Primi interventi per il rilancio dell'economia
Relazione della Commissione Finanza della Camera dei Deputati
SOMMARIO
1. Le norme per incentivare l'emersione dall'economia sommersa
2. Gli incentivi fiscali per l'investimento e lo sviluppo
3. Le disposizioni per favorire l'innovazione
4. Le norme per la soppressione di adempimenti inutili e la semplificazione
5. La riorganizzazione dell'Amministrazione finanziaria
6. La soppressione dell'imposta sulle successioni e donazioni
Onorevoli Colleghi! - Il provvedimento che la Camera si accinge
ad approvare assume un rilievo primario perché è diretto a tradurre
normativamente le indicazioni contenute nel Documento di programmazione
economica e finanziaria, con riferimento particolare alle disposizioni che il
Governo ha inteso adottare per assicurare nel breve e medio periodo una
consistente ripresa produttiva. Si tratta di un esigenza generalmente condivisa
e che ha assunto ancora maggiore urgenza in relazione ai gravissimi atti di
terrorismo internazionale che presentano anche gravi ripercussioni sull'economia
internazionale. L'ampio consenso che si registra sul provvedimento è
confermato dalla circostanza che tutte le Commissioni competenti in sede
consultiva hanno espresso parere favorevole sul provvedimento. In alcuni casi i
pareri contengono osservazioni e condizioni le quali senza mettere in alcun modo
in discussione l'impianto del provvedimento appaiono volte a migliorare la
formulazione del testo, assicurare una maggiore efficacia alle norme giuridiche
o garantire un più chiaro ambito applicativo. In due casi, in particolare, e
sono quelli dei pareri resi dalla Commissione "Attività produttive, commercio e
turismo" e dal Comitato per la legislazione, sono state poste condizioni. Esse
saranno valutate con profonda attenzione. Ma prima di avviare la discussione
generale d'Aula valga ricordare, nuovamente, che il varo del provvedimento così
come oggi appare (dunque, non toccato da modifiche migliorative) è l'effetto di
una precisa volontà: privilegiare la rapida approvazione della legge e dare
immediate risposte piuttosto che procrastinare i lavori di commissione per
cercare di ottenere il migliore testo normativo possibile. Naturalmente la
commissione, d'intesa con il Governo, ha ritenuto che i possibili miglioramenti
del testo attuale potranno essere presi in considerazione in occasione di un
prossimo provvedimento legislativo. Ed ecco le ragioni di questa volontà: il
bene per il nostro Stato, oggi, ovvero in un momento in cui gli eventi
internazionali portano a situazioni di precarietà soprattutto nell'economia,
impone un inversione di tendenza: si è convinti che la rapida approvazione del
testo che viene presentato sia capace di fronteggiare queste situazioni ed
eliminare i rischi di recesso o ristagno.
1. Le norme per
incentivare l'emersione dall'economia sommersa.
Le
nuove disposizioni in materia di emersione dell'economia sommersa si inseriscono
nel vigente quadro legislativo costituito dall'insieme degli interventi promossi
dai Governi precedenti con i quali sono state previste agevolazioni sul piano
amministrativo per coloro i quali vogliano rendere ufficiale il c.d. lavoro
nero. Il riferimento è all'articolo 5 convertito con modificazioni dal decreto
legge 1 ottobre 1996, n. 510 dalla legge 28 novembre 1996, n. 608; agli
articoli. 75 e 78 della legge 23 dicembre 1998, n. 488 e successive
modificazioni; all'articolo 63 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 e successive
modificazioni; all'articolo 16 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Il senso
delle nuove norme (in alcuni casi si tratta di norme di delega) è il medesimo
già impresso dalle leggi ricordate ma, rispetto a queste, è più intenso e più
esteso: anzitutto si vuole porre le condizioni perché si sviluppi una giusta
concorrenza tra i lavoratori che lavorano in nero e lavoratori che lavorano in
bianco o tra questi e quelli che lavorano ufficialmente solo in parte; in
termini più diretti: una giusta "assunzione". Affinché tale volontà possa
realizzarsi è necessario che la dichiarazione di emersione garantisca:
convenienza nel sistema, coerenza con il sistema e stabilità nel sistema. In
questo quadro si inseriscono i profili strutturali dell'impianto normativo
caratterizzato dalla previsione di agevolazioni fiscali riferite a periodi di
imposta pregressi e futuri, il concordato e la regolarizzazione degli impianti
produttivi. Sono inoltre state introdotte adeguate cautele contro l'aggiramento
