intro

bryter layter
[1970]
time of no reply
[postumo]


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TIME OF NO REPLY


Se a tutt'oggi attorno all'opera e alla vita di Nick Drake prolifera un inesauribile dibattito interpretativo; se - con risultati molto disparati - tributi (è di questi ultimissimi tempi un cd ad opera di gruppi metal - è la verità -), dediche, o persino romanzi traggono ispirazione da lui; se nel mondo sterminato del World Wide Web contributi, citazioni, siti crescono di giorno in giorno come funghi dopo un acquazzone, ebbene, occorre anche sapere datare il fenomeno. Perché fino al 1979 le vendite dei tre lavori rimasero modeste come lo furono ai tempi della vita del loro autore, se non inferiori. I tre dischi non furono comunque rimossi dal catalogo Island, "per il piacere di tutti quelli che desiderano scoprirli" (così nel 1975 Richard Williams, allora press officer dell'etichetta).
Ma è nel 1978 che il nuovo amministratore Rob Partridge, appena insediato, propone un cofanetto/retrospettiva sull'opera del nostro. Esso avrebbe dovuto contenere nelle intenzioni "gli album in studio e altro materiale". Non vi era molto, invero, negli archivi della Island, se non outtakes sparse e gli ultimi quattro pezzi registrati da Nick. Si decise allora, per questioni di spazio, di raccogliere i tre dischi meno gli ultimi quattro pezzi di Pink moon più i quattro pezzi post-Pink moon. Scelta piuttosto bizzarra, per la nascita di un formato discografico destinato in futuro ad avere così larga diffusione. Prima di Fruit tree (questo il titolo voluto da Boyd e dalla famiglia Drake, in piena intesa) nessuna etichetta aveva mai edito un cofanetto che ripercorresse la vicenda artistica di un autore di musica non classica o jazz. Così, fino al 1986, il cofanetto contenne tre vinili, l'ultimo dei quali destinato ad ospitare una versione mutila di uno dei dischi essenziali della storia della musica tout court. Il misfatto venne riparato solo nel 1986, per iniziativa di Joe Boyd; Pink moon fu ripristinato, e i "fantastici 4" finirono insieme ad altre gemme sepolte sulla versione aggiornata dell'opera. Il Time of no reply che conosciamo oggi, altro non è che quel quarto disco del box, riedito separatamente l'anno successivo dalla Hannibal records (di Joe Boyd). La Island mantiene i diritti per i tre album, Boyd quelli del box e del "quarto" disco. Comunque la si metta, qualunque amante della musica di Nick ha un grosso debito con questo personaggio; per tutto ciò che raccontiamo nella monografia qui acclusa, e per aver curato l'edizione di questo che non è difficile considerare uno dei più bei doni postumi che la Dea Discografica abbia mai elargito al popolo degli ascoltatori, per risollevarlo dalla sua sorte di acquirente ipnotizzato davanti a lussuosi cofanetti contenenti scarti ignobili e versioni remixes, con cui le etichette fanno da sempre il bello e il cattivo tempo. Ma con Nick non sarebbe stato possibile, in primo luogo, come è facile da arguire, perché non esiste nulla di scadente da riesumare, ed in secondo perché sia i coniugi Drake (deceduti da pochi anni) sia Boyd hanno sempre posto un rigido veto sulla possibilità di rilasciare qualcosa che potesse minimamente offuscare l'immagine musicale di Nick. Non v'è dunque da sorprendersi se la diffusione di alcuni bootlegs contenenti in varia guisa i pezzi pre-Five leaves siano stati per loro motivo di amarezza.
Per quanto belli e importanti per seguire con maggiore scrupolo la (rapida) crescita di Nick come songwriter e darci tangibili prove delle sue influenze, Time of no reply e solo questo è quanto ancora Nick aveva da dirci. Nella nostra umile opinione, si tratta di un disco imprescindibile, al pari dei capolavori "contemporanei". E, in più, ci permette di cogliere meglio di qualunque antologia posticcia (come la primeva Heaven in a wild flower, o la recente Way to blue - pur buone -) il Nick "storico" unito al Nick "atemporale" delle canzoni. Tutti le fasi della creatività drakeana sono testimoniate ad alti livelli; la fase ritirata e pre-contratto ("Been smoking too long" e "Strange meeting II"), la fase Five leaves left/Bryter layter (assortita fra pezzi inediti o versioni alternative), e i quattro pezzi "terminali". Sorvolando sui primi di cui abbiam già detto altrove (si veda la monografia), e liquidando come curiosità le versioni alternative che non aggiungono nulla al discorso fatto in sede di recensione degli lp, rimangono le nove fulgenti gemme che costituiscono il nocciolo vero e proprio dell'operazione. Sono