DISPERSI .... 8 SETTEMBRE 1943
GERMANIA
e MARINA ITALIANA
LA
SORTE DEL NAVIGLIO E DELLE ALTRE BASI NAVALI
- LA SCUOLA SOMMERGIBILISTI ITALIANA DI GDYNIA
(corridoio polacco di Danzica) - LE BASI AERONAVALI USA IN
ATLANTICO - DEBICA
SS BATTALION
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Un reparto già citato e costituito
in Francia era il
"IX Settembre".
I gruppi XLII e L btg ccnn
M Treviso (battaglioni da sbarco) venne inviato in Corsica nel
novembre 42 e il gennaio successivo nella Francia Meridionale (base navale
di La Seyne a Tolone). Chi di questi
non si disperse dopo l'8/9 costituì quello che in seguito verrà chiamato battaglione M “IX settembre”. Già
prima di questa data, il dilemma se aderire o no al nuovo ordine sociale
in Italia (25 luglio) li aveva portati a compiere passi verso il comando
tedesco. Verso la metà di agosto, giunse l’ordine di sostituire le
stellette alle M rosse con i fasci. Anche il fez nero doveva essere
sostituito dalla bustina regolamentare del regio esercito come la camicia
nera con quella grigioverde ma molti non si adeguarono. La sera dell’8
settembre gli uomini della 3a Compagnia del "L" assieme ai Tedeschi
circondarono gli alloggi dei “badogliani”, procedendo al loro disarmo.
da
http://www.maxafiero.it/articolo1.htm .... Circa 400 uomini scelsero
di restare col Cap. Zardo, ricevendo di nuovo le armi; gli altri furono
concentrati nella cittadina in attesa del trasferimento in Germania.
L’11 settembre, la Compagnia Zardo venne messa a disposizione del 2°
Reggimento della Divisione tedesca Brandenburg, stabilendo il suo
comando al Casinò des Sablettes. Il giorno dopo si unirono alla
compagnia “ribelle” altri soldati della Compagnia Servizi del Gruppo
Battaglioni da sbarco e del XLII Battaglione. Nella notte tra il 12 ed
il 13 giunse la notizia della liberazione del Duce da parte dei
paracadutisti tedeschi. L’evento fece accorrere altri numerosi
volontari, rendendo necessario il trasferimento dei reparti in una
caserma più grande: quella del Battaglione Coorte del Reggimento San
Marco.
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Altre Truppe presenti in Germania alla data del 8/9/43
1° -
2° -
3° -
6° - 8° - 9° - 10° - 14° Regg. Artiglieria costiera
In Germania, sul solo territorio tedesco, operarono anche:
Il III° Btg corazzato del 31° Rgt carri, a Munzingen (senza mezzi)
Il Pl.carri “L” proveniente dall’Egeo (senza mezzi)
Un Btg di “Fiamme Bianche”
Un distaccamento del CXLI btg ccnn. (da Creta) |
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Qui vennero anche sequestrati numerosi automezzi del San Marco,
così come vennero reclutati nuovi volontari dello stesso Reggimento. Il 20
settembre, la Compagnia ad effettivi ingrossati (circa 600 uomini) venne
trasferita nella caserma di Forte Cap Brun abbandonata dalla Regia Marina
dopo l’8 settembre. Gli altri soldati ed ufficiali che avevano scelto di
continuare a combattere al fianco dei Tedeschi restarono a Tolone per
essere assegnati ad altri reparti in formazione. Il 23 settembre il
Generale von Phulstein, comandante della Divisione Brandenburg, passò in
rassegna la Compagnia Zardo; nell’occasione il comandante tedesco comunicò
ai soldati italiani il loro inquadramento nella divisione ed il loro
futuro impiego come reparto di sicurezza. Malgrado l’appartenenza ad un
reparto germanico, i volontari italiani ottennero di poter continuare ad
indossare la camicia nera e l’uniforme italiana. L’unica imposizione da
parte del Comando Germanico fu l’aquila tedesca sul taschino destro
dell’uniforme. Il 30 settembre, dopo una settimana di intenso
addestramento insieme ad altri reparti tedeschi e dopo aver giurato
fedeltà ad Adolf Hitler, ricevette l’ordine di trasferimento in Italia al
seguito del Bansen Battalion del 2° Reggimento della Divisione
Brandenburgo.
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I Caproni Cb erano mini sommergibili
progettati e costruiti a partire dal 1940 soprattutto allo scopo di
difesa ravvicinata dei porti e di lotta anti-sommergibile. Ne furono
costruiti 22 esemplari impiegati sia in Italia che all'Estero. Proprio
quelli di stanza nel Mar Nero il 30 agosto 1944 furono requisiti
dall'URSS nella cui marina rimasero in servizio fino al 1955 |
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Qualche mese più tardi l’unità, rinforzata divenne ufficialmente il
Battaglione "IX Settembre" e si stanziò in Italia. L’unità è una delle
poche ad essere stata presente sul fronte di Anzio. I legionari vennero
impegnati in azioni di pattugliamento e nella costruzione delle postazioni
difensive nei momenti critici dello sbarco nell’area tra Ferriere, Bosco
di Nettuno e Trecancelli nel gennaio e febbraio 1944. A fine novembre 44, il Battaglione
"IX Settembre"
ricevette l’ordine di trasferimento nella Prussia orientale, zona dei Laghi Masuri.
L’unità italiana era ancora aggregata formalmente alla Divisione tedesca Brandenburg dai giorni della
costituzione in Francia e dovette quindi seguirla. Dopo un rapido
addestramento all’uso dei Panzerfaust ed alle nuove tecniche anticarro,
i legionari italiani furono impegnati contro le formazioni corazzate
sovietiche.
Quando la situazione divenne grave anche in Italia, il Tenente Grassano chiese l’autorizzazione al rientro. Il viaggio di ritorno durò
quasi un mese a causa dei continui bombardamenti. I reparti del IX
Settembre furono impegnati contro i partigiani comunisti della banda
Nannetti, nella sorveglianza delle centrali elettriche e nel presidio di
varie località in Veneto (Vittorio). Il 25 aprile i legionari rinchiusi
nella caserma Gotti di Vittorio Veneto, circa 150, furono passati per le
armi. (un quadro completo alla pagina dell'Esercito
Repubblicano) |
Come erano
giunti i Cb in Crimea
pag 227 e segg del libro di J.
