Avvicinandosi allo studio degli eserciti mussulmani che, durante quasi otto secoli, parteciparono alla tappa della storia spagnola denominata Reconquista, come nel caso degli eserciti cristiani, si parla di eserciti formati per la conquista e poco preparati alla difesa, caratteristica che cambierà poco alla volta adattandosi alle nuove circostanze che la storia produrrà.
Gli eserciti mussulmani si nutrirono di una infinita fonte di persone dalla zona del nord Africa, richiamati sia per sfuggire alla povertà, con la possibilità di trovare ricchezze visigote e territori molto più fertili di quelli che si trovavano al sud dell'attuale Marocco, sia per il richiamo della guerra santa, sicuramente più sentita all'inizio della conquista.
Per questo la composizione degli eserciti era molto eterogenea in quanto a numero e composizione ed una delle costanti era la scarsa partecipazione di individui propriamente arabi, le truppe erano composte normalmente, per importanza e maggioranza, da individui africani e berberi.
Non incontriamo eserciti regolari propriamente detti, anche se già ai tempi di Mohamed Ben Abí Amir, più conosciuto come Almanzor, vedremo organizzazioni di unità di guardie personali.
Per quanto riguarda la composizione degli eserciti mussulmani incontreremo personaggi arabi, berberi, turchi, mammalucchi, africani, senza dimenticare i mercenari francesi e visigoti, nella prima fase della conquista ed espansione territoriale, , come cristiani nella fase dei regni di Taifas. Un'altra delle caratteristiche che segnerà gli eserciti mussulmani, come quelli cristiani, sarà il chiaro senso di indipendenza dei loro capi, con lo scopo constante di aumentare i propri poteri e di emanciparsi dalla dipendenza e sottomissione ai loro rispettivi re o califfi, dando luogo così al crearsi e disfarsi di alleanze non solo tra mussulmani ma anche con i re cattolici.
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L'esercito mussulmano che invase la penisola iberica non era un esercito arabo, ma reclutato tra le popolazioni berbere, e neanche una forza numerosa. Tarik Ibn Malluk (Tarik Ben Ziyad), luogotenente di Muza Ben Nusair e gran stratega militare, sbarcò con 7.000 uomini nella "Montaña de Tarik" (la futura Gibilterra), dove si stabilì in attesa di rinforzi, grazie all'appoggio di quattro navi messe a disposizione dal conte Don Julián.
É possibile che in seguito, all'esercito del governatore di Tanger, Tarik Ibn Malluk (Tarik Ben Ziyad), si aggiunsero 5.000 uomini raggiungendo così 12.000 unità, storicamente accettati dagli esperti per la battaglia di Guadalete.
Non si deve confondere Tarik Ibn Malluk (Tarik Ben Ziyad) con il berebero Tarik Ben Mulluk (Tarik abu Zara), che fu inviato da Muza Ben Nusair come osservatore con 400 uomini e 100 cavalieri poco prima per studiare le possibilità dello sbarco nell'attuale Tarifa. Muza, dopo la battaglia di Guadalete , arrivò con 10.000 combattenti, cifra che alcuni autori elevano a 18.000. In ogni caso, il numero totale degli invasori non sorpasso i 35.000 al termine della conquista, aggiungendo anche gli avventurieri che accorsero dal nord Africa, attratti dalle notizie sul favoloso bottino conquistato.
L'elemento predominante di questo esercito, come si è già detto, fu il berberismo. Tutti i cronisti arabi concordano che solo Tarik si assicurò alcuni elementi arabi. La composizione delle truppe di Musa doveva essere simile a quelle di Tarik, anche se si menzionano la presenza di arabi di lignaggio Quaysies e Quelbees.
Si deve citare la grande rivalità che esisteva tra Muza, di origine araba e Tarik di origine africana, che arrivarono persino ad essere richiamati a Damasco dal califfo per chiarire gli screzi costanti tra i due capi e che condizioneranno il futuro degli invasori nella penisola. Per questo si può considerare Abdelaziz, figlio di Muza e suo successore, come il primo emiro dei mussulmani spagnoli dipendenti da Damasco.
Gli arabi costituirono solo i quadri di comando e le forze d'elite. Sin dall'inizio gli eserciti islamici accolsero i nuovi convertiti e ricorsero sistematicamente al reclutamento di mercenari.
Nelle seguenti campagne di espansione si videro militare nelle truppe mussulmane curdi, sudanesi e uomini del Magreb; la cavalleria persa di Khorassan, integrata negli eserciti mussulmani, giocò un ruolo fondamentale nelle guerre mussulmane del secolo VII.
Altra fonte notevole di reclutamento furono gli schiavi; indottrinati alla nuova religione e dedicati esclusivamente alla guerra, arrivarono ad essere una milizia temibile, i ″mamalucos″, per la loro combattività, l'assenza di vincoli con i popoli conquistati e per il loro forte spirito di corpo.
Negli anni che seguirono alla conquista non cessò l'arrivo di nuovi invasori. Alcuni degli arabi che arrivarono con Muza ritornarono con lui a Damasco, ma il nucleo dell'esercito di Al-Andalus fu costituito dai berberi di Tarik e da quelli arrivati posteriormente.
Prova di questo fu la difficile situazione delle autorità arabe nell'anno 741, quando ebbe luogo la rivoluzione berbera dopo l'assassinio di Abdelmalik, repressa solo con l'aiuto dei siriani, che una volta sconfitti i berberi in africa, attraversarono lo stretto e si stabilirono come emirato dipendente da Damasco, con 7.000-10.000 uomini.
I siriani, attirati dal regime di Cordoba e con l'abilità negoziatrice di Való ben Dinar, formarono l'esercito di punta di Al-Andalus. I berberi passarono ad essere una riserva, chiamati alla guerra solo in casi eccezionali. Questa trasformazione della costituzione militare della provincia spagnola del califfato di Damasco si dovette, indipendentemente dalla presenza degli agguerriti siriani, al decadimento del valore combattivo dell'esercito originario sconfitto dai francesi di Carlo Martello.
