CRITICA LETTERARIA: BOCCACCIO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Il realismo del "Decameron"

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Il realismo del "Decameron"
di N. SAPEGNO



Il critico chiarisce l'origine dell'arte del Decameron da un'osservazione libera e cordiale delle passioni e dal culto dell'intelligenza. Non un'unità estrinseca sorregge l'opera, ma la costante rappresentazione realistica sia dei temi comici sia di quelli tragici, che impronta di sé i modi infinitamente variati dello stile.

Nelle opere minori sono presenti ira nuoce tutte le premesse del capolavoro. Ma questo si configura e prende forma nella mente del suo autore solo nel momento in cui, a dare ordine a una materia cosí vasta e folta di particolari, subentra un criterio di visione capace di conferirle unità; quando cioè la coscienza culturale del Boccaccio, che è consapevolezza di una cultura più alta, più moderna, più raffinata e insieme più spregiudicata, si erge al di fuori e al di sopra di questa materia, la contempla dall'alto e la giudica.

Presupposto di un tale atteggiamento è la liberazione di ogni residuo di lirismo autobiografico, la perfetta oggettivazione dell'artista. Quando il Boccaccio s'accinge a scrivere il Decameron, egli è giunto ormai a quel punto supremo e la sua vita, librato tra le affannose esperienze della giovinezza e la riflessione severa e un po' angusta dell'imminente vecchiaia: libero alfine dall'urgenza 'delle passioni, può lasciarsi andare a ricontemplarle in sé e in altrui con quella simpatia che è di chi molto ha provato, ma insieme con quel distacco che gli permette di sentirle, non più come un tormento e una gioia presente, sí come un diletto e un conforto estremo dell'animo, prossimo a rinchiudersi in se stesso. In questa disposizione, descritta nel proemio del libro e attuata nell'atmosfera di libertà e di decorosa spregiudicatezza della «cornice», si risolve il contrasto fra l'autobiografismo e la cultura dello scrittore, e il suo mondo poetico, liberandosi da un interesse troppo opprimente ed esclusivo, si viene sempre più aprendo alla comprensione di una folla di sentimenti diversi.

L'occasione necessaria poi al definirsi e all'organizzarsi di un siffatto atteggiamento in un concetto-guida, e cioè in una concezione del mondo organica, per ;guanto infinitamente varia articolata e pieghevole, è offerta allo scrittore dal suo accostarsi, dopo il ritorno a Firenze, e dal suo aderire con crescente consapevolezza allo spirito della cultura borghese del comune; dall'assimilazione piena, che ad un certo momento si compie in lui, delle tendenze e delle leggi, tanto più profonde quanto meno esplicite, di una società pervenuta al culmine del suo sviluppo e già sull'orlo del declino; tendenze e leggi che anzi trovano in lui per la prima volta la loro formulazione piena in termini di poesia. Esse si riassumono in una considerazione più libera, ardita e cordiale degli umani affetti, accettati nella loro validità concreta e sociale, svincolati da ogni norma di moralità ascetica e trascendente, e nel culto dell'umana intelligenza, operante anch'essa sul terreno della realtà, vittoriosa spesso e sempre combattiva di fronte agli ostacoli che le oppongono la natura e la fortuna, orgogliosa della sua forza che si matura in un campo di concrete esperienze e non di sterile dottrina o di astratta speculazione. Tutta la cultura borghese (quella scritta, consegnata alle pagine dei trattati e delle cronache e alle rime amorose, politiche, satiriche; e l'altra viva nelle opere dei mercanti e dei giuristi, dei magistrati e dei tecnici, degli ingegni sottili e dei morditori); con la sua infinita curiosità dei casi umani e delle umane passioni; con il suo senso terrestre della vita e le sue esigenze di dignità e di decoro, modellate senza servilismo sulle linee della sfarzosa civiltà cavalleresca e feudale; con il suo scetticismo realistico e le sue idealità cortesi; con la sua considerazione indulgente dei vizi e dei valori e i suoi atteggiamenti polemici a volte violenti contro tutte le forme dell'ipocrisia e della corruzione; .può essere ora accolta nell'animo liberato e spassionato dello scrittore e ordinarsi in una struttura, che per ampiezza e complessità non ha paragone se non nella Commedia di Dante. Alla quale d'altronde essa non si affianca complementare si piuttosto si contrappone; e mentre il libro dell'Alighieri chiude un'epoca dello spirito umano e l'assomma, il Decameron è piuttosto il presagio di un'età nuova e l'inizio della letteratura moderna.