V. Borghese X Mas.
La Marina italiana,
aderendo all’invito alleato, distaccò in Mar Nero una Flottiglia di Mas
al comando del Cap. di vascello Francesco Mimbelli e alcuni sommergibili
tascabili CB, unità che svolsero egregiamente i compiti loro assegnati
(un mas affondò un incrociatore russo, e i CB due sommergibili). il 6
maggio (1942) il nuovo duca d’Aosta (Aimone 1900/1948), ammiraglio
ispettore, poteva assistere all’imponente spettacolo della sfilata della
«(auto) Colonna Moccagatta della X » in perfetto assetto di guerra e
pronta alla partenza. Era così composta: 5 barchini siluranti MTSM e 5
barchini esplosivi MTM autocarrati; 1auto pullman comando, dotato anche
di cuccette per tutti i piloti; 1 auto-radio, con funzione altresì di
segreteria della colonna e magazzino piccoli pezzi di rispetto; 1auto
1100 coloniale per il comandante; 1 motocicletta porta ordini; 3
trattori; 5 autocarri Fiat 666; 5 rimorchi speciali per il trasporto dei
5 MTSM; 2 rimorchi per siluri; 1 auto officina attrezzata per
riparazione degli automezzi, dei barchini e dei siluri; 1 autobotte da
12.ooo litri. 3 rimorchi botte per trasporto liquidi; 1 biga a cassone;
1 camion gru per il sollevamento dei barchini. L’autocolonna aveva benzina, munizionamento, macchinari, pezzi di ricambio e viveri di
riserva per un funzionamento completamente autonomo di vari mesi.
L'autocolonna, che raggiunge la Crimea per via ferrata, lascia La Spezia
e, seguendo l’itinerario Verona-Vienna-Leopoli giunge il 15 alla vecchia
frontiera russa. Poi, passando per Dnepropetrovsk, il 19 giunge a
Simferopol, ultima tappa del viaggio in ferrovia. Qui, sbarcata dal
treno, la colonna passa alla sua sede naturale: la strada. Il 21, forte
di 40 automezzi, si porta a Yalta; Finalmente il 22 maggio arriva alla
sua definitiva destinazione: Foros, graziosa cittadina sulla ridente
costa meridionale della Crimea, non lontana da Balaclava e a sud di
Sebastopoli. La colonna che va via acqua raggiunge Vienna dove i Cb e i
Mas vengono messi in acqua e scendono il Danubio.
http://www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/27gennaio_internati
militari.htm |
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LA
SORTE DEL NAVIGLIO E DELLE ALTRE BASI NAVALI |
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Nonostante l’Ufficio
Storico della Marina non dedichi loro alcun cenno, e continui a
considerare eroi quelli scappati a Malta, ricordiamo il naviglio che
raccolse i naufraghi della Roma e si rifugiò in Spagna alle Baleari (Port
Mahon vedi personaggi Bergamini e sotto).Winston Churchill con
sarcasmo britannico scrisse: “Il grosso della flotta italiana lasciò
Genova e La Spezia, per un “audace” viaggio di resa a Malta".
Vennero consegnate 173 navi per 268.227 tonn.s.l.; 7 navi per 11.017
tonn. si trasferirono in porti neutrali; 12 per 41.096 ? furono perdute
in combattimento nei giorni armistiziali. 124 per 100.614 tsl vennero
aderirono alla RSI o si autoaffondarono; 3 navi (sommergibili) per 3.079
tonnellate rimasero in porti sotto controllo giapponese ma con sigla
tedesca UIT(Giuliani, Torelli e Cagni). La 12° Squadra
cacciatorpediniere, con il REGOLO ed il gruppo PEGASO recuperarono i
superstiti della ROMA, quindi il gruppo MITRAGLIERE, composto dai caccia
MITRAGLIERE, FUCILIERE, CARABINIERE e REGOLO, agli ordini del Comandante
Marini, che non aveva alcuna disposizione su cosa fare l’8 settembre
(gli ordini li aveva inspiegabilmente secretati Bergamini), tentò di
contattare le altre unità, ma non ricevette alcuna risposta. Il
comandante Marini, d’accordo con i Comandanti delle altre unità della
squadriglia, escluse l’idea di portare le sue navi in porti
angloamericani non ritenendolo un atto conforme alle tradizioni della
Regia Marina e dunque decise di fare rotta sulle Baleari, dove giunse
all’alba del giorno successivo al porto di MAHON nell'isola di Minorca
(Spagna). Ultimato il salvataggio dei naufraghi della ROMA, anche il
PEGASO, l’IMPETUOSO, l’ORSA, ripresero la navigazione agli ordini del
Comandante Imperiali il quale, dopo aver molto riflettuto, giunse alle
stesse conclusioni
di Marini e, sentito il parere dei Comandanti dell’IMPETUOSO e
dell’ORSA, ordinò di far rotta sulle Baleari. Imperiali ordinò poi
l’autoaffondamento del PEGASO e dell’IMPETUOSO davanti alla baia di
Pollensa.
Un’inchiesta condotta a
guerra finita dalle autorità della Marina, ritenne conforme alle leggi
dell’onore il loro comportamento e quello di tutti i Comandanti che
rifiutarono di consegnare intatte le loro navi.
Possiamo inoltre ricordare l’esempio dell’Ottaviano Augusto che,
alla fonda ad Ancona, non partì per il sud. Il Taranto, autoaffondatosi
a La Spezia il 9 settembre 1943, sarà recuperato dalla Marina dell’RSI;
il Vesuvio, come il suo gemello Etna, rimarrà alla fonda nel porto di
Trieste e sarà usato come incrociatore antiaereo. A La Spezia rimase
anche l’incrociatore San Marco. Non fu inferiore il numero delle
cacciatorpediniere che rifiutarono la resa non recandosi a Malta. Il 9
settembre 1943 il Corazziere si autoaffondò nel porto di Genova;
rifiutarono la resa e continuarono a combattere gli anglo-americani il
Crispi, il Dardo, il Maestrale, il Pigafetta, il Selenico, il Turbine.
Tra le torpediniere registriamo il rifiuto della resa da parte
dell’Ardito, dell’Arturo, dell’Auriga, del Calatafimi, del San Martino
ed il Solferino che continuarono a combattere contro gli alleati, al
contrario del Cascino, del Ghibli e del Montanari che scelsero
d'autoaffondarsi.
