Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo
Relazione al Disegno di legge n.795/2001 della Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica
Onorevoli Senatori. – Negli ultimi decenni
si sono determinati gravi squilibri nel bacino del Mediterraneo con un flusso
migratorio di vastissime dimensioni che investe tutti i paesi dell’Europa
Occidentale e in particolare l’Italia. Il 23 e 24 marzo 1987, tra l’altro, si
sono riuniti a Tunisi i Ministri del lavoro di Italia, Tunisia, Algeria, Egitto,
Francia, Grecia, Jugoslavia, Marocco, Spagna e Turchia, i rappresentanti della
Lega Araba, dell’Ufficio internazionale del lavoro, e della Comunità europea
allo scopo di precisare un’intesa globale in relazione alla politica del mercato
del lavoro.
I gravi squilibri di una sproporzionata
crescita demografica in rapporto alla crisi della occupazione, creano
ineguaglianze distributive tra i paesi della sponda nord e quelli della sponda
sud del Mediterraneo. Secondo le tendenze di accrescimento demografico, da
allora (1987) al 2015 la popolazione dei paesi dell’Unione europea aumenterebbe
di 13 milioni di unità, mentre quella dei paesi rivieraschi del sud supererebbe
i 170 milioni. Dal 1987 non si è attuato un piano operativo adeguato e si sono
aggravate situazioni già spaventose dagli sviluppi difficilmente arrestabili ed
implicanti problemi certamente non risolvibili soltanto con strumenti drastici,
quale l’espulsione degli immigrati clandestini. Il 14 ottobre 1995, davanti
all’Unione interparlamentare di Bucarest, è stato prodotto un testo approvato da
127 paesi, che prevede un intervento internazionale dell’Europa a favore
dell’Africa con investimenti economici curati dall’Europa. Il recente vertice
euro-africano svoltosi a Il Cairo sul problema della cancellazione dei debiti
dei popoli africani non è riuscito a pervenire ad un risultato positivo.
Ulteriori spinte a migrazioni di grandi proporzioni provengono dai focolai
bellici in atto presenti sul globo terrestre. Non si ferma, dunque, il pericolo
di una vera invasione dell’Europa da parte di popoli che sono alla fame, in
preda ad una inarrestabile disoccupazione o a condizioni di sottoccupazione. Non
si può, di converso, pensare di arrestare questo flusso migratorio ed il
conseguente stato di illegalità diffusa con sanatorie indiscriminate. Nel
frattempo si accrescono in Italia le dimensioni del lavoro prestato "in nero",
lo sfruttamento di ogni tipo di manodopera e la sua utilizzazione per ogni sorta
di traffico illecito, compreso quello della droga, oltre al coinvolgimento degli
immigrati in ogni forma di violenza, anche ipotizzabile, purtroppo, in scenari
terroristici. È indispensabile, dunque, affrontare il problema di fondo,
concernente l’immigrazione clandestina, in vario modo, ma, comunque, con
determinazione. Innanzitutto occorre dare nuovo impulso produttivo ai paesi più
poveri, cercando di ridurre le enormi differenziazioni economiche che si sono
create all’interno dell’area mediterranea in un confronto internazionale, per
elaborare un progetto diretto ad attuare una effettiva cooperazione e una
politica globale per l’occupazione, rispettando un principio che è assoluto,
quale vera espressione di civiltà, e, cioè, che "ogni uomo non può essere
sradicato dalla propria terra per motivi di lavoro". Nell’attesa, pertanto,
di organizzare un Convegno internazionale del lavoro e della cooperazione con la
partecipazione dei Ministri del lavoro e degli affari esteri dell’Unione
europea, di quelli nord africani e dei rappresentanti della Lega Araba, anche
sulla base delle precedenti prese di posizione del parlamento italiano del 22
febbraio 1990 e del 19 ottobre 1994 e dell’Unione interparlamentare di Bucarest
del 14 ottobre 1995 per discutere e attuare un piano trentennale di
investimenti, iniziando dal Nord Africa, per dare lavoro a 20 milioni di
africani in Africa, il presente disegno di legge si propone il fine di rivedere
sistematicamente la legislazione italiana concernente gli stranieri. Si tratta
di uno specifico impegno assunto nel programma di Governo, finalizzato a
razionalizzare e coordinare il fenomeno migratorio in relazione al suo
trattamento sul piano del diritto interno. Il provvedimento intende
realizzare un intervento ampio ed organico sui principali testi legislativi
concernenti gli stranieri provenienti da paesi non appartenenti all’Unione
europea (il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ed il decreto-legge 30 dicembre 1989, n.
