Indice della sezione:
1) On. Mirko Tremaglia: La morte di Arciero.
2) Livio Pedri procura le armi alla banda di Borsigliana
3) Il giudizio dei preti garfagnini
5) L'uccisione di Silvio Santarini (rievocata dalla figlia Sandra)
6)La mia guerra di Giovanni Greppi
Testimonianza dell’allora Ten. Della Divisione
“Italia” Mirko Tremaglia.
Era il 23 febbraio 1945 e mi trovavo, quale ufficiale della Divisione “ITALIA” nei pressi del paese di Sassi (Molazzana), sul fronte della Garfagnana. Stavamo subendo un violento bombardamento ad opera dei mortai americani.
Ad un tratto
un giovane bersagliere di nome ANTONIO ARCIERO fu colpito in pieno da una bomba
di mortaio, che lo ridusse in fin di vita. Ma, mentre cadeva, ebbe la forza di
gridare con forza : “VIVA L’ITALIA”. Dopo di che si abbattè esanime.
Non era,
però, ancora morto, per cui fu
trasportato di urgenza all’infermeria che si trovava a Torrite (Castelnuovo
Garfagnana).
Ma tutto fu
inutile. Le ferite erano di una gravità tale che lo portarono a morte nella
stessa giornata.
Era nato il
25 luglio 1925. Non aveva ancora compiuto i venti anni.
(On.
Mirko Tremaglia)
(TESTIMONIANZA RESA DAL MAESTRO PEDRI ALL'AUTORE DI QUESTO SITO)
Verso la metà del mese di maggio del 1944 il maestro Livio
Pedri riuscì, con la complicità del maresciallo dei carabinieri di Piazza al
Serchio, a recuperare le armi paracadutate verso il 3 maggio e intercettate
dalla G.N.R.
Egli, appartenente
alla banda partigiana di Borsigliana, mi ha narrato l'episodio in questi termini:
Il gruppo di giovani che poi costituirà la banda di Borsigliana, in origine
aveva deciso di andare sui monti di Bagni di Lucca per unirsi alla banda
partigiana del lucchese Manrico Ducceschi (Pippo). Ma, strada facendo,
incapparono in un rastrellamento in atto che li costrinse a tornare indietro. A
quel punto decisero di costituire una propria banda. E il primo problema che si
pose fu quello
3) Il
giudizio dei preti garfagnini
I preti garfagnini svolsero, durante il periodo della
guerra, la importante funzione di rappresentanti della comunità paesana e
mantennero, salvo rarissime eccezioni, un atteggiamento di equidistanza e di
distacco. Tuttavia, nelle relazioni che scrissero su richiesta del Vescovo, non
mancarono di esprimere giudizi sui partigiani. Tali giudizi, anche perché
coincidenti con quelli della maggior parte della gente, meritano di essere conosciuti
Qualche esempio:
A Villetta (San Romano) il 25 novembre 1944 accadde che
i partigiani riuscirono a rubare delle
scarpe e due muli a un reparto di guastatori tedeschi giunto il 23. I tedeschi,
naturalmente, reagirono duramente e minacciarono rappresaglie. La cosa, poi,
finì senza danni per l’intervento dei nostri alpini, ma il prete, Don Giannasi,
nel narrare l’episodio definisce i partigiani
"sempre pronti, con le loro prodezze, a procurare disturbi e danni
alle popolazioni"
E’ interessante
anche il duro ma obiettivo giudizio che il parroco di Gorfigliano, Don Vincenti
(che, pure, sarà presidente del C.L.N. comunale) dà dei partigiani del luogo:
“I mesi di settembre, ottobre, novembre (del 1944) furono per noi mesi di
continuo pericolo di distruzione, di eccidio generale a causa delle formazioni
partigiane e dei nazi-fascisti. I primi, quali soldati di ventura, con grande
leggerezza ne commettevano di cotte e di crude, spogliando o mettendo taglie
fortissime agli aderenti alla repubblica di Salò, predando il bestiame e
terrorizzando col mitra, bombe a mano, chiunque non accondiscendesse ai loro
desideri. Anche sul macinato era stato fatto un tasso del 20%. La vita dei
cittadini era nelle loro mani e bastava un semplice sospetto per passare brutti
quarti d’ora. Protetti ed aiutati assai dal maggiore inglese Oldham, soggetto
capitato per poter aiutare i suoi connazionali, era senza troppi scrupoli; con
grande facilità, senza alcuna legge di legalità, firmava atti di morte e
lasciava firmata in bianco carta bianca, al capriccio di queste bande. Esempio
ne sia l’esecuzione capitale, compiuta a Roggio di Garfagnana di tre persone:
Casotti Marino di Alessio,Albano Paladini di Giovanni e Deltaglia Alfredo.
