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Il profilo strutturale della manovra di bilancioda www.margheritaonline.it
a cura di Simona Genovese, Antonio Giancane, Iole Tammaro 1. Le incertezze della finanziaria La discussione in Parlamento del disegno di legge finanziaria 2002 avviene in un quadro politico ed economico condizionato, per un verso, dal dibattito innescato dal Governo Berlusconi sul supposto "buco" ereditato dalle gestioni finanziarie dell'Ulivo (il presunto extra deficit del Governo Amato). Peraltro, il contenuto e il profilo strutturale della manovra finanziaria sono stati necessariamente giudicati anche alla luce della nuova congiuntura economica internazionale seguita ai drammatici avvenimenti dell'11 settembre 2001. La questione del supposto "buco" di bilancio, anche invocata dal Ministro Tremonti per giustificare la modesta portata di una manovra finanziaria a basso contenuto strutturale e di limitato potenziale espansivo, si è in larga misura ridimensionata. Viceversa, il forte indebolimento del ciclo originato dallo choc terroristico mondiale e dall'inizio della guerra in Afghanistan è tale da rendere molto incerte le prospettive di breve periodo. Le temute ripercussioni della crisi internazionale in atto sull'evoluzione dell'economia mondiale sono un prolungato ristagno della crescita, il peggioramento dei bilanci pubblici, la diminuzione dei consumi e la contrazione degli investimenti. Nell’Unione europea, inoltre, il rallentamento della crescita del PIL si era già sensibilmente manifestato nel secondo trimestre del 2001, ben prima dell'inizio della crisi. Né la leva della politica monetaria - pure largamente utilizzata in passato - appare al momento sufficiente, tanto negli USA quanto in Europa, a scongiurare i rischi di recessione. Ad assumere un ruolo primario nel governo della congiuntura è oggi, più che mai, lo strumento delle politiche di bilancio. La stessa politica di bilancio americana ha già mutato indirizzo: per il 2002 sono stati varati, o sono allo studio, interventi di incentivo e sostegno all'economia nell'ordine di due punti percentuali del prodotto interno lordo. D'altronde, questa rapida "iniezione" di politiche espansive, che gli USA possono consentirsi grazie al rilevante surplus di bilancio accumulato nell’ultimo decennio, ben difficilmente potrebbe essere sperimentata in Europa, dove è forte il richiamo ai vincoli imposti dal Patto di stabilità. Il dibattito si è dunque concentrato sull'opportunità di un allentamento di tali vincoli, anche in considerazione del fatto che la Francia, la Germania e l'Italia già oggi non appaiono nella condizione di rispettarli. La crisi economica e i rischi di disoccupazione fanno ora riscoprire, nel dibattito che si svolge di qua e di là dell’Atlantico, il ruolo propulsivo della spesa pubblica in chiave anticiclica. La questione è se il calo dell’inflazione su scala europea e i rischi di recessione possano stimolare strategie comuni di sviluppo, eventualmente in deroga a quel Patto di stabilità che vincola i disavanzi finanziari e non i disavanzi occupazionali. Una possibilità alternativa è che gli obiettivi di indebitamento vengano riconsiderati al netto delle spese addizionali per il sostegno all’occupazione e il rilancio delle infrastrutture. L’altra idea, più liberista, è quella di operare un forte sgravio fiscale sui consumi (come la sospensione per sei mesi dell’IVA) concordato in sede europea. Di sicuro, venuti meno i tradizionali strumenti della svalutazione, della fluttuazione dei tassi di interesse e delle politiche del debito, l'Italia è oggi chiamata a rendere più competitivo il suo sistema economico mediante riforme di carattere strutturale che, nella manovra finanziaria per il 2002, al momento non sembrano trovar posto. Così, rimangono tuttora a rischio i progressi conseguiti nell’ultima legislatura. In particolare:
Sono tali fattori di sviluppo ad aver consentito al nostro paese di partecipare alla terza fase dell'Unione monetaria sin dal suo avvio. In presenza di una fase congiunturale negativa e con un equilibrio finanziario non completamente consolidato, ci si poteva aspettare che il governo scegliesse tra due possibili manovre economiche per il 2002. Una possibile linea era rappresentata dalla prosecuzione del percorso virtuoso di risanamento avviato dalle riforme del centrosinistra. Tale linea ha assicurato il riequilibrio finanziario, senza tuttavia deprimere l’economia con scelte eccessivamente restrittive, secondo un mix vincente di rigore e sviluppo che ha dato buoni frutti sul piano occupazionale. A favorire questa scelta sarebbe stata anche la possibilità di ridurre, sia pur gradualmente, la pressione fiscale. L’altra opzione disponibile, in coerenza con una linea realmente di destra, era quella del rigore economico di stampo thatcheriano, da perseguire attraverso uno stimolo alla piena liberalizzazione del sistema economico. Di fatto, il governo non ha seguito né l’una né l’altra strada. La finanziaria 2002 risulta un insieme di misure senza molta coerenza interna. La prima finanziaria dopo il referendum costituzionale confermativo della riforma federale non offre nessun concreto segnale per l'avvio di un federalismo delle autonomie locali. Al contrario, le risorse decrescono, la compartecipazione alle entrate svanisce, gli ambiti di autogoverno deperiscono. Dall’analisi degli interventi risultano infatti chiare:
I primi segnali della politica del governo sono apparsi improntati ad un indirizzo centralizzatore, che mal si concilia con le dichiarazioni di fede federalista. La legge finanziaria, ad esempio, avrebbe costituito l'occasione per incidere su un punto molto delicato nella politica finanziaria nel nostro paese: stabilire, anche per le regioni, regole compatibili con gli obiettivi di finanza pubblica e con il Patto di stabilità e crescita, senza sottostimare il livello della spesa sanitaria e senza tornare indietro rispetto alla riforma federale dello Stato, sancita dal recente referendum confermativo. Questa occasione non sembra essere stata colta da un governo che ritiene, contro ogni evidenza, di avere compiuto una svolta federalista. Proprio sulla finanziaria e sul decreto-legge in materia sanitaria, infatti, si sono direttamente fronteggiate due diverse e contrapposte concezioni in tema di federalismo. Da un lato, la riforma federalista realizzata nella precedente legislatura, ispirata ad un federalismo solidale, di tipo europeo, che decentra funzioni ed ambiti di governo nel quadro di un’ampia riforma istituzionale e finanziaria e nel rispetto del principio della sussidiarietà. Dall’altro lato, si continua a proporre una confusa devolution di poteri e funzioni, i cui esiti potrebbero essere due: il rafforzamento egoistico delle regioni ricche; la progressiva differenziazione per quantità e qualità nei servizi sociali essenziali tra le diverse aree del paese. Questo federalismo delle diseguaglianze è particolarmente evidente nella legge finanziaria 2002. In controtendenza rispetto all'orientamento - consolidato negli ultimi anni - verso un incisivo e definito ambito di responsabilità per le funzioni e le competenze trasferite dallo Stato agli enti locali, la legge finanziaria recupera un taglio centralista ed impositivo da tempo abbandonato. Gli articoli sugli enti locali configurano per i comuni il rischio di trovarsi schiacciati tra due centralismi: quello statale e il neo-centralismo regionale. Con la prospettiva di trasformare i comuni in gabellieri per conto dell’uno e dell’altro. I primi a pagare questa impostazione della finanziaria saranno i cittadini, che pagheranno più tasse decise dal centro ma applicate dai comuni, avendo certamente meno servizi. Il positivo esito del referendum indica invece un’altra strada. Gli elettori hanno scelto di continuare a costruire un Paese solidale, tollerante e unito e - nonostante gli appelli all'astensione di alcuni esponenti del governo - hanno risposto indicando una chiara direzione di marcia.
