Ieri ha piovuto.
Oggi sei qui davanti a me, c’è sole sopra e  attorno,  la stradina di campagna è desolata, un comignolo fumicchia in lontananza, nessun auto lungo i sentieri che scorrono paralleli ai canali d’irrigazione, ancora gonfi di 24 ore  d’acqua ininterrotta.

Siamo arrivati qui che tu mi volevi parlare, mi volevi dire di quanto stanotte fosse stato pesante, per te, non dormire, e finire come ogni notte dinanzi a provocanti cibarie, che non hai saputo fare a meno di divorare.

Sono stanco anch’io, sono stanco di sentirti così, mi son detto, di non saper che dire, che fare, di assaggiare l’amaro della mia impotenza a mo’ di retrogusto del tuo cocktail di rabbie e richieste d’aiuto…e la gente attorno, dalla strada, sembrava confutare, guardandomi, ogni contegno di serenità, che cercava di darmi, di darti.

Sì, se tu me lo chiedessi, se potessi chiedermelo, ora, ti direi che ero arrabbiato, ti chiederei scusa…

Nessuno ha diritto di sostituirsi alla coscienza altrui, penserei invocando il tuo perdono…come se fosse vero, come se ci credessi davvero, che sia solo un accadimento straordinario, e non invece qualcosa di inesorabile e forse normale, questo continuo scambio di coscienze, questa sostituzione di persone, che è- e null’altro- l’unica libertà che ci è possibile, forse…
O forse l’unica libertà che ci è data, a noi che delle piccole libertà di tutti i giorni, la libertà di scopare o quella di figliare, non sappiamo più cosa farcene, cosa crederne…


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