CAPITOLO X
DICEMBRE 1944 :
L'OFFENSIVA DI NATALE
La sconfitta dei
partigiani. Ciò che rimane
Come abbiamo visto il mese
di Novembre segna la sconfitta dei partigiani di Garfagnana e Lunigiana e lo
scioglimento della Divisione "Garibaldi Lunense". Dice il Mosti che i
residui della Brigata Muccini subirono nuovi attacchi il 3 dicembre e anche
questi, come già gli altri, passarono il fronte. Qualcuno salta sulle mine.
Proprio il giorno 3, ci informa Don Pinagli, alcuni che erano rimasti feriti in
questo modo (fra cui due di Sillicano della famiglia Lucchesi), vengono
ricoverati all'O.M. di Camporgiano. E ancora il giorno 29 muore saltando su una
mina nei pressi del Monte Forato il partigiano Mori Alfredo di Molazzana, che
cercava di passare il fronte. Molti, però, rimasero in zona. Di questi alcuni
si nascosero in "metati" o casolari di campagna e sopravvissero coi
viveri che gli fornivano i parenti, altri si presentarono ai comandi italiani e
furono utilizzati in reparti di lavoratori regolarmente retribuiti o,
addirittura, furono arruolati nell'esercito della R.S.I. Alcune
"bande", però, non accettarono lo scioglimento decretato da Oldham e
rimasero in zona senza sciogliersi. Tali furono la Brigata Garibaldi di
"Memo" e i Patrioti Apuani di Pietro del Giudice e "Vico",
operanti nella zona di Apuania, di là dalle Alpi Apuane. In Garfagnana rimase
il "Battaglione Arditi Marco", che si era da poco ricostituito dopo
lo scioglimento subìto a seguito della oscura vicenda (di cui parliamo nel
capitolo dedicato al mese di Settembre) che portò all'uccisione dell'allora suo
capo, il padovano Giorgio Ferro (Tenente "Marco"). Ora lo comanda
"Baffo", cioè Aldo Pedri ed ha la sua zona nei pressi di Sillano, ove
ha contatti con i partigiani emiliani, coi quali sono collegati e che
frequentemente giungono nella zona, dopo aver attraversato il vicinissimo
confine di regione. Gruppi di questo battaglione si trovano anche nella zona di
Casciana nel comune di Camporgiano e Roggio nel comune di Vagli Sotto.
Successivamente alcuni uomini che avevano fatto parte della Brigata Garfagnana
della Lunense (specialmente del III Btg di Bertagni) costituirono nella zona di
Pontecosi-Pontardeto, sulla sinistra del Serchio un "Distaccamento
Dini", dipendente dalla 26° Brigata Garibaldi Reggiana, che aveva il
comando a Civago. L'attività di questi gruppi garfagnini, però, fu molto
ridotta in questo mese. Evidentemente si preoccuparono di far credere alle
truppe tedesche e italiane che di partigiani non ce ne erano più, onde evitare
attacchi e rastrellamenti. Infatti non si registrano azioni o, comunque, fatti
che denuncino la loro presenza. Unica eccezione è la relazione del parroco di
S.Anastasio, Don Mentucci, il quale riferendo che il 27 dicembre il comando di
un reparto della Monterosa che aveva sede a Colognola, a seguito di un
bombardamento subito da quest'ultima località, si era trasferito a S.Anastasio
"in casa di Ada Costa", dice che i partigiani chiesero agli americani
il bombardamento di questo luogo, ma non lo ottennero perché "era troppo
vicino alla chiesa". Per la verità anche il Cornia, riferendo di un
attacco (che lui definisce "ultimo conato offensivo dei Buffalo")
avvenuto il 12 dicembre e che, come i precedenti, fu abbastanza agevolmente
respinto, dice che, contemporaneamente all'attacco dei Buffalo, ci fu un
attacco di partigiani che "mossero da Careggine" e, da lontano,
sparavano su Eglio, dove era il comando del “Cadelo” con "mitragliatrici
pesanti". La notizia appare inesatta. Anzitutto perché non risulta che i
partigiani garfagnini abbiano mai potuto disporre di mitragliatrici pesanti e,
in secondo luogo, perché a Careggine non erano rimasti partigiani attivi ma