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Durante un periodo di quasi 50 anni di conquiste mussulmane, nel quale gli emiri conservarono la dipendenza da Damasco, i costanti conflitti razziali ed economici portarono ad uno stermino della dinastia degli Omeyas da parte degli Abasidas, dove l'unico sopravvissuto fu il futuro Abderraman I. Il giovane principe attraversò il nord Africa e con l'aiuto di simpatizzanti e parenti entrò nella penisola da Almuñecar dando battaglia a Yusuf el Fihri ad Almusara e dopo la vittoria, entrò trionfante in Cordoba, dichiarandosi emiro indipendente da Damasco. Nasce così nell'anno 655 uno stato mussulmano spagnolo sotto il governo di Abderraman I.
L'organizzazione militare che incontrò Abderraman I al dichiararsi emiro di Cordoba fu quella stabilita dai siriani. Abderraman ampliò anche il numero di iqtas (porzioni di terra), tra alcuni dei membri Omeya della sua famiglia.
Ma molto presto si vide obbligato a realizzare una profonda riforma dell'esercito emirato. Abderraman I si appoggiò alla fazione yemenita di Al-Andalus per arrivare al potere, contro i Quaysies. Ma quando sia gli uni che gli altri manifestarono la loro ostilità, l'emiro comprese l'urgenza di consolidare il trono con un esercito personale, leale alla sua persona, cosa che non trovava nel sistema militare in atto.
Cordoba era agitata da costanti disordini che non si placarono neanche dopo l'assassinio di Yusuf el Fihri nel 759 e anche se il potere della dinastia Omeya si consolida le lotte non cesseranno fino all'anno delle insurrezioni berbere.
Abderraman per la necessità di mantenere l'ordine e per la sua sicurezza creò una guardia personale con i suoi mawlas. E subito dopo attirò i capi dei soldati siriani e le milizie mediante forti remunerazioni.
Organizzò anche una guardia nera con schiavi e reclutò un elevato numero di berberi dal nord dell'Africa. Tutto questo comportò l'uso di grandi somme di denaro, ma alla fine ottenne un esercito di quasi 40.000 uomini.
Alhakan I creò una poderosa truppa di mercenari, chiamata ″Hasham″, composta da mammalucchi o ″Aljur″ (silenziosi), perchè non conoscevano la lingua araba, e da un contingente di mercenari berberi.
I mammalucchi costituivano la guardia palatina di circa 5000 uomini (3.000 fanti e 2.000 cavalieri)
che alloggiava nell'Alcá di Cordoba. Ci furono pochi cambiamenti in questo esercito che sostenne numerose lotte durante i 90 anni intercorsi dalla morte di Alhakan fino alla nascita del califfato di Cordoba nel 912.
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L'esercito del califfato, che inizia con il regno di Abderramán III, conserverà le caratteristiche dell'emirato fino al regno del califfo Hisham II (976-1009) e la sua composizione era molto simile a quella dell'esercito organizzato da Alhakan I.
I mercenari continuarono ad essere il nucleo principale dell'esercito mussulmano, tra questi che percepivano un salario ed erano organizzati in unità, in determinate epoche ci furono anche servi sudanesi.
Il secondo elemento delle truppe califfali per importanza erano i contingenti mobili nelle province, composti da mussulmani, per cui era previsto l'obbligo di partecipare alla lotta contro gli infedeli. La mobilitazione , denominata ″Istinfar″ era obbligatoria per tutti gli iscritti al Diwan (registro). Ma l'effettivo obbligo al servizio d'armi non fu mai molto reale, diminuendo per le eccezioni introdotte da Almanzor.
Tornando all'organizzazione dell'esercito diciamo che si divideva in corpi di manovali, cavalieri e fursan (cavalieri scelti di guardia al califfo). La divisione in unità aveva come base il numero cinque. Il corpo, che poteva essere costituito fino a 5.000 uomini, comandati da un Amir, era composto da cinque raggruppamenti di 1.000 uomini sotto il comando di un Caìd.
Il Caìd aveva sotto la sua autorità cinque Naqib, che comandavano 200 uomini. Ogni unità di questa classe si componeva, a sua volta, di gruppi di 40 uomini, divisi in cinque Nazires di 8 uomini l'uno, agli ordini di un Arif.
Esistevano anche altri incarichi o gerarchie che si distinguevano per distinti incarichi: l'Amir al manzil, incaricato degli accampamenti; il Rayid, responsabile dei foraggi; il Dai, simile all'araldo o messaggero, e gli Amir al tehibayh, che dovevano occuparsi della vigilanza.
C'erano anche amministratori di giustizia, incaricati al Diwan e medici chirurghi.
Abderramán III morì nel 961, e lasciò il trono e un regno prospero ed in pace a suo figlio Alhaquem II. Alla morte di Alhaquem II nel 976, gli succede Hixém II.
La divisione del territorio in province prendeva il nome di Thugur quando si applicava a zone di frontiera con la finalità di contenere e respingere le incursioni nemiche.
Erano sotto l'autorità di un Valí ed originariamente ne esistevano tre: la "superiore", la "media" e l' "inferiore". Al tempo del califfato si ridussero a due: la "superiore" o "estrema" (al-thagr-al-ala o al-alaqa ) con capitale Zaragoza e la "media" o "prossima" (al-thagr-al-awsat o al-aduia) con capitale Medinaceli.
Oltre queste truppe, che si possono considerare come regolari, l'esercito mussulmano era sempre rafforzato da ″combattenti della fede″ (al-muchahidum), provenienti sia da Al-Andalus come dall'altro lato dello stretto.
Le riforme di Almanzor diedero una nuova struttura all'esercito del califfo. La più rilevante delle sue misure fu la berberizzazione dell'esercito. Incorporò per primo una scorta di soldati di carnagione nera, Abid, comprata a Chafar ibn Ali, poi fece arrivare cavalieri degli Banu Birzal, provenienti dal sud di Ifriquiya.
Almanzor ebbe una grande abilità politica, organizzando spettacolari spedizioni militari che gli diedero enorme popolarità, eliminando dai circoli prossimi ad Hixém II personaggi molto influenti come Al-Mohafi, il generale Galib de Gormaz e Rumahis.
Nel 981 con le sue conquiste di Zamora, Rueda e Simancas, Almanzor si autoproclamò ″Vittorioso di Dio″, dato che questo titolo era riservato solo ai califfi, provocò la diffidenza dello stesso. Almanzor comprese che la migliore possibilità per garantirsi l'appoggio dei cordobesi si basava sull'apporto di nuovi e spettacolari trionfi militari. Ciò lo portò all'organizzazione di un poderoso esercito senza precedenti.
