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Progetto per un luogo reale e committenti immaginari
Giorgio Celli
Ia loro amicizia era stata favorita dalla vicinanza, geografica e, di sicuro, non psicologica. Si erano conosciuti a scuola, e avevano scoperto dl abitare due condomini non lontani, nel medesimo quartiere.Per il resto, erano di una singolare diverstà: l’uno, fantasioso, e proclive al sogni, era attratto dalle parole, e dal loro potere di creare dei mondi sulla carta; l’altro, realista e dedito a progetti concreti, aveva feticizzato il denaro, e adorava la sua magia capace di creare imperi fondati sulla cartamoneta.Era stato fatale, così, che il primo diventasse uno scrittore, e che l’altro scoprisse in sé la vocazione di giocare in borsa; lo scrittore era dedito alla moltiplicazione infinita delle parole, e il finanziere del denaro.Ambedue perseguivano l’utopia di dare il fondo a quello che non ha fondo, o di superare confini dell’incommensurabile.Perche la poesia, come il denaro, propone dei processi, e non delle mete, dei miraggi e non delle oasi di palme vere e proprie.Ma al di là di questa propensione per l’utopia, onirica o concreta che fosse, erano accomunati da una ritrosia, che consentiva loro di frequentarsi raramente, e di avere un commercio soltanto coatto con gli uomini.Di mille nevrosi, per chi, come loro, aveva scelto un mestiere che si fonda sullo stare con gli altri. Per fortuna, i sistemi tecnologici di comunicazione nella società di massa del secolo ventunesimo, erano enormemente progrediti, e consentivano a chi volesse, di convocare il mondo in una stanza attrezzata di video e di display elettronici. Stando seduti auna tastiera si poteva rendere operante l’antico mito dell’ubiquità, trovarsi ora a Beirut e un attimo dopo a New York, per discutere di diritti con un editore o per intervenire a un difficile consiglio di amministrazione. I due amici, amanti della solitudine, ma bisognosi l’uno dell’altro, e abilitati a vivere con rare persone - la mo glie e un figlio taciturno per il finanziere, Il gatto e una donna tuttofare per lo scrittore, decisero, un bel giorno, di costruirsi una casa a doppia abitazione, con una terra di nessuno intermedia, destinata a fugaci incontri dei due nuclei familiari, se nel caso si possa dir così. Questo cosmo in miniatura doveva essere, quanto possibile, autonomo, capace di captare l’energia solare ed eolica con opportuni congegni, utilizzare delle batterie di colture idroponiche e dei fermentatori per cibi bio tecnologici, essere dotata di una piccola centrale di riscaldamento con presa geotermica diretta. Un osservatorio astronomico avrebbe dovuto consentire, a chi volesse evadere, di prendere la via delle stelle, e d vagare in mezzo all’ universo, giusto contrappeso di sogno a un mondo così rarefatto e solitario.A edificio ultimato, la convivenza parallela ebbe inizio, e prese corpo la leggenda della “casa bifron te”, come venne subito battezzata dagli abitanti della città vicina.Mi hanno raccontato che per diversi anni la vita degli uomini, degli animali e delle piante di quel l’ecosistema in climax, in cui il biotopo e la comunità avevano finito per completarsi perfettamente, proseguì felice, e pacifica. I fantasmi che apparivano sul video erano corroborati dagli incontri degli inquilini nello spazio comune o nell’osservatorio astronomico, e per la loro rarità equilibravano, e non squilibravano, i rapporti reciproci.
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