Renzo Kayak
In molti hanno già descritto questa tecnica ma, la sua diffusione, nel
nostro paese, è ancora bassissima.
Sono passati più di trent'anni dal mio primo colpo di pagaia e finalmente
posso dire che pagaio discretamente ed ho formato dei kayaker peraltro diventati
più bravi di me, il resto, in fatto di esperienza in materia, è visibile nel
mio sito ed in quello del nostro Gruppo Kayak Marino “Dolce e Salato”.
Ora, finalmente, mi accingo a tentare di aggiungere un piccolo tassello a
quanto è stato ottimamente già scritto da tanti altri.
Queste righe sono dedicate a coloro che si avvicinano al kayak da mare ed
intendono pagaiare nel modo più efficace conosciuto, in Italia, da non più di quattrocento
o cinquecento kayaker.
Per non essere frainteso assicuro che l’esiguo numero comprende anche
quelli che navigano o hanno navigato fiumi e torrenti e che si dedicano al kayak
da mare (i più bravi) ma escludendo chi pratica agonismo, canoa
o solo discese di fiumi e torrenti.
Pagaiare è facile, tutti possono farlo … ma pochi lo fanno. Se la pagaia fosse sferica e dovesse essere presa a calci, per far procedere il kayak, la diffusione della tifoseria e dei praticanti conterebbero parecchi milioni di appassionati.
Andare in kayak è uno sport vivo, attivo, meglio dello sport delle sei “P” davanti alla
Ti Vi, PIGRIZIA, PANCIA, POLTRONA, PANTOFOLE, PANINI e PARTITA.
Io sono uno sportivo, pratico lo sport ma da pigro perché prediligo il
nuoto, disciplina praticata stando distesi e vado in kayak da seduto, ritengo
quindi che uno come me possa avere qualche possibilità nello stimolare anche i
pigrissimi.
Ma cosa si può pretendere di più dal kayak? Lo carichi sull’auto, ti
siedi, parti, scaldi dolcemente i muscoli con volante e pedaliere, arrivi a
destinazione, scarichi la barchetta, entri, ti risiedi, muovi ritmicamente e
dolcemente molti altri muscoli e vai a zonzo in posti meravigliosi … ma cosa
vuoi di meglio! Se poi impari a pagaiare senza sprecare energie è il massimo
perché torni a casa ricaricato ed
entusiasta.
Fuori stagione, durante una gita al mare o al lago, ti può capitare di
scorgere, al largo, un solitario che se ne va in una direzione e scompare. Lo
rivedi tornare dopo qualche ora, sempre al largo. Si tratta di un bravo kayaker
categoria “lupo solitario”. Qualche volta li vedi in gruppo, procedono
veloci ma il ritmo della pagaiata è elegante ma non veloce, memorizza quello
che vedi, è un evento raro.
Se sei fortunato sbarcano in gruppo vicino a te e se chiedi loro consigli
sono felici di fornirteli, tutti validi!
Conoscere subito quello che non si deve fare anticipa di molto
l’apprendimento e stimola la volontà. Meglio evitare i comportamenti
descritti nei seguenti tre modelli.
Modello genitore (maschio o femmina non importa). Non sa pagaiare ma, da riva, cerca di insegnare al bambino. Il genitore sbraita: < fai così, fai cosà, non così, ma cosà ecc..>, il bambino gioca e da poco credito agli incomprensibili consigli. La pagaia stretta tra le mani è pesante, ha le pale sfalsate e si devono fare dei contorsionismi per infilare nell’acqua una pala e poi finalmente l’altra. Il kayak, fortunatamente, non va nella direzione voluta ed il bambino rimane vicino a riva, dapprima si diverte poi si stufa sia del kayak sia del genitore ma non è colpa sua.
Modello giovanotto (le
signorine non si comportano così) di tutte le età, piuttosto prestante ed
esuberante, si trova sul kay…cioè sulla canoa perché fa tendenza, è la sua
passione del momento, fa di tutto per apparire in quanto ritiene
sia superiore all’essere, anche lui si comporta da bambino, si
contorce, cerca di imparare, ci riprova con rinnovato entusiasmo. Ti confessa
che è la prima volta però è un casino, non credeva fosse così complicato. Il
tizio a differenza del modello genitore fa esperienza sulla propria pelle, forse
mollerà tutto o forse diventerà un kayaker, diverte e la sua esibizione
ti fa subito capire cosa non si deve fare.