Durante 21 anni Almanzor si convertì nel flagello dei regni cristiani che contemplavano impotenti la conquista della Galizia, Castiglia, Leon, Catalogna e anche l'umiliazione di concedere Sancho Gracés II, re di Pamplona, a sua figlia Aba.
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Gli eserciti dei regni di Taifas, nelle loro differenti epoche, erano costituiti essenzialmente da mercenari. L'esercito Almoravide che invase la penisola era costituito principalmente dei gruppi berberi. Il nucleo principale degli Almoravidi era formato da volontari della guerra santa.
Dopo la battaglia di Sagrajas o Zalaca (1085), Yusuf ben Tasufin, imperatore Almoravide privò dei poteri i piccoli re delle Taifas e basò il suo dominio sulle guarnigioni Almoravidi nelle principali città. Alla morte di Yusuf ben Tasufin sorse la figura del Hojatoleslam (dottore della legge coranica, livello intermedio fra il semplice Mullah e l'Ayatollah) Madi, che con le sue tribù di fanatici che chiamò Almohades, sconfisse gli Almoravidi nel nord dell'Africa. Questi eventi ebbero ripercussioni sui mussulmani in Spagna, che scontenti del comportamento degli Almorávides videro nelle nuove leve la soluzione a molti dei loro problemi.
Gli Almorávides della penisola, popolo molto religioso ed intransigente con giudei e mozarabi dopo la morte di Yusuf ben Tasufin non trovarono un capo che gli unisse e per questo non ebbero nessuna possibilità di resistere all'entrata degli Almohades, capitanati da Abdelmumén e da suo figlio e successore Abú Yusuf. Il poderoso esercito riuscì a riconquistare gran parte dei territori al sud della penisola, liberando regni come Siviglia, Cordoba, Granada e riunificando il regno di Al-Andalus nel 1172, dopo l'incorporazione del regno di Murcia.
L'esercito Almohade era composto da gruppi sottomessi al suo dominio. Si classificavano in due categorie il Yumua ed il Umum. Lo Yumua era formato da guerrieri che ricevevano un salario, risiedendo normalmente a Marrakus. Gli Umum rimanevano in altre città.
L'esercito Almohade era basato sull'infinita fonte umana che arrivava dall'Africa. Abú Yacub, successore di Abú Yusuf, proclamò la guerra santa contro la cristianità e portò un grande esercito in Spagna e sconfisse clamorosamente le truppe del re castigliano Alfonso VIII ad Alarcos (1195).
Gli Almohades avevano anche una milizia composta da uomini di diversa provenienza: arabi, andalusi, mussulmani, almoravidi e cristiani.
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Per parlare di eserciti cristiano o gruppi di combattenti cristiani nell'epoca delle Reconquista, ci si deve riferire al contesto della organizzazioni sociali esistenti in un periodo storico poco conosciuto e in cui i riferimenti sono difficili da trovare. Sono epoche nelle quali frontiere e regni si trovano in costante movimento, nelle quali a differenza del pensiero comune le guerre non sono costanti, ma intervallati da lunghissimi tempi di pace.
Sono tempi in cui le coalizioni, le lotte interne ed esterne sono all'ordine del giorno, ″colui che oggi è il mio alleato, domani sarà il mio nemico″, in cui le lotte per la successione ai troni ed ai feudi daranno luogo a complicate alleanze in momenti in cui gli eserciti hanno entità molto ridotte ed in cui non si può parlare di eserciti organizzati professionalmente.
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I gruppi di uomini armati, nella Spagna medievale non ebbero dei nomi concreti per molto tempo. I vocaboli che si impegnavano erano equivalenti all'impresa bellica che sostenevano. Tra gli esperti dell'Età media alcuni opinano, come Martinez Vega, che bisogna distinguere due forme di prestazioni al servizio militare da parte degli abitanti dei municipi e si denominavano ″Huestes″ e ″Apellido″. La Hueste sarà l'esercito integrato da elementi eterogenei, l'Apellido sarà la milizia difensiva per la protezione del territorio degli invasori.
Senza dubbio, fu Hueste il termine che generalizzò e finì per definire l'unione di uomini armati in qualsiasi situazione, apparvero anche altre espressioni che definivano le guardie sotto il comando supremo del re, la Hueste Real. Non erano di composizione omogenea e non rispondevano ad un'organizzazione gerarchica, ma si trattava di un conglomerato eterogeneo. Generalmente la Hueste Real era formata dalla milizia, Mesnade signorili, Vassalli reali, Milizie municipali ed i cavalieri degli ordini militari.
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La Mesnada Real formava parte, nel regno Astur-Ieonés, del Palatium Regis o Corte Real. Questo Palatium Regis non fu organizzato, in maniera definitiva, fino al regno di Alfonso III, anche se esistono indizi sufficienti per ammettere la presenza di Magnates Palatii nei regni anteriori.
I Magnates Palatii, erano incaricati di proteggere la persona del re, combattevano con il monarca e vicino ad i Militis Palatii, ma la loro composizione era diversa e dovevano costituire un organo consultivo di nobili che consigliavano il re nei problemi di guerra. L'Armiger Regis ricevette il nome di ″Alférez del Rey″ in castiglia ed in Navarra. In Aragona e Catalogna si conobbe con il nome di Senyaler. Nonostante la sua etimologia araba, l'Alférez ha radici germaniche, ereditando le sue funzioni dal ″Comites Spatarium″ visigoto, in guerra portava lo stendardo reale e nelle grandi cerimonie era colui che portava la spada del monarca.
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La Mesnada Señorial poteva considerarsi come l'esercito particolare dei signiori.
L'esistenza di tali eserciti feudali ebbe indubbiamente un'importanza capitale in determinati momenti e luoghi nell'Europa del medioevo. Ma nella Spagna cristiana forse non ebbe mai una forza guerriera di questa natura, come neanche ci fu un vero feudalismo.
In realtà non solo i grandi signori avevano le loro Mesnadas, ma anche molti cavalieri arrivarono ad avere la propria. In questi termini possiamo capire la necessità di una gerarchizzazione, come risultato dei numerosi e differenti titoli che si crearono e che servivano per differenziare gli status sociali acquisiti. Si assiste alla nascita dei titoli nobiliari e subito dopo, all'ansia per conseguirli.
