(Il lago Vadimone visto dal satellite)

  Lettera all'amico Gallo (da Plinio il giovane)

                                              di Letizia Tessicini  (25/11/2004)

Lettera a Gallo (da Plinio il Giovane)
 

Caro Gallo……

 

Caro Gallo,

quelle cose per conoscere le quali ci mettiamo in cammino e traversiamo il mare, se son poste sotto i nostri occhi non ce ne curiamo, vuoi perché la natura ci ha fatti in modo tale che, privi di curiosità per ciò che è vicino, si venga sospinti verso ciò che è lontano, vuoi perché ogni specie di desiderio si smorza, quanto facile è l’occasione di soddisfarlo, vuoi infine perché finiamo di vedere ogni volta ci piaccia.

Sia come sia, vi sono molte cose a Roma e nei dintorni che non conosciamo per averle vedute e neppure uditone parlare, cose che se fossero in Grecia, in Egitto o in Asia o in qualsiasi altro paese fertile per i suoi prodigi e per far loro propaganda, ne avremmo udito parlare; letto a iosa e le conosceremmo a puntino.

A me certo è accaduto recentemente di udire e vedere cose di cui prima d’ora nulla avevo udito e visto. Mi aveva chiesto il prosuocero mio che ispezionassi i suoi possedimenti in Ameria. Mentre andavo percorrendoli mi mostrarono ai piedi di essi un lago chiamato Vadimone; e mi narrarono ad un tempo dei fatti incredibili. Mi recai sul posto. Quel lago è simile ad una ruota posata a terra a forma di un circolo del tutto regolare; non ci sono insenature né tortuosità, tutto è misurato e sembra tracciato e tagliato dalla mano di un artista. Il suo colore è più chiaro dell’azzurro, più scuro della riva verdeggiante, le sue acque hanno un odore di zolfo, un sapore medicinale, e il potere di saldare le fratture.

La superficie è modesta, ma non tanto da non essere agitata dai venti e gonfiarsi per le sue onde. Nessuna imbarcazione si vede in esso: è infatti sacro, ma vi galleggiano delle isole, tutte verdi di canne e di giunchi e di quant’altro cresce nella più pingue palude e lungo la riva stessa del lago. Ciascuna di tale isole ha una propria forma e grandezza: tutte hanno rase i margini perché sovente urtano fra loro e contro la riva si limano e ne sono limate. Tutte ugualmente alte e leggere; perché esse terminano sott’acqua con una corta base a forma di conchiglia. Questa è visibile da qualunque lato e appare al tempo stesso immersa e sollevata sull’acqua.

Talvolta le isolette, riunite e accoppiate, sembrano terra ferma, a volte sono disgregate dal soffiar dei venti e sovente, quando le acque son tranquille, galleggiano separate. A volte quelle più piccole si attaccano a quelle più grandi come barche a navi da carico, sovente le più piccole e le più grandi sembrano correre in gara fra loro: poi sono spinte tutte verso lo stesso punto e dove si arrestano paiono formare una terra ferma, or qua or là mostrano o nascondono le acque del lago e solo quando se ne stanno nel mezzo non ne diminuiscono la superficie.

Avviene che il bestiame in cerca di pastura avanzi su quelle isolette ritenendole una propaggine della riva e non si accorge che il terreno è mobile, se non quando, separato dalla riva, si trova per così dire imbarcato e trasportato e vede con spavento che tutto intorno è lago; poi sbarca dove il vento lo ha sospinto e non si avvede dello smontar che fa, più che si sia accorto dell’essersi imbarcato.

Ancora; il lago dà origine a un fiume, il quale, visibile per un tratto, si infossa in un antro e scorre profondamente nascosto, se prima d’interrarsi ha ricevuto qualche oggetto, lo conserva e lo rimanda fuori.

Ti ho scritto tutto ciò ritenendo che questi fenomeni fossero per te come per me non meno ignoti che interessanti. Tu infatti, come me, nulla più prediligi delle opere della natura. Vale.