CRITICA LETTERARIA: IL SEICENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
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TEMI E MOTIVI NELLA POESIA DEI MARINISTI

di G.  GETTO



Il critico enumera e illustra i temi essenziali della lirica dei poeti seguaci del Marino, partendo dall'indicazione della varietà come del carattere più rilevante e distintivo. Così, nella poesia amorosa, la descrizione della donna moltiplica l'analisi dei particolari fisici, la descrizione dell'abbigliamento e delle situazioni in cui essa viene a trovarsi; e ogni aspetto della realtà, ogni oggetto viene accolto con inesauribile interesse. Tuttavia, questa ricca presenza delle cose appare sempre immersa nella prospettiva del tempo che trascorre e induce un senso di fragilità e di morte, che riscatta con indubbia sincerità umana il gusto in apparenza tutto esteriore della mobilità e della fastosa molteplicità delle forme.

La predicazione multipla, numerosa e in certo modo inesauribile, della donna appare come un contegno fra i più tipici della scrittura dei canzonieri barocchi. Non solo la bellezza, nei suoi innumerevoli modi di presenza e di assenza, ma ancora il nome della donna, il suo abbigliamento, il suo agire e il suo patire nella serie illimitata delle possibilità, diventano pretesti di sempre variati motivi di poesia. Il mondo dei sentimenti soltanto rimane piuttosto estraneo alla considerazione di questi poeti. Su di esso si ha solo qualche rara indicazione.
Le stagioni costituiscono un termine figurativo non infrequente nella rappresentazione della donna e dell'amore. La correlazione fra la donna e le stagioni ritorna in vari componimenti. L'antico cliché poetico del quadro primaverile evocante una nostalgia d'amore o determinante comunque la cornice della donna e dell'amore, viene sottoposto, al solito, ad una variazione: ed accanto alla primavera, la stagione poetica tradizionale, compaiono le altre stagioni, l'estate l'autunno e l'inverno, colte sovente nelle loro caratteristiche di ardore e di siccità, di colma e colorita vendemmia, di neve e di gelo. L'attrazione fantastica verso questo motivo, in realtà, si fa sentire con tale soverchiante prepotenza da ridurre talvolta l'interesse simbolico a semplice pretesto dell'esercizio figurativo delle stagioni (che finirà anzi, a un certo punto, con l'accamparsi in piena autonomia, come determinante unico del componimento). Si veda la canzone di Ermes Stampa in cui le quattro stagioni sono passate in rassegna per concludere che la più gradita è la stagione invernale perché in essa la donna si mostra al poeta: dove il fascino della canzone non è certo nella conclusione simbolica, che pone la donna come sintesi delle stagioni, ma proprio nei quadri delle stagioni, in quel gusto schietto delle opere e dei giorni dell'uomo, in quel sentimento di goduta realtà, in quella prospettiva ariosa di paese.
Del resto non è solo per le immagini delle stagioni che, nei componimenti di struttura simbolica, la parte figurativa soverchia spesso sull'enunciato -meditativo o sentimentale. Ognuno dei molteplici aspetti della realtà può non solo trovare diritto d'ingresso nella lirica barocca, ma avere anche mezzo per usuparvi lo spazio maggiore e la più prolungata attenzione. Esiste invero una condizione espressiva tipica, in cui il tema tanto insistente dell'amore preferisce introdursi in maniera indiretta, attraverso la mediazione di scene di vita e oggetti svariati, i quali, rovesciando i termini della loro funzionalità, finiscono con l'invadere l'intero orizzonte contemplativo, per ritrarsene solo negli ultimissimi versi, quando, per fulminea via comparativa, subentra finalmente il tema amoroso.
La Weltanschauung' di questi lirici barocchi insiste su una visione della vita fragile e fugace, sulla presenza continua del tempo distruttore e veloce, sull'ossessione lugubre e desolata della morte. Non sono rari i componimenti che hanno per unico soggetto la convinzione sul carattere effimero e contrastante della vita.
Se l'età medievale avverti il tempo come una durata di tipo inferiore, quella per cui esistono le cose che sono nella materia e per le vicissitudini della quale l'uomo si scopre mortale, questa durata era tuttavia sentita come quella che conduce all'eternità, a Dio: l'attimo del presente si colmava dunque di futuro, di una divina speranza di infinito. E a sua volta l'età rinascimentale nell'intuire la temporalità come il teatro della immortalità, in cui l'uomo può affermarsi e lasciare memoria di sé, padrone del suo destino e fabbro della - sua fortuna e conquistatore della sua gloria, dava un significato al tempo presente, che sembrava così caricarsi di passato e nobilitarsi di memoria storica. Ma l'età barocca, in cui, mentre la immanenza rinascimentale più non soddisfa e appare remota la semplice concezione del mondo medievale, l'uomo si sente dolorosamente solo, avrà del tempo una sensibilità più disperata: per essa il tempo si pone con un carattere di estrema instabilità, come presente senza speranza di futuro e senza conforto di passato, come istante minacciato continuamente dal futuro e sepolto senza rimedio dal passato.
