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1.b  Filosofia e tecniche della qualità formale

Come già osservato, la filosofia della qualità formale è la filosofia stessa dell’ informazione: chiarezza, essenzialità, facile accesso, strutturazione dei dati.
Le tecniche più adatte sono quelle offerte dai correnti sistemi operativi per reti locali di PC, che sono adeguatamente predisposti per l’archiviazione organica dei dati e per un facile acces-so all’informazione da ogni punto dell’Istituto e dall’esterno. È a questo scopo, in particolare, che si è realizzata una rete a larga banda – già strutturata fisicamente e in corso di strut-turazione logica, – che rende rapido l’accesso a ogni tipo di dati e consente una loro archi-viazione strutturata secondo le esigenze dell'utenza. Di tale struttura sarà approntato un manuale che entrerà a far parte del più ampio manuale di Qualità dell’ Istituto.5 Di esso, in particolare, farà parte una norma generale e di dettaglio sulle modalità di archiviazione e di accesso alle informazioni, con un opportuno sistema di classificazione dei documenti, unico per tutto l’Istituto.6

1.c  Approccio alla qualità sostanziale

La qualità sostanziale si può realizzare attraverso un’adeguata organizzazione. La disponibilità individuale è benvenuta, ma lasciata a se stessa è sterile.7

In particolare:

le commissioni devono avere uno statuto chiaro e certificato, avere un solo referente e devono documentare obiettivi, attività e risultati in relazione agli obiettivi;

ciascuna area omogenea (o dipartimento) deve a sua volta avere un referente, il quale riporta nelle sedi istituzionali dati e istanze relativi a tali aree, in modo che gli interventi possano essere coordinati fra le varie aree; ciascuna area deve inoltre avere un piano di sviluppo dotato a sua volta di obiettivi e di criteri di misurazione del loro raggiungimento;8

i vari insegnamenti devono essere strutturati nel senso di cui si dirà nel seguito, e devono essere corredati di documentazione didattica, riveduta criticamente ogni anno e non affidata solo agli editori di testi scolastici o puramente alla scelta dei libri di testo;9 anche a questo riguardo si farà riferimento, nel seguito al concetto di “identità” dell’Istituto;

i componenti di commissioni e gruppi di lavoro in genere devono proporsi con un programma e devono essere eletti dal Collegio Docenti; i referenti sono poi eletti dai componenti delle commissioni o gruppi e rispondono unicamente al Dirigente Scolastico;

i progetti devono essere formulati secondo i criteri proposti nell’appendice 2 o comunque secondo criteri che ne garantiscono la corrispondenza con il Piano dell’Offerta Formativa, che chiariscano in particolare gli obiettivi e il modo di valutarne il raggiungimento;

chi non ha dato la propria disponibilità per incarichi nelle commissioni ecc. non è escluso dal partecipare alle varie attività, ma non interferisce estemporaneamente con i lavori in corso; sottoporrà pertanto sintetici documenti scritti ai referenti delle commissioni, gruppi ecc. ottenendone ricevuta;

i progetti hanno un responsabile in senso proprio, che cioè guida il progetto e assegna gli incarichi – controllandone l’andamento – ai vari partecipanti, e riservandosi di sostituirli qualora non diano i risultati concordati. Il responsabile nomina un suo vice che lo rileva in caso di indisponibilità;

non sono ammessi progetti in cui una sola persona copre tutti i ruoli e non ha quindi un minimo di confronto all’interno di un’attività che è dell’Istituto. I risultati dei progetti devono essere tangibili e presentabili in concreto in sede di Orientamento, oltre che in sede di valutazione ai fini della remunerazione (Consiglio d’Istituto).

Circa il metodo generale da applicare alla formulazione di documenti normativi e di altra natura si rimanda al paragrafo conclusivo di questa sezione.

1.d  Qualità della didattica

La didattica ha due aspetti essenziali: di contenuto e di metodo. Contenuto e metodo devono essere coerenti, come ovvio. Tuttavia il metodo determina la qualità dell’apprendimento più dei contenuti. Eccellenti contenuti presentati ad adolescenti in forma “accademica” sono destinati a lasciare poca traccia, e a disamorare rispetto allo studio facendolo considerare “inutile”. E questa è un’esperienza diffusissima. I medesimi contenuti associati a un “vissuto” con connotazioni emotive lasciano invece il segno e stimolano la curiosità.

Vi sono tuttavia discipline che si prestano in modo immediato all’esperienza diretta e al mettersi in gioco da parte dell’allievo – che è la migliore condizione per l’ apprendimento, – mentre altre, almeno in apparenza, non si prestano. Le prime sono le discipline tecniche, mentre le seconde sono quelle scientifiche e quelle umanistiche.
Perciò è necessaria una riflessione accurata su queste ultime per capire perché, in specie per gli allievi meno passivi, risultano spesso ostiche.10
La chiave è comunque il mettersi in gioco da parte dell’allievo. Pochi lo fanno da sé – e in genere sono ritenuti ribelli e non raramente puniti, – perciò occorre trovare il modo per stimolarli a mettersi in gioco, infondendo la fiducia nel fatto che possono farlo, che possono esserci anziché essere solo spettatori passivi e zelanti nella migliore delle ipotesi.

