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p. A.D. SERTILLANGES O.P.

LA VITA INTELLETTUALE

PRIMA TRADUZIONE ITALIANA E PREFAZIONE A CURA DI DON GIULIO DE ROSSI

 

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S. E. L. I. - SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA ITALIANA — ROMA

PROPRIETÀ LETTERARIA

Industrie Grafiche Romane "Ars NovaVia de' SS. Quattro, 26-b — Roma

DON G. DE ROSSI PREFAZIONE

APOSTOLATO INTELLETTUALE

« Noi su questa terra siamo ancora più deficenti di ragione che di religione » — ha lasciato scritto Fénelon.

E Fénelon scriveva alla fine del secolo XVII, di quel secolo cioè che tra gli ultimi ha più brillato per poderosi pensatori e vaste conquiste intellettuali. Si può dire infatti senza tema di smentite che noi intellettualmente viviamo ancora a spese del secolo XVII. Tutte le mirabili scoperte nel campo delle scienze positive e in quello delle loro applicazioni riconoscono la propria origine nel 1600, quando Ba-cone da Verulamio e Galileo Galilei gettarono concordemente le basi del nuovo metodo sperimentale. Nel campo delle scienze esatte — a parte anche la elegante e fecondissima sistemazione newtoniana dei deli — tutte le conquiste delle matematiche, ad eccezione di poche isolate ricerche di geometrìa non euclidea, non sono che una conseguenza di quel p olentissimo istrumento di conquista che è il calcolo infinitesimale, e di quell'altra geniale scoperta che è l'applicazione dell'algebra alla geometria: e l'uno e l'altra trovano i loro fondatori nel secolo XVII in Newton e Leibnitz. In filosofia vigoreggiano nel secolo XVII Cortesia e Pascal e l'efficacia, in ogni senso, dei loro atteggiamenti intellettuali ha ancora vivissime risuonanze nel nostro pensiero moderno. Infine quando il 1600 si chiude è nel fiore della sua virilità

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Giovan Battista Vico, che nella Scienza nuova .gettava le basi della filosofia civile, affidando così ai solchi del pensiero umano i semi fecondi delle future scienze sociali.

Il grido di Fénelon, nel momento in cui egli lo lanciava, può dunque sembrare anacronistico : ma esso ha acquistato pur troppo amaro sapore di verità ai giorni nostri, dopo che nei due secoli seguenti gli uomini sembra non abbiano avuto altra missione che quella di spegnere con lena incessante ogni luce intellettuale.

Al secolo XVII, che fu potuto definire come « il secolo dell'infinito » e nel quale il pensiero umano era stato eminentemente sintetico e costruttivo seguì infatti il XVIII, il secolo cioè dell'enciclopedismo, del Volterianesimo e della cipria; moda di critica, affanno di disintegrazione, ansia di demolizione nel cinismo e nella leggerezza, che prepararono nel modo più efficace tutte le rovine intellettuali del secolo XIX.

Dal metodo sperimentale — mentre si traevano a buon mercato e quasi senza sforzo di intelligenza le conquiste delle scienze particolari — si derivava però anche nelle menti degli scienziati un irreparabile atteggiamento analitico ed una ipervallttazione del sensibile a danno dell'intelligibile;

donde la duplice disastrosa conseguenza di accumulare spesso ombre di oblio sui grandi problemi sintetici, quelli che culminano presto o tardi in un omaggio a Dio, sintesi delle sintesi, perché Causa delle Cause — e di accumulare altre ombre ed altro oblio sui grandi problemi spirituali, quelli che son rivelati all'occhio di chi riflette su sé stesso dal mondo della coscienza e della libertà e che costituiscono il più forte ed immediato presidio di ogni spiritualismo.

Dalla filosofia di Cortesia non si volle considerare come vivo che il dubbio metodico e mentre esso, mantenuto

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rigidamente nel suo carattere di semplice ipotesi prudente avrebbe potuto servire di integrazione e di ausilio alle conquiste sperimentali, investito invece dalla mania iconoclasta di una ragione suicida, finì subito col trasformarsi in dubbio sistematico e col dare origine alle varie filosofie negatrici, che dovevano presto sboccare nel grande fiume dissolvitore del criticismo e dello scetticismo Kantiano.

Il calcolo infinitesimale con le sue due operazioni di differenziazione e di integrazione aveva permesso nelle matematiche di raccogliere mirabili frutti, trasferendo lo studio del finito e del normale a quello dell'infinitamente piccolo, dell'infinitesimo. Ma non si pensò che esso era di una impeccabile precisione — veramente matematica — solo nel campo degli enti astratti dove nessuna nuova e viva entità viene mai ad introdurre elementi eterogenei o novità aberranti nel logico concatenarsi dei numeri, delle quantità e delle forme geometriche corrispondenti. Si credette di poter riprendere impunemente lo stesso metodo della riduzione ali'infinitamente piccolo anche nello studio delle realtà concrete e si costituirono arbitrariamente di un colpo — e il più delle volte con costruzioni esclusivamente aprioristiche —— i vari sistemi evoluzionistici della natura e della storia.

Oblio di Dio, e quindi negazione della distinzione tra il creato e l'Increato, tra l'Assoluto e il relativo — oblio dell'anima, e quindi negazione della distinzione tra la materia e lo spirito — oblio dei saltus tra specie e specie, e più tardi tra vivente e non vivente, e quindi negazione di distinzione tra il passivo e fattivo, tra il movimento impresso esteriormente e il semovente, tra la non-vita e la vita.

Tutto questo turbinare di pensieri monchi, indefiniti, confusi e contradittori, ravvolgetesi costantemente nell'acqua madre dello scetticismo universale, spiega in questo

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periodo il sorgere ed il vigoreggiare delle mille dottrine sull'identità. dei contrari. Si risolve tutto nel Panteismo. Esso nella sua forma più brutale si affacciò nel secolo XIX come materialismo, identificando tutto nella materia bruta: nella sua forma più umana, ma non meno mostruosa, si presentò pure nel secolo XIX come Hegelianismo, identificando tutto nello spirito. Nel 1831 moriva Hegel — il grande pontefice .ancora venerato da tutte le filosofie moderne non aventi ispirazione cristiana — ed egli senza tremare aveva dato la sistemazione logica definitiva a questo immenso processo di confusionismo sistematico. Nella sua Logica la formula dell'assurdo in terminis (Sein und Nichts ist dasselbe, l'essere e il Nulla som la stessa cosa) — dinanzi alla quale si chiudevano altre volte tutte le discussioni e si riformava la pace tra dottori e avversar!, perché tutte le filosofie tenevano a non contrastare col senso comune — veniva invece candidamente presentata da Hegel come base granitica del suo nuovo sistema, che si annunziava al mondo appunto come il « sistema della identità dei contrari ».

La base non si è mutata, e le dottrine hegeliane portate sugli scudi nell'ultimo quarto del secolo XIX e nel primo niiarto del XX ci possono fare apprezzare fino a quale profondità sia disceso il piccone pazzamente distruttore dei de-, molitori.

Ma non basta.

Non si calpesta impunemente nella élite pensante dell'umanità il più alto dono naturale di Dio. Le rovine del pensiero reagiscono rovinosamente anche sulle relazioni sociali e minacciano oggi, pur troppo, di spegnere le luci della stessa civiltà.

Dalla identità dei contrari gli uomini non si contentarono di dedurre in metafisica l'ateismo e in logica l'aboli-

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zione di tutte le leggi del ragionamento e del pensiero: ma dedussero anche in morale l'abolizione della coscienza identificando il bene col male: e in socilogia — quasi parallelamente alla lotta per la vita di tutti i sistemi evoluzionistici la lotta di classe: e in economia politica — per l'oblio di ogni valore umano del lavoro — anche l'immoralità della così detta economia pura, della economia cioè puramente matematica: e in politica il culto della forza, la tirannide cioè o demagagica od oligarchica: e infine nei rapporti internazionali l'esagerazione dei vari nazionalismi, le lotte fratricide jra popolo e popolo e l'alterna vicenda dei popoli -oppressi ed oppressori. Le grandi lotte sociali del secolo \ XIX, gli egoismi anonimi della grande industria e le paurose ;' reazioni di scioperi generali e violenti — le grandi lotte-' :

cruente della grande guerra, gli egoismi insaziabili delle vaste',:

organizzazioni finanziarie e l'agonia della pace trascinata per le varie conferenze internazionali — i contraccolpi nei^y singoli Stati di ondate di bolscevismo demagagico e di on-% date di bolscevismo oligarchicoe tutti i delitti individuali che si inseriscono in questi vasti delitti internazionali e sociali, e tutta la febbre di arrivismo, e i tentennamenti e le dedizioni delle più pavide coscienze, e la sete di oro e di ;

potenza, e il disprezzo della giustizia, e la violazione dei- ^ Comandamenti di Dio, cinicamente ostentata in omaggio : • alla pretesa grandezza di una Nazione o pacificamente tol- ^ ;

lerata in omaggio alla teoria del ameno peggio-» — sono ' tutte pratiche e mostruose conseguenze di questo processo J dissolvitore più volte secolare avvenuto nelle alte regioni i dello spirito umano. La formula dell'assurdo si è assisa sul trono del pensiero dominante — « l'Essere e il Nulla son la stessa cosa » — e, se fosse possibile, la stessa coscienza degli eletti finirebbe col restare travolta da questo torrente limac-

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doso che ha identificato il diritto con la forza, la forza con la violenza, la violenza con l'egoismo, sia esso individuale o sociale, famigliare o nazionale, egoismo di classe o di parte. In queste condizioni — mentre in quasi tutti i paesi dell'Europa civile il diritto delle genti sembra diventato un nome vano, il diritto pubblico sembra quasi dimenticato, il diritto costituzionale è in una spasmodica contìnua rielaborazione per adattare le leggi non ai bisogni generali dei popoli, ma a quelli capricciosi e contigenti della parte dominante, e lo stesso diritto privato non trova sempre i presidi ne giuridici, ne effettivi per potersi sentire difeso — il passaggio dalla anarchia del pensiero alla anarchia di fatto non appare ne faticoso, ne difficile.

Chiunque sia abituato a riflettere sulle idee e sugli avvenimenti umani non può non vedere l'urgenza di un immenso sforzo di ricostruzione nella Verità.

E ancora una volta — come già in altri foschi periodi della nostra storia — la difesa concorde del pensiero e della civiltà non può venire che dalla Verità integrale del Catto-licismo.

La Chiesa in questi ultimi tempi non è rimasta spettatrice indifferente di fronte a tante rovine : essa nel suo Magistero Vivente non ha cessato di ridire ai popoli la parola della Verità: si fece a volta a volta tutelatrice dei diritti di Dio di fronte alle superbe pretese del Razionalismo e tutelatrice dei diritti della umana ragione di fronte alle aberrazioni dello scetticismo: con richiami, con ammonimenti, con definizioni di verità seguì a passo a passo l'errore in tutte le sue forme di errore filosofico, sociale, giuridico, politico :

tornò ad esporre dinnanzi ai popoli la dottrina cristiana sui rapporti fra autorità e libertà, fra capitalismo e lavoro, fra Stato e Chiesa; tornò a ripetere la dottrina sulla costituzione

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.cristiana degli Stati, sul diritto delle genti e sui rapporti in-'':, ternazionali. Ma la Chiesa non è stata ascoltata che da pò- '.:

che minoranze privilegiate. La mostruosa separazione, in-, tradotta dal Protestantesimo nell'opera di Gesù Cristo, sot- -'.';

traeva intieri popoli al benefico influsso della Chiesa: e nei popoli cattolici le ultime aberrazioni del laicismo o la vi-^. sione particolaristica di interessi immediati — anche rispet-i.^ tabili — opponevano nuovi argini all'azione del Magistero^ Vivente. Pure la sua dottrina è là: i cattolici sanno dove''}. trovarla : basta che essi vogliano perche tanti tesori possano^:

per mezzo loro esser messi nuovamente in circolazione e (or- j nare a avventare in pochi anni patrimonio di tutti, j

Ma perché questo sogno possa attuarsi nel giro di un ^ quarto di secolo è necessario che balzi dalla grande fami- •' glia cattolica un gruppo agguerrito di lavoratori del pensiero. '

Le anormali condizioni della Società, i gemiti e le lacrime che si moltiplicano attorno a noi, hanno già, grazie a Dio, suscitato da cinquant'anni a questa parte in tutte le generazioni succedentisi dei nostri giovani un vivo desiderio di apostolato e di azione. I giovani cattolici che nel secolo ;

XVIII erano, come gli altri, travolti dalla leggerezza domi- ;

nante, nella prima metà del secolo XIX cominciarono ad ap-i". portarsi pensosi, unicamente intenti a difendere se stessi. Si^ è fatto un ulteriore progresso : nella seconda metà del secolo ,

XIX essi vollero coronata la loro personale difesa da uno , sforzo di riconquista: oggi quasi non concepiamo più una s azione giovanile senza fermento d'apostolato. Ma questi ;. apostoli laici — che appunto perché laici si insinuano in tutti ^ gli ordini del vivere civile e possono costituire il fermento . •il quale valga a sollevare tutta la pasta — hanno tutti una , sete insaziabile di verità. Nelle loro spesso umilissime con-,:

dizioni di commessi, di contadini, di studenti, di piccoli im-

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piegati non si può certo pretendere da ciascuno di loro un ritorno alle fonti, uno studio dei principii, una elaborazione scentifica delle conseguenze: questa massa già attiva di fresche energie attende di esser coronata da una élite guidatrice ed illuminatrice di forti pensatori cattolici : e perché questa massa e questa élite possano agire effettivamente sul mondo è necessario che dalla élite balzino anche in tutti i campi del sapere e delle umane attività i geni di prim'ordine che diventano nella storia gli effettivi guidatori dei popoli.

Il piccolo Belgio intese per il primo questa necessità della creazione di una élite di pensatori cattolici e non è temerità aggiungere che le fortune dei cattolici belgi derivarono in massima parte dall'Università Cattolica di Lovanio. Una analoga iniziativa si è ormai vigorosamente assicurata in Italia con la fondazione dell'Università del S. Cuore a Milano. Tuttavia dalla formazione esclusivamente universitaria potranno uscire soltanto i pensatori. I veri geni di prim'ordine, pur avendo bisogno di un largo ambiente di pensiero in seno al quale formarsi e affermarsi, sono sempre frutto di un personale ed individuale lavoro : e gli stessi pensatori per sfuggire alle tentazioni della pedanteria e spaziare con libertà di dominatori nel campo del vero debbono sempre alla formazione ricevuta dal di fuori accoppiare uno sforzo sistematico di lavoro personale ed individuale.

E' per avviare risolutamente verso il loro scopo, e senza troppe difficoltà pratiche di metodo, quei giovani cattolici — i quali intendano dedicarsi come apostoli alla conquista ed alla diffusione della Verità — che io ho intrapreso e condotto a termine la traduzione di questo libro del P. Sertillanges sulla « Vita intellettuale ».

^ Le grandi linee della ricostruzione ideale erano state già segnate in Francia dal P. Gratry, che per oltre cinquanta

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anni pose il suo lucidissimo ingegno e la sua anima generosa al servizio della causa grande dell'umano pensiero e che propugnò la creazione di una scienza comparata, capace di ridestare nello spirito umano lo studio delle attinenze e delle relazioni, di soddisfare al suo nativo bisogno di sintesi :e di riparare quindi, con un cammino a ritroso, a quel lavorio di disintegrazione che dalle conquiste del secolo XVII ;ci ha ridotto miseramente all'agonia attuale. La meditazione dei libri del P. Gratry, e particolarmente delle « Sources », sarà quindi sempre necessaria a chi voglia dedicarsi all'apostolato intellettuale. Pure ciò che costituisce lo splendore nei libri del P. Gratry — il sigillo cioè indelebile della sua grande anima di artista e di poeta — nuoce a volte, per conseguente disprezzo di tutti i pratici accorgimenti, alla, efficacia completa dei suoi lavori.

Questo libro del P. Sertìllanges, si presenta con intenzioni apparentemente più modeste, ma risulta a mio giudi-,zio immensamente più utile per la reale formazione indivi-' dti.ale degli uomini di studio. Esso non trascura il piano .ideale completo di una vita di studioe dedica anzi un {intiero capitolo, il capitolo V, all'oggetto dello studio: ma è tutto diretto a dettare un programma completo di vita per igli studiosi in modo che essi possano organizzare i loro at-, teggiamenti inferiori, le loro relazioni con gli uomini, lo sforzo della loro attività spirituale e perfino religiosa, come, i pratici accorgimenti della vita materiale, dal cibo, alla gin--nastica, al riposo, sempre in vista dell'unico grande scopo che essi hanno assunto come missione nella loro vita: l'apostolato della Verità. Il nucleo più sostanzioso di questi precetti è stato dall'autore dedotto da una lettera attribuita a S. Tommaso d'Aquino e che va sotto il,titolo di «Z sedici precetti per acquistare il tesoro della scienza » E nello svi-

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luppo e nella esposizione di questi precetti egli ha apportato non soltanto il rigore scientìfico e filosofico della Scolastica, ma anche a dovizia tutto il cumulo delle conquiste moderne,, in jatto di psicologia positiva, di pedagogia e di didattica. Ne è seguito a mio giudizio un piccolo capolavoro di metodologia, molto più che con spirito eminentemente pratico l'autore non ha disdegnato l'umiltà di scendere a tutta una serie minuta e completa di indicazioni sul modo di prender gli appunti e le note, sul modo di tenere ed organizzare gli schedarì, di preparare e distribuire il lavoro e via dicendo — suggerimenti ed indirizzi che si risolvono poi nel permettere a ciascun lavoratore del pensiero di ottenere il massimo risultato con il minimo dispendio di tempo, risparmiando specie ai principianti la noiosa e spesso disperante serie dei tentativi iniziali e del personale tirocinio di apprendissaggio nella pratica organizzazione del proprio lavoro.

Non spendo troppe parole in inutili magnificazioni :

quelli che mi conoscono sanno che se in mezzo alle mie molteplici occupazioni ho creduto utile sobbarcarmi al grosso lavoro di una traduzione è solo perché mi è sembrato che il libro potesse rendere effettivamente larghi e preziosi servigi alla nostra gioventù studiosa: e per gli altri... per quelli che non mi conoscono le mie lodi suonerebbero come vane parole. Quanto all'autore non ha certo bisogno delle mie lodi vista l'accoglienza che il pubblico ha già fatto alla sua opera. Non debbo a lui che presentare qui pubblicamente i miei ringranziamenti per avermi autorizzato a volgere il suo libro in italiano.

Nella traduzione ho cercato di mantenermi quanto più josse possibile in tutto aderente al testo originale, evitando solo qua e là certe metafore ardite che nello stile vivacissimo dell'autore e nel genio particolare della lingua francese po-

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tevano considerarsi come pregio — che volte in italiano •sarebbero ancora rimaste come preziosità elegante in seno ad un discorso sostenuto da letterato provetto — ina che nella lingua semplice da me adottata e nel mio povero periodare senza lenocini di forma avrebbero per altra via ricondotto i lettori al secolo XVII. E noi. vogliamo invece ritornarvi non per quello che esso ebbe di men bello, perche meno sorretto dai freni dell'arte, ma per il vigore poderoso dei suoi pensatori, per lo spirito sintetico dei suoi illustri scienziati, per la fede viva ed umile nella Divinità, che ottenne l'ossequio incondizionato di Newton e di Galilei. di Leibnitz e di Pascal, di Bacane e di Giovan Battista Vico.

D. GIULIO DE ROSSI

CAPIT O L O I.

LÀ VOCAZIONE INTELLETTUALE

Parlare di vocazione significa indicare coloro che vogliono fare del lavoro intellettuale la propria vita, tanto se abbiano ogni comodità di darsi allo studio, quanto se, presi da occupazioni professionali, si riservino come un piacevole supplemento e come una ricompensa, il profondo sviluppo dello spirito.

L'UOMO DI STUDIO È UN CONSACRATO.

Dico profondo per allontanare l'idea di qualsiasi sfumatura di superficialità. Una vocazione non si soddisfa con letture vaghe e con piccoli lavori dispersi. Ci vuole penetrazione e continuità, sforzo metodico per raggiungere una pienezza che risponda alla chiamata dello Spirito e alle energie che gli è piaciuto di trasfondere in noi.

Questa chiamata non va pregiudicata. Non si fa che prepararsi delle sconfitte, quando ci si slancia per una strada dove non si sappia camminare con sicurezza. Il lavoro s'impone a tutti, e dopo una prima faticosa formazione sarebbe sciocco lasciar ricadere lentamente il proprio spirito nella miseria primitiva.

1 — La vita. intellettuale .

2 LA VITA INTELLETTUALE

Ma altro è mantenere tranquillamente un bene conquistato altro riprendere dalle fondamenta una istruzione che sappiamo non essere stata che provvisoria, degna di consi-" ;

derazione solo come punto di partenza. ;,;

Quest'ultimo stato di spirito è quello dei chiamati. Esso / s implica una grave risoluzione. La vita di studio è austera e\sf impone gravi obblighi ; ripaga poi largamente, ma esige una ;, :' dedizione della quale pochi sono capaci. Gli atleti dell'in-;; i ' telligenza, come quelli dello sport, debbono prevedere le^c privazioni, i lunghi allenamenti, la tenacia a volte sovru- '^. mana. Bisogna darsi con tutta l'anima perché la verità ri- ;

sponda. La verità non serve che i propri schiavi.

Non ci dobbiamo orientare in tal modo, senza essere! ;' prima interrogati a lungo. La vocazione intellettuale e come ;

tutte le altre: sta scritta negli istinti, nelle capacità, m non ^ so quale senso inferiore, controllato dalla ragione ; giacché le..:' -nostre disposizioni sono come le proprietà chimiche, che •',;:

determinano, per ogni corpo, le combinazioni nelle quali ;i fesso può entrare. Tutte queste doti non si acquistano; sono ' un dono del ciclo e un effetto della nostra naturale costiti!-;ì;

azione. < ' ' ,.,^1 '

Tutto sì riduce a saper intendere la voce di Dio nella [;

coscienza e ad obbedirvi con docilità. Intese in questo senso,.'', le parole di Disraèli : « Fate quel che vi piace, purché vi ^ piaccia sul serio » hanno un gran significato, perché il gusto ,. personale essendo in correlazione con le tendenze profonde ';

e con le attitudini, è un giudice eccellente. Se S. Tommaso ,;

ha potuto dire che il piacere qualifica le funzioni e può ser- ;ró vire a classificare gli uomini, si deve concludere che il piacere può anche svelare le vocazioni. Bisogna però scrutare sé ^ stessi fino a quelle profondità in cui il gusto e lo slancio spontaneo toccano i doni di Dio e la sua provvidenza. Oltre ^f all'immenso vantaggio che si trova nel fare che ogni nostra;;

^tA VOCAZIONE INTELLETTUALE^, 3

^più viva energia abbia la sua piena efficacia, lo studio di una avocazione intellettuale importa un interesse generale da cui ;|^nessuno può esimersi. L'umanità cristiana è composta di ^personalità diverse, nessuna delle quali può abdicare alle sue giunzioni senza impoverire la Società e senza privare Cristo U^'di una parte del suo regno. • ^ .

