LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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LA 29a LEGIONE ITALIANA SS

Origine e formazione del reparto

(Ndr del sito al paragrafo a fianco: Non conosco le vicende del Maggiore Fortunato da marzo 43, quando il 6° bersaglieri, in parte sacrificato in Russia rientra a Bologna, alla data dell’armistizio. Il reggimento, a differenza del 3°, esce infatti invitto dalle steppe russe, combattendo coi tedeschi fino alla fine di febbraio del '43, alla vigilia della controffensiva che si riprenderà, per ora, molto del territorio perso con la ritirata salvo Stalingrado (che per noi resterà per decenni come un marchio di fuoco "LA RITIRATA DI RUSSIA". Tutto lascia intendere che lo stesso non fosse mai rientrato)

 

IL DEBICA SS BATTALION

 

From September to the end of February 1944, a separate SS-Battalion was being formed in the SS Heidelager Training Grounds at Debica, Poland. Major Guido Fortunato, who was a former Bersaglieri officer who served in Russia (sixth bersaglieri regiment), was tasked in the selection of new recruits loyal to the Germans. Most of the volunteers came from the Italian XXXI (31°) Anti Tank Battalion of the Lombardia Division and the elite Alpine Julia Division. These volunteers followed a different training program from those of Munzingen (l’altra località dove furono formate le divisioni della Repubblica Sociale con ex internati in Germania). The formation, which had 20 officers and 571 men, was referred as "SS-Battalion Debica." For the most part these troops were considered as Waffen-SS men (Gli appartenenti portarono sempre le mostrine nere e spesso, pur non autorizzati, le rune SS. Le waffen erano solo la parte combattente del ben noto corpo tedesco e comunque per gli italiani si trattava di un termine improprio perché la dicitura era "unità armate italiane delle SS").
By early March 1944, the men of the SS-Battalion Debica were provided with German Parachute uniforms. On 21 March 1944, the SS-Battalion Debica was deployed to do anti-partisan operations around the Pellice Valley, southwest of Turin. Anti-partisan operations lasted till May 1944. On 12 April, the SS-Battalion Debica was incorporated into SS Battle Group "Diebitsch" However, it was not deployed to the Anzio Front Lines. During April and May, the battalion fought around Nocera Umbra, Assisi and San Severino Marche. During these anti-partisan operations the battalion suffered 50 casualties. New volunteers were able to keep the battalion with strength of 500 men with 20 officers. In early June, SS-Battalion Debica, which subordinated to the German 1st Parachute Corps fought on the northern side of Rome along the Tyrrenic Coast against partisans behind the German lines and American tank units.
In May 1944 Himmler ordered "Because of the demonstration of courage and sense of duty displayed by the volunteers of the Italian SS, they are designated as units of the Waffen-SS with all the duties and rights that implies." The significance of this order meant that unit members of the SS Füsilier Battalion 29 "Debica" and the II Battalion, Waffen-Grenadier Regt. 81 ("Vendetta" - under Waffen-Obersturmbannführer Federico degli Oddi) were permitted to wear black SS collar patches instead of the hybrid SS/Italian Army maroon. Of course, only 210 members survived to be awarded the distinction after the Anzio battles! ( Il valore dei Legionari fu ricompensato con ben quarantacinque Croci di Ferro e cinquantasette Promozioni per merito di guerra). Because the Debica battalion was under strength it was sent to Pinerolo for refitting. By August, the battalion was in full strength and was tasked to take part in Operation Nightingale against partisan strong points in the Chisone and Susa Valleys. On September 7 the SS-Battalion Debica became part of the new "Waffen-Grenadier Brigade der SS (Italian nr. 1). The battalion was converted into the new "Waffen-Fusilier Btl. der SS 59" (59th Waffen-SS Reconnaissance Battalion).

    I prodromi della adesione italiana a formazioni SS

Medagliere del Maggiore Guido Fortunato ex Com. del  XIX Btg. del 6° Bersaglieri in Russia

-Croce di Ferro tedesca di 1° e 2° classe per i combattimenti di Bobrowskij agosto 1942
-Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Bobrowskij quota 208 dal 1 al 2 agosto 1942
-Medaglia d’Argento per i combattimenti di Bobrowskij Jagodnij quota 208 del 23/8/1942
-Medaglia d’Argento per i combattimenti di Bolan Birinkof del 17/18 dicembre 1942
-Medaglia d’Argento per i combattimenti di Krassnjavka del 27 dicembre 1942
-Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Pavlograd del 18 febbraio 1943

 

 

"Il comandante supremo della SS ha disposto, per ordine del Fuhrer, la costituzione della I Brigata Italiana Granatieri SS. In base a questo la I Brigata d'Assalto della Legione SS Italiana porterà, con effetto dal 27/04/44 (retroattivo) la suddetta denominazione. Ciò significa un riconoscimento del Comandante Supremo della SS per l'attività da voi svolta "

Obergruppenfuerer u. General der Waffen SS f.to Wolf

 