C'era un altro gruppo
di stanza nel Mar nero.
da giuseppemarchese.it - ...Nel maggio 1942
iniziarono a operare nel Mar Nero (Crimea) i sommergibili tascabili CB
1, 2, 3, 4, 5 e 6. A causa della ridotta attività navale avversaria dopo
la caduta di Sebastopoli e per l'impossibilità di operare nei mesi
invernali, nel Dicembre 1942 i CB 1, 2, 3, 4 e 6 vengono trasferiti a
Costanza. Il CB 5 era andato perduto il 13.6.42. Alla data
dell'armistizio i cinque "CB" si trovavano a Sebastopoli, con i seguenti
comandi. -Comando Gruppo a Costanza - -Base avanzata gruppo C.B.
Sebastopoli (Crimea)
.......Dal racconto dell'Ammiraglio Giovanni Ciccolo, all'epoca
comandante di squadriglia Mas,
LE VICENDE POST ARMISTIZIO DEL MAR NERO.
- sunto e ....
passi
….L’armistizio dell’8 settembre del ‘43 mi colse sulla strada dalla base
navale operativa italiana di Sebastopoli sul Mar Nero (Crimea) alla
nostra base logistica di Costanza. Quando raggiungemmo Costanza all’una e
trenta di notte del 9 settembre, trovai il mio assistente, il Capitano
Commissario Gambini, molto agitato. Aveva appreso dalla radio che
l’Italia aveva firmato l’armistizio con gli Alleati. Era chiaro che la
nostra posizione in Romania sarebbe presto stata critica, quindi
telefonai alla caserma dove il nostro personale era alloggiato e ordinai
di distruggere tutte le carte e i documenti degli archivi segreti. Non
ce ne fu tuttavia il tempo; nel volgere di pochi minuti i soldati
tedeschi circondarono la caserma e la mia palazzina, sequestrando le
nostre armi e confinandoci nei nostri quartieri. Tramite il personale di
servizio romeno della mia palazzina...- Comincia così il racconto del T. di Vascello Giovanni Ciccolo a
Costanza sul Mar nero alla base dei C.B...segue
sotto |
DEBICA SS BATTALION Origine e formazione
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From September to the end of February 1944, a separate SS-Battalion was
being formed in the SS Heidelager Training Grounds at Debica, Poland. Major Guido Fortunato, who was a former
Bersaglieri officer who served
in Russia, was tasked in the selection of new recruits loyal to the
Germans. Most of the volunteers came from the Italian XXXI (31°) Anti
Tank Battalion of the Lombardia Division and the elite Alpine Julia
Division. These volunteers followed a different training program from
those of Munzingen. The formation,
which had 20 officers and 571 men, was referred as "SS-Battalion Debica."
For the most part these troops were considered as Waffen-SS men
(Gli
appartenenti portarono sempre le mostrine nere e spesso, pur non
autorizzati, le rune SS. Le waffen erano solo la parte combattente del
ben noto corpo tedesco e comunque per gli italiani si trattava di un
termine improprio perché la dicitura era "unità armate italiane delle
SS"). On 21 March 1944, the SS-Battalion
Debica was deployed to do anti-partisan operations around the Pellice
Valley, southwest of Turin. Anti-partisan operations lasted till May
1944.
Giunto in ferrovia a
Pinerolo si dislocò nella caserma degli alpini alle dipendenze dirette
del Comando di Brigata. Nel mese di marzo, il "Debiça" raggiunse Luserna
San Giovanni, da dove, il 21 marzo, compì un'azione di polizia su Rorà.
In quella occasione venne ferito gravemente il capitano Daldosso. Nei
giorni successivi alcune compagnie del battaglione rastrellarono la
Valle Germanasca, perfezionando cicli operativi svolti da altri
battaglioni della Brigata "SS" italiane. Nell'aprile, il battaglione
venne trasferito in Umbria e si dislocò a Spoleto, da dove operò puntate
di alleggerimento contro i guerriglieri attestati nella zona di Passo
della Scheggia, La Scheggia, Gubbio, giungendo sino a San Severino
Marche riuscendo, così, ad allontanare l'insidia partigiana dalle grandi
vie di rifornimento, tra le quali l'essenziale via Cassia.
segue a
fianco >>>>>> |
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ORIGINE DEL BATTAGLIONE MUSSOLINI
Ma in Germania o nell'est Europa non c'erano solo gli "sbandati"
dell'8 settembre, c'erano anche truppe e servizi affluiti all'indomani
della costituzione dell'Esercito Repubblicano al Nord come dalla
testimonianza che segue La storia di Mimino Fumarola Locorotondese
... ... Parto da Terzigno
e raggiungo Napoli. Pensavo di raggiungere Milano e invece, dopo varie
peripezie raggiungo Verona. In stazione un ufficiale dei Bersaglieri
(Ten. Col. Vittorio Facchini
) chiede a sbandati di arruolarsi nel
reparto Bersaglieri in formazione. Fui uno di quelli che accettò e fummo
messi da parte per raggiungere poi la caserma, rifocillati dopo
un'ottima doccia. Il Battaglione Bersaglieri "BENITO MUSSOLlNI" (si chiamerà
successivamente), era il mio nuovo reparto. Addestramento intensivo per
circa un mese finché, non essendosi spenta la mia passione per
l'Aeronautica non chiesi al Comando di ritornarci: l° Z.A.T. Milano; l°
Gruppo Aerotrasportati "Felice TERRACClANO", Orio a Serio (Bergamo).
Durante la mia permanenza a Verona avevo incontrato il S. Ten. Ninnuzzo
Mitrano, compaesano e amico, arruolatosi anche lui nel l° Bersaglieri. È
mio dovere accennare qualcosa sul glorioso l° Battaglione Benito
MUSSOLLINI. Nel mio cuore è sempre rimasto un senso di colpa nei
riguardi del battaglione, come se lo avessi tradito in qualche modo.