solo qualche partigiano sbandato che non aveva ancora passato il fronte e che
si nascondeva in qualche modo. Molto probabilmente si trattava di quei
partigiani della Compagnia "C" che operavano a fianco degli americani
e che, conoscendo perfettamente la zona, si erano infiltrati fino all'altura
"a nord-est di Eglio" di cui parla il Cornia. Questa ipotesi spiega
il possesso di mitragliatrici pesanti ed anche il miglior coordinamento,
rispetto alle precedenti, dell'azione dei partigiani con quella degli
americani. Comunque i partigiani si ritirarono subito, appena furono attaccati
dalla compagnia tedesca di riserva. Ci sono poi due militari della R.S.I. che
dagli atti di morte del comune di Vergemoli risultano morti in combattimento il
4 dicembre nella zona di Vergemoli, Zignago Emilio di 19 anni e Giabbani
Giovanni di 20 anni. Essi non furono i soli a morire in quella circostanza. Nel
cimitero di Vergemoli, infatti, c’è una fossa comune nella quale sono sepolti
altri 6 italiani e 2 tedeschi di cui non è noto il nome.(1) Secondo la
testimonianza di Vangioni Lorenzo e di Valiensi Silvano, ex partigiani del
Gruppo “Valanga” essi sono morti in uno scontro coi partigiani della compagnia
"C", (alla quale gli stessi due ex partigiani appartenevano) che operava
proprio nella zona di Vergemoli. Il Fiaschi (2) parla di una pattuglia del
gruppo esplorante che, in quella data, “attacca una postazione della Compagnia
anticarro della 92° Div. “Buffalo“, 370 Btg. nella zona di Vergemoli senza
riuscire ad eliminarla, subendo alcune perdite.” Secondo Federigi la compagnia
anticarro si ritirò. (3) A parte questi episodi, tuttavia, sostanziale calma
anche al fronte, almeno fino a Natale. C'è ancora vigilanza da parte degli
alpini, che fanno delle puntate nei paesi per controllare che non ci siano
rimasti partigiani.
Il 16, a Poggio, viene
catturato l'Avv.Bertoli Bartolomeo, che era stato, dal settembre 1943 al
febbraio 1944 Commissario Prefettizio del Comune di Camporgiano, ma era
Presidente del C.L.N. comunale. Verrà portato in un campo di concentramento a
Bolzano da cui uscirà il 30 aprile 1945. Malgrado tutto ciò, continuano a
verificarsi episodi che testimoniano una convivenza pacifica quasi incredibile.
Don Turriani di Eglio l'8 dicembre celebra i 25 anni di permanenza nella
parrocchia. Con lui concelebra il cappellano tedesco Richeh. Egli cantò la
messa e "fece un elevato discorso".
Le truppe tedesche e
R.S.I. impegnate sul fronte Garfagnana sono ora un piccolo Corpo d’Armata
autonomo.
Verso la metà del mese la 148ª
Div. tedesca e le truppe italiane cessano la loro dipendenza dal 51ª Corpo da
montagna. Ora costituiscono un piccolo Corpo d'Armata autonomo, adatto ai
luoghi del fronte della Garfagnana. (4) Il Comando fu affidato al Generale
Fretter Pico, la cui invadenza, dice il Cornia, creò qualche dissapore col
generale Carloni, sostenuto dal generale Picker, ufficiale di collegamento. Il
giorno 19, a sera, dice Don Pinagli che giungono i primi bersaglieri della
Divisione ITALIA che, si dice, dovrebbe dare il cambio alla MONTEROSA. In
realtà il cambio avverrà, come vedremo, soltanto a febbraio del 1945, però una
compagnia giunse effettivamente e partecipò alla “Battaglia di Natale” (5)
Il Maresciallo Rodolfo
Graziani visita il fronte
Il 21, inaspettatamente,
giungono in visita al comando del Btg. “INTRA” il Maresciallo d'Italia Rodolfo
Graziani e il Generale Carloni, accompagnati da un corrispondente di guerra. Ci
sono congratulazioni e incoraggiamenti, e anche,al bunker comando della 13ª
çompagnia, due promozioni sul campo: Il Ten.Di Pierro viene nominato capitano e
il S.Ten.Capovilla viene nominato Tenente. Niente viene detto, ma gli alpini
cominciano a subodorare che si stia meditando qualche azione.