Modello Re, lo noti per
forza, lui, il Re è sopra i quaranta ed è inconfondibile, quando l’acqua è
calma compare sopra un bel kayak, procede impugnando la pagaia in modo distinto,
siede sul trono all’indietro, rilassato sullo schienale, avanza senza muovere
le spalle ma muove con regale altezzosità la testa, osserva la plebe
dispensando composti e compiaciuti sorrisi per far intendere la sua bravura. Se
ti avvicini deferentemente a sua maestà si degna di dirti subito che è colto,
pratica quest'elitario sport, non per tutti, aggiungendo: <Bill Clinton
and Bill Gates are also avid Kayakers>. Ti fa capire che è arrivato alla
barchetta poiché, per rango, ha molto in comune con i due avidi kayaker. Il
Sire ha sviluppato una regale e unica tecnica della pagaia che gli consente di percorrere ben tre o quattro
kilometri ed è sincero. Dio salvi il Re!
Per quanto riguarda le celebrità, il Guglielmo numero uno e quel
numero due, è noto che sono kayaker ma si conosce poco il grado della loro
acquatica bramosia.
Per pagaia si intende quella ad una sola pala, la fine del manico termina
con un’impugnatura, viene usata per dare propulsione alle imbarcazioni
primitive quali piroghe canoe e kayak.
Per doppia pagaia s'intende invece quella di tipo europeo (così la
definiscono gli americani), con le pale sullo stesso asse o incrociate e
distanziate da un manico. Anche le popolazioni dell’estremo nord utilizzavano
pagaie e doppie pagaie ma queste ultime avevano un manico corto con pale lunghe
e strette poste sullo stesso asse.
Per comodità la doppia pagaia europea o inuit sarà qui definita pagaia.
Il kayak, imbarcazione da caccia essenzialmente marina, si diffuse in
Europa nei primi anni del 1900 diventando sportiva e ricreativa. Il kayak
moderno è utilizzato principalmente per discendere fiumi e torrenti e la pagaia,
inizialmente a pale diritte, divenne a pale sfalsate per soddisfare meglio le
esigenze agonistiche di questa nuova disciplina sportiva. Le pale sono sfalsate
di 90° o anche meno e favoriscono l’andatura contro vento perché quando la
pala immersa draga l’acqua quella opposta espone al vento il profilo della
pala e non la massima superficie.
La millenaria pagaia inuit, poco conosciuta, ha pale lunghe e strette, è
più lunga, si usa in modo diverso e, secondo me, quando si impara ad usarla
diventa insostituibile. Non è una pagaia da velocisti ma da passisti ed ha poi
altri vantaggi che verranno descritti in seguito.
Solitamente si impara a pagaiare con la pagaia europea ma poi, con la
crescita dell’esperienza e della cultura specifica, ci si converte alla mitica
pagaia dell’Artico.
Il piacere di navigare e procedere con la pagaia primitiva è simile a
quello che prova il pilota d'aerei da combattimento quando volteggia nel cielo
con un vecchio biplano.
Il filosofico preambolo termina qui e da ora inizia il momento della
teoria da mettere poi in pratica.
Il kayak non ha gli scalmi per i remi e deve essere tutt’uno con
l’utilizzatore che crea, per mezzo del suo corpo articolato, gli scalmi
(fulcri) necessari per la propulsione.
La pagaia serve per procedere in avanti, all’indietro, di traverso, per
appoggiarsi e per raddrizzarsi quando, perso l’equilibrio, ci si trova a testa
in giù.
Nei kayak biposto la stessa serve al maestro come
…bastone deterrente da utilizzare con garbo per stimolare l’allievo,
con lievi tocchi sulle spalle, quando il pivello non tiene il ritmo e manda in
collisione le due pagaie rischiando di danneggiarle.