Quei commilitoni con cui durante la mia permanenza avevo fraternizzato,
e di cui non ricordo i nomi, uno triestino, l'altro goriziano, o su di
li, italianissimi che sapevano di dover difendere le loro terre dagli
slavi minacciosi. Quando lasciai il reparto per l'Aeronautica sapevo
pure che il reparto era in procinto di portarsi in Croazia. Così
avvenne. In seguito appresi la fine del Battaglione MUSSOLINI. ...a
sx logo usato nei primi mesi dai reparti Waffen del I btg. Segue
a specifico capitolo
in costruzione
MILANO, 1° Z.A.T., mi chiedono di accettare un reparto
autotrasportati in procinto di partire per il Nord - Est Europa, io
accetto. GOSLAR (Germania), 1° Gruppo A.T. F. Terracciano (X° TRANSPORT
TRUPPE ITALIEN TERRACCIANO), Comandante Magg. Egidio Pellizzari.
Periodo di messa a punto degli aerei, lavoro negli hangar sugli aerei,
con tecnici coadiuvati da noi specialisti del Gruppo. SJAULJAI
(Lituania) base del gruppo prima, JELGAVA (Lettonia) dopo. Da queste
basi il gruppo (36 aerei) venne destinato al rifornimento del fronte
orientale. La zona di impiego si trovava nella parte nord - orientale
del fronte Est, ed andava dalla Cecoslovacchia alla Finlandia,
includendo Polonia, Russia Bianca, Estonia, Lettonia e Lituania,
Prussica, Pomerania, Slesia e arrivava fino al Circolo Polare Artico. In
quel periodo in cui entra in azione il nostro Gruppo di Trasporto,
precisamente la primavera del 1944, le forze germaniche sul fronte
orientale erano sulla difensiva. Il primo compito affidato al
Terracciano fu quello di rifornire i reparti assalto aerei
(cacciabombardieri e stukas anticarro), i reparti corrazzati e
l'artiglieria, trasportare anche rinforzi di truppe nei punti
minacciati, ed evacuare, al ritorno i feriti. Si doveva volare a
bassissima quota per evitare di essere intercettati dalla caccia
avversaria. Ovunque ci fosse stato bisogno di aiuti e di rifornimenti,
là arrivavano gli aerei del Terracciano, con pioggia, neve e fango. Ma
gli S.M. 81 resistevano, lenti, pesanti, solidi e robusti come tutti i
veterani. Alla fine di luglio 1944 i sovietici erano giunti al Baltico,
l'Estonia venne sgombrata, come pure la Lettonia e la Lituania, Il
Terracciano fu costretto a lasciare Jelgava e ripiegare su Koenigsberg e
Bautzen (Slesia). Nell'autunno del 1944, considerato lo stato di usura
degli apparecchi, in particolare dei motori, venne decisa la radiazione
dei trimotori che vennero demoliti.
On 12 April, the SS-Battalion Debica was incorporated into SS
Battle Group "Diebitsch" However, it was not deployed to the Anzio Front
Lines. During April and May, the battalion fought around Nocera Umbra,
Assisi and San Severino Marche. During these anti-partisan operations
the battalion suffered 50 casualties. New volunteers were able to keep
the battalion with strength of 500 men with 20 officers. In early June,
SS-Battalion Debica, which subordinated to the German 1st Parachute
Corps fought on the northern side of Rome along the Tyrrenic Coast
against partisans behind the German lines and American tank units.....Segue
a specifico capitolo sulle SS italiane |
.... La Divisione Ravenna lasciò per
ultima la zona del Don, proteggendo la ritirata delle truppe alleate, e
nel massimo ordine consentito dal terreno gelato e dal freddo intenso.
Chiudevano la lunga colonna i cannoni della 5a batteria (XXVIII
gruppo cannoni da 105/28), unici a essere stati salvati da reparto in
linea. L’avanzata russa si troverà di nuovo contro quei cannoni a Taly,
in appoggio alle truppe tedesche, riportati indietro allo scopo per
circa trenta chilometri. Successivamente i medesimi cannoni, sempre con
lo stesso ufficiale, intervennero in azioni contro carri armati che
tentavano di assalire i fanti della Ravenna che nel frattempo avevano
fatto opera di salvataggio di tanti soldati sbandati e disorientati. A
onor del vero questa opera umanitaria, in quei momenti gravi per tutti,
fu possibile per la considerazione in cui venne tenuta la Divisione
Ravenna dal Comando tedesco, rifornendola nel limite del possibile.
Dal 16 al 22 gennaio 1943 da lwanovka, nei pressi di Woroscillovgrad,
gli stessi cannoni e lo stesso ufficiale, coadiuvato dal sottotenente F.
Poggesi, respinsero fino al Donez la minacciosa avanzata di grandi unità
corazzate, per circa 8 Km, con un «fuoco d’inferno» secondo un giudizio
del Comando tedesco. La 3» e la 1» batteria dello stesso Gruppo
(comandato dal Cap. F. Lacquaniti) dotate di artiglierie di piccolo
calibro rinvenute presso la base dell’Armata (agli ordini del Cap. G.G.
Morando e del capitano Giuliano Nostini, il grande campione dì scherma)
dopo un primo intervento d’insieme appoggiarono le fanterie della
Divisione nell’occupazione del terreno sgombrato dalle unità corazzate
sovietiche. In quella occasione la Divisione tenne la zona con rabbiosa
resistenza «a oltranza» per consentire alla div. Goering partita da
Marsiglia di giungere a prendere possesso di quel fronte. La radio
russa, ancora una volta, apprezzò il valoroso comportamento della
Ravenna mentre in quel momento quasi tutte le altre Divisioni erano
state annientate.
Raggiunta Minsk e consegnati i militari delle altre Divisioni al Comando
dell’ARMIR, la Divisione venne avviata nella zona di Stara Krupez per la
riorganizzazione, in quanto il Comando tedesco la voleva a rappresentare
l’esercito italiano sul fronte russo. Mussolini si oppose alla proposta
tedesca e nel mese di maggio la Divisione lasciò il fronte russo, buon’ultima,
e tra il rispetto degli eserciti alleati e del nemico. Certamente per
quanto sopra riportato si debbono ricercare i motivi per cui lo stato
maggiore sovietico non considera distrutta dal proprio esercito la
Divisione Ravenna.