•j^ La vita d'ogni «e membro » di questo regno è un attimo ^speciale della sua durata ; ciascun coso umano e cristiano è

•adunque un caso incomunicabile, unico, e perciò necessario,. ^dell'estensione del «corpo spirituale». Chi è scelto come, ;;; portatore di luce, non nasconda sotto il moggio lo splen-,, ydore, grand'efo piccolo, che nella casa del Padre di famiglia

:';-l si aspetta da lui. Amate la verità e i suoi frutti di vita per ;voi stessi e per gli altri: consacrate allo studio ed alla sua-„. utilizzazione la miglior parte del tempo e del cuore. Tutte ^le vie, una sola eccettuata, sono cattive per voi, poiché s'allontanano dalla dirczione in cui l'azione vostra è attesa e

^.richiesta. Non siate infedeli a Dio, ai fratelli, a voi stessi,

• {respingendo una sacra chiamata. Tutto questo suppone che

•eveniate alla vita intellettuale con intenti disinteressati, non Ffper ambizione o per vano desiderio di gloria. Il frastuono ideila notorietà non tenta che gli spiriti futili. L'ambizione ^offende la verità eterna, perché la subordina a sé stessa. Non (è forse un sacrilegio giuocare coi problemi che dominano la ;$vita e la morte, con la misteriosa natura, con Dio, farsi una 'rvita letteraria o filosofica a spese del vero, o fuori dal domi-,.'nio del vero? Scopi simili, massime il primo, non ^sarebbero sostegno sufficiente al ricercatore, il cui sforzo sii rallenterebbe in breve e la sua vanità cercherebbe di conten— "tarsi a vuoto, senza curarsi della realtà. Ma tutto ciò pre-;,suppone anche che, all'acccttazione dello scopo si aggiunga l'accettazione dei mezzi, altrimenti l'obbedienza alla voca-

4 LA VITA INTELLETTUAL^ ^

zione non sarebbe seria. Quanti vorrebbero sapere! Unn:,:

vaga aspirazione dirige le moltitudini verso orizzonti che la;,:

maggior parte ammirano da lontano, come i gottosi ammi-,,;

rano le nevi eterne. Ottenere senza pagare, è il desiderio universale, ma è il desiderio dei cuori vili e dei cervelli infermi, i;:

L'universo non risponde al primo richiamo, e la luce di Dio;;

non rischiara se non le anime che lo invocano con insistenza.'

w Tu sei un consacrato: devi perciò volere ciò che la verità vuole, rispondere al suo appello, prendere dimora nei, suoi domini, adattarti alle sue esigenze e giovarti dell'esperienza altrui quando la tua non basti.

« Si jennesse savait! ». Son sopratutto i giovani che

: hanno bisogno di questo ammonimento. La scienza è conoscenza delle cose per mezzo delle loro cause; ma, consi- :

derata attivamente, quanto alla sua produzione, è una creazione per mezzo delle cause. Bisogna dunque conoscere e adottare le cause del sapere, e quindi porle come base, invece di rimandare il pensiero delle fondamenta al momento di coronare l'edificio. Quante belle culture si potrebbero intraprendere nei primi anni liberi, dopo compiuti gli studi, con tanti semi gettati nel campo dell'ingegno arato di fresco ! E' il tempo che non ritorna, il tempo di cui più tardi si vivrà : quale esso sarà stato, tali saremo, giacché non si mutano le proprie radici. Chi al suo tempo avrà trascurato l'avvenire, che sempre eredita, sarà punito con una vita superficiale. Che ciascuno ci pensi nell'ora in cui pensare giova.

Quanti giovani che pretendono di diventare dei lavoratori, sciupano miseramente i giorni, le forze, l'ingegno e gli& ideali! ! .' ^'-•r;

O non lavorano (hanno tanto tempo avanti a loro), <xY lavorano male, capricciosamente, senza sapere chi sono, dove

f; LA ^ VOCAZIONE INTBÉA-ETTUALE - ^ ^'!

K vogliono arrivare/ne come si debba camminare. Corsi, let-^ ture, conferenze, divisione del lavoro e del riposo, della' ^solitudine e dell'azione, della cultura generale e della spe* ^ cializzazione, spirito dello studio, arte d'estrarre e d'utiliz— ; zare le cognizioni acquisite, realizzazioni provvisorie che:

^annunciano il prossimo lavoro, virtù di ottenere e di svilup-J^pare, nulla è preveduto, a nulla sarà soddisfatto. , :, ,, '^ W Qual differenza tuttavia, pur con uguaglianza di risorse, ^ fra chi sa e prevede e chi va alla ventura! / ^' , ]' « II genio è lunga pazienza » ma una pazienza organizzata, intelligente. Non c'è bisogno di facoltà straordinarie , per compiere un'opera, basta una media superiore: il resto ,w'è dato dall'energia e dalla sua savia applicazione. Così l'operaio probo, economo e lavoratore costante, riesce là dove gl'inventore non è che un uomo fallito ed inasprito.

;,1 Questo ch'io dico vale per tutti, ma si può applicare in ^ modo speciale a coloro che sanno di non poter disporre che •^ 'di una minima parte della loro vita per dedicarsi ai lavori i dell'intelligenza. Questi debbono, più degli altri, essere dei sconsacrati. Ciò che non possono distribuire lungo tutta la:

.y'ioro esistenza, lo devono raccogliere in piccolo spazio. ^L'ascetismo speciale e la virtù eroica del lavoratore intellet-ittuale dovranno essere il loro fatto quotidiano. Ma se accon-^ sentono a questa doppia offerta di sé stessi, io dico loro in ; nome del Dio di verità, che non si perdano d'animo. Se per ^produrre non c'è bisogno di genio, ancor meno è necessaria (.la libertà completa. Anzi questa offre dei pericoli che degli ;|impegni rigorosi aiutano ad evitare.

^1 Una corrente stretta tra due sponde vicine sarà più vio1 \ lenta. La disciplina del mestiere è una forte scuoia che giova ai riposi studiosi. Costretti, ci concentreremo meglio, ap-! prezzeremo il valore del tempo, ci rifugieremo con slancio

6 ; LA VITA INTELLETTUALE

in quelle poche ore preziose, in cui, soddisfatto al dovere, si raggiunge l'ideale e si gode il sollievo dell'azione preferita dopo quella imposta dalla dura esistenza. Il lavoratore che sa trovare nel nuovo sforzo la ricompensa dello sforzo antico e ne fa il suo tesoro d'avaro, è generalmente un appassionato: non si riesce a distaccarlo da ciò che ha consacrato col sacrificio.

Se il suo procedere è più lento, è però tale da condurlo anche più avanti.

Povera tartaruga bisognosa, egli si ostina e in pochi anni avrà sorpassato la lepre indolente di cui aveva tanto invidiato la rapidità. Altrettanto si può dire del lavoratore isolato, privo di risorse intellettuali, e di stimoli esterni, seppellito in qualche dimenticato paese di provincia dove sembra destinato a marcire esiliato dalle ricche biblioteche, dai corsi brillanti, dal pubblico vibrante; egli non ha che sé stesso ed è costretto a trarre tutto da questa proprietà inalienabile.

Ah ! che neanche questi si scoraggisca ! Se tutto gli è avverso, badi di non disperdere i proprii doni e se ne contenti. Un cuore ardente, anche in mezzo a un deserto, potrà sempre raggiungere il suo scopo, più facilmente di quel che non possa un qualunque fatuo anche in mezzo a una grande città.

Anche qui dalle difficoltà può sorgere nuova forza- Non/ si fa appello a tutta l'energia se non nei passaggi difficili dell'alta montagna, mentre nei sentieri delia pianura ci si rilascia, e l'abbandono che non si sorveglia diventa rapidamente funesto.

Ciò che più vale è la. volontà, una volontà profonda:

voler essere qualcuno, arrivare a qualche cosa: realizzare anticipatamente nel desiderio la personalità che forma il no-

LA VOCAZIONE INTELLETTUALE 7

stro ideale.'Tutto il resto viene da sé. Libri, ce n'è sempre, dovunque, e pochi sono i necessari. I contatti, gli stimoli, si trovano in ispirilo anche in solitudine: i grandi secoli attirano verso il passato il pensatore ardente. Chi non abbia in sé tanto da poter fare a meno dei corsi di studio, li segue poco e male. Quanto al pubblico, se qualche volta può servire da stimolo, spesso invece turba, e disperde: per due soldi che si trovano in istrada, vi si può perdere un patrimonio. Vale dunque meglio la solitudine appassionata, nella quale ogni seme rende il cento per uno e ogni raggio di sole uno sfolgorio d'oro.

Quando S. Tommaso d'Aquino, si recò a Parigi, vedendo da lontano la grandiosa città, disse al frate che l'accompagnava : « Fratello, darei tutto ciò per il commento di San Giovanni Crisostomo su S. Matteo ».

A chi sente così non importano ne il luogo ne le cose che ha a disposizione: lo Spirito lo ha eletto e gli ha impresso il suo sigillo; egli non ha che da perseverare affidandosi alla vita, quale Iddio la regola.

Giovane, che comprendi questo linguaggio, e che senti d'esser chiamato misteriosamente dagli eroi dell'ingegno, ma che temi della tua incapacità, ascoltami. Disponi di due ore al giorno? puoi impegnarti a conservarle gelosamente, a impiegarle con ardore, e quindi, sentendoti membro del Regno ' di Dio, puoi bere il calice di cui queste pagine vorrebbero farti gustare il sapore squisito ed amaro? Se sì, abbi fiducia:

meglio ancora, riposa nell'assoluta certezza.

Costretto a guadagnarti la vita, lo farai, almeno, senza sacrificare la libertà dell'anima, cosa che accade a molti. Abbandonato, ti sentirai sospinto con più violenza verso la tua nobile méta. La maggioranza degli uomini grandi esercitarono un mestiere. Molti hanno dichiarato che le due ore

8 LA VITA INTELLETTUALE

che io domando bastano per farsi una vita intellettuale. Bisogna imparare ad amministrare questo breve tempo ; ad immergersi, ogni giorno della propria vita, nella fonte che disseta pur dando una nuova sete.

Volete aiutare con le vostre umili forze a perpetuare la saggezza tra gli uomini, a raccogliere l'eredità dei secoli, a fornire al tempo presente le regole dello spirito, a scoprire i fatti e le cause, ad orientare gli sguardi incostanti.^;

verso le cause prime, e i cuori verso gli scopi supremi, a^ ravvivare al bisogno la fiamma che si spegne, ad organizzare"? la propaganda della verità e del bene? E' il vostro compito. ;

Senza dubbio vale la pena di far qualche sacrificio per un tale ideale e di custodirne gelosamente la passione.

Lo studio e la pratica di quello che il P. Gratry chiama : La Logica vivente, cioè lo sviluppo del nostro spirito, o verbo umano, per mezzo del contatto diretto o indiretto , con Io Spirito e Verbo divino, questo studio grave, e questa j| pratica perseverante vi apriranno la porta del mirabile San- s tuario. Sarete tra coloro che si elevano, che acquistano i," doni magnifici e si preparano ad essi. Anche voi, se Dio;| vuole, un giorno troverete posto nell'assemblea dei nobili ? Spiriti.

L'UOMO DI STUDIO NON È UN « ISOLATO ».

Un'altra caratteristica della vocazione intellettuale consiste in ciò che il lavoratore cristiano, che è un consacrato, non deve essere un isolato. In qualunque condizione si trovi, anche se materialmente abbandonato e ritirato in solitudine, egli non deve lasciarsi tentare dall'individualismo, imagine deformata della personalità cristiana.

LA VOCAZIONE'INTELLETTUALE . 9'

Tanto la solitudine vivifica, altrettanto l'isolamento paralizza ed isterilisce. L'isolamento è inumano: giacché la-

; vorare umanamente significa lavorare col sentimento del-

'J'uomo, dei suoi bisogni, delle sue altezze, della solidarietà che ci lega in una vita strettamente comune. Un lavoratore

^f-cristiano dovrebbe vivere abitualmente nell'universale, nel' la storia.

: Vivendo con Gesù Cristo non può separarne ne gli

,.,:uomini ne i tempi. La vita reale è una vita in uno, una immensa vita di famiglia con la carità per legge: se lo studio vuoi essere un atto di vita, non l'arte per l'arte, o un accaparramento dell'astratto, esso deve lasciarsi reggere da

'questa legge d'unità cordiale. «Noi preghiamo dinnanzi al

' .Crocifisso » dice Gratry, dobbiamo anche lavorare davanti ;a lui, « ma la vera Croce non è isolata dalla terra ». Il vero cristiano ha continuamente avanti agli occhi l'immagine di quel globo su cui è piantata la croce, su cui gli umani bisognosi errano e soffrono, su cui scorrono i rivi del sangue redentore. La luce che egli possiede lo riveste d'un sacer"

' dozio; quella che vuole acquistare è già la implicita promesr sa d'un dono. La verità è sempre pratica: quella, in apparenza più astratta, più elevata, è anche la più pratica.

Ogni verità è vita, orientazione e via, quando si con-

• sideri il fine umano, e per ciò Gesù Cristo ha detto: « Io sono la Via, la Verità e la Vita ».

Lavorate dunque sempre con lo spirito vólto ad uno scopo, come sempre per raggiungere uno scopo parla il Vangelo.^ Ascoltate il genere umano che vi rumoreggia in—

;: torno : distinguete gli uni dagli altri, i gruppi o gli individui di cui sapete l'indigenza; scoprite, immaginate ciò che può toglierli dalle tenebre, nobilitarli, ciò che prima o poi li salva. Solo le verità redentrici sono sante, e non riguarda

10 LA VITA INTELLETTUALE

: forse anche il nostro lavoro la parola dell'Apostolo : « La volontà di Dio è che siate santi ? ». Gesù Cristo ha bisogno

' per la sua opera del nostro spirito, come quando, stando sulla terra aveva bisogno del suo spirito umano. Scomparso Lui, noi abbiamo l'incommensurabile onore di continuarlo. Siamo le sue membra, e partecipiamo quindi del suo spirito e siamo i suoi cooperatori. Egli agisce al di fuori per mezzo nostro, e al di dentro per mezzo del suo Spirito inspiratore, come, da vivo, agiva esternamente con la voce, internamente con la grazia. Essendo il nostro lavoro una necessità di questa azione, lavoriamo come meditava Gesù, e come lui, attingiamo, per farne parte agli altri, alla sorgente de! Padre.

L'UOMO DI STUDIO APPARTIENE AL SUO TEMPO.

E poi considerate che se tutti i tempi sono uguali da-^ vanti a Dio, se la sua eternità è il centro luminoso a cui giungono, a eguale distanza, tutti i punti della circonferenza del

^ tempo, non così è dei tempi e di noi che abitiamo la circonferenza. Iddio, ci ha messi su questa ampia ruota e non al-

, trove ; ogni momento della durata ci riguarda e ogni secolo è, come ogni uomo, nostro prossimo : ma il significato di questa parola, prossimo, è un significato relativo che la sapienza provvidenziale precisa per ogni individuo e che ogni individuo nella sua sottomessa sapienza deve precisare ugualmente. Eccomi qua, uomo del secolo XX, contemporaneo di un dramma permanente, testimonio di cataclismi quali forse

11 globo non ha più visto dal tempo in cui sorsero i monti ed i mari furono ricacciati nei loro antri.

Che cosa dovrà fare per questo affannato secolo? Ora più che mai il pensiero attende l'uomo e l'uomo attende il pensiero. Il mondo è in pericolo perché manca una regola

LA VOCAZIONE INTELLETTUALE 11

di vita. Viaggiamo in un treno lanciato a grande velocità, ne ci sono segnali visibili ne cantonieri. Il pianeta non sa più dove va, ha perduto la legge che lo guidava: chi gli renderà il suo sole?

Non dico ciò per limitare il campo della ricerca intellettuale e confinarla esclusivamente allo studio religioso. Questo apparirà chiaro in seguito. Ho già detto che ogni verità è pratica, che ogni verità salva.

Ma intendo dire che lo spirito col quale si debbono studiare i problemi del nostro tempo, tanto se si guarda all'opportunità quanto in generale, esclude il dilettantismo.

Esclude anche una certa tendenza archeologica, quell'amore del passato che non cura i dolori attuali, quella stima del passato che sembra ignorare la presenza universale di Dio. Non tutti i tempi hanno la stessa importanza, ma tutti son tempi cristiani e ce n'è uno che per noi, e praticamente supera ogni altro: il tempo nostro.

Corrispondenti a questo son le nostre naturali risorse, le grazie di oggi e di domani e così devono essere anche gli sforzi che vi corrispondono.

Cerchiamo di non rassomigliare a coloro che hanno sempre l'aria di reggere i cordoni al carro funebre del passato. Utilizziamo il valore dei morti nella nostra vita. La verità è sempre nuova. Le virtù antiche tendono a rifiorire, come l'erba che al mattino è coperta di delicata rugiada. Iddio non invecchia. Bisogna aiutar questo Dio a rimuovere, non i tempi seppelliti e le cronache defunte, ma la faccia eterna della terra.

Questo è lo spirito dell'intellettuale cattolico, questa la sua vocazione. Quanto più presto egli preciserà questo dato generale con la scelta del genere di studi ai quali si vuoi dedicare, tanto meglio sarà. Ascoltate ora quali sono le virtù che Dio gli domanda.

C A P I T O L O IL

LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO

Io potrei dire: La virtù contiene, in potenza, l'intellettualità perché menandoci al nostro fine, che è intellettuale, la virtù equivale al sapere supremo- Da ciò si potrebbero dedurre molte cose: se ne potrebbe, anzi, dedurre tutto, perché a questa supremazia dell'ordine morale si riattacca la dipendenza relativa del vero, del bello, dell'armonia, della unità, dell'essere stesso in relazione con la moralità che viene così ricongiunta col primo principio.

Ma preferisco seguire una via più modesta.

LE VIRTÙ COMUNI.

Le qualità del carattere hanno una parte preponderante in tutte le cose. L'intelletto non è che uno strumento; la maniera con cui verrà adoperato ne determinerà gli effetti... '.. Non è forse evidente che per ben governare l'intelligenza si richiedono delle qualità ben diverse dall'intelligenza sfessa? Istintivamente ogni spirito retto dichiara che la superiorità in qualunque campo include una dose di superiorità spirituale. Per giudicare con verità bisogna essere grandi.

Non ci sarebbe qualche cosa di ripugnante nel vedere

LE VIRTÙ DELL INTELLETTUALE CRISTIANO 13

una grande scoperta fatta da un cretino? Il candore diun' uomo semplice ne resterebbe offeso. Si resta scandalizzati da un contrasto che spezza l'armonia umana. Non crediamo a quei gioiellieri che vendono perle e non ne portano. Accostarsi alla sorgente sublime senza prendere niente della sua natura morale, sembra un paradosso. Disporre del potere dell'intelligenza e farne una forza isolata, una basse, si capisce come sia un giucco pericoloso, giacché ogni forza iso lata in seno ad un tutto equilibrato, ne diventa la vittima.

Se il carattere si fiacca, bisogna dunque aspettarsi che il senso delle grandi verità ne patisca.

Lo spirito, non essendo più controllato, non trovando più il proprio livello s'incamminerà sui sentieri falsi, ed è noto che un piccolo errore al principio diventa grande alla fine. La forza logica potrà precipitare più in basso quella anima che ha lasciato il proprio discernimento senza salvaguardie. Da qui tante clamorose cadute, e tanti errori, qual-:\che volta geniali di maestri disorientati.

La vita è un'unità: sarebbe molto strano che se ne po-, tesse esercitare a fondo una funzione, trascurandone l'altra, e che vivere le idee non ci 'aiutasse affatto a percepirle. Da dove si vede questa unità della vita? dall'amore. «Dimmi ciò che ami e ti dirò chi sei ».

L'amore è principio di tutto in noi e questo punto di partenza comune della conoscenza e della pratica ne ren-iderà certamente solidali, in certa misura, i retti sentieri. La verità arriva a coloro che l'amano, a coloro che cedono a 'lei, e un tale amore non è senza virtù. In questo senso, non ^ ostante le sue possibili tare, i! genio in opera è già virtuoso;

per essere santo basterebbe che fosse più pienamente sé stesso.

Il vero e il bene nascono sullo stesso terreno, le loro rà-

14 ' LA VITA INTELLETTUALE;^

dici si toccano. Staccati da questa radice comune e così mem'h a contatto con la terra, l'uno o l'altro patiscono, l'anima si;' infiacchisce e lo spirito si disperde. ' i ;:

Al contrario sviluppando in sé stessi il vero si rischiarai la coscienza e fomentando i! bene si guida il sapere. Prati- :' cando la verità che si conosce si diventa degni di quella chè'^ si ignora. Si merita agli ocelli di Dio ma si merita anche di|. un merito che s'incorona da sé stesso : poiché tutte le verità'i sono collegate e quando rendiamo alla verità della vita® l'omaggio dei fatti, che è il più decisivo di tutti, ci avviciniamo alle supreme rivelazioni. Se io m'imbarco sull'affluente, arriverò al fiume e da questo al mare. Osserviamo attentamente questa dottrina così importante che solo per ricor darla sarebbe stato opportuno pubblicare questo libro.

Non è la virtù la salute dell'anima? e chi può sostenere' che la salute non influisce sulla vista? domandatene all'ocu--;

lista. Un dottore intelligente non si limita a misurare la cu-- ! vatura del cristallino e a scegliere gli occhiali, non si contenta di consigliare cure locali, ma s'informa dello stato di salute generale, della dentatura, dei regime di vita, dei visceri. Non c'è da meravigliarsi se anche questo specialista di un solo organo c'interroga sulla nostra virtù. La vista spirituale non è meno esigente. Credete che noi pensiamo con la sola intelligenza? Siamo forse un fascio di facoltà diverse ;

da cui si prenda ora questo ora quello strumento a seconda ;

del bisogno? Noi pensiamo « con tutta l'anima » ha dichia-f;

rato Fiatone. Noi arriveremo anche più avanti, fra poco, ef diremo: « con tutto l'essere ». La conoscenza interessa tutto'' in noi, dall'idea vitale fino alla composizione chimica della.; . minima cellula. I disordini mentali di ogni natura, gli stati di delirio, le allucinazioni, tutti i fenomeni nervosi quaiun- :

que ne sia la cagione, provano che non lo spirito solo pensa, ma l'uomo intero.

LE VIRTÙ DELL INTELLETTUALE CRISTIANO 15

Come si potrebbe pensare bene avendo l'anima malata, il cuore logorato dai vizi, straziato dalle passioni, disorientato da amori violenti o colpevoli? C'è uno stato d'animo chiaroveggente, diceva Gratry, ed uno .cieco, uno stato sano;

e perciò sensato ed<,uno insensato.

« L'esercizio delle virtù morali, dice a sua volta S. Tom-maso d'Aquino, virtù che imbrigliano le passioni, aiuta gran-;

demente all'acquisto della scienza ». Lo credo bene! Ana-.' lizziamo. Da che dipende, prima di tutto, l'acquisto della:

scienza? Dall'attenzione, che fissa il campo della ricerca, 'ci fa concentrare ed appoggiare in esso tutte le nostre forze:

quindi dal giudizio che raccoglie il frutto dell'investigazione. ,

Ora, le passioni ed i vizii, distolgono l'attenzione, la dis^:

perdono, la deviano ed attaccano il giudizio per vie traverse? attraverso a dei circuiti di cui Aristotile, e molti altri dopo ' lui, hanno scrutato i meandri. Tutti gli psicologi contemporanei sono d'accordo su questo ; l'evidenza non ammette dùbbi. La a psicologia dei sentimenti » regge la pratica, ma anche, in gran parte, il pensiero. La scienza dipende dalle nostre orientazioni passionali e morali. Acquietandoci nella quiete sviluppiamo in noi il senso dell'universale; nella rettitudine il senso del vero. Analizziamo ancora. Quali sono i nemici del sapere? Evidentemente l'inintelligenza : anzi, ciò che diciamo dei vizi, delle virtù e della loro influenza sulla scienza presuppone dei soggetti uguali in tutto il resto. Ma all'infuori della stoltezza, quali altri nemici temete? Non pensate alla pigrizia che soffoca i doni migliori? alia sensualità che indebolisce ed appesantisce il corpo, annebbia la immaginazione, inebetisce l'intelligenza, dissipa la memoria? all'orgoglio che ora sfolgora ed ora offusca, che acuisce talmente il nostro senso individuale da rischiare di farci perdere il senso universale? all'invidia che rifiuta ostinatamente la

16 LA VITA .INTELLETTUALE

visione altrui? All'irritazione che respinge la critica e si trincera nell'errore? :

Tolti questi ostacoli, l'uomo di studio s'eleverà più o meno secondo le sue risorse e il suo ambiente; ma raggiungerà il limite segnategli dal suo ingegno e dal suo destino.