L’operazione
“Wintergewitter”
E dopo cinque giorni,
infatti, scatterà l'operazione "Wintergewitter", meglio nota come
"Battaglia di Natale", diretta dal generale Fretter Pico. L'episodio
è molto noto ed è stato narrato con precisione da diversi autori quali il
Cornia, o il Federigi, o Davide Del Giudice cui si rimandano quanti volessero
approfondire. Nella sostanza si trattò di un attacco che scattò alle ore zero
del 26 dicembre sviluppandosi soprattutto nel versante della valle alla
sinistra del Serchio. I Buffalo si ritirarono precipitosamente verso sud
abbandonando armi, munizioni e, particolarmente apprezzati dagli attaccanti,
viveri e generi di conforto, e i soldati del nord il giorno 27, dopo avere
rioccupato Barga e Fornaci, si spinsero fino a Calavorno senza più incontrare
resistenza. Il giorno 28 si ritirarono più o meno sulle posizioni precedenti,
salvo minimi aggiustamenti, che erano quelle che meglio si prestavano alla
difesa. Dalle testimonianze di persone dei luoghi emergono alcuni episodi
abbastanza singolari, che vale la pena di raccontare. Don Turriani, parroco di
Eglio, racconta che il giorno di Natale alle ore 13 i militari che erano in
loco annunciarono che stava per avere inizio un'offensiva e che i civili
(quelli rimasti erano a disposizione per trasporto di merci e feriti) dovevano
tenersi pronti. Anche Mons.Lombardi di Barga racconta che alle ore 7 del 25
seppe da qualcuno (non dice da chi) che i "nordisti" stavano per
scatenare una offensiva. In giornata un ufficiale americano di origine
italiana, tale Sabatino, va da Monsignore a chiedere notizie, ma il prete dice
di non sapere nulla. Più tardi altri negri chiedono del prete ma non lo
trovano. Quindi non riescono a sapere nulla ma il sospetto che c'era in aria
qualcosa dovevano pur averlo. Malgrado ciò non sembra che avessero predisposto
delle difese più consistenti, salvo il fatto che avevano da tempo minato il
ponte superstite di Barga detto di Macchiaia (che, però, dice Mons. Lombardi,
"si dimenticarono di far saltare"). Evidentemente c'era
preoccupazione ma l'intenzione era di non resistere più di tanto (pare che
anche in Versilia i Buffalo fossero pronti a ritirarsi in caso di necessità).
In effetti l'unica resistenza di un qualche rilievo fu a Sommocolonia, dove
combatterono a fianco degli americani anche partigiani italiani. Sommocolonia,
dopo essere stata massicciamente cannoneggiata, fu il primo obiettivo
dell'attacco e fu il primo paese ad essere conquistato dopo un sanguinoso
combattimento (molti morti rimasero insepolti per alcuni giorni). Nelle prime
ore del 26 il Ten. Pier Donato Sommati dei partigiani di Pippo non riesce a
convincere gli americani di Barga increduli che i tedeschi sono a Sommocolonia.