3. La manovra dichiarata e quella effettiva Il governo prevede un livello di indebitamento netto per l'anno 2001 nell'ordine di 27.000 miliardi di lire (1,1 per cento del PIL), più o meno in linea con le previsioni del precedente governo Amato. Questo consente di rivedere positivamente le previsioni tendenziali per l'anno 2002. Infatti, la manovra correttiva attuata con la legge finanziaria 2002 prevede interventi di rilancio per l'economia per 18.448 miliardi di lire, al lordo di effetti indotti per 2.777 miliardi di entrate fiscali, nell'ambito di un intervento complessivo per 33.200 miliardi di lire, di cui 15.000 rivenienti da alienazioni immobiliari. L'avanzo primario programmatico dovrebbe attestarsi a 131.800 miliardi di lire (5,3 per cento del PIL), la spesa per interessi scendere al 5,8 per cento del PIL (144.500 miliardi di lire) e l'indebitamento netto collocarsi allo 0,5 per cento del PIL, in linea con quanto stabilito nel patto di stabilità. Questo quadro delineato dal Governo con la manovra di aggiustamento è risultato in larga misura discordante con lo scenario risultante dalle audizioni svolte al Senato. Il governatore della Banca d'Italia ha spiegato che la manovra correttiva per il 2002 risulta soltanto di 17.600 miliardi di lire, pari allo 0,7% del PIL. Ha rincarato la dose la Corte dei Conti, per la quale nel 2002 sarebbe sufficiente "una manovra correttiva con effetti netti di dimensioni assai inferiori a quelle esposte dal governo nella legge Finanziaria". L’ipotesi della magistratura contabile è di un possibile miglioramento dello scenario macroeconomico, con il quale si potrebbe ugualmente raggiungere un rapporto indebitamento/pil allo 0,5% per il prossimo anno, con un minore sforzo sui conti. Insomma, la denuncia del presunto extradeficit e la polemica sul "buco" di bilancio si è palesemente dimostrata infondata. Ma qual è la reale entità della manovra? Secondo i calcoli del gruppo Margherita, l’intervento "effettivo" nel triennio raggiunge solo i 38.824 miliardi, pari al 42,5% della manovra annunciata, che avrebbe dovuto essere di circa 90.000 miliardi nel triennio. Un divario clamoroso, che richiede una spiegazione. In particolare, la manovra per il 2002 consente di realizzare per il prossimo anno 17.259 miliardi di risparmi su spese ed entrate del settore pubblico (tabella 1). Come criterio prudenziale, nel calcolo non è stato considerato il risparmio derivante dalla sospensione delle misure sulla curva IRPEF disposte dal precedente governo. Le misure infatti sono state soltanto sospese per il 2002, ed il governo ha annunciato la presentazione di un apposito disegno di legge delega in materia tributaria, mirante a ridurre la pressione fiscale, che presumibilmente utilizzerà a copertura anche gli sgravi disposti con la legge finanziaria 2001.
Fonte dei dati: Elaborazioni su dati Tesoro Questa considerazione porta a concludere che l’incidenza effettiva dell’intervento nel triennio appare piuttosto modesta, nell’ordine di un punto e mezzo di Pil. Questo intervento moderatamente restrittivo non dovrebbe avere conseguenze di rilievo sui principali aggregati economici. La manovra, come si vede dalla tabella 2 nella pagina seguente, si compone di due parti: l’una riferibile all’intervento correttivo, prossimo a 90.000 miliardi nel triennio ed a 102.000 miliardi al lordo degli effetti indotti sul piano fiscale dalle misure adottate; l’altra riferibile agli interventi contenuti nella legge finanziaria, che produrranno maggiore spesa a politiche invariate, pari nel 2002 a 18.345 miliardi, e nel triennio a 76.809 miliardi. Questo determina anche, in prospettiva, la necessità di ulteriori interventi correttivi per oltre 12.000 miliardi, da effettuare nel 2003 e 2004, onde evitare addirittura un aumento del disavanzo nel 2004.
Fonte dei dati: Elaborazioni su dati Tesoro
4. Composizione dell’intervento La composizione della manovra finanziaria (tabella 3) rispecchia nella sostanza quanto previsto dal DPEF 2002-2004. Si può notare una significativa prevalenza degli interventi sulle entrate, pari al 73,9% del totale, rispetto alle misure sulla spesa, pari al 26,1%. Rispetto alle manovre della seconda metà degli anni novanta, si tratta indubbiamente dell’intervento maggiormente sbilanciato, oltretutto se si considera la forte incidenza, nell’ambito della legge finanziaria, di nuove spese aggiuntive.
Fonte dei dati: Elaborazioni su dati Tesoro (°) La manovra finanziaria del Governo Amato 2001 - definita "a saldo zero" - era di tipo meramente redistributivo, non avendo obiettivi di bilancio. Il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, non certo sospettabile di astio antigovernativo, ha dichiarato che la manovra "contiene provvedimenti più temporanei che strutturali". In effetti, ad un più attento esame (tabella 4) l’analisi strutturale degli interventi rivela alcuni elementi di interesse. Gli interventi mostrano infatti un modesto grado "strutturale", cioè una limitata capacità di incidere a lungo termine sugli equilibri della spesa e delle entrate pubbliche. Le misure temporalmente limitate sono prossime al 70% del totale dell’intervento, più di 23.000 miliardi. La percentuale di interventi una tantum previsti nella finanziaria 2002 (tra le quali cartolarizzazione, sommerso, rivalutazione beni, rientro dei capitali) appare sensibilmente superiore rispetto alle percentuali contenute nelle manovre degli anni passati. Si supera anche la percentuale piuttosto elevata delle manovre del 1995 (primo governo Berlusconi) e 1997 (governo Prodi) quando però furono adottate misure straordinarie, come l’Eurotassa (12.500 miliardi di entrate), senza le quali la percentuale di interventi una tantum era a livelli fisiologici, pari al 26 per cento circa.
Fonte dei dati: Elaborazioni su dati Tesoro (°) La manovra finanziaria del Governo Amato 2001 - definita "a saldo zero" - era di tipo meramente redistributivo, non avendo obiettivi di bilancio. Interessante è anche la valutazione dell’impatto "effettivo" della manovra varata dal governo sui principali aggregati dell'economia (pubblica amministrazione, famiglie e imprese). Abbiamo considerato (tabella 5) gli effetti degli interventi per il prossimo triennio, valutati complessivamente sulla base della manovra triennale: i benefici netti - cioè i risparmi - per il bilancio delle pubbliche amministrazioni sono risultati stimati in 24.230 miliardi nel triennio. La manovra finanziaria e fiscale nel triennio comporta dunque conseguenze redistributive, da valutare attentamente. Le imprese registrano un saldo negativo superiore a 24.000 miliardi, imputabili prevalentemente agli interventi sulle entrate e soprattutto alla cartolarizzazione degli immobili. Tale valore trova tuttavia compensazione in altri interventi collaterali alla manovra, come gli interventi per il rilancio dell’economia, e nell’aumento dell’attivo patrimoniale derivante dall’acquisizione degli immobili di proprietà pubblica. Le famiglie si giovano della lieve diminuzione della pressione fiscale e dell’aumento delle spese sociali e delle spese per retribuzioni della P.A., ma pagano i tagli alla spesa per trasferimenti e la riduzione della spesa pubblica. Così il miglioramento dei conti dell’aggregato famiglie risulta alla fine modesto, valutabile in appena 510 miliardi nel triennio.
In totale sono circa 6.300 i miliardi stanziati per i provvedimenti effettivamente "sociali", quali l'aumento delle pensioni minime e delle detrazioni per i figli a carico. Ma malgrado quanto demagogicamente annunciato, gli aumenti delle pensioni si riferiscono ad una platea di interessati ancora tutta da definire, stante l'esiguità del supporto finanziario, mentre sul piano fiscale non risulta di fatto nessuna diminuzione della pressione fiscale. Il Governo si attribuisce anche il merito dell'aumento degli assegni familiari, aumento che del resto, sia pure in misura minore, era già previsto dalla finanziaria 2001. Ma questo stesso aumento è di fatto finanziato con il congelamento della riduzione delle aliquote IRPEF varata dal centro-sinistra. In sostanza, viene cancellato il vantaggio fiscale già ottenuto per le famiglie.