elusivo delle regole. Per quanto concerne la dichiarazione di emersione, essa
è il titolo con il quale il dichiarante accede ai regimi tributario e
previdenziale stabiliti dalle nuove norme. Nel corpo della legge essa esprime
validità per il periodo d'imposta in corso e nei due successivi. E' anche il
luogo in cui esercitare l'opzione per beneficiare di uno speciale concordato
tributario e previdenziale. Ove per presupposti s'intendano gli elementi
della fattispecie necessari alla produzione o determinazione degli effetti
giuridici della norma stessa ecco quali sono i presupposti soggettivi e
oggettivi implicati dalla disciplina della dichiarazione di emersione. Dal
punto di vista soggettivo, occorre ricordare come: la dichiarazione possa essere
presentata dall'imprenditore, dal lavoratore dipendente, dal lavoratore autonomo
(l'introduzione di questa ultima categoria è l'esito di un emendamento
presentato dal Senato). Dal punto di vista oggettivo, la dichiarazione
presuppone che il dichiarante abbia fatto ricorso o abbia fornito lavoro
irregolare; è irregolare il lavoro non dichiarato o dichiarato solo in parte ai
fini tributari e previdenziali. Nel prosieguo s'intende con "dichiarato" il
contenuto della dichiarazione del soggetto che decide di accedere ai regimi
sostitutivi tributario e previdenziale; per regime sostitutivo, il meccanismo
impositivo, circoscritto alla peculiare fattispecie delle norme del capo in
esame, che sostituisce le normali imposte applicabili a quelle
fattispecie. E' "dichiarato" l'addizione delle somme pagate ai lavoratori
dipendenti non regolari e dunque sottratte ai regimi tributario e previdenziale
oppure, dall'angolazione del prestatore del lavoro, l'addizione delle somme
percepite e allo stesso modo non dichiarate. L'addizione riguarda le somme
relative al periodo d'imposta in corso ma l'estensione degli effetti riguarda
anche i due periodi d'imposta successivi. Il regime sostitutivo stabilisce
che l'imprenditore (o il lavoratore autonomo) che dichiara il lavoro sommerso
sia sottoposto ad una aliquota ridotta ai fini IRPEF, IRPEG, IRAP del 10 per
cento per il primo anno; dell'15 per cento per il secondo anno; del 20 per cento
per il terzo anno. L'aliquota è calcolata sugli ammontari emersi e la tassazione
è separata per modo che la base imponibile sulla quale incidono i tributi
sostitutivi sia avulsa da quella sulla quale si calcolano quelli ordinari. Il
regime previdenziale è anch'esso agevolato e prevede per i medesimi periodi le
seguenti aliquote: 8 per cento; 10 per cento; 12 per cento. L'imposta e la
contribuzione, così come determinate, non sono compensabili e non sono
deducibili ai fini della determinazione di altri tributi (imposte, tasse o
contributi). Essa non genera neppure credito d'imposta ex articolo 14 del
testo Unico delle imposte sui redditi. Da altra angolazione, quella del
lavoratore dipendente, la disciplina è naturalmente più semplice: la base
imponibile sconta l'aliquota ridotta del 6 per cento; dell'8 per cento; del 10
per cento ai fini delle imposte dirette; il lavoratore è esentato dalle
contribuzioni previdenziali. Si ricorda come il Governo abbia concordato con
le parti sociali alcune modifiche al testo, con particolare riguardo alle
aliquote previdenziali di emersione, nonché alla ricostruzione dell'anzianità a
fini contributivi, le quali non sono state inserite nel testo essenzialmente in
considerazione della necessità di consentire una approvazione sollecita dello
stesso. La Commissione ha peraltro sottolineato l'opportunità di un prossimo
intervento legislativo diretto ad introdurre nell'ordinamento tali
modificazioni. Oltre alla riduzione del carico tributario e previdenziale per
il periodo d'imposta in corso e i due successivi, la dichiarazione di emersione
del lavoro irregolare porta con sé anche altri benefici sia per l'imprenditore o
il lavoratore autonomo, che per il lavoratore dipendente. Ecco quali sono, in
particolare, i benefici per l'imprenditore ed il lavoratore autonomo (i c.d.
"sostitituti d'imposta"):
a) possono chiedere l'applicazione delle
aliquote ridotte già ricordate su una base imponibile costituita da maggiori
utili rispetto al passato pari al triplo dell'ammontare del lavoro nero
dichiarato nel periodo d'imposta;
b) possono utilizzare, pur in
costanza delle predette agevolazioni, il credito d'imposta per ogni nuovo
lavoratore assunto così come stabilito dalla legge 23 dicembre 2000, n.