Questi tre disgraziati con un giudizio molto sommario, perché sospetti, senza
nessuna prova, pagarono con la loro vita il 13 ottobre, negando loro il
conforto religioso, vittime di incoscienza patria e di prepotenze da parte dei
loro esecutori. Al maggiore inglese importava poco un italiano di più o di
meno…”
La seguente testimonianza, invece, è di Padre
D’Amato, del collegio di Migliano (Fosciandora). La sera della domenica 8
aprile un partigiano ferisce un soldato tedesco. E Padre D’Amato commenta:
“LUI, il partigiano, si è dato prudentemente e velocissimamente alla macchia;
NOI, poveri civili ed inermi, rimaniamo col cuore sospeso ad attendere le
possibili rappresaglie della rabbia tedesca!! Ma per fortuna, e non per la
prudenza dei nostri fratelli nascosti nelle macchie, proprio nella serata il
Btg. parte per le retrovie.”
Vale la pena di riportare anche il giudizio ironico che lo
stesso padre D’Amato da degli americani della Divisione “Buffalo”. Essi
arrivano con calma ed esagerata prudenza solo il giorno dopo che i tedeschi se
ne erano andati. E padre D’Amato: “..questi coraggiosi e audaci Neri, che son
buoni solo a mangiare e bere e…fuggire, fumare e vomitar cannonate fra una
sigaretta e l’altra, quasi per sport; che hanno una fifa indicibile per i
tedeschi, che per farli avanzare di quattro passi ci son voluti sette mesi; che
abbiam dovuto andare a pregarli di venire avanti, sventolando dal Colle
(località più prossima al fronte) un lenzuolo bianco, perché ormai non c’era
più nemmeno l’ombra del nemico; che entrarono nel Collegio con i mitra
spianati, pronti a fuggire a gambe levate se avessero trovato anche un solo
tedesco imbelle..questi, i gloriosi nostri liberatori, che finalmente giunsero
nella mattinata del 20 aprile tra la paura e la fifa!”
Il giorno 20 aprile si verifica la feroce uccisione di un
S.Ten della Monterosa, Manfrini Carlo di Ferrara. Catturato a Magliano (pare
inseguisse un soldato fuggito con la cassa del reparto) viene condotto a
Sillano dai partigiani emiliani comandati da un certo Brenno. Il prete
interviene per salvargli la vita. Non ha più senso, ormai, uccidere. Pare
trovare ascolto ma, poi, questi "aguzzini assetati di sangue e di
vendetta" (così li definisce Don Mario Baisi, attuale prete di Sillano e
allora, giovane seminarista nipote del prete dell'epoca.) lo seviziano e lo
uccidono. Verrà sepolto a Sillano e "per 30 anni la sua tomba avrà sempre
dei fiori".
(4) Gli alpini e i capretti (1)
TESTIMONIANZA DI MARIO PELLEGRINETTI)
Mi trovavo sfollato a Minucciano quando
avvenne la ritirata delle truppe italo-tedesche dal fronte della Garfagnana. Il
giorno 21 aprile giunse in paese un reparto del Battaglione “Intra” della
Divisione Monterosa. Proveniva da Gorfigliano dove aveva sostato due giorni. Lo
comandava il Capitano Appoggi. Era l'ultima retroguardia. Appena giunti in
paese, era di mattina, acquistarono dei capretti da pastori del luogo e si
accinsero a cucinarli. Ma verso l'ora di pranzo in località "Foce",
sovrastante il paese a circa un chilometro di distanza , comparvero i soldati
neri della divisione americana "Buffalo". Essi, però, non
manifestavano intenzioni aggressive. Se ne stavano lassù occhieggiando con i
binocoli e non si muovevano. E anche gli alpini dell’ "Intra" non si
scomposero: si misero a tavola e si divorarono i loro capretti ormai pronti.
Poi, con tutta calma, presero la via per Pieve San Lorenzo e se ne
andarono. La gente aspettava di vedere scendere i negri e qualcuno salì
alla "Foce" a curiosare. I negri distribuirono chewin-gum e
cioccolate, ma jn paese scesero soltanto la mattina dopo.