5. Principali contenuti del disegno di legge La legge finanziaria per il 2002 prevede una manovra da 33 mila miliardi di lire per mantenere il deficit 2002 entro lo 0,5% del Pil. Il corpo "sociale" della manovra, corrispondente a circa 6.300 miliardi di lire, è costituito essenzialmente dalla disciplina delle detrazioni Irpef per le famiglie (art 2) e dalle norme sull'aumento delle pensioni minime (art. 26). Per la loro rilevanza, tali misure sono esaminate di seguito, più estesamente. Sul complesso delle norme contenute nella legge finanziaria è attentamente intervenuto anche il Servizio di Bilancio del Senato, che - nel "radiografare" il contenuto finanziario effettivo delle norme - ha dovuto più volte richiedere chiarimenti ai tecnici del Ministero dell'economia, sospettando una sottostima delle perdite di gettito e la possibile evanescenza delle attese maggiori entrate. Rivalutazione dei beni d'impresa (art. 3) Nel mirino dei tecnici del Senato è finita, anzitutto, la norma sulla rivalutazione dei beni d'impresa, che prevede che la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni (L.342/2000) possa essere eseguita anche con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2000, nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo, per il quale il termine di approvazione scada successivamente alla data di entrata in vigore della legge finanziaria. Appare alquanto "sottovalutata" - scrivono i tecnici del bilancio - la stima delle maggiori quote di ammortamento deducibili. Il che si tradurrebbe in una "sottostima" della perdita di gettito Irpef, Irpeg e Irap. "Sottostimata" anche la perdita di gettito per minori plusvalenze imponibili. Inoltre, la relazione tecnica, osserva il Servizio, "non accenna agli effetti negativi sul gettito che si proiettano oltre il triennio 2002-2004 quando verrà meno l'effetto positivo dell'imposta sostitutiva mentre continua a verificarsi la perdita di gettito per effetto degli ammortamenti deducibili e delle minori plusvalenze imponibili". La nuova rivalutazione, rispetto a quelle di cui alla L. 342/2000, stabilisce che il maggior valore attribuito alla rivalutazione si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione viene eseguita. L’art. 12, comma 3, della legge 342/2000, prevedeva invece che il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione avesse effetto a partire dall’esercizio nel cui bilancio la rivalutazione veniva eseguita. Questo significa che per i soggetti che utilizzeranno le nuove disposizioni i maggiori ammortamenti potranno essere calcolati soltanto a partire dal secondo esercizio successivo a quello chiuso al 31 dicembre 2001 Rideterminazione dei valori di acquisto relativamente di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentari e dei terreni edificabili (artt. 4 e 5) Gli articoli 4 e 5, prevedono delle rideterminazioni dei valori di acquisto relativamente di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentari (art.4), e dei terreni edificabili (art. 5). Si prevede, ai fini della tassazione delle plusvalenze, il pagamento di un’imposta sostitutiva, commisurata al valore delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentari o relativamente ai terreni edificabili, posseduti al 1° gennaio 2002. L’imposta, da versare il 30 settembre 2002, sarà determinata sulla base di una percentuale pari al 4% del valore delle partecipazioni qualificate e al 2% del valore delle altre partecipazioni. L’imposta sostitutiva potrà essere anche rateizzata, fino ad un massimo di tre rate annuali, con un tasso di interesse pari al 3% annuo a partire dalla seconda rata. La relazione tecnica calcola, per l’art. 4, in 6740 miliardi l’incremento di gettito per il 2002 ed una perdita di gettito di 301 miliardi annui per il 2003 e 2004, per l’art. 5 un incremento di gettito per il 2002 di 525 miliardi e una perdita di gettito di 153 miliardi annui per il 2003 e il 2004. Come avvenuto altre volte in passato, la Finanziaria, interviene sulle regole fiscali destinate ad incidere sul mondo dell’edilizia. Si tratta:
La proroga è brevissima (al 30 giugno 2002) e c’è da interrogarsi sull’opportunità di un termine così ridotto, visto che i lavori edili per loro natura sono a lunga gittata. La previsione dunque sembra rivolta più a qualche ritardatario che a nuove operazioni di ristrutturazione. La novità è invece rappresentata dall’estensione dell’ambito dell’agevolazione al caso dell’impresa che ristruttura e poi aliena l’immobile entro il 30 giugno 2002: in questo caso sarà l’acquirente che disporrà del 36% di benefici. La percentuale sarà calcolata sul valore degli interventi eseguiti, ma fino al limite del 25% del prezzo dell’unità immobiliare quale risultante dall’atto pubblico di compravendita. L’art. 8 cancella uno dei balzelli più odiati dai commercianti: l’imposta di pubblicità sulle insegne. L’agevolazione interessa pure l’editoria, perché sono state esentate le insegne dei giornali esposte sulle edicole. Le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici (art. 9) Al comma 1 e 2 vengono determinati gli oneri annui a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva e integrativa secondo i seguenti criteri: un incremento pari al tasso di inflazione programmata(+1,7% per il 2002, +1,3% per il 2003); un ulteriore incremento dello 0,5% per ciascuno degli anni 2002, 2003 da destinare alla contrattazione integrativa. E’ di 5386 miliardi la spesa prevista dal Governo per il pubblico impiego. I sindacati hanno dichiarato che si tratta di risorse assolutamente insufficienti. Il timore è che a risentirne negativamente saranno il potere d'acquisto, e quindi i consumi delle famiglie, sia la contrattazione decentrata, e quindi la qualità dei servizi resi ai cittadini. Per i sindacati resta scoperto il differenziale tra l'inflazione programmata e quella reale del biennio 2000-2001 (2,2% circa) e non ci sono i fondi per premiare produttività e professionalità dei dipendenti pubblici. Ulteriori fondi vengono stanziati per la scuola, per le Forze dell’ordine, per il personale della carriera diplomatica e prefettizia per un totale di risorse aggiuntive pari a circa 800 miliardi per il 2002, a 1600 miliardi per il 2003 e 1800 miliardi per il 2004. Contrattazione e autonomie (art. 10) Cambiano in profondità ruolo e funzione della contrattazione integrativa prevista dai contratti nazionali e applicata nelle varie amministrazioni, in particolare quelle a finanza propria e/o dotate di autonomia impositiva (autonomie locali, Regioni, Asl, aziende ospedaliere, enti pubblici non economici, università, enti di ricerca). Anche in questo caso i sindacati sono totalmente contrari parlando di contrattazione integrativa delegittimata. Infatti si tratta di norme dirette a rafforzare i controlli sui costi della contrattazione collettiva nazionale ed integrativa, ponendosi quali strumenti necessari per il mantenimento della spesa entro i tetti programmati. Il riordino degli organismi collegiali (art. 11) Il riordino degli organismi collegiali consentirà una economia di spesa stimabile dalla relazione tecnica in 50 miliardi annui. Per questo è vietato alle pubbliche amministrazioni di istituire organismi collegiali (consigli, comitati, ecc.)ad eccezione di quelle di carattere tecnico e di elevata specializzazione. Le assunzioni di personale (art. 12)Per l'anno 2002 a tutte le amministrazioni pubbliche - scuola esclusa - è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato. Tra gli enti sono comprese anche le autonomie locali, che mai erano state oggetto di divieto di assunzioni. Nel 2003-2004 le amministrazioni statali, le aziende a ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici dovranno ridurre il personale dell'1% annuo. Da blocchi e divieti, non si capisce perché, sono esclusi forze armate e corpi di polizia, oltre che i vigili del fuoco. Dal 2003 gli enti locali dovranno assumere il principio della riduzione della spesa e motivare eventuali deroghe. In sintesi viene messa in campo un'azione di destrutturazione dei servizi pubblici a favore dell'esternalizzazione di servizi ai soggetti privati, avviando un processo destinato a mettere in discussione lo stesso concetto di pubblico. Questa norma, alla luce della riforma federale, configura una palese incostituzionalità. Infatti impone alle autonomie locali una camicia di forza stabilita in via centralistica, senza considerare i casi particolari. Inoltre si deve notare che nei prossimi anni le cessazioni dal servizio saranno prevedibilmente influenzate dalla minore convenienza del regime pensionistico. Inoltre, se le pubbliche amministrazioni non potranno assumere personale a tempo indeterminato, questo non significa che non ci saranno nuovi lavoratori, ma precari. Alla fine si