388;
c) possono accedere ad un concordato che consente di sanare
violazioni (sia per le imposte dirette che per l'Imposta sul valore aggiunto)
dipendenti dal costo del lavoro irregolare utilizzato. Il concordato deve essere
espressamente richiesto nell'ambito della dichiarazione di emersione e prima che
siano intercorsi ispezioni, accessi, verifiche o sia stato notificato l'avviso
d'accertamento. Sempre sul piano applicativo comporta l'applicazione di
un'imposta sostitutiva dell'8 per cento su quanto dichiarato senza applicazione
di sanzioni e interessi e, nel momento in cui il tributo deve essere assolto, se
l'importo viene pagato immediatamente v'è anche una riduzione del 25 per cento
(in ipotesi di pagamento rateale non saranno addebitati interessi). L'istituto
premiale, in quanto tale, esprime naturali effetti preclusivi dell'azione
d'accertamento da parte degli uffici della finanza; nel caso specifico l'effetto
preclusivo è limitato quantitativamente: l'Amministrazione finanziaria non potrà
accertare nei limiti del triplo dell'ammontare delle somme dovute per il lavoro
irregolare dichiarato;
d) il concordato produce effetti
"estintivi" anche sul piano della responsabilità penale per reati connessi
all'utilizzo di lavoro irregolare: in particolare, non potranno essere
contestati e puniti i delitti di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo
10 marzo 200, n. 74 ovvero, rispettivamente, il delitto di "dichiarazione
infedele" e il "delitto di omessa dichiarazione"; il delitto di cui all'articolo
37 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Omissione o falsità di registrazione o
denuncia obbligatoria); i reati contravvenzionali, le violazioni amministrative
e le violazioni civili connessi alle violazioni fiscali e previdenziali relative
all'esistenza del lavoro sommerso;
e) per quanto concerne il
lavoratore dipendente (il c.d. "sostituito"), questi potrà regolarizzare il
passato mediante il pagamento di 200 mila lire al mese e sarà escluso dal
pagamento dell'IRPEF per i tre anni successivi;
f) avrà il diritto
a ricostruire in tutto o in parte la posizione pensionistica negli anni
pregressi, fino ad un massimo di cinque anni: la contribuzione è volontaria, ma
è integrata fino a un terzo con trasferimenti a carico del fondo di cui
all'articolo 5 della legge n. 388 del 2000.
L'utilizzo del lavoro nero è
un fenomeno che spesso si accompagna a illeciti di tipo ambientale-urbanistico
(capannoni non in regola, etc.); e così, tra gli effetti della dichiarazione di
emersione, v'è anche quello di applicare ai soggetti dichiaranti gli articoli
20, 21 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (relativi al
procedimento di prescrizione e regolarizzazione in materia di disciplina
sanzionatoria del lavoro) estesi anche alle violazioni amministrative e penali
in materia ambientale che determinano solo la lesione di interessi
amministrativi e sono caratterizzate dalla messa in pericolo e non dal danno al
bene protetto. Nel corpo dell'articolo 2, in cui v'è disciplinata
l'estensione degli articoli 20,21 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994,
n. 758 come anzidetto, al secondo comma è prevista una delega al Governo ad
adottare uno o più decreti legislativi in materia ambientale. La delega, la
quale da un lato ha lo scopo di armonizzare e stabilire l'intervento descritto
al primo comma, mira ad introdurre una causa estintiva speciale dei reati
ambientali e una procedura di ravvedimento operoso per le violazioni ambientali
di carattere amministrativo. Al quinto comma dell'articolo 1 è stabilita la
regola secondo la quale, onde evitare ingiusti benefici, è previsto che le
disposizioni sull'emersione del lavoro irregolare non si applichino ai soggetti
di cui al comma 2 dell'articolo 62 del Testo unico delle imposte sui redditi. I
soggetti contemplati dalla norma evocata sono i familiari entro un certo
grado. Per quanto concerne la regolarizzazione del sommerso per gli anni
pregressi il congegno escogitato risulta modellato in modo razionale in ogni sua
parte e perciò perfettamente funzionale allo scopo che, con esso, si vuole
conseguire. I prelievi previsti sono assai "miti" e i benefici a cui essi danno
ingresso, "cospicui". Qualche dubbio suscita il sistema proposto per la
dichiarazione delle irregolarità dei periodi d'imposta a venire, posto che esso
è legato ad un fattore (il maggior reddito) incerto nell'an e nel
quantum, ossia indipendente dalla scelta di autoregolarizzazione adottata
dall'imprenditore. Occorrerà valutare l'opportunità di introdurre in un
successivo provvedimento alcune correzioni per non far inceppare il meccanismo
riferito agli esercizi futuri, correlando la spettanza del beneficio alla
presenza, tout court, di un reddito imponibile e non già, come è nel
testo attuale, ai maggiori imponibili.
2. Gli incentivi fiscali per l'investimento e lo
sviluppo.