(sunti e passi dal libro di Enzo Caniatti LEGIONE SS ITALIANA Aliberti Ed. Reggio E)
In Dalmazia col nome del suo comandante, il console Paolo De Maria, che l’8 settembre, venendo meno agli ordini del comando divisionale, aveva convinto i suoi uomini (89a Legione CCNN d’assalto della Divisione Bergamo) a rimanere alleati con i nazisti, si era formato il Miliz-Regiment De Maria che possiamo considerare l'antesignano delle prime SS italiane: Inquadrato nella Ordnungspolizei (polizia d’ordine), ma sotto il diretto comando della 114a Gebirgsjäger Division (gli alpini tedeschi), al “nuovo” Miliz-Regiment De Maria fu affidato il delicato compito di presidiare la linea ferroviaria Drnis-Sebenico, spesso attaccata dai partigiani. Dopo alcune traversie e disguidi l'unità finì in Germania al nuovo centro di addestramento per Italiani di Münsingen, nel Baden Württemberg. Münsingen e le sue appendicik era di fatto un poligono della Wehrmacht, adattato a ospitare alla bell’e meglio i volontari, il cui numero era inaspettatamente cresciuto in modo esponenziale (quasi 15.000 uomini). Gli arruolatori non avevano fatto alcuna cernita preliminare, accettando tutti i militi dichiaratisi pronti a combattere al fianco dei tedeschi. Molti, in realtà, si erano decisi per l’arruolamento considerandolo una facile scorciatoia per uscire dal campo di prigionia e tornare poi in Italia. Tra loro c’erano persino dei delinquenti comuni fuggiti dalle carceri italiane nel marasma dell’8 settembre. A causa del sovraffollamento, le condizioni di vita nel campo erano tutt’altro che ideali. Gli istruttori della Wehrmacht erano pochi e l’armamento scarso; l’addestramento fu pressoché inesistente. I primi tre di 12 btg costituirono il 1° Reggimento milizia armata, nato dall’evoluzione del Miliz Regiment De Maria. Ai primi di novembre iniziò a nevicare e la situazione si fece sempre più difficile per le migliaia di soldati privi di cappotti e indumenti di lana (avevano ancora le divise estive). Ma non tutti i comandanti italiani accettarono passivamente la situazione. Il maggiore dei bersaglieri Guido Fortunato riuscì infatti a convincere i responsabili delle Waffen-SS che in quella massa di soldati “straccioni” c’erano anche volontari assai motivati e degni di ben altro trattamento. Sotto la sua guida fu effettuata un’attenta selezione con cui si individuò un numero di elementi sufficiente a formare un battaglione (a Feldstetten. La prima cernita aveva portato a un 10% i validi). Gli uomini di Fortunato si trasferirono in un vero e proprio campo d’addestramento delle Waffen-SS e divennero in seguito il Battaglione Debica, unità d’élite della futura Legione SS italiana.  Il risultato di una ulteriore scrematura fu che le Waffen-Miliz si ridussero a poco più di 8.000 effettivi. Per incrementarli venne incorporato nell’unità il 19° Battaglione camicie nere (Fabris) fedelissimo, costituito da volontari lombardi, che si trovava nei Balcani dal 1941 e che aveva dato prova di assoluta lealtà all’alleato germanico. Lealtà rimasta salda anche dopo l’8 settembre, quando il Fabris, era passato direttamente sotto il comando della 1a Gebirgs-Division, schierata lungo la costa ionica greca

 

Ndr del sito: Molti degli ufficiali selezionati, provenivano dal 31° battaglione anticarro della divisione Lombardia, dislocata in Croazia (alle spalle di Fiume) a settembre `43. Un’altra fonte dice che parte di quel 31° Btg finì invece nella 11a SS Nordland. Dopo la battaglia di Roma quando Himmler dà l’autorizzazione alla trasformazione delle legioni (siamo ancora molto lontani dalla definizione di Waffen SS). Tale formazione era si inquadrata da personale tedesco ma armi e materiali erano della Ordnungspolizei. Ciò era evidenziato dall’assenza del nome SS, delle relative mostrine (rosse e senza rune) e dall’uso della terminologia della Wehrmacht.

Moltissimi altri Italiani erano passati  senza tanta burocrazia, direttamente ai reparti tedeschi e nessun distintivo ne poteva tradire l’origine. L’impiego di italiani fedeli, prima ai servizi poi in linea, si era reso necessario per sfruttare mezzi e attrezzature, abbandonate dopo l’8 settembre ancora in grado di funzionare (e talmente arretrate che conoscevamo solo noi).