Italo Firmani, Roma |
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LA SCUOLA SOMMERGIBILISTI ITALIANA DI GDYNIA (Polonia corridoio di Danzica
occupato) |
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Teatro d’importanti capovolgimenti alla data dell’8 settembre fu anche la
scuola per sommergibilisti italiani di Gdynia nel golfo di Danzica. La
scuola venne creata nel 1941 per addestrare equipaggi italiani all’uso
futuro degli U-boot tipo VII C, poiché quelli italiani grandi e grossi
erano inadeguati alla battaglia in atlantico ai convogli organizzata per gruppi o per
branchi come dicevano loro, ma anche all’uso più raffinato delle tecniche
di guerra tedesche. Le tattiche apprese venivano trasferite a Betasom. A tale scopo il Reginaldo Giuliani (marzo 41) venne
spostato da Betasom (Bordeaux) a Gotenhafen (in polacco Gdynia) per l’addestramento del personale
sui nuovi metodi di guerra. Il Giuliani rimarrà
nella base germanica per circa un anno, a disposizione degli Ufficiali
italiani iscritti alla Scuola mentre al Capitano del Genio Navale Bardelli saranno svelate le soluzioni tecniche adottate nella
costruzione e nell’armamento degli U-Boot della nuova classe.
L’otto febbraio 1943 in una fase calante dell'operato degli "squali" Dönitz propose quindi agli italiani di trasformare
i rimanenti grandi sommergibili in cargo per il trasporto verso il Giappone
di strumenti e tecnologia e il ritorno di materie prime (leghe) speciali. I
tedeschi in cambio avrebbero trasferito all’Italia 10 U-boot tipo VII-C
da 750 tsl.
Sotto la soprintendenza del maggiore del Genio Navale Fenu, i rimanenti battelli cominciarono il lavoro di
ristrutturazione come cargo. I cannoni furono rimossi, i pozzetti delle
munizioni trasformati in depositi del combustibile supplementari, il
periscopio d'attacco fu rimosso, ed una gran parte della spazio fu
adattato al carico, inclusa la rimozione di una delle latrine. I tubi
lanciasiluri furono tagliati. Con la trasformazione di questi pochi
battelli rimasti, la partecipazione italiana alla Battaglia
dell'Atlantico in pratica si concluse. Alle missioni di trasporto in
Giappone furono assegnati 10 sommergibili, ma solamente sette erano
ancora in servizio quando la trasformazione cominciò. Dopo l'armistizio
italiano del 8 settembre 1943 solamente il Cappellini, Torelli e
Giuliani lasciarono Bordeaux e, dopo un lungo e pericoloso viaggio,
arrivarono a Singapore. La base di Betasom rimase pienamente operativa
fino al 8 settembre 1943 quando, dopo l'armistizio, fu occupata dai
tedeschi. Da allora in poi parte del personale italiano optò di
continuare a combattere a fianco dei tedeschi, ma il comando italiano
non fu mai riattivato.
I sommergibili del tipo VII a Gdynia se li ripresero. Il giorno
dell’armistizio il comando era retto dal Capitano di corvetta Medaglia
d’oro Mario Arillo, che, alla notizia della resa, rifiutandosi di
ottemperare alle richieste tedesche di disarmare i propri ufficiali e di
ammainare il Tricolore, chiese ed ottenne di contattare l'ambasciata a
Berlino; Privi di notizie anche a Berlino contattò il Capitano Grossi
a Betasom, il quale gli comunicò la volontà di continuare la guerra al
fianco dei tedeschi. Queste serie di manovre servirono a convincere i
tedeschi della sua buona fede, il che gli permise di ottenere il ritardo
di un giorno per il perfezionamento degli ordini. La mattina dopo posti
di fronte al dilemma, campo di concentramento o collaborazione (che
avrebbe comportato notevoli sacrifici ma avrebbe consentito di indossare
ancora fieramente la propria divisa) un solo marinaio decise di non
schierarsi optando per il campo di concentramento.
A Bordeaux Betasom il giorno dell’armistizio erano rimasti solo due
sommergibili degli otto adibiti al trasporto di merci pregiate e materie
prime verso Oriente: il “Bagnolini” ed il “Finzi”. Il Capitano di
Vascello Enzo Grossi, Comandante della postazione, dopo aver ricevuto la
notizia dell’armistizio, oltre a proclamare immediatamente lo stato
d’allarme, richiamò d’urgenza tutto il personale in licenza ad Archachon.
Non considerando le comunicazioni che giungevano direttamente dalla
Supermarina, si preoccupò, la sera stessa dell’8 settembre, di
rassicurare il comandate tedesco della piazza che i suoi militari non
avrebbero mai dato vita ad alcun atto di sabotaggio contro le
attrezzature italiane.
L’azione del capitano Grossi non cessò. Nei
giorni 11 e 12 settembre il comandante italiano radunò tutti gli
ufficiali, i sottufficiali ed i marinai per decidere sul da farsi. Lasciata liberi di decidere, la quasi totalità del suo
equipaggio optò per il proseguimento della guerra al fianco del vecchio
alleato. …Quasi tutti risposero al suo appello salvo il Comandante del sommergibile“ Cagni”, che rifiutò di collaborare con la marina repubblicana,
nonostante l’accorato appello rivoltogli dal Grossi. I tedeschi, in
risposta a tale rifiutò, incorporarono nella Kriegsmarine i sommergibili
“Finzi” e “Bagnolini”.
Dei vari battelli, la storia del Cappellini in estremo oriente è
probabilmente la più sorprendente. L’8/9 (in realtà la mattina del 9),
avendo ricevuto notizie dell'armistizio firmato dal governo italiano, i
giapponesi immediatamente presero controllo del battello. L'equipaggio
fu catturato ed internato in un campo di prigionia giapponese. In
seguito, buona parte dell'equipaggio (non gli ufficiali) decise di
continuare a lottare a fianco dei tedeschi, ed il sommergibile ricevette
un equipaggio misto tedesco e italiano. Alla resa della Germania, il 10
maggio 1945, il battello fu incorporato nella marina militare giapponese
col nominativo Io-503 dove continuò ad operare fino a la fine del
conflitto con un equipaggio italiano, tedesco, giapponese. Il
Cappellini, fu poi catturato dagli Stati Uniti ed affondato a largo di
Kobe il 16 aprile 1946. Il 23/5/1943 invece il
Reginaldo Giuliani parte da Bordeaux per Singapore con 130 t. di
materiali segreti dove arriva il 1° agosto. L'8/9/1943 si trova ancora
lì e viene preso in consegna dai tedeschi e contraddistinto con la sigla
U.IT.23 naviga, con bandiera tedesca e con equipaggio misto
italo-germanico, fino all'affondamento avvenuto il 14/2/1944 nel canale
di Malacca ad opera del Smg inglese "Tally-Ho". Affondano col battello,
insieme a 34 marinai tedeschi, 5 uomini dell'equipaggio italiano: Capo
MN Emanuele Fareri, Capo El. Luigi Mascellaro, 2°capo El. Gaetano
Principale, Sergenti Pietro Appi e Francesco Tavela feriti il Capo M.N.