crea un circuito chiuso (con migliaia di precari): ne derivano disagi, inefficienze e una perdita considerevole di un patrimonio di formazione e di abilità. E' importante ricordare che il blocco del turn-over è un intervento che viene puntualmente riproposto da almeno dieci anni a questa parte, con risultati non proprio efficaci. La scuola (art. 13) L'intervento sull'organizzazione scolastica ha l'unico obiettivo di conseguire risparmi: circa 2mila mld. Il pericolo è che ci potrebbe essere uno servizio scadente e delle condizioni di lavoro dei docenti inaccettabili, accanto ad una riduzione drastica dell'occupazione (si calcola che si sopprimeranno circa 40mila posti di lavoro). L'organico delle singole istituzioni scolastiche, infatti, non sarà calcolato più in rapporto al numero delle classi, ma sulla base del numero degli alunni, tenendo conto del tempo scuola e delle caratteristiche dei curricoli obbligatori. Gli spezzoni di cattedra verranno poi attribuiti al personale in servizio, formando cattedre fino a 24 ore settimanali. Tutto ciò intaccherà temi decisivi del contratto di lavoro, in particolare quello dell'orario; determinerà ulteriori rigidità nell'organizzazione del lavoro scolastico; produrrà, come si è detto, una riduzione di 40mila unità docenti. Per le assenze fino a trenta giorni, poi, non sarà più possibile assumere supplenti. Le scuole dovranno provvedere alla copertura con eventuali ore a disposizione dei docenti, con attività aggiuntive o con non meglio precisate "scelte organizzative" (l'accorpamento delle classi). La riduzione dei compensi per i Ministri e contenimento spese di personale (art. 14) La norma reca interventi riduttivi sulla spesa in materia di trattamento economico dei ministri nonché dei docenti e dei ricercatori universitari. Si prevede una riduzione del 10 per cento della retribuzione dei membri del Governo il che comporta una minore spesa annua pari a 194.640 euro (circa 389 milioni di lire). Il Patto di stabilità interno per province e comuni (art. 15) Come nelle passate finanziarie la norma detta le condizioni affinché i flussi di spesa delle autonomie locali siano coerenti con gli obiettivi di finanza pubblica per il rispetto dei parametri di Maastricht. Le regole, che riguardano le province ed i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, prevedono che il complesso delle spese correnti, al netto delle spese per interessi passivi e di quelle finanziate da programmi comunitari, sia contenuto nell’ambito degli impegni relativi al 2000 aumentati del 4,5 per cento. Dal computo di tale calcolo sono escluse le spese correnti necessarie all’esercizio delle ulteriori funzioni trasferite ad Enti locali a decorrere dall’anno 2000 o anni successivi. Si prevede inoltre che, per l’acquisto di beni e servizi, gli Enti locali aderiscano obbligatoriamente alle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 26 della legge n. 488 del 1999 e dell’art. 59 della legge 388 del 2000. Il rispetto del contenimento della spesa corrente verrà monitorato mensilmente, mentre le informazioni sugli impegni assunti avranno cadenza trimestrale. La compartecipazione all’Irpef (art. 16) La norma prevede la sostituzione dell’attuale meccanismo di attribuzione ai comuni del gettito dell’addizionale comunale all’IRPEF basato sul gettito effettivamente riscosso in ogni singolo comune, con un meccanismo basato su rilevazioni statistiche. La norma dovrebbe risolvere il problema della mancanza dei dati certi. Nell’intento di modificare il sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali, si prevede solo per il 2002, una compartecipazione commisurata all’1,5 per cento del gettito IRPEF riscosso in conto competenza per l’anno 2001. Il capitolo della compartecipazione all’Irpef dei comuni è molto problematico. Infatti la norma la riduce notevolmente mentre per le province resta un miraggio. L’aliquota del 4,5 per cento contrariamente a quanto disposto nell’ultima legge finanziaria scatterà solo dal 2003. Per il prossimo anno sarà limitata all’1%. Tradotto in lire questo significa che i comuni riceveranno circa 2mila miliardi al posto di 10mila. L’allarme più sentito è però legato al taglio progressivo degli attuali trasferimenti statali: l’1% in meno nel prossimo anno, il 2% nel 2003 e il 3% nel 2004. Ciò significa un minore incasso di 180-200 miliardi annui, con una perdita consolidata di oltre mille miliardi nel triennio. L’articolo 17 prevede il differimento della riforma dei trasferimenti all’anno 2003 e l’utilizzazione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti per gli enti locali, per l’anno 2002, secondo la disciplina previgente. I trasferimenti agli enti locali trasferimenti erariali (art. 18) L’art. 18 detta i criteri per la definizione dei contributi erariali spettanti a ciscun ente locale per l’anno 2002. In generale tali trasferimenti, negli anni 2002-2004, subiranno una decurtazione di circa 900 miliardi. Tra le disposizioni recate dall’articolo solo quella del comma 3 comporta oneri per il bilancio dello Stato per circa 200 miliardi di lire annui, corrispondenti all’integrazione dei trasferimenti correnti disposta a favore del comune di Roma a decorrere dal 2002. La gestione degli enti pubblici (artt. 19 - 24) Trasformazione degli enti pubblici in Spa o fondazioni di diritto privato.(art. 19) L’articolo 19, di cui chiediamo la soppressione o lo stralcio, prevede la trasformazione degli enti pubblici in Spa o fondazioni di diritto privato. Le conseguenze potrebbero essere paradossali. L’INAIL potrebbe essere privatizzato. La norma inoltre potrebbe mettere in gravissime difficolta' la ricerca. La privatizzazione di enti come Cnr (Centro nazionale ricerche) o l’Istat, infatti, sottrarrebbe al pubblico il suo ruolo decisivo, sia per quanto riguarda lo sviluppo dell'attivita' di ricerca, sia per quanto riguarda funzioni delicatissime di presidio e di garanzia dell'interesse generale che gli enti svolgono a tutela della collettivita'. Massiccio ricorso all’outsourcing. (art. 20 e 21) che dovrebbe servire a migliorare l’efficienza gestionale degli enti pubblici economici. Si tratta di esternalizzare tutti i servizi che, prodotti in casa, costano troppo. Parallelamente è poi prevista, nel triennio 2002-2004, una riduzione dei contributi statali agli enti oggetto di trasformazione. Infine a sperimentare una forma di outsourcing sarà anche il Ministero dei Beni culturali (art.22) con l’affidamento in concessione a privati dell’intera gestione del servizio di fruizione pubblica dei beni culturali. Public Utilities (art. 23) E’ prevista una nuova organizzazione del servizio pubblico a rilevanza imprenditoriale, nel senso che l’ente locale può perseguire l’obiettivo della separazione tra la proprietà e la gestione di reti ed infrastrutture e l’erogazione del servizio. In qualche misura si può parlare di passo indietro, rispetto al testo approvata nella precedente legislatura da un ramo del Parlamento, con il cui testo esistono ora due disegni di legge (AN e DS). Negli emendamenti chiediamo lo stralcio, per svolgere la discussione in una sede diversa dalla sessione di bilancio, in base anche all’assenza di effetti finanziari della norma. Altri emendamenti (Ulivo e Margherita) ripristinano il testo della riforma. L’articolo 24, infine, prevede che le pubbliche amministrazioni possano apportare variazioni alle proprie dotazioni organiche con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. La previdenza (art, 25 e 26) Accanto all’adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato alle varie gestioni previdenziali, spicca la norma dell’incremento ad un milione delle pensioni in favore dei soggetti disagiati. Attendiamo più precise indicazioni del Governo per individuare l’effettiva platea di contribuenti aventi diritto all’incremento. La sanità (art. 27) La norma è diretta a sanzionare il mancato rispetto, da parte delle regioni, degli impegni assunti in sede dell’Accordo siglato l’8 agosto 2001, in particolare quelli riguardanti la definizione del Livelli essenziali di Assistenza e il contenimento della spesa farmaceutica entro il 13% della spesa sanitari complessiva. La finanza degli enti territoriali (art. 28) Sono previsti processi di monitoraggio e di coordinamento da parte del Dipartimento del tesoro al fine di evitare che la dinamica del debito della P.A. ed i relativi costi vadano fuori controllo. La norma permette inoltre agli enti locali di scegliere gli strumenti da utilizzare per emissioni obbligazionarie all’interno di una più ampia tipologia di titoli, senza limitarsi a quelli con ammortamento. A tutti gli enti territoriali viene infine riconosciuta la possibilità di rifinanziare passività esistenti qualora ne derivi un vantaggio di costo.