L'articolo 4, il quale da avvio alle
disposizioni recate dal Capo II, riproduce nella sostanza, ma con novità, la
previgente disciplina denominata nella prassi "Legge Tremonti" di cui
all'articolo 3 del decreto legge n. 357 del 1994. Ed è proprio questo articolo
ad essere richiamato come luogo in cui sono inserite le norme che dovranno
disciplinare le modalità di applicazione anche del nuovo intervento. Rispetto
alla disciplina di richiamo, tuttavia, oggi è mutato il quadro legislativo che
sta sullo sfondo: infatti, a differenza di allora, esistono speciali regole che
agevolano l'imposizione del reddito d'impresa in relazione ad alcune tipologie
d'investimento. L'intervento del Governo in questa materia e l'intensità del suo
contenuto hanno la propria causa nella volontà di riformare profondamente il
sistema di tassazione del reddito d'impresa. La riforma è volta a pervenire a
"basi imponibili più razionali delle attuali e con una sola aliquota del 33 per
cento utilizzabile da tutti i produttori in sostituzione delle attuali aliquote,
segmentate e scalate regressivamente in rapporto alla dimensione e alla
sofisticazione delle imprese" come può leggersi nella relazione di
accompagnamento al disegno di legge. Come si vedrà più in dettaglio la norma
che reintroduce l'agevolazione esclude dall'imposizione del reddito d'impresa o
di lavoro autonomo una percentuale degli investimenti in beni strumentali
calcolato secondo un preciso criterio. Con riferimento ai presupposti
soggettivi e all'ambito oggettivo d'applicazione, l'agevolazione in oggetto,
integrando la versione originaria, è estesa alle banche e alle compagnie di
assicurazione; è inoltre prevista l'estensione della disciplina fiscale
agevolata ai lavoratori autonomi. Questi ultimi devono essere attivi alla data
di entrata in vigore della legge in oggetto anche se con un attività inferiore a
cinque anni. Sotto il profilo oggettivo la norma si applica agli investimenti
in beni strumentali (materiali o immateriali). Il comma 4 dell'articolo 4
stabilisce ciò che è investimento e, per questa via, precisa che è tale: (i) la
realizzazione nel territorio dello Stato di nuovi impianti; (ii) il
completamento di opere sospese; (iii) l'ampliamento; (iv) la riattivazione; (v)
l'ammodernamento di impianti esistenti e (vi) l'acquisto di beni strumentali
nuovi anche mediante contratti di locazione finanziaria. L'investimento
immobiliare è limitato ai beni strumentali per natura. Oltre all'investimento in
capitale, ed ecco un ulteriore novità (inserita nel corpo del comma 2), rileva
anche quello nella formazione e aggiornamento e le spese sostenute per servizi
utilizzabili dal personale di assistenza negli asili nido ai bambini di età
inferiore a tre anni (quest'ultima specificazione è l'effetto di un emendamento
apportato dalla commissione finanze del Senato). Quanto alla materia
"detassata" il comma 1 dell'articolo 4 esclude dall'imposizione del reddito
d'impresa o di lavoro autonomo "il 50 per cento del volume degli investimenti in
beni strumentali realizzati nel periodo d'imposta in corso alla data di entrati
in vigore della legge successivamente al 30 giugno e nell'intero periodo
d'imposta successivo, in eccedenza rispetto alla media degli investimenti
realizzati nei cinque periodi d'imposta precedenti, con facoltà di escludere dal
calcolo della media il periodo in cui l'investimento è stato
maggiore". Analogamente a quanto disciplinato nella previgente "legge
Tremonti" anche l'articolo 4, al comma 6, contiene una disposizione antileusiva.
Nello schema tracciato dalla norma l'incentivo fiscale è revocato quando si
realizzano eventi tassativi, ovvero quando i beni oggetto degli investimenti:
vengono ceduti a terzi; vengono destinati a finalità estranee all'esercizio
dell'impresa o dell'attività di lavoro autonomo entro il secondo periodo
d'imposta successivo all'acquisto o entro il quinto periodo d'imposta se si
tratta di beni immobili. L'articolo 5 chiude il Capo II e la materia in cui
sono agevolati gli investimenti. Più sopra si è ricordato che lo sfondo sul
quale interviene la nuova legge Tremonti per il rilancio dell'economia oggi è
caratterizzato da alcune leggi speciali che riguardano simili o i medesimi
oggetti; tra queste, principalmente: il decreto legislativo n. 466 del 1997 e
successive modifiche (la c.d. Dual Income Tax - Dit); l'articolo 2 commi da 8 a
12 della legge n. 133 del 1999 e successive modifiche (la c.d. legge Visco).
