STRETTA
*
Trascinato fino alla
terra
dall’infallibile scia:
prato, diviso in due dallo scritto.
Le pietre, bianche,
con l’ombra di steli:
non leggere più- guarda!
non guardare più- va’!
Va’, la tua ora
non ha sorelle, tu sei-
sei a casa. Una ruota, a fatica,
gira da sè, i raggi
si arrampicano,
si arrampicano su un campo nerastro,
la notte
non manca di stelle, in nessun
luogo
si domanda di te.
*
In nessun luogo
si domanda di te -
Il luogo, dove essi giacquero,
ha
un nome - no,
affatto. Non giacquero lì.
Qualcosa
stava fra loro. Essi
non videro attraverso.
Non videro, no,
ragionarono di
parole. Nessuna
si destò, il
sonno
calò su di loro.
*
Scese, scese. In nessun luogo
si domanda -
Sono io, io,
giacevo in mezzo a voi, ero
svelato, ero
udibile, ticchettavo per voi,
il vostro respiro
mi seguiva, io
sono ancor quello, voi
voi dormite.
*
Sono ancor quello -
Anni.
Anni, anni, un dito
tasta su e giù, tasta
attorno:
suture, tangibili, qui
si apre un varco nell’abisso,
qui dove
si richiuse nuovamente - chi
lo ricoprì?
*
Rico-
prì - chi?
Giunse, giunse.
Giunse una parola, giunse,
giunse lungo la notte,
volle splendere, volle splendere.
Cenere.
Cenere, cenere.
Notte.
Notte-e-notte. - Va’
verso l’occhio, l’umido.
*
Verso
l’occhio vai,
verso l’umido -
Uragani.
Uragani, da sempre,
tempesta di polvere, il resto,
tu
lo sai bene, noi
lo leggemmo nel Libro, era
opinione.
Era, era
opinione. Come
ci toccammo
l’un l’altro - con
queste
mani?
Era anche scritto, che.
Dove? Noi
vi posammo sopra un silenzio,
allevato con veleno, grande,
un
verde
silenzio, un sepalo, da cui
pendeva un pensiero quasi vegetale
-
verde, sì,
pendeva, sì,
sotto perfido
cielo.
Da cui, sì,
come vegetale.
Sì.
Uragani, tem-
pesta di polvere, v’era
tempo, v’era,
di osare presso la pietra -
essa
era ospitale, non
spezzava a metà la parola.
Quanto
bene vi trovammo:
rugosa,
rugosa e fibrosa. Come uno stelo,
impermeabile;
uvosa e radiosa; glomerulosa,
liscia e
grumosa; soffice, ra-
mificata -: essa no,
non spezzava a metà la
parola, essa
parlava,
parlava di buon grado ad occhi
prosciugati, prima di chiuderli.
Parlava, parlava.
Era, era.
Noi
non mollammo, vi restammo
dentro, un
insieme di pori, ed
essa giunse.
Giunse fino a noi, giunse
fin dentro, suturò
nascosta, suturò
fino all’ultima membrana,
e
il mondo, un cristallo da mille,
vi germogliò, vi rinacque.
*
Vi germogliò, vi rinacque.
Poi -
Notti, impastate. Cerchi,
verdi o blu, quadrati
rossi: il
mondo punta la sua intimità
al gioco delle ore
nuove. - Cerchi,
rossi o neri, limpidi
quadrati, non
l’ombra di un volo,
non un
goniografo, non una
anima di fumo si leva e sta
al gioco.
*
Si leva e
sta al gioco -
Al tramonto, con la
lebbra impietrita,
con
le nostre mani in fuga, nella
ennesima riprovazione,
al di là della
barriera antiproiettile presso
il muro sepolto:
visibili, di
nuovo: i
solchi, i
cori, a quei tempi, i
salmi. O, o-
sanna.
Così
vi sono ancora templi. Una
stella
ha certo luce, ancora.
Nulla,
nulla è perduto.
O-
sanna.
Al tramonto, qui,
i dialoghi, grigiogiorno,
fra le tracce d’acqua profonda.
*
(--grigiogiorno,
fra
tracce d’acqua profonda -
Trascinato
fino alla terra
dalla
infallibile
scia:
prato.
Prato,
diviso in due dallo scritto.)
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