Il Sommati verrà ferito a morte in quella battaglia. Poi gli americani si
rendono conto e cominciano a cannoneggiare a loro volta Sommocolonia. Vi
morirà, ucciso da un tiratore scelto tedesco, il Ten. Fox, osservatore avanzato
del 598° Btg. Art. della 92° Div. “Buffalo”, che stava sul campanile del paese
e che, prima di essere colpito, fece dirigere il fuoco delle artiglierie
americane sul paese di Sommocolonia dove lui stesso si trovava, ma che stava,
ormai, per cadere nelle mani degli attaccanti, già abbondantemente infiltrati
fra le case. Nel 1997 il Presidente U.S.A., Clinton, conferirà alla memoria del
Ten. Fox la “Medal of Honour”, la più alta onorificenza dell’esercito
americano. Ora è Barga sotto il tiro dei cannoni tedeschi. Ma verso sera gli
americani se ne vanno abbandonando tutto. E alle 7,30 del 27 Mons Lombardi vede
i primi tedeschi : "tranquilli, coi fucili in spalla, sembravano pacifici
cacciatori". E trovano anche il tempo di salvare una donna. E’ sempre Mons
Lombardi che racconta di una signora, tale Teresa Rocchiccioli, gravemente
ammalata, che sta per morire. Qualcuno si rivolge ai tedeschi per chiedere
aiuto e i tedeschi fanno pervenire dei farmaci adatti che la salvano. Un altro
episodio singolare e, francamente, poco comprensibile è quello narrato dall’ex
Sergente americano William Wyett, dello stesso Btg del Ten Fox e suo amico:
“..la sera prima dell’attacco, insieme a Gill, incontrammo una pattuglia
tedesca in compagnia di un’anziana signora che abitava nella casa da noi
occupata e che stava recandosi presso l’abitazione dei suoi parenti. Questi
individui erano carichi di munizioni ed erano armati di mitra. Io avevo la
pistola calibro 45 e Gill la carabina. Inizialmente credevamo che fossero
italiani, ma ci accorgemmo che l’uso della lingua italiana era peggiore del
nostro. Capimmo che volevano delle sigarette. Demmo loro tutte le sigarette che
avevamo; ci ringraziarono profusamente e inchinandosi e sorridendo continuarono
per la loro strada passando vicino alla casa dove alcuni dei nostri soldati
stavano giocando a carte. Il mattino seguente, all’inizio dell’attacco, i loro
cannoni e mortai conoscevano già la nostra posizione.” (6) Intanto anche le
truppe italiane hanno disceso la valle incontrando qualche resistenza nella
zona di Vergemoli, che, sul momento, viene aggirato (7) e, come già detto,
occupano tutti i centri della valle fino a Calavorno, vicinissimo a Bagni di
Lucca. Pare che gli americani fossero pronti a ritirarsi fino a Lucca e pare
che considerassero problematica anche la difesa di questa città, ma gli
italo-tedeschi non avevano i mezzi (e non era nelle loro intenzioni) per
proseguire più a lungo. Così il 28 inizia il lento ripiegamento, che avviene
soprattutto di notte per evitare gli attacchi aerei divenuti martellanti. A
Barga alle ore 15 si sa che i tedeschi si ritirano. Nella notte arriva la prima
pattuglia di indiani, chiamati a dar man forte ai Buffalo. L'offensiva è finita
e, nei giorni seguenti, gli americani si riavvicineranno cautamente alle
posizioni che avevano lasciato.
La rabbiosa reazione
dell’aviazione americana
Ho accennato ai fortissimi
attacchi aerei portati dai famigerati Thunderbolt, caccia-bombardieri
americani. Chi ne patì soprattutto furono, come al solito, le popolazioni. Già
il 22 dicembre Don Pinagli da notizia di due attacchi aerei subiti da Filicaia,
dove moriranno due uomini (Boni Carlo che morirà sul colpo e Grilli Alberto che,
trasportato all’Ospedale Militare di Camporgiano, morirà il giorno dopo), e Don
Ferrari di Poggio parla di un attacco nello stesso giorno e nei giorni
successivi, Natale compreso, finchè "tutto l'abitato è un rogo
ardente" e "cessa la vita paesana". Il paese è abbandonato. Si
dice messa nella chiesina di San Biagio, fuori dal paese. E altri attacchi
subirono Camporgiano, Piazza al Serchio e un po' tutti i centri della valle.
