CAPITOLO XI

                    IL GENNAIO : ARRIVA IL 1945

Non finiscono i disagi dei poveri garfagnini

Ed eccoci nel nuovo anno, che sarà l'ultimo di guerra. Ma pochi sperano in una fine imminente delle sofferenze. Non si osa sperarlo.

 E le sofferenze della gente crebbero ancora, se possibile, in questo mese, per l'aggiungersi, a tutto il resto, del freddo molto intenso di questo inverno. Già nei giorni di Natale si erano verificate delle aspre gelate, ma la neve arrivò, abbondantissima, il 5 gennaio e seppellì tutto. La vita nei ricoveri precari diventò ancora più difficile. Difficile difendersi dal gran freddo, difficile uscire per raccoglier legna, o l'acqua, o altro.

 Mentre si continuava a soffrire e a morire a causa delle bombe.

 Bombe e cannonate senza interruzione intorno al Santuario di Migliano. L’8 gennaio una giovane donna viene ferita gravemente (una gamba spezzata e, forse, altre ferite). E’ buio e non si sa come soccorrerla. Infine viene trovato un medico, tale Peruzzi, sfollato da Viareggio, che fa quello che può. Ma proprio mentre sta uscendo dalla casa una granata lo ferisce gravemente spezzandogli un femore. La ragazza morirà il giorno dopo e il dottore dopo alcuni mesi. Il mattino dopo il Collegio è come un ospedale. Giungono feriti da tutte le parti “nella speranza che qualcosa si potesse fare per salvarli” (Diario di Padre D’Amato).

 Don Pinagli registra un bombardamento nelle campagne di Camporgiano (loc. Battifollo) il 9 gennaio in mattinata, ad opera di 4 caccia-bombardieri, il 17 uno ancora a Camporgiano (stazione e loc. Toschi) e uno a Castiglione che fece 6 morti e alcuni feriti, entrambi verso le ore 12, il 29 alle ore 16,30 un bombardamento a San Romano con due donne uccise (una si chiamava Bertolini Fiora di Natale). E il 22 muore all’Ospedale Militare di Camporgiano un civile di Vagli Sotto, tale Pellegrinotti Pasquale di anni 35 (era nato il 5.7.909 da Giuseppe e da Pellegrinotti Maria), che era stato ricoverato per ferite, causate, forse, da un bombardamento aereo.

 Comunque il mese di gennaio non è molto ricco di notizie. Il fronte è piuttosto calmo, a parte il solito scambio di cannonate, scarse quelle italo-tedesche, abbondanti quelle americane.

Gli indiani se ne vanno, arrivano i bersaglieri.

 Unici fatti di rilievo sembrano essere: Primo: il ritiro delle truppe indiane e il ritorno dei negri della  Divisione Buffalo avvenuto il 13 gennaio. E, dice il Federigi, gli alpini ne approfittano per riprendere Molazzana e Brucciano. Ma deve essersi trattato di un modesto aggiustarsi delle posizioni avanzate in quella che era, presumibilmente, terra di nessuno. Secondo: la visita di Mussolini in Garfagnana. Sembrerebbe che, intorno al 25 gennaio, Mussolini non si fosse fermato a Villafranca, ma si fosse spinto fino a Piazza al Serchio. Ma la notizia non è sicura. (1) Terzo: L'arrivo dei primi reparti della Divisione ITALIA. Il 31 gennaio, infatti, il III Btg del Cap.Bruniati giunge al fronte e si colloca nella zona fra Sassi, Eglio e la Pania Secca, dando il cambio al Gruppo Esplorante "Cadelo" che verrà decorato "per la pertinacia con la quale difese posizioni che sembravano in estremo pericolo". Fra poco tutta la Monterosa, ad eccezione del Btg. “INTRA” e del Gruppo “BERGAMO”, avrà il cambio.

