La svolta del
Cristianesimo
Come
si intende una svolta epocale nel nostro Occidente fu data dall'avvento
e dalla diffusione del cristianesimo che postulava l'uguaglianza
naturale tra tutti gli uomini. Questo incrinava radicalmente il
vecchio ordine e ogni sua giustificazione. E però la dottrina
cristiana poneva una essenziale differenza tra regno di Dio e regno di
Cesare, consentendo una distinzione tra la legge del primo
(l'uguaglianza tra gli uomini) e quella del secondo (l'ordine fondato
su disuguaglianze e gerarchie). E tuttavia si può dire che solo dopo la
cristianizzazione dell'Europa il concetto di repressione politica acquista
senso effettivo, segnalando il divario tra diritti di natura (dati da
Dio) e diritti civili, sociali e politici positivi (e cioè costruiti
dagli uomini). Non è un caso che è su questa base, cristiana e del
diritto di natura, che vengono, verso la metà del secondo millennio,
elaborate le prime dottrine di resistenza politica e persino di
tirannicidio come atto legittimo.
Dai diritti
positivi ai diritti universali
Tuttavia,
per venire di più a noi, il primato del diritto positivo fondato su
differenze, particolarismi e privilegi aristocratici ha a lungo
dominato incontrastato, presentandosi come effettivamente «naturale»
e cioè espressione della lenta evoluzione umana, contro l'astratta
«legge di natura». I vari diritti positivi prevedevano non solo
che differenti classi di uomini avessero diritti affatto diversi tra
loro ma che donne, poveri, servi e poi salariati della prima industria
fossero effettivamente esclusi, con alcune differenze, da quasi ogni
diritto.
Tutto questo però, sino ancora a
Settecento inoltrato, valeva nella
coscienza dei contemporanei più come differenza che non come ingiustizia
e repressione. La giustificazione filosofica più solida di
tale ordine e a suo modo più universalistica è presente nella teoria
politica di Thomas Hobbes secondo cui lo Stato, per garantire la vita ai
cittadini, reclama il monopolio non solo della forza ma della potestà
politica e quindi si arroga il diritto di configurare leggi e diritti in
vista di questo suo fine prioritario. Si tratta della giustificazione più
solida perché più moderna: essa, infatti, parte dall'uguaglianza naturale
degli uornini per legittimare un ordine sociale e politico anche
totalmente difforme da tale uguaglianza.
Dal
punto di vista della filosofia politica una svolta rispetto a tale
impostazione è presente nella filosofia di John Locke. In essa
si rigetta l'idea metastorica,
e cioè non empiricamente verificata, di una delega di potere
dei cittadini allo Stato. Metastorica resta anche in lui, invece, la
fondazione del diritto di proprietà. Conservazione,
come vedremo, carica di destino. Sul piano politico, però, si vanifica
nel suo pensiero la teoria di una delega assoluta. Comincia viceversa ad
affermarsi l'idea che i cittadini delegano (e possono revocare) i loro
rappresentanti a un esercizio limitato del potere. E che questa delega
non è presupposta come principio ma va realizzata concretamente
attraverso le elezioni. t insomma l'inizio della moderna concezione
della democrazia. Naturalmente tale teoria, sia nel pensiero sia nella
prassi, e ancora a lungo, sarà comunque ristretta a un novero
abbastanza limitato di cittadini. E questo perché ne saranno esclusi
coloro che non sono titolari della proprietà.
In
questo senso, il vero spartiacque, filosofico e pratico insieme, è
dato dal secolo dei lumi, il Settecento, e dal suo culmine costituito
dalla Rivoluzione francese. Essa proclama la uguaglianza tra gli
uomini e incarna tale principio in un potere effettivamente
democratico e soprattutto in un diritto universalistico valido cioè per
tutti che sarà poi codificato in epoca napoleonica, in toni più
moderati e però tali per cui da quel quadro non si tornerà più
indietro.
Solo
a partire di qui è possibile parlare in termini effettivi, perché
legati a una coscienza sufficientemente generale, di violazione dei
diritti e di repressione politica. Da allora in poi repressivo sarà
qualunque potere che voglia violare, tornando indietro, i diritti
universali dell'uomo sanciti a Parigi.
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