Tutti questi difetti che abbiamo nominato, del resto, si richiamano a vicenda. Essi s'incrociano e si ramificano e son tutti, rispetto all'amore o al disprezzo del bene, quello che i rigagnoli d'acqua sono rispetto alla sorgente. La purezza del pensiero esige la purezza dell'anima: niente può far vacillare questa verità generale. Bisogna che il neofita della scienza se ne imbeva.

Ascendiamo più in alto e, poiché parliamo di sorgenti, non dimentichiamo la prima. La metafìsica più sicura c'insegna che sulle cime il vero e il bene non solo si uniscono ma s'identificano. Per essere esatti bisogna dire che il bene di cui si parla in questo caso non è precisamente il bene morale ; direttamente non si tratta che del desiderabile, ma in breve dall'uno si giunge all'altro. Il bene morale non è che il desiderabile misurato dalla ragione e proposto come fine alla volontà. Ogni fine è legato con gli altri perché tutti dipendono dall'ultimo. Questo raggiunge il vero e s'identifica con lui. Riunite queste proposizioni e troverete che il bene morale se non è identico al vero in tutti i sensi, ne dipende tuttavia attraverso alle finalità del volere. C'è dunque fra i due un legame più o meno lento o stretto, ma infrangibile. Alla verità non si accede attraverso a ciò che in noi v'è di individuale, ma solo in virtù di una partecipazione all'universale. Noi non possiamo onorare come vero questo universale che è contemporaneamente vero e bene, non possiamo unirci a lui intimamente, ritrovarne le traccie e rice-

LE ViytV DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO ' l'ft'

verne la potente impronta, senza ; riconoscerlo e servirlo;

anche come bene. . \' ,^

Salite sulla grande Piramide per queiiescale gigantesche che danno una così esatta idea dell'ascensione del vero ; se salite dalla rampa settentrionale come potrete arrivare in 1 cima senza avvicinarvi, a quella .meridionale? Per tenersene,,:

a distanza bisogna restare in basso, per allontanarsene bisogna o deviare o discendere. Così il Genio del vero tende di

, per sé a raggiungere il bene ; quando se ne allontana, il suo

.slancio verso le cime viene diminuito.

Beati i puri di cuore, ha detto il Signore, essi vedranno

.iddio. « Mantieni la coscienza pura, dice S. Tommaso, al suo Allievo, non tralasciar d'imitare la condotta dei santi

;. e degli uomini retti ». L'obbedienza dell'anima alla sorgente ineffabile, le sue disposizioni filiali ed amorevoli, la dispongono a ricevere la luce, l'ardore, la rettitudine. Amata e realizzata nella vita, la verità si rivela come principio; noi vediamo le cose secondo quello che siamo ; si partecipa della. verità partecipando dello Spirito per cui essa esiste. Le grandi intuizioni personali, le luci profonde, possono, a parità di valori, aver radice nel perfezionamento morale, nel distacco da sé stesso e dalle banalità giornaliere, nell'umiltà, nella semplicità, nella disciplina dei sensi e dell'immaginazione, nello slancio verso i grandi ideali. Non si tratta di dar prova della propria abilità, di far brillare, come un gioiello, le proprie facoltà; vogliamo comunicare col focolare di luce •e di vita, toccare questo centro nella sua unità, così com'é;

adorarlo e rinunciare a ciò che gli è avverso perché la sua gloria c'inondi. Non significa un po' tutto questo la celebre frase: «I grandi pensieri vengono dal cuore? ».

2 — La vita iitteltettaate,

18 LA VITA INTELLETTUALE

i LE VIRTÙ PROPRIE DELL'INTELLETTUALE.

Ci siamo dunque accertati che la virtù in genere è n&-^cessaria alla scienza e che lo studio è tanto più fecondo quanto maggiore è la perfezione morale. ;

; " C'è però una speciale virtù propria dello studioso, sulla1 quale bisogna insistere, benché varie volte ci si dovrà tor-nare- nel corso di queste pagine. .^

La virtù propria dell'uomo di studio è evidentemente la studiosità. Non bisogna affrettatamente giudicare ingenua' quest'idea: i nostri maestri l'hanno infatti lumeggiata con :

profondi pensieri (1). '

S. Tommaso sottoponeva la studiosità alla temperanza moderatrice per indicare che. in sé lo studio è certamente-sempre il benvenuto ma che la costituzione della vita ci richiede di temperare, cioè di adattare alle circostanze e dì collegare con gli altri doveri un desiderio di conoscere che facilmente eccede. , ;

Quando dico eccedere intendo parlare di tutti e due i significati. Nel regno dello studio ci sono due vizi opposti : ' la negligenza da un lato, la vana curiosità dall'altro. Omet-, tiamo addirittura la prima: se chiudendo questo libro it ' lettore non l'avrà già in odio vuoi dire che si sarà scoraggito» in cammino o che avremo fatto molto male la strada. ^'.;

Ma non dico lo stesso della curiosità. Questa può approfittare dei nostri migliori istinti e viziarli proprio nel punto? in cui pretende di soddisfarli.

Abbiamo già citato gli scopi ambiziosi che disorientano» -una vocazione intellettuale. Senza giungere a ciò, l'ambi-'

(O

Cfr. S. Tommaso — Summa theol. II.a II.ae q. CLXVII.

LE VIRTÙ DELL INTELLETTUALE CRISTIANO 19

zione può alterare la studiosità e i suoi utili effetti. Nella scienza un atto di ambizione non è più un atto di scienza e chi lo compie non merita più il nome d'intellettuale.

Qualunque altro scopo peccaminoso meriterebbe lo stesso verdetto. !,.

D'altra parte lo studio anche se, in sé stesso, disinteressato e retto, non è sempre opportuno : se non lo fosse mai, il suddito della scienza dimenticherebbe il suo mestiere di uomo; e che cos'è questo intellettuale che non è un uomo? Ci sono altri doveri umani oltre lo studio. La conoscenza, presa in senso assoluto, è certamente il nostro bene supremo;

ma quello che ne gustiamo qui è spesso subordinato ad altri valori che ne saranno gli equivalenti, sotto gli auspici del merito.

Un curato di campagna che si dedica ai suoi parrocchiani, un medico che trascura la scienza per portare soccorsi urgenti, un figlio di famiglia che abbraccia un mestiere per aiutare i suoi e rinuncia così ad una libera cultura, non profanano affatto il loro genio intcriore ma rendono omaggio a quel Vero che col Bene è un solo e medesimo Essere. Se agissero diversamente essi non offenderebbero meno la verità che la virtù, poiché per un sentiero traverso opporrebbero la Verità vivente a sé stessa. E così vediamo molti curiosi della Scienza che non temono di sacrificarle i loro più stretti doveri : non son più scienziati ma dilettanti :

ovvero lasciano lo studio che risponde ai loro obblighi per seguire quello che alletta i loro desideri, e la svalutazione è la stessa. Coloro che mirano più in alto delle proprie forze e s'espongono all'errore, coloro che sciupano le loro facoltà reali per acquistarne delle altre illusorie, sono anch'essi dei curiosi nel senso antico. Due dei sedici consigli di S. Tom-maso in materia di studi, li riguardano: « Altiera tè ne quae-

20 LA VITA'INTELLETTUALE

sieris: non cercar cose al di sopra delle tue forze». «Volo ut per rivulos, non statim, in mare eligas introire: voglio che ti risolva ad entrare in mare seguendo i rivi, non direttamente ». Consigli preziosi che giovano tanto alia scienza quanto alla virtù, dando equilibrio all'uomo.

Non bisogna caricare il suolo soverchiamente, ne spin-

.gere la costruzione più in alto di quel che non permetta la base o prima che la base sia rassodata: tutto sprofonderebbe. Chi siete? A che punto state? di quali sottocostruzioni intellettuali disponete? Queste cose determineranno le vostre saggio imprese. « Chi vuoi alberi grandi li pianti piccoli » dicono i cultori di boschi, che è, in altri termini, il consiglio

. tomista. L'uomo saggio comincia dal principio e non fa il nuovo passo prima d'aver assicurato il precedente. Per questo gii autodidatti hanno tanti lati deboli. Non si può cominciare dal principio da soli. Quando, a mezza via, si raggiunge la comitiva, questa vi mostra delle tappe già superate ma senza indicarvi il passaggio.

D'altra parte quello che è vero per ciascun individuo

^riguardo alle varie tappe dei suo sviluppo è anche vero per

'ciascuno in rapporto agli altri. Non bisogna presumere troppo di sé, ma sapersi valutare. Accettandoci quali siamo, obbediamo a Dio e ci prepariamo delle vittorie sicure. Forse che la natura cerca di fare più di quello che può? Tutto vi e misurato esattamente senza sforzi vani e senza valutaziom menzognere. Ogni essere agisce secondo la sua quantità e la sua qualità, secondo la sua natura e la sua forza e poi resta in calma. L'uomo soltanto vive di pretensione e di tristezza. - • - , ,1^

Che sapienza e che Virtù son quelle di giudicarsi esattamente e di restare sé stessi! C'è una missione che è mìa, che io solo posso compiere e che debbo compiere intera invece^

LE "VIRTÙ BELL'INTELLETTUALE CRISTIANO : 2t

di provare a violentare la sorte. I destini non si mutano. Tanto elevandoci che abbassandoci ci perdiamo. Procediamo dunque per la via che ci è stata segnata con Dio per guida-San" Tommaso aggiunge a questa prudenza necessaria,, anche la cura di non arrestare la propria curiosità agli oggetti inferiori a danno dell'oggetto supremo. '„

In séguito trarremo da ciò una conseguenza importante per l'organizzazione del lavoro; ma prima di tutto, :lo studio lasci il tempo al culto, alla preghiera, alla meditazione diretta delle cose di Dio.

Anch'esso è un ufficio divino, ma per riflesso ; esso cerca ed onora le « traccio » creatrici ovvero le « immagini » secondo che scruta la natura o l'umanità: ma lo studio deve cedere, a suo tempo, alla comunione diretta con Dio ; ,se non lo fa, oltre che un grave dovere viene misconosciuto, l'immagine di Dio nel creato diventa un ostacolo e le « trac-cie » servono solo a farci smarrire lontano da Colui di cui danno testimonianza.

Studiare in modo tale da abbandonare la preghiera, il raccoglimento, la lettura della parola sacra e di quella dei santi, o delle anime grandi, da dimenticar sé stesso e da trascurare, concentrandosi del tutto, nell'oggetto di studio, l'ospite intcriore, è un abuso ed un inganno. Supporre che:

si potrà progredire o produrre di più in tal modo, sarebbe come dire che il ruscello scorrerà meglio quando la sórgente sia asciugata. L'ordine dello spirito deve rispondere all'ordine delle cose. Nella realtà tutto ascende al divino, tutto ne :

dipende perché tutto ne procede. Nell'effìgie del reale ili noi si rilevano le stesse dipendenze a meno che non abbiamo rovesciato i rapporti del vero.

22 LA VITA INTELLETTUALE^

LO SPIRITO DI ORAZIONE.

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Queste disposizioni saranno salve se, indipendentementei • dalla pietà precedente allo studio, si coltivi nel lavoro stesso ;

lo spirito d'orazione. E' ancora S. Tommaso che dice at-W;

l'appassionato della scienza: «: Orationi vacare non desinasi^ non abbandonare mai l'orazione » e Van Helmont com-sU menta questo precetto pronunciando la parola sublime;^ « Ogni studio è uno studio dell'eternità ». ;.

Non finiremo di ripetere che la scienza è una conoscenza^ nelle cause: i dettagli, i fatti non hanno importanza; ma i quel che importa sono le dipendenze, le influenze recipro-che, i legami, gli scambi che costituiscono la vita della na-.. tura. Ora dietro a tutte le dipendenze sta la dipendenza ;

prima; al nodo di tutti i legami, il legame supremo; al verr tice delle comunioni, la Sorgente; sotto gli scambi, il Dono;:

sotto la sistole e la diastole del mondo, sta il Cuore, l'im- ' menso Cuore dell'Essere. Non sarà dunque necessario che lo spirito vi si riferisca incessantemente e non perda un minuto il contatto con chi è, in tal modo, il tutto di tutte le cose e, per conseguenza, di tutte le scienze?

L'intelligenza compie la propria missione pienamente solo quando esercita una funzione religiosa e cioè quando adora il vero supremo attraverso al vero ridotto e disperso.

Ogni verità è un frammento che mostra da ogni lato il punto di attacco : la Verità in sé stessa è una, e la Verità è Dio. Ogni verità è un riflesso : dietro al riflesso c'è la Luce, che gli da valore. Ogni essere è un testimonio ; ogni fatto un segreto divino: al di là sta l'oggetto della rivelazione, l'eroe della testimonianza. Ogni vero risalta sull'Infinito come sul suo sfondo in prospettiva :, ci si rilega, gli appar-

LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO . 23

tiene. Per quanto una verità occupi tutta la scena, le immensità sono più lontano. Si potrebbe dire: una verità particolare non è che un simbolo, un simbolo reale, un sacramento dell'assoluto: essa apparisce, essa è, ma non per sé stessa;

essa non basta a sé stessa, vive di prestito e morrebbe abbandonata alla propria inconsistenza. Per l'anima pienamente vigile ogni verità è dunque un punto di ritrovo al quale il Pensiero sovrano invita il nostro pensiero: mancheremo all'incontro sublime?

La vita del reale non è tutta in ciò che si vede o che la scienza analizza. Il reale ha, come Gesù, una vita nascosta che è anche una vita in Dio: è come una vita di Dio; le leggi della natura ci rivelano la sapienza di Dio ; ce ne manifestano la potenza, gli effetti ; la bontà, tutto quel che vi riconosciamo di utile ; mentre le molteplici relazioni e gii sviluppi ce ne mostrano l'incessante diffondersi: è bene venerare ed amare questa specie d'incarnazione, stando a contatto con quello stesso che s'incarna. Chi cerchi di distaccare questo « corpo di Dio » dal suo Spirito, ne abusa come abusa del Cristo chi vede in lui solamente l'uomo. L'incarnazione di Cristo conduce alla Comunione, nella quale non si possono dissociare l'uno dall'altro, il corpo, il sangue, l'anima e la divinità del Salvatore: la quasi incarnazione di Dio nell'essere, della Verità eterna in ogni caso del vero, deve aver termine ugualmente in una estasi celeste, invece che nelle nostre distratte ricerche e nelle nostre banali ammirazioni.

Risolviamoci a lavorare sotto l'ala delle grandi leggi e sotto la Legge suprema. La conoscenza, come ogni manifestazione di vita, non deve essere separata dalle sue radici nell'anima e nelle cose reali, là dove il Dio del cuore e il Dio dei cieli si rivelano e si congiungono. Le nostre azioni (compresa quella di apprendere), i nostri pensieri e le nostre prime realtà, si debbono raccogliere in unità.

24 LÀ VITA INTELLETTUALE',

Cerchiamo di mettere in ogni atto tutta 'l'anima, tutta laf' natura, e perfino tutta la Divinità con noi. ' , • ^:v

Del resto, per ottenere questo spirito di orazione nella' scienza, non c'è bisogno di ricorrere a qualche misterioso; i'< incanto; non c'è bisogno di uno sforzo estrinseco. Naturai-;;'--mente l'invocazione di Dio ed il suo speciale intervento soho^ qui molto opportuni. S. Tommaso pregava sempre prima dr>;

predicare o di dettare ed aveva composto per questo scopo;;

una mirabile orazione : il figliuolo della scienza, che ancora ;{' balbetta, cerca naturalmente la parola, che gli manca, nello^;

': sguardo divino. Ma nella scienza stessa, nella scienza cristia-,;^ ;na, si trova il gradino che alzandoci verso Dio ci permetterà i;: ';

di ritornare allo studio con un'anima meglio illuminata e?;;;,;;

quasi con i doni del profeta. , '

Tutto ciò che istruisce conduce a Dio per un sentiero i..'/ nascosto. Ogni verità autentica è, in sé, eterna, e. l'eternità^ che contiene ci orienta verso quella della quale è la rivela-' zione. Dove si arriverà, attraverso la natura e l'anima, se.'.';

non alla loro sorgente? Se non vi si giunge vuoi dire che;.1 abbiamo deviato cammin facendo. Lo spirito ispirato e retto ;;' passa di slancio gli stadi intermedi, e ad ogni problema che:;-,,. gli si presenti, qualunque sia la soluzione particolare che , riesca a darne, una voce segreta risponde: Dio! , '•;

Ciò posto basta che lo spirito si abbandoni da un lato al ' ^ ^proprio slancio e dall'altro alla propria attenzione perché r fra l'oggetto di uno studio particolare e quello della contem-.-; / piazione religiosa, si stabilisca un-corso e ricorso vantaggioso.;:,.,:

ad ambedue. Dal vestigio o dall'immagine si passa a Dio con;';, slancio rapido e spesso incosciente e di là, con forze rinno- ,';,^ veliate, si ritorna sulle traccie del Divino Maestro. Quello che abbiamo così scoperto, viene allora commentato, magni-ficato ; lo vediamo come episodio di un immenso avveni-

LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO 25

mento spirituale: anche se si tratti di un nonnulla, ci sentiamo al servizio di verità, di fronte alle quali le montagne sono effimere,

L'Essere infinito ed il volgersi infinito del tempo ci avvolgono e il nostro studio può dirsi veramente « uno studio. dell'eternità». , • •1 ' ' i^'. ! y,'1'',' ! , ! ' .•;'•".'

LA DISCIPLINA DEL^CORPÓ.;

Abbiamo già detto come la dottrina del composto umano s'opponga ad una dissociazione delle funzioni spirituali e delle funzioni corporali le più estranee, in apparenza, al pensiero puro. S. Tommaso mette la sua firma a questo ironico pensiero di Aristotile: E' altrettanto ridicolo il dire:

« L'anima capisce da sola » quanto il dire che costruisce o che tesse la tela (1). Anzi egli mette innanzi queste proposizioni apparentemente materialistiche: « Le differenti di-' sposizioni che hanno gli uomini alle opere dello spirito derivano dalle differenti disposizioni del corpo » (2) « Alla buona complessione del corpo risponde la nobiltà dell'animo » (3).

Ne ciò deve sorprendere. I! pensiero nasce in noi dopo lunghe preparazioni nelle quali opera tutta intera la macchina corporea. Base di tutto è la chimica cellulare; le più' oscure sensazioni ci preparano l'esperienza che è il prodottò del lavoro dei sensi i quali elaborano lentamente le loro acquisizioni e le fissano nella memoria. Il fatto intellettuale

(1) Quaestio XIX — Di' Ventate art. 1 arg-. 1.

(2) De memoria: lect. 1.

(3) In li De Anima : lect. 19.

26 LA VITA INTELLETTUALE

si produce in mezzo ai fenomeni fisiologici m continuazione e in dipendenza loro. Nessuno può formulare un pensiero quando anche non faccia che utilizzare un'idea acquisita, senza evocare tutto un insieme di immagini, di emozioni, di sensazioni, che sono come il cc brodo di coltura » dell'idea.

Di quali mezzi disponiamo quando vogliamo suscitare un dato pensiero in qualcuno? Solamente di questo: produrre in lui, con la parola e con i segni, uno stato di sensibilità, di immaginazione, di emozione, di memoria, in cui egli scopra la nostra idea e possa farla sua. Gli spiriti comunicano solo per mezzo del corpo. E solo per mezzo del corpo lo spirito di ciascuno comunica con la verità e con sé stesso. Perciò S. Tommaso ritiene che il cambiamento per cui passiamo dall'ignoranza alla scienza deve essere attribuito direttamente al corpo e solo per accidente alla parte intellettuale (1). Questa dottrina, alla quale si richiama costantemente il Dottore così essenzialmente, così provvidenzialmente moderna, deve necessariamente generare questa convinzione, che per pensare, soprattutto per pensare con ardore e sapienza durante una vita intera, è indispensabile di piegare al pensiero non solo l'anima e le sue diverse facoltà, ma anche il corpo e tutto l'insieme delle funzioni organiche. In uno studioso tutto deve essere intellettuale.

Il complesso fisico e mentale, la sostanza uomo, stanno al servizio di questa vita speciale che, per certi lati, apparisce tanto poco umana: non le si oppongano dunque ostacoli!, Cerchiamo di svilupparci armonicamente per la conquista del vero.

Ora ci sono qui due cose che bisogna considerare senza rispetti umani, benché la prima spaventi abitualmente gli spi-

(I) S. Tommaso — Q. XXVI De Ventate art. 3 ad 12.m

LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO 27

rituali di giudizio malfermo. Prima di tutto non abbiate vergogna di aver cura della vostra salute. Ci son stati dei geni con una salute deplorevole, e se Dio vuole che così sia di voi, non si discute. Ma se ciò avviene per causa nostra ci rendiamo colpevolissimi perché tentiamo Iddio.

Come si può essere sicuri di aver vigore sufficiente per trionfare nella lotta incessante dell'anima contro la debolezza della carne? Nulla prova, del resto, che gli stessi geni non abbiano sentito i loro talenti ridotti dalle manchevolezze del corpo. Forse si spiegherebbero così molte anomalie intellettuali fra i meglio dotati, e la scarsa produzione di altri.

A parità di doni è chiaro che la malattia costituisce una grave inferiorità; essa diminuisce il rendimento, inceppa la libertà dell'anima nel momento delle sue delicate funzioni, svia l'attenzione, può falsare il giudizio per gli effetti d'immaginazione e d'emottività prodotti dalla sofferenza.

Una malattia di stomaco altera il carattere d'un uomo ;

il carattere ne muta i pensieri. Se Leopardi non fosse stato quell'infelice che era, lo conteremmo forse tra i pessimisti? Quando si tratta di vita elevata, non vogliate temere di abbassare il dibattito occupandovi nello stesso tempo del pensiero e delle sue fondamenta organiche. « Un'anima sana in un corpo sano » è poi sempre l'ideale. L'uomo di pensiero ha una fisiologia speciale ; bisogna ch'egli ne abbia cura e non si vergogni di consultare l'uomo dell'arte.

Si deve sempre obbedire alle prescrizioni ricevute e una buona igiene nel caso nostro diventa una virtù quasi intellettuale. I moderni, che hanno la filosofia così povera, hanno invece una igiene molto progredita: non la disprezzate, perché potrà arricchire la vostra filosofia.

Fate vita all'aria aperta più che potete. E* noto che l'attenzione, fulcro del lavoro scientifico, è in stretta'rela-

28 . . LA VITA'INTELLETTUALE ..

zione con la respirazione e, per !a salute generale, l'abbon-iJ danza dell'ossigeno è di capitale importanza. Abitudini ee-1 cellenti sono : quella di tenere le finestre aperte notte è giorno, finché la prudenza lo permetta ; quella di fare esercizi di respirazione, soprattutto combinati con movimenti che rendano il.respiro ampio e normale, (1) e infine quella di sistematizzare il proprio lavoro, passeggiando, o meglio;:

ancora di produrlo addirittura durante !a passeggiata se-i{ condo la tradizione greca. y

E' importante lavorare in una posizione che lasci liberi- \ i polmoni e non comprima i visceri : è anche bene interrom-l . pere ogni tanto una seduta di applicazione per respirare prò-.;

fondamente, per distender le membra con due o tré gesti ;

ritmici che, e mi si passi la forma, impediscalo al corpo di ' prendere delle false pieghe. E' stato scoperto che delle larghe inspirazioni fatte avanti alla finestra aperta, alzandosi? sulla punta dei piedi, sono anche molto efficaci. Non tratrascurate niente: potrebbe seguire la congestione o l'atro-;::

fià degli organi.. <;';

Ogni giorno bisogna fare un po' di ginnastica. Ricorda-;:

tevi delle parole dei medico inglese: «Coloro che non tró-;;

vano il tempo di far Sa ginnastica dovranno trovare il tempo ' di stare ammalati». . :^.,

Se non potete esercitarvi all'aria aperta potrete adope-V rare dei metodi eccellenti che vi suppliscano : quello del,. Muller è uno dei migliori ma ce ne sono anche degli altri.