416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39
(cosiddetta legge Martelli). L’esigenza di innovare profondamente
l’attuale disciplina in materia di immigrazione, ad oltre tre anni dall’entrata
in vigore del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286, costituisce oramai una necessità ineludibile, unanimemente avvertita,
tra coloro che, a vario titolo, operano nelle istituzioni e nella società civile
e che si trovano nell’impossibilità di offrire soluzioni adeguate alle
molteplici problematiche che il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria ha
sviluppato nel nostro paese. La linea guida seguita dal provvedimento è
quella di giustificare l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale dello
straniero per soggiorni duraturi solo in relazione all’effettivo svolgimento di
un’attività lavorativa sicura e lecita, di carattere temporaneo o anche di
elevata durata. In questo ambito sono garantite adeguate condizioni di lavoro e
di alloggio, collegando il contratto di lavoro ad un impegno del datore di
lavoro nei confronti del lavoratore e dello Stato e rendendo sempre possibile il
rientro volontario nel paese di origine, mediante una garanzia dei mezzi
necessari. Il disegno di legge tiene conto, oltre che dei mutamenti in corso
del fenomeno in Italia e in Europa, della proposta di direttiva attualmente al
vaglio del Consiglio europeo. Gli elementi qualificanti della iniziativa del
Governo concernono:
a) l’orientamento della cooperazione internazionale e degli
aiuti a favorire l’adozione, da parte degli Stati non appartenenti all’Unione
Europea, di politiche di effettivo contrasto dello sfruttamento criminale
dell’immigrazione clandestina, e, quindi, di condivisione degli obiettivi di
lotta al traffico degli esseri umani anche quando questi ultimi sono impiegati
in traffici di droga, di armi e di prostituzione;
b) l’integrazione del cittadino extracomunitario, fondata
sul reale inserimento nel mondo del lavoro. Sotto questo profilo, ed in
linea con la suindicata proposta di direttiva europea, viene prevista la nuova
figura del contratto di soggiorno per lavoro, caratterizzato dalla prestazione
da parte del datore di lavoro di una garanzia di adeguata sistemazione
alloggiativa per il lavoratore straniero nonchè dall’impegno dello stesso datore
di lavoro al pagamento delle spese di rientro del lavoratore medesimo. Tale
contratto diviene requisito essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno
per motivi di lavoro. Con il sistema delineato, all’immigrato non comunitario si
punta a garantire condizioni di vita e di lavoro decorose, invece della mera
iscrizione nelle liste di collocamento, e lo si inserisce e conserva in un
circuito di legalità che riduce i rischi di eventuali opere di reclutamento da
parte della criminalità. La stipula del contratto di soggiorno avviene presso lo
sportello unico per l’immigrazione, appositamente istituito presso la prefettura
- ufficio territoriale del Governo non solo per facilitare l’incontro fra
domanda ed offerta di lavoro, ma anche al fine di snellire gli adempimenti
burocratici connessi; c) la durata del permesso di soggiorno per
lavoro viene commisurata alla durata del relativo contratto di soggiorno per
lavoro; d) la determinazione delle quote di ingresso per motivi di
lavoro viene predisposta anche con decreti infrannuali in base ai dati
sull’effettiva richiesta di lavoro, prevedendo, tra l’altro, quote riservate ai
lavoratori di origine italiana residenti in paesi non comunitari; e)
la soppressione dell’istituto dello sponsor, che, nella sua attuazione,
non ha raggiunto l’obiettivo di favorire l’effettivo ingresso nella realtà
lavorativa dei lavoratori stranieri. È contestualmente introdotta una
disposizione che privilegia gli stranieri che hanno svolto un percorso formativo
nei loro paesi di origine, sulla base di programmi di formazione professionale
approvati da enti e pubbliche amministrazioni italiane; f) l’immediata
operatività dell’espulsione dell’irregolare, con accompagnamento alla frontiera
a mezzo della forza pubblica, in modifica delle vigenti disposizioni che
prevedono un provvedimento preventivo di intimazione a lasciare il territorio
dello Stato secondo un criterio che, nella sua applicazione, si è rivelato una
forma per eludere sostanzialmente l’effettiva espulsione; g) la
razionalizzazione dei ricongiungimenti familiari, in particolare, eliminando la
possibilità per lo straniero di ricorrere all’istituto del ricongiungimento
familiare per i parenti entro il terzo grado; h) una procedura
semplificata per il riconoscimento del diritto di asilo, garantendo la tutela da
discriminazioni di qualsiasi tipo, ma al tempo stesso evitando che l’asilo sia
impropriamente utilizzato per aggirare le disposizioni
sull’immigrazione; i) il coordinamento ed il monitoraggio della
normativa attraverso un apposito Comitato nazionale, che viene
istituzionalizzato.
