Racak, gennaio 1999


A che cosa serve veramente la missione OSCE in Kosovo? I fatti di gennaio ci consentono di ragionare su questo. Mentre gli ingredienti della "guerra a bassa intensita'" della NATO per la destabilizzazione ed il soggiogamento dei Balcani si evidenziano ora in Kosovo nella forma del sostegno strategico all'UCK e della disinformazione mirata a montare un clima di mobilitazione antijugoslava nell'opinione pubblica internazionale, forse piu' ampie stanno diventando le divergenze tra le potenze imperialiste sul futuro assetto della penisola.


Il seguente articolo e' apparso su "Le Monde" del 21 gennaio 1999. In esso si sollevano dubbi sulla versione dei fatti di Racak del 15 gennaio. Secondo "Le Monde" l'operazione della polizia serba era stata seguita per tutto il tempo dagli osservatori internazionali, aveva avuto luogo in un villaggio di montagna quasi interamente occupato da guerriglieri dell'UCK, e l'assenza di sangue e proiettili vicino ai corpi indicava che i morti erano stati uccisi altrove in combattimento e poi raccolti dall'UCK a scopo propagandistico.

La NATO, aviazione dell'UCK

I morti di Racak: sono stati veramente uccisi a sangue freddo? La versione dei fatti diffusa dai kosovari lascia aperti molti interrogativi. Belgrado dice che le 24 vittime erano "terroristi" dell'UCK caduti nel corso del combattimento ma rifiuta ogni indagine internazionale.

Un filmato sull'operazione della polizia contraddice la versione fornita dall'OSCE.

Pristina (Kosovo) - dal corrispondente speciale di "Le Monde" Christophe Chatelot

Il massacro di Racak e' stato forse un po' troppo perfetto? "Le Monde" ha raccolto alcune testimonianze oculari lunedi' 18 gennaio, che gettano dubbi sulla realta' dell'orribile spettacolo dei cadaveri ammucchiati di dozzine di albanesi che sarebbero stati vittime di un'esecuzione sommaria da parte delle forze di sicurezza serbe lo scorso venerdi' [15/1/1999]. Queste vittime sono state assassinate a sangue freddo, come dice l'UCK, o sono state uccise in combattimento come affermano i serbi?

Secondo la versione ricevuta e distribuita dalla stampa e dalla Missione di Verifica in Kosovo (KVM) della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), i massacri hanno avuto luogo nel primo pomeriggio del 15 gennaio. Poliziotti serbi "mascherati" sono entrati nel villaggio di Racak, sottoposto gia' dalla mattina al bombardamento dei carri armati dell'esercito jugoslavo. Hanno abbattuto le porte delle case, sono entrati, ordinando alle donne di rimanere li' mentre conducevano gli uomini all'esterno del villaggio per giustiziarli in tutta calma con un colpo alla testa - non senza avere dapprima torturato e mutilato alcuni di loro. Secondo alcuni testimoni, i serbi cantavano mentre compievano questo sporco lavoro, per poi lasciare l'area attorno alle 15 e 30 del pomeriggio.

Il racconto di due giornalisti della TV Associated Press [APTV], che hanno filmato l'operazione della polizia a Racak, contraddice quanto sopra. Alle dieci del mattino, quando entrarono nella localita' scortati da un veicolo armato della polizia, il villaggio era praticamente deserto. Sono avanzati per le strade sotto il fuoco dei guerriglieri dell' Esercito di Liberazione del Kosovo, nascosti nei boschi che sovrastano il villaggio. Questo scontro a fuoco e' durato per tutto il tempo, piu' o meno intensamente. Il combattimento piu' intenso e' stato nei boschi. Gli albanesi scappati dal villaggio quando all'alba sono arrivati i primi proiettili serbi hanno cercato di rifugiarsi li'. Cosi' sono corsi incontro alla polizia serba che circondava il villaggio. L'UCK era preso in trappola.

Il luogo cosi' violentemente attaccato dalla polizia venerdi' era una roccaforte dei combattenti indipendentisti albanesi dell'UCK. Quasi tutti gli abitanti erano scappati da Racak durante la terribile offensiva dell'estate 1998. Tranne poche eccezioni, non erano ritornati. "Del fumo saliva solo da due camini", ci ha detto uno dei reporter della APTV.