Difficile sarebbe indicare un tema in cui si raccolga tutto il senso dell'opera (l'amore, la voluttà, l'esaltazione dell'intelligenza, la celebrazione della volontà consapevole e magnanima, e via discorrendo). Ogni insistenza su una formula esclusiva si rivela, ben presto inadeguata. Sarà giusto se mai ricordare che la materia si dispone secondo un disegno sapiente: dalla polemica aspra, nella prima giornata, contro i vizi e la corruzione dei personaggi d'autorità, all'elogio, nell'ultima, degli esempi sublimi di magnanimità e cortesia, attraverso l'esposizione dei « casi vari » della fortuna e delle manifestazioni dell'«umana industria», che alla cieca fortuna si contrappone e la tiene in rispetto e a tratti anche la vince. Nell'àmbito di questo disegno, tratteggiato anch'esso con un'ampíezza e duttilità che consente la massima libertà nella scelta dei temi, e d'altronde così consentaneo appunto allo spirito della cultura borghese e comprensivo di tutte le sue curiosità e di tutte le sue riflessioni, si svolge intera la commedia della vita umana, con le sue grandezze e le sue viltà, in un'immensa gamma di situazioni dal sublime al comico.

L'unico elemento costante è dato dalla disposizione realistica dello scrittore. Anche le rappresentazioni più tragiche e patetiche sono scrutate nella loro radice sensuale e terrestre; anche le più sublimi esaltazioni della libertà e dell'ingegno si risolvono in una stretta coerenza e in una logica in inflessibile di gradazioni psicologiche; il gusto dell'avventuroso e aviglioso è contenuto e attenuato dalla vigile presenza di uno spirito borghesemente ironico e scanzonato; il disprezzo per gli animi e le situazioni volgari non esclude l'ammirazione per i tratti di intelligenza che fioriscono inaspettati pur negli ambienti più umili; ogni personaggio è collocato in una ben definita condizione sociale e storica; ogni evento è rigorosamente determinato in una lucida concatenazione causale, sì che anche le situazioni più fiabesche, offerte dalle fonti scritte od orali, acquistino una perfetta illusione di verità. Proprio in questa disposizione realistica si traduce, in quelle forme di generosa obbiettività che sono proprie dei momenti più grandi dell'arte, il vivace fermento polemico della nuova cultura borghese.

Alla ricchezza infinita della materia e all'equilibrio raggiunto della concezione ideale dello scrittore s'adegua dappertutto la pienezza e maturità dello stile. Il quale si giova bensí del lungo travaglio sperimentale che lo precede, ma anche lo supera e lo brucia nel fuoco della rinnovata ispirazione. Sintassi e lessico si distendono con inusitata libertà di movenze nelle direzioni più varie. E nasce la meravigliosa prosa boccaccesca: quella prosa insieme riposata e scorrevole, sostenuta senza inutili lentezze, robusta e agile, artisticamente modulata ma in nessun punto scolastica, flessibile e pronta ad assecondare le varie intonazioni comiche o drammatiche, elegiache o patetiche, umili o solenni del racconto.

Nessun altro libro come questo ci offre, alle soglie della civiltà moderna, una cosí ampia documentazione di fatti, di figure e di costumi; un quadro cosí pittoresco e variato, cosí mobile e profondo della società e della storia di un'epoca. Ma poiché questa disposizione realistica e questo rigore di documentazione si schiudono al vertice di una tormentata esperienza personale, essi comportano ad ogni momento un'intensa partecipazione umana e si risolvono, senza residui, in poesia. Cosí ricca ed intensa era stata nell'autore del Decameron la ricreazione poetica di una civiltà, la quale contiene in germe tutto lo sviluppo della storia moderna, che l'Europa intera poté lungamente riconoscersi in essa e muoversi a suo agio in quell'orizzonte di idee e di sentimenti e ricavarne infiniti spunti per nuove creazioni fantastiche, determinando la .fortuna, che dura ininterrotta da secoli, del libro più vivo della nostra letteratura.

2000 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it  - Collaborazione tecnica Iolanda Baccarini - iolda@virgilio.it