Un lavoro manuale leggero e piacevole/sarebbe altret-;

tanto prezioso per lo spirito che per il corpo. I nostri padri non l'ignoravano; ma questo secolo è diventato un forsennato che si ride della natura: perciò la natura si vendica.

(1) Cfr. J. P. Muller — Mon sysième de réspiratìon, ed. Ì-afitte.

LE VIRTÙ. DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO, ". f, 20

Riservatevi ogni anno, e dur'ante l'anno; delle vacanze serie. Con ciò non intendo parlare di assoluto abbandono di ogni lavoro, i! che potrebbe favorire lo sviluppo di facoltà ten-, denti alla leggerezza, ma intendo consigliare la predominanza del riposo, e degli esercizi all'aria aperta. Curate l'alimentazione. Un vitto leggero, semplice,' moderato, vi permetterà un lavoro più rapido, e più libero. Un pensatore non passa la vita a digerire.

Curate ancor più il sonno. Non dormite ne troppo ne troppo poco. Il troppo ingrevisce, avvilisce, rende spessi il.;

sangue e il pensiero; il troppo poco vi espone a prolungare. e a sovrapporre con vero pericolo, gli uni agli altri, gli eccitamenti del lavoro.

Osservatevi: in materia di sonno come a proposito del nutrimento, trovate la misura che vi conviene e fatene l'oggetto di una ferma risoluzione. Qui non ci può essere uria legge comune. •

Ingomma rendetevi conto che la cura del corpo, strumento deil'anima, è per lo studioso virtù e sapienza; San Tommaso gliene riconosce altamente il carattere e fa entrare questa sapienza del corpo fra gli elementi che concorrono alla beatitudine temporale, la quale è adescamento alla beatitudine eterna (1). State attenti a non diventare rachitici o falliti, e forse più tardi ebeti, precocemente vecchi, e perciò scioccamente economi del talento affidatevi dal Maestro. Ma la sollecitudine del corpo importa anche altri elementi. Abbiamo parlato delle passioni e dei vizi come di formidabili nemici dello spirito. Allora pensavamo ai loro effetti psicologici, ai turbamenti che producono nel giudizio e nell'orientazione dello spirito, che ad un certo punto ar-

<1) Contra gentes. Ili Cap. CXLI.

30 LA VITA INTELLETTUALE,:1';

rivano a trasformare in potenza di tenebre. Adesso trati-i tiamo dei loro effetti sul corpo, i quali poi indirettamente";, ritornano ad essere malattie dell'anima. ^

Chi si mantenga goloso, pigro, schiavo del letto e della ta-|^ vola ; chi abusi del vino, dell'alcool e del tabacco, chi s'ab-'' bandoni ad eccitazioni malsane, ad abitudini debilitanti e snervanti insieme, a peccati forse perdonati periodicamente ma i cui effetti perdurano, come potrà ottenere l'igiene di cui abbiamo dimostrato la necessità?

L'amico del piacere è nemico del proprio corpo e diventa rapidamente, in conseguenza, nemico dell'anima propria. La mortificazione dei sensi è richiesta dal pensiero e può , sola condurci a quello stato chiaroveggente di cui parlava Gratry. Chi obbedisce alla carne è in via di diventare carne, laddove si deve diventare tutto spirito. Perché S. Tommaso si chiama il Dottore Angelico? è forse soltanto per il suo genio alato?

No, ma è perché in lui tutto si subordinava al pensiero geniale e santo, perché la sua carne, nata sulla riva tirrena "aveva rivestito i candori del Carmelo e dell'Hermon, perché casto, sobrio, pronto allo slancio e lontano da ogni eccesso, era tutto intero un'anima «un'intelligenza servita da organi» secondo la celebre definizione.

Una delle più preziose salvaguardie dell' avvenire dei lavoratori cristiani e sopratutto dei giovani è la disciplina e la mortificazione del corpo unite tuttavia a quelle cure che gli sono necessarie.

C A P I T O L O I I I.

L'ORGANIZZAZIONE DELLA VITA

Per orientare tutto l'essere nostro verso il lavoro non basta aver ottenuto l'ordine intimo, aver determinato la propria vocazione e organizzato a questo scopo le proprie forze: bisogna anche ordinare la parte esteriore della propria vita.

SEMPLIFICARE.

C'è una parola che si presenta qui prima d'ogni altra:

Semplificate. Chi ha da fare un viaggio diffìcile non s'ingombra con troppi bagagli. Può darsi il caso che non possiate dominare le circostanze e allora penserete che sia inutile stabilire delle regole. Ma sarebbe un errore perché in una identica situazione esteriore, uno spirito semplificatore può ottenere molto e ciò che non riesce ad allontanare all'estér-^ no può sempre allontanarlo dall'anima.

«Non aggiogherai insieme l'asino ed il bue» dice la Legge: il lavoro pacifico e savio non deve essere associato;

ai richiami capricciosi e rumorosi di una vita tutta esteriore.-' Un certo ascetismo, anche sotto questa forma, è doveroso per il pensatore. Religiosa o laica, scientifica, artistica, let-

32 . ' , 'LA VITA'INTELLETTUALE

teraria che sia, la contemplazione non può andar d'accordo con gli agi troppo onerosi e con le complicazioni. Per il genio bisogna pagare la tassa di lusso. . ,

li 10 per cento di questo privilegio non lo manderà in rovina; non è lui che pagherà, son piuttosto i nostri dife,tti, le nostre tentazioni in ogni modo, e il vantaggio sarà raddoppiato..

Per dare ospitalità alla scienza non servono mobili rari ne servitù numerosa : il massimo necessario è costituito da molta pace, da un po' di senso d'arte e da alcune comodità che procurino maggior tempo libero.

Rendete più semplice la vostra vita.

I ricevimenti, le visite che trascinano a dei nuovi impegni, le cerimonie, tutto il complicato rituale di una vita artificiale, che tante persone mondane maledicono in segreto, non sono cose adattate per un lavoratore. La vita mondana è fatale alla scienza. L'idea 'e l'ostentazione, l'idea e la dissipazione sono nemiche mortali.

Quando pensiamo il genio, non ce lo figuriamo a pranzo. Non vi lasciate prendere in questo ingranaggio che accaparra a poco a poco il tempo, i pensieri, le disponibilità, le forze. Non vi fate schiavi dei pregiudizi. Siate guida a voi stessi, obbedite a delle convinzioni, non a dei riti, e le convinzioni di uno studioso devono riferirsi allo scopo che si è prefisso. Una vocazione è una concentrazione. Lo studioso è un consacrato ; ch'egli non si disperda in esigenti futilità, ma getti tutte le sue risorse nel fuoco dell'ispirazione.

Il lavoro e le sue condizioni: questo è l'importante. Le spese prodigate in cose da nulla sarebbero molto meglio utilizzate a formarsi una biblioteca, a fare un viaggio istruttivo, a procurarsi vacanze riposanti, audizioni musicali che rinfrescano l'ispirazione ecc. Quel che favorisce la vostra opera è sempre opportuno, ciò che l'intralcia e vi confonde

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 33

è da escludere perché, oltre agli inconvenienti immediati, vi spinge alla ricerca del guadagno e il vostro sforzo rimane disorientato-li sacerdote ha il diritto di vivere dell'altare e lo studioso dell'opera sua; ma non si dice Messa per il compenso pecuniario, ne per questo scopo si deve pensare a produrre.

Se siete costretti a guadagnarvi la vita al di fuori del lavoro prediletto e per di più vi sovraccaricate l'esistenza, come farete a preservarvi le magre ore di cui disporreste? E' il caso di ridurre al minimo le esigenze della materia per alleggerire e liberare lo spirito.

A questo riguardo, la moglie di uno studioso ha una missione che è forse bene segnalare, perché spesso la dimentica e allora invece d'essere la Beatrice non riesce che ad essere un pappagallo chiacchierone e dissipatore.

Le donne devono sposare la carriera del marito: il centro di gravita della famiglia è il lavoro del padre. Là è la vita produttiva e quindi l'essenza del dovere. Ma questo è tanto più vero quanto più la carriera prescelta è più nobile e laboriosa.

La vita in comune nel nostro caso ha per centro una vetta ; la donna vi si deve insediare, invece di cercare di distoglierne il pensiero dell'uomo.

Il trascinarlo a futilità senza relazione con le sue aspirazioni, equivale a disgustare il marito da ambedue queste vite, benché siano contraddittorie. Che la figlia d'Eva ci rinetta, e non dia più ragione del bisogno al « divisus est •>•> di S. Paolo. Se l'uomo ammogliato è in certo modo «diviso» che egli sia anche raddoppiato.

Dio gli ha dato un aiuto simile a lui; bisogna che ella badi a non diventar dissimile. Le importunità, cagionate dall'incomprensione dell'anima sorella, sono fatali alla produ-

3 — La vita intellettuale.

34 LA VITA INTELLETTUALE

zione : fanno viver lo spirito in una ansia che lo logora. Nessuno slancio, nessuna gioia gli è lasciata: e come volerebbe l'uccello senza ali?

Che la custode del focolare non ne sia dunque il cattivo genio, ma la musa. Ha sposato una vocazione, ne abbia una anche lei. Senta che il realizzare da sé o per mezzo di suo marito, è la stessa cosa perché i due sono una sola carne.

Senza aver bisogno d'essere una intellettuale, ancor meno una letterata, ella può produrre molto aiutando il marito a produrre, costringendolo a controllarsi, a dare il proprio massimo, sollevandolo nelle ore inevitabili delle cadute, sostenendolo quando piega, consolandone le sconfitte senza accentuarle con troppa insistenza, calmandone i dispiaceri, diventando la dolce ricompensa dopo il lavoro.

Quando esce dal lavoro l'uomo è come un ferito : ha bisogno di riguardo e di calma; non bisogna urtarlo, ma sollevarlo e incoraggiarlo : interessarsi a ciò che fa, sostenerlo nel momento in cui è come diminuito da un dispendio di forze eccessivo, insomma essere per lui una madre, e questo forte, che è poi tutto pieno di debolezze, sentirà il proprio vigore orientarsi verso nuove lotte.

Quanto ai figli, devono servire piuttosto a rinnovare il coraggio che a indebolirlo ; è vero che prendono gran parte della vita dei genitori, ma è più la forza che danno di quella che tolgono.

Possono elevare la vostra ispirazione temperandola di gioia: essendo una amorosa immagine della natura e dell'uomo vi impediscono di cadere in astrazioni, vi riconducono alla realtà della quale i loro occhi interrogatori aspettano da voi l'esatto commento.

La loro fronte pura vi predica l'integrità, sorella del sapere, e la loro facilità a credere, a sperare, a sognare grandi

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 35

sogni e ad aspettare tutto dalla paternità che li guida, non è anche per voi, pensatori, un sollievo e un motivo a sperare? Si può vedere un'immagine di Dio e un segno del nostro destino immortale in questa immagine dell'avvenire.

Coloro che hanno rinunciato alla famiglia per darsi tutti interi all'opera loro e a Colui che li inspira, hanno il diritto di rallegrarsene, apprezzando la libertà che è loro concessa da questo sacrificio. Costoro penseranno ai loro fratelli sopraffatti dalle cure, ripetendosi le scherzose parole di Lacor-daire a proposito di Ozanam : « C'è un trabocchetto che non ha saputo evitare, il matrimonio ». Ma lo studioso che si è formato una famiglia può e deve fare di questa una forza, una ragione di slancio, una delle forme del proprio ideale.

MANTENERSI IN SOLITUDINE

Nell'organizzazione della vita, il punto essenziale da salvaguardare, e in vista di cui è voluto tutto il resto, è la conquista della solitudine interna ed esterna. S. Tommaso è talmente penetrato di questa idea che su sedici consigli ad uno studioso ne consacra sette alle relazioni con gli altri e allo isolamento « Voglio che tu sia restio a parlare e ad andare in parlatorio ». « Non ti incaricare in nessun modo delle azioni altrui ». « Mostrati amabile con tutti » ma « non essere intimo con nessuno perché troppa famigliarità genera il disprezzo e fornisce materia a molte distrazioni »., « Non ti immischiare affatto delle parole e delle azioni secolari » « Evita soprattutto i giri inutili ». « Ama la tua cella se vuoi essere introdotto nella cantina del vino ».

La cantina del vino di cui si parla qui, con allusione al Cantico dei cantici, e al commentario di S. Bernardo, è il

36 LA VITA INTELLETTUALE '

rifugio segreto della verità, il cui odore attira da lungi laf sposa, cioè l'anima ardente; è il nido delT'ispirazione, il fo-;

colare dell'entusiasmo, del genio, dell'invenzione, della ricerca ardente, è il teatro della ricreazione dello spirito e} della sua saggia ebbrezza. Per entrare in questa abitazione^ bisogna abbandonare le banalità, praticare l'isolamento ui cui è sinbolo la cella monastica.

Siate dunque tardi a parlare e tardi a recarvi dove si par-.' la, perché le molte parole fanno scorrere lo spirito cornea l'acqua. Pagate con la cortesia verso tutti il diritto di non:' frequentare veramente che qualcuno la cui compagnia sìa" giovevole ; evitate anche con costoro l'eccessiva familiarità;' che abbassa e disorienta: non correte dietro alle notizie che' occupano lo spirito invano; non v'immischiate delle azioni, e delle parole secolari, cioè senza portata morale o intellettuale, evitate le occupazioni inutili che consumano le ore e ! favoriscono il vagabondaggio dei pensieri. Queste sono le;

condizioni del raccoglimento sacro. E' solo così che uno si' ;

avvicina ai segreti del Rè, che fanno la felicità della sposa;

solo tenendo questa condotta si sta rispettosamente al cospetto della verità.

Il ritiro è il laboratorio dello spirito; la solitudine intcriore e il silenzio sono le sue ali. Tutte le grandi opere sono state preparate nel deserto, compresa la redenzione del mondo. I precursori, i continuatori, il Maestro, hanno subito o devono subire una stessa legge. Profeti, apostoli, predicatori, martiri, pionieri della scienza, ispirati di tutte le arti, semplici uomini, o Uomo-Dio, tutti pagano il loro tributo all'isolamento, alla vita silenziosa, alla notte.

Nella notte astrale, nella sua solenne vacuità, il Creatore ha impastato l'universo : colui che vuoi gustare le gioie creatrici non si deve affrettare a pronunciare il Fiat Lux, ne

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 37

sopratutto a passare in rivista tutte le bestie del mondo : ma deve, come Dio, darsi il tempo di disporre, nelle ombre propizie, la materia degli astri.

I più bei canti della natura risuonano nella notte.

L'usignolo, il grillo cantano nell'ombra. Il gallo annun-zia il giorno senza aspettarlo. Tutti gli annunciatori, tutti i poeti, ed anche i ricercatori e i pescatori delie verità sparse, devono immergersi nella grande vacuità che è una pienezza. ,:

Nessun uomo grande ha tentato di sfuggirle. Lacordaire diceva che s'era fatto, fra l'anima propria e Dio c< un orizzonte più vasto del mondo » e s'era procurato « le ali del riposo ». Emerson si proclamava « un selvaggio ». Cartesio si chiudeva nella sua « stufa ». Plafone aveva dichiarato che consumava a: più olio nella lanterna che vino nel bicchiere ».

Bossuet s'alzava nel mezzo della notte per incontrare il genio del silenzio e dell'ispirazione: i grandi pensieri gli venivano soltanto lontano dai rumori e dalle preoccupazioni futili.

Le cose veramente importanti devono essere separate con una barriera da quelle vane. La vita banale e i « Ludi-bria » di cui parlava S. Agostino, i giucchi e le liti da fanciulli terminate da un bacio, devono cessare sotto il bacio delia musa, sotto la carezza inebbriante e calma della verità. • ! ! . • .

«Perché sei venuto? si domandava S. Bernardo, a proposito del chiostro: ad quid venisti? E tu, pensatore, perché sei venuto per questa via, fuori della vita comune, a questa vita di consacrazione, di concentrazione, e, in conseguenza, di solitudine? Non forse per merito di una scelta? Non hai preferito la verità alla menzogna quotidiana di una vita, che si disperde, o anche alle preoccupazioni elevate

38 LA VITA INTELLETTUALE;

ma di secondaria importanza, dell'azione? E allora, vorrai essere infedele al tuo culto, lasciandoti riafferare da ciò che hai liberamente abbandonato?» Bisogna mettere la vostra solitudine a disposizione dello Spirito, perché Egli ci trasporti nei silenzi! intcriore come Gesù nel deserto. Senza isolamento nessuna ispirazione. Tutti gli astri del pensiero si radunano, come in un firmamento nel, circolo di luce che fa la lampada.

Quando la calma del silenzio vi inonda, ed in voi arde solo il fuoco sacro, lungi dal frastuono delle strade, e quando la pace, che è la tranquillità dell'ordine stabilisce l'ordine nei pensieri, nei sentimenti, nelle ricerche, allora siete in ottima disposizione per apprendere, allora potete raccogliere, poi creare : siete precisamente all'inizio dell'opera, non è il momento di accogliere delle miserie, di vivacchiare mentre il tempo scorre, e di rinunciare al cielo per dei nonnulla.

La solitudine vi permette di mettervi in contatto con voi stessi, contatto così necessario, se volete diventare pienamente voi stessi e non più ripetere macchinalmente delle formule imparate a memoria, ma essere il profeta'del Dio intcriore che parla ad ognuno uno speciale linguaggio.

Ritorneremo lungamente su questa idea di un insegnamento speciale a ciascuno, d'una formazione che è una educazione cioè uno sviluppo dell'anima nostra, anima unica, e che non avrà l'uguale nei secoli, giacché Dio non' si ripete. Ma bisogna sapere che non si raggiunge questo sviluppo del proprio essere se non vivendo con sé stesso, strettamente, in solitudine. ,

L'autore dell'Imitazione diceva « Non m'è mal accaduto di andare fra gli uomini, senza tornarne meno uomo ».

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 39

Portate questa idea ancora più lontano, e dite: « senza tornare con la mia personalità diminuita ».

Nella folla ci si perde, a meno di non reggersi con fermezza, e bisogna prima creare questo punto d' appoggio. Nella folla ci si ignora, perché si resta sopraffatti da un io estraneo che è una moltitudine.

« Come ti chiami? Legione » ; tale sarebbe la risposta dello spirito disperso e dissipato nella vita esteriore.

Gli igienisti raccomandano per il corpo il bagno di acqua, il bagno d'aria, ed il bagno interno d'acqua pura: io aggiungerò per l'anima il bagno di silenzio, a fine di bonificare l'organismo spirituale, d'accentuarne la personalità, e di dargliene il sentimento attivo, come l'atleta sente i muscoli e ne prepara il giucco con i movimenti interni che ne sono la vita stessa.

Ravignan ha detto : « La solitudine è la patria dei forti, il silenzio è la loro preghiera ». Quale preghiera alla Verità, infatti, e qual forza di cooperazione alla sua influenza, nel raccoglimento prolungato, ripreso con frequenza, ad ore stabilite, come per un ritrovo, che divenga a poco a poco continuità, vita strettamente comune! Non si può, dice S. Tom-maso, contemplare sempre, ma chi vive per la contemplazione, chi orienta verso di lei tutto il resto, e la riprende appena può, le da quella continuità che si può realizzare su questa terra (1). E la contemplazione si mitigherà di dolcezza, perché : « la solitudine continuata diviene dolce ;

cella continuata dulcescit ». Ora la dolcezza della contemplazione è una parte della sua efficacia. Il piacere, spiega S. Tommaso, applica l'anima al suo oggetto come una mor-

\(1) Summa theol. La U.ae quaestio III.a art.2 ad 4.um

40 LA VITA/INTELLETTUALE

sa ; rafforza l'attenzione, e allarga i poteri di acquisizione che la tristezza o la noia comprimerebbero. Quando la verità vi afferra e la sua ala vi sfiora l'anima per1 sollevarla in armoniosi slanci, è il momento di abbandonarvi a lei e di volare nelle alte regioni.

Ne diverrete perciò gli isolati che abbiamo condannato prima, non vi sarete allontanati dai fratelli per aver evitato il rumore che fanno, e che vi separa da loro spiritualmente, che impedisce dunque la vera fraternità.

Il prossimo dello studioso è l'essere che ha bisogno di verità, come il prossimo del buon Samaritano era il ferito abbandonato sulla via. Prima di dare la verità, acquistatela e non buttate via i grani della vostra semenza.

Se la parola dell'Imitazione è vera, lungi dagli uomini sarete più uomini e più con loro. Per conoscere l'umanità e per servirla bisogna entrare in sé stesso, là dove tutti gli scopi che ci proponiamo vengono a contatto e prendono da noi, sia la nostra forza di verità, sia la nostra potenza di amore. ;'^

Non possiamo unirci a cosa alcuna senza libertà inte- ,^ riore. Lasciarsi accaparrare, trascinare, da persone o da cose,,';. è un lavorare a disunire. Lontano dagli occhi, vicino al cuo^:

rè. Gesù ci dimostra con l'esempio come si possa essere;^ tutto chiuso in sé è tutto dato agli altri, tutto per gli uomini / e tutto in Dio. :':;

Egli si è mantenuto in solitudine, ha toccato la folla" con un'anima di silenzio di cui la sua parola è come la porta stretta, per gli scambi della carità divina. E quale efficacia Sovrana, in questo contatto limitato al punto preciso per cui Dio poteva passare e le anime potevano raggiungerlo! Tra la folla e Dio non ci dovrebbe esser posto altro che per l'Uomo-Dio e per l'uomo di Dio, per l'uomo di verità.

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 41

Chi si crede unito a Dio senz'essere unito ai fratelli è un mentitore dice l'apostolo; non è che un falso mistico e, intellettualmente, un falso pensatore; ma chi è unito alla natura e agli uomini senza essere unito a Dio nell'intimo, senza aver l'abitudine del silenzio e della solitudine, non è più che il suddito di un regno di morte, '^;

COOPERARE CON ÌPROPRI SIMFLt'

Tutte queste dissertazioni dimostrano che la solitudine di cui abbiamo fatto l'elogio è un valore da temperare con altri valori connessi, che la completino e l'utilizzino. Non predichiamo l'isolamento senza compensi, perché sacrificare. !e relazioni e la simpatia dei nostri fratelli merita premio.

Non abbiamo diritto che allo asplendide isolement», e questo sarà tanto più ricco e fecondo, quanto più il contatto superiore ricercato nella solitudine sarà favorito da relazioni scelte e misurate con saggezza. La prima relazione dello studioso, e che varrà a qualificarlo per quel che è, deve essere senza pregiudizio dei suoi bisogni e dei suoi doveri di uomo, la compagnia dei suoi pari. Dico compagnia, ma. vorrei dire cooperazione, perché senza di questa, le altre relazioni non sono degne degli studiosi.

Ma quanto è rara una simile unione di spiriti in questo. tempo di individualismo e d'anarchia sociale! i

II P. Gratry io deplorava ; sognava Port-Royal e voleva far dell'Oratorio « un Port-Royal, senza lo scisma » « Quanta fatica potremmo risparmiarci, diceva, se sapessimo unirci ed aiutarci ! se in sei o sette che abbiamo la stessa maniera di pensare, si procedesse per insegnamento reciproco, diventando alternativamente allievi e maestri; se per di più,

42 LA VITA INTELLETTUALE

col concorso di fortunate circostanze, si potesse vivere insieme!... (1) ».