Stando in piedi, con il braccio alzato, le punte delle dita devono poter
agganciare la pala della pagaia messa verticale vicino a te. Quanto detto vale
per kayak di larghezza normale (fino a 60 cm.) ma se il tuo è più largo, ad
esempio un biposto, la pagaia deve essere conseguentemente di maggior lunghezza.
Le regole funzionano per la maggior parte dei casi ma se uno è di
statura bassa può scegliere una pagaia fino a 20 cm. più lunga. La scelta va
fatta tenendo conto della propria muscolatura e prestanza fisica. Coloro che
sono molto alti possono invece accorciare la pagaia fino a 20 cm. in meno. Le
varianti sono riferite all’ uso del kayak marino e relativa pagaia.
Le pale con le estremità arrotondate sono da preferire a quelle che
terminano diritte, il manico deve avere le impugnature ellittiche e non
circolari perché la pagaia va subito in posizione.
Le pagaie sfalsate possono essere destre o sinistre, le pagaie divisibili
assolvono entrambe le funzioni e permettono di posizionare le pale sullo stesso
asse. Sono ideali come pagaia di scorta.
Due ricette quasi magiche per i mancini: < Prendi una pagaia sfalsata
disponila verticalmente davanti ai tuoi piedi, la pala che sta in terra deve
avere la concavità ovvero la parte della pala che spinge l’acqua rivolta a
te. Alza gli occhi al cielo e prega. Se la pala che sta in alto ha la concavità
rivolta a destra non hai pregato, ti sei fregato, è una pagaia destra, la tua
deve avere la concavità ovviamente rivolta a sinistra.> Seconda ricetta:
< Prendi un’altra pagaia e stando in piedi disponila orizzontalmente davanti
a te. Gli avambracci devono essere orizzontali. Il polso sinistro in linea con
l’avambraccio, la pala sinistra deve essere verticale con la concavità
rivolta all’indietro. Dato che la sto tirando per le lunghe cerca di
accelerarmi e fammelo capire. Sei mancino, immagina di essere in moto, dai tutto
gas con la manopola che è ovviamente a sinistra, mantieni l’accelerazione. Il
polso destro deve essere allentato per consentirti di accelerare cioè di tirare
in su le nocche della mano sinistra. Guarda ora la pala di destra, la trovi
verticale ma con la concavità in avanti. Non hai pregato e ti sei ancora
fregato, hai per le mani una pagaia destra perché con quella sinistra avresti
trovato la concavità della pala rivolta all’indietro >.
Morale; state attenti ed acquistate quella adatta.
Le pagaie leggere di legno, vanno bene per tutte le stagioni, quelle con i manici metallici sono fredde, scivolose, il manico è solitamente rotondo e può appesantirsi riempiendosi d’acqua. Ci sono anche quelle con le pale a cucchiaio, manici storti, le super asimmetriche, quelle da competizione e le elettrizzanti pagaie al carbonio. Sappiate che per fare del turismo nautico occorre una pagaia adatta a tante manovre oltre alla propulsione, lasciate stare le pagaie da competizione.
La pagaia s'impugna solitamente a terra, raramente in acqua e solo in condizioni d'emergenza. Per imparare bisogna impugnarla , portarla sopra la testa e simulare un rettangolo con i lati orizzontali formati dal manico e dalla linea braccio, spalle, braccio ed i lati verticali formati dagli avambracci. Questo modo di tenere la pagaia ha la sua variante nel trapezio isoscele, avvicinando le mani, la loro distanza interna non deve superare la larghezza delle spalle. Trovata la posizione corretta si può segnarla sulla pagaia.
Se è ad angolo retto o quasi usiamola correttamente o quasi tenendo presenti i tre modelli negativi.
Sul kayak bisogna appoggiarsi su due punti:
Lo schienale, molto basso, consente al kayaker di puntare i piedi e le ginocchia, per fare corpo unico con il kayak quando si naviga sul mosso, mentre nelle condizioni di calma permette una certa libertà agli arti inferiori, così che le ginocchia siano relativamente mobili.
Il busto è eretto ma non retto perché piega leggermente in avanti formando un angolo di 85° o poco meno. La parte superiore del corpo è libera di ruotare liberamente.