L'operazione serba non era una sorpresa, ne' un segreto. La mattina dell'attacco, una fonte della polizia aveva comunicato alla APTV: "venite a Racak, sta succedendo qualcosa". Sin dalle 10 del mattino i giornalisti erano sul posto a fianco della polizia, e riprendevano la scena da una altura sporgente sul villaggio, e poi per le strade dietro un veicolo armato. Anche l'OSCE era stata avvertita dell'azione. Almeno due team di osservatori internazionali erano presenti ed osservavano il combattimento da una collina dalla quale potevano vedere una parte del villaggio. Sono entrati a Racak subito dopo la partenza della polizia. Hanno indagato sulla situazione interrogando alcuni albanesi, ed insistendo per sapere se ci fossero stati civili feriti. Verso le 6 del pomeriggio sono ritornati indietro alla clinica del vicino villaggio di Stimje con 4 persone leggermente ferite - 2 donne e 2 anziani. Questi verificatori hanno detto di essere ancora "incapaci di fare un bilancio di questa giornata di battaglia".

La pubblicita' che la polizia serba ha dato a questa operazione e' stata notevole. Alle 10 e 30 del mattino essa ha diffuso il primo comunicato. Annunciava di aver "circondato il villaggio di Racak allo scopo di arrestare i membri di un gruppo terroristico che aveva ucciso un ufficiale della polizia" la domenica precedente. Alle 15, un primo bollettino calcolava quattro albanesi uccisi nei combattimenti. Il giorno dopo, sabato, la polizia si compiaceva per il successo di una operazione che, a detta di loro stessi, aveva causato la morte di dozzine di "terroristi" dell'UCK ed il sequestro di una quantita' significativa di armi.

Il tentativo di arrestare un albanese, presunto assassino del poliziotto serbo, si era trasformato in un massacro. Alle 15 e 30 la polizia abbandonava l'area sotto il fuoco sporadico di un manipolo di guerriglieri dell'UCK che resistevano ancora, aiutati dal territorio difficoltoso e ripido. Rapidamente, i primi sopravvissuti albanesi rientravano nel villaggio, quelli che erano riusciti a nascondersi uscivano dall'ombra e tre veicoli della KVM entravano nel villaggio. Un'ora dopo, la polizia se ne andava e calava la notte.

Guidato dall'UCK

La mattina successiva, stampa e KVM arrivano per fare il bilancio delle perdite causate dalla battaglia. E' a questo punto che, guidati da guerriglieri UCK armati che avevano rioccupato il villaggio, scoprono il fossato dove giacciono, accatastati, circa 20 corpi - quasi soltanto di uomini. A meta' giornata, il capo della KVM in persona, il diplomatico USA William Walker, arriva sul posto e dichiara di essere indignato per le atrocita' commesse da "le forze di polizia serbe e l'esercito jugoslavo".

La condanna e' totale. Eppure, alcune questioni si pongono. Come poteva la polizia serba raggruppare insieme un gruppo di uomini e dirigerli con calma verso il posto dell'esecuzione, mentre erano costantemente sotto il fuoco dell'UCK? Come poteva quel fossato, collocato al confine di Racak, essere rimasto nascosto alla vista della gente del luogo, che conosceva bene il circondario ed era presente prima del tramonto? E gli osservatori presenti per piu' di due ore in questo villaggio cosi' piccolo? Perche' c'erano cosi' pochi proiettili attorno ai corpi, cosi' poco sangue nella strada affossata dove si presume che ventitre' persone sarebbero state ammazzate con parecchi colpi alla testa, a distanza ravvicinata? [E perche', aggiungiamo noi, le forze di sicurezza jugoslave avrebbero voluto organizzare una carneficina gratuita, senza peraltro preoccuparsi di nascondere il loro misfatto alla stampa internazionale ed ai verificatori OSCE, che sarebbero puntualmente giunti il giorno dopo a controllare?... n.d.crj]
Non e' forse piu' probabile che i corpi degli albanesi uccisi nello scontro con la polizia serba siano stati riuniti nel fossato per creare una scena orribile che avrebbe certamente causato repulsione nell'opinione pubblica? La violenza e la rapidita' con cui ha reagito Belgrado - dando al capo dell'OSCE 48 ore di tempo per lasciare la Jugoslavia - non significa di per se' che gli jugoslavi sono certi della loro versione dei fatti?

Solamente una indagine internazionale al di sopra di ogni sospetto ["chi e' al di sopra di ogni sospetto scagli la prima pietra" - certo la KVM non lo e' piu'! n.d.crj] fara' luce sulle zone d'ombra. Alcuni specialisti finlandesi e bielorussi erano attesi mercoledi (20/1) a Pristina per partecipare alle autopsie svolte dai medici jugoslavi. Il problema e' che le autorita' di Belgrado non si sono mai mostrate disposte a collaborare in questa faccenda. [Con chi dovevano essere disposte a collaborare? Dopo che ancora per tutta la domenica 17/1 al magistrato jugoslavo era stato impedito di accedere al luogo del massacro dal fuoco di sbarramento dell'UCK... Si noti questo finalino "politically correct" di critica idiota alle autorita' jugoslave, tipico del giornalismo di fine millennio, di qualsiasi orientamento politico-ideologico esso sia. n.d.crj] Perche'? Qualunque sia la conclusione delle indagini, il massacro di Racak mostra che la speranza di raggiungere presto una soluzione per la crisi in Kosovo sembra piuttosto illusoria.