  Quali sarebbero stati i compiti di questo reparto in Italia li si capisce dal passo successivo
Himmler aveva ben chiaro il ruolo dei legionari italiani e aveva seguito con interesse i rapporti sulla preparazione dell’Italienische SS Freiwilligen Bataillon Debica (20 ufficiali e 571 uomini), così chiamato dal nome della cittadina polacca in cui aveva svolto l’addestramento. A Debica al „SS-Truppen-Ubungsplatz Heidelager“ sorgeva infatti uno dei più duri campi di formazione delle Waffen-SS per i volontari stranieri. La preparazione militare comprendeva, fra l’altro, corsi di antiguerriglia, dato che spesso sul fronte orientale i reparti delle Waffen-SS erano impiegati in azioni contro le bande partigiane. Passati due mesi particolarmente duri, i volontari agli ordini del maggiore Fortunato indossarono le uniformi tedesche. E furono tollerate, anche se non ufficializzate, le rune SS sul bavero della loro giubba. Forte di seicento uomini, il Debica tornò in Italia nel febbraio del 1944, acquartierandosi a Pinerolo in attesa di essere impiegato. Anche il Battaglione Fabris, di stanza ad Aosta, sin dal dicembre era stato impiegato in azioni antiguerriglia e a sostegno del locale presidio tedesco. Durante un rastrellamento fu catturato nel villaggio di Armay lo scrittore Primo Levi, entrato in una banda partigiana ispirata al Partito d’azione. In quanto ebreo, egli fu trasferito nel campo di transito di Fossoli, presso Carpi (Modena), per poi essere destinato al Lager di Auschwitz, dove riuscirà miracolosamente a sopravvivere fino alla liberazione da parte dell’Armata rossa, avvenuta il 27 gennaio 1945 (in quanto chimico).
Nel marzo del 1944 il Battaglione Debica prese parte all’operazione Spärber («sparviero») nelle cosiddette valli valdesi del Piemonte: Val Pellice, Val Luserna e Val Germanasca. L’obiettivo era annientare, con un’operazione su vasta scala, le formazioni Giustizia e libertà, ben armate e forti di oltre mille uomini, che avevano avuto “l’impudenza” di occupare Bobbio Pellice e fare prigioniero l’intero presidio della GNR. Quell’azione aveva mandato su tutte le furie il commissario del Partito fascista del Piemonte, che chiese a Wolff l’invio delle SS, ottenendolo. Era stato messo insieme un possente gruppo di combattimento, costituito, oltre che dal Debica, dal 1° Battaglione dell’SSPolizei- Regiment 15, dalla 2a Compagnia della Feldgendarmerie-Abteilung 541, da un plotone della Gendarmerie-Hauptmannschaft Piemont, dalla compagnia OP del 614° Comando provinciale della GNR di Bergamo, dalla compagnia Arditi del Gruppo corazzato Leonessa della GNR, più altri elementi di diversi reparti sia tedeschi sia italiani: per un totale di oltre 1500 uomini dotati di armamenti pesanti, mezzi blindati e carri armati leggeri....Superiore in uomini e armamenti, il Debica inflisse pesanti perdite al nemico, occupandone una dopo l’altra le roccaforti: Bobbio Pellice il 22 e Villanova il 23. Risalita tutta la Val Pellice, il Debica si concentrò poi a Bobbio Pellice, in attesa di essere utilizzato nel rastrellamento della Val Germanasca. Lì si erano rifugiati i partigiani superstiti della 5a Divisione giustizia e libertà. Per la verità, erano già in azione i reparti tedeschi, che avevano circondato le forze partigiane. L’intervento del Debica tagliò loro ogni via di fuga, e i pochi superstiti furono costretti alla resa. L’operazione Spärber, prima azione su vasta scala contro la Resistenza, si concluse con circa 500 partigiani morti e 150 catturati.

da Pisanò ...Alla fine di febbraio del 1944, il battaglione che, dalla località del campo di addestramento, si distingueva ormai con il nome di "Debiça", venne fatto rientrare in Italia. Giunto in ferrovia a Pinerolo si dislocò nella caserma degli alpini alle dipendenze dirette del Comando di Brigata. Nel mese di marzo, il "Debiça" raggiunse Luserna San Giovanni, da dove, il 21 marzo, compì un'azione di polizia su Rorà. In quella occasione venne ferito gravemente il capitano Daldosso. Nei giorni successivi alcune compagnie del battaglione rastrellarono la Valle Germanasca, perfezionando cicli operativi svolti da altri battaglioni della Brigata "SS" italiane. Nell'aprile, il battaglione venne trasferito in Umbria e si dislocò a Spoleto, da dove operò puntate di alleggerimento contro i guerriglieri attestati nella zona di Passo della Scheggia, La Scheggia, Gubbio, giungendo sino a San Severino Marche riuscendo, così, ad allontanare l'insidia partigiana dalle grandi vie di rifornimento, tra le quali l'essenziale via Cassia. Alla fine del ciclo operativo nell'Umbria, il battaglione si trovò a contare cinquanta elementi in più, perché tanti furono i giovani che chiesero l'arruolamento. In maggio (44) il "Debiça" venne schierato sul fronte di Nettuno, alla destra della linea di difesa, e nei pressi di Santa Marinella, Balo e Fiumicino. Su quelle posizioni, i legionari contrastarono gli attacchi del nemico con il massimo vigore e senza cedere terreno. Sono di quel periodo brillanti episodi di valore individuale, specie nella lotta ravvicinata contro i carri armati, soprattutto da parte della" 1a compagnia" .  Quando gli alleati ruppero il fronte, il "Debiça" ripiegò combattendo in direzione di Viterbo tenendo sempre a distanza le forze motocorazzate angloamericane che si erano lanciate all'inseguimento delle nostre truppe. La ritirata proseguì su Firenze con i mezzi di fortuna più svariati. Una compagnia si autodefinì "ciclista" in quanto procedeva su bicliclette requisite un po' dovunque. Un'altra si chiamò "montata" perché si era imbattuta in alcune centinaia di cavalli che servirono ottimamente per non andare a piedi. Da Firenze, a mezzo ferrovia, il battaglione venne dirottato su Forlimpopoli dove poté riordinarsi. Il 25 giugno il battaglione si rispostò a Pinerolo prendendo stanza nella caserma di Cavalleria.

"...Il comando della polizia tedesca del Litorale Adriatico ordina il disarmo dei carabinieri rimasti in servizio nella Provincia..... Tutti i militari che, "interpellati sul posto" non accetteranno di essere incorporati nelle SS o nella MDT (Milizia Difesa Territoriale), dovranno essere fermati e poi condotti a Trieste"". Giampaolo Pansa, il Gladio e l'Alloro Mondadori Editore, Milano 1991).

