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Cornelio Nepote

De Viris Illustribus - Conon

Capitolo III


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Tissaferne si era ribellato al re e ciò era risaputo tanto dagli altri quanto non da Artaserse: egli infatti godeva di grande considerazione presso il re per i sue molti e grandi meriti, nonostante non adempiesse più ai suoi doveri. E non c'era da meravigliarsi se non credeva facilmente a ciò, poiché ricordava che grazie al suo aiuto egli era prevalso sul fratello Ciro. Conone fu mandato dal re da Farnabazo per accusare costui, e non appena arrivò, dapprima, secondo l'uso dei Persiani, si recò dal chiliarca Titrauste, il quale era il secondo uomo più potente dell'impero, e manifestò la volontà di parlare con il re. Nessuno infatti viene ammesso senza di lui. Quello gli disse: "Non c'è alcun impedimento: ma decidi tu, se preferisci avere il colloquio oppure trattare per lettera quello che hai in mente. E' necessario infatti, se andrai al suo cospetto che tu adori il re - quelli chiamano ciò proschinèsi -. Se questo ti è gravoso, esponi allora la tua ambasciata attraverso me ed otterrai ciò che desideri". Allora Conone disse: "A me in verità non è gravoso tributare qualsiasi onore al re; ma temo che sia un'offesa nei confronti della mia patria, se io, venendo da una città che è abituata a comandare gli altri popoli, adottassi le usanze dei barbari piuttosto che le proprie". Così consegnò per iscritto quello che voleva dire al re.




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