Le botteghe del Rinascimento, sopratutto le botteghe d'arte erano delle comitive, delle famiglie: lo studio odierno è una galera, oppure un ritrovo mondano. 'Ma non arriveremo anche noi a vedere, sotto la pressione del bisogno, che si fa sempre più urgente il laboratorio a tipo famigliare ma allargato, aperto al di fuori, pur restando riconcentrato come una volta? Sarebbe il momento di concepire e fondare il laboratorio intellettuale, associazione di lavoratori ugualmente entusiasti ed applicati, uniti liberamente, viventi in semplicità ed uguaglianza, senza pretesa di imposizioni da parte di alcuno ; quand'anche taluno possedesse una superiorità riconosciuta e preziosa al gruppo. Lontano da ogni competizione e da ogni orgoglio, non cercando che la verità, gli amici così riuniti sarebbero, se posso usare questa espressione, moltiplicati l'uno per l'altro, e l'anima comune sarebbe di una ricchezza tale che non troverebbe in nessuno dei singoli spiegazione sufficiente.

Bisogna avere un'anima realmente forte, per lavorare da soli ! Che eroismo trovare solo in sé stesso compagnia in-tellettuaie, incoraggiamento, appoggio ; trovare in una povera volontà isolata, tanta forza quanta può venirne dall'entusiasmo di una massa, o dall'aspra necessità. Si comincia con entusiasmo, poi, alle prime difficoltà, il demonio della pi-grizia ci dice:» Che vale?». Ma la visione dello scopo impallidisce: i frutti son troppo distanti e ci sembrano amari;

vagamente ci sentiamo ingannati. E' certo che l'appoggio altrui, gli scambi, l'esempio, sarebbero di grande efficacia

(11 P. oratry — Les soarces — C. VI, 54.

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 43.

contro questo scoraggiamento. Per molti sostituirebbero quella .potenza di immaginazione, quella costanza di virtù, che appartengono a pochi e son pur necessarie al perseguimento costante di un grande fine.

Nei conventi in cui è obbligatorio il silenzio, dove son vietate le visite, l'influenza di una fila di celle laboriose basta ad animare e a rendere attivo ogni asceta ; quelle celle apparentemente isolate, formano un alveare; il silenzio è collettivo e il lavoro congiunto; la concordia delle anime trapassa le pareti ; uno stesso spirito aleggia dovunque e l'armonia dei pensieri li solleva tutti come un tema sinfonico che l'onda generale dei suoni porta e prolunga. Quando, in seguito, avvengono gli incontri, il concerto si arricchisce; ognuno esprime ed ascolta, impara e istruisce, riceve e da, anzi riceve secondo quello che da, e forse questo ultimo aspetto della cooperazione sarà il più invidiato.

L'amicizia è una forza che trae da noi le più intime e ricche risorse; fa spiegare le ali ai sogni e ai pensieri oscuri ; controlla i giudizi, esperimenta le idee nuove, mantiene l'ardore e infiamma l'entusiasmo.

Ce n'è degli esempi oggi nelle giovani Riviste, dove adepti convinti sentono di aver assunto un dovere e si consacrano ad un ideale.

I Cahiers de la Qtiinzaine nacquero da questo voto, l'Amitié de France, les Lettres, anche ; la Remie des Jeunes ne è penetrata ogni giorno di più. Non vivono insieme, ma lavorano con lo stesso cuore, si consultano, si riprendono, sono trattenuti e sospinti nello stesso tempo da uno spirito di ambiente che è essenzialmente fornito da una grande tradizione. Cercate, se lo potete, di aggregarvi ad una fraternità de! genere, o di costituirla in caso di bisogno.

In ogni modo, anche nell'isolamento materiale, ricer-

44 LA VITA INTELLETTUALE

cate in ispirito la società degli amici del vero. Schieratevi nel loro gruppo, sentitevi in fratellanza con loro e con tutti i ricercatori, tutti i produttori che il Cristianesimo unisce.

La Comunione dei santi non è un falansterio, ma pure . è una unità. «La carne, da sola, non può far niente »; lo spirito, da solo, può qualche cosa. L'unanimità utile consiste meno nel trovarsi insieme in un asilo, o in un gruppo regolare, che nello sforzo fatto da ogni singolo individuo, il quale abbia coscienza dell'analogo sforzo altrui, per concentrarsi in uno stesso luogo, in modo che un compito sia eseguito, che uno stesso principio di vita e d'azione vi pre' sieda e che le varie parti della macchina, a ciascuna delle, quali si applica l'attenzione esclusiva di un lavoratore solitario, siamo messe insieme da Dio.

COLTIVARE LE RELAZIONI NECESSARIE

Ho detto anche come la solitudine non sia esclusione dai doveri, ne oblio dei bisogni del pensatore. Ci sono delle relazioni necessario. Siccome son necessarie fanno parte della nostra vita, anche se siamo studiosi, visto che non possiamo separare lo studioso dall'uomo. Sta a voi di rilegarle all'intellettualità in modo che non le siano d'inciampo, ma la servano.

Questo si può far sempre. Il tempo dato al dovere o al bisogno reale non è mai perduto ; la cura che gli si consacra fa parte della vocazione e non le è nemica, se non quando quella sia considerata in astratto, fuori della Provvidenza.

Non pensate che l'opera vostra sia migliore di voi, e che un ipotetico supplemento di possibilità intellettuale possa prevalere sul compiuto sviluppo dell'essere vostro.

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 45

Fate ciò che si deve e che è necessario; se la vostra umanità l'esige, saprà anche mettersi d'accordo con sé stessa. Il bene è fratello del vero e lo aiuterà. Essere là dove si deve e compiervi il proprio dovere, è un preparare la contemplazione; nutrirla, è un abbandonare Iddio per trovarlo, come diceva S. Bernardo. E' penoso dedicare delle belle ore a delle riunioni e a delle cose inferiori, in sé stesse, al nostro ideale, ma siccome il corso ài questo mondo è fatto in ogni modo per allearsi alla virtù, bisogna pensare che la virtù ci troverà il suo utile, virtù intellettuale o morale che sia. In certi giorni, sarà solo attraverso alla moralità,che l'intellettualità acquisterà dei vantaggi, nonostante le sue virtuose concessioni; in altre circostanze lo farà da sé sola.

' Non bisogna infatti dimenticare che in ogni compagnia anche in quelle comuni c'è sempre qualche cosa da spigolare. Il troppo isolamento impoverisce. Qualcuno ha scritto ultimamente: « Mi sembra che la difficoltà per i romanzieri moderni sia questa: se non vanno nel mondo, i loro libri sono illeggibili, se ci vanno non hanno più il tempo di scriverli ».

Angoscia della giusta misura che si ritrova dovunque! Ma, romanzieri o no, voi sentite di non potervi isolare completamente. Gli stessi monaci non lo fanno. Bisogna mantenere, per il lavoro, il sentimento dell'anima comune, delia vita, e come l'avreste se, dopo aver interrotta ogni comunicazione con gli uomini, non faceste che considerare una umanità immaginaria?

L'uomo troppo isolato diventa timido, astratto, un po' bizzarro ; cammina incerto in mezzo alle cose reali come il marinaio sbarcato da poco : non ha più il senso del destino ;

sembra che vi consideri come una « proposizione » da inse-

46 LA VITA INTELLETTUALE

rire in un sillogismo, o come un caso da notare innifì tac cuino. à^,;

Anche l'infinita ricchezza del reale ha di che istruirci ;

bisogna accostarcisi con spirito contemplativo, ma non disertarla. E nel reale, quel che c'è di più importante per noi non è forse l'uomo, l'uomo centro di tutto, fine ultimo di tutto, specchio di tutto, e che invita il pensatore di qual-siasi specializzazione, a fare un'opera permanente di controllo ?

Per quel tanto che dipende da noi bisogna cercar di avvicinare, per quanto è possibile, persone superiori. Anche a questo deve badare una moglie di studioso.

Ella non deve aprire la sua casa a chiunque, ma scegliere con tatto : invece della società del gran mondo, apprezzi quella delle anime grandi, e badi a non trascinare suo marito in mezzo a degli sciocchi, per leggerezza, per vanità o per qualche insignificante interesse.

Ma che dico? anche gli sciocchi concorrono a servirci fe a completare la nostra esperienza. Non li andate a cercare:?^ ce ne sono abbastanza! ma sappiate utilizzare quelli che in-^ centrate, intellettualmente come una contro-prova e umanamente, cristianamente con l'esercizio delle virtù che esigono. La società è un libro da leggere, se pur banale. La solitudine è un capolavoro; ma ricordatevi le parole di Lei-bnitz, che non trovava libro così cattivo da non poterne trarre qualche profitto. Voi non pensate da soli, come nnn pensate con la sola intelligenza. L'intelligenza si associa ;e altre facoltà, l'anima, il corpo, e la persona s'associa le relazioni: da tutto questo risulta l'essere pensante; componetelo meglio che sapete ma che i suoi stessi difetti, come le malattie, per mezzo di qualche felice ritrovato della vost'-a grandezza d'animo, diventino dei valori.

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 47

Del resto, in ogni compagnia comportatevi in modo --he sempre lo spirito e il cuore dominino la situazione: così non sarete invasi ne contaminati, quando l'ambiente •'.'rà mediocre, e se è nobile non farà che rafforzarvi internamente gli effetti della solitudine, l'attaccamento alla verità e le lezioni che questa vi ha prodigato.

Bisognerebbe che i nostri contatti col di fuori fossero come quelli dell'angelo, che tocca e non è toccato, a meno che non lo^ voglia, che da, ma a cui nessuno toglie nulla perché appartiene ad un altro mondo. Con la moderazione dei discorsi otterrete anche quella permanenza nel raccoglimento e quella prudenza nelle relazioni di cui avete urgente bisogno. Parlare per dire quel che va detto, per esprimere un sentimento opportuno od un'idea utile e poi tacere è il segreto per conservarsi intatti pur comunicandosi agli altri, invece di lasciare estinguere la propria fiamma per accendere le altre.

Del resto è anche il modo di dar peso alle proprie parole. La parola ha valore quando sotto ci si sente il silenzio, quando nasconde e lascia indovinare, dietro il suo la-conismo un tesoro dispensato con misura, come si conviene, senza fretta e senza frivola agitazione. Il silenzio è il contenuto segreto delle parole che valgono. Il valore di un'anima è dato dalla ricchezza di quel che non dice.

MANTENERE LA DOSE NECESSARIA D'AZIONE

•»•

Ciò che abbiamo detto della compagnia, si può appli-|| care, con pochi ritocchi, all'azione. Si tratta anche qui di I;:; dosare la vita interna e quella esteriore, di contemperare il p raccoglimento e il contatto con gli altri.

48 .LA VITA INTELLETTUALE

La vocazione intellettuale, presa in senso stretto, è il contrario dell'azione; la vita contemplativa e la vita attiva sono state sempre considerate opposte in quanto risultanti da pensieri e da aspirazioni contrastanti. La contemplazione raccoglie, l'azione disperde; la prima chiede la luce, la seconda aspira alla dedizione. Generalmente parlando, bisogna, evidentemente, rassegnarsi alla divisione del lavoro, contentandosi, ciascuno, di lodare quello che non fa, di amarne i frutti in altri e di gustarli grazie alla comunione delle anime. Ma la vita reale non consente una divisione così netta.

Il dovere come poco fa ci spingeva alla compagnia, potrà anche talvolta obbligarci all'azione e dovrà in tal caso essere illuminato dalle nostre osservazioni. L'azione, regolata dalla coscienza, prepara questa stessa''coscienza alle regole del vero, la dispone al raccoglimento per quando ne sarà venuta l'ora, l'unisce alla Provvidenza che è anche fonte di verità. Il pensiero e l'azione hanno lo stesso Padre.

Di più il pensatore, anche se non per dovere, è sempre costretto a riservare alla vita attiva una parte del tempo e del cuore. Questa parte è, talvolta, ridotta; ma nel savio non è mai abolita. Il monaco fa lavori manuali o si da ad opere di zelo, il medico ha la cllnica, l'ospedale ; l'artista ha le esposizioni, le associazioni, Se conferenze; lo scrittore poi è richiesto in cosi vari modi che avrebbe gran difficoltà a liberarsi da ogni impegno.

Tutto ciò è bene. Perché se, a questo mondo, ogni cosa ha una misura, anche la vita intcriore deve avere la sua-Èssa vuole che l'azione sia limitata e cede il passo alla solitudine, perché l'azione esterna agita l'animo che è invece pacificato dal silenzio; ma il silenzio spinto troppo oltre ;iifs ta a sua volta; il riflusso al cervello di tutta l'attività del-

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 49

l'uomo disorienta e da le vertigini; una diversione è necessaria alla vita cerebrale; abbiamo bisogno dell'azione come di un calmante.

Ci sarebbero anche delle ragioni fisiologiche in cui non entrerò ; ma le ragioni psicologiche si appoggiano ed anche si riportano ad esse, perché se l'anima fosse separata dal corpo non si stancherebbe, mentre invece il composto animato si stanca tanto del riposo quanto dell'azione ; esso esige un equilibrio il cui centro di gravita, del resto, si può spostare e variare secondo i casi.

Il corpo troppo immobilizzato si atrofizza e si snerva :

l'anima che lo imita si indebolisce e si consuma. A forza di coltivare il silenzio si arriverebbe al silenzio di morte. D'altra parte la vita intellettuale ha bisogno dell'alimento dei fatti. Anche nei libri si trovano dei fatti, ma tutti sanno che una scienza dedotta unicamente dai libri, è fragile perché fondata sull'astrazione, essa perde ogni contatto col reale e per conseguenza sottopone al giudizio un materiale troppo evanescente e quasi illusorio.

S. Tommaso consacra un articolo della Somma a provare la necessità d'appoggiarsi al reale per giudicare percliè, dice, il reale è la meta ultima del giuuizio; ora la meta deve illuminare tutta la via (1).

Le idee stanno nei fatti e non vivono di per sé come credeva Fiatone: questa visione metafisica ha delle conseguenze pratiche. Uomo di pensiero, devi tenerti vicino a ciò che è: altrimenti Io spirito vacilla.

Che cosa è il sogno se non un pensiero le cui comunicazioni col di fuori sono, state tagliate, un pensiero che non

(1) Prima Pars. Quaestio LXXX1V art. 8. 4 — La vita intellettuale

50 LA VITA INTELLETTUALE

ha più volontà? lo scoglio dei pensiero puro è il sogno inconsistente, bisogna allontanarsene come da cagione d'im-consistenza e di caduta. Il pensiero si appoggia sui fatti còme il piede sul suolo, come lo storpio sulle stampelle.

La dose d'azione raccomandata al pensatore avrà dunque il vantaggio di equilibrargli lo spirito e anche quello d';

arricchirglielo. Quante esperienze ci offre ogni giorno la vita! Noi le lasciamo passare ma un pensatore profondo le raccoglie e ne cava tesori. Il suo spirito si completerà a poco a poco, e le idee generali, controllate da un lato, resteranno per di più illustrate da una documentazione vivente.

L'idea, privata dei suoi elementi d'esperienza dei suoi fantasmi, non è più per noi, che un concetto vuoto, neppure percepibile-

II pensiero è vasto e forte'a seconda della ricchezza dei fantasmi. Orbene, l'azione trova dovunque, sulla sua via, degli elementi assimilabili e dei « brani di vita », che saranno la figurazione delle sue idee astratte. Anzi ne trova più di quello che non possa notare perché il reale è una specie di infinito che nessuna analisi, nessun calcolo razionale può esaurire. '

Mettete un artista di fronte ad un albero, ne farà un numero indefinito di disegni, senza mai presumere di rendere interamente ciò che esprime la natura ; ponetelo avanti al disegno di un albero, sia pure di un Claude Lorrain o di un Corot, quando lo avrà copiato coscienziosamente avrà esaurito il modello.

Gli antichi filosofi dicevano che l'individuale è inesprimibile. L'individuale è il reale, in opposizione agli schemi dello spirito. Tuffandosi nel reale per mezzo dell'azione si trovano in esso forme nuove, come accade all'artista, che nell'esecuzione alimenta, rialza e completa il proprio con-

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 51

cetto. Infine l'azione è anche maestra d'energia e le sue lezioni non saranno inutili al solitario.

Con gli inviti e con la resistenza, con le difficoltà, con i rovesci e con i successi, con la noia e con gli scoraggia-menti che obbliga a superare, con le contraddizioni che solleva immancabilmente, e con i bisogni nuovi che fa nascere, l'azione ci stimola e ci ritempra ; scuote quella pigrizia fon-

, damentale e quella quiete orgogliosa che sono ostili a! pen-

' siero non meno che alle realizzazioni.

' Le virtù esteriori verranno così in aiuto alle intime, la inchiesta attiva servirà al raccoglimento, il bottino preparerà il miele. Il pensiero sprofondato volta a volta nei due abissi del reale e dell'ideale, fortificato da una volontà agguerrita, illuminato e avvertito dalle ragioni del cuore che l'azione mette in causa contìnuamente, sarà uno strumento di ricerca e un giudice di verità, ben differente da una ragione issata sulla Scala di Por/mo.

Vorrei vedere lo studioso spesso occupato in qualche impresa poco onerosa, a cui consacrasse un tempo limitato, senza lasciarsene trascinare, tuttavia interessandosi di tutto cuore a dei risultati che non dovrebbero equivalere per lui a quei tronchi d'albero che alcuni vanno a segare per riposare la testa.

Agire senza darsi tutto intero all'azione, non è agire da uomo e non ne possono risultare ne il riposo, ne la forma-

Izione, ne l'istruzione.

| Perciò, se già non ne avete alcune che vi si impongano,

^cercate delle cause che vi appassionino per il loro valore, opere di luce, di riabilitazione, di preservazione, di progresso, delle associazioni di difesa e di azione sociale, delle leghe per il pubblico bene, tutte imprese che vogliono l'uomo completo, se non tutta la sua vita.

52 LA VITA INTELLETTUALE

Questa sia la vostra occupazione nelle ore in cui l'ispirazione vi concede o anche vi impone una tregua che le è rutile. Poi ritornerete a lei e il cielo a cui vi solleverà, vi sarà tanto più dolce, perché oltre i tesori avrete sperimentato anche i pericoli, il fango e le asprezze della terra.

CONSERVARE IL SILENZIO INTERIORE

Da quanto abbiamo detto mi sembra risultare che la solitudine utile, il silenzio, l'isolamento del pensatore siano delle realtà mitigate, animate da uno spirito di stretta necessità. L'azione e le compagnie sono ammesse in vista dell'isolamento, del silenzio e della solitudine intima e da queste vengono dosate. Ciò è necessario, se veramente l'intellettuale è un consacrato e se non si possono servire due padroni.

Lo spirito di silenzio dunque, sarà reclamato dovunque. E' questo che importa soprattutto, talmente che noi abbia mo potuto concepire una vita intellettuale fondata sopra un lavoro di due ore al giorno. E sarebbe un comprendere ciò molto male se si pensasse che compiute queste due ore uno possa condursi in seguito come se esse non fossero state.

Queste due ore sono dedicate alla contemplazione, ma non perciò la consacrazione di tutta la vita è meno richiesta. Un intellettuale deve esserlo continuamente. Ciò che S. Paolo suggerisce al cristiano : « sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualunque altra cosa fate tutto per la gloria di Dio» deve applicarsi al cristiano che cerca la luce. Il vero e per lui la gloria di Dio, deve averlo fisso nel pensiero, deve piegarvisi in tutto. La solitudine che gli viene racco-

ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 53

mandata è meno una solitudine di luogo che di raccoglimento; è elevazione più che lontananza; consiste neìl'iso-larsi in alto, grazie al dono di sé fatto alle cose superiori, e i alla fuga dalle leggerezze, dalle divagazioni, dalla incostan-| za e da ogni volontà capricciosa : realizza la conversano no-[stra in coelis dell'apostolo, trasportando la nostra dimora e : la nostra attività nel ciclo degli spiriti.

j Chiudersi in casa e abbandonarsi al vaniloquio interiors, | alle attrattive dei desideri, all'esaltazione dell'orgoglio, ?I)a 'onda dei pensieri, che introducono in noi un mondo esterno assorbente e discorde, sarebbe forse solitudine?

C'è una falsa solitùdine come c'è una falsa pace. Invece uscire ed agire per dovere, per saggezza o per desiderio di un riposo di cui dimostreremo ancora la necessità, può essere una solitudine superiore che nutrisce e bonifica l'anima invece di diminuirla.

Quella che S. Agostino chiama la purezza della solitudine si può mantenere dovunque: ma l'impurità della solitudine può macchiare perfino la cella.

« Tu puoi stare in una città, ha scritto Fiatone, come il pastore nella sua capanna in cima ad una collina », Abbiate l'ispirazione intcriore, il ritegno, l'amore per ciò; a cui vi siete dedicati, abbiate con voi i! Dio di verità e sarete soli in pieno universo.

CAPITOLO IV.

IL- T E MPQ ^E'L • ,L.X^,0^0

Abbiamo già dovuto definire il lavoro intellettuale in diverse maniere ; bisogna nondimeno osservare più da vicino le sue varie condizioni e in primo luogo quella del tempo ad esso consacrato ed al pensatore.

LAVORO PERMANENTE

Lo studio è stato definito una preghiera alla verità. .

E la preghiera, dice il Vangelo, non deve mai essere in-'" terrotta : « Bisogna pregare sempre e non cessare mai » (Lu • ca XVIII, 1). So bene che si può interpretare questo testo:

con larghezza; vorrebbe dire: « Non passate dei giorni, del-:

le settimane, dei lunghi periodi senza rivolgervi a Dio ». m£«ì i nostri Dottori si sono ben guardati dal restringere così utia' grande parola; l'hanno presa alla lettera e ne hanno tratte una profonda dottrina.

La preghiera è l'espressione del desiderio; il vaiore le'l è dato dal tenore e dalla forza dell'aspirazione intima.

Se il desiderio si abolisce la preghiera scompare, .-e si altera, la preghiera cambia ; se se ne attenua o se ne rafforza lo slancio, la preghiera s'innalza oppure resta senz'ali. Al;

IL TEMPO DEL LAVORO 55

contrario, sopprimendo l'espressione e lasciando il desiderio, la preghiera, sotto molti aspetti, resta intatta.

Un fanciullo che senza dir nulla fìssa lo sguardo ardente sul giocattolo che sta in vetrina, quindi guarda la mamma che sorride, non ha formulato la più commovente fra le preghiere?

Se anche non avesse visto niente, il desiderio del giucco innato nel fanciullo come la sete d'azione, non sarebbe per i genitori una preghiera permanente da esaudire?

Bisogna pregare sempre, equivale dunque a dire: Bisogna desiderare sempre le cose eterne, quelle del tèmpo che conducono ad esse, il pane quotidiano di qualunque natura e che risponde a tutti i bisogni, la vita, in tutte le sue manifestazioni terrestri e celesti. . ,

Applicando questo commento a quella preghiera attiva che è lo studio, si arriva ad una considerazione importantissima.

Il pensatore è un consacrato, tuttavia non attende direttamente alla sua missione che durante pochissime ore. Cariyle diceva: « Non credo che alcun letterato abbia dato alla letteratura più del quinto del suo tempo ». Poiché la maggior parte della" sua vita è tanto bassa, è pur necessario che l'uomo ridiscenda dalle altezze e s'inchini : quale guadagno per lui, se potesse evitare di abbassarsi tutto intero !

Se la preghiera può durare continua perché è un desiderio, e il desiderio non si distrugge, perché non dovrebbe durare continuo anche lo studio che è, anche esso, un desiderio della verità?