l'inizio e la fine dell'avventura discografica di Nick, primo mattino e sera tarda, che qui trovano il loro sigillo definitivo. Anulus aeternitatis. I primi cinque pezzi, che non finirono sul primo lp per ragioni diverse, colgono l'artista nel suo momento di massimo entusiasmo e freschezza compositiva; ancora oggi rimaniamo stupiti di come tali canzoni abbiano corso il serio rischio di rimanere per sempre nel dimenticatoio. Il pezzo che da il titolo alla raccolta è quanto di più soavemente classico Nick Drake, che sintomaticamente inaugura la sua carriera di musicista con un'ode all'assurdo. L'arpeggio è solare, alla "From the morning", la voce suadente, il testo recita: "Il tempo senza replica mi chiama affinché io stia, non c'è ciao non c'è arrivederci, non c'è modo di andarsene". Vengono i brividi a pensare questo destino: non v'era alcuna possibilità per lui di eluderlo. Al bivio fra la mutilazione e la dannazione Nick scelse quest'ultima, affondando insieme alla barca che trasportava i suoi sogni tutti. "I was made to love magic" è l'unico e sufficiente esempio dell'importanza del ruolo giocato da Robert Kirby nell'economia generale dei primi due capolavori. La canzone è una tenera e rassegnata constatazione della necessità della solitudine, atta a rimarcare quella differenza che costringeva Nick a "scomparire fluttuando su una canzone lunga tutta la vita". Gli arrangiamenti sono "regolari" ma, nel caso specifico di dover accompagnare una canzone di Nick Drake, "scialbi". Difficile immaginare "Fruit tree" o "Northern sky" arrangiati in modo da sembrare il lato b di Yellow submarine. Oggi non potremmo più prendere un aereo. Il dolcissimo arpeggio di "Joey" suona più che mai interessante per definire la situazione "sentimentale". Joey, come Nick, "non sarebbe qui, se capitasse che tu ci fossi", ovvero, e alla faccia di tutte le psicanalisi da talk show, l'amore che Nick inseguiva, non era di questa terra, e si lasciava intuire solo nell'assenza. Heidegger stesso approverebbe. "Clothes of sand" è la maniera in cui un angelo si lamenterebbe, in tonalità minore, conferendo poesia alle cose solo nominandole. "Mayfair" è un delizioso bozzetto da festa di compleanno della mamma, gaudioso e celebrativo, che Nick canta con piglio e fingerpicking divertiti. Pezzo minore, per quanto minore possa essere uno slancio di gioia improvvisa a cui la Musa conferisca ali. Poi le ali si sciolgono, quando il sole di una nuova nascita si approssima. Quegli ultimi quattro pezzi sconvolgono ancora. Nick confidava a Joe di non essere più in grado di comporre pezzi lucidamente; e non era vero. La lucidità di un pezzo come "Black eyed dog", sia nell'agghiacciante testo sia nella maniacale precisione degli armonici testimoniano una discesa agli inferi totalmente partecipe. Eviteremo le retoriche che da sempre s'ispirano a questo pezzo, e rimarcheremo come sia pura illazione il fatto che Nick qui abbia preannunciato il gesto fatale; allo stesso modo potrebbe essere stato un errore o, più plausibilmente un gesto del momento dettato da una fitta di sconforto. Se consideriamo che Nick ebbe a condannare il suicidio in tempi di cupa depressione come gesto di estrema codardia, ancora una volta troveremo quantomeno pretestuosa a fini speculativi tutta la leggenda del Nick artista maledetto. Ancora e sempre, le parole non rendono giustizia alla vita; nessuno come Nick seppe celebrare la vita nei suoi aspetti "impossibili", descrivere i suoi "oltre" con uguale (e totale) partecipazione. La scelta del suicidio, se scelta fu, appartiene all'uomo Nick, e non a "Black eyed dog". La morte appartiene alla vita, più della vita stessa. Qualunque gesto od opera umana non può non rifletterlo. Chi, come l'enciclopedico Scaruffi si sia procacciato la necessità di apporre un epitaffio che sintetizzi, trova sia onesto liquidare una delle esistenze artistiche più sintomatiche del rock tutto con definizioni di questo genere: "Drake cantava come uno zombie buono (sic), privato di emozioni (sic), che brancoli senza meta (sic) sul bordo dell'abisso". Di fronte ad amenità di tal guisa, un inno alla vita come "From the morning" potrebbe perfino diventare il suono indistinto di uno zombie. Queste quattro canzoni sono invece atti d'amore, e di dedizione. La chitarra è, se possibile, più spoglia che in Pink moon, le ossa sono nude, l'anima trascende. E lo zombie buono canta:

Voice from the mountain
and voice from the sea
Voice from in my neighbourhood
and a voice calling me
Tell me my friend my friend
Tell me with love
where can it end