L'articolo 5 reca il riordino tra norme ed effetti. Ed ecco il modo: A) viene
previsto un sistema tassativo di soppressione delle agevolazioni indicate nella
Tabella A, allegata al provvedimento; B) un sistema di cumulo tra agevolazioni
relative ad investimenti già effettuati alla data del 30 giugno 2001; C) un
sistema opzionale tra agevolazioni esistenti e la nuova disciplina enunciata
dall'articolo 4, comma 1. In particolare, per quanto concerne la c.d. legge
Visco: gli investitori già interessati dal provvedimento (perché hanno
effettuato investimenti ed eseguito conferimenti in denaro o accantonamenti a
riserva assoggettati alla disciplina di cui all'articolo 2, commi da 8 a 13
della legge n. 133 del 1999) possono: continuare a beneficiare del regime
scelto; optare per il regime di cui all'articolo 4; cumulare i regimi ma per
quanto riguarda la nuova disciplina ciò vale solo nell'ambito delle spese di
formazione e aggiornamento; Per quanto concerne la Dit: i soggetti che alla
data del 30 giugno 2001 hanno eseguito operazioni di variazione in aumento del
capitale ai sensi del decreto legislativo n. 466 del 1997 continuano a fruire
dei relativi benefici. Ma, in alternativa al regime disposto dal decreto
legislativo citato e per ciascun periodo d'imposta possono: optare per la
disciplina di cui all'articolo 4 del provvedimento (nuova legge Tremonti);
cumulare i regimi ma per quanto riguarda la nuova disciplina, anche in tal caso,
ciò vale nell'ambito delle spese di formazione e aggiornamento oppure quando
l'imponibile assoggettato ad aliquota agevolata secondo la legge DIT è inferiore
al 10 per cento dell'imponibile totale. Per quanto concerne la disciplina di
cui all'articolo 8, commi 1, 2, e 3 della legge n. 388 del 2000: i soggetti che
beneficiano delle agevolazioni (credito d'imposta) disposte con le norme evocate
possono: mantenere il regime prescelto; rinunciare al regime prescelto optando
per l'incentivo di cui all'articolo 4; cumulare gli incentivi ma solo per le
spese di formazione e aggiornamento. L'articolo 5 chiude con una deroga alle
norme stabilite dallo "statuto del contribuente" (legge 27 luglio 2000, n. 212).
Segnatamente, la norma derogata è l' articolo 3, comma 1, dello Statuto ove si
afferma, a guisa di principio, che le disposizioni tributarie non hanno effetto
retroattivo, salvo quanto stabilito in materia di norme interpretative da
disporsi solo in casi eccezionali e qualificando come tali le disposizioni di
interpretazione autentica; la norma derogante è il comma 3 dell'articolo 5 del
provvedimento ove si afferma che i redditi prodotti a decorrere dal periodo
d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge in esame che
fruiscono delle agevolazioni più sopra richiamate non rileveranno ai fini
dell'attribuzione del credito d'imposta ex articolo 105 del testo unico
delle Imposte sui redditi. Per questa vengono eliminati i c.d. "crediti
d'imposta virtuali". Si è detto fin dall'inizio che l'intervento interseca
discipline speciali d'agevolazione sull'imposizione reddituale. Per quanto
concerne Dit e Superdit, le quali, appunto, portano alcune di quelle discipline
che attraverso l'agevolazione incentivano l'investimento, si osserva che esse
pur "avvicinabili" sono in realtà profondamente diverse dalla legge Tremonti: le
ragioni che stanno alla base di quei provvedimenti partono dall'assioma che è da
premiare chi fa investimenti con capitali propri; solo chi versa in siffatta
situazione è "virtuoso". Per ciò l'investimento è agganciato ad un doppio
parametro, la crescita del capitale e la crescita dell'investimento; la parte di
nuovo investimento che non trova copertura in nuovo capitale proprio non merita
l'agevolazione. Questo meccanismo ha finito per essere un privilegio di pochi
grandi o medi imprenditori in grado di utilizzare strumenti sofisticati per
manovrare a piacimento il capitale proprio modificandolo quantitativamente a
seconda delle necessità. Da qui l'ulteriore effetto perverso della sperequazione
nell'applicazione delle imposte reddituali. Il nuovo strumento, per contro:
1) ha una platea di potenziali fruitori enormemente più vasta; 2) è nel suo
congegno applicativo semplicissimo. Esso può essere utilizzato da ogni
produttore. Condizione necessaria e sufficiente per l'utilizzo è che sia stato
effettuato un investimento strumentale all'attività produttiva comparativamente
di una consistenza maggiore di quella che si può considerare abituale per ogni
specifica impresa. La vastità applicativa è fortemente potenziata dalla
regola che esclude dalla media del quinquennio il periodo d'imposta in cui
l'investimento è stato maggiore. Per ciò è lecito prevedere che qualsiasi
investimento in nuovi impianti finirà per dare diritto all'agevolazione. Un
altro aspetto incentivante che merita attenzione consiste nell'elargizione di
esso anche ai lavoratori autonomi.
3. Le disposizioni per favorire
l'innovazione.