Caro Re modello tre, questo vale soprattutto per te, caro Sire non puoi ridire, sua Maestà impara l’umiltà, non fare il bellimbusto, pratica piuttosto la torsione del busto, sul trono devi stare leggermente prono, non ti premere i gingilli, stai anche sui talloni.
Ora è il momento di criticare i modelli uno e due. Per immergere la pagaia sfalsata da un lato e dopo nell’altro occorre ruotarla. L’operazione è stata accennata ai mancini ora è la volta dei dritti. La mano destra ha il polso in linea con l’avambraccio e trattiene la pagaia. La pala destra ha la parte attiva, quella concava che spinge l’acqua, rivolta verso di voi, ed è perpendicolare rispetto all’acqua. La mano sinistra sostiene la pagaia senza stringerla, la pala sinistra presenta la concavità rivolta verso l’alto. Si passa la pala destra in acqua, e la si estrae per poi ripetere a sinistra. Per posizionare correttamente in acqua la pala sinistra occorre ruotarla. Fingetevi in moto ed aprite il gas con la destra, la mano sinistra lascerà ruotare il manico nell’incavo tra l’indice ed il pollice poi, quando la pala sinistra sarà in acqua, tratterrà il manico e comincerà a tirarlo. Finito il ciclo la mano destra sgasa ed il ciclo riprende. Dando e togliendo alternativamente gas all’umano motore si riesce a fare un sacco di kilometri.
Le mani non devono impugnare saldamente la pagaia, la trattengono.
Quando una mano esercita la trazione sono l’indice ed il medio a fare la maggior parte del lavoro, il pollice lavora poco, l’anulare ed il mignolo sono quasi distesi. La mano rimane sempre in linea con l’avambraccio. Mentre una mano tira l’altra spinge ma è quasi aperta. Le due mani, non rigidamente connesse al manico, alternano movimenti non faticosi e migliorano sia l’efficienza della pagaiata sia la circolazione sanguigna evitando irrigidimenti, la tendinite e, al peggio, la tenosinovite. Il metodo preservando le mani evita inoltre la fastidiosa formazione di vesciche e calli.
Nel mio sito c’è una vignetta inizialmente nata per burlare un
pagaiatore che ha percorso almeno quindicimila kilometri in kayak, osservate
come le mani tengono la pagaia perché si fa così anche nelle vignette!
Se siete osservatori scoprirete che c’è anche un grosso errore (cliccare
su com’è
non qui ma solo nella pagina principale, scorrere lo scritto che appare ed in
fondo cliccare su La
scelta del kayak da mare,
la vignetta è nell’articolo).
Dopo aver irrigidito le vostre braccia l’ipotetico istruttore tiranno
vi concederà un lieve vantaggio.
Pagaiare a busto fermo, tirando con un braccio ed utilizzando l’altro
da scalmo (fulcro), non è il massimo, si può fare ma era meglio prima.
Un’altra tirannica invenzione è quella di spostare la scalmo sulla
mano della pala immersa ed imprimere la propulsione agendo con la sola spinta
dell’altro braccio, si può fare, ma siamo andati certamente di male in
peggio. Conclusione: avete capito perché bisogna ruotare il busto! A nessuno
dei tre modelli di kayaker, specialmente all’ultimo non sono mai venute in
mente cose del genere ma a Voi lettori si saranno certamente raddrizzate le
antenne.
