Caro Gallo……
Caro
Gallo,
quelle cose per conoscere le quali ci mettiamo in cammino e
traversiamo il mare, se son poste sotto i nostri occhi non ce ne
curiamo, vuoi perché la natura ci ha fatti in modo tale che,
privi di curiosità per ciò che è vicino, si venga sospinti verso
ciò che è lontano, vuoi perché ogni specie di desiderio si
smorza, quanto facile è l’occasione di soddisfarlo, vuoi infine
perché finiamo di vedere ogni volta ci piaccia.
Sia
come sia, vi sono molte cose a Roma e nei dintorni che non
conosciamo per averle vedute e neppure uditone parlare, cose che
se fossero in Grecia, in Egitto o in Asia o in qualsiasi altro
paese fertile per i suoi prodigi e per far loro propaganda, ne
avremmo udito parlare; letto a iosa e le conosceremmo a puntino.
A me
certo è accaduto recentemente di udire e vedere cose di cui
prima d’ora nulla avevo udito e visto. Mi aveva chiesto il
prosuocero mio che ispezionassi i suoi possedimenti in Ameria.
Mentre andavo percorrendoli mi mostrarono ai piedi di essi un
lago chiamato Vadimone; e mi narrarono ad un tempo dei fatti
incredibili. Mi recai sul posto. Quel lago è simile ad una ruota
posata a terra a forma di un circolo del tutto regolare; non ci
sono insenature né tortuosità, tutto è misurato e sembra
tracciato e tagliato dalla mano di un artista. Il suo colore è
più chiaro dell’azzurro, più scuro della riva verdeggiante, le
sue acque hanno un odore di zolfo, un sapore medicinale, e il
potere di saldare le fratture.
La
superficie è modesta, ma non tanto da non essere agitata dai
venti e gonfiarsi per le sue onde. Nessuna imbarcazione si vede
in esso: è infatti sacro, ma vi galleggiano delle isole, tutte
verdi di canne e di giunchi e di quant’altro cresce nella più
pingue palude e lungo la riva stessa del lago. Ciascuna di tale
isole ha una propria forma e grandezza: tutte hanno rase i
margini perché sovente urtano fra loro e contro la riva si
limano e ne sono limate. Tutte ugualmente alte e leggere; perché
esse terminano sott’acqua con una corta base a forma di
conchiglia. Questa è visibile da qualunque lato e appare al
tempo stesso immersa e sollevata sull’acqua.
Talvolta le isolette, riunite e accoppiate, sembrano terra
ferma, a volte sono disgregate dal soffiar dei venti e sovente,
quando le acque son tranquille, galleggiano separate. A volte
quelle più piccole si attaccano a quelle più grandi come barche
a navi da carico, sovente le più piccole e le più grandi
sembrano correre in gara fra loro: poi sono spinte tutte verso
lo stesso punto e dove si arrestano paiono formare una terra
ferma, or qua or là mostrano o nascondono le acque del lago e
solo quando se ne stanno nel mezzo non ne diminuiscono la
superficie.
Avviene che il bestiame in cerca di pastura avanzi su quelle
isolette ritenendole una propaggine della riva e non si accorge
che il terreno è mobile, se non quando, separato dalla riva, si
trova per così dire imbarcato e trasportato e vede con spavento
che tutto intorno è lago; poi sbarca dove il vento lo ha
sospinto e non si avvede dello smontar che fa, più che si sia
accorto dell’essersi imbarcato.
Ancora; il lago dà origine a un fiume, il quale, visibile per un
tratto, si infossa in un antro e scorre profondamente nascosto,
se prima d’interrarsi ha ricevuto qualche oggetto, lo conserva e
lo rimanda fuori.
Ti ho
scritto tutto ciò ritenendo che questi fenomeni fossero per te
come per me non meno ignoti che interessanti. Tu infatti, come
me, nulla più prediligi delle opere della natura. Vale.