Con riferimento alle nuove disposizioni in
materia di sottoscrizione del capitale sociale la norma portata dall'articolo 6
segue la filosofia di fondo dell'intervento generale il quale, seppure
distribuito su oggetti diversi ed eterogenei, è unica ed organica: rilanciare
l'economia. Nel caso di specie la funzione della norma è favorire la nascita e
lo sviluppo di società che "non hanno bisogno di mezzi propri" come strumento di
finanziamento e per questa via consente, in luogo della tradizionale
costituzione del capitale sociale mediante il versamento diretto, di
sottoscrivere una polizza assicurativa o un contratto di fideiussione
bancaria. Possono fruire dell'innovazione le società per azioni, le società
in accomandita per azioni e le società a responsabilità limitata. Sono escluse
le banche, gli enti e le società finanziari indicati nell'articolo1 del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 87 e successive modificazioni. La norma
introduce una "facoltà" esercitata la quale i soggetti ricordati possono
sottoscrivere il capitale sociale senza versamento di denaro ma utilizzando,
come si è detto, una polizza assicurativa o una fideiussione bancaria; le forme
di equivalenza tra polizza e fideiussione bancaria stipulate e capitale
sottoscritto sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri. Per quanto concerne le nuove regole sulla titolarità dei diritti
brevettuali per invenzioni industriali, l'obiettivo precipuo dell'articolo in
esame è innovare la disciplina vigente con un sistema che eviti l'insorgere di
conflitti sull'accertamento della proprietà dell'invenzione. La ragione, anche
in tal caso, resta la medesima: favorire la trasformazione delle invenzioni in
progetti concreti e dunque alimentare la spinta economica. Più in particolare,
l'articolo 7 incide con nuove regole il regio decreto 29 giugno 1939, n.1127 e
deroga, da questa prospettiva, alle disposizioni in materia di invenzioni
industriali. In sintesi prevede che al ricercatore-inventore, legato da un
rapporto di lavoro con un'università o con una pubblica amministrazione che
persegua istituzionalmente fini di ricerca, sia riconosciuta la proprietà
esclusiva dei diritti derivanti dall'invenzione brevettabile di cui è autore.
All'inventore è riconosciuto un diritto sul canone di sfruttamento del bene in
misura non inferiore al 50 per cento. Se il ricercatore-inventore non da inizio
allo sfruttamento industriale dell'opera entro cinque anni dalla data del
rilascio del brevetto, il diritto di proprietà esclusiva è trasferito alla
Pubblica amministrazione al fine di salvaguardare il pubblico
interesse.
4. Le norme per la soppressione di adempimenti
inutili e la semplificazione.
Con riferimento
all'articolo 8, recante "Soppressione dell'obbligo di numerazione e bollatura di
alcuni libri contabili obbligatori", si rileva che la norma, incidendo sul
dettato del codice civile o delle leggi speciali fiscali, elimina adempimenti
formali tradizionali: il senso dell'eliminazione sta nella consapevolezza che
essi, di fatto, sono divenuti solo fattori di complicazione del sistema fiscale.
Ecco, più in particolare, le ragioni principali dell'intervento: si osserva che
il sistema di tenuta e conservazione dell'impianto contabile così come concepito
dal legislatore fiscale è eccessivamente complesso; gli adempimenti sono
superflui; la garanzia del controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria o
degli organi delegati non viene toccata dall'eliminazione della vidimazione e
della bollatura; coloro i quali operano nell'illegalità hanno da sempre
contabilità e accessori formalmente affidabili, dunque, corretti;
l'articolazione degli adempimenti, secondo l'assetto attuale, colpisce solo i
soggetti che operano nella legalità e, per questa via, finiscono solo con
l'irrigidire il meccanismo produttivo. Più nel dettaglio, l'articolo 8
prevede le seguenti modifiche: eliminazione dell'obbligo della bollatura e della
vidimazione iniziale del libro giornale e del libro degli inventari;
eliminazione dell'obbligo di bollatura iniziale sui libri previsti dalla
normativa IVA e su quelli tenuti ai fini delle imposte sui redditi; eliminazione
della bollatura per i libri contabili di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 600 del 73 (ex: libro dei cespiti ammortizzabili; i libri
per le scritture dei sostituti d'imposta, etc.). La norma, infine, stabilisce
l'eliminazione della tassa di concessione governativa dovuta in occasione delle
vidimazioni del libro giornale e degli inventari con un conseguente incremento
dell'imposta di bollo. Per quanto concerne l'articolo 9, recante
"Semplificazione di adempimenti in vista dell'introduzione dell'euro", la
disposizione si inserisce nel solco normativo già tracciato dal decreto
legislativo 24 giugno 1998, n. 213 vertente sull'introduzione dell'euro
nell'ordinamento italiano. La norma è formulata in un unico comma diviso da due
lettere: a) e b); entrambe le lettere enunciano modifiche alla
legge citata ed hanno lo scopo di semplificare l'attività degli amministratori
di società nelle operazioni di conversione del capitale da lire a euro. Nella
sostanza, la spinta semplificatoria sta nel consentire l'omologa delle delibere
di conversione senza il transito dall'assemblea dei soci. Relativamente
all'articolo 10 recante "rappresentanza dei contribuenti per la definizione
dell'accertamento con adesione e modalità di sottoscrizione di atti giudiziari
trasmessi a distanza" si evidenzia come l'articolo in parola sia effetto della
medesima volontà di agevolare le relazioni tra cittadino e fisco che connota
altre disposizioni già rassegnate: nella specie l'intervento riguarda due casi.
