio a preoccuparmi. Sono quasi sul punto di mollare quando finalmente raggiungo la zona dei libri (3h 08' dalla partenza). Sono formazioni di roccia lamellare, geologicamente diversa dalle altre rocce presenti nei paraggi. Mi aggiro per un po' ed il posto merita pure un video.

Poi ritorno alla forcella ed in 10' sono in cima al Borgà. A 2223 mt., nella prima decade di maggio, a torso nudo per cambio maglietta. Manca il silenzio, perché dalla sottostante autostrada giungono, seppure affievoliti, sgommate e rombi. Sosta lunga e lunghi sorsi.

È ora di tornare a valle. Con sorpresa, la discesa si rivela meno disastrosa del preventivato (a forte salita corrisponde forte discesa, con pari impegno delle articolazioni). Il lungo tratto nella mugheta è costituito da pietrischetto che in discesa assomiglia molto ad un ghiaione dolomitico. Impossibile, per me, resistere alla tentazione di percorrerlo a rotta di collo. Ovvio che i tempi si accorciano, e di molto. A conti fatti, compresa una sosta, 1h 35' e ginocchia tutto sommato in condizioni buone (per la gita sociale erano state previste 2 ore). Impatto durissimo con la macchina, da ore sotto il sole, mitigato con 2 bicchieroni di acqua minerale nel bar vicino all'atelier di Mauro Corona.


       

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