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La presenza e partecipazione attiva delle milizie municipali nella Reconquista fu un processo lento e di prolungata maturazione dai primi momenti della lotta contro l'invasore mussulmano. Il suo pieno sviluppo non ebbe luogo fino al secolo XII. Le milizie municipali sorsero stimolate e protette dai sovrani dei distinti regni, come opposizione al potere dei nobili, che inevitabilmente sminuiva il potere reale.
In questa forma si imposero ai municipi con determinate condizioni e le composizioni delle loro forze erano fissate dai differenti fori promotori, come:
- Jaca - 1062
- Sepúlveda - 1074
- Nájera - 1076
- Molina - 1153
- Uclés - 1179
- Larraga - 1180
- San Seastián - 1180
- Castroverde - 1201
- Cáceres - 1229
- Córdoba - 1241
L'obbligo, valido per tutti, di servire con le armi, fu richiamato da Bermudo II alludendo alle leggi di Wamba. Ripetuto nel foro di León (1020) ed accettato come obbligo o precetto, si concretizzò poco a poco nei distinti regni. Senza dubbio, fu nei tempi di Alfonso VIII di Castiglia che acquisirono il loro maggior sviluppo e regolamentazione con le giurisdizioni di Cuenca (1180) e di Nájera (1020).
Le Hueste dei municipi si dividevano in Collaciones o Parroquias. Per alcuni autori queste divisioni erano raggruppamenti misti di cavalieri e fanti.
La Collación consisteva in una sottovisione territoriale della città medievale, che in un certo modo corrispondeva con la comunità Parroquial. Appariranno con Alfonso XI differenziandosi tra ″Vassalli reali″ e ″Cavalieri d'importanza″, i primi servendo il re per una paga che veniva remunerata in terre o soldi e la cui quantità era conosciuta come ″libramiento″, mentre i secondi con l'obbligo di difesa delle frontiere e di ausilio ai vassalli nei momenti di bisogno.
L'auge delle milizie municipali coincide con la nascita dei municipi nel secolo X, come conseguenza della ripopolazione delle zone di frontiera e arrivando all' apice nel secolo seguente. Anche se è stato messa in dubbio l'efficacia delle Milizie Municipali come organizzazione militare, non si deve dimenticare che neanche il nemico che combattevano aveva un'organizzazione migliore.
Il merito storico dei municipi durante la Reconquista fu il contenimento della minaccia mussulmana, conservando le conquiste nella dura e costante guerra di frontiera. Ma i municipi con il tempo denaturarono il loro ruolo, avvicinandosi ad un pseudo-feudalesimo di carattere collettivo. In alcune occasioni realizzarono spedizioni verso l'interno di Al-Andalus, come quelle di Avila, di Toledo e Salamanca senza altro fine che quello realizzare bottini di guerra. Anche se appoggiarono la Corona e la difesero nei momenti difficili nella lotta contro i grandi Signori, nel secolo XIV, i re si attribuirono il comando delle Milizie, approfittando della crescente autorità della monarchia.
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Gli Ordini Militari, chiamati anche ″Ordenes de Caballerós″, sorsero in Palestina durante le crociate con una finalità puramente religiosa, originatisi nella caritatevole intenzione di ausilio e protezione ai pellegrini verso la Terra Santa. In questa maniera nacquero le organizzazioni militari denominate ″Monaci soldati″.
Successivamente si convertirono in organizzazioni di cavalieri, che collaboravano nella lotta contro l'islam, fino a quando finirono i regni fondati dai crociati.
L'″Orden del Hospital″ emigrò verso altri luoghi fin quando si rifugiò a Malta, l'″Orden del Temple″ andò in Francia, dove fu sciolto violentemente nel secolo XIV, nel momento del suo massimo splendore. L'″Orden de los Caballeros Teutónicos″ tardo in Palestina e dopo si spostò nell'Europa orientale dove realizzò una grande operazione militare, conquistando ed evangelizzando la Prussia.
La lotta che si stava sviluppando in Spagna esercitava un naturale richiamo per i grandi Ordini Militari d'oriente. Gli Ordini del ″Temple″ e del ″Hospital″ apparirono molto presto nei regni cristiani. In Spagna gli Ordini Militari si integrarono in un aggregato di soldati-frati che riproducevano il sentimento del Cavaliere cristiano, esaltato per la vicinanza del vicino mussulmano e per l'ansia nella ricerca di avventure che innalzavano a rinomate glorie.
I principali Ordini Militari spagnoli furono: Santiago, Calatrava, Alcántara e Montesa. Ci furono anche altri Ordini più o meno importanti nati dalla Reconquista e la cui vita fu di diversa durata. Facendo una sintesi nel loro numero i principali Ordini, esclusi quelli nominati precedentemente, furono:
- Orden de la Encina
- Orden de San Salvador
- Orden de la Banda
- Orden de la Azucena
- Orden de la Escama
- Orden del Ala de San Miguel
- Orden de Monte Gaudio o de Mongoia
- Orden de Nuestra Señora del Rosario
- Orden de Jesucristo y Santo Domingo
- Orden del Cristo
- Orden de Santa Maróa de la Merced y de la redención de cautivos
- Orden de la Paloma
- Orden de Avis
- Orden de la Empresa de San Juan Bautista
- Orden de los Caballeros de San Jorge
- Orden de San Juan de Peiró
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A partire dal secolo XI si ebbero negli eserciti cristiani uomini con caratteristiche di mercenari, originari di questi regni e stranieri. Questi contingenti aumentarono nell'Età media e per qualcuno costituirono il futuro nucleo dell'esercito reale. In questa interpretazione di concetto di mercenario, si includono guerrieri che percepivano ″stipendio bellico″ o quelli che si convertivano in vassalli ″Golondrina″ (rondine).
Alfonso II d'Aragona prese a suo servizio il saraceno Mohamed Abanadalli, e Pedro il Grande si servì di balestrieri e lancieri mori del regno di Valenzia nelle sue guerre con la Francia.
In Castillia, Pedro I ebbe tra le sue Huestes ausiliari mori, nella stessa maniera in cui Enrico de Trastamara ne ebbe mussulmani o del Magreb.