Ernesto Capello e il Sgt. Ettore Manfrinato. |
Fin dal 1942 operavano sul
Baltico 2 Btg di “Nebbiogeni” per la difesa ravvicinata e aerea (vedi
pagina Domenica Corriere a destra) delle basi di
lancio delle terribili V1 e V2. L’8/9/43 tutti gli uomini rimasero al
loro posto. A questi si aggiunsero, con personale rastrellato qua e là,
altri 3 Battaglioni che, nelle ultime fasi della guerra, difesero le
basi fino al 3 maggio 1945 !!!. Gli ultimi a lasciare le armi.
Medagliere del Maggiore Guido Fortunato ex Com.
del XIX Btg. Bersaglieri del 6° in Russia.
-Croce di Ferro tedesca di 1° e 2° classe per i combattimenti di
Bobrowskij agosto 1942
-Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Bobrowskij quota 208 dal 1 al
2 agosto 1942
-Medaglia d’Argento per i combattimenti di Bobrowskij Jagodnij quota 208
del 23/8/1942
-Medaglia d’Argento per i combattimenti di Bolan Birinkof del 17/18
dicembre 1942
-Medaglia d’Argento per i combattimenti di Krassnjavka del 27 dicembre
1942
-Medaglia di Bronzo per i combattimenti di
Pavlograd del 18 febbraio
1943 |
|
segue...- Ciccolo
convince un ufficiale romeno a rivendicare la sovranità su cose e uomini
che i tedeschi avevano chiaramente violato. La caserma passa quindi dopo
lunghe discussioni sotto la giurisdizione rumena e gli italiani vi sono
confinati e non obbligati a scegliere come in altri posti una
collaborazione sotto la minaccia delle armi. Da Sebastopoli 2 C.B
vengono in porto per manutenzione e Ciccolo li offre alla marina romena
in cambio di libertà. Far arrivare gli altri 3 sarà uno scherzo con le
stesse motivazioni salvo una alzata di scudi del comandante che aveva
già dato parola ai tedeschi di collaborazionismo.
......Dopo avere ottenuto l’approvazione della Legazione Italiana a
Bucarest, combinai un incontro segreto con il Comandante Macellariu.
Proposi di trasferire i cinque sommergibili, una volta arrivati a
Costanza, alla Marina Romena, alla condizione che non venissero messi in
servizio attivo durante la guerra e che, alla fine della stessa, la
Romania li avrebbe in qualche modo pagati al Governo Italiano. Il
Comandante Macellariu era attirato dall’idea di ordire un complotto
contro i tedeschi.
- Gli italiani vengono internati a Curtea nei Carpazi ma sono liberi di
lavorare. Alla notizia che contrariamente agli accordi i romeni
cercavano di rendere operativi i 5 mezzi Ciccolo si offrì per la
consulenza tecnica onde sabotarli. Sabotate le batterie il lavoro poteva
dirsi completo, ma le lunghe orecchie dei tedeschi li intercettarono e
ancora una volta cercheranno di arrestarli.
…….I Romeni però, sempre in allerta, arrivarono prima e ci riportarono a
Curtea de Arges. Ricominciò l’avvilente vita dell’internamento; la
completa mancanza di notizie la rendeva doppiamente deprimente. In
Romania, nell’agosto del ‘44 successe ciò che già era successo in
Italia: i Romeni revocarono la loro alleanza con i Tedeschi e passarono
dalla parte degli alleati. I combattimenti si accesero e molto sangue fu
versato finché i Russi arrivarono e occuparono praticamente tutta la
Romania. Appena finita la guerra, i Russi cominciarono una sistematica
spoliazione. Gli stabilimenti industriali furono smantellati e i
macchinari trasportati in Russia. I pozzi petroliferi di Ploesti furono
incamerati nell’organizzazione sovietica, che ne trasferiva la
produzione in Russia. Dopo pochissimo tempo c’era un grande squallore
dappertutto. Il cibo iniziò a scarseggiare, l’economia precipitò e fiorì
il mercato nero.
- Non considerati più nemici in Romania finivano tutti i fuggiaschi
dell'area già prigionieri dei tedeschi ma la prima preoccupazione era il
cibo. In qualche maniera bisognava ritrovare la strada di casa e quando
la guerra fini Il T. Ciccolo si adoperò di trovare mezzi e permessi per
passare via Ungheria in Austria poi a Casa.
….. Tra le altre cose, ottenni un documento russo che ordinava ai
comandanti dei campi di prigionia e d’internamento nella zona sovietica
- nella quale molti nostri militari erano ancora trattenuti - di
rilasciarmi tutti gli italiani da me richiesti. Ne trovai molti nella
zona di confine tra Russia e Romania e subito feci partire il primo
gruppo di militari italiani per l’Italia, dove arrivò senza incidenti
dopo circa 10 giorni. I convogli successivi si effettuarono con
sufficiente regolarità e il numero complessivo dei rimpatriati ammontò
ad alcune migliaia. Questa cifra include il personale civile e quello
militare rimpatriato da Bucarest a Roma e ad altre capitali occidentali,
per mezzo dei frequenti voli della Commissione Alleata. Nel novembre del
‘45, il rimpatrio di quasi tutto il personale era completo. Rimanevano
tuttavia circa 30 persone che non potevano essere rimpatriate in aereo o
in treno, poiché si trattava di personale militare ospedalizzato con
seri problemi di salute. Erano inoltre rimaste diverse mogli di militari
in avanzato grado di gravidanza. Decisi di utilizzare ciò che avevo a
disposizione - un grosso camion, un autobus e una Fiat 1100 - e
trasportare io stesso in Italia i nostri problematici passeggeri. Con i
tre veicoli vistosamente contrassegnati con i simboli della Croce Rossa
e portando con noi documenti ufficiali bollati e firmati dai Russi e
dalla Croce Rossa, il convoglio partì da Bucarest il 14 dicembre del
‘45. - Il racconto continua al sito
http://www.artemare.it/Racconti XI.pdf
per saperne di più visita anche la biografia di J.V. Borghese
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/borghese.htm
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Moltissimi altri Italiani erano passati senza tanta burocrazia,
direttamente ai reparti tedeschi e nessun distintivo ne poteva tradire
l’origine. L’impiego di italiani fedeli, prima ai servizi poi in linea, si
era reso necessario per sfruttare mezzi e attrezzature, abbandonate dopo
l’8 settembre ancora in grado di funzionare (e talmente arretrate che
conoscevamo solo noi). Le vicende di tanti altri piccoli reparti sono
narrate in vari capitoli, come gli arditi camionettisti presenti sia in
Russia che ad Arnhem (Olanda). Si era formato in Francia con uomini della IV armata, poi aveva
seguito i tedeschi fino in Germania anche il battaglione Sicurezza (cap. Tosca)
con elementi della piazza di Tolone, 3 gruppi artiglieria e elementi della
Milizia e della sussistenza.