Il primo, in cui il contribuente persegua la definizione negoziale di una lite
che sta per insorgere con l'Amministrazione finanziaria; il secondo in cui il
contribuente abbia già incardinato una lite con l'Amministrazione
finanziaria. Nella prima eventualità la norma attiene ai modi della
rappresentanza del contribuente durante l'accertamento con adesione e precisa
(aggiungendo al comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 218 del 97 il
comma 1-bis) che il contribuente può farsi rappresentare da un
procuratore munito di procura speciale secondo quando previsto dall'articolo 63
del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 oppure, quando la
procura è rilasciata da un centro di assistenza fiscale (CAF) che essa debba
essere autenticata dal responsabile del predetto centro. Nella seconda
eventualità, cioè a lite promossa, la norma stabilisce che a decorrere dal 20
maggio 2001 nel caso di trasmissione a distanza di atti giudiziari con mezzi di
telecomunicazione, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 7, comma 3, della
legge n. 664 del 1986, l'obbligo di sottoscrizione è soddisfatto anche con la
sottoscrizione del funzionario ricevente o un suo sostituto. Sulla copia
foto-riprodotta deve comunque essere presente la sottoscrizione del funzionario
che ha steso l'atto trasmesso. Per quanto concerne l'articolo 11 recante
"Disposizioni concernenti l'addizionale comunale IRPEF ", si rileva come questa
volta la direzione della semplificazione è nelle relazioni dei comuni con i
cittadini, già avviata da precedenti leggi. Le disposizioni enunciate
dall'articolo 11 vanno nel senso di rendere facilmente conoscibile la delibera
che determina l'addizionale IRPEF. Infatti, poiché essa varia, nell'entità, da
comune a comune, i sostituti d'imposta devono operare ritenute diverse sui
redditi che erogano a percettori residenti in comuni diversi e le variazioni
sono pubblicate nell'albo pretorio. L'intervento proposto dal Governo
introduce l'obbligo di pubblicare la delibera che fissa l'entità
dell'addizionale IRPEF in un sito informatico specifico. Il secondo comma
dell'articolo 11 semplifica il versante dei versamenti periodici fiscali e
previdenziali spostando le scadenze dei pagamenti.
5. La riorganizzazione dell'Amministrazione
finanziaria.
Per quanto concerne l'articolo 12, recante,
"Gestione unitaria delle funzioni statali in materia di giochi, formazione del
personale e trasferimento ai comuni di beni immobili" si rileva come lo stesso
sia diviso in commi a volte con contenuto eterogeneo. In ogni caso sono
espressione unitaria ed organica della volontà semplificatoria
nell'organizzazione della Amministrazione delle finanze. Il primo comma fissa
alcuni principi per l'emanazione di decreti presidenziali con i quali: eliminare
duplicazioni di competenze nel settore dei giochi, scommesse e concorsi a
premio; istituire una struttura (o utilizzarne una già esistente) che accentri
le competenze nei settori predetti. Ciò con gli obiettivi precipui (ed è il
secondo comma) di: razionalizzare i sistemi informativi e la pubblicità; evitare
le diseconomie derivanti dalla frammentazione delle competenze; prevedere,
attraverso la delegificazione, la possibilità che venga modificata la disciplina
dei singoli giochi così da garantire tra essi la perequazione del prelievo
erariale. Le ulteriori norme dell'articolo in commento riguardano il piano
speciale d'accertamento in relazione alla disciplina sull'emersione del lavoro
irregolare (di cui all'articolo 1); la formazione e mobilità del
personale.
6. La soppressione dell'imposta sulle successioni
e donazioni.
L'intervento proposto dal Governo è
anticipato da una legislazione che ha profondamente inciso sulla portata dei
tributi in parola: il riferimento, in particolare è all'articolo 8 della legge
n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) e all'articolo 69 della legge n.
342 del 2000. Tale ultima, oltre ad una vasta revisione del regime del tributo,
riduce notevolmente le aliquote. Le principali ragioni della nuova
disposizione, essenzialmente, sono le seguenti:
la consapevolezza che
l'imposta di successione è un tributo anacronistico: la dematerializzazione
della ricchezza nelle parti di essa che sono maggiormente strategiche prende il
posto della ricchezza in beni patrimoniali fisici (cc.dd. assets); questa
sostituzione priva d'effetto l'azione dell'imposta che perde
d'equità;
il gettito
derivante dall'autoliquidazione è molto modesto così come quello che proviene
dalla riscossione che è onerosissima per il costo del personale dedicato e delle
strutture in generale: in sintesi l'imposta costa molto più di quello che
dà.
Il cuore del nuovo regime è enunciato dai 2 commi dell'articolo 13:
il primo sancisce l'abrogazione dei tributi; il secondo disciplina i
trasferimenti di beni o diritti per donazione o altra liberalità tra vivi.