Dal secolo X regnò indubbiamente un certo spirito di armonia tra questi sovrani ed i regni cristiani di Spagna. Al contrario si può dire che i mussulmani di oriente, messi di fronte alle crociate, non ricevettero nessun appoggio dai mussulmani d'occidente. Queste milizie cristiane del Magreb erano state per lungo tempo parte degli eserciti del Marocco, Tremecén (Algeria) e Tunisia. Sembra abbastanza probabile che questa pratica fu iniziata dagli Almorávides con prigionieri cristiani, ma al tempo degli Almohades si trattava di uomini liberi dei regni cristiani d'Europa, principalmente, castigliani in Marocco, catalani ed aragonesi in Tremecén e Tunisia.
La sua costituzione originale è sconosciuta, anche se sappiamo che costituivano un'organizzazione separata. Erano comandati da un ″Alcaide″, nominato dal re d'Aragona ed al servizio dell'emiro che li pagava. Avevano il libero esercizio della propria religione e portavano le insegne del re d'Aragona. Furono apprezzati per la loro disciplina, arrivando a costituire, in varie occasioni, la guardia personale dei sovrani magrebini. Non furono mai utilizzati contro cristiani ma solo in opposizione ai berberi.
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Le Fratellanze nacquero per difendere gli onesti abitanti di paesi e città dalle scorrerie e dalle devastazioni dei banditi che turbavano la pace e depredavano le ricchezze. Tuttavia essendo utilizzate dai re, molte volte in forma permanente come truppe scelte, molto tempo prima della creazione dell'esercito regolare, si possono considerare, anche se alcuni autori non pensano lo stesso, come il seme che diede frutto ad un esercito istituzionalizzato e quindi l'inizio del professionismo militare.
Il periodo in cui le Fratellanze furono presenti in Spagna fu incredibilmente ampio e si comprende dalla conquista di Toledo da parte di Alfonso VI nel 1085 al 15 gennaio 1835, durante la minor età di Isabella II , che decretò la loro totale estinzione.
É naturale che dopo sette secoli e mezzo di presenza, sperimentassero le alternative più disparate, a volte potenti, a volte combattive, a volte influenti o al contrario meno apprezzate, però sempre furono presenti negli avvenimenti storici più importanti. D'altra parte, le cause della loro origine, sono connesse con quelle istituzioni, la cui storia è molto interessante ma difficile da definire in poche righe, e sostenuta per ragioni genuinamente spagnole, che approfondendo i sui molteplici ordinamenti e privilegi, non sono solo i predecessori della Guardia Civile e dell'esercito permanete, ma anche di molte altre organizzazioni statali sorte per il buon governo del paese e per la custodia degli eterni valori della patria.
Il feudalesimo spagnolo ebbe caratteristiche proprie, molto differente del resto d'Europa. La nobiltà ed il clero di Castilla e Leon non raggiunsero né l'indipendenza né il potere che ebbero in Francia, Italia o Svizzera, per cui nobili e prelati spagnoli , anche se ottennero dai re diritti giuridici e dominicali, non arrivarono mai all'esercizio dell'autorità suprema. L'amministrazione della giustizia, la coniazione di nuova moneta, il possesso di castelli e fortezze che erano appartenuti a ribelli, erano priorità reali e tutti avevano l'obbligo di servire il re nelle guerre. La lotta tra il feudalesimo ed i propri monarchi, terminò a favore di questi con il conte di Castiglia, don Sancho Garcia, paladino della cristianità che sconfisse il celebre condottiero moro Almanzon. Con la sua morte nella famosa battaglia, il conte di Castiglia, ampliando i suoi possedimenti, si propose di liberare i paesi dal potere del feudalesimo. Come ricompensa donò ai cittadini privilegi propri cosicché si governassero da soli e non riconoscessero nessun altro signore che il loro Re, nessuna altra autorità che il suo Consiglio. In quei primi quaderni di leggi, predominò l'esenzione dei tributi e la retribuzione per la guerra.
Secondo don Rodrigo Jiménez, arcivescovo di Toledo, la concessione di questi privilegi diede ″più nobiltà ai nobili e temprò il popolo alla durezza dalla servitù″. La maggior parte di Re e Principi imitarono l'esempio del Conte di Castiglia, come primo esempio di legislazione, che anticipò di molti secoli il resto delle monarchie europee. Con l'attuazione di questi diritti e libertà comunali i paesi ebbero notevoli miglioramenti. Si sentirono liberi, senza nessun altra sottomissione che quella dovuta al Re. Le città emancipate dal feudalesimo, si amministrarono con i propri privilegi.
Il sindaco delle Fratellanze e otto o dieci uomini del paese considerati "buoni", erano quelli che amministravano la giustizia. Ciò nonostante, dato che la guerra contro gli arabi, la nobiltà ed infine le lotte contro i banditi che aggredivano i viaggiatori, devastavano le fattorie o rubavano il bestiame era continua, uniti negli interessi i cittadini cercarono nell'unione la forza, ed in questa maniera nacquero in ogni località ″le confraternite″ (che riunivano tutti coloro che avevano una stessa occupazione o lavoro, sotto la protezione di un Santo, cui cominciarono a rendere omaggio come patrono). Seguendo il processo evolutivo naturale, quando il pericolo era comune a vari Consigli questi si univano per combatterlo, legati temporaneamente da giuramenti, determinati dalla situazione, quali ad esempio impugnare le armi per raggiungere la tranquillità. L'unione temporale di vari Consigli vicini diede luogo alle Fratellanze, che in alcune occasioni ebbero carattere permanente, regolando leggi e prendendo le armi per le imprese della Reconquista.
A questo punto si possono distinguere una serie di Fratellanze, considerate le principali, cominciando da quella di San Martín de la Montiña, Villa Real e Talavera, che diedero vita a la Santa Fratellanza Vecchia, e dall'altra parte quelle Fratellanze che sorsero in differenti punti della penisola iberica.