http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_dell'Atlantico_(1939-1945)
Altre notizie sulla galassia di reduci dall'est incorporati coi tedeschi
alla pagina
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/44/ssitaliane.htm
e nel libro
La Classe Marcello 1313
tsl in immersione comprendeva i Somm.
Lorenzo Marcello
Enrico Dandolo
Sebastiano Veniero
Andrea Provana
Lazzaro Mocenigo
Giacomo Nani
Agostino Barbarigo
Angelo Emo
Francesco Morosini
Comandante Cappellini
Comandante Faà di Bruno
http://www.webalice.it/cherini/indice tavole navi.htm
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In Francia vivevano da moltissimi anni
italiani emigrati definitivamente e stagionalmente per il basso indice
di popolazione che questo paese aveva. La reazione ai fatti dell'8
settembre col paese semioccupato si espresse in diverse forme sia fra i
militari che fra i civili. Fra questi c'erano intellettuali ed altri che
erano già antifascisti e avevano cercato riparo al sud a Vichy. C'erano
tantissimi altri che non monarchici (uno non può amare la monarchia se
questa poi non ti procura un lavoro, lo stesso vale per la Repubblica
Une etrangé rage au coeur pour l'Italie, seule contre trop de monde,
pour son honneur quoi... ) videro la costituzione della RSI al Nord
Italia come una nuova occasione politica ed economica (sempre in
previsione che la guerra terminasse a favore dell'asse). A Bordeaux e
nelle aree circostanti dove gravavano i comandi di Betasom affluirono
molti italiani desiderosi di combattere. Il numero d'uomini raggiunse in
breve tempo le 4.000 unità tanto da prospettare la costituzione di una
divisione atlantica di fanteria di marina di cui subito aveva indossato
l'uniforme di terra della Grande guerra. Nella primavera del 1944 la
fase organizzativa e addestrativa era terminata e gli uomini vennero
indirizzati a vari compiti. Il 6 giugno con lo sbarco degli alleati in
Normandia una parte di questi venne trasferita in Italia a Venezia. Il
Battaglione chiamato in origine Longobardo venne rinominato volontari di
Francia e la sua consistenza non superò mai quella di una grossa
compagnia. A Venezia alloggiavano presso la Caserma Sanguinetti. L'uso
fluente della lingua francese li fece parte di un progetto per
infiltrarne molti presso i partigiani come ex piloti caduti o ex
prigionieri, ma l'operazione ebbe esito deludente con molte esecuzioni
sommarie. Vennero dapprima aggregati alla GNR poi al Fulmine di cui
costituirono la terza compagnia e gli altri alla Decima e 19 alla 29a
Div. SS italiana. Ma torniamo agli altri rimasti in Francia
Da RSI.eu - Quando il
comando tedesco volle affiancare un picchetto di marinai ai fanti del
"San Marco" che garantivano il servizio di guardia della base Grossi
minacciò di restituire a Hitler la Croce di Ferro di cui era insignito e
di consegnarsi come prigioniero di guerra. Il C.te von Flug-Hartung
desistette. Il 12 Grossi incontrò Doenitz a Berlino poi si mise in
contatto con il CC Arillo che comandava la base dei sommergibilisti
italiani di stanza a Danzica. Nei giorni seguenti iniziò a far
convergere su Bordeaux i marinai italiani che si trovavano in Francia e
in Germania.
Nell'incontro Grossi-Doenitz vennero fissati i termini con si doveva
riprendere l'attività di guerra: .... costituzione di reparti terrestri
di fanteria di Marina (Divisione atlantica fucilieri di Marina);
controllo e presidio di postazioni costiere e batterie navali;
disponibilità di personale da imbarcare su unità navali della
Kriegsmarine KM (scorta convogli costieri), sorveglianza foranea,
pattugliamento d'altura, assegnazione della base navale di Costanza alla
giurisdizione di comando del C.V. Grossi. Giunsero a Bordeaux numerosi
soldati sbandati della 4a Armata di Francia (sud), volontari o
convogliati in zona dai comandi germanici; giunsero numerosi volontari
giovanissimi, provenienti dalle numerose famiglie italiane da anni
dimoranti in Francia, che non avevano abiurato le loro origini, la loro
fede, la loro volontà di combattere. Molti di loro avevano presidiato
spontaneamente nei giorni dell'armistizio l'edificio dell'Ambasciata
d'Italia a Parigi; lo avevano custodito fino al momento in cui il
governo della R.S.I. nominò i suoi rappresentanti diplomatici e
consolari, ripristinando i legami di servizio necessari per tutelare la
comunità italiana e gli interessi della collettività, al di fuori di
ogni preconcetta fede politica e proposte sui seguenti punti:
Affidamento da parte di KM tedesca al comandante M.O.v.m, Enzo Grossi
del comando 4a Flott. Voiposten (sicurezza e scorta) fra Arcachon e
Brest.
Assegnazione di 4.000 uomini alla KM per armare batterie costiere della
costa Atlantica e nelle isole del Canale.
Assegnazione di 6.000 uomini (ex IMI) alla KM per costituire Btg. Bau
sulla costa atlantica e di altri 5.400 per rafforzare i Btg. Nebbiogeni
del Baltico.
Definizione giuridico-amministrativa-disciplinare per i marinai italiani
imbarcati su reparti e unità della KM
Liberazione di 4.000 marinai internati (IMI) dei campi di Treviri e Neu
Brandenburg che avevano chiesto di aderire alla R.S.I.