(8) A Nicciano rimangono uccise una madre: Bertei Vittoria e il figlio Virgilio,
di 8 anni. Bombe anche a Sassi che, complessivamente conta 7 morti. Il 26
ancora attacchi a Filicaia e Poggio. A Villetta una bomba centra una casa ove
era sistemata la cucina degli alpini. Muoiono 8 alpini e due civili: Mattei
Giovanni di anni 24 e Ida Valdrighi. Finché il 30, insieme ad altri centri,
viene preso di mira particolarmente Camporgiano dove viene centrato e distrutto
l'Ospedale Militare, con varie vittime. E l'O.M. verrà trasferito a Nicciano,
ove rimarrà fino alla fine. Anche i paesi che erano già stati occupati dagli
americani e dai quali gli americani si erano ritirati per l'offensiva di
Natale, come Gallicano, Vergemoli e altri, furono devastati dalle bombe
americane. Chi era in Garfagnana in quei giorni li ricorda con terrore. I
paesi, devastati dalle bombe, erano deserti. La gente era fuggita nei centri
minori di montagna e si era sistemata in "metati", baracche e altri
ripari estremamente precari, soprattutto per l'inverno che fu molto nevoso e
particolarmente freddo. Qualcuno aveva trovato riparo nelle gallerie della
ferrovia (alcune occupate anche dai soldati) entro le quali aveva costruito
precarie baracche. E qui si viveva quasi come trogloditi. Ci si riscaldava
bruciando le traversine della ferrovia che, essendo impregnate di catrame
sviluppavano un fumo denso e oleoso che rendeva le mani, i volti, le vesti
lucide e nere, per cui c'era difficoltà perfino a riconoscersi. E l'acqua per
lavarsi era poca, e occorreva andarla ad attingere fuori dalla galleria, dove
il rischio di bombardamenti e mitragliamenti era continuo. E, tuttavia, nei
paesi a ridosso del fronte si continuò a vivere malgrado i cannoneggiamenti
pressoché ininterrotti che, inevitabilmente, causavano delle vittime.
Testimonianze di estremo interesse ci giungono ancora dal diario di Padre
D’Amato del Collegio di Migliano. Nel collegio funzionava una infermeria
militare tedesca nella quale operavano il Capitano Klink, il Sergente Ivens ,
l’autista Francesco e il turkestano Hasan (“vale tanto oro quanto pesa”),
definiti “ottimi amici” (Francesco manderà un cero, dopo essere rientrato in
Germania a guerra finita, per ringraziare la Madonna che lo aveva protetto). E
intorno al Natale c’è anche una sorpresa: fra i tedeschi c’è un sacerdote che
aveva fatto la Pontificia Università Gregoriana con Padre Ceccaglia. Il mondo è
proprio piccolo. Padre D’Amato, stante la presenza dell’infermeria, è in grado
di tenere una aggiornata contabilità dei morti e dei feriti. Il 9 novembre si
era registrata, in loc.Sarzali la morte di un bimbo di Treppignana, Pierluigi
Bernardi, probabilmente a causa di una granata. Fra il 3 e il 6 dicembre si
hanno alcuni morti civili per l’esplosione di mine. Pare che la gente dei
luoghi fosse usa passare le linee sia in un senso che nell’altro per mantenere
i contatti con parenti o per procurarsi generi alimentari. Ma i campi minati
erano difficili da attraversare indenni. E i padri del convento sono quelli che
vanno, rischiando la vita, per soccorrere i feriti e raccogliere i morti. Nel
registro degli atti di morte del comune di Fosciandora risultano morti, in data
3 dicembre, in località Bechelli, Tognocchi Radamisto di anni 59 da Molazzana,
Tognocchi Edoardo di anni 47 pure da Molazzana, Marinai Antonio di anni 34 e
Mozzanti Renato, entrambi da Pisa. I primi due risultano morti “per mitraglia”
e gli altri due “per mine”. E il 30 dicembre per un bombardamento e
mitragliamento aereo in loc. Tineggiori muore una bimba piccola, Cassettari
Ada, di Carlo e di Regoli Silvia uccisa da una scheggia passata attraverso il braccio
della mamma che la sosteneva. Sono stati, sicuramente, i mesi più terribili
della vita di chi li ha vissuti.
