A proposito di Decima Mas
La sentenza riconobbe Bertozzi colpevole di collaborazionismo e di omicidio volontario continuato aggravato per crudeltà per tutti i capi d’imputazione, eccetto che per l’episodio di Cuorgné per il quale fu assolto, e lo condannò alla “pena di morte mediante fucilazione nella schiena, inoltre all’ergastolo, pena questa assorbita da quella capitale”. Ordinò tra l’altro anche la confisca di tutti i suoi beni.
L’amnistia legata alla pacificazione, o per meglio dire al desiderio di pace, condonò gran parte dei fascisti per i loro reati e ciò portò anche al loro reintegro nelle strutture amministrative nazionali e locali, permettendo quella che è stata storicamente definita la continuità dello Stato, cioè del suo ceto burocratico. Ministro di Grazia e Giustizia al tempo di tale operazione fu addirittura il comunista Togliatti, e ciò va rimarcato a significare che davvero la pacificazione con i fascisti il nostro paese l’ha concretamente voluta e compiuta, al di là delle divisioni politiche e degli schieramenti ideologici, già dal primo dopoguerra.
Certo questo non valse per chi si era macchiato di reati gravi e personali come il Bertozzi, che comunque si avvantaggiò del clima politico generale successivo all’immediato dopoguerra. Infatti, con sentenza del 9 aprile 1948 la Corte Suprema gli commutò la pena di morte in quella di ergastolo. Poi la Corte Suprema di Cassazione con ordinanza 21.7.1950 commutò l’ergastolo in 30 anni di reclusione con concessione dei condoni. Successivamente ancora la Corte Suprema, con sentenza 25.1.1952, dispose la revisione della prima sentenza di morte avvenuta a Vicenza e che era stata ridotta all’ergastolo, a 30 anni ed a 19 anni con i condoni, rinviando il giudizio alla Corte d’Assise presso la Corte d’Appello di Venezia e concedendo intanto la libertà provvisoria al Bertozzi che fu scarcerato. A Venezia il
dibattimento per la revisione avvenne nel 1963. Il Bertozzi, presente all’udienza, chiese l’applicazione del beneficio dell’amnistia impropria. La sentenza del 25.2.1963 glielo concesse dichiarando estinti i reati e cessata l’esecuzione della sentenza del 1947.
Bertozzi morì di malattia nel 1964.
Per il libro su Forno, con gli amici Alberto e Ruggero, indagammo approfonditamente su Bertozzi, anche tra i suoi commilitoni, incontrando molte reticenze se non un vero e proprio muro di gomma. Andammo anche a Riva del Garda, all’annuale e nostalgico raduno dei reduci. Molti negarono addirittura di conoscerlo. Sergio Nesi presidente della Associazione della Decima, un galantuomo che rivendica da sempre con coerenza la sua scelta ideale, di coraggio e di orgoglio, un po’ come oggi ha fatto con un poco di ritardo Vivarelli, e con il quale ho sviluppato una lunga corrispondenza proprio sulla base del libro su Forno, ha confermato di aver sì conosciuto Bertozzi, ma di averlo incontrato una sola volta, e di non sapere niente di lui, affermando che la Decima era un reparto di mare (lui stesso era un sommergibilista, un sommozzatore) e l’eroismo dei sabotatori e le medaglie d’oro legate alle azioni dei “maiaili” rappresentavano e rappresentano gli esempi di riferimento per la formazione, mentre il Bertozzi era di un reparto di terra che quasi poco o niente aveva a che fare con lo spirito della Decima MAS.