Renzo Kayak 

seguito 3 di 4, Il kayak, noi e l'essenza

 

La sua larghezza è sempre limitata, circa 50 cm. i più stretti, 60/70 cm. i più larghi.

In quei 10/20 cm. di differenza si nasconde una gran diversità di comportamento ed ecco perché esistono tanti modelli e tanta confusione nello scegliere.

Spero che le figure delle sezioni e qualche spiegazione abbiano fatto un po' di luce sull'argomento, ora cerchiamo di chiarire meglio con dei numeri. Vediamo cosa succede aggiungendo o togliendo un centimetro di larghezza ad un kayak lungo 5 m. Immaginiamo uno spazio o riserva di galleggiabilità materializzato da una tavola spessa 1 cm. larga 20 e lunga 2.5m. Ricaviamone 2 tavole da mezzo centimetro e tagliamole lungo la diagonale, in tale modo, con i quattro pezzi, possiamo formare 2 triangoli da 5 m. alti 20cm. spessi mezzo cm. che appiccicheremo alle fiancate.

 

 

 

Un centimetro di spessore vale dunque 5 decimetri cubi di spazio o 5 Kg. di riserva di galleggiamento. Tra la larghezza di 50 e quella di 60 cm. ci sono 50 dec. cubi o 50 Kg. ovvero 25 Kg. per ogni bordo laterale, a tutto vantaggio del momento stabilizzante. In acque calme o leggermente mosse il kayak largo offre un grande senso di stabilità (vedi Fig. 6).

Certe sezioni trasversali, in funzione della loro forma, possono dare un senso di forte stabilità iniziale e poca stabilità secondaria, cioè offrono forte resistenza iniziale allo sbandamento poi diventano più cedevoli (vedi Fig. 7).

Altre sezioni, di forma diversa, si comportano nel senso opposto.

Le persone di alta statura, specialmente quelle di robusta costituzione, hanno l'ombelico più in alto quindi sono favorite da un Kayak con poco bordo libero, largo quanto basta e con buona stabilità primaria che consente di evitare i continui appoggi, durante le normali condizioni d'uso.

Quelli di corporatura minuta e bassi di statura possono scegliere un kayak decisamente meno largo e con meno volume, optando anche per una stabilità secondaria superiore a quella primaria poiché loro controllano meglio gli sbandamenti.

 La storiella dello stangone e del piccoletto

Due amici, aventi lo stesso peso, il dominante altissimo e l'altro basso, un giorno provarono lo stesso kayak, senza utilizzare la pagaia perché volevano verificare la stabilità laterale.

 

 

Il lungo inclinò il kayak e lo trovò instabile. Il basso lo inclinò con un angolo di sbandamento identico e lo trovò stabile. Ci fu un litigio ed i due inseparabili smisero di frequentarsi. Quando però c'è l'amicizia, prima o poi le cose tornano come prima. Il lungo, da dominante, cercando una giustificazione che non avesse l'aria di una sua sconfitta pensò e ripensò ed arrivò all'essenza! Abbassò in segreto il sedile del kayak e s'incontrò con l'amico. Lo stangone raccontò che durante il tempo trascorso fece di tutto per diminuire di statura per cercare di avvicinarsi il più possibile al suo livello e lo dimostrò rifacendo la prova di sbandamento che dette un risultato uguale a quello dell'amico, tirò in secco il kayak, fece pace e se ne andò. Dopo qualche giorno il piccoletto abbassò il sedile di quel kayak, si vestì da eschimese, chiamò l'amico e sbandò il kayak ancora di più ...perché, essenzialmente...., i piccoletti sono più eschimesi dei lunghi! La morale della storia è visualizzata dalla figura N° 8 nella quale si nota che, a parità di angolo di sbandamento, l'ombelico dello stangone (punto di applicazione delle masse) è più in fuori rispetto a quello del piccoletto. Questo significa che quando la forza stabilizzante, condotta dal centro di carena, si trova sulla stessa verticale di quella della massa, che ha il suo punto di applicazione coincidente con l'ombelico del piccoletto, si ha il massimo angolo di sbandamento e la sua estrema condizione di equilibrio. In questo caso però il lungo, pur avendo lo stesso peso, è già in fase di capovolgimento.

 

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