Il lavoro (artt. 29, 30) Sono previsti interventi mirati alla riduzione del costo del lavoro: contributo per la tutela della maternità, riduzione aliquote contributive dovute dagli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 414, finanziamento della gestione agricoltura dell’Inail, elevazione dal 2 al 3 per cento della quota di retribuzione della contrattazione integrativa aziendale esente da contribuzione. Gli sgravi per nuovi assunti (art.30) L’art. 30 della finanziaria utilizza lo strumento dello sgravio contributivo integrale per le assunzioni a tempo indeterminato, effettuate ad incremento della base occupazionale così come sancito dall’art. 3, commi 5, 6 e 7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e successive modificazioni. Si stabilisce l’esonero totale dei contributi dovuti all’INPS (e quindi con esclusione di altri regimi previdenziali) a carico del datore di lavoro per i nuovi assunti per un periodo di tre anni, nei territori delle Regioni: Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. Nell’agevolazione sono comprese anche le società cooperative di lavoro, in relazione ai nuovi soci lavoratori con i quali si instauri un rapporto assimilabile a quello di lavoro dipendente. Il 31 dicembre 2001 è il termine ultimo per effettuare nuove assunzioni, mentre la base di calcolo dell’incremento è costituita dalla media dei lavoratori occupati nei dodici mesi precedenti l’assunzione. La relazione tecnica stima l’onere derivante dall’agevolazione come segue: 2002 = 154,9 milioni di euro (300 mld. di lire) Tuttavia come rilevato dal servizio Studi del Senato la norma sembrerebbe applicabile anche ai datori privati diversi dalle imprese, ma la relazione tecnica non quantifica il maggior onere che ne deriverebbe. Queste misure, al vaglio delle autorità europee sulla concorrenza, si sovrappongono alle altre (crediti di imposta e incentivi) già stabilite negli scorsi anni, prevedibilmente senza determinare ulteriori stimoli alle assunzioni. Gli investimenti pubblici (artt. 31, 32, 33) Nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero sarà istituito un fondo per gli investimenti nel quale far confluire sia le disponibilità di bilancio sia i nuovi investimenti autorizzati. Quanto alle infrastrutture, è noto che l’Italia è tra gli ultimi nella Ue per investimenti in opere pubbliche rispetto al Prodotto interno lordo. In più, il nostro Paese sconta due difficoltà suppletive: il debito pubblico e un sistema amministrativo inadeguato. Ora, la legge finanziaria stabilisce che la Cassa depositi e prestiti potrà intervenire sia per la progettazione, sia per la realizzazione e la gestione delle grandi opere. Questa attività di finanziamento potrà essere svolta dalla Cassa depositi e prestiti anche in collaborazione con altre istituzioni finanziarie italiane o estere, privilegiando la formula del project financing. Si tratta di una normativa importante e positiva anche per il Mezzogiorno, che tuttavia dovrebbe essere affiancata da un riordino della legislazione relativa alla finanza di progetto, che presenta numerose sovrapposizioni normative. Altri interventi (art. 34) Si prevede l’emanazione di un regolamento governativo di semplificazione del procedimento di sequestro amministrativo, nonché del procedimento di alienazione e distruzione dei beni mobili sequestrati e confiscati. Viene abrogata la norma che stabiliva che le maggiori entrate accertate a consuntivo dalle Spa possedute dallo direttamente Stato erano destinate, per il 20 per cento, al Fondo per l’occupazione. Possibilità di utilizzo della procedura prevista dall’articolo 9 della legge 468/78. Funzione di tutela sociale dei dipendenti che richiedono prestiti pluriennali dietro cessione di un quinto dello stipendio, mediante concessione della garanzia da parte dell’INPDAP. Ampliamento delle disposizioni legislative che disciplinano gli interventi e gli stanziamenti del Fondo Nazionale per le politiche sociali. Incremento per il Friuli-Venezia Giulia delle risorse per far fronte al maggior fabbisogno della spesa sanitaria. Eliminazione delle riserve previste dalle pregresse manovre di finanza pubblica in favore dello Stato ed a carico della regione Sicilia. Definanziamento di oltre 20 miliardi di una autorizzazione di spesa in conto residui di stanziamento del Ministero della Salute.
6. Le misure sociali e per la famiglia L’aumento ad un milione delle detrazioni Irpef per ogni figlio a carico è sicuramente la misura di maggiore impatto sull’opinione pubblica. Tuttavia, l'effettiva portata di tale intervento è piuttosto limitata, in quanto il nuovo regime Irpef riassorbe in gran parte le misure per la famiglia già introdotte, con le manovre economiche, negli ultimi anni. Rispetto al regime di detrazioni vigente, infatti, a godere di uno sgravio più consistente sarebbero essenzialmente le famiglie con reddito inferiore ai 70 milioni di lire, con figli di età superiore ai tre anni. Ma tale platea, di fatto, è verosimilmente piuttosto limitata, in quanto le famiglie a basso reddito sono di regola quelle più giovani, con figli piccoli al di sotto dei tre anni. Le detrazioni per i figli a carico nel 2001 e nel 2002 (in lire)
In definitiva, con riferimento alle norme sulla famiglia, si può rilevare che: sono in parte riassorbiti i benefici già concessi dalle passate leggi finanziarie per il 2000 e per il 2001 (a riguardo, si veda il riquadro sottostante); aumentano gli sconti Irpef per i figli a carico, ma sono "bloccate" le nuove aliquote Irpef stabilite per il 2002 dalla Finanziaria dello scorso anno. La riforma dell’Irpef - con benefici derivanti a tutti i contribuenti dalla riduzione delle aliquote - è dunque di fatto rinviata. Ciò comporterà in molti casi un aumento del prelievo fiscale. In particolare, per il 2002, subiranno una pressione fiscale maggiore di quella prevista i contribuenti senza figli a carico, ma anche quelli con figli a carico e con reddito superiore ai 36.151,98 euro (70 milioni di lire). Questo è il quadro delineato nella finanziaria come presentata alle Camere. Tuttavia, al Senato, la maggioranza ha presentato un emendamento (approvato dalla Commissione bilancio) che modula la soglia di godimento delle detrazioni, secondo un'articolazione analoga a quella proposta da un emendamento del Gruppo Margherita. Nella nuova formulazione, la detrazione IRPEF di un milione di lire per ogni figlio a carico è estesa ai contribuenti:
Questo il nuovo quadro delle detrazioni: Le detrazioni per figli a carico nel 2001 e nel 2002 (in lire) dopo le modifiche della commissione Bilancio
La copertura della norma è realizzata attraverso:
Secondo il governo, l'effetto di tali misure è di aumentare il reddito disponibile delle famiglie, incrementando il livello dei consumi e spostando non meno di due milioni di cittadini al di sopra della soglia di povertà. In realtà, non ci saranno famiglie che escono dalla linea della povertà. Secondo l'ISTAT, le misure faranno uscire dalla soglia della povertà relativa soltanto 14.000 famiglie; inoltre il meccanismo della detrazione per i figli, accompagnato alla rinuncia all'abbassamento delle aliquote IRPEF farà stare meglio 6,4 milioni di famiglie, ma a scapito di altri 8,1 milioni di famiglie. Questa norma in sostanza dovrebbe essere migliorata, perché un intervento sulla detrazione degli assegni familiari non accompagnato dalla riduzione delle aliquote, indebolisce di fatto il sostegno alla famiglia ed alla domanda. Sotto il profilo strettamente fiscale, la manovra opera un rinvio rispetto alle misure di sgravio già disposte nella finanziaria 2001, con la riduzione delle aliquote intermedie dell’IRPEF (1 per cento e 0,5 per cento). Di più, la finanziaria dimentica i 3.000 miliardi necessari per la restituzione del fiscal drag, dovuta in presenza di un'inflazione superiore al 2 per cento. In tal modo, l’operazione finisce per produrre un aggravio a legislazione vigente di ben 2.250 miliardi. L’aumento della spesa si concentra così nei contratti pubblici. Nel campo degli interventi per i dipendenti pubblici, sono riservati circa 15.000 miliardi netti nel triennio 2002 - 2004 per i contratti. Ulteriori misure settoriali sono previste per il comparto della scuola e per quello delle Forze di polizia cui sono destinate risorse finanziarie per circa 2.200 miliardi netti nel triennio. Il Forum delle Famiglie ha richiesto al Parlamento una riforma fiscale superi i tetti di reddito per un fisco più equo; misure sulla scuola che vedano la famiglia protagonista e libertà di scelta educativa delle famiglie; sul lavoro, una maggiore tutela per una donna con figli, il part-time ed il lavoro flessibile.