Il mare è calmo, uno qualsiasi di quei quattrocento o cinquecento
kayaker pagaia stando seduto come descritto trattiene con garbo la pagaia, ruota
il busto verso sinistra, il braccio destro è teso la pagaia è parallela alle
spalle, quella destra è inclinata in avanti per poter immergere la pala il più
avanti possibile. La pala è immersa vicina al bordo del kayak, il busto
comincia a ruotare verso destra trasmettendo forza. La mano destra aggancia la
pagaia, il piede destro spinge sul punta-piede, il braccio destro si flette e
tira la pagaia. Il braccio sinistro, che era flesso ed aveva la mano
all’altezza della faccia, si distende spingendo sulla pagaia. Quando si trova
esteso le dita della sua mano non sono chiuse. La pala destra è uscita
dall’acqua la mano destra ruota le nocche verso l’alto (il colpo di
acceleratore), il braccio destro è flesso con la mano all’altezza del viso ed
il busto è ruotato verso destra. Il braccio sinistro immerge la pagaia, il
piede sinistro punta ed il tutto ricomincia. Durante la pagaiata il braccio che
spinge arriva fino all’asse longitudinale della barca. La pagaia passa vicina
allo scafo ed è ovviamente molto angolata rispetto all’orizzonte, il suo
centro orbita ad una spanna dal petto. Il movimento delle ginocchia va su e giù
e non ingaggia i fianchi o la coperta dello scafo. La pagaiata esprime il
massimo rendimento fin quando la pagaia arriva all’altezza dei fianchi poi
cala ed inizia l’estrazione che deve avvenire docilmente con naturalezza. L’entrata della pala deve avvenire senza spruzzi. Questo modo di
pagaiare è simile a quello utilizzato in gara, ad eccezione della cadenza, e
consente una linea di rotta pochissimo ondeggiante.
La testa guarda avanti per tenere la rotta ma dato che non c’è in atto
una gara si concede, di tanto in tanto, di godere il panorama e non irrigidire i
muscoli del collo.
Il mare è formato, c’è vento e se si tratta di lago formato le onde
sono più ripide ed il vento è sostenuto.
La situazione non è pericolosa il nostro kayaker è sempre a suo agio ma
agisce in modo diverso in funzione delle mutate condizioni. Ora utilizza la
pagaia come di consueto accentuando la presa quanto basta ma modifica lo stile.
Prima la faceva passare vicino allo scafo, adesso la sua pagaia è meno angolata
rispetto all’orizzonte, in compenso, è immersa a una maggior distanza dal
kayak. Il kayak avrà un’andatura più serpeggiante (difficile notarlo)
tuttavia la pagaia fornisce anche appoggio. Sotto coperta qualcosa è cambiato,
le ginocchia sono puntate ed il loro su e giù è limitato. Il tutto il corpo
concorre per ritrovare le migliori condizioni di stabilità, repentinamente fa
corpo unico con il kayak, gioca al tira e molla per non irrigidirsi. Gli occhi
sono sorprendentemente attivi e ballano di qui e di là. La pagaiata assume di
volta in volta i ritmi più adatti alla situazione, la natura spadroneggia. Il
kayaker che sempre, proprio sempre, indossa il giubbotto salvagente ed ha il
pozzetto chiuso da un paraspruzzi si adegua, asseconda le forze della natura
e…continua a pagaiare.
Se le condizioni dovessero peggiorare e non possiede la pagaia di scorta
si lega al polso quella che ha poi, prima che il tutto si trasformi da
divertimento ad incubo, si dirige laddove la natura fa crescere il frumento.
Vade retro kayaker
E’ possibile pagaiare all’indietro ma prima di farlo giratevi ed
assicuratevi di non andare a sbattere!
Non è conveniente, dopo aver girato il busto all’indietro, mettere in
acqua la pagaia in modo perpendicolare perché l’equilibrio è precario,
meglio appoggiarla quasi orizzontale e farla planare in avanti. Portando la
pagaia verso prua il busto, inizialmente ruotato ed inclinato, tende a
raddrizzarsi poi ruota e si inclina
dall’altra parte per riprendere a pagaiare. Il busto inclinato trasmette
attraverso il braccio e la pala una forza orizzontale in avanti ed una verticale
verso il fondo. L’acqua reagisce facendo procedere all’indietro e dando
sostentamento.
Mentre il kayak procede si effettua una bella torsione del busto. Si
appoggia di piatto in acqua il lato convesso della pala
della pagaia, il più indietro possibile e vicino al bordo, mani in basso
e gomiti in alto. Si esercita una bella pressione sulla pala immersa e la si
porta in avanti. Controllare la direzione e, con la coda dell’occhio, seguire
la pala immersa. Quando la manovra inizia il kayaker è inclinato come uno che
fa una curva su di un mezzo a due ruote, quando la pagaia è a 90° rispetto al
kayak il conducente è diritto ma la barca ha cambiato direzione. La movimento
è simile a quella della retro pagaiata descritta prima, fa virare ma rallenta o
arresta il kayak. La manovra è sostanzialmente un appoggio basso.