Lasciamo ai ricordi del sergente Pietro Ciabattini (2 nota fondo pagina), la descrizione molto precisa dei momenti cruciali del passaggio di consegne con la resa del comandante Degli Oddi, e il successivo sanguinoso scontro a fuoco, avvenuto nel primo pomeriggio del 26 aprile, tra la colonna del Maggiore Comelli, proveniente da Meda, e gli insorti marianesi. Il racconto del Ciabattini è molto importante perché descrive per la prima volta, forse in modo un po’ ingenuo ma “dall’interno”, dalla “parte dei vinti”, lo stato d’animo dei militari, la convivenza con la popolazione locale ed infine le concitate fasi della resa, che metteremo in parallelo con la versione ufficiale, già ampiamente conosciuta, stilata a bocce ferme dal Comitato di Liberazione Nazionale e integrata dalle importanti annotazioni del Cronicon parrocchiale di Mons. Giuseppe Bianchi. La vita di quella gente (parla dei brianzoli ndr) era molto semplice: casa, lavoro e chiesa. Per le giovani c’era la fabbrica oppure il ricamo con il tombolo, e per i giovani di leva o l’arruolamento nella R.S.I. o l’internamento nella vicina svizzera. Questo accadeva anche a Mariano Comense e in altri paesetti vicini. Nulla turbava la nostra tranquillità, anche perché i paesani sapevano che eravamo reparti combattenti in via di ricostituzione e non addetti a nessuna repressione. (3) Insomma incontrammo una vasta comprensione da parte della popolazione che, salvo in un caso “disgraziato” (4), non venne mai meno. Il fatto di chiamarsi SS Italiane non suscitava un particolare sentimento di odio verso di noi e ciò ci consentiva di avere rapporti normali con tutti gli abitanti e di vivere una vita di presidio nella massima familiarità.

  Da http://www.ilduce.net/speciale26.htm  I reduci italiani del fronte russo della SS Lah ebbero il privilegio di continuare a portare le mostrine nere con la doppia runa delle SS. Un’altra cinquantina di italiani della Lah, vennero assegnati invece nella primavera del ’44 alla 12° divisione Hitler Jugend. Una decina di superstiti di quest’ultima fecero ritorno in Italia solo nel gennaio ’45. Anche nella 16° divisione SS Reichsfuhrer, che operò sul fronte italiano, vennero arruolati circa un centinaio di italiani nelle unità di supporto e amministrazione. In Grecia, la 4° divisione SS Polizei arruolò alcune centinaia di italiani della milizia e dell’esercito nell’area intorno a Volos. Inizialmente i volontari continuarono a portare l’uniforme italiana venendo impiegati principalmente nelle unità di supporto della divisione. La 2° compagnia di sanità della Polizei era composta interamente da autisti italiani. Gli appartenenti alla milizia vennero invece impiegati nei reparti combattenti: nel 7° reggimento Panzer Grenadier della divisione operò fino all’autunno del 1944, nell’area intorno a Larissa, un’intera compagnia di camicie nere (circa 180 uomini) denominata La Compagnia Camicie Nere L’Aquila. Con altre camicie nere venne organizzato un Gruppo d’artiglieria. In Jugoslavia, un migliaio di italiani vennero aggregati alla 7° divisione SS Prinz Eugen. Circa 500 volontari italiani provenienti dai reparti dislocati in Francia dopo l’8 settembre, vennero arruolati nella 17° divisione SS Gotz Von Berlichingen, grazie all’attività propagandistica del cappellano militare Padre Eusebio. La divisione agli ordini dell’oberfuhrer Ostendorff era in corso di costituzione nei pressi di Tours. Così molti italiani si ritrovano con la divisa SS a combattere contro gli alleati in Normandia nel giugno 1944. La divisione perse la metà dei suoi effettivi durante i combattimenti: i volontari italiani, circa un centinaio, rientrarono in Italia, e vennero aggregati alla Legione SS italiana e al Reggimento delle Brigate Nere di Alessandro Pavolini. Anche nella 28° divisione SS Wallonie, del mitico Leon Degrelle, vennero impiegati un centinaio di volontari italiani. Si trattava per lo più di nostri connazionali che erano nati in Belgio o si trovavano lì per motivi di lavoro. Nel dicembre ’44 una cinquantina di essi, insieme con una decina di spagnoli, chiesero di poter essere trasferiti in Italia nella Legione SS italiana. Degrelle acconsentì e nel gennaio ’45 il gruppetto italo-spagnolo giunse a Rodendo-Saiano al battaglione di addestramento di Thaler. Un altro centinaio di volontari italiani già inquadrati nella Legione SS italiana, che vennero inviati a Praga per seguire un corso di specializzazione come Panzer Grenadier, vennero per l’evolversi degli eventi, inquadrati nella 10° divisione SS Frundsberg. La maggior parte di loro finì dispersa nei combattimenti sul fronte dell’Oder nel febbraio ’45.