Durante la campagna elettorale, la Casa delle libertà aveva promesso pensioni più dignitose. In particolare, aveva promesso l’aumento ad un milione mensile delle pensioni inferiori a tale limite. Con la finanziaria, tutti attendevano il rispetto di questa promessa. Le aspettative della maggior parte dei pensionati in tali condizioni andranno tuttavia deluse. Infatti,l’articolo 26 stabilisce sì che a decorrere dal 1º gennaio 2002 è maggiorato fino all’importo mensile di 516,46 euro, cioè un milione di lire, l’ammontare dei trattamenti pensionistici inferiori a tale somma, ma senza specificare chi avrà gli aumenti e come. Infatti si prevede che sarà il Ministro del welfare ad individuare le categorie delle pensioni alle quali si applicherà l’integrazione ed i soggetti aventi diritto, tenendo anche conto della presenza di altri redditi, della composizione del nucleo familiare e dei contributi eventualmente versati ai fini previdenziali. Comunque l’onere annuale non può essere superiore a 2.169,12 milioni di euro (4.000 miliardi di lire). Da come è formulato l’articolo della finanziaria, non si capisce se e quanto saranno aumentati gli assegni sociali. In sostanza, si promette a tutti senza avere la certezza di poter dare. Anzi, è quasi certo che i beneficiari saranno una minoranza. Lo stesso sottosegretario Vegas, al Senato, ha osservato che la finanziaria rinvii l'attuazione della norma ad un atto sostanzialmente amministrativo, che non ha natura di norma delegata, in quanto manca del tutto l'elemento della discrezionalità sia nel quantum, sia nella definizione delle categorie dei beneficiari, "sostanziandosi in un mero calcolo meccanicistico". Proprio per questo motivo, il Governo non esclude di poter presentare un emendamento che individui con più precisione i soggetti aventi diritto all'integrazione pensionistica. Così alle promesse il governo non fa seguire i fatti, mentre scrive una norma di diritto (art. 26 comma 1) senza alcuna copertura finanziaria. Basti pensare all’enorme contenzioso che potrebbe generare.
Più seriamente, l’Ulivo ha operato in questi anni a favore dei pensionati. Con attenzione alle pensioni minime e quelle sociali. Inoltre da quest’anno l'adeguamento al costo della vita è più favorevole per tutte le pensioni. In particolare per assegni previdenziali di importo fino a tre volte il minimo Inps (cioè 2.160.000 lire mensili) l'adeguamento già previsto dalla legge è calcolato non su una parte, ma sull'intero valore della pensione. All'aumento delle pensioni si aggiunge un incremento delle detrazioni IRPEF previste per i titolari solo di pensione e della casa di abitazione. Inoltre è previsto un "bonus" per i pensionati che hanno un reddito così basso da non rientrare nei benefici della riforma IRPEF: i pensionati al minimo ottengono 300.000 lire in più all'anno con la tredicesima. Nelle tabelle allegate, riportiamo un quadro dei benefici della precedente legislatura e dell’evoluzione nell’ultimo decennio di alcuni importi pensionistici. La pensione sociale Per l'anno 2000 si è assunto il tasso tendenziale del 2,5% L'assegno sociale Istituito dalla legge n. 335/95 Il trattamento pensionistico minimo Corrisposta in relazione a determinate condizioni di reddito Si attende dunque di sapere dal Governo quali saranno i criteri di definizione dell'intervento sulle pensioni minime. È evidente che lo stanziamento è insufficiente per coprire l'universo che avrebbe diritto ad avere questo aumento. Preoccupa la circostanza che questo intervento ponga a carico del sistema pensionistico un intervento di natura assistenziale. E che occorrerà studiare correttivi per i pensionati che hanno versato per molto anni i contributi, che si troveranno a ricevere la stessa pensione di chi non ne ha mai versati.