Il kayak marino è fatto per tenere la rotta e vira se il nocchiero
interviene in modo deciso, come sopra o intelligente come segue. La carena ha
solitamente una linea di chiglia più o meno accentuata che significa maggiore o
minore tenuta della rotta. Sbandando l’imbarcazione e mantenendo
l’equilibrio si cambia la configurazione della carena e la linea di chiglia si
trova spostata. La parte immersa prima era simmetrica ora è diventata
asimmetrica ed il kayak non procede con moto rettilineo. E’ una situazione da
sfruttare.
Per procedere e virare si
pagaia in fuori, da un solo lato, con il corpo ed il bordo del kayak che si
inclinano verso la pala attiva, angolata in modo da fornire sostentamento. Si
crea così una situazione simile a quella di un bambino che impara sulla
bicicletta con le rotelle supplementari. Lui gira a sinistra ma si inclina a
destra e non cade perché la ruotino destro lo sostiene.
Per contrastare un vento laterale che fa deviare la rotta, con un
ginocchio si preme in su il bordo sopravento e si continua a pagaiare.
La variante alla manovra sopradescritta consiste nel tenere la pagaia in
modo asimmetrico aumentando la leva sottovento. I due modi si possono combinare.
La pagaia è, per esempio, tenuta lateralmente a dritta con la pala di poppa immersa di
taglio. Avvicinando la pala al bordo si vira a sinistra, allontanandola si vira
a destra mentre la posizione centrale consente di tenere la rotta. La tecnica è
utilizzata quando si naviga in corrente o nel surf.
Per far girare il kayak su se stesso orizzontalmente basta pagaiare in
avanti su un lato ed all’indietro sull’altro, agire con le anche e con il
corpo come se la pala della pagaia fosse un punto fermo.
L’andatura serve per avvicinare un compagno, per prestare soccorso, per
riguadagnare una posizione quando spostati da una corrente e per prendere
confidenza con la pagaia ed il kayak.
La pagaia si tiene come di solito, si ruota il corpo verso la direzione
voluta, si immerge una pala lontano dal bordo del kayak.
La pala ha la sua parte attiva rivolta verso il bordo del kayak, la mano
bassa tira, quella alta spinge.
La pala è ormai vicina al bordo, con una rotazione dei polsi la si mette
perpendicolare al bordo, ora la mano alta tira e quella bassa spinge.
Allontanata la pagaia si rimette la pala parallela al bordo e si ricomincia.
Le mani non devono guidare la pagaia lungo il proprio asse longitudinale
perché la stessa affondando, vi metterebbe in crisi e non produrrebbe
l’effetto desiderato.
Esiste un altro metodo di avanzare di traverso, si ruota il corpo verso
il lato che si vuol fare avanzare. Si tiene la pagaia con la mano alta sopra la
testa, l’altra fa percorrere alla pala immersa una serie consecutiva di “8“
ruotando opportunamente la pala ad ogni cambio di direzione. Il lavoro è
eseguito dall’avambraccio e dal polso bassi. Il ginocchio opposto alla pala
attiva deve inclinare il kayak verso il senso di marcia. Talvolta il bordo che
avanza è immerso ed il pagaiatore è fuori bordo e procede di traverso con
inaspettata celerità.
L’utilizzo di questa pagaia impone la postura nel kayak come prima
descritto, l’inclinazione in avanti del busto e la sua torsione durante la
passata in acqua non si discutono, idem la pressione del piede ma il resto
cambia.
Le pagaie sono decisamente più lunghe di quelle europee, il manico è
largo quanto le spalle o largo quanto due mani in quelle da tempesta. Le pale
sono lunghe e strette, già scrissi maliziosamente che queste pagaie si lasciano
facilmente prendere per le pale (va bene scritto così !) ed è vero. Quando le
prendi però sono loro che ti
portano in giro.