Nell’aprile ‘45 la forza totale della legione era di poco superiore ai 6.500 uomini (ma alcune stime dicono anche il doppio). Le unità dipendevano dal comandante Waffen SS in Italia, Gruppenfuehrer Lothar Debes con sede a Calmiero nel veronese che a sua volta dipendeva dal Obergruppenfuehrer Karl Wolff, comandante supremo della polizia tedesca in Italia. I reparti operativi vanno distinti in unità combattenti e di riserva. Le prime erano inquadrate nella brigata divenuta nel febbraio ‘45 la 29° Waffen Grenadier Division der SS. Era un unità di fanteria su due reggimenti, 81° e 82°, un reggimento di artiglieria, un battaglione fucilieri (il Debica), un battaglione ufficiali e complementi, una compagnia pionieri, una compagnia trasmissioni per un totale di 5.000 unità sulle 6.500 della legione. I 1.500 o forse più della differenza erano i servizi speciali. I servizi speciali dipendevano direttamente dall’Abweher 190 e consistevano in azioni anche oltre le linee alleate, nella predisposizione di piani di difesa delle città, ma non solo: nuclei SS vengono individuati nel trasferimento prigionieri politici, partigiani ed ebrei per i campi di concentramento. Poco o nulla si sa di questo tipo di operazioni, due sono gli episodi più noti di cui si hanno maggiori notizie: la fucilazione il 26 maggio 1945 dei legionari Sabelli e Testorio a Roma (da notare che la guerra era terminata da un mese) e la resistenza dei Franchi Tiratori a Firenze che contrastarono casa per casa l'avanzata dei partigiani e delle truppe anglo americane per 7 giorni. Gli ultimi Franchi Tiratori furono uccisi sulle gradinate del Duomo di Firenze. Molti partigiani di Tito finivano alla risiera San Sabba di Trieste gestita dalle SS.

La fine

 Nelle ultime sere di permanenza, discutendo con i colleghi del comando, espressi la quasi certezza che lì, a Mariano Comense, nessuno ci avrebbe torto un capello e che, superate indenni le prime ventiquattro ore di una qualche probabile confusione, chi non aveva nulla da farsi perdonare avrebbe potuto sperare di ritornare alle proprie case. Rimaneva il dubbio su coloro che sarebbero potuti affluire in paese: infatti, nulla sapendo delle nostre posizioni personali, avrebbe potuto vendicarsi a casaccio, oppure su indicazione precisa. Un marito geloso, una sopraffazione, una frase male intesa; insomma, i motivi ci potevano essere anche se non valutabili, ed era logico che ciò fosse fonte di preoccupazione. La sera del 25 aprile le cose precipitarono. Un messaggio del Maresciallo Graziani, giunto a tarda ora, precisava che il nostro Comando di Battaglione e tutti i reparti dipendenti si dovevano tenere pronti a convergere su Como, il giorno dopo, con gli automezzi in dotazione. Fu a quel punto che in noi si riaccesero le speranze di raggiungere tutti uniti la Valtellina, e di lì resistere quanto ci sarebbe stato possibile. Giunsero anche due auto militari tedesche sforacchiate da vari proiettili e gli occupanti ci riferirono che presso Meda esistevano già vari posti di blocco partigiani. Nella gravità del momento il Colonnello tenne rapporto agli ufficiali ed impartì le dovute disposizioni. Poi, dopo una cena tutt’altro che tranquilla, fece portare in cucina un paio di casse di legno piene di documenti. Licenziati tutti i presenti e data, si fa per dire, la buonanotte, mi pregò di rimanere con lui. Demmo alle fiamme svariati incartamenti che non sarebbero dovuti cadere in mano di eventuali nemici. Ad ogni inserto gettato nel fuoco, egli scuoteva la testa in segno di dispiacere. Bruciò anche una lettera autografa di Mussolini che lo elogiava personalmente per il modo in cui aveva condotto il suo reparto sul frante di Anzio.
Quel momento non ho mai potuto cancellarlo dalla memoria. Anch’io bruciai, piangendo di rabbia, un diario dedicato alla mia mamma, scritto dal giorno che ero saluto su quel camion tedesco che mi avrebbe portato all’avventura di guerra.
Era la fine! La fine di tutto. Di tutto quello in cui io avevo creduto per tanti anni, unitamente ai miei famigliari ed a moltissimi amici. Al mattino la villa (5) si mostrava nella sua cupa tristezza. Molti appartenenti al comando risultarono introvabili e lo stesso corpo di guardia era incompleto. La diserzioni dell’ultimo momento si erano già manifestate. Così pure era accaduto dal deposito e dagli altri accantonamenti vicini. Era quasi previsto. Notai con non poco stupore che anche la cuoca ed il personale femminili non era giunto in villa. Il cielo era uggioso e pioviscolava. Il cortile era già pieno di camion approntati per noi, ma gli autisti non c’erano ancora. Credetti opportuno, sia pure in anticipo sull’orario previsto, salire in camera dal Colonnello per aggiornarlo della situazione. Egli, ribadito l’ordine di partire dopo il rancio, mi comandò di andare a prelevare la cuoca a casa sua, in via Garibaldi, e condurla al lavoro.
Appena uscito dal cancello, attraversando la via mi sentii suggerire dal proprietario del bar (6) che era davanti alla villa che oramai sarebbe stato giusto togliere quelle bandiere che avevamo sul balcone. Gli risposi un po’ spavaldamente, che fino a quel momento non ci erano giunti ordini in proposito, ma se lui lo credeva opportuno, avrebbe potuto avanzare la richiesta direttamente al Colonnello. La cosa non ebbe seguito e giunto a casa della cuoca la invitai a seguirmi. Lo fece malvolentieri, sostenendo che la presenza nella villa, dati gli avvenimenti, era per lei motivo di timore. Comunque mi confermò che le sue aiutanti non si sarebbero presentate poiché avevano paura. Preparato il caffè e il latte per tutti i presenti, iniziammo i preparativi per il rancio. Vedendo che nonostante il precipitare degli eventi io mi davo da fare come al solito, Lina Groppo, così si chiamava quella donna, mi fece un discorso che suonava pressappoco così:
“Sentite, sergente, qui è solamente questione di un’ora o anche meno, poiché i partigiani stanno arrivando in paese e vi prenderanno tutti con conseguenze imprevedibili. Può darsi che ci possa essere resistenza da parete di qualcuno, sarà sparso del sangue inutilmente e la fine sarà la stessa. Ora posso rivelarvi che appartengo ad un gruppo di partigiani denominato “Lariano-Ticinese” e quindi conoscendovi come un bravo ragazzo ed in buona fede, vi prego di prendere la vostra roba e seguirmi a casa mia, poiché io non intendo rimanere qua dentro un minuti di più”.
Inutile dilungarmi sullo stupore che causarono in me quelle parole. In pochi secondi appresi che per tre mesi avevo avuto accanto come più diretta collaboratrice addirittura una partigiana introdotta in quel comando al fine di poter carpire notizie utili a chi ci combatteva. Era proprio il colmo. Non avevo finito di chiudere la bocca per lo stupore che il sergente Dossena, addetto all’autoparco, mi riferì che gli automezzi con i quali avremmo dovuto partire erano stati resi inservibili. Chi era stato? Io pensai proprio a lui.
Federico degli Oddi, dopo aver udito le notizie che gli portavo, autorizzò tutti a comportarsi come meglio credevano e gli ufficiali e sottufficiali a raggiungere le famiglie alloggiate nei dintorni. Al colonnello chiesi se potevo distribuire ai presenti ciò che rimaneva dei viveri e dei generi di conforto che avevo in carico, comprese sigarette, tabacco, fiammiferi e grappa, prima che cadessero in mano a i nostri nemici. Non solo egli mi negò quanto chiesto, ma pretese che redigessi immediatamente in duplice copia una nota di quanto era in mia custodia, compreso la cassa. Precisò che era sua intenzione darsi prigioniero alla prima autorità militare che si fosse presentata e lo avrebbe fatto, se possibile, rispettando l’etica consueta che prevedeva un regolare scambio di consegne con tanto di ricevuta. A un mio tentativo di riserva si arrabbiò. Credetti davvero che fosse diventato grullo, ma dovetti obbedire. Povero Colonnello, non aveva inquadrato bene l’immediato futuro!
La cuoca ribadì che avrei potuto seguirla a casa sua dove non avrei corso alcun pericolo. Mi aiutò a preparare quelle poche cose che possedevo e con mio grande imbarazzo uscimmo dalla villa e ci avviammo alla sua casa. Al posto di guardia non c’era più nessuno, mentre il paese mi parve deserto. Attraversando la strada, guardai per l’ultima volta le bandiere che pendevano bagnate dalla ringhiera del balcone. Mi sentii perduto quando, aperta la porta dell’abitazione, intravidi nella stanza un numeroso gruppo di uomini armati, alcuni conosciuti, altri no. Credetti di essere caduto in un tranello, invece la cuoca, il marito e chi già conoscevo mi tranquillizzarono. Nessuno fece caso alla mia presenza, tanto era frenetico l’andare e venire in quella casa. Capii che era proprio quella la sede del comando insurrezionale di Mariano Comense. Iniziò una sparatoria che si spostò verso il centro del paese, ma non mi rendevo conto del perché. Chi era che si opponeva con tanta determinazione? Il marito della cuoca disse che era l’elettricista Cannago (Camnasio Luigi ndr), un vecchio fascista del luogo (7 )che non intendeva farsi prendere, e come lui, sparava anche il segretario comunale. Poi, pian piano, i colpi si attutirono e cessarono del tutto, mentre udivo voci esultanti che cantavano Bandiera Rossa.