Fratellanza di San Martín de la Montiña - Fratellanza di Villa Real y Talavera - La Santa Fratellanza Vieja - Fratellanza di Vascongadas - Fratellanza di Aragon - Fratellanza di Navarra - Fratellanza di León y Galicia
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Le prime testimonianze sulla creazione delle Fratellanze come mezzo di lotta verso i banditi le troviamo durante il regno di Alfonso VI, alla fine del secolo X, e coincidono con la conquista di Toledo nell'anno 1085. La conquista di Toledo da parte dei cristiani, cambiò totalmente il panorama del potere arabo, segnando l'inizio della sua decadenza. La conquista della città costò ad Alfonso VI più di 6 anni di assedio, dove si era rifugiato grazie all'ospitalità offerta dal principe arabo Aben-Dylnum (AI-Mamun), quando fu destituito per mano di suo fratello Don Sancho. Con la conquista di Toledo, restarono senza occupazione grandi contingenti, che abbandonati all'ozio, gironzolavano nelle vicinanze, allora coperte di boschi. Nella zona conosciuta come Sisla Mayor o Montiña restò protetta dalla boscaglia una masnada senza un'occupazione utile, che era un pericolo costante per viaggiatori e gli abitanti della zona.
Non si può stabilire con precisione quando nacque l'idea di questa Fratellanza, né quali fossero i suoi territori, per cui si dovrà aspettare più di un secolo e mezzo perché la storia registri un documento che dia un carattere di permanenza alla Fratellanza. Il re diede dei privilegi alla corporazione degli Apicoltori e dei Balenieri per contrastare i banditi ed una volta conseguito l'ordine la città di Toledo avrebbe concesso loro l'usufrutto di un pascolo dove organizzarono la prima Fratellanza con il nome di San Martón de Montiña.
Tuttavia, nell'archivio della santa Fratellanza di Toledo si conservò, fino alla sua estinzione, un privilegio in pergamena e scritto in latino, dato dal Re Santo il 3 marzo 1220, a favore degli Apicoltori di Toledo, a cui veniva confermato il diritto di cacciare sui monti della città, come aveva fatto suo nonno Alfonso. Questo documento, ritenuto il più antico e di cui si riporta un frammento, anche se non precisa la data esatta, dimostra come la Fratellanza di Apicoltori e dei Balenieri di Toledo, chiamata anche di San Martón de la Montiña, fu la più antica.
″Sappiamo tutti i presenti e i posteri che Io Ferdinado, per grazia di Dio, re di Castillia e di Toledo, in comunione con mia moglie doña Beatrice e mio padre Don Alfonso, con il consenso e il beneplacito di mia madre la regina Berenguela, stipulo una carta di donazione, libertà, concessione, conferma e stabilità a voi Apicoltori di Toledo, presenti e futuri, perché ne possiate usufruire per sempre. Per ciò vi concedo di andare per i monti e cacciare conigli, secondo il costume che avevate in quei luoghi e che esercitavate al tempo di mio nonno il Re Alfonso VI. Stabilendo e proibendo fermamente che nessuno senza mio mandato, osi opporsi, tranne per ciò che già stabilì mio nonno o che egli stesso ampliò. Se qualcuno proverà a infrangere questa proclamo o diminuire i diritti in esso concessi, incorra nell'ira di Dio Onnipotente, e sia condannato a soffrire le pene dell'inferno con il traditore Giuda, venditore del suo Maestro e Signore, paghi al Re 1000 marchi d'oro ora e a voi restituisca al doppio tutto il danno che ha causato.
Data …Toledo….″.
Come si può dedurre, il re nell'intento di intensificare agricoltura e caccia, incitò i lavoratori e gli concesse privilegi in modo che formassero la Fratellanza. Una volta costituita riuscirono a difendersi dai banditi e trasformarono quel paesaggio in un paese fertilissimo. La Fratellanza dal principio fissò pene molto severe e amministrava per proprio conto le sentenze, i suoi stessi capi amministravano la giustizia per delegazione dello stesso Re.
″se qualche confratello scopre il ladro compiendo la cattiva azione, lo prenda subito, e che sia impiccato immediatamente senza aspettare il Re o il Signore del paese″.
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Il privilegio concesso da Ferdinando III e trascritto prima nella carta della Fratellanza di Montiña, ci permette di costatare che fu il nonno Alfonso VI , cioè il vincitore della battaglia delle navi di Tolosa, a concedere il citato privilegio. Nel preambolo dell'Ordinanza della Santa Fratellanza approvata da Felipe V, esisteva una prova dell'esistenza della Fratellanza già al tempo del Re Alfonso VII, anche se in verità il primo che prese il titolo fu Alfonso VI, dopo la conquista di Toledo.
Fatta questa puntualizzazione, continuiamo con le Fratellanze di Villa Real y Talavera che unite a quella di Toledo, diedero luogo alla Santa Fratellanza Vecchia.
Le Fratellanze di Villa Real y Talavera vennero fondate da Ferdinando III il Santo, anche se suo nonno Alfonso VIII, poco prima di morire nel 1214, già aveva promulgato alcune leggi sull'organizzazione delle Fratellanze, che poi servirono al Re Santo. Quando si organizzavano gli eserciti per le imprese della Reconquista, gran parte facevano parte della milizia mandata da ″Alcaldes″ e ″Cuadrilleros″. In una traduzione di un privilegio dato nel 1180, dopo la cattura di Cuenca da parte di Alfonso VII, si spiega come i Cuadrilleros erano quelli adibiti a raccogliere le prede dei nemici, per spartirle come bottino. Avevano quaderni dove registravano i prigionieri, bestiame, armi, etc…. Inoltre si prendevano cura dei feriti, imponevano ed esigevano il pagamento di multe a coloro che si negavano o ritardavano nella marcia.
In sunto, oltre al loro mandato di ″Cuadrillas″, gestivano la parte finanziaria ed amministrativa e svolgevano un ruolo di polizia.
Nel 1225 Ferdinando III iniziò la sua grande campagna contro i mori, che cominciando dalla conquista di Baeza, finirono con la conquista di Sivilla, Jerez e molte altre città. Stava per cominciare l'inverno del 1242, quando si trovava a Cordoba preparando un esercito per la conquista di Jaen. Seppe allora che su madre doña Berenguela, era partita da Toledo per conferire con lui su mansioni di governo che doveva assolvere in sua assenza. Ferdinando III cercando di risparmiarle un po' della noia del viaggio, le andò incontro fissando un incontro in un luogo conosciuto con il nome di Pozuelo Seco de don Gil. Tanto questo punto come le terre confinanti erano proprietà di un ricco uomo chiamato don Gil Turra (Turro) Ballestero, originario di Alarcos, che dopo la sconfitta dei cristiani e la distruzione del paese si era rifugiato nelle sue terre. Circa sei settimane, si pensa, le comitive stettero accampate nei possedimenti di Don Gil.