Il recente allarme sulla possibile perdita per il Sud di 15.000 miliardi di risorse comunitarie del quadro comunitario di sostegno 2000-2006 sollecita l’attenzione su strumenti e politiche per il Mezzogiorno, paradossalmente assenti nel DPEF e nella legge finanziaria ora all’esame del Parlamento. È il caso del disegno di legge dei 100 giorni, che elimina la possibilità per le imprese meridionali di fruire del credito d'imposta per i nuovi assunti, perché non cumulabile con i nuovi incentivi. Ma gli sconti sembrano insufficienti a compensare l’incremento del costo del lavoro, a seguito della soppressione del credito d’imposta. Anche sul sommerso, la nuova legge non appare adatta al mezzogiorno, dove il tasso di irregolarità è al 22,8%, il doppio del centro-nord, ed è necessario regolarizzare interi distretti e filiere di produzione e lavoratori con intere carriere contributive da ricostruire. La legge finanziaria 2002 è particolarmente debole sul versante delle imprese e del rilancio degli investimenti pubblici soprattutto nel Mezzogiorno. E' soprattutto debole sulle strategie e sui piani di finanziamento idonei a sostenere lo sviluppo delle aree depresse. La riflessione che si è avviata in Senato in seguito alle audizioni degli istituti di ricerca e dei rappresentanti del mondo imprenditoriale e del lavoro ha evidenziato che il positivo recupero del Sud rispetto al Nord, così come rilevabile dall’andamento dell’economia italiana nel periodo 1999-2000 registrato nei documenti dell’ISTAT, si interrompe nella seconda parte dell’anno in corso e rischia di precipitare nei prossimi anni. In particolare, per l’ISAE l’aumento del PIL nel Sud dovrebbe attestarsi tra 1/3 e 1/2 punto percentuale in meno rispetto a quello del Centro-Nord. In termini di prodotto pro-capite, il divario del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord verrebbe confermato. Questo dato evidenzia come la legge finanziaria per il 2002 in tema di politiche per le aree depresse presenti un limite rilevante divario tra l’annuncio e le proposte e la contraddizione tra i proclami e le intenzioni propagandate e l'azioni effettiva, ad oggi riconducibile ad un mero congelamento degli strumenti con i quali si è finora operato, con risultati che cominciavano finalmente ad apprezzarsi. Per il Mezzogiorno occorrono strumenti adeguati coerenti e concreti, ma le scelte di politica economica e gli atti varati dal Governo stanno di fatto procedendo nella direzione opposta. Scaduti abbondantemente i "Cento giorni", tra le priorità fissate nell’agenda del Governo e - tanto meno - tra le leggi definitivamente approvate, non troviamo per il Mezzogiorno una nuova politica volta accelerare il passo nelle aree depresse. Troviamo, piuttosto, il blocco effettivo delle iniziative e degli strumenti già attivati nella scorsa legislatura, a fronte di un continuo quanto contraddittorio flusso di dichiarazioni di stampa sulle nuove strategie di governo, nell'ambito di un dialogo tutto virtuale in cui spesso si sono intrecciate, elidendosi a vicenda, le posizioni espresse dalle varie componenti della maggioranza. La vicenda delle deleghe ai Viceministri per le aree depresse esemplifica le incoerenze del governo. La soluzione, tardivamente trovata a metà ottobre, è la frammentazione delle responsabilità, che corrisponde ad una proliferazione dei centri di decisione e degli strumenti d'intervento, in vistoso contrasto con quell’unitarietà della direzione e degli indirizzi politici da sempre auspicata per il Sud e formalmente incardinata, nell'attuale ordinamento, nel Dipartimento delle politiche di coesione e di sviluppo presso il Ministero dell’economia e delle finanze. In termini concreti, le politiche per il Mezzogiorno del governo Berlusconi possono riassumersi nei seguenti esiti:
La legge finanziaria del 2002, nel tagliare la spesa per i dicasteri, ha ridotto in modo consistente gli stanziamenti previsti, per le aree depresse, nelle leggi finanziarie degli scorsi anni, attraverso veri e propri tagli dei fondi già iscritti in bilancio per gli anni 2002-2003, oppure con pesanti rimodulazioni e diluizioni degli interventi previsti per gli stessi anni, che in larga misura risultano rinviati alla fine del triennio o a dopo il 2005. A ben vedere si tratta di tagli trasversali a tutte le politiche - e non solo, dunque, alle politiche per il Mezzogiorno -, che però risultano più incisivi, nei loro effetti concreti, per le aree del Mezzogiorno, colpendo direttamente la programmazione negoziale, i patti territoriali, i contratti d'area e di programma, gli incentivi ai prestiti d'onore e all'imprenditoria giovanile. Importante è anche il mancato rifinanziamento degli investimenti privati attraverso l'agevolazione fiscale del "credito d’imposta" (ex art. 8 legge n. 388/2000), inserito dal Governo nella scorsa legislatura per il triennio 2001-2003, con uno stanziamento pari a 7.500 milioni di euro (15.000 miliardi di lire). La gravità del mancato finanziamento pesa particolarmente, perché vanifica uno degli interventi più efficaci e meglio utilizzati dagli imprenditori che investono nel Sud.
L’orientamento in materia di risorse per il Mezzogiorno è più chiaro dalla lettura di un aggregato degli stanziamenti pluriennali, quale emerge dalla Tabella F delle leggi finanziarie annuali, che reca gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali. E’ in questa sede che si possono valutare concretamente le risorse complessive che il Governo metterà a disposizione del Mezzogiorno per il periodo 2002-2004. Abbiamo considerato:
la legge 488 del 1992, che attraverso incentivi di compensazione ha finora erogato alle imprese 13 mila miliardi, per il 90 % rivolti al Mezzogiorno, finanziando investimenti con un forte impatto occupazionale (185.000 posti di lavoro, di cui 117.000 nel Mezzogiorno).
Come si può osservare dalla tabella 2, nella finanziaria di quest’anno le risorse stanziate proseguono il trend di crescita della precedente manovra economica. Gli stanziamenti aumentano infatti del 15 per cento, dopo l’incremento del 16% recato dalla finanziaria 2001. In termini finanziari, si tratta di un incremento enorme: dai 34,8 miliardi di euro del 2000 (67.520 miliardi di lire), le risorse toccano ora 46,5 miliardi di euro (90.000 miliardi di lire). Il problema è che solo una parte di queste risorse sono impegnabili, cioè possono essere effettivamente spese dalle amministrazioni e dai Ministeri attraverso il primo passaggio essenziale delle procedure, cioè l’impegno. Così scopriamo che le risorse effettive, cioè utilizzabili, diminuiscono del 5,7 per cento, con una riduzione di oltre due miliardi di euro (4.500 miliardi di lire). Tanto che numerose misure avviate nell’ultima legislatura sono fortemente a rischio. Pensiamo al prestito d’onore ed alla nuova programmazione. Lo stesso blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione e negli enti locali, l’incertezza della situazione LSU ed il rilevante contenimento dei trasferimenti alle autonomie potrà determinare ulteriori difficoltà per il mezzogiorno nel prossimo anno. Si aggiunga l’incertezza relativa a tutti gli strumenti della programmazione negoziata, che potrebbe compromettere numerosi piani di investimento per lo sviluppo locale, già stabiliti.
10. Le correzioni proposte dalla maggioranza e dal Governo Intanto il governo e il relatore hanno presentato in commissione bilancio alcuni emendamenti. Ecco i principali.
Em. 1.1 - Le risorse del "Fondo per l'emersione" istituito dalla Finanziaria 2001 (art. 5 della L.388/2000) sono destinate alla copertura degli eventuali oneri derivanti dalla Tremonti-bis, per un ammontare massimo di 1.503 milione di euro per ciascuno degli anni 2002 e 2003.Allo stesso Fondo si può inoltre attingere per compensare un eventuale minor gettito IVA rispetto alle previsioni di bilancio.
Em. 2.14 - La detrazione di un milione di lire è estesa ai contribuenti:
La copertura della norma è realizzata attraverso:
Em. 7.40 - Il regime fiscale fissato dalla Finanziaria 2001 per il trasferimento di beni immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati regolarmente approvati è condizionato all'utilizzazione edificatoria dell'area entro cinque anni dal trasferimento, anche nel caso in cui l'acquirente non disponesse in precedenza di altro immobile nella stessa area. Di fatto, è l'estensione di un'agevolazione impositiva a soggetti che ad oggi non ne avrebbero titolo.
Em. 8.3 - La platea soggetta alla soppressione dell'imposta sulle insegne di esercizio è parzialmente ridimensionata. È inoltre previsto un piano specifico di repressione per contrastare il fenomeno delle installazioni abusive di impianti pubblicitari e per promuovere il recupero urbano.
Em. 9.15 - Lo stanziamento destinato al trattamento accessorio del personale delle Forze armate è pure finalizzato al personale impiegato in operazioni militari, anche in campo internazionale.
Em. 11.8 - Il divieto di corrispondere un compenso ai componenti degli organi collegiali non ritenuti indispensabili per le pubbliche amministrazioni è reso più stringente, prevedendo che esso scatti comunque quando trascorso invano il termine fissato per gli adempimenti di verifica.
Em. 8.3 (norma finanziariamente compensata sull'art. 8) - Sono esclusi dal blocco i soggetti appartenenti alle categorie protette, nonché i vincitori del secondo corso-concorso della Scuola superiore di pubblica amministrazione. Em. 12.21 - Il blocco è limitato agli enti locali (province, comuni e comunità montane) che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2001. Em. 12.90 - Sono esclusi dal blocco i volontari in servizio permanente e in ferma volontaria delle Forze armate. Em. 12.100 - I comandi del personale dell'Ente Poste presso le amministrazioni pubbliche sono prorogati di un anno.
Em. 13.60 - E' revocata la disapplicazione delle norme e dei regolamenti previgenti in contrasto con le disposizioni dell'articolo.
Em. 15.79 e 15.80 - Per l'attuazione dell'articolo, è esplicitamente riconosciuta alle province autonome di Trento e Bolzano la competenza per i rispettivi territori.