 

 

Alla fine delle ostilità i reparti delle SS Italiane subirono diversi trattamenti. I reparti che si arresero alle forze angloamericane nella zona di Gorgonzola (Mi) il 30 Aprile 1945 vennero internati nei campi di concentramento sparsi nella penisola, in particolare Aversa, Coltano, Rimini. I reparti che ebbero la sfortuna di essere catturati da altre formazioni vennero, nella maggior parte dei casi fucilati sul posto (Ordine del Corpo Volontari della Libertà Comando Militare Regionale Piemonte, n°293 del 15 Aprile 1945 ) o dopo tre ore dalla cattura (Comitato Liberazione Nazionale, Divisione Autonoma Val Chisone ordinanza n°574 ). Gli eccidi più feroci avvennero nel Comasco ove alcune formazioni di SS restarono tagliate fuori dal grosso della divisione attestata nella bassa pianura lombarda (Gruppo Franz Binz).

 

Un attento lettore ci scrive chiedendo di puntualizzare, precisare, gli eventi che hanno portato alla fine della Repubblica Sociale nella forma e nella portata delle repressioni o rappresaglie nella zona del comasco in cui stazionavano alcuni reparti della italiana 29a divisione Waffen SS e di conseguenza nei confronti di suoi componenti. In base a ricerche recenti (file sui caduti della RSI), siamo in grado di fornire l'elenco più aggiornato dei "caduti" degli ultimi giorni di aprile del 1945, arco di tempo che interessa la presente narrazione. Mariano Comense: Il paese, localizzato al confine della Brianza milanese, divenne militarmente importante quando, nell’autunno del ‘44, venne scelto come sede del Comando del 81° Reggimento delle Waffen SS Italiane con a capo il Col. Degli Oddi. Il 23 novembre di quell’anno il Maresciallo Rodolfo Graziani, Comandante Supremo delle Forze Armate della R.S.I., venne personalmente a Mariano e davanti al battaglione (1) decorò la fiamma di combattimento di Medaglia d’Argento al V.M. con la seguente motivazione : Esempio fulgido di fede e di grande amore alla patria resisteva con inesorabile tenacia e valore all’impari e asperrima lotta di più giorni consacrando con il sangue del 70 per cento dei suoi effettivi il giuramento e scrivendo una delle più belle pagine di gloria degne in tutto delle più alte tradizioni guerriere della vera Italia. Fronte di Nettuno – Roma 17 marzo – 5 giugno 1944 XXII