Fra gli strumenti normativi introdotti
assume particolare rilevanza la previsione volta a collegare direttamente il
permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato alla nuova figura del
contratto di soggiorno. Il Governo ha inteso assicurare che il datore di lavoro
offra idonee garanzie in ordine alla sistemazione alloggiativa dello straniero e
alle eventuali spese per il rientro nel paese di origine.
Infine il disegno di legge pone mano ad un
vecchio problema ancora irrisolto. In attesa di una disciplina organica in
materia di diritto di asilo, che si ritiene comunque di rinviare a quando
saranno definite le procedure minime – identiche per tutta l’Unione europea –
attualmente in discussione a Bruxelles, mutuando proprio le norme attualmente al
vaglio del Consiglio europeo, il Governo ha ritenuto almeno di risolvere il
problema costituito dalla domande di asilo realmente strumentali, ossia
presentate al solo scopo di sfuggire all’esecuzione di un provvedimento di
allontanamento ormai imminente. Finora la normativa vigente – l’articolo 1 della
cosiddetta legge Martelli – imponeva non solo la sospensione del provvedimento
di allontanamento, ma anche la concessione di un permesso di soggiorno
provvisorio in attesa del giudizio della Commissione centrale per il
riconoscimento dello status di rifugiato che non sarebbe mai arrivato in
quanto circa il novanta per cento dei presentatori di queste domande strumentali
facevano poi perdere le loro tracce. La disciplina introdotta, invece,
precedendo l’approvazione della direttiva in esame, instaura – per quelle
domande che si ritengono manifestamente infondate – una "procedura semplificata"
che si concluderà entro i tempi previsti per il trattenimento nei centri di
permanenza temporanei. In particolare:
l’articolo 1 reca misure agevolative in
materia fiscale al fine di favorire le elargizioni per iniziative di carattere
umanitario nei paesi non appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e
lo sviluppo economico (OCSE) e orienta, nel quadro degli accordi internazionali,
la cooperazione internazionale e gli aiuti non a scopo umanitario, all’adozione,
da parte dei paesi non appartenenti all’Unione europea, di politiche di attiva
collaborazione finalizzate a contrastare efficacemente le organizzazioni
criminali operanti nell’immigrazione clandestina, nello sfruttamento della
prostituzione, nel traffico di stupefacenti e di armamenti nonchè in materia di
cooperazione giudiziaria. L’articolo 2 prevede la costituzione di un Comitato
per il coordinamento ed il monitoraggio dell’attuazione delle norme contenute
nel citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998. È questa
una grave lacuna della normativa vigente alla quale si è tentato, fino ad ora,
di sopperire con provvedimenti amministrativi di dubbia efficacia. Il citato
testo unico è una normativa complessa che prevede molteplici provvedimenti
interministeriali per la sua attuazione. Un tavolo di lavoro, diviso nei livelli
politico ed amministrativo servirà, senz’altro, a dirimere problemi insorti ed a
facilitare quella collaborazione tra le diverse amministrazioni pubbliche
interessate che dovrebbe essere la regola in ogni Stato moderno, considerato che
il cittadino chiede e pretende il soddisfacimento delle sue aspettative dallo
Stato senza distinzione fra i compiti dei diversi Ministeri o di altre
amministrazioni assimilate.