Di qui l'attenzione concentrata sulla morte, sulla morte vista in una prospettiva tragica di distruzione e di sepoltura. La pietra sepolcrale, la putrefazione della tomba, lo scheletro e il teschio, la polvere a cui anche le ossa saranno inevitabilmente ridotte: sono tutte immagini ossessive della fantasia barocca.
Ad una intuizione della realtà e a una condizione di vita quali sono queste cui abbiamo accennato, essenziali alla civiltà barocca, paiono alludere e richiamarsi modi e atteggiamenti della lirica marinista, sì da determinare una direzione espressiva, se non unica ed assoluta, tuttavia abbastanza costante. La stessa poetica della varietà (e l'innumerevole serie predicativa della donna a cui essa dà luogo) può forse raccordarsi a questa intuizione, per quel carattere che, nell'economia totale di questi canzonieri, assume, di mutevole inchiesta di ogni possibile elemento, di inquieta provvisorietà di ogni singolo aspetto. Del resto, proprio per la lirica amorosa, si insinua non raramente una ragione di incertezza, di evanescenza e di illusione, sulla realtà figurata. Saranno i dubbi dell'amante sull'interpretazione di un sembiante, di un atteggiamento, di un dono della donna; e le sue sottili elucubrazioni su una situazione (alla maniera petrarchesca del resto, eppure rinnovata da una coscienza diversa) con complicazioni di echi di pensieri, e riflessi allusivi e illusivi, in un inseguimento labirintico di certezze, di punti che si sentono instabili e sfuggenti; e certe ansie improvvisamente. affioranti, e certe turbate insoddisfazioni d'amore; e la stessa ridente perplessità di scelta fra due o più donne o fra la donna ed altra cosa; e il velarsi reciproco di illusione e realtà di una figura o di una situazione d'amore nella prospettiva aperta dal gioco ottico di uno specchio, di un'ombra, di un ritratto, di un palcoscenico; e il sentimento della bellezza che vien meno e tramonta; e, nei riflessi espressivi, talune ricerche di contrasto e rotture di equilibrio e di chiarezza: come avviene nei sonetti sotto forma di sequenze di parallelismi improvvisamente interrotte sul finale da una discordanza, e nelle composizioni affollate di stile enumerativo, e nell'uso mobile di una parola impiegata ora in senso proprio ora figurato. Così ancora il forte intervento metaforico, soprattutto nella figurazione della natura, che sposta le parvenze da una realtà ad un'altra, che scambia e confonde fra loro le cose, collabora a questa visione della instabile realtà, a questo metaforismo universale, o metamorfismo universale (in cui, appunto, i miti delle metamorfosi, oggetto di particolare preferenza da parte di questi poeti, determinano anch'essi un processo di linee in movimento). Ma le «forme che volano», secondo sono stati chiamati i modi stilistici del barocco in sede di arte figurativa, sono prima che una realtà estetica una intuizione etica: un fatto umano, prima che di stile. Il tema ascetico cristiano della vanità delle cose terrene, della caducità della bellezza, della ricchezza, della gloria, assume proporzioni grandiose nell'età barocca e diffonde un velo di malinconia su tutto, coordinandosi al senso tipico di questa età, di inquietudine di spiriti e di oscillazione di forme: le cose della vita, belle e piacevoli, se appaiono talora, in questa lirica, assaporate con avidi sensi, sono anche troppo spesso velate dalla tristezza del destino di morte dell'uomo, che le possiede provvisoriamente, che neppure le possiede per un istante con pieno abbandono, perché, come insisteranno questi poeti, ogni cosa buona ha in sé un lato cattivo, ogni cosa bella ha un lato brutto, perché tale è lo stato dell'uomo che «il ciel sempre unisce / con infausto legame il ben e 'l male»; anzi queste cose stesse, le più desiderabili, quelle che donano amore e fortuna, sembrano mutare e cadere nello stesso desiderio dell'uomo («Quel ch'ieri si bramava oggi si sprezza... / ch'alfin è un lampo amor, fortuna un vento»); così il sentimento del tempo che passa veloce e muta le forme, avvertito com'è nell'instabilità dell'attimo fuggevole, approfondisce ancora questa visione della vita del barocco, alla quale del resto non pare nemmeno sottrarsi la morte, se uno di questi poeti, Antonio Basso, potrà dedicare un sonetto All'incenerite ossa d'un umano cadavere per descrivere «la natural varietà della nostra corruttibil materia, inquieta anche nelle ceneri dell'uomo estinto»
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2000 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it  - Collaborazione tecnica Iolanda Baccarini - iolda@virgilio.it