Si rifanno vivi i partigiani

 Nel mese di gennaio si ritorna a parlare di partigiani. I due gruppi locali ricostituitisi (Btg. Arditi "Marco"  e Distaccamento "Dini"), e le brigate emiliane, dalle quali dipendevano o con le quali, comunque, erano in stretto contatto, ricominciarono a far parlare di loro. Già il primo gennaio a Sillano fu catturato un ufficiale medico, il S.Ten.Galbiati che stava cercando un luogo dove trasferire l'Ospedale Militare di Camporgiano che era stato bombardato. L'O.M. verrà poi trasferito a Nicciano e il prete di quel luogo, Don Santini, insieme al prete di Sillano, Don Baisi Tommaso, si adoperano per far rilasciare l’ufficiale onde evitare rappresaglie. Don Baisi dice che "tutto finisce bene". Quindi è da ritenere che l'ufficiale sia stato rilasciato o, comunque, si sia salvato. In realtà Carloni, nel suo carteggio privato (2) dice che del S.Ten. Galbiati non si seppe più nulla. Ma il nome di Galbiati non figura fra i caduti della Divisione.

 E il 2 gennaio gli alpini sono a S.Anastasio per catturare due viareggini, i Vassalle, presunti partigiani. Ma il prete Don Mentucci dice che sono solo degli sfollati inviati lì dal segretario di Fascio di Piazza al Serchio. E i Vassalle, uno dei quali pare fosse effettivamente partigiano, vengono lasciati in pace.

 Ma anche i tedeschi si preoccupano di controllare il territorio alla ricerca di eventuali partigiani. Il 20 gennaio un reparto formato da mongoli arriva a Minucciano, circonda il paese, piazza una mitragliatrice sul campanile e comincia a setacciare il paese. I soldati entrano nelle case per controllare che non ci siano persone armate, ma non fanno male a nessuno. A un tratto, però, la mitragliatrice sul  campanile comincia a sgranare i suoi colpi. Che accade ? Subito ci si rende conto che stanno sparando verso una selva di castagni lungo la via per Ugliancaldo, dove si vede del movimento.

 Ma non sono partigiani. Sono i "massesi" che vengono a frotte in Garfagnana a portare sale e olio e a cercare farina di castagne. Purtroppo alla notizia che i tedeschi sono in paese si sono messi a correre fra i castagni e i tedeschi hanno preso a far fuoco. A un tratto si cominciano a sentire le strazianti urla di aiuto di una donna che è rimasta colpita. Ma chi può andarla a soccorrere con quella mitragliatrice che spara su ogni cosa che si muove ? E le urla della donna continuano, agghiaccianti, per quasi due ore. Poi si fanno sempre più flebili e, alla fine, cessano. Finalmente i mongoli se ne vanno e allora subito qualcuno corre per soccorrere la donna, ma è troppo tardi. La poveretta è morta dissanguata. Era una donna di Bedizzano, nel carrarese. Si chiamava Argentina Dell'Amico e aveva 52 anni. (3)

 Il 25 nei pressi di Filicaia esplode un deposito di munizioni "che era nella baracca di Muccini Battista" causando 1 morto e due feriti gravi fra gli alpini. Il deposito esplode "per cause imprecisate" dice Don Pinagli, ma il sospetto di un attentato partigiano c'è.

 E lo stesso 25 c'è un rastrellamento a Sillano, con cattura di ostaggi. Verranno rilasciati tutti ad eccezione di due che, come vedremo fra breve, verranno fucilati per rappresaglia.

 Fra gli atti di morte del comune di Castiglione c'è quello del giovanissimo partigiano Giovanni Forti, di 17 anni, residente a Castiglione ma che, evidentemente, era fra i partigiani della compagnia "C". Muore, infatti, in una scaramuccia, in località Trombacco, nei pressi di Vergemoli il 27 gennaio.

 In una data imprecisata del mese di gennaio (ma potrebbe anche essere febbraio) militari della R.S.I. catturano a Corfino il Sig. Attilio Vergai, direttore dell'agenzia di Castelnuovo Garf. della Cassa di Risparmio di Lucca, sospettato di essere un sostenitore dei partigiani. Condotto a Camporgiano e, poi, forse al Nord, di lui si perderanno completamente le tracce.

L’alpino Grigoli viene ucciso in un agguato

 Ma è il 28 che accade il fatto più grave. Nei pressi di Cogna, nel comune di Piazza al Serchio, alcuni partigiani tendono un agguato a una pattuglia di alpini e l'alpino Grigoli Giuseppe, di 19 anni, nativo della provincia di Mantova, del comando di divisione, viene colpito a morte. Viene chiamato il prete che lo trova "appena spirato" e gli impartisce i sacramenti. Il 31 verranno celebrati i funerali ai quali partecipa anche la popolazione del luogo, sinceramente dispiaciuta e, forse, preoccupata per eventuali rappresaglie. Ma gli alpini sapevano bene che i partigiani che avevano teso l'agguato non erano del luogo.