La scomparsa del Geom.
Novarina
Il 7 dicembre una pattuglia tedesca arriva ad Orzaglia, nel comune di San Romano. Qui, nella casa Bertieri, presso la quale il Geom. Novarina e la sua famiglia erano sfollati, egli viene arrestato e portato via. Di lui non si avranno più notizie. (9)
NOTE:
(1) Nell’elenco
dei caduti della Div.Monterosa figura anche Previtali Marino, caduto quel
giorno in quel luogo. Era forse uno dei sei?
(2) Cesare Fiaschi, La guerra sulla Linea Gotica
occidentale, Ed. Lo Scarabeo, Bologna 1999, pag. 82.
(3) Fabrizio
Federigi, Val di Serchio e Versilia. Linea Gotica, cit.,Si tratta di un
attacco sferrato improvvisamente il 4 dicembre. Sono in corso ricerche per
identificare gli altri caduti.
(4) Ibid.
(5) Davide Del
Giudice e Riccardo Mori LA LINEA GOTICA TRA LA GARFAGNANA E MASSA CARRARA,
cit., pag. 10.
(6) Ibid.
pag. 62
(7) Successivamente,
però, anche Vergemoli cadde, tanto è vero che in un riassunto degli eventi di
quel giorno redatto dal Quartier Generale 37° Fanteria – A.P.O92 –U.S.Army (In
Oscar Guidi, DOCUMENTI DI GUERRA, cit., pag.36) si dice, fra l’altro che
il giorno 27 dicembre: “Alle 12,43 i nostri bombardieri attaccarono
Sommocolonia; alle 13,59 Barga; alle 15,20 Vergemoli…”
Nella
zona di Vergemoli operò il Gruppo “Cadelo” che, dopo averlo aggirato, proseguì
fino a Fornovolasco e Trassilico.
(8)
A
testimoniare la ferocia di quegli attacchi vale la pena di citare il
bombardamento di Pieve Fosciana e Pontecosi del 28 dicembre. A Pieve persero la
vita solo due persone: Turriani Carla di anni 18 e Giovannini Eletta di anni 69
ma a Pontecosi, piccola frazione del comune, morirono 11 persone. Di queste ben
8 appartenevano alla stessa famiglia che fu distrutta. Erano Guidi Raimondo
detto anche Giulio, di 38 anni, i figli Michele di 10 anni, Francesco di
9,Maria Grazia di 3, Pietro di 1, le zie Maria Angelina Genoveffa di anni 76
(suora), Eufemia di anni 68, la madre Bertucci Diomira di 62 anni. Sopravvisse
solo la moglie di Raimondo, Ceccardi Giovanna, rimasta drammaticamente sola.
Morirono, inoltre : Tovani Amerisa di anni 55, Favali Guglielmo di anni 42 e
Bonini Cleofe di anni 79. E anche quello di Cascio, avvenuto nella stessa data,
che portò la morte a ben 11 persone della stessa famiglia. Erano: Prontelli
Anselmo del 1897, Valdrighi Massimina del 1906 (forse la moglie),i figli Aurora
del 1938, Davide del 1930, Gisella del 1934,Loredano del 1942, Sandro del 1936,
Varno del 1929, Prontelli Giuseppe del 1906, fratello di Anselmo, con i figli
Carla del 1936 e Nada del 1942.
(9)
Prof. Dino Magistrelli La cementeria di Colognola di Piazza al
Serchio – Aspetti storici ed economico-sociali