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Qualità totale è evidentemente l’insieme correlato della qualità dell’organizzazione – formale e sostanziale – e della qualità della didattica – contenuti e metodo. Non è pensabile la qualità totale se non vi è coerenza fra questi due aspetti della realtà scuola. Una scuola disorganizzata, innanzitutto, offre un cattivo esempio agli allievi, il tipico esempio di chi predica bene e razzola male. E questa è una critica frequentissima da parte degli allievi e delle loro famiglie. In secondo luogo una cattiva organizzazione non solo non consente la strutturazione della didattica – che è una condizione per la sua qualità, – ma non consente di applicarla in modo efficace, soprattutto perché non può vincolare gli insegnanti a uno stretto coordinamento e a un costante aggiornamento critico. 11 La qualità totale – detto in altro modo – costruisce un’identità d’Istituto, togliendolo da una condizione sostanzialmente amorfa e improduttiva in cui ognuno va per la propria strada senza un indirizzo univoco di comportamento, che è invece, quest'ultima, la realtà che si constata nella gran parte delle scuole. Troppo spesso si è politicamente speculato sulla “aziendalizza-zione” della scuola, facendo passare strumentalmente l’idea che la necessità oggettiva di organizzazione e di gerarchia effettiva (dotata cioè di vera autorità) comporti che la scuola finisca per trattare di “prodotti” o “cose”, appunto come le aziende, anzi che di formazione. Quest’idea brilla per falsità ideologica, e dice soltanto che il controllo – proprio inteso come autorità – nella scuola si vuole che sia nelle mani di organizzazioni-volontà di fatto estranee alla scuola e non della scuola stessa, ma dice anche che si vuole conservare la sostanzialmente amorfa (cioè in definitiva anarchica) situazione attuale, che nessuno cioè deve poter controllare l’operato dell’insegnante e l’esito dell’insegnamento, se non tramite “voti” che non significano più nulla. La formazione, se si parla di qualità, deve invece essere misurabile
– e quindi in questo senso è proprio un “prodotto”,
– e la scuola deve evitare gli sprechi, cioè ottimizzare
i processi, che è una necessità per ogni tipo di attività,
tanto più se grava sui contribuenti. Adottare come esempio il comportamento
aziendale non è trasformare gli uomini in cose, ma impegnarsi a
non sprecare, a ottimizzazione i processi, quale che sia il contenuto
dell'attività. Quindi, anche se si ritiene “sacra”
la libertà d’insegnamento, ciò non autorizza a sprecare
risorse pubbliche e soprattutto a sprecare talenti che, posti in condizioni
più adeguate, potrebbero dare buoni e ottimi risultati. L’esempio
dell’azienda è dunque soltanto strumentale se inteso in un
certo quadro ideologico. Molto più pertinente sarebbe semmai l’esempio
dell’ ospedale: se non è efficiente, uccide. Analogamente,
la scuola, se non è efficiente, non solo non forma ma defor-ma
le menti. 1.f Questioni di metodo Il prodotto organizzativo e didattico è prima di tutto di natura
documentale. E, in quanto tale, è già metodo che verrà
recepito anche dall’utenza in forma di esempio.
Questa procedura dà risultati eccellenti se seguita sistematicamente, se cioè, come annotato in precedenza, è sottoposta a controllo e il gruppo di lavoro ha un responsabile dotato della necessaria autorità per la verifica dei comportamenti, dei tempi e dei risultati. * * * In sintesi il principio su cui si deve fondare una scuola di qualità
è quello della responsabilità individuale nell’ambito
di un’organizzazione. L’insegnante deve considerarsi e essere
conside-rato un professionista nel proprio lavoro e quindi per ogni progetto
deve presentare un pre-ventivo, ottenere l’approvazione per l'esecuzione
e poi al raggiungimento degli obiettivi presentare “fattura”,
certo non prima. L’insegnante deve confrontarsi costantemente con
il mondo esterno e non può sottrarsi, in nome di una sbandierata
quanto equivoca libertà, al controllo e all’assunzione di
responsabilità concrete. –
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