 Si ha una interessante notizia anche dal fronte versiliese. Dice il Federigi che i partigiani del gruppo Patrioti Apuani avevano istituito un posto di blocco nei pressi di Azzano, lungo la via percorsa da chi passava il fronte. Lo scopo era quello di controllare chi passava per evitare infiltrazioni di nemici, ma era anche quello di evitare che i negri "rubino ogni cosa" a quelli che passano e tengano un comportamento "particolarmente odioso" nei confronti dei disertori.

Appendice

                                         MUSSOLINI IN GARFAGNANA NEL GENNAIO 1945 ?

 

Una sera non precisata del gennaio 1945 la signora  VIVIANI MARIA  di Sassi nel comune di Molazzana sentì bussare alla porta con insistenza (il padre gestiva un piccolo spaccio di vino e poche altre cose) e andò ad aprire avendo in braccio il figlio Giuseppe nato da pochissimi giorni (esattamente nato il 20 gennaio 1945). Entrarono quattro ufficiali (o, comunque, personaggi che a lei parvero tali) e chiesero da bere. Uno dei quattro, d’aspetto abbastanza imponente prese in braccio il piccolo e disse: - Ti auguro di avere una vita più fortunata della mia -. Poi restituì il bimbo alla madre e, dopo poco, i quattro se ne andarono. E questo fu tutto ciò che la Viviani Maria ha sempre ricordato.

 Dopo qualche tempo, finita la guerra, un parente della Viviani si sposò e andò a vivere in Piemonte. Qui conobbe un certo Gianni Bava, che era stato prigioniero in Grecia e che, avventurosamente rientrato, aveva appartenuto alla Repubblica Sociale Italiana  pare con cariche importanti.

 Il Bava parlò di una visita fatta al fronte da Mussolini e ricordò l’episodio del bimbo appena nato e della frase pronunciata dal Duce, tanto che il parente della Viviani vi riconobbe l’episodio accaduto a Sassi per cui ne dedusse, e lo disse alla Viviani, che l’uomo che aveva preso in braccio suo figlio era il Duce.

 L’episodio è abbastanza singolare e non esistono conferme della presenza di Mussolini sul fronte della Garfagnana. Si sa, però, per certo che egli visitò i bersaglieri della Divisione Italia nei giorni dal 24 al 26 gennaio 1945 (quindi pochi giorni dopo la nascita di Giuseppe) ed è accertato che si spinse sicuramente fino nei pressi di Aulla. Ed era in quei giorni, appunto, che reparti della Divisione Italia stavano affluendo al fronte per dare il cambio agli alpini della Divisione Monterosa.

 Lo storico Davide Del Giudice, utilizzando diverse testimonianze, ricostruisce i movimenti del Duce nelle giornate 24 e 25 gennaio, ipotizzando che il 25 gennaio stesso egli sia ripartito per rientrare. Ma Mazzolini, nel suo scrupoloso diario alla data del 27 gennaio afferma, fra l’altro, ““Il Duce è tornato ieri sera dalla sua ispezione alla Divisione ITALIA””. Egli, cioè, sarebbe rientrato a Gargnano il 26 sera per cui si potrebbe ipotizzare la sua presenza in zona per tutto il giorno 25 e anche per la mattina del giorno 26. Ci si rende conto che la sua presenza a Sassi appare veramente improbabile, sia perché per raggiungerlo avrebbe dovuto percorrere la mulattiera che da Torrite sale a Sassi (era la normale via usata dai soldati. Una via carrozzabile a quel tempo non esisteva) a piedi o a dorso di mulo, sia perché una sua presenza al fronte, malgrado la grande segretezza con cui la visita venne condotta, non avrebbe potuto non lasciare qualche traccia.

 Tuttavia, alla luce di quanto detto circa i tempi della visita, tale visita appare, se non probabile, per lo meno, non impossibile.

 

NOTE:  

1) Vedi il racconto in appendice

2) Carteggio Carloni in Oscar Guidi, DOCUMENTI DI GUERRA, CIT., pag. 108

3) L’autore di questo libro è stato testimone dell’episodio.

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