Il desiderio di sapere definisce l'intelligenza come potenza di vita. La nostra volontà di conoscere è un istinto uguale a quello per cui domandiamo del pane. Se la maggior parte degli uomini s'indugiano in desideri più terreni,

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36 LA VÌTA^INTELLBTTUAL^

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il pensatore ha questo di particolare, che è tormentato dfet desiderio di sapere.

Perché non si dovrebbe alimentare questo desiderio, costantemente, come un corso d'acqua, che deve mettere in* moto delle turbine?

La psicologia e l'esperienza c'insegnano che ciò è pos-' • sibile. Il cervello lavora sempre ; ci sono delle forze, in esso capaci di suscitare continuamente nuove idee, che non si arrestano come non s'arrestano i battiti del cuore e il respiro.

Di che cosa abbiamo bisogno per poter utilizzare que^-sta vita permanente, in favore della verità? Di null'altro che di disciplins. Bisogna che il desiderio di sapere ecciti regolarmente e non a intervalli quelle forze del cervello, co1-scienti o incoscienti.

La maggior parte della nostra attività nervosa non serve a nulla perché non è dominata. A dir vero, non la si può dominare del tutto perché il nostro potere su lei è relativo e, a sforzarla, si rischierebbe di distruggerla; ma in genere' se ne trae assai meno di quel che sarebbe possibile. La con-suetudine ha in questo una grande efficacia; ben governata agisce come una seconda natura e appunto a questo proposito giungono opportuni i nostri consigli pratici.

a Sforzati di chiudere nella custodia del tuo spirito tutto ciò che potrai, come chi voglia riempire un vaso » dice S. Tommaso all'uomo di studio.

Torneremo in seguito su questo paragone che forse non risponde a pieno all'idea ; ma si tratta qui della cura, non. della' maniera, d'acquistar conoscenza. Quello che importa a chi cerca la verità è d'intendere che la verità è dappertutto e che egli ne lascia sfuggire un'onda continua che potrebbe mettere in azione le potenze dell'anima sua.

IL TEMPO DEL LAVORO 57

« La sapienza grida nelle vie, dice la Bibbia, leva la voce sulle piazze; predica all'ingresso dei luoghi rumorosi; alle;

porte della città fa sentire le sue parole: fino a quando;

ignoranti, amerete la vostra ignoranza? Volgetevi indietro^ e spargerò il mio spirito su di voi..-. Stendo la mano e Jies- ' suno ci bada» (Proverbi I, 20-24). Questa incalzante chiamata^ del vero, se fosse intesa, allargherebbe e arricchirebbe lo'!. I spirito più di molti laboriosi sforzi. Questi resterebbero ne-, cessari ; ma la luce che vi si concentra si diffonderebbe in-modo da rischiarare quasi tutta la vita: si formerebbe una specie di corrente che porterebbe in luce i risultati del pensiero diffuso e darebbe alla vita un'orientazione, una portata costante, e conscguentemente una fecondità.

Guardate ciò che accade quando dovete mobiliare un appartamento. Fino a quel momento eravate tanto lontano dal pensiero dei mobili che girando per le vie della città, dove sono così frequenti i negozi di antiquari, non li vede- , vate neppure: ignoravate la tendenza della moda, i prezzi, le specialità, ecc. Invece adesso, con lo spirito risvegliato dal desiderio, tutto vi colpisce, tutto vi arresta; si direbbe che :;

la città è tutta un vasto negozio e avete imparato in otto;

giorni più che in tutta la vita. ;

Così accade anche per la verità. Essa grida nelle vie, ne , ci abbandona quando l'abbandoniamo. Le idee sono nei ;

fatti ; sono anche nelle conversazioni, nelle cose fortuite, ,;

negli spettacoli, nelle visite, nei diporti, nelle più banali ^ letture. Ogni cosa contiene dei tesori, perché ogni cosa è in :' relazione con. tutte le altre e poche leggi della vita e della natura governano tutto il mondo.

Se Newton non fosse stato richiamato dalla sua attenzione alle cose reali ne disposto da questa ad accorgersi che

58 -LA VITA INTELLETTUALE

i pomi cadono come cadono i mondi, avrebbe forse scoV perto la gravitazione universale? ':

Le leggi di gravitazione degli spiriti, le leggi sociolb-giche, filosonche, morali, artistiche, sono applicate dovunque ugualmente. Un pensiero grande può nascere a proposito di ogni fatto. In qualunque contemplazione, fosse anche quella di una mosca che vola, o di una nuvola che passa, c'è l'opportunità di innumerevoli riflessioni. Ogni raggio dì luce può riportare al sole, ogni via aperta riconduce a Dio.

Orbene noi potremmo impossessarci di queste ricchezze. Guardando tutto con spirito di ispirazione vedremmo ovun-que delle lezioni, delle profezie del vero o delle conferme, dei prodromi, o delle conseguenze. Ma quasi sempre il nostro spirito è assente.

Prendete dunque l'abitudine di mantenervi presenti a questo movimento dell'universo materiale e morale. Imparate a guardare; confrontate quello che si offre al vostro sguardo con le idee familiari o segrete. Non vogliate vedere soltanto case in una città, ma vita umana e storia. Che un museo non vi offra solo quadri ma scuole d'arte e di vita, concezioni del destino e della natura, orientazioni successive o diverse di tecnica di pensiero ispiratore e di sentimento. Che una officina non vi parli solo di ferro e di legno, ma della condizione umana, del lavoro, dell'economia antica e moderna, dei rapporti di classe. Che i viaggi vi insegnino a conoscere l'umanità ; che i paesaggi evochino avanti agli occhi vostri le grandiose leggi del mondo ; che le stelle vi parlino della incommensurabile durata dei tempi, che i ciottoli del sentiero siano per voi il residuo della formazione della terra ; che la vista di una famiglia vi richiami quella delle generazioni e che la minima riunione di persone vi informi della più alta concezione dell'uomo.

IL TEMPO DEL LAVORO 59

Se non sapete guardare in questo modo non sarete che degli spiriti banali. Il pensatore somiglia a un filtro in cui le verità passando abbandonino la miglior sostanza. Imparate ad ascoltare, e in principio ascoltate chiunque. Se è vero che la propria lingua s'impara nei mercati, come pretendeva Malherbe, è anche nei mercati e cioè nella vita comune che s'impara il linguaggio dello spirito. Nei discorsi più semplici si ritrovano innumerevoli verità. La menoma frase ascoltata attentamente può essere un oracolo. In certi casi è più savio un contadino che un filosofo. Tutti gli uomini si somigliano nell'intimo e se avviene che un ritorno isti a tivo o virtuoso alla semplicità originale allontani le concezioni e le passioni che abitualmente ci nascondono a noi stessi e agli altri, qualunque sia l'uomo che parla, si sente sempre un discorso divino. In ogni uomo, l'uomo c'è completo e da lui può venirci una profonda iniziazione. Non sentite che cosa ne potrebbe trarre un romanziere? I più grandi tra questi si formano in mezzo alla folla e solo i più piccoli hanno bisogno di frequentare i saloni. Però i grandi osservatori restano in disparte invece di confondersi con gli altri vivono raccolti in sé, ascendono, e la minima vita apparisce loro come un grande spettacolo.

Ebbene quello che cerca il romanziere può servire a 'tutti, perché tutti hanno bisogno di questa profonda esperienza. Il pensatore è tale solamente se trova, nel più leggero impulso esteriore, l'occasione ad uno slancio illimitato. Il ; suo carattere consiste nel conservare per tutta la vita la curiosità dell'infanzia, la sua vivacità d'impressione, la sua tendenza a sentire in tutto il mistero, la sua fortunata facoltà : di trovare in ogni cosa sorprese feconde.

Ciò non ostante state attenti specialmente quando vi capiti la fortuna di intrattenervi con qualcuno che sa e che

60 LA VITA INTELLETTUALE

pensa. Che tristezza fa il vedere gli uomini superiori così poco utili a chi li circonda! In pratica vengono considerati come semplici di spirito ; se ne prende ciò che hanno di comune e non ciò che hanno di raro. Giace in loro un tesoro inavvertito. Spesso si sorride delle originalità, della inettitudine delle persone distratte; cosa molto innocente; ma quello che è sciocco è prendere un'aria di superiorità con questi esseri grandi.

I grandi valori son troppo rari per lasciarli così inutilizzati. Essi si impiegano da sé e tutti li impiegano senza saperlo ; ma sapendolo se ne riceve una istruzione ed un impulso tali che potrebbero talvolta decidere di tutta un'esistenza. Molti santi, molti grandi capitani, esploratori, scienziati, artisti son divenuti tali per aver incontrato sulla loro via un personalità eminente e per aver inteso la voce di una anima. Gli echi di questo muto appello si son prolungati in loro fino alla fine della vita : era una voce segreta che li incalzava costantemente, un'onda invisibile che li trasportava'. La parola di un grand'uomo può essere creatrice come quella di Dio.

Ma si sa che i grandi uomini sono tali solo dopo morti). La maggioranza non li riconosce. Chi vi siede accanto vale forse quanto Cartesio e non lo ascoltate, non lo interrogate, anzi discutete con lui con spirito di contenzione, lo interrompete per dire delle banalità. E se anche non è così grande, essendo pur tuttavia uno spirito elevato, perché lasciate che si porti via silenziosamente o che seppelisca la sua ricchezza?

Osservando ed ascoltando (non dico leggendo perché di questo parleremo poi) imparerete a riflettere e assimilerete, adatterete ai vostri bisogni le cognizioni acquisite. Le grandi scoperte non son altro che riflessioni su dei fatti comune-

IL TEMPO DEL LAVORO 61

.mente noti. Siamo passati milioni di volte senza vedere niente e un giorno l'uomo di genio osserva i legami che uniscono quello che ci sta sotto gli occhi a tutte le ore, con quello che ancora ignoriamo. Che cos'è la scienza se non la lenta e progressiva guarigione della nostra cecità? E' vero che la osservazione ha bisogno d'essere preparata da studi e soluzioni anteriori ; si trova quello che si cerca ; a chi ha, sarà dato. Per questo parlavo di uno scambio fra la luce intcriore e quella esteriore. In ogni modo lo spirito deve stare in una continua disposizione a riflettere, come in continua disposizione a vedere, capire, cogliere a volo, da buoncac-ciatore, le verità che passano.

Precisiamo meglio e diciamo che questa svegliatezza di spirito può giovare, non soltanto alla cultura generale, ma alla nostra specializzazione, al nostro studio attuale, al lavoro di gabinetto. Portatevi sempre dietro i vostri problemi.

Visto che la verità è in ogni cosa e che tutto è rilegato perché non studiare ogni questione al contatto di quello che vi si connette? Tutto deve nutrire la nostra specialità ; tutto deve rendere testimonianza in favore o contro le nostre test. L'universo è in gran parte quello che noi lo abbiamo fatto. Il pittore vede dovunque soltanto forme,. colori, movimenti, espressioni; l'architetto equilibrio di masse; il musicista percepisce i ritmi e i suoni ; il poeta soggetti e metafore; il pensatore delle idee in atto.

Si tratta di metodo e non di un ristretto particolarismo. Non si può seguire tutto. Pur non rinunciando alla libera osservazione si consacra l'attenzione sovrabbondante ad una ricerca particolare e « pensandoci sempre » come Newton, si raccolgono gli elementi per un'opera superiore. Aver sempre il pensiero pronto, ecco il gran segreto. Lo spirito umano è un ruminante. La bestia guarda in lontananza, ma-

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LA «VITA INTELLETTUALE

stica lentamente, coglie Qui un ciuffo, là un filo d'erba, prende tutto il prato e tutto l'orizzonte per sé, componendo con l'uno il suo latte con l'altro la sua anima oscura. Ci hanno insegnato a vivere alla presenza di Dio : non si potrebbe anche vivere in presenza della Verità? La verità è come la divinità speciale del pensatore. Tale verità particolare o tale oggetto di studio ci possono essere continuamente presenti. E' giudizioso, è normale di lasciare così l'erudito nel gabinetto da lavoro; di avere due anime: quella del lavoratore e quella del gaudente che va in giro? Questo dualismo non è naturale; fa pensare che la ricerca del vero sia un mestiere per noi, invece di una nobile passione.

La Bibbia dice che c'è tempo per tutto e riconosco che la divisione è inevitabile; ma visto che, di fatto, si pensa continuamente, perché non utilizzare questo pensiero a beneficio di ciò che ci interessa?/^ . \

Mi si dirà che una simile tensione è incompatibile con la salute cerebrale e con le condizioni della vita? D'accordo ;

ma difatti non si tratta di tensione e neppure, ordinariamente, di volontà attuale. Ho parlato di abitudine, ma se preferite diciamo subcoscienza. Il nostro spirito ha il potere di funzionare senza di noi, per .poco che gii prepariamo il Javoro e che seguiamo leggermente la traccia dei canali per cui scorreranno le sue oscure correnti.

Quando avrete ben saldo il desiderio d'apprendere e accesa la passione del vero, quando avrete dato la vostra attenzione cosciente ai fatti della vita che mantengono il fuoco e soddisfano il desiderio, allora il vostro spirito somiglierà ad un bracco perpetuamente in caccia. La ricerca non gli costa più alcuna fatica perché obbedisce ad una nuova natura. Come prima era naturale il pensare a caso così adesso invece diventerà naturale il pensare in una data dirczione.

••^ ' ' ' IL TEMPO DEL LAVORO 63

Senza dubbio questa dirczione non è che ..approssimativa -e sarebbe assurdo lo sperare di poterla mantenere sempre fissa, ma non conviene rinunziare al possibile argomentando dall'impossibile. E' una risorsa immensa questa che,,.'' potreste impiegare stabilendo un po' di disciplina in un" lavoro cerebrale che si compie indipendentemente da voi ed;|ìj' in modo anarchico. Regolate questo lavoro e che anche •'l;.^ cervello sia, in voi, un intellettuale. l'.'

In pratica vi accorgerete che facendo così non vi stan— • cherete affatto, anzi vi risparmierete molta fatica, perché le,^ cose trovate così per caso, senza averle prima cercate, ma solamente perché uno si è risoluto e abituato a non essere'U cieco, sono spesso le più felici perché le più spontanee e:;;,;:

incoraggiano assai'il ricercatore: lo tengono sveglio e sod-?:';':

disfatto : egli attende con delizia l'ora di solitudine in cui,;

potrà fissare e sviluppare gli acquisti fatti. • ;. ,';'y

Varie volte capiterà di ottenere in tal modo lo spunto y difficile, o il giro di pensieri che invano si sarebbe cercato' davanti al tavolino, fissati in un punto di vista, senza esser . capaci di uscirne. Ciò che non pareva avere alcun rapporto col lavoro conduce a qualche cosa che di questo costituisce; ;

il fondo. La scienza laboriosa ne sarà tutta rischiarata: si saprà dove si va e si spererà in una prossima nuova fortuna.'; ^ Questa maniera di procedere affidandosi al caso risponde » alle contingenze cerebrali ed al lavoro oscuro dell'associa- ^;' zione delle idee. Innumerevoli leggi vengono messe in atto, \' senza che vi sia legge per la loro applicazione all'uno o al-... l'altro caso a tale o tal altra ora; e tutto ciò si combina senza di noi, voglio dire senza precisa volontà sotto la sola im- :•:;

pressione del desiderio che è l'anima del pensatore e che lò ';

specifica, come il gioco caretterizza i singoli fanciulli, e :

.A

64 LA VITA INTELLETTUALE

l'amore qualifica la donna. Siamo dunque ben lontani da quell'eccesso di lavoro che si crede.

Una donna si stanca forse di spiare l'omaggio dei passanti, quando va a passeggio, o una fanciulla a cercare l'occasione di ridere o un ragazzo quella di sgambettare?, Lo spirito che cerca la verità per amore, non per obbligo, con tendenza prima istintiva, poi, senza dubbio coltivata, ma amorosamente, appassionatamente, non penerà certo di più. Egli giucca, caccia, si abbandona ad un esercizio utile ed inebriante, egli ama e nulla è più lontano dallo sforzo preciso e volontario delle ore di concentrazione.

E' così che l'uomo savio porta seco, sempre e dovunque, uno spirito maturo per acquistare delle cose che l'uomo volgare trascura. Per lui l'occupazione più oscura è il prolungamento di quella più sublime ; le visite di etichetta diventano delle fortunate inchieste; le passeggiate diventano esplorazioni, le cose che ascolta e le silenziose risposte che fa, sono un dialogo che in lui la verità tiene con sé stessa.

In ogni occasione il suo universo intimo si confronta con l'altro, la sua vita con la Vita, il suo lavoro con l'incessante lavoro degli esseri, e uscendo dallo spazio ristretto in cui si concentra il suo studio, si ha l'impressione, non ch'egli abbandoni il vero, ma che apra a due battenti la porta per accogliere tutto il vero che è diffuso nel potente giuoco dei mondi.

LAVORO NOTTURNO

II P. Gratry ha raccomandato insistentemente di non escludere affatto dal lavoro permanente le ore di letargia e di tenebra. Vuole che facciamo lavorare la notte. Questo consiglio s'appoggia sulla psicologia e suH'esperienza.

IL TEMPO DEL LAVORO 65

II sonno è un rilasciamento: è l'abdicazione del volere cosciente che non pensa più a vivere, non si propone alcuno scopo e si trova così abbandonato alla natura. Non è solo un simbolo vano l'attitudine del dormiente coricato, avvicinato alla terra, come se dicesse alla natura : «Riprendimi ; mi sono irrigidito anche troppo a lungo contro le tue potenze:

ho combattuto di fronte il tuo determinismo livellatore. Al pareggiamento delle forze, che è legge di questo mondo perituro, ho opposto lo slancio della vita; adesso mi arrendo, fino all'ora di ricominciare la lotta ».

Mentre la vita ardente è così sospesa, la libertà individuale viene sostituita dalla libertà delle forze cosmiche e ne risulta un nuovo funzionamento, che ha le sue leggi proprie, che segue dei sentieri ignorati dalla chiara coscienza e realizza delle combinazioni estranee alle volontà e ai capricci chiaroveggenti. Le nostre forze interiori si raggruppano, i pensieri si classificano, l'energia, abbandonata dall'azione, fluisce in pace. Il saper utilizzare questo lavoro senza turbarne il ritmo è, per il pensatore, una nuova ricchezza.

Non si tratta di vegliare : al contrario ; il nottambulo è un cattivo lavoratore ; abbiamo chiesto su questo punto l'ob-bedienza all'igiene generale, che dovrebbe piuttosto aggravare le sue pretese riguardo all'uomo di studio. Ma anche il sonno è, a sua volta, un lavoratore, un associato al lavorò diurno; se ne possono addomesticare le forze, utilizzare le leggi, si può approfittare di questa filtrazione, di questa chiarificazione che s'opera nell'abbandono della notte.

Un lavoro cerebrale cominciato, un'idea afferrata, idea di cui un incidente interno od esterno aveva impedito lo sviluppo completo, o che non aveva potuto trovare il suo posto naturale, qui si compie e si concatena. Non perdete questa occasione di guadagno ; raccogliete questo chiarore

5 — La vita intellettuale

66 LA VITA INTELLETTUALE

che vi può essere d'aiuto prima che si dilegui nella notte mentale. Come fare? In certi casi non c'è bisogno di arti speciali. Al risveglio si trova la collaborazione del sonno già pronta e registrata. Il lavoro della sera precedente apparisce sotto una luce più netta; una via nuova, un terreno vergine vi sono davanti ; delle relazioni d'idee, di fatti, di espressioni, un paragone felice, una immagine rivelatrice, forse anche tutto un piano di studi, saranno sorti. Tutto ciò ci apparisce ben limpido e non ci sarà che da utilizzare, a suo tempo, quello che il sonno s'è degnato di effettuare per noi.

In genere però le cose vanno diversamente. La natura non sta ai nostri ordini, ma va per la sua strada ; è un fiume, che porta dell'oro ma sta a noi di non lasciar sprofondare e di raccogliere quel che le ricche onde trascinano. . ;

Molto spesso, durante un'insonnia di pochi minuti, forse],? di pochi secondi passeranno dei lampi; bisogna fissarli. Con-,;

.fidarli al pensiero rilasciato sarebbe come scrivere sull'acqua; / è molto probabile che l'indomani non rechi neppure la traccia di un vago incidente. Fate meglio dunque, tenete un tac^;

cuino o delle schede a portata di mano. Annotate cercando,' di non divagare troppo il sonno, se è possibile senza acceri-, dere il lume, poi rimmergetevi nelle ombre. Forse, alleggerendovi così di un pensiero favorite il sonno invece di; > turbarlo. Se vi dite: «Me ne ricorderò, lo voglio» questa vo— 1 lontà sarà più nemica del riposo che non un frettoloso appunto. Ricordatevi che il sonno è un rilasciamento del volere.':,:

In altri casi è la mattina, al primo risveglio che vengono; , le illuminazioni. Aprite gli occhi e direste che l'occhio inte- ;

riore, anche lui, s'apra, che si illumini su un mondo nuovo.';

La terra ha compiuto il suo giro; i cieli dell'intelligenza non,-? hanno più lo stesso aspetto ; nuove costellazioni vi brillano. U .Guardate bene questo spettacolo inedito e non tardate un

IL TEMPO DEL LAVORO 67

istante a fissarne le grandi linee; indicate i lati caratteristici, i punti culminanti, quello che basterà a determinare tutti i dettagli, quando avrete la possibilità di riprenderlo. Ogni pensatore ha, nella sua esperienza personale, dei casi di lucidità mattiniera talvolta sorprendenti, vorrei dire miracolosi. Trattati completi son venuti a luce così dopo una serie lunga e penosa di studi complicati, in cui l'autore aveva la impressione d'essere come perduto in un bosco, senza via d'uscita. Delle invenzioni sono state fatte così. Elementi sparsi sullo spirito, esperienze antiche o nozioni di nessun interesse apparente s'erano associate e dei problemi s'erano risolti da soli in seguito all'ordinamento spontaneo delle immagini mentali che rappresentano l'idea della loro soluzione. Quando vi capita una fortuna simile, ricorrete subito al taccuino. Fate uno sforzo mentre l'idea viene; riassumete, non aggiungete nulla di personale. Senza nessun intervento perturbatore, con attenzione sottomessa alla natura, di cui questo è il lavoro, tirate dolcemente la catena che si è costituita, numeratene gli anelli, gli accessori, notatene le proporzioni, le dipendenze senza preoccupazioni di stile, intendo di uno stile voluto, perché può essere che in questo modo troviate dei preziosi elementi di stile. Quando vi parrà d'aver esaurito questo lavoro seguitate a tenere l'occhio fisso sul vostro tesoro ; può essere che esso si accresca ancora, che si moltiplichi e si suddivida. Tutto ciò è talmente prezioso che non bisogna perderne una briciola. E' tutto lavoro risparmiato per il giorno. La notte, buona collaboratrice, v'ha dato, senza il menomo sforzo da parte vostra, una giornata di 24 ore completa, forse di settimane, quelle cioè che sarebbero state necessario per comporre a forza di volontà il prezioso gioiello che essa vi ha fornito. Tuttavia non basta soltanto raccogliere. Il sonno, che lavora da solo,

68 LA VITA INTELLETTUALE

lavora su di una materia predisposta : non crea nulla ; abile nel combinare, semplificare, concludere, non ha potere di operare che sui dati dell'esperienza e sul lavoro del giorno. Bisogna preparargli il materiale. Contare su di lui significa contare, prima di tutti, su sé stessi.

I monaci hanno l'abitudine, antica quanto la pietà, di deporre la sera come un seme nel solco della notte, il loro soggetto di meditazione ; sperano di trovare, al risveglio, il seme già ammollito, penetrato dall'umidità della terra, e forse germogliato : crescerà più rapidamente al sole della riflessione e della grazia.