Come zona di frontiera, le continue lotte tra mori e cristiani diedero vita ad un considerevole numero di scorribande di banditi che presero il nome di ″golfines″, che avevano un capo temibile, chiamato Carchena. Le loro devastazioni costituivano un flagello, incendiavano monti, saccheggiavano, violentavano le donne e assassinavano gli uomini. Don Gil, aiutato dai due figli Miguel e Pascual e altri cavalieri, lavoratori e apicoltori avevano formato una Fratellanza per difendersi da Carchena, che a volte si presentava in truppe con più di cento uomini.
Con il pretesto di tener alloggiato il Re nei suoi possedimenti, Don Gil, chiese l'aiuto e l'autorizzazione per continuare a perseguire i ″golfines″, rendendolo una forma regolare e ordinata. Si formarono così tre gruppi di Fratellanza con carattere permanente, comandate da Miguel Turra stabilitosi in Talavera; Pascual, in Ventas con Peña e Aguilera,e don Gil, capo più importante, nei suoi possedimenti di Pozuelo. Questi gruppi erano sostenuti da Ferdinando III il Santo. Costui formulò normative per la persecuzione dei ″golfines″, per cui autorizzò i popoli confinanti a costituirsi in Fratellanze ″per andare per monti e cacciare in quelli e nelle sue terre liberamente″, vantaggio concesso in cambio dell'obbligazione a perseguire i banditi e a ripulire il cammino da bestie e fiere.
Successivamente Alfonso X il saggio, tracciò il recinto della città che nel 1273, durante il suo regno, prese il nome di Villa Real e poi al tempo di Juan II di Ciudad Real, nome che tuttavia mantiene, come premio per i servizi prestati al Re Juan II, liberandolo dall'assedio in cui lo tenevano i nobili del castello di Montalbán. Dato che la persecuzione dei ″golfines″, organizzata e attiva, fu molto benefica, convinti i pastori e gli allevatori sulla necessità che la Fratellanza continuasse, contribuirono economicamente al suo mantenimento, con ″il tributo della rasatura″, che consisteva nella consegna annuale di un capo di bestiame da parte di ogni allevatore. La maggior parte dei componenti della Fratellanza rimasero liberi da obbligazioni e tributi e liberi di cacciare. indietro |
Il sentimento religioso medievale, che imprimeva un carattere di crociata ai suoi componenti e data la similitudine di funzioni delle tre fratellanze segnalate, durante il regno di Alfonso X il saggio, si unirono formando un'unica Fratellanza che prese il nome di Fratellanza di Toledo, Talavera e Villa Real. Nella legge 12, paragrafo 26, si stabilivano già le condizioni che dovevano riunire gli ufficiali, che venivano chiamati Cuadrilleros, e Sancho IV il bravo non solo diede impulso alla fratellanza ma ottenne anche che Papa Celestino V non la disciogliesse, quando glielo chiese il Re, conseguendo non solo che continuasse la sua funzione ma che ricevesse, in una bolla emessa il 1294, il nome di Santa e Reale ″Santa Haec Sancta Vestra Fraternitas″.
Si stabilirono gruppi a capo di cui vennero posti uomini, scelti tra coloro che avevano dimostrato timor di Dio e vergogna, e che non agissero con codardia, mentre colui che nel gruppo commettesse un abuso era castigato dal Re, talvolta con la morte.
Durante la minor età di Ferdinando IV, nelle città, paesi e in ogni luogo popolato o non, si commettevano furti , omicidi e ogni tipo di cattiveria, chi per vendicarsi di un nemico chi per necessità o ancora chi perché era abituato ad agire con crudeltà. Davano fuoco alle case, saccheggiavano i beni, rubavano il bestiame, la situazione andava avanti piena di tristezza e pianto, miserabile spettatrice di mali e danni doña Maróa de Molóna dovette impegnarsi molto per lasciare a suo figlio il regno. Da qui il vero fondatore della Santa Fratellanza fu Ferdinando IV, che durante l'infanzia visse le alterate circostanze dei Lara. Anche se morì a soli 25 anni, in circostanze poco chiare, governò con capacità aggiungendo ai suoi possedimenti Gibilterra e fondando Algeciras. Però dove più spicca il suo operato, fu nell'irrobustimento delle Fratellanze. Una delle sue prime lettere datata Toledo 25 settembre 1304 è un compendio di misure per l'ordine pubblico: ″Agli apicoltori della Fratellanza di Toledo, Talavera e Villa Real prima di tutto, grazie.″
Creò un principio di subordinamento, quando c'erano due o più Cuadrilleros impegnati nella stessa impresa, creando la carica di Reggitori, di grado superiore ai Cuadrilleros, che dovevano prendere il comando. Diede istruzione a Consiglieri e sindaci perché nessuno fosse escluso dal tributo della rasatura e stabilì pene per coloro che nascondevano i golfines.
L'anno 1312 era la data stabilita per sciogliere la Santa Fratellanza, però Ferdinando IV anticipò l'evento con un importante documento del 13 di luglio, in cui ordinava di continuare nel loro scopo umanitario, non privando la comunità del loro particolare servizio. Durante il suo regno la Santa Fratellanza intervenne nell'assedio di Gibilterra e il suo intervento fu decisivo a favore del Re, quando ci fu la sollevazione dell'ordine di Calatrava a Ciudad Real, conseguendo per il servizio eccellente il diritto di ″Usar sello″.
Se l'anarchia imperò durante l'adolescenza di Ferdinando IV, aumentò con suo figlio Alfonso XI e di nuovo fu messa alla prova l'abilità di doña Maróa de Molina. La tutela del Re fu disputata tra don Juan e don Pedro, zii di Fernando IV, ed entro i due cavalieri don Juan Mamuel e don Felipe della Casa de Lara, sempre pronta alla rivolta. La tutela si accordò nella Corte di Palencia nel 1313, mentre la nobiltà e i cavalieri vivevano nel ladrocinio consentito da chi aveva la tutela del Re, cui davano appoggio.
All'inizio del regno di Alfonso XI nel 1325, dotato di una grande energia, si dedicò a porre fine a quella anarchia, applicando una radicale giustizia a tutti coloro che vivevano fuori dalla legge, fossero essi nobili o potenti signori. Per questo si servì della Santa Hermandad.
