Ultimo aggiornamento: maggio 1999

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IL KOSOVO NEL "MEMORANDUM DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE SERBA"

Riportiamo qui il capitolo sul Kosovo contenuto nel "Memorandum dell'Accademia delle Scienze Serba" pubblicato nel 1986, nella sua traduzione non integrale pubblicata dalla rivista italiana "Limes",n.1/2-1993.

IL KOSOVO

L'espulsione del popolo serbo dal Kosovo è la testimonianza spettacolare della sua sconfitta storica. Nella primavera del 1981 è stata dichiarata al popolo serbo una guerra del tutto speciale, mai esplosa apertamente, preparata nelle diverse fasi dei cambiamenti amministrativi, politici e costituzionali. Condotta abilmente seguendo metodi e tattiche diverse, con ruoli ben ripartiti, con il sostegno attivo e abbastanza palese di certi centri politici del paese - sostengo più nefastodell'appoggio offerto dai paesi vicini - questa guerra aperta che non si riesce a guardare in faccia e non viene chiamata con il suo vero nome dura all'incirca da cinque anni. Essa si trascina dunque da molto più tempo di quanto non sia durata la guerra di liberazione in questo paese, dal 6 aprile 1941 al 9 maggio 1945.

L'insurrezione nel Kosovo e Metohija, poco prima della fine della guerra, organizzata con la cooperazione delle unità naziste, è stata militarmente schiacciata nel 1944-45, ma dobbiamo constatare che non è stata sconfitta politicamente. Nella sua forma attuale, mascherata con nuovi contenuti, essa si sviluppa con maggiore successo ed è prossima alla vittoria. Non abbiamo ancora chiuso i nostri conti con l'aggressione fascista. Le misure prese fino ad oggi hanno soltanto eliminato i segni esteriori di qeusta aggressione quando sono divenuti espliciti i suoi obiettivi, ispirati al razzismo, obiettivi da conseguire a qualunque costo e con tutti i mezzi. Persino le pene drastiche comminate a giovani delinquenti avevano lo scopo di suscitare e approfondire gli odi tra le nazioni. I cinque anni della lunga guerra del Kosovo hanno suscitato nei suoi ispiratori e nei suoi esecutori la convizione di essere più forti di quanto pensassero, di godere dell'appoggio di diversi centri di potere nel paese, un sostegno incomparabilmente maggiore di quello del quale beneficiano i serbi del Kosovo da parte della Repubblica di Serbia o che questa repubblica riceve da parte delle altre repubbliche della Jugoslavia. L'aggressione viene in tal modo incoraggiata, i rappresentanti ufficiali delle provincie, così come gli intellettuali, sono spinti a comportarsi in modo arrogante e cinico, e bollano come ricatto il fatto che i loro diritti vengano limitati. Le forze politiche organizzate del nostro paese, che hanno compiuto una rivoluzione in condizioni pressoché impossibili, sotto il giogo del nemico più potente del secolo, si rivelano di colpo non solo inefficaci, incapaci, ma anche quasi non interessate a rispondere a una guerra aperta nel solo modo appropriato: con la difesa risoluta del popolo e del territorio. E quando l'aggressione sarà vinta è necessario che i conti politici non vengano regolati con degli arresti, una "differenziazione" tra coloro cheerano a favore e coloro che erano contro, con false dichiarazioni di lealtà, ma con una autentica lotta rivoluzionaria, con un confronto aperto, con la libera espressione e manifestazione di opinioni divergenti.

Il genocidio fisico, politico, giuridico, culturale della popolazione serba del Kosovo e della Metohija è la sconfitta più grave subita dalla Serbia nelle sue lotte di liberazione, dalla battaglia di Orasac del 1804 fino all'insurrezione del 1941. La responsabilità di questa sconfitta è dovuta innanzitutto all'eredità del Komintern, eredità tuttora attiva nella politica del Partito Comunista della Jugoslavia, ai sostenitori, tra i comunisti serbi, di questa politica, a errori politici e ideologici rovinosi, all'ingoranza, all'incompetenza, ma anche a un inveterato opportunismo, nel dopoguerra delle generazioni di politici serbi che sono sempre restati sulla difensiva, più preoccupati di ciò che si pensa di loro e del debole statuto che essi hanno dato alla Serbia che dei fatti oggettivi che condizionano il futuro del popolo da essi governato (...)

Il destino del Kosovo resta una questione vitale per il popolo serbo tutto intero. Se non viene risolta nell'unico modo effettivo, se un'autentica sicurezza e una uguaglianza dei diritti per tutti i popoli che vivono nel Kosovo e in Metohija non vengono instaurate, se non vengono create condizioni salde e durature per il ritorno della popolazione scacciata, questa parte della Repubblica di Serbia diventerà un problema europeo con conseguenze assai pesanti. Il Kosovo è una delle questioni più importanti aperte nei Balcani. La diversità etnica in numerosi territori balcanici corrisponde al profilo etnico della penisola balcanica. La rivendicazione di un Kosovo etnicamente puro non è solo una pesante e diretta minaccia per tutti i popoli che si trovano in minoranza, ma, se si affermerà, rappresenterà un pericolo reale e quotidiano per tutti i popoli della Jugoslavia. (...)


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