SCUOLA MEDIA STATALE

"GIOVANNI XXIII"

PIETRAMELARA

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La svolta del Cristianesimo

Come si intende una svolta epocale nel nostro Occidente fu data dall'avvento e dalla diffusione del cristianesimo che po­stulava l'uguaglianza naturale tra tutti gli uomini. Questo in­crinava radicalmente il vecchio ordine e ogni sua giustifica­zione. E però la dottrina cristiana poneva una essenziale dif­ferenza tra regno di Dio e regno di Cesare, consentendo una distinzione tra la legge del primo (l'uguaglianza tra gli uomi­ni) e quella del secondo (l'ordine fondato su disuguaglianze e gerarchie). E tuttavia si può dire che solo dopo la cristianizzazione dell'Europa il concetto di repressione politica acquista senso effettivo, segnalando il divario tra diritti di natura (da­ti da Dio) e diritti civili, sociali e politici positivi (e cioè co­struiti dagli uomini). Non è un caso che è su questa base, cristiana e del diritto di natura, che vengono, verso la metà del secondo millennio, elaborate le prime dottrine di resistenza politica e persino di tirannicidio come atto legittimo.

Dai diritti positivi ai diritti universali

Tuttavia, per venire di più a noi, il primato del diritto positivo fondato su differenze, particolarismi e privilegi aristocra­tici ha a lungo dominato incontrastato, presentandosi come effettivamente «naturale» e cioè espressione della lenta evolu­zione umana, contro l'astratta «legge di natura». I vari diritti positivi prevedevano non solo che differenti classi di uomini avessero diritti affatto diversi tra loro ma che donne, poveri, servi e poi salariati della prima industria fossero effettiva­mente esclusi, con alcune differenze, da quasi ogni diritto.

Tutto questo però, sino ancora a Settecento inoltrato, valeva nella coscienza dei contemporanei più come differenza che non come ingiustizia e repressione. La giustificazione filosofica più solida di tale ordine e a suo modo più universalistica è presente nella teoria politica di Thomas Hobbes secondo cui lo Stato, per garantire la vita ai cittadini, reclama il monopo­lio non solo della forza ma della potestà politica e quindi si arroga il diritto di configurare leggi e diritti in vista di questo suo fine prioritario. Si tratta della giustificazione più solida perché più moderna: essa, infatti, parte dall'uguaglianza naturale degli uornini per legittimare un ordine sociale e politi­co anche totalmente difforme da tale uguaglianza.

Dal punto di vista della filosofia politica una svolta rispetto a tale impostazione è presente nella filosofia di John Locke. In essa si rigetta l'idea metastorica, e cioè non empiricamente verificata, di una delega di potere dei cittadini allo Stato. Metastorica resta anche in lui, invece, la fondazione del diritto di proprietà. Conservazione, come vedremo, carica di destino. Sul piano politico, però, si vanifica nel suo pensiero la teoria di una delega assoluta. Comincia viceversa ad affermarsi l'i­dea che i cittadini delegano (e possono revocare) i loro rap­presentanti a un esercizio limitato del potere. E che questa delega non è presupposta come principio ma va realizzata concretamente attraverso le elezioni. t insomma l'inizio del­la moderna concezione della democrazia. Naturalmente tale teoria, sia nel pensiero sia nella prassi, e ancora a lungo, sarà comunque ristretta a un novero abbastanza limitato di citta­dini. E questo perché ne saranno esclusi coloro che non sono titolari della proprietà.

In questo senso, il vero spartiacque, filosofico e pratico insie­me, è dato dal secolo dei lumi, il Settecento, e dal suo culmine costituito dalla Rivoluzione francese. Essa proclama la uguaglianza tra gli uomini e incarna tale principio in un po­tere effettivamente democratico e soprattutto in un diritto universalistico valido cioè per tutti che sarà poi codificato in epoca napoleonica, in toni più moderati e però tali per cui da quel quadro non si tornerà più indietro.

Solo a partire di qui è possibile parlare in termini effettivi, perché legati a una coscienza sufficientemente generale, di violazione dei diritti e di repressione politica. Da allora in poi repressivo sarà qualunque potere che voglia violare, tornando indietro, i diritti universali dell'uomo sanciti a Parigi.

 

 

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