L'impulso dato alle Fratellanze da Alfonso XI fu fondamentale, considerato il monarca possessore del vero spirito politico, brillò con i suoi interventi personali come la distruzione del Castello di Valdenebro, dove albergavano banditi di classe nobile, e protetti da signori feudali. Inoltre intervenne direttamente nell'organizzazione delle Fratellanze. Ad i componenti della Santa Hermandad rimase la facoltà di requisire beni e di infliggere pene o multe. Quando Enrico II fu incoronato re ad Huelgas nel 1366, la Santa Hermandad era molto famosa, tanto per i molti e decisivi servizi prestati in guerra quanto in pace, godendo i giusti privilegi ed esenzioni dai tributi al re ed alla chiesa. Nella ″Cortes de Toro″, il primo dicembre 1369, nasce il regolamento dove appare per la prima volta la carica di giudice e successivamente il Tribunale della Santa Hermandad, che aveva il compito di giudicare banditi e ladri e in cui le pene si applicavano senza distinzioni sociali. Con don Fernando de Antequera si diede una svolta nell'organizzazione, regolamento e servizi che doveva prestare la Santa Hermandad. Questo Principe, di chiaro talento, dopo mezzo anno dalla sua nomina a tutore di suo cugino Juan II, che aveva due anni, redasse un documento di grande importanza, il 16 maggio 1407 a Toledo, in cui regolava i servizi di polizia e di soccorso per le calamità naturali. Enrico IV, sapendo che la Hermandad era il pilastro più solido dei re, per opporsi alla nobiltà, commissionò a dotti letterati (Toledo 1462) la riorganizzazione totale della Santa Hermandad. Nel 1473 dato che durante il regno di Enrico IV la Santa Hermandad Vieja era stata devastata dall'immoralità, si organizzò una riunione generale dei maggiori esponenti della Santa Hermandad, celebrata a Villacastón (Segovia), dove si studiarono le basi per formare la ″Hermandad Nueva General del Reino″, antecedente alla ″Santa Hermandad Nueva″. indietro |
I paesi baschi fondarono Fratellanze alla fine del secolo XIII ed ai principi del XIV. Il punto di partenza fu la ″Confraternita del Campo de Arriaga″, composta da ricchi uomini, cavalieri, scudieri, esponenti del clero e dal vescovo di Calahorra (Logroño). La città di Vitoria formò fratellanze con Haro, Logroño, Nájera, Santo Domingo, Treviño, Puebla de Arganzón, Santa Cruz de Campezu ed altre. Queste fratellanze si unirono a volte con il nome di ″Santa Hermandad Vieja″ (Toledo, Talavera y Villa-Real) ed in altri momenti con il nome di ″Hermandades de los Reinos de Castilla y León″. Enrico IV il 22 Marzo 1458 a Madrid, sostenne queste fratellanze inserendo alcune innovazioni e nel 1463 produsse un importante riorganizzazione con l'aiuto di Pedro Alonso de Valdivieso, Diego Gómez Zamora e Fernán González de Toledo. indietro |
Nei primi anni del secolo XIII, alcuni paesi cominciarono ad unirsi per poter resistere ai continui abusi che venivano commessi dai signori feudali. Per il mantenimento dell'ordine, la prima fratellanza si formò a Jaca il 13 novembre 1244, a cui si unirono Zaragoza e Huesca. L'aumento del numero di banditi unito alle rivalità che sorsero tra i principi ed i signori fecero in modo che nel 1260 il crimine riguardava totalmente la zona di Jaca, Sobrarbe e Ribagorza, motivo per cui si formò l'Hermandad. Dalla fondazione del regno d'Aragona, questo si divise in regni che comprendeva ognuno un Municipio. Il comandante si chiamava ″Capitán″ o ″Sobrejuntero″ e i suoi poteri si limitavano alla parte militare ed alla cattura dei delinquenti, ma non avevano l'autorità per applicare pene come in Castilla. La fratellanza d'Aragona si formò nel 1481 con Zaragoza, Teruel, Calatayud e Daroca; le comunità di Jaca, Barbastro, Borja e Albarracón; i paesi di Alcañiz, Monzón, Alagón e Alquézar, e i borghi di Egea, Tauste, Uncastillo, Sariñena, Almudévar, Fraga ed altri. Tutta la fratellanza comprendeva 150 uomini a cavallo divisi in tre Capitanati di 50 lance, in modo che i rispettivi capitani erano tutti aragonesi e nominati dal Re. La nobiltà aragonese fu nemica giurata della Fratellanza e per il desiderio di annullarla, per poter godere liberamente della propria influenza, usò tutti i mezzi possibili riuscendo a farla sospendere nella Corte di Tarazona (1495) e dissolverla per sempre in quella di Monzón (1510). indietro |
É la più antica e si crede fondata nel 1204 tra le città di frontiera di Aragona e Navarra, con unione a Estaca (Castillo de Las Bardenas). Da Navarra si unirono le città di Tudela, Falces, Caparroso, Carcastillo e Villafranca tra le altre e da Aragona si unirono Tauste, Luesia, Erla e Luna.
Nel 1258 scoppiarono gravi disordini nel sud di Navarra, per cui era proibito ai cavalieri girare in gruppi e si crearono norme di sicurezza, anche per questo in Navarra si crearono due tipi di Fratellanza, una dedicata alla tranquillità dei paesi di frontiera ed un'altra per la sicurezza interna. La Fratellanza di Navarra perdurò con una forza di 60 uomini a cavallo fino al 1510 quando ″dopo aver conversato molto sugli affari della Fratellanza, avendo capito che non portava nessun giovamento al regno...″ si sciolse.
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Fu organizzata durante la minor età di Fernando IV e riuscì a consolidarsi, emulando la rettitudine, influenza e buon governo della ″Santa Hermandad de Toledo, Talavera e Villa-Real″. Il suo nome fu ″Hermandad de 105 Reinos de León et de Galicia ″ e si unì con i paesi e la città di León, Zamora, Salamanca, Oviedo, Astorga, Ciudad Rodrigo, Badajoz, Tineo, Rivadávia, Colunga, Vivero, Puebla de Cangas, Rivadesella, Právia, Betanzos, Lugo, Orense e Valderas, tra le più importanti. indietro |