Em. 16.11 - Per l'anno 2002, è temporaneamente attribuita ai comuni una compartecipazione all'IRPEF nella misura del 4,5% del gettito 2001. La ripartizione tra i singoli comuni è rinviata ad una stima sulla base dei dati statistici più recenti. Corrispondentemente, i trasferimenti erariali di ciascun comune sono ridotti nella stessa misura, con una clausola di salvaguardia per gli enti che risultassero penalizzati, nel recupero della compartecipazione, dal nuovo regime di trasferimento. Em. 16.22 - L'emendamento, a favore delle Regioni, consente alle stesse di fissare l'aliquota dell'addizionale IRPEF e i tributi regionali attraverso provvedimenti adottati anche in deroga ai termini e alle modalità fissati dalla normativa previgente, purché pubblicati dalla Gazzetta ufficiale entro il 31 dicembre 2001.
Em. 20.34 - Sono finanziati, mediante l'attivazione delle risorse accantonate in tabella B, progetti innovativi in materia di sviluppo delle infrastrutture digitali e delle tecnologie dell'informazione. Per il finanziamento di tali progetti, selezionati dal Ministro dell'economia, sono stanziati:
Em. 28.2 - Il primo comma dell'articolo, relativo alle modalità di accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali, è modificato nel senso di una parziale ridimensionamento del ruolo di coordinamento attribuito al Ministero dell'economia, a favore di un ampliamento dell'autonomia degli enti nella gestione del debito. In questa formulazione, al Ministero compete la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di prospetti che sintetizzino la situazione finanziaria degli enti e le eventuali operazioni di ristrutturazione del debito. Em. 28.10 - La possibilità, concessa agli enti territoriali, di contrarre mutui bancari è trasformata nella possibilità di contrarre mutui tout court. Em. 28.12 - Alternativo all'emendamento precedente (del Governo), questo emendamento (del Relatore) consente agli enti di convertire i mutui contratti dopo il 31 dicembre 1996, anche mediante collocamento di titoli obbligazionari o rinegoziazione dei mutui stessi, anche con altri istituti.
Em. 30.8 - La concessione delle agevolazioni per i nuovi assunti è assoggettata alle condizioni già previste dalla Finanziaria 1999 (art. 3, c. 6, L. 448/98) per le nuove assunzioni in regime contributivo agevolato. In particolare, le agevolazioni previste si applicano a condizione che: a) l'impresa, anche di nuova costituzione, realizzi un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato. Per le imprese già costituite al 31 dicembre 2001, l'incremento è commisurato al numero di dipendenti esistenti al 30 novembre 2001; b) l'impresa di nuova costituzione eserciti attività che non assorbono neppure in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie; c) il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolato; d) l'incremento della base occupazionale venga considerato al netto delle diminuzioni occupazionali in società controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto e, in caso di affidamento da parte di amministrazioni pubbliche di servizi o di opere in concessione o appalto, al netto del personale comunque già occupato nelle medesime attività al 31 dicembre dell'anno precedente; e) i nuovi dipendenti siano iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità oppure fruiscano della cassa integrazione guadagni nei territori di cui al comma 5; f) i contratti di lavoro siano a tempo indeterminato; g) siano osservati i contratti collettivi nazionali per i soggetti assunti; h) siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni; i) siano rispettati i parametri delle prestazioni ambientali come definiti dall'articolo 6, comma 6, lettera f), del decreto 20 ottobre 1995, n. 527 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e successive modificazioni.
Em. 33.2 - L'intero articolo è riformulato in modo da chiarire che le nuove funzioni proposte per la Cassa depositi e prestiti sono da intendersi come ulteriori - e non sostitutive - rispetto a quelle già svolte in via ordinaria. Lo svolgimento delle nuove operazioni di finanziamento sono esplicitamente condizionate alla compatibilità con l'attività ordinaria. Il contenuto di innovazione dell'articolo risulta, dunque, piuttosto ridimensionato. Em. 33.27 - L'emendamento introduce un comma aggiuntivo che novella il D.Lgs. 165/2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro nelle pubbliche amministrazioni), nel senso di un'estensione ai dipendenti della Cassa depositi e prestiti della disciplina dei rapporti di lavoro già dettata per il personale dipendente delle aziende e degli enti pubblici.
Em. 35.5 - L'emendamento riformula il comma 1 dell'articolo, che prevedeva l'abrogazione del vincolo (introdotto dalla Finanziaria 1999) di destinare al Fondo per l'occupazione il 20% delle maggiori entrate derivanti dai dividendi e dagli utili delle società per azioni possedute dallo Stato. Nell'attuale formulazione l'abrogazione è trasformata in una sospensione per il triennio 2002-2004. Em. 35.43 - L'emendamento recepisce una sollecitazione del CONI (raccolta anche da alcuni nostri senatori) per un finanziamento straordinario al Comitato olimpico nazionale pari a 200 miliardi di lire per il 2002. Em. 35.56 - L'emendamento introduce un comma aggiuntivo per disciplinare il versamento delle cosiddette "quote-latte", in un senso più favorevole agli allevatori, in particolare per i periodi in cui si verifichino eventi di particolare gravità. Em. 35.138 - L'emendamento abroga una norma che dettava la disciplina delle convenzioni stipulabili dal Ministero delle finanze per la costruzione, l'ammodernamento e l'acquisto di immobili da destinare a propri uffici (art. 28, c. 2, L. 28/1999). Viene meno, dunque, il vincolo di stipulare tali convenzioni con imprese accreditate per competenza ed esperienza. Em. 35.158 - Le quote a diretta gestione statale dell'8 per mille dell'IRPEF sono destinate ad interventi per la fame nel mondo e per l'assistenza ai rifugiati, a meno di 1,5 milioni di euro destinati alla riduzione del saldo netto da finanziare.
10. Le proposte dell'Ulivo al Senato L’Ulivo ha presentato al Senato numerose proposte di modifica su quattro grandi aree di intervento:
Sostegno all'economia La Finanziaria non prevede azioni per sostenere in una fase di recessione settori cruciali come turismo, commercio, trasporto aereo e, più in generale, per restituire fiducia agli operatori. L'effetto della legge Tremonti - che comunque non dava incentivi maggiori a quelli già previsti dalle misure dei Governi dell'Ulivo, e ora soppresse - è già stato "divorato" dalla recessione. In più, il modesto sostegno dato da questa legge andrà tutto verso il Centro-Nord a scapito del Sud, come già fu per la legge Tremonti del '94 (88% contro 12%). Spariscono, vengono ridimensionati o non vengono rifinanziati (senza proporre alternative) strumenti importanti come i patti territoriali, i contratti d'area i prestiti d'onore ai giovani, i crediti di imposta per chi investe al Sud o il progetto di sostegno al settore nautico e portuale chiamato "Autostrade del mare". Al contrario, con i suoi emendamenti, l'Ulivo propone:
Scuola, Università e ricerca Nella finanziaria il settore strategico della formazione e della ricerca è fortemente ridimensionato, pregiudicando la competitività dell'Italia in un settore decisivo del confronto internazionale. Agli insegnanti delle scuole non è riconosciuto l'atteso adeguamento salariale, mentre si riducono globalmente le risorse già stanziate. Sono inoltre bloccati gli aumenti di stipendio già decisi per il personale docente e non docente dell'Università, mentre si congelano, per effetto del blocco del turn over nella P.A., le assunzioni negli enti di ricerca e nelle Università. Sono inoltre tagliati i fondi per la ricerca di base e applicata. Per il settore dell'istruzione, della formazione e della ricerca l'Ulivo propone:
Misure sociali In materia sociale, l'Ulivo propone un insieme di misure più eque e articolate:
Pubblica Amministrazione e federalismo L'Ulivo propone:
Salvaguardia del territorio In materia di difesa e recupero del territorio, i tagli appaiono particolarmente negativi. In particolare, sono ridimensionate le risorse destinate alla salvaguardia dell'equilibrio idrogeologico del Paese. L'Ulivo si impegna per:
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