Le discipline in questione, a questo scopo, vanno tolte dall’astratto per essere calate nel concreto e nell’attuale. Ed è sempre possibile. Ma è necessario, per questo, che l’insegnante si cali nel modo di sentire e di capire degli adolescenti.
Gli adolescenti, salvo casi rarissimi, non hanno capacità di astrazione, e la devono sviluppare proprio nell’arco dell’adolescenza. La scuola media superiore ha in particolare questo compito.
Ma non è fornendo lezioni astratte che si attiva la capacità di astrazione. È passando gradual-mente dal concreto all’astratto che è possibile attivarla, come del resto è proprio dello svilup-po della mente umana.
Un bambino, per esempio, apprende il linguaggio senza aver prima appreso la grammatica, e impara a dare un senso al suo discorso senza prima aver studiato la semantica e la semiotica. E se poi capirà queste discipline è proprio perché sa già esprimersi e cogliere il senso del discorso. Un procedimento inverso lo lascerebbe sur place, come è già accaduto impartendo la teoria degli insiemi nelle elementari, che ha sfornato un’intera generazione incapace di far di conto. La civiltà è arrivata alla teoria degli insiemi dopo millenni di teoria dei numeri: è quindi assurdo pretendere che uno studente segua il percorso inverso, partendo cioè da “saputo”.

Allora la qualità della didattica è possibile ottenerla solo partendo dalla realtà della mente adolescente, che ha bisogno del tangibile, dall'esperienza – partendo da cognizioni elementari “innate” – per passare al concetto. Dal concetto passerà poi facilmente alla formalizzazione, ma il percorso inverso è semplicemente irrealistico e contro-formativo.

Pertanto il laboratorio – in qualunque disciplina – è la condicio sine qua non per ottenere una didattica di qualità. Ed è compito degli insegnanti capire come sia possibile, nelle loro discipline, non seguire un percorso contro-formativo e fare laboratorio.

Per quanto riguarda le discipline umanistiche, al cui confine stanno la logica e la matema-tica, il problema è il medesimo che si presenta con queste ultime. Ma c’è un problema in più. È tipico infatti delle discipline umanistiche presentare degli “ipse” esponendo sinteticamente – ma quanto legittimamente è molto dubbio – il loro pensiero, e facendo leggere qualche brano che si ritiene significativo dal punto di vista dell’adulto esperto (o che ha imparato a scuola a considerarlo significativo). Ciò senza chiedersi quanto ciò possa essere significativo per un adolescente.

«Quali domande si pone un adolescente nel suo tempo?»

Questo è il punto di partenza per affrontare il pensiero del passato. E naturalmente un adole-scente del nostro tempo non si pone domande sull’essere o sull’ente o su come era inteso l’amore nel medio evo.
Se non si parte da questa domanda, si tratta di indottrinamento vero e proprio, perché le discipline umanistiche sono per definizione discipline d’opinione e non scienze esatte.

Allora, in tali discipline, è necessario prendere le mosse dall’attuale stimolando la critica, e introducendo poi – a fronte della critica esercitata dall’allievo sul proprio tempo – quelle considerazioni che il pensiero del passato offre, con tutte le sue motivazioni e alternative a seconda del contesto storico.
E ciò vale in particolare per la letteratura, che così spesso (o sempre) sconfina nella filosofia con tutte le sue ramificazioni etiche e politiche.
Si tratta ancora dunque, nella sostanza, di laboratorio.

Una didattica di qualità, in conclusione, ha natura maieutica e non autoritaria. Non indottrina ma offre alternative di pensiero alle domande degli allievi, lasciando a loro la scelta di campo. Essa non stimola l’allievo a ripetere ciò che l’insegnante ritiene giusto, ma lo stimola alla critica offrendogli il materiale culturale utile ad approfondire il senso delle sue proprie domande – ed è il senso (per lui) a conferire valore al materiale che gli viene offerto. È cioè il fatto che egli si senta protagonista a conferire valore a ciò che gli viene dato.

Indagare il senso è analisi del linguaggio ed è analisi del pensiero. È attività propriamente cri-tica, e più precisamente filosofica. E nessuna attività è più formativa. Fino a prova contraria.


5. Alla sua formulazione – così come alla costruzione della rete fisica – collaborano gli studenti, a titolo di “laboratorio” nel significato già discusso.
6. Nell’aprile 2003 è stata proposta al Consiglio d’Istituto una bozza di norma relativa alla strutturazione di tale clas-sificazione generale, norma numero ‘0’ di una struttura di norme interne, parte qualificante dell’archivio stesso. Tale bozza di norma viene qui riproposta come appendice 2.
7. Il termine “volontariato” non si applica in alcun modo. Insegnare è già una scelta di disponibilità, dal momento che si rivolge alla formazione di menti, quindi parlare di disponibilità nell’ambito di un’attività il cui nucleo primario di motivazione è proprio la disponibilità, è un semplice paradosso.
8. Per tali piani la forma del progetto non è da ritenersi idonea, avendo carattere annuale. Il piano deve contenere indicazioni relative a interi cicli (es. triennio), con i collegamenti ai cicli che li precedono e li seguono, oltre ai collegamenti trasversali con altre aree disciplinari.
9. Che non tengono conto delle disponibilità reali dell’Istituto e e della sua filosofia didattica.
10. Non sempre, anzi raramente, gli allievi che hanno un buon profitto in queste discipline ne hanno una vera competenza. Più spesso sono allievi che hanno un atteggiamento passivo per carattere ed educazione, e quindi prendono per buono tutto ciò che proviene dalla cattedra, cioè dall’autorità. Ed è difficile dire che ciò sia positivo, anche se a un insegnante può far piacere che gli allievi siano tranquilli e ripetano con zelo la lezione.

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