Di seguito un contributo dal numero del 28/1/1999 di "Workers World", giornale marxista statunitense:


Un falco dietro alla politica statunitense sul Kosovo

L'ambasciatore Walker ha nascosto i massacri veri, in Salvador

Di Gary Wilson

Quando i media statunitensi hanno incominciato a riferire che un massacro ha avuto luogo il 14 gennaio nella provincia jugoslava del Kosovo, per le informazioni la maggiorparte di loro si e' affidata alle dichiarazioni dell'ambasciatore americano William Walker. A detta di Walker, gli aereoplani da guerra USA-NATO potrebbero cominciare a bombardare questo piccolo paese, che ha gia' visto la gran parte del territorio venire strappata negli ultimi anni.

E' importante che il mondo sappia chi e' Walker: un veterano del Dipartimento di Stato americano che diresse la sporca guerra contro El Salvador ed il Nicaragua negli anni Ottanta, mentendo su ogni aspetto di essa.

Walker, che e' adesso il capo del team di ispezione imposto dalla NATO in Kosovo, ha detto di aver visionato il sito del presunto massacro ed ha dichiarato di conoscere tutti i fatti. Egli e' stato contemporaneamente accusatore, corte e giudice. Nemmeno un procuratore distrettuale di una qualche cittadina degli Stati Uniti potrebbe fare una simile dichiarazione cosi' baldanzosamente. Innanzitutto il colpevole - le prove dopo...

Il governo jugoslavo ha ordinato l'espulsione di Walker. I media statunitensi hanno detto in coro che questa decisione mirava a nascondere cio' che era veramente successo. Ma questo e' capovolgere la realta' da cima a fondo. E' stato Walker ha rilasciare dichiarazioni prima che i fatti potessero essere appurati. Pertanto egli ha fatto in modo che la versione di Washington su cio' che era successo diventasse la versione ufficiale. Ecco la vera copertura.

Chi e' l'ambasciatore Walker? E' lui il Richard Butler del Kosovo, come ormai tanti nei Balcani ritengono?

Butler, un australiano attivo come capo della forza di ispezione delle Nazioni Unite in Iraq, ha lavorato in segreto per i servizi militari e di intelligence degli USA. Membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite lo hanno persino accusato di aver costruito il suo ultimo rapporto, allo scopo di adempiere alle necessita' di Washington giustificando la campagna di bombardamenti del Pentagono contro l'Iraq, a dicembre.

Walker guida un team di ispezione della NATO in Kosovo. Da chi e' composto il team?

"In numero consistente sono quelli con un retroterra militare; un po' di meno, ma comunque tanti, vengono dai corpi di polizia", ha detto Walker ad una conferenza stampa al Dipartimento di Stato l'8 gennaio (trascrizione ufficiale, US Information Service).

Quando gli e' stato chiesto se il team in Kosovo non fosse altro che un team di spie, come il gruppo USCOM in Iraq, Walker ha replicato: "Spero che ciascuno dei componenti della mia missione cerchi di raccogliere quanta piu' intelligence gli sia possibile".

Rispondendo ancora alla domanda: "Trasmettera' a Washington le informazioni raccolte?", Walker ha detto: "Molte di queste ritorneranno a Washington, ma servono a tutte le capitali [dei paesi NATO]". Suona un po' come quello che e' successo in Iraq...

Walker e' forse uno di cui ci si puo' fidare che dira' la verita' su cio' che sta avvenendo in Kosovo? Oppure la sua storia passata dimostra che e' il "patron" delle bugie e delle coperture politiche?

Di solito Walker viene dipinto come un diplomatico di carriera dai mezzi di informazione statunitensi, il quale sarebbe ora stato assorbito dalla palude balcanica. Ma la realta' non e' proprio questa. Walker ha fatto una lunga carriera nel Dipartimento di Stato americano. Bisogna vedere in che modo, per capire quello che sta facendo oggi.

Collaboratore di Eliot Abrams e Oliver North

Walker ha cominciato la sua carriera diplomatica in Peru' nel 1961. Nel 1985 e' stato designato assistente segretario di Stato per l'America Centrale. E' stato un uomo-chiave della operazione della Casa Bianca reaganiana per buttar giu' il governo nicaraguense, operazione guidata dal Col. Ten. Oliver North e dall'assistente segretario di Stato Eliot Abrams. Walker e' stato assistente speciale di Abrams, secondo le accuse rivolte dal legale indipendente Lawrence Walsh presso la Corte distrettuale statunitense.