Nota 1 -Il II° Battaglione denominato “Vendetta”, o anche “Degli Oddi”, fu comandato sul fronte di Nettuno dal senese Carlo Federigo degli Oddi (Obersturmbannfuehrer), da gennaio ai primi di giugno del ’44. Il I° Battaglione che era dislocato a Meda, era al comando del Maggiore Paolo Comelli, e a Cantù, Vighizzolo e Cermenate era acquartierato l’82° Reggimento al comando del Colonnello Celebrano. Tutti facenti parte della 29a Division Waffen - Grenadier der Italienische SS

Caduti

1-IPPOLITI LUIGI , Tenente W.SS 81°Rgt.1°Btg., di Francesco, nato a Fabriano (AN) il 20/03/1920 e res. a Osimo, fucilato a Meda il 05/05/1945: Laureato in ingegneria, partì volontario nella campagna di Russia come tenente del Genio. Era a Meda come comandante di un plotone della I^ compagnia del 1° Btg.Fucilieri. Durante gli scontri del 25 aprile a Cesano e Barlassina, rimase ferito ad un piede e trasportato all’ospedale di Cantù. Dal 26 il nosocomio fu piantonato dai partigiani e l’Ippoliti guardato a vista. Inutile fu il tentativo di due suoi legionari mandati in borghese, dal maggiore Comelli (vedi sotto), con l’intenzione di liberarlo. Riconosciuti dagli infermieri, i due dovettero scappare e abbandonarlo al suo destino. Il 5 maggio tre partigiani medesi lo prelevarono dall’ospedale con la gamba ingessata e, legato su una barella, con un camion lo trasportarono a Meda dove alle ore 17 venne fucilato con la barella appoggiata ad un muro di una casa

2- FRANCESCHINI GUGLIELMO, Capitano 81° Rgt. W.SS - Btg.Debica, di Ettore, nato a Milano di anni 34, e fucilato a Mariano in data 28/04/1945: Aiutante Maggiore del Col. Degli Oddi. Fu il giudice nel processo ai 6 disertori poi condannati a morte e fucilati a Cantù Asnago. Fucilato insieme a CAMNASIO LUIGI , di Francesco, nato a Mariano C.se nel 1896, di professione elettricista - iscritto al P.F.Repubblicano, Nube (vedi sotto), Scano (vedi sotto) e VISMARA ERNESTO , Guardia Scelta della Polizia Repubblicana - Questura di Como, nato a Seregno il 14/09/1911.

3-SCANO DAVIDE, Tenente 81° Rgt. W.SS, di Giacomo, nato a Torino il 06/05/1900 e fucilato a Mariano C.se in data 28/04/1945: Volontario di guerra nel 1917, poi in AOI e in Spagna con la Milizia. Dopo l’8 settembre, mentre era internato in Germania, fu uno dei primi ad aderire alla RSI e rientrò in Italia come ufficiale delle SS Italiane con le quali, sul Fronte di Anzio-Nettuno, verrà ferito e decorato con la Croce di Ferro tedesca di 2^classe. Il figlio Alessandro, classe 1927, dopo un primo periodo nella GNR Legione d’Assalto “Tagliamento”, a fine ’44 lo raggiungerà a Mariano C.se nel Btg.”Vendetta” delle W.SS Italiane. Il 26 aprile quando il padre venne arrestato, lui era di servizio a Cantù da dove, dopo molte peripezie e fortunosamente, riuscì a raggiungere la casa di Torino. Seppe della morte del padre solo a metà maggio da un’ausiliaria del suo reparto.

4-GOBELLO GIUSEPPE , S.Tenente 81° Rgt.W.SS – di Giovanni, nato a Sezzadio (AL) e residente a Tortona, di anni 35, e fucilato in data 30/04/1945 a Mariano, con Parelli e Giuseppe Elli, Vice Brigadiere GNR cp CO 610^, di Augusto e Coppa Vittoria, nato a Mariano C.se il 12/09/1913: Combattente in AOI, Grecia e Croazia con i btg. “M”della XVI^ Legione MVSN di Como
5-PARELLI GINO, Serg.Magg. 81° Rgt.W.SS, di Lorenzo, nato a Bagno a Ripoli (FI), classe 1922, fucilato il 30/04/1945 insieme a Elli e Gobello.
6- POZZI LUIGI, Leg. 81° Rgt. W.SS, di Francesco, nato a Carate B.za, di anni 17, caduto in combattimento coi partigiani in P.zza Roma a Mariano C. in data 26/04/1945

7-Comelli Paolo Magg. W. SS. It. 81 Rgt.-I Btg. di Giuseppe, n. a Udine il 01/08/1907 Fuc. 30/04/1945 a Introbio LC

8-Bettini Corrado Cap. W. SS. It. Btg.Ufficiali di Primo, n. a Casalecchio di Reno (BO) il 09/10/1907, F 26/04/1945 a Cantu'-Vighizzolo CO

9-Mutti Marco Cap. W. SS. It. Btg.Ufficiali di Giovanni, n. a Cadeo (PC), di anni 49, F 26/04/1945 a Cantu' CO

10-Rosati Annibale Cap. W. SS. Btg.Ufficiali di Giuseppe, n. a Popoli (PE) il 02/01/1902 fuc. 26/04/1945 a Cantu'
11-Pennisi Umberto Serg. W. SS. It. Btg.Ufficiali di Sebastiano, n. a New York, di anni 31 F 26/04/1945 a Cantu' CO
Dispersi con dichiarazione di morte presunta del loro comune di residenza:
Cap. Broccardi Pietro, Btg. Ufficiali
Gallina Sergio,
Caretto Mario
Caretto Piergiorgio,
Lemuth Gerardo.