L’articolo 3 anticipa al 31 dicembre
dell’anno precedente a quello al quale il decreto di programmazione di ingressi
si riferisce il termine per la sua emanazione. Ciò al fine di evitare ritardi
che si ripercuotano sull’efficacia del sistema. Inoltre, viene sostituita la
disposizione per la quale, in caso di mancata emanazione del decreto di
programmazione dei flussi di lavoro, valgono le quote dell’anno precedente, con
una presunzione che non ha ragione di essere. L’articolo 4 innova
profondamente nella disciplina dell’ingresso per lavoro. Infatti, accanto ai
normali requisiti per l’ingresso, il permesso di soggiorno potrà esser
rilasciato solo ad avvenuta stipula di un "contratto di soggiorno per lavoro",
incontro della volontà del datore di lavoro e del lavoratore, certificato,
all’estero, dalla nostra rappresentanza diplomatica o consolare. La medesima
certificazione sarà rilasciata, sempre dalla rappresentanza diplomatica o
consolare e prima dell’ingresso dello straniero sul territorio nazionale, per
l’accertamento dei requisiti per lo svolgimento di un lavoro autonomo. Una
particolare cautela è stata posta per evitare contraffazioni dei documenti di
ingresso e soggiorno, sia prevedendo particolari caratteristiche degli stessi,
sia introducendo una particolare fattispecie criminosa. L’articolo 5
istituisce la nuova fattispecie civile del contratto di soggiorno per lavoro
stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante
in Italia ed un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente
all’Unione europea o apolide, da sottoscriversi presso lo sportello unico per
l’immigrazione, istituito presso ciascuna prefettura – ufficio territoriale del
Governo, mediante il quale si prevede, a pena di nullità, la garanzia da parte
del datore di lavoro di un’adeguata sistemazione alloggiativa per il lavoratore
nonchè l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di
rientro del lavoratore nel paese di provenienza. L’articolo 6, rispettando
il disposto dell’articolo 5, paragrafo 2, della proposta di direttiva
comunitaria riguardante le condizioni d’ingresso per lavoro dei cittadini
extracomunitari (proposta di direttiva CNS-2001/0154), dà la possibilità allo
straniero che si trova legalmente in Italia ad altro titolo, di stipulare
comunque il contratto di soggiorno con il datore di lavoro. L’articolo 7 pone
una sanzione all’obbligo, già previsto dal citato testo unico di cui al decreto
legislativo n. 286 del 1998, di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza
dell’ospitalità concessa allo straniero o della sua assunzione. L’articolo 8
eleva da cinque a sei anni il periodo di soggiorno necessario ad ottenere la
carta di soggiorno. Appare questo un periodo di tempo più congruo per verificare
il complessivo inserimento dello straniero. L’articolo 9 riafferma in capo al
Ministro dell’interno il coordinamento dei controlli alle
frontiere. L’articolo 10 rende più stringenti le norme poste a contrasto del
favoreggiamento all’immigrazione clandestina. La lettera d), in
particolare, introduce la possibilità per navi militari o in servizio di
polizia, di fermare, sottoporre ad ispezione ed eventualmente sequestrare
imbarcazioni in acque nazionali o nella zona contigua alle acque internazionali,
conducendole in un porto dello Stato allorchè si abbia fondato motivo che siano
adibite al trasposto di clandestini. Per quanto compatibili le norme si
applicano anche ai controlli concernenti il traffico aereo. L’articolo 11
capovolge l’attuale impostazione della disciplina dell’espulsione. Se nella
disciplina vigente del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286
del 1998 l’espulsione è, di regola, effettuata mediante intimazione e, solo in
determinati casi, con l’accompagnamento alla frontiera con la conseguenza che la
maggior parte degli intimati in realtà non ottempera all’ordine di lasciare il
territorio nazionale, con le modificazioni introdotte l’espulsione con
accompagnamento alla frontiera diviene la regola ordinaria. L’intimazione resta
in alcuni limitati casi di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, assistita
comunque dalla possibilità di trattenere lo straniero presso un centro di
permanenza temporaneo. Il periodo di divieto di reingresso nel territorio
dello Stato in caso di espulsione, è elevato a dieci anni; tuttavia, tale