Le pale sono lunghe e strette per poter essere afferrate con le dita,
anche indossando i guanti.
Anche questa pagaia non s'impugna e non occorre fare la rotazione del
polso. Il manico ellittico oppure ovale si trattiene tra il pollice e l’indice
e le altre tre dita della mano si distendono sull’inizio della pala,
sono in linea con l’avambraccio e le pale assumono il giusto
orientamento.
Le braccia sono tenute basse, quasi toccano il pozzetto. Il braccio è più
pesante della pagaia e, su lunghi percorsi, evitare di alzarlo significa
risparmiare energia. La pagaia resta bassa e quando immersa galleggia quindi si
evita di sostenerla. La lunga pala immersa distribuisce omogeneamente la sua
azione mentre con la pagaia sfalsata entra anche il manico. La lunghezza della
pagaia è tutta usufruibile perché s'impugna dove si vuole in funzione delle
varie situazioni.
La pagaia europea si è evoluta in circa 100 anni, quella delle
popolazioni artiche ha invece subito i suoi cambiamenti nel corso di più di
4000 anni per soddisfare lo … sport della sopravvivenza.
Raccomandazione: La pala della pagaia non deve essere immersa perpendicolarmente alla superficie dell’acqua perché renderebbe meno ed inoltre procederebbe zigzagando.
La pagaia si
immerge con le pale inclinate in avanti di circa 30° e così deve essere.
L’immersione non produce spruzzi, i gomiti quasi contattano il busto che ruota, una
mano tira agganciando alla pala anche le ultime dita, l’altra spinge, mentre
la fine del manico è alloggiata tra il pollice e l’indice. La parte superiore
delle braccia è verticale ed ha un moto leggermente pendolare che segue la
pagaiata. L'avambraccio, corrispondente alla pala appena estratta, ruota sul
gomito, riducendo a circa la metà l'angolo retto che faceva con la parte
superiore. Lo sforzo è minimo ed è inizialmente coadiuvato dalla parte immersa
della pagaia. In tale modo si alza la pagaia e la si spinge a passare in acqua
dall'altro lato. La torsione del busto fa percepire la pressione, esercitata
dalla pala immersa, trasmettendola sul palmo della mano che spinge. Ovviamente le
braccia fanno il loro lavoro, una tira l’altra spinge, il piede,
corrispondente al braccio che tira, spinge. L’altro piede e relativa gamba
godono il loro momento di relax.
Colui che procede
frontalmente, sulla vostra rotta, mostra la pagaia che alternativamente si
inclina di circa 45° rispetto alla superficie dell'acqua.
Alcuni
asseriscono che la passata della pala in acqua è più breve e veloce se
paragonata con quella della pagaia moderna.
Altri affermano
che la ritardata estrazione della pala spinge l’acqua contro il fianco
posteriore della barca, sollevando la poppa che poi scivola in avanti
alleggerendo lo sforzo propulsivo.
Io ritengo che la
pagaiata larga, ad arco, percorre una distanza maggiore di quella di una pagaia
moderna che draga vicina al bordo e percorre la corda di un arco più stretto.
A parità di
velocità angolare la pagaia eschimese, più lunga, ha una velocità periferica
maggiore quindi ciò potrebbe far pensare ad un maggior ritmo.
In condizioni
normali io eseguo una lunga e armonica pagaiata che trovo redditizia. In
condizioni peggiori modifico l’ampiezza della passata in acqua ed il suo ritmo
e mi adeguo al moto ondoso ed al vento, per rimanere in condizioni di sicurezza e
mantenere la rotta.
Durante un’escursione si può anche variare temporaneamente lo stile della pagaiata, per dare sollievo a certe muscolature che reagiscono meno di altre.
Quanto scritto
in queste pagine è frutto dell'esperienza ma non è una sacra scrittura!
Saranno benvenute tutte le sane critiche costruttive volte ad accrescere e
diffondere la conoscenza del pagaiare.
agg. 28 / 09 / 06
Vedere anche:
Pagaia aleutina e Pagaia groenlandese
Articolo: IL KAYAK, NOI E "L'ESSENZA"