Questo poco o tanto che sia è la realtà, frutto delle mie ricerche sul campo, quindi se si parla di strage di ufficiali o di interi reparti SS dopo la resa in Brianza si fa solo confusione anche pensando che i due più alti ufficiali, il col. Degli Oddi di Mariano e il Col. Celebrano di Cantù, che avevano firmato la resa nelle mani del CLN, se la cavarono senza particolari problemi. Per esempio al campo sportivo di Seregno sono finite da Mariano una ottantina di reclute con i rispettivi ufficiali e sottufficiali (ho l’elenco originale con tutti i nomi) che sono felicemente sopravvissuti. Gli unici ufficiali fucilati sono stati quelli che, come spiego nel mio libro, erano implicati nel processo e fucilazione dei sei disertori fucilati a Cantù Asnago, che, prelevati da Seregno, furono poi passati per le armi a Mariano il 28 aprile e 30 aprile con altri fascisti locali. A Erba, all’albergo Malpensata, si erano asserragliati alcuni reparti, come quello di Asso, insieme al btg. Noseda della BN Rodini provenienti dalla Valsassina, poi arresisi al CLN tramite un prete locale. I fucilati del gruppo sono stati quasi tutti fascisti locali. Norberto Bergna  www.laltraverita.it

La fine del Debica
Gli ultimi giorni di guerra offrì ai due più agguerriti battaglioni della divisione, il Debica e il Nettuno l’opportunità di chiudere il conflitto col Kampfgruppe Binz (dal nome del loro comandante tedesco) contro truppe regolari anglo-americane. Vennero incorporate nell'unita anche una colonna di autocarri, una Batteria di cannoni 75/40, un plotone servizi, un plotone pionieri e un plotone collegamenti. Binz installò il comando a Piacenza, dislocando i due battaglioni (giunti dal comasco in treno e in autocarro) lungo i due corsi d'acqua che scendono dall'Appennino: il Debica nella valle del torrente Nure e il Vendetta in quella del fiume Trebbia. Le SS dovettero fronteggiare le avanguardie americane che puntavano verso nord. Il 26 aprile 1945 gli uomini del Debica respinsero a colpi di Panzerfaust l’attacco di una colonna corazzata americana, prima di ritirarsi verso Piacenza. Qui si trincerarono in una fabbrica alla periferia della città, per consentire agli altri reparti di attraversare in traghetto il Po. I partigiani tentarono con rapide azioni di disturbare il ripiegamento ma, dopo avere subito pesanti perdite, dovettero desistere. I vari tronconi del Kampfgruppe si riunirono il 28 aprile alla periferia di Santo Stefano Lodigiano. L’intenzione di Binz era di ricongiungersi nel bresciano con Thaler, e quindi tentare di raggiungere l’Alto Adige. L’intera pianura padana era, tuttavia, già in mano ai partigiani e agli insorti. Nonostante ciò, la colonna SS, forte di oltre duemila uomini, dotata di mezzi blindati e armi pesanti, poteva ancora respingere qualsiasi attacco partigiano, per non parlare delle disorganizzate e male armare bande di insorti. Il Kampfgruppe si aprì la strada verso nord, liberando sul suo cammino i contingenti nazifascisti catturati, e raccogliendo i reparti tedeschi dispersi, sino a formare un’unità che i partigiani stimarono in oltre cinquemila uomini. Il CLN inviò più volte parlamentari e tentò invano di convincere Binz ad arrendersi. Altrettanto infruttuosi risultarono i tentativi di bloccare la colonna aprendo il fuoco. Le SS risposero con estrema violenza. Tempestato di richieste di aiuto dai comitati locali, il comando del CLN Alta Italia, insediatosi a Milano, chiese l’intervento degli americani. Superata Melzo, la colonna si vide così sbarrare la strada dagli Shermam della 34a Infantry Division. Alla vista dei carri armati, Binz si rese conto che per il suo Kampfgruppe la guerra era finita, e quanto fossero inutili ulteriori spargimenti di sangue. Tuttavia, pur accettando di deporre le armi e sciogliere i reparti, decise di non consegnarsi agli americani. Nella confusione, con alcuni ufficiali e soldati tedeschi riuscì a sottrarsi alla cattura. Fortunosamente raggiunse il Lago di Carezza in Alto Adige, dove si era trasferito il comando delle Waffen-SS in Italia. Vi restò sino ai primi di maggio. Poi, l’intero gruppo di irriducibili si arrese agli Alleati.

Maggiori notizie sugli ultimi giorni della divisione SS italiana alle pagine del libro recensito al link

http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri78.htm

Nota 2: Ciabattini Pietro, nato nel 1926 a Siena, nella contrada della Pantera, è scomparso nel luglio 2010 a Firenze. Autore di alcuni libri di successo sul periodo della R.S.I., oltre a quello citato, come Coltano 1945 Ed. Mursia-1995 e Il Duce, il Re e il loro 25 luglio - Ed. Lo Scarabeo-2006

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