termine è temperato dalla possibilità di una sua riduzione, fino a cinque anni,
in fase di adozione del decreto di espulsione, tenuto conto della complessiva
condotta dell’interessato nel periodo di permanenza in Italia. L’articolo 12
detta nuove norme sull’esecuzione dell’espulsione. L’esperienza ha dimostrato
che i trenta giorni ora previsti come termine massimo per il trattenimento nei
centri di permanenza temporanea non sono sufficienti per assicurare il
riconoscimento del clandestino, presupposto indispensabile del suo rimpatrio. Il
nuovo termine di sessanta giorni dovrebbe consentire il riconoscimento della
quasi totalità dei trattenuti. L’articolo 13 reca disposizioni in tema di
espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione. La
norma prevede che lo straniero entrato illegalmente in Italia e detenuto in via
definitiva con una pena, anche residua, di due anni, possa essere espulso in
alternativa alla residua pena da scontare. Qualora rientri illegalmente nel
territorio dello Stato, è nuovamente assoggettato a detenzione. L’articolo 14
reca ulteriori specificazioni per la stesura del decreto di programmazione dei
flussi che devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva
richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali d’utenza ed
elaborati dall’anagrafe informatizzata del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali. L’articolo 15, nel sostituire l’intero articolo 22 del
citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, istituisce, in
ogni provincia, presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo, uno
sportello unico per l’immigrazione, responsabile dell’intero procedimento
relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato
ed indeterminato; inoltre, detta la disciplina, nonchè le modalità operative per
la sottoscrizione da parte del lavoratore straniero del contratto di soggiorno
per lavoro subordinato. Tra gli adempimenti dello sportello unico, è prevista
anche l’acquisizione e la comunicazione agli uffici consolari del codice fiscale
dell’immigrato ai fini del rilascio del visto di ingresso. L’articolo 16
prevede titoli di prelazione nel collocamento dei lavoratori stranieri derivanti
dall’aver frequentato corsi di istruzione e di formazione professionale
organizzati nei paesi di origine da enti abilitati. L’articolo 17 detta
disposizioni in materia di lavoro stagionale con le quali si provvede a
coordinare tale fattispecie di lavoro con la nuova procedura indicata
dall’articolo 15. L’articolo 18 prevede la revoca del permesso di soggiorno e
l’espulsione dello straniero a seguito di condanna con provvedimento
irrevocabile per i reati di produzione, smercio o distribuzione di prodotti
falsi, contraffatti o in violazione delle norme di tutela del diritto di
autore. L’articolo 19 demanda al Ministro per i beni e le attività culturali
il compito di determinare il limite massimo annuale di ingresso degli sportivi
stranieri che svolgano attività sportiva a titolo professionistico o comunque
retribuita. L’articolo 20 limita le fattispecie del ricongiungimento
familiare al coniuge ed ai figli minori. Modula diversamente il ricongiungimento
del genitore a carico, prevedendo l’ipotesi dell’impossibilità di altro sostegno
nel paese di origine. L’articolo 21 precisa che l’accesso alle misure di
integrazione sociale è riservato agli stranieri che dimostrino di essere in
regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia. L’articolo 22
reca una norma generale resa necessaria dalla nuova organizzazione e
denominazione delle strutture periferiche dello Stato. L’articolo 23 prevede
la revoca del permesso di soggiorno nelle ipotesi di matrimonio simulato e
finalizzato unicamente ad ottenere la possibilità di soggiornare in
Italia. Il Capo II (articoli 24 e 25) disciplina la revisione delle norme in
materia di diritto d’asilo introducendo una procedura semplificata per il
riconoscimento del diritto anche al fine di non consentire che tale istituto sia
utilizzato impropriamente, al solo scopo di procrastinare o di evitare un
provvedimento di allontanamento per irregolarità di soggiorno. Il
riconoscimento dello status di rifugiato è, infatti, tuttora regolato
dall’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cosiddetta legge Martelli).