Secondo le norme dell'articolo 13 allorquando il trasferimento dei beni o
diritti avviene tra soggetti diversi dal coniuge, dai parenti in linea retta e
dagli altri parenti fino al quarto grado è dovuta imposta, ma alla condizione
che la quota di ciascun beneficiario sia superiore a 350 milioni. L'imposta, in
tal caso, è calcolata sull'eccedenza con aliquote previste per il corrispondente
atto di trasferimento a titolo oneroso. Secondo questa logica le esenzioni, le
agevolazioni, le franchigie determinate in ragione della disciplina soppressa
vengono riferite all'imposta dovuta per gli atti di trasferimento
anzidetti. L'intervento antielusivo è disposto dall'articolo 16 ed è
formulato con tre norme, corrispondenti ai commi che lo formano. In particolare,
la norma al primo comma stabilisce che i soggetti o i loro aventi causa che
effettuano i trasferimenti di cui all'articolo 13 (ovvero i trasferimenti di
beni tra vivi per spirito di liberalità) che hanno ad oggetto valori mobiliari
inclusi nel campo di applicazione della disciplina dei capital gains e
cedono gli stessi a terzi entro i successivi cinque anni, sono tenuti al
pagamento dell'imposta sostitutiva come se il trasferimento di quel tipo non
fosse avvenuto, salvo il diritto di scomputare dall'imposta sostitutiva i
tributi dovuti per il trasferimento a titolo oneroso; la norma al secondo comma
specifica che il valore dei beni trasferiti è lo stesso valore fiscalmente
riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi nei confronti del dante causa; la
norma al terzo comma, con un richiamo all'articolo 69, comma 7 della legge n.
342 del 2000 conferma l'estensione dell'articolo 37-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600, anche alla nuova disciplina dei
trasferimenti. L'articolo 37-bis evocato è una disposizione antielusiva
che colpisce le operazioni dirette ad aggirare gli obblighi dell'ordinamento
tributario e ad acquisire, attraverso questa condotta, vantaggi sul piano
impositivo. Conclusivamente, va ricordato che anteriormente alla riforma
recata dal collegato 2000 l'imposta successoria sull'asse globale era un caso di
scuola di contraddizione eclatante tra mezzo e fine, tra obiettivo perseguito e
risultato raggiunto, tra il volere e il fare. L'imposta successoria (sull'asse
globale) era nata come imposta patrimoniale a cadenza non annuale ma saltuaria.
Per ciò, a differenza della patrimoniale annuale, normalmente ad aliquota
proporzionale, essa era connotata da una progressività aspra e quasi feroce.
L'evento causativo dell'intervento della leva fiscale era la morte della persona
fisica e l'oggetto del prelievo, l'intero patrimonio relitto. L'aliquota era -
come detto - progressiva ma la progressività restava correlata all'ammontare del
patrimonio ma non alle consistenze delle quote dei singoli eredi, misuratrici
della capacità contributiva di costoro. L'imposta avrebbe dovuto falcidiare
pesantemente con la sua forbice progressiva, i patrimoni dei capitalisti ed
imprenditori più noti e importanti d'Italia. Ciò non è accaduto mai per
l'incidenza ostativa, separatamente o congiuntamente, dei seguenti due
fattori:
a)
tramite "esterovestizioni", intestazioni fittizie e fiduciarie, sofisticate
combinazioni giuridiche e lo spregiudicato impiego dello strumento societario, i
titolari dei patrimoni più cospicui sono riusciti sempre a sfuggire al
tributo;
b)
la ricchezza ha via via perso il connotato "fisicistico" e progressivamente
si è "globalizzata" e "virtualizzata" rendono quanto mai agevole la sua
collocazione fuori dagli spazi costituenti il naturale campo di applicazione
degli strumenti tipici della fiscalità nazionale.
L'imposta successoria è
divenuta così un'imposta regressiva ossia iniqua. L'imposta, nata per i grandi
patrimoni ha colpito solo i piccoli patrimoni. Essa, inoltre, è stata
responsabile della grande "esportazione" di capitali e di una sorta di
inquinamento della vita giuridica facendo proliferare operazioni fittizie di
ogni tipo. L'intervento effettuato con il collegato 2000 ha ridotto i difetti
più vistosi di questo tributo, ma ha rinunciato ad imboccare coraggiosamente e
coerentemente la strada della totale soppressione. La totale soppressione è
ormai quasi un passo necessitato e ogni titubanza in proposito va abbandonata.
La perdita di gettito che ne deriva (irrisoria) è compensata egregiamente dal
risparmio di risorse amministrative e professionali liberate. In conclusione,
per le ragioni sopra esposte, ribadisco la valutazione favorevole sul disegno di
legge in esame, auspicandone una sollecita approvazione da parte
dell'Assemblea.
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