Secondo le registrazioni della corte, Walker e' stato il responsabile della istituzione di una pseudo-operazione umanitaria all'areoporto di Ilopango, nel Salvador. Questa era segretamente usata per far passare armi, munizioni e rifornimenti ai mercenari "contra" che attaccavano il Nicaragua.

Il legale Walsh ritenne che Walker fosse uno degli uomini-chiave nelle operazioni di Oliver North, stando agli atti del processo.

In seguito, dal 1988 al 1992, Walker e' stato ambasciatore USA nel Salvador. Era il periodo in cui gli squadroni della morte facevano il bello ed il cattivo tempo.

Molti dei componenti di questi squadroni erano addestrati alla "Scuola delle Americhe" [SOA] di Fort Benning, vicino Columbus, Ga., che fa capo all'esercito statunitense.

La 'partecipazione silenziosa' all'assassinio dei gesuiti

Un documento presentato lo scorso 16 Novembre dagli antimilitaristi ad una protesta all'esterno della "School of Americas" forniva dettagli su uno dei massacri:

"Il 16 novembre 1989 un gruppo di uomini armati del battaglione militare salvadoregno di Atlacatl, la maggiorparte dei quali formatisi alla SOA, irrompevano nel dormitorio della Universita' del Centroamerica Jose Simeon Canas, tra le 2:30 e le tre del mattino. Buttavano giu' dai loro letti sei preti e li uccidevano con un colpo alla testa. Poi uccidevano il cuoco dei seminaristi e la sua figlia quindicenne".

I preti erano ritenuti simpatizzanti dell'esercito di liberazione, che combatteva contro il governo appoggiato dagli USA. I gesuiti accusarono Walker di essere stato un "partecipante silenzioso" al massacro (*).

Anni dopo, il 6 maggio 1996, Walker era a Washington a condurre una cerimonia per onorare i 5000 soldati americani che avevano combattuto in segreto nel Salvador. Al tempo in cui Walker era ambasciatore, la versione ufficiale era che in Salvador ci fossero solamente 50 "consiglieri" militari USA ("The Washington Post", 6 maggio 1996).

Un bugiardo professionista

Dunque Walker non e' uno abituato a dire la verita'. Onestamente non potrebbe essere caratterizzato come un'osservatore indipendente o un partigiano dei diritti umani.

Probabilmente nel Kosovo ha rispolverato i suoi vecchi trucchi. Stavolta, le sue azioni sono a sostegno di un diverso esercito "contra", vale a dire l'"Esercito di Liberazione del Kosovo" [UCK].

Alcuni giornali europei hanno cominciato ad alludere alla NATO come "aviazione dell'UCK".

Le azioni di Walker sono chiaramente intese a destabilizzare il governo jugoslavo. Le sue affermazioni potrebbero essere utilizzate per giustificare un attacco militare della NATO, se il governo USA si decide a tanto.

Il 12 gennaio, tre alte personalita' jugoslave, tra le quali un importante oppositore del governo di Slobodan Milosevic, hanno tenuto una conferenza stampa per rendere noto un documento della CIA sui piani USA di sbarazzarsi di Milosevic. Secondo il documento, 35 milioni di dollari sono stati versati ai gruppi di opposizione in Jugoslavia.

Il senato USA ha passato una legge che chiede la caduta di Milosevic. Una vera guerra e' stata dichiarata contro il governo jugoslavo. Il cosiddetto Esercito di Liberazione del Kosovo, che ha adottato l'uniforme degli occupatori fascisti della regione durante la II Guerra Mondiale, ha il sostegno degli Stati Uniti, della Germania e di Israele. Alla notizia del presunto massacro, l'esponente della destra israeliana Ariel Sharon ha scritto una dichiarazione che e' stata approvata dal Parlamento, nella quale si condanna il governo jugoslavo e si chiede la sua dismissione.

Nessuno si faccia prendere dalla momentanea isteria dei mass-media: la verita' su quello che e' avvenuto nel villaggio kosovaro di Racak probabilmente non la sapremo mai. L'UCK ha impedito alla squadra dei medici legali jugoslavi di visitare il luogo o di esaminare i corpi prima delle dichiarazioni di Walker.

La storia data in pasto al mondo e' passata attraverso Walker ed il suo team di "esperti" militari.


(*) Ecco come il reverendo Santiago descrisse le violenze del battaglione Atlacatl, che causarono circa 9000 vittime: "People are not just killed by death squads in El Salvador - they are decapitated and then their heads are placed on pikes and used to dot the landscape. Men are not just disemboweled by the Salvadoran Treasury Police; their severed genitalia are stuffed into their mouths... It is not enough to kill children; they are dragged over barbed wire until the flesh falls from their bones, while parents are forced to watch."


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