Tale normativa prevede che a coloro che presentino una domanda di asilo –
indipendentemente dalla posizione di regolare, irregolare, sottoposto a
procedimento di allontanamento o altro – sia concesso un permesso di soggiorno
in attesa della definizione della richiesta. In sede europea è in discussione
un progetto di direttiva che regola lo standard minimo delle procedure
che gli Stati membri devono adottare per il riconoscimento dello status
di rifugiato (proposta di direttiva CNS - 2000/0238, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Comunità europea n. C062 E del 27 febbraio
2001). Tale progetto prevede, all’interno del principio generale della non
trattenibilità dei richiedenti asilo per il mero fatto di esaminare la loro
istanza, alcune eccezioni (articolo 11), nonchè una cosiddetta procedura
semplificata (articolo 27 e seguenti) per esaminare quelle domande che si
presumono manifestamente infondate; l’esito sfavorevole di questa procedura
semplificata, salvo l’obbligo di rispondere (articolo 33, paragrafo 3) – anche
negativamente – all’istanza del richiedente asilo che chiede di rimanere sul
territorio nazionale per tutta la durata dell’eventuale ricorso, non impone agli
Stati membri di sospendere gli effetti di una decisione sfavorevole di primo
grado in attesa dell’esito del ricorso. In attesa di una disciplina organica
sul diritto di asilo, il disegno di legge intende correggere l’obbligatorietà
della concessione del permesso di soggiorno contenuto nell’articolo 1 della
cosiddetta legge Martelli, mutuando proprio dalla proposta di direttiva
attualmente in discussione a Bruxelles i casi in cui è possibile trattenere il
richiedente asilo, nonchè la possibilità di allontanamento dopo il primo grado
concessa dalla procedura accelerata. Sono così disciplinate diverse
fattispecie per le quali è possibile trattenere o continuare a trattenere i
richiedenti asilo, sulla base di un procedimento – quale quello conseguente alla
violazione delle norme di ingresso sul territorio – già avviato prima della
richiesta di asilo. Il trattenimento dovrebbe permanere fino all’esito della
procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. Affinchè tale
procedura semplificata sia efficace, è necessario che essa sia completata prima
dello scadere del termine previsto per il trattenimento. Per tale ragione si è
reso necessario potenziare la Commissione centrale per il riconoscimento dello
status di rifugiato denominata ora "Commissione nazionale per il diritto
di asilo", istituendo altresì apposite commissioni territoriali in sede
decentrata. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento
delle commissioni territoriali, formazione e aggiornamento dei componenti delle
stesse, raccolta di dati statistici nonchè poteri decisionali in tema di revoche
e cessazione degli status concessi. Il Capo III (articoli 26 e 27)
contiene le disposizioni concernenti l’entrata in vigore e la predisposizione
dei regolamenti di attuazione ed integrazione del provvedimento, nonchè una
precisazione in merito all’assenza di oneri finanziari per l’attuazione degli
articoli 2, 4, 14, 15 e 16. È stata, inoltre, introdotta una norma, a
carattere transitorio, che consente al sindaco in particolari situazioni di
emergenza di disporre l’alloggiamento nei centri di accoglienza di cui
all’articolo 40 del citato testo unico, di stranieri non in regola con le
disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio italiano. È,
infine, individuata la copertura finanziaria degli oneri derivanti
dall’attuazione degli articoli 11, comma 3, 12, comma 1 e 25. Sul testo
normativo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata ai sensi
dell’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le
regioni, in tale sede, hanno avanzato la richiesta di una loro partecipazione al
Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni della legge,
nonchè al Gruppo tecnico di lavoro (articolo 2). Tale duplice richiesta è stata
sostanzialmente accolta mediante la previsione che un presidente di regione o di
provincia autonoma, designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e
tre esperti designati dalla Conferenza unificata facciano parte,
rispettivamente, del suddetto Comitato e del Gruppo tecnico di lavoro. Non è
stato possibile accogliere la richiesta che il decreto-flussi (articolo 3) sia
determinato "con l’accordo delle regioni e delle province autonome", in quanto
tale previsione avrebbe determinato uno stravolgimento dell’impianto della
legge. Peraltro, è stato previsto che, prima di procedere alla determinazione
del decreto-flussi, siano sentiti sia il Comitato per il coordinamento e il
monitoraggio della legge, cui partecipa un rappresentante regionale, sia la
Conferenza unificata. In tali sedi, le regioni possono avanzare le loro
proposte. All’articolo 14, si è accolta la richiesta di far riferimento, in
