(clicca sull'immagine per vedere il lago)
(il disegno è della Prof. Onelia Balestrucci tratto dal libro
di poesie "Alma terra natia"di Don Umberto Zuppante )
di Letizia Tessicini (25/12/2004)
“…basta, che il Lago è nella patria mia”
Il Lago Vadimone
Delle grandi battaglie, di quelle che inevitabilmente segnano la storia di una nazione e forse anche del mondo, spesso non resta nell’immaginario collettivo che un’eco lontana, un nome, un personaggio, una leggenda. E’ così per la maggior parte delle grandi conquiste romane. Tutti, bene o male, conoscono il Ratto delle Sabine, Tito Tazio, i Sette re, la sconfitta degli Etruschi, il leggendario impero di Roma. Pochi però conoscono anche la reale ubicazione dei luoghi in cui si svolsero queste battaglie, perché spesso si trattava di luoghi isolati (le modalità di combattimento di allora erano molto diverse da oggi, direi “più umanamente civili”), spesso con nomi sconosciuti e mutati nel tempo. A volte, solo a volte, ne rimane eco nelle fonti storiografiche, ma solo gli studiosi e i grandi eruditi ne sono a conoscenza. E allora: Immaginate cosa devono aver pensato gli ignari contadini della piana di Lucignano, che sapevano poco dei romani, figuriamoci poi degli etruschi, quando, passando l’aratro, vedevano riaffiorare dai loro campi scheletri, armi, armature e quant’altro! Non ci sono dubbi, deve aver pensato qualcuno più colto, è un campo di battaglia, quello stagnetto laggiù è il celeberrimo Lago Vadimone! “ Lago… E che è?” Deve aver risposto qualcuno, perché di certo a nessuno era mai venuta in mente l’immensa importanza storica di quel laghetto dall’acqua sulfurea, circondato da cannucce, in cui non si pesca, non si naviga, non si fa il bagno. La realtà è un’altra: proprio nel territorio che circonda il laghetto “….fu abbattuta la potenza degli Etruschi” (Tito Livio 59 a.C.-17 d.C.). Le fonti più disparate parlano di un lago detto Vadimone, sulle cui sponde nel 283 a.C. fu definitivamente sconfitta la “nazione” etrusca e quindi assoggettata al territorio di Roma, e questo lago deve essere proprio in questo sito, nella piana di Lucignano. E neppure era tanto ovvio agli studiosi, che quello stagno fosse il Vadimone citato da Tito Livio, perché la vacuità delle notizie generava l’incertezza più totale. E così ecco fiorire le identificazioni e ubicazioni più strane: Si trova nel territorio di Bassanello (Vasanello), in quello di Bassano in Teverina, al limite della Selva Cimino. Il povero Lago ha cambiato casa più volte, a seconda del capriccio degli uomini. Ma osservando con maggiore attenzione le fonti, si giunge ad una semplice conclusione: secondo quanto narra Dione Cassio a proposito della battaglia del 283, pare che a Roma, si conobbe l’esito dello scontro dal gran numero di soldati etruschi deceduti che il Tevere aveva trasportato via e poiché il fiume stesso era rosso per il sangue dei nemici uccisi. Quindi il Lago deve trovarsi necessariamente nei pressi del Tevere. Scrive poi Plinio il Giovane (62 d.C. – 120 d.C.) in una lettera a Gallo di aver visto il Lago dalle colline del territorio amerino, vicino alle sponde del Tevere. Quindi il Lago doveva trovarsi non molto lontano dai colli di Amelia. Altre fonti più volte ricordano l’esistenza del Vadimone al limitare della Selva Cimino, che a quel tempo si stendeva proprio fino al territorio Ortano. Si passa alle fonti dirette: il poeta Orfeo Marchese da Horta alla fine del ‘500, nella sua opera “Amorose Fiamme” scrive: «…Vedrai di Vadimone il picciol lago/ che esiste nel gran piano di Lucignano…»; lo storico Viterbese Feliciano Bussi nella sua “Historia della Città di Viterbo” fa un’evidente confusione tra Bassanello e Bassano quando scrive: «…il Lago Vadimone possa esser quello, che presentemente ritrovasi nelle pianure di Bassanello non lungi dal Tevere…» Essendo le pianure di Bassanello (Vasanello) alquanto lontane dal fiume, a differenza di Bassano; autori vari poi, anche abbastanza recenti, continuano a confondersi e ad identificarlo con il Lago di Bolsena o addirittura di Bracciano. Pare ovvio però, che solo il sangue di etruschi morti lungo le sponde di questo stagno sarebbe potuto giungere fino al Tevere e i corpi di soldati annegati essere trasportati fino a Roma; a chi obietta che comunque esso si trova a una certa distanza dal fiume e che dei famosi emissari non vi è traccia posso obiettare sottolineando che il corso del Tevere ha mutato nel tempo il suo tracciato, segnando un’ansa che prima non c’era. Agli Ortani è sempre piaciuto chiamarlo Vadimone, e non certo a torto visti i suddetti ragionamenti. L’ipotesi è poi oggi avvalorata da illustri studiosi come George Dennis, Gaetano Moroni ed altri. E come scrive il poeta Orfeo Marchese concludo dicendo: «….per le contrade voglio scorrer via/ basta che ‘lago è nella patria mia»!!
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