RIAssegnazione di 3 U.Boote per addestramento equipaggi in
Germania. Assegnazione di altri 5 C.B. (Adriatico) e pertinenza della
base C.B. di Costanza al comando Div.Atlantica (Com.te Grossi). ...Molti
dei punti concordati trovarono attuazione, per altri emersero talune
oggettive difficoltà, per altri ancora fu necessario rivedere gli
aspetti iniziali per trovare adeguata soluzione nel reciproco interesse.
I "volontari"
di Bordeaux-Arcachon affluirono quindi per i servizi costieri (Guardia)
alle isole di Jersey, Guernsey, Quessant, a Lorient, Saint Nazaire, La
Rochelle, Oleron, Ré, Saint Malò, Brest, Calais, Cherbourg, Le Havre,
per oltre 5.000 persone. Molti di questi presidi si arrenderanno solo a
fine guerra (Lorient, Saint-Nazaire, La Rochelle (9/5)), Isole Normanne
del canale (10/5) |
I
SOTTOMARINI ATLANTICI DI BETASOM AFFONDATI
1)
Tarantini, affondato vicino a Bordeaux per siluramento il 15-12-40.
2) Faà Di Bruno, affondato al largo dell'Irlanda, tra 31-10-1940, ed il
5-1-1941.
3) Nani, affondato nell'Atlantico settentrionale, tra il 3-1 e il
20-2-1941.
4) Marcello, affondato nell'Atlantico settentrionale fra il 7-2 e il
6-4-1941.
5) Glauco, autoaffondato nell'Atlantico centrale, il 27-6-1941.
6) Bianchi, affondato per siluramento nel golfo di Biscaglia il
5-7-1941.
7) Baracca, affondato per speronamento nel golfo di Biscaglia, l'8-9-41.
8) Malaspina, affondato per cause imprecisate, fra l'8-7 e il
18-11-1941.
9) Ferraris, autoaffondato nell'Atlantico centrale, il 25-10-1941.
10) Marconi, affondato nell'Atlantico centro-orientale, fra il 28-10 e
il 4-12-1941.
11) Calvi, autoaffondato nell'Atlantico centrale, il 15-7-1942.
12) Morosini, affondato per cause imprecise, fra l'8-8- e il 10-9-1942.
13) Archimede, colpito da bombe d'aerei nelle acque brasiliane il
15-4-1943.
14) Tazzoli, perso per cause imprecisate, nel golfo di Biscaglia,
fra il 17-5 e il 31-8-43.
15) Da Vinci, affondato nella zona di Capo Finisterre il 23-5-1943.
16) Barbarigo, affondato nell'Atlantico centro-orientale fra il 16-6 e
il 31-8-1943. |
|
LE BASI AERONAVALI USA IN
ATLANTICO Fino al 7 dicembre 1941 il peso della guerra in atlantico era sostenuto
esclusivamente dall’Inghilterra (anche se oggi si scopre che diversi
squadroni da caccia furono composti da volontari statunitensi. Il primo
squadrone da caccia divenne operativo nel Febbraio 1941 con ruoli di
difesa. A questo ne seguirono altri due il 121 e 133 che contano 73,5
aerei nemici abbattuti in totale), che doveva peraltro occuparsi di
altri teatri bellici sia marini che terrestri. Dopo questa data c’era
solo un problema a frapporsi all’intervento aereo: la distanza.
Nell’Atlantico centrale e in quello meridionale anche sotto costa non
c’era copertura aerea e qui comandavano indiscutibilmente gli squali di
Dönitz e gli italiani.
Dalla relazione annuale di C. C. MARSHALL Capo di S.M. Washington, D.
C. doc. 1/7/437. Stretta collaborazione col Brasile
Nel marzo 1942 ottenemmo verbalmente dal Brasile il permesso di
stabilire impianti aerei a Belem, a Natal, ed a Recife, che permettevano
il transito limitato di apparecchi militari e lo stazionamento di
personale tecnico dell'aviazione militare americana nel Brasile.
L'accordo fu poi confermato per iscritto, col permesso di costruire
ulteriori impianti e di inviare personale americano nel Brasile nord
orientale. La stretta collaborazione col Brasile in questo campo ha
avuto immensa importanza per lo sviluppo della nostra forza aerea in
Europa e nell'Africa settentrionale. Tale accordo oltre alla concessione
di basi stabiliva che il Brasile ricevesse «... armamenti moderni per
200 milioni di dollari, la concessione della Itabira Iron Company, già
inglese, e un prestito di 14 milioni di dollari dell'Eximbank per lo
sfruttamento minerario. Nasceva così la Companhia Vale do Rio Doce,
dalla quale USA e Gran Bretagna si impegnavano ad acquistare 750.000
tonn. di ferro» (che andava caricato poi consegnato). Nei primi
mesi del 1942 gli attacchi dei sottomarini tedeschi ed italiani nei
pressi delle coste brasiliane avevano provocato l'affondamento di molte
navi. Il 14 febbraio fu affondata la prima nave brasiliana, la Cabedelo
, con la morte di 54 marinai. Seguirono altri 24 affondamenti nel 1942,
8 nel 1943 e 1 nel 1944, per un totale di 36 navi e quasi 1000 morti. Il
periodo più nero della storia della Marina mercantile brasiliana fu
l'agosto del 1942. Tra il 15 e il 19 i siluri italo-tedeschi colarono a
picco ben 6 navi tra le quali la Baependi, la Anibal Benevolo e la
Araraquara.
L’anno dopo (ottobre 43), per rendere più sicura la strada che portava allo
sbarco in Normandia, il Portogallo, in base ad un vecchissimo trattato
del 1373 si rese disponibile ad “affittare” le isole Azzorre a inglesi e
americani. L'uso delle basi aeronavali delle Azzorre risultò di enorme
vantaggio per inglesi e americani, che potevano
cosi mettere la parola fine all'azione dei sommergibili tedeschi al
centro dell'Atlantico, diversamente irraggiungibile dagli aerei di base
a terra. Agli inglesi andò Faial/Horta e agli americani Terceira/Lajes,
Santa Maria). Per difendere queste isole si pensò anche alla Forza
Brasileira, stato sempre più coinvolto nell’assalto finale alla fortezza
Europa, ma tutto si concluse con lo sbarco in Italia della stessa ai
primi di luglio del 1944 |
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