sede di predisposizione dei decreti di programmazione dei flussi di ingresso, ai
dati suddivisi, oltre che per regioni, anche per bacini provinciali di utenza,
conformemente alla ripartizione di competenze delineate dal decreto legislativo
n. 23 dicembre 1997, n. 469. Non è stato possibile introdurre nel testo, la
richiesta (articolo 15), formulata anche dall’Unione delle province d’Italia
(UPI), di istituire lo sportello unico per l’immigrazione presso i Centri
dell’impiego (competenza provinciale), anzichè presso l’ufficio territoriale del
Governo (istituito ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300)
poichè le nuove competenze attribuite a tale ufficio sono strettamente connesse
all’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato e sono pertanto
preordinate alla disciplina dell’immigrazione ed alla tutela dell’ordine
pubblico e della sicurezza, materie riservate alla competenza statale. È
stata, invece, recepita la proposta di un maggiore ruolo delle regioni e delle
province autonome nell’ambito dei programmi concernenti le attività di
istruzione e di formazione professionale da svolgersi nei paesi di origine
(articolo 16). In particolare, si è prevista:
a) la possibilità che a tali programmi partecipino tanto
nella fase propositiva quanto in quella realizzativa i predetti
enti;
b) l’introduzione di un apposito comma nel quale sono
individuate le finalità della predetta attività, indirizzata all’inserimento
lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano sia all’interno
dello Stato che nei paesi di origine nonchè allo sviluppo di attività produttive
o imprenditoriali autonome nei paesi di origine. Quanto al finanziamento di
tali iniziative, che nell’emendamento della Conferenza unificata veniva
demandato allo Stato, non si è ritenuto di poter dare seguito alla proposta in
considerazione degli oneri di bilancio e dei conseguenti problemi di copertura
finanziaria che avrebbe comportato. Per quanto riguarda le richieste
formulate e trasmesse dall’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), è
stata accolta la proposta di una partecipazione presso il Gruppo di lavoro di
rappresentanti indicati dalla Conferenza unificata nonchè la richiesta che,
prima di procedere alla determinazione del decreto-flussi, sia acquisito il
parere del predetto organo. Non è stata recepita la proposta di ridurre a
cinque il numero degli anni richiesti per la carta di soggiorno ( anzichè i sei
indicati nell’articolo 8), dal momento che non sarebbe in linea con l’indirizzo
di politica legislativa a cui è improntato l’intero
provvedimento. Relativamente alla richiesta di non sopprimere la disposizione
contenuta nell’articolo 40 del citato testo unico di cui al decreto legislativo
n. 286 del 1998 che attribuisce al sindaco la possibilità di intervenire in
materia alloggiativa nelle situazioni di emergenza, si è dato seguito mediante
l’introduzione di una disposizione transitoria (articolo 26, comma 3) in base
alla quale, fino alla realizzazione di una adeguata rete di centri di permanenza
temporanea e di assistenza – da accertare da parte del Ministro dell’interno,
previo parere del Comitato per il monitoraggio della legge –, il sindaco
conserva poteri di intervento in situazioni di particolare gravità; sono,
tuttavia, fatte salve le disposizioni sull’allontanamento dal territorio dello
Stato degli stranieri non in regola. Non è stato possibile accogliere la
richiesta concernente l’istituzione di un "Fondo nazionale per il rimpatrio
volontario ed assistito" in considerazione degli oneri che sarebbero derivati
alla finanza pubblica e che non avrebbero trovato la necessaria copertura. Le
proposte in ordine alla cosiddetta "chiamata professionale" non sono state
accolte in quanto reintrodurrebbero, in sostanza, l’istituto dello
sponsor che si è voluto abolire per i risultati negativi che lo stesso ha
prodotto. Per il più volte richiamato motivo della mancanza di una copertura
finanziaria non è stata altresì accolta la richiesta di istituire presso il
Ministero dell’interno un apposito "Fondo per le politiche sull’asilo". È
stata recepita la richiesta di inserire nelle Commissioni territoriali per il
riconoscimento dello status di rifugiato un rappresentante dell’ACNUR
(Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). È stata, infine,
accolta la richiesta che il rappresentante dell’ente territoriale non sia
designato dalla Conferenza unificata, ma dalla Conferenza Stato-città ed
autonomie locali, atteso il carattere locale delle predette Commissioni. In
considerazione della circostanza che il numero dei componenti delle stesse
poteva risultare paritario (è infatti prevista solo in via eventuale la
partecipazione di un quinto membro designato dal Ministero degli esteri) si è
previsto che in caso di parità prevalga il voto del
presidente.
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