Senza rinunciare a questa pratica di meditazione religiosa che sarebbe bene di generalizzare fra i cristiani, vi si può aggiungere un metodo analogo per facilitare il proprio lavoro intellettuale.

La terra umana è ricca: due semi possono trovarsi vicini senza danneggiarsi. Addormentandovi non abbandonate il problema che vi preoccupa ne l'idea che tarda a sviluppare le sue virtualità o anche che sfugge, ma affidatela a Dio e all'anima. Senza fare sforzi mentali, che vi guasterebbero il sonno, tranquillizzatevi in questo pensiero: l'universo lavora per me; il determinismo è schiavo della libertà e;;

mentr'io mi riposo seguiterà a far girare la ruota. Posso in-^ terrompere lo sforzo : i cieli girano e girando fanno muoverei, nel mio cervello gli ingranaggi delicati che io forse guasterei:;]:

io dormo, e veglia la natura, veglia anche Iddio : domani;^ raccoglierò qualche cosa del loro lavoro. |r?

In tale calma disposizione vi riposerete compiutamente^^ più di quel che fareste con la inquietudine di un domani ;

senza aiuti, più, specialmente, di quel che fareste in certi ri- ';, torni, così frequenti alla sera, delle angustie della giornata,'?! :1 angustie che una semicoscienza ingigantisce, che avvelenano

IL TEMPO DEL LAVORO : 69

la notte e che al mattino saranno là per servirvi di amaro calice. Come un lavoro dolce e regolare rende armonico il giorno, così il lavoro incosciente della notte può aggiungervi la pace, e allontanarne le divagazioni, le ansietà snervanti o peccaminose, e gli incubi. Conducendo con dolcezza un bambino per la mano, la sua irrequietezza si placa.

Qui non si preconizza dunque il surmenage: la confusione del giorno e della notte. No: è necessario dormire:

un sonno riparatore è indispensabile. Ma si dice soltanto che la notte in quanto tale può servire essa stessa ad uno speciale lavoro ; che la notte « porta consiglio », che il sonno, in quanto tale, è un utile artefice: che il riposo, come riposo, , è sempre una forza. Tali aiuti si debbono certamente impiegare secondo la loro natura, e non violentando la loro costituzione. Il riposo non è morte, ma è vita ed ogni vita reca il suo frutto. Potendolo raccogliere voi stessi, non lasciate agli uccelli notturni di ghermire il frutto del vostro riposo.

LA MATTINATA E LE SERATE

Di qui l'estrema importanza, sia per il lavoratore, come per l'uomo religioso, dell'uso del mattino e della sera. Non si possono preparare, sorvegliare, concludere con anima attenta le ore di riposo, se si abbandona al caso ciò che lo precede o lo segue.

Il mattino è sacro : al mattino l'anima rinnovata considera la vita come da uno svolto, donde la vede tutta intiera. Il destino è là: il nostro dovere ricomincia: è il momento di giudicarlo ancora una volta e di riconfermare con atto esplicito di volontà la nostra triplice vocazione di uomini, di cristiani e di intellettuali.

70 LA VITA INTELLETTUALE

Quando il nuovo giorno colpisce i nostri occhi e rievoca così le luci dell'anima, sembra che ci ripeta le parole che lo schiavo macedone diceva al suo padrone : c< Filippo, ricordati che tu sei un uomo ! » cc Un uomo » — dico — non in generale, ma individuato da un caso preciso, un uomo che 'è là di fronte a Dio come un fatto singolare, unico, e, per quanto sia piccolo, capace di occupare da solo il suo proprio posto.

Quest'uomo, uscendo dalle ore di incoscienza, rinnovate»,/ e rinato non considererà la sua vita con un rapido sguardo d'insieme per segnare il punto a cui è arrivato, per predi-' sporre la imminente giornata'ed avviarsi così, con passo sicuro e spirito illuminato verso la nuova tappa?

Tale dovrà essere lo sforzo combinato del primo risveglio, della preghiera mattutina, della meditazione, e sopratutto della Messa, se si ha la possibilità di ascoltarla o la fortuna di celebrarla. Il primo risveglio deve essere un « Sursum corda » ! E' eccellente abitudine dire in questo momento qualche formula cristiana : dirla ad alta voce è meglio : poiché — gli psicologi lo sanno — la nostra voce ci suggestiona e compie a nostro riguardo la parte di un doppio. Ecco lo, schiavo che non possiamo trascurare: ha da noi autorità: è noi stessi e la sua voce risuona con lo strano tono di comando di colui che è nello stesso stampo sé stesso ed un altro. Si insegna ai ragazzi, ai bambini, a « offrire il proprio cuore a Dio » : l'intellettuale, fanciullo in ciò, deve in sopra più offrire il cuore alla verità, ricordarsi che ne è il servitore, ripudiare i nemici di lei in sé stesso, amare, perché ritornino a lei, i suoi nemici esterni e rendersi consenziente agli sforzi che per quella giornata la verità richiede.

Viene in seguito la preghiera. Il p. Gratry consiglia all'intellettuale di dire Prima, che avrebbe a riscontro Com-

IL TEMPO DEL LAVORO 71

pietà per la sera: niente è infatti più bello, più efficace, più capace di aprirci l'anima. La massima parte delle preghiere liturgiche sono veri capolavori: queste poi sono ampie e dolci come un sorgere o come un tramonto di sole. Provateci: e non saprete più dir altro in seguito.

Qualunque sia la scelta, la preghiera dell'intellettuale deve sottolineare di volo ciò che lo interessa, trame profitto e rafforzare il proposito buono che il lavoro cristiano dovrà attuare. Atto di fede nelle alte verità che costituiscono il sostegno della scienza: atto di speranza nel soccorso divino per la luce intellettuale, come per la virtù: atto di carità verso Colui che è l'Amore infinito e verso coloro che il nostro studio vuole a Lui riavvicinare : Poter per domandare insieme col pane il nutrimento dell'intelligenza: 'Ave indirizzato alla Donna rivestita del sole, vittrice dell'errore e del male. In tali formule o in altre analoghe l'intellettuale ritrova sé stesso, rievoca il proprio dovere e senza isolare la propria specialità dalla vita cristiana, presa nel suo insieme può beneficiare di ciò che già è previsto per lui e per lui provvidenzialmente deposto nel tesoro comune.

La meditazione è tanto essenziale al pensatore che non c'è bisogno di riprenderne qui l'elogio. Noi abbiamo predicato lo Spirito d'orazione: e dove potrà questo meglio nutrirsi se non nella contemplazione mattutina, quando lo spirito, riposato, non ancora occupato nelle cure del giorno, portato e quasi sollevato dall'ala della preghiera, ascenda facilmente a quelle sorgenti del vero che lo studio penosamente conquista?

Se poi può essere ascoltata la S. Messa, se sopra tutto può esser celebrata, i suoi ampi orizzonti come potranno non colpirci? Non vedrete voi dall'alto del Calvario, nuova-. mente eretto, dalla Camera alta dove il banchetto d'addio

72 "? LA VITA INTELLETTUALE

si rinnova, l'umanità intiera circondarvi? quella umanità con la quale non si deve mai perdere il contatto, quella vita che dalle parole del Signore è illuminata, quella indigenza che è soccorso della sua infinita munificienza e che voi, con Lui, dovete soccorrere, illuminare, salvare per parte vostra, salvando al medesimo tempo voi stessi?

La Messa ci pone realmente in stato di eternità, ci stabilisce nello spirito della Chiesa universale ; e nell'Ile Missa est ognuno deve essere disposto e scorgere una missione, quasi un invito al proprio zelo a salvare il mondo errante e pazzo.

Una mattinata impregnata di questa rugiada, resa fresca e vivificata da tali zeffiri spirituali non può mancare di fecondità: occorre gettarcisi dentro con fede, viverla pieni di coraggio: il giorno verrà poi a disperdere la provvista di luce dell'aurora, la sera ci raggiungerà prima della completa estinzione delle luci divine, come l'anno si chiude lasciando nei granai i semi per l'anno nuovo.

La sera ! quanto pochi ordinariamente sanno santificarla, renderla placabile, prepararla ad un sonno veramente ristoratore ! Come si sciupa, o si profana, come la si rende causa di disorientazione!

Non insistiamo su quanto fanno di essa gli uomini consacrati al piacere: non è 11 caso nostro. Ma gettate uno sguardo anche a quegli uomini seri che si dicono lavoratori, uomini d'affari, industriali, pubblici ufficiali, grossi commercianti, (io parlo dell'insieme). Venuta alla sera, eccoli « sbrigliati»: non pensano più a nulla, abbandonando lo spirito alla dissipazione — che, si dice, riposa — pranzi, fumo, giucco, chiacchiere rumorose, teatro, caffè concerto, istupidimento al cinema e... riposo. Détendre, così si dice: e si è proprio détendus come un violino quando si sono allentate

IL TEMPO DEL LAVORO 73

tutte le corde. Qual fatica all'indomani, per tornare a riaccordarlo ! .

Conosco degli industriali che si riposano leggendo Pascal Montaigne o Racine. Affondati in una buona poltrona, con un lume dietro le spalle, al caldo, in seno alla famiglia tranquilla o dolcemente sorridente attorno a loro, essi vivono''. dopo aver faticato. Quegli istanti loro appartengono: sono;;^ i momenti dell'uomo, dopo che lo specialista ha lottato con,' la mente e col cuore contro mille ostacoli. ,'

Quanto ad un intellettuale, se non ha bisogno di questo^ compenso, ha però anche più bisogno di una simile calma. J La sua veglia deve essere un raccoglimento, la sua cena una' refezione leggera, il suo svago la facile sistematizzazione del;;

lavoro del giorno e la preparazione per quello del giorno se- ;

guente. Ha proprio bisogno della sua Compieta — prendo, ora questa parola in senso figurato — per completare e iniziare: giacché ogni compimento di un lavoro continuo, quale noi abbiamo proposto, è al tempo stesso un termine ed un principio. Non si chiude che per riaprire. E la sera costituisce il legame fra le varie giornate, di cui si compone la vita. Al mattino si dovrà subito vivere : bisogna disporvisi la sera e preparare la notte che fonde a modo suo, senza il nostro^ concorso, i lavori coscienti. , :

Qualunque cosa ne pensino coloro che per illusione, ispi-rata dalla passione e dall'interesse, pretendono di mantenere nell'uomo la parte del gaudente, la dissipazione non è riposo ma esaurimento. Il riposo non può consistere nella dissipazione delle forze. Il riposo è un allontanarsi dallo sforzo, in dirczione delle sorgenti di questo; è un restauro non uno sperpero folle. ;

So bene che lo spendere vale talvolta l'acquistare: ma/ allora si parla di sport, di ricreazione e noi sapremo esigere,

74 LA VITA INTELLETTUALE

non solo tollerare, questo attivo riposo. Ma non è questa la occupazione normale della sera. Per la sera c'è un doppio riposo, uno spirituale l'altro fisico: il riposo in Dio e quello nella madre natura. Ora il primo ce lo procura la preghiera ;

quanto all'altro, il riposo del corpo, visto che precede il riposo più completo della notte, bisogna anche che gli serva di preparazione.

Bisogna abbandonarsi, la sera, al dolce ritmo di cui è;

modello il respiro del sonno. Lasciare che si esercitino in noi^ i facili determinismi, che le abitudini sostituiscano le inizia- ;

tive, le consuetudini familiari la attività ardente, in una pa- <' rola rinunciare, in un certo senso, alla volontà perché si ;

inauguri l'abbandono della notte: questa è la saggezza. E la A saggezza si riconoscerà nella struttura di questa vita attenua- ,^ ta, di questa mezza-attività che si acquieta. La famiglia vi i ' contribuirà; una conversazione soave rinsalderà l'unione delle anime; si scambieranno le impressioni ricevute, i di-:

segni formati; e i propositi e le speranze saranno rafforzati. ;È. Così la vecchiezza del giorno verrà consolata, l'armonia rè-ugnerà, e si sarà celebrata una degna vigilia a quella festa che ^ ogni giorno novello deve essere per il cristiano. Il dormiente;8:

prende spesso, senza saperlo, la posizione che ebbe un;^ giorno nel seno materno. E' un simbolo. Il riposo riporta • alle origini della forza, origini dell'ispirazioni; esso ritempra: il ripiegamento generale della sera ha questo significato. Ma ritemprarsi non può significare agitarsi; è come un rifugiarsi, come un procurare rinnovato vigore al succo vitale con una pacifica concentrazione. Così si restaura in noi la vita organica e la vita sacra con un lieto abbandono, con la preghiera, col silenzio e col sonno.

IL TEMPO DEL LAVORO 75

OLI ISTANTI CREATIVI.

Abbiamo oramai superato là preparazione, la tregua utile, riposo in vista del lavoro, ed eccoci giunti al lavoro propriamente detto, e al tempo consacrato alla riconcentra-zione dello studioso, allo sforzo pieno ed intero.

Perciò chiameremo questi punti culminanti della nostra vita intellettuale, considerandone la durata: Istanti di plenitudine. La maggior parte del presente volume non ha altro scopo che di considerare l'impiego di questo tempo : non ci possiamo intrattenere d'altro dunque oramai, che di sistemarlo in sé stesso, di centrarlo, di preservarlo, di salvaguardare la cella intcriore dall'invasione che la minaccia.

I vari momenti della nostra vita hanno valori molto differenti e la distribuzione di tali valori durante la giornata obbedisce per ciascuno a leggi diverse, non si può dunque dare una regola assoluta : ma ognuno deve studiare sé stesso :

considerare la propria vita, quello che essa permétte, facilita o interdice, considerare quello che essa propone spontaneamente per le ore ardenti. Queste ore saranno tolte al mattino, alla sera, o in parte dall'uno e in parte dall'altra? Ciascuno deve stabilirlo da sé, perché egli solo conosce i propri obblighi e la propria natura, dalle quali cose dipende la struttura da imporre alle giornate. Quando si dispone di poche ore e che queste si possono scegliere liberamente, parrebbe che dovesse avere la preferenza il mattino. La notte vi ha ristorato le forze, la preghiera vi ha date le ali; la pace vi circonda e lo sciame delle distrazioni ancora tace. Ma per alcuni possono sorgere delle controindicazioni. Se il sonno è penoso, il mattino risulta agitato e torpido. Oppure manca la solitudine; si cercano allora le ore d'isolamento-

76 LA VITA INTELLETTUALE

Come che sia, fatta la scelta, si tratterà di economizzare gli istanti eletti e di economizzare sé stesso per il loro sfruttamento integrale. Bisognerà prevedere tutto perché non ci sia nulla che venga ad ingombrare, disperdere, ridurre o indebolire questo prezioso periodo. Se volete raggiungere in esso la pienezza dello sforzo creativo tutto ciò che è prepa-, razione lontana dello studio, prendete tutte le disposizioni utili ; sappiate chiaramente quello che volete e come ; riunite i materiali, le note, i libri, che non dobbiate distrarvi per dei nonnulla. Di più, perché questo tempo sia veramente preservato, e libero, bisogna alzarsi dal letto prontamente e all'ora prestabilita, mangiare cibi leggeri ; fuggire le conversazioni vane, le visite inutili ; limitare la corrispondenza al necessario ; imbavagliare i giornali. Queste prescrizioni che abbiamo date come salvaguardia di ogni vita di studio, si applicano sopratutto a ciò che ne è il centro. Quando avrete tutto disposto, previsto tutto, vi troverete immediatamente all'inizio ; vi potrete applicare a fondo, meditare e procedere. Nulla vi distrarrà, ne il vostro sforzo sarà più frammentario. Sopratutto fuggite il lavoro superficiale, non imitate quelli che restano lungamente a tavolino con attenzione distratta. Val meglio diminuire il tempo e trattarlo in profondità, accrescerne il valore che è il solo che conta.

Fate qualche cosa o non fate niente. Ma ciò che stabilite di fare, fatelo con ardore, pienamente, e che l'insieme della 'vostra attività sia una serie di forti riprese. Il mezzo lavoro, che è un mezzo riposo non giova ne allo studio ne al riposo.

Una volta che vi siate disposti così, invocate l'ispirazione. Se la dea non obbedisce sempre è però sempre sensibile agli sforzi sinceri. Non si tratta di ottenere una tensione eccessiva, ma di orientarsi, di mirare allo scopo allon-

IL TEMPO DEL LAVORO 77

tanando dal campo visivo, come fa il tiratore, ogni cosa che non sia il bersaglio. Rinnovate lo <c spirito d'orazione » ; mettetevi in istato d'eternità, il cuore sottomesso al vero, lo spirito sotto le grandi leggi, l'immaginazione aperta come un'ala, e che tutto il vostro essere senta, sopra di sé, le stelle silenziose. Molto in basso, sotto i vostri piedi staranno i rumori della vita, ma non li percepirete più, sentirete solo il canto delle sfere, che nel sogno di Scipione simboleggiano l'armonia delle forze creatrici.

Aprirsi così alla verità, astrarsi da tutto il resto, e se posso eprimermi in tal modo, dirigersi verso un altro mondo, questo è il vero lavoro ed è di questo che parliamo, quando diciamo che due ore al giorno bastano per compiere un'opera. Evidentemente è poco, ma se tutte le condizioni che abbiamo notate sono state compiute, in verità due ore bastano e valgono più delle così dette quindici ore, di cui tanti millantatori assordiscono gli echi. Alcuni martiri del lavoro hanno veramente raggiunto delle cifre favolose ; il loro caso è una felice mostruosità, a meno che non sia una rovinosa pazzia.

I lavoratori normali stimano da due a sei il numero giusto delle ore che si possono dare in modo durevole e veramente fecondo. La questione principale non è lì, ma nell'uso che se ne fa, nello spirito. Chi conosce il valore del tempo, ne ha sempre abbastanza ; non potendo allungarlo, lo solleva II tempo, come S'oro, ha uno spessore ; vai più la medaglia forte, ben coniata, e di linea pura, che il foglio dilatato dall'arte del battitore. Molti s'appagano dell'apparenza, chiacchierano molto e non lavorano mai. Bisogna notare che la seduta di lavoro profondo non può essere più uniforme di quel che non sia la vita intellettuale presa nel suo insieme. Proporzionalmente essa subisce le stesse fasi ; avanza lenta-

78 LA VITA INTELLETTUALE

mente, qualche volta penosamente, arriva al suo culmine, poi si stanca. E' un ciclo completo col suo mattino fresco, col meriggio ardente, con là sera che declina. Bisogna essere il Giosuè di questa sera perché la battaglia, sempre troppo corta, continui. Dovremo tornare a parlare delle condizioni atte a proteggere questa nostra intima chiaroveggenza : ne segnalo adesso una sola : difendere la propria solitudine con una asprezza che non rispetti più niente. Se avete dei doveri date loro in tempo opportuno ciò a cui hanno diritto; se avete amici dedicate loro delle ore speciali, se degli importuni vi sollecitano, metteteli gentilmente alla porta. Ne basta che durante le ore sacre non siate disturbati, è indispensabile per voi, avere la assoluta certezza che non lo sarete. Solo così potrete realizzare una tensione feconda. Le precauzioni severe non saranno mai troppe. Abbiate Cerbero alla porta. Ogni esigenza esteriore toglie qualche cosa all'intimo e può far perdere al vostro spirito delle preziose conquiste. « Quando i semidei se ne vanno gli Dei arrivano » (1).

Notate, però, che questa completa solitudine, unico ambiente favorevole al lavoro, non va presa in senso materiale. Una presenza può raddoppiare la vostra quiete invece di distruggerla. Se avete da presso un lavoratore ugualmente ardente, un amico assorto in qualche pensiero o in qualche occupazione armoniosa, un'anima eletta che apprezzi l'opera vostra, vi si unisca, sostenga il vostro sforzo con silenziosa simpatia e con corrispondente ardore; non sarà più una distrazione ma un aiuto. Certi giorni nelle biblioteche pubbliche ci sentiamo penetrati dal raccoglimento altrui come da un'atmosfera. Un'impressione religiosa ci soggioga: non oseremmo distrarci, non potremmo decadere. Tanto più

(1) Ralph-Waldo Emerson «Poems»

IL TEMPO DEL LAVORO 79

numerosi saranno intorno a voi gli adoratori che rendono al vero un culto in spirito e verità, più soli sarete nel vero senso, più facile e piacevole vi sarà la contemplazione. 1

Anche la casa di due giovani sposi è una immagine di;

lavoro, quando si trova presso lo scrittoio del marito il cesto da lavoro della moglie, purché l'amore sappia tacere contentandosi di ispirare nobili sogni. Nella unità della vita,?' quale l'inaugura il matrimonio cristiano c'è posto per l'unità di pensiero e per il raccoglimento che richiede. Più staranno insieme le anime gemelle, meglio si difenderanno contro il di fuori.

In ogni modo, una volta bene intesa e ben preparata, 'a solitudine va difesa ostinatamente. Non bisogna dar ascolto a nessuno, ne ad amici indiscreti, ne a parenti incoscienti, ne s a persone di passaggio ne, perfino, alla carità. Non si può avere carità per troppe cose alla volta.

Il tempo del pensatore, se questo l'impieghi veramente,' ;

è una specie di carità universale; non possiamo apprezzarlo ' che così. L'uomo di verità appartiene a tutto il genere umano, come gli appartiene la verità: non ci sono da temere'*' egoismi possibili, se ci isoliamo gelosamente per questa sublime e universale benefattrice degli uomini. <

Sappiate del resto farvi assolvere affettuosamente da , quelli che voi trascurate e che perciò qualche volta anche affligete. Sappiate comprare la solitudine: pagate il prezzo • della vostra libertà, usando agli altri delicati riguardi e affabilità. ; '

E' da augurare che il vostro isolamento sia più utile per tutti gli altri di quel che non sarebbe la vostra vicinanza. Cer- ^ cate però che ne soffrano il meno possibile. Sappiate sdebi-' tarvi: la vostra indipendenza relativa abbia del resto per;

contrappeso la vostra più completa dipendenza non appena riappare il dovere.

CAPITOLO ¥.

NEL CAMPO D E L L A V O R O

Non si possono dare consigli molto precisi su quel che sia necessario in'parare e molto meno circa le proporzioni tra i vari elementi accolti nel proprio piano di lavoro. San Tommaso non ne fa alcun accenno nei suoi sedici precetti. Si tratta infatti di vocazione personale, la quale è in stretta ,• relazione con lo scopo prefissosi. Tuttavia qualche indicazione è possibile, e il darla può servire di punto di partenza. per utili riflessioni personali. ;

LA SCIENZA COMPARATA;^

Noi non pretendiamo prendere yui la questione alla sua. prima origine: giacché stiamo parlando a persone che hanno già superato il periodo scolastico propriamente detto e che si propongono invece di organizzare o di completare studi profondi. In tal caso il nostro soggetto richiama a proposito le interessanti osservazioni del P. Gratry circa la Scienza.'. comparata. Si può pensare che lo sviluppo di questo tema,1 quale egli lo presentò nelle « Sorgenti » sia alquanto invecchiato: ma il fondo del suo pensiero permane, e i giovani intellettuali dovrebbero sempre seriamente meditarlo.

NEL CAMPO DEL LAVORO 81

Abbiamo detto scienza comparata: e con ciò intendiamo il dovere di allargare le proprie cognizioni specializzate al campo di tutte le discipline con esse aventi qualche connessione e poi riconnettere tali cognizioni specializzate e il loro insieme alla filosofia generale ed alla teologia.

Anche essendo obbligati a seguire una specializzazione determinatissima, non è ne saggio ne fecondo, chiudersi m essa. Ciò equivarrebbe a mettersi i parecchi. Nessuna scienza è capace di bastare a sé stessa: nessuna disciplina, esaminata da sola, ha in sé luce sufficiente ad illuminare le sue proprie vie. Se si lascia isolata, essa si ingrettisce, si intristisce, si impallidisce e alla prima occasione si svia. Ogni cultura parziale è sempre indigente e precaria e lo spirito ne subisce senz'altro le conseguenze, per cui vengono a mancargli quella non so quale libertà di movimento e quella non so quale sicurezza di sguardo, senza le quali le sue conquiste restano paralizzate.

Si può dire, senza esser paradossali, che ogni scienza portata alle sue ultime conclusioni, farebbe germinare tutte le altre scienze, e poi dalle scienze la poesia, e dalla poesia e dalle scienze la morale e poi la politica e la stessa religione in ciò chfe essa ha di semplicemente umano. Tutto è in tutto:

ed una separazione non è possibile che per via di astrazione. Ora astrarre, dice il proverbio, non è mentire : abstrahere non est mentiri: ma ciò è vero solo a condizione che la astrazione — la quale distingue, isola metodicamente, e concentra la luce su di un sol punto — non giunga fino a separare l'oggetto dei suoi studi, da quanto più o meno direttamente ha da esso dipendenza. Distaccare completamente l'oggetto, da quanto è in comunicazione con esso, significa in certo senso falsarlo, perché quelle relazioni facevano parte integrante di lui.

6 — La vita intellettuale.

82 ; LA VITA INTELLETTUALE

Si può studiare un pezzo di orologio senza pensare al pezzo vicino? Si può studiare un organo senza aver presente:

il corpo? In modo analogo non è possibile fare progressi in fisica o in chimica senza il soccorso della matematica, in astronomia senza l'aiuto della meccanica e della geologia, in morale senza la psicologia, in psicologia senza le scienze naturali, in tutto senza la storia. Tutto si collega. Le varie luci si incrociano e un trattato intelligente di ogni scienza fa allusione più o meno a tutte le altre.

Se dunque vi volete preparare un spinto aperto, limpido, veramente forte, diffidate del principio della specializzazione: stabilite le fondamenta a secondo dell'altezza cui volete arrivare ; allargate la bocca dello scavo a seconda della profondità cui volete giungere: persuadetevi del resto che il sapere non è ne una torre ne un pozzo, ma un'abitazione d'uomo. Se uno specialista non è anche un uomo diventa un inetto, anormale e sciocco: la sua splendida ignoranza fa di lui uno sperduto fra gli uomini. L'intellettuale cattolico non copierà questo modello: siccome appartiene al genere umano per la sua vocazione, vuoi cominciare col farne parte: così procederà di passo franco e su terreno solido. .

La nostra scienza ha tentato di scandagliare la notte in tutti i sensi : gli scienziati frugano le tenebre per raccoglierne luci inestinguibili. E questo nobile sforzo non può lasciare indifferente nessun vero pensatore. Seguire fino ad un certo punto le ricerche dei vari esploratori è per voi un obbligo che si risolve alla fine in una decuplicata capacità per i vostri propri studi. Quando arriverete alla specializzazione, dopo aver così esperimentato numerose cognizioni, e ampliato l'orizzonte e acquistato i! senso delle profonde connessioni, sarete un uomo molto diverso da chi si confina in una angu-

NEL CAMPO DEL LAVORO 83;

sta disciplina. Ogni scienza, coltivata da sola, oltre ad essere insufficiente, presenta anche dei pericoli sempre riconosciuti da tutti gli uomini di buon senso. I matematici isolati falsano il giudizio, abituandolo ad un rigore che nessuna altra scienza comporta, ancor meno la vita reale: la fisica e la chimica ossessionano con la loro complessità, senza dare allo spirito vastità alcuna: la fisiologia spinge al materialismo, la astronomia alla divagazione, la geologia rende simili ad un cane da caccia, la filosofia fa insuperbire, la teologia espone alle deviazioni impervie e all'orgoglio dottorale. Bisogna passare da uno spirito all'altro a fin di correggerli l'uno con l'altro : bisogna alternare la cultura per non sciupare il suolo. Ne crediate che lo spingere fino ad un certo punto questo studio comparato sia un sovraccarico e vi provochi un ritardo per il vostro studio speciale: non vi sovraccaricherete perché le luci che nascono dal confronto tra le varie scienze vi faciliteranno invece ogni ricerca: acquistando maggior vastità lo spirito diverrà più atto a ricevere senza

'sentirsi aggravato.

Quando si accede al centro delle idee tutto diviene facile e qual miglior modo di arrivare al centro che quello

; di tentare differenti vie, le quali tutte, come i raggi di un cerchio, danno il senso di convergere verso un punto di ritrovo comune? Conosco un linguista che in quindici giorni decifra un lingua nuova. Perché? Perché ne conosce molte

: altre. Egli afferra a prima vista lo spirito del suo nuovo idioma, i suoi caratteri fondamentali e l'intiera sua costitu—

: zione. Le scienze sono le lingue diverse con cui gli uomini esprimono balbettando la natura per sé inesprimibile. Deci-frandone parecchie si rende più facile il possesso di ognuna, giacché in fondo sono tutte una cosa sola. Per di più l'istinto potente e l'entusiasmo destato in ogni uomo di molte doti

84 LA VITA INTELLETTUALE

da una tal maniera di viaggiare attraverso alle scienze e di J^ esplorare questi magnifici domini — come si visitano volta a';;' volta i fiords di Norvegia, il Corno d'oro, le tombe di ; ;

Egitto, le pampas d'America e i palazzi cinesi — quell'ar- „ dorè quasi epico, dico, da cui è preso ogni forte intelletto al.,i contatto delle grandezze spirituali, comunica allo studio un.' fervore ed una facoltà veramente meravigliosa. :'

Un rabbino, cui tu rimproverato di sovraccaricare la, :

legge rispose: « Quando uno staio è pieno di noci, ci si pos-:;? sono mettere molte misure d'olio ». Era un uomo di zelo.^1 E lo zelo compie nella capacità spirituale la stessa funzione^ del calore sulla materia: riesce a dilatarla. Una coppa al^'l sole ha maggior capacità che all'ombra. Uno spirito, ine-' briato allo spettacolo del vero, diventa capace di imparare senza fatica e con gioia tante di quelle cognizioni che loi:

stancherebbero, se avesse l'unica base di una sola scienza.!;

Gli uomini veramente grandi sono sempre stati più o meno universali : eccellendo in un campo furono negli altri almeno dei curiosi, spesso dei sapienti, talvolta anche degli specialisti. Non si sarebbero potuti confinare in un solo ramo di scienza degli uòmini come Aristotele, Bacone, Leonardo da Vinci o Leibnitz. All'Accademia delle Scienze Enrico Poincaré faceva meravigliare i colleghi di tutte le sezioni per le sue geniali opinioni: consultarlo equivaleva a porsi di colpo nel centro del sapere, là dove non ci sono più scienza diverse.

Se anche non avete pretese di questo genere, resta sempre vero che ciò che hanno praticato i grandi è per ciascuno una indicazione feconda. ;.

Tracciatevi un largo piano, che a poco a poco dovrà, andare restringendosi nei riguardi del tempo consacrato ad ogni studio secondario, ma non nei riguardi della vastità

NEL CAMPO DEL LAVORO ^85

dell'orizzonte e dello spirito del lavoro. Scegliete bene i vostri consiglieri. Uno solo, scelto fra mille, per l'insieme; altri per ogni parte se è necessario. Dividete il tempo e regolate la successione dei vari studi, questo non va lasciato al caso. ,,''

In ogni caso andate diritti all'essenziale: non vi attardate sulle minuzie: non è in questo che le scienze hanno i loro collegamenti: spesso li hanno nel dettaglio, ma nel det^l taglio caratteristica è cioè ancora ne! fondo. 4;

Del resto non vi potrete diligere in tutto ciò prima di aver penetrato quello che ci resta da dire. \ Nello stesso modo che nessuna scienza particolare basta a sé stessa, così neppure l'insieme di tutte le scienze basta a sé stesso senza la regina di tutte: la filosofia; ne l'insieme delle conoscenze umane senza la sapienza risultante dalla stebsa scienza divina: la teologia.

Il P. Gratry ha enunciato su questo punto, delle verità capitali, e S- Tommaso, ancor più profondamente ha segnato il posto, il rango di queste due regine del doppio reame (1).

Le scienze senza la filosofia restano scoronate e disorientate. Le scienze e la filosofia, senza la teologia decadono ancora di più perché la corona ripudiata è una corona celeste e il disorientamento che ne segue è ancor più irrimediabile giacché la terra, senza il ciclo, non trova più ne la traiettoria per la sua rotazione, ne gli influssi che la rendono,, feconda. ;',

O^gi che la filosofia è decaduta, le scienze si abbassano ;

(1) Vedere principalmente nella Somma teologica tutta la Prima Questione ; nel Commentario sul De Jrinitate di Boezio la Questione II art, 2; nel Contro. Oentes, il l.o capit. del 1.o" libro.

86 LA VITA INTELLETTUALE ,

e si disperdono; oggi che la teologia è ignorata, la filosofia è sterile, non conclude più a niente, fa della critica senza bussola, e anche senza bussola, fa della storia: è settaria e 'spesso distruggitrice, è talvolta comprensiva e eccessivamente adattabile, non comunica mai ne sicurezza ne luce: non insegna. Per i filosofi, che hanno la doppia disgrazia di ignorare e di ignorare che ignorano, la teologia è cosa dell'altro mondo. Si, certo, la teologia è, infatti, dell'altro mondo riguardo al suo oggetto, ma l'altro mondo _ sostiene questo, lo continua in ogni senso e non è da meravigliarsi che valga perciò ad illuminarlo.

Un' intellettuale cattolico che appartenga realmente al nostro tempo non può dunque, per parte sua, far niente di meglio che lavorare per ricostruire quell'ordine che è venuto a mancarci.

Le attuali deficienze dottrinali non si riscontrano tanto nella quantità delle cognizioni quanto nella loro armonia, armonia che si ottiene soltanto col riferimento ai primi principii (1).

L'ordine" intellettuale deve corrispondere all'ordine reale e poiché l'intelletto non si istruisce veramente che attraverso alla ricerca delle causalità, l'ordine intellettuale deve corrispondere all'ordine delle cause.

Se, dunque, c'è un Essere primo, ed una Causa prima, è esso il termine in cui si compie e s'illumina ogni sapere. L'uomo di verità, prima di tutto come filosofo, per mezzo della ragione, quindi come teologo servendosi della luce che

(1) Carlo Dunan ha scritto questa frase impressionante : » Per la filosofia moderna i problemi trascendentali sono nulli e inesistenti. Ma la reciproca è vera: se questi problemi esistono, è la filosofia moderna che non esiste ». Les deux idéalismes, pag. 182, Paris, 1911, Alcan, edit.

NEL CAMPO DEL LAVORO 87

gli viene dall'alto, deve porre al centro della sua ricerca ciò che è punto di partenza, regola e termine fondamentale, ciò che è tutto, per tutto e per tutti.

L'ordine non si raggiunge in nessun genere di cose o di discipline che al momento in cui i principii, schierati gerarchicamente fino al principio primo, rappresentano la loro parte di principii, di capi, come in un'armata, come in una casa ordinata, come in un popolo. Oggi abbiamo ripudiato i principii primi e la scienza s'è sbandata. Non abbiamo più che le briciole, dei magnifici orpelli ma nessun abito, dei magnifici capitoli ma nessun libro completo, nessuna Bibbia.

Le Bibbie del sapere sono state, un tempo, le Somme:

noi non abbiamo più somme ne nessuno che sia capace di scriverne una.

Tutto è caotico. Tuttavia se una Somma collettiva è prematura, ogni uomo che pensi e che desideri veramente di sapere, può tentare di costituire una somma sua personale, può cioè tentare di introdurre l'ordine nelle sue cognizioni, facendo appello ai principii di quest'ordine, vale a dire filosofando e coronando la sua filosofia con una teologia sommaria ma profonda.

Gli scienziati cristiani, dal principio alla fine del secolo XVII sono stati tutti teologi e gli scienziati, cristiani o no, fino al secolo XIX sono stati tutti filosofi. Da allora in poi il sapere si è abbassato ; ha guadagnato in vastità ma ha perduto in altezza e per conseguenza in profondità, giacché la terza dimensione ha due sensi che corrispondono. Che il cattolico, cosciente di questa aberrazione e delle sue conseguenze non vi soccomba; divenuto intellettuale o desideroso di diventarlo, che egli tenda alla intellettualità completa, che sviluppi tutte le proprie attitudini.

« La teologia, diceva il P. Gratry, è venuta a fare sul-

.• % !. 88 LA VITA INTELLETTUALE

l'albero della scienza, un innesto divino, grazie al quale quest'albero può dare dei frutti non suoi. Non si toglie nulla al suo succo, gli si da, al contrario un corso glorioso. Tutte le conoscenze sono vivificate e tutte le discipline allargate in ragione di questo nuovo slancio impresso al sapere, di questo appello fatto dalle facoltà umane ad una collaborazione celeste.

L'unità della fede da al lavoro intellettuale il carattere di una immensa cooperazione. E' l'opera collettiva degli umani uniti in Dio. Per questa ragione la scienza cristiana quale è attualmente e ancora più quando sarà stata scritta la Somma del tempo moderno non può che sorpassare in ampiezza e in ispirazione tutti i monumenti dell'antichità e del neo-paganesimo.

Le Enciclopedie non le somigliano più di quel che Ba-bele somigli alle cattedrali.

Cercando la verità non si dovrebbe poter ignorare un tale tesoro. Io spero che la prossima generazione messa sulla buona via da questa nostra, così notoriamente superiore alle precedenti, affronterà risolutamente e senza rispetti umani la scienza delle scienze, il cantico dei cantici del sapere, la teologia ispiratrice che sola conduce ad una conclusione definitiva. Vi troverà al tempo stesso la maturità e il volo, iL lirismo possente e calmo che è la vita completa dello spirito. Non è tanto difficile quanto si crede penetrare la teo-'ogia e nemmeno è uno studio molto lungo per il grado che si tratta di raggiungere. Adottarla come specializzazione sarebbe un'altra cosa. Consacratele quattro ore la settimana durante i cinque o sei anni che una formazione presuppone e sarà sufficientissimo ; non avrete, in seguito, che da conservare.

Ma, sopratutto badate di non affidarvi a dei falsi mae-

NEL CAMPO DEL LAVORO 89

:: affrontate subito S. Tommaso d'Aquino. Studiate la-Somma senza trascurare di informarvi precedentemente con ;

estrema esattezza deF contenuto della fede. Abbiate sotto mano il Catechismo del Concilio di Trento. Possedete pienamente questo manuale e seguite giorno per giorno, con S. Tommaso, lo sviluppo razionale della scienza divina. Il testo in principio vi apparirà arido, astruso ; poi, a poco a poco, brilleranno le luci dominatrici; le prime difficoltà, vinte, avranno per ricompensa delle nuove vittorie; imparerete il linguaggio locale e dopo un certo tempo vi circolerete come in casa vostra sentendo che è una dimora sublime.

S'intende che dovete studiare in latino, perché le traduzioni della Somma sono traditrici. Chi si lasciasse arrestare ;i dal piccolo sforzo di decifrare una lingua di cui uno spirito ;[ comune viene a capo in un paio di mesi, non meriterebbe che ci occupassimo della sua formazione: parliamo agli entusiasti: che costoro, desiderosi di entrare nella «cella vi-naia » si dian la pena di cercarne la chiave. Sarebbe utile qualche opera di introduzione che vi facesse presentire il contenuto di S. Tommaso e ve lo facesse pregustare. Non vi ci indugiate ma prendete questa mano che vi viene tesa per mettervi in cammino (1).

Anche un ripetitore di spirito largo e ben informato sarebbe d'immenso aiuto in principio, direi quasi che sarebbe indispensabile. Vi inizierebbe a mano a mano al vocabolario speciale del tomismo, vi eviterebbe esitazioni ed equivoci, illuminerebbe un testo con l'altro, vi segnalerebbe le piste e vi risparmierebbe dei passi falsi. Tuttavia, persuaso come sono del danno che recano gli amici inesperti, dello scoraggiaci Cfr. come opera elementare: Jacques Maritain, Eléments de Phttosophie, Téqui, 1920. Per i lavoratori più avanzati : A. D. Sertillanges S. Jhomas d'Ayaln. Alcan, 1910.

90 LA VITA INTELLETTUALE

mento e di quella specie di scandalo, prodotto dai commenti sciocchi, dico: preferite la solitudine ad un aiuto limitato, sforzatevi di spezzare il guscio, ne riporterete delle lividure, ma quando esso avrà ceduto, S. Tommaso in persona costruirà il suo discepolo. A tale scopo consultate accuratamente per ogni articolo i differenti passi cui le note vi rinviano: consultate quel tesoro che è l'index tertius, confrontate, fate che i documenti si completino, si commentino a vicenda e compilate oa voi stessi il vostro articolo. Ginnastica eccellente che vi procurerà allo spirito agilità, vigore, precisione, odio del sofisma e dell'impreciso, ampiezza e al tempo stesso immagazzinamento di nozioni nette, profonde, ben concatenate, sempre ricollegate ai loro primi principi e costituenti nella loro compagine ordinata una potente sintesi.

IL TOMISMO, QUADRO IDEALE DEL SAPERE

Son così giunto naturalmente ad esporre il mio perì-;

siero relativamente al Tomismo, considerato come quadrò;

della scienza comparata.

Non è da contestare l'utilità di possedere al più presto, possibilmente fin dal principio, un insieme di idee direttrici, formanti corpo, e capaci, come il magnete, di attrarre e subordinare a sé tutte le nostre conoscenze. Chi manca di ciò, rassomiglia nell'universo intellettuale al viaggiatore che per aver avvicinato molte civiltà disparate e dottrine contrastanti cade assai facilmente nello scetticismo.

Questo smarrimento è una delle grandi disgrazie del nostro tempo : uscirne, grazie all'equilibrio intellettuale, che nasce da una dottrina sicura, è un beneficio incomparabile. In ciò il Tomismo è sovrano. Si direbbe che è stato creato

NEL CAMPO DEL LAVORO 91

da sette secoli per estinguere la nostra sete. In confronto dell'acqua melmosa, che ci viene data, esso apparisce una limpida sorgente.

Dopo aver vinto, con uno sforzo vigoroso, le prime difficoltà dipendenti dal linguaggio arcaico, esso rassicura lo spirito, lo fonda in piena luce e gli offre un quadro al tempo stesso elastico e resistente per le sue ulteriori conquiste.

Il tomismo è una sintesi. Non è tuttavia una scienza completa ; ma la scienza completa vi si può appoggiare come ad una potenza di coordinazione e di elevazione quasi miracolosa. Se un papa ha potuto dire dell'opera di S. Tom-maso, presa nel suo dettaglio: Quot articuli, tot miracula, a ben più forte ragione è un prodigio l'insieme.

Studiate questo sistema, apprezzatene i caratteri, giudicatene le idee dominanti, poi il loro ordine, poi la fecondità della loro genealogia discendente, l'apertura d'angolo, o per dir meglio la capacità vitale di ogni nozione di fronte ai fatti e alle nozioni accessorie che possono nutrirla,: vedrete con meraviglia che nessun insieme parziale può essere paragonato a questo come forza d'attrazione, per il tutto, che nessun seme ha più potere di questo per assorbire ed incanalare i succhi della terra.

Il tomismo è una posizione spirituale scelta talmente bene, così lontana dai limiti estremi dove si sprofondano gli abissi, così centrale in rapporto alle alte vette, che ci si arriva, logicamente, da tutti i punti del sapere, e che da lui si irradiano, senza interruzioni, tutte le vie del pensiero e dell'esperienza.

Ci sono sistemi in opposizione con sistemi vicini : questo li concilia in una luce superiore, conscio di ciò che li sedu-ceva e attento a render giustizia a tutto ciò che hanno di vero. Altri sistemi son stati contraddetti dai fatti: questo li

92 , LA VITA INTELLETTUALE

previene, li avvolge, li interprete, li mette al loro posto e li consacra come un diritto.

Nessuna metafisica offre alle scienze della natura dei principi di sistemazione e d'interpretazione superiore, più utili: nessuna psicologia razionale è in miglior rapporto con quello che hanno trovato la psicologia sperimentale e le scienze annesse; nessuna cosmologia è più cedevole e più atta ad accettare quelle scoperte che hanno sbaragliato tante antiche fantasticherie, nessuna morale aiuta meglio il progresso dell'umana coscienza e delle istituzioni.

Non posso tentare di provare, qui, anche in minima parte, la solidità di queste affermazioni ; aspettando che ognuno se ne accerti per conto proprio ne faccio una questione di fiducia. Ma la fiducia del cattolico non deve rivolgersi spontaneamente a colei che ha ricevuto la missione e la grazia per guidare daJl'alto il volo del suo spirito ?

La Chiesa crede oggi, come l'ha creduto dal primo giorno, che il tomismo è un'arca salvatrice, capace di mantenere in salvo gli spiriti, nel diluvio delle dottrine. Essa non lo confonde con la fede, e neppure con la scienza considerata in tutta la sua ampiezza; sa che non è infallibile e che ha partecipato degli errori del suo tempo in tutto ciò che è teoria transitoria; ma stima che la sua membratura risponda alla costituzione del reale e dell'intelligenza, e constata come la scienza e la fede vi concorrono perché esso ha preso posizione tra loro come un castello all'incrocio di due vie.

In questo campo non si può imporre niente ; ma io dico a colui che si dedica alla scienza comparata, cioè che forma il proponimento di procedere di pari passo nelle scienze particolari, nella filosofia e nella teologia come in un'unica e sola ricerca: interrogatevi, cercate di aver nel cuore sufficiente fede nella vostra guida secolare, da non doverle mer-

NEL CAMPO DEL LAVORO 93

canteggiare una libera adesione filiale. Se ci riuscite la vostra fedeltà avrà la sua ricompensa; salirete ad un livello sconosciuto al solipsismo orgoglioso e alla modernità sprovvista di una base eterna. ^

, LA SPECIALIZZAZIONE

Completiamo subito quello che abbiamo detto della scienza comparata, perché non si creda che, con questo nome, tendiamo ad una scienza enciclopedica.

Più si sa, date certe condizioni, e meglio è; ma siccome di fatto queste condizioni ci sono raramente e oggi meno che mai, lo spirito enciclopedico è nemico della scienza.

La scienza consiste in profondità più che in vastità di superficie. Essa è una conoscenza delle cose attraverso alle cause e le cause vanno a fondo come radici. Bisogna sempre sacrificare l'estensione alla penetrazione per questa ragione, che l'estensione per sé stessa non è niente, e che la penetrazione, introducendoci al centro dei fatti, ci fornisce la sostanza di quello che si cercava.

Abbiamo consigliato una certa estensione, ma proprio in favore della profondità e a titolo di formazione. Una volta raggiunta la formazione e assicurate le possibilità d'approfondimento, bisogna incominciare a scavare e solo la specializzazione ce ne rende capaci.

Capita di frequente che ciò che è indispensabile al principio divenga nocivo in seguito. Il danno si manifesterebbe qui in più d'una maniera e condurrebbe per vie diverse alla decadenza dello spirito.

Al principio ognuno ha le proprie capacità, le proprie risorse, le difficoltà inferiori o esteriori e ci dobbiamo chie-

94 \- LA VITA INTELLETTUALE

dere se sarebbe saggio coltivare ugualmente ciò per cui abbiamo disposizione e ciò che è più o meno fuori dalle nostre possibilità. Vincere una difficoltà è bene e si deve fare, ma la vita intellettuale non deve essere un continuo acro-batismo. E' molto importante lavorare con gioia, con relativa facilità dunque e nella dirczione delle proprie disposizioni. Avanzando ugualmente per diverse vie bisogna cercare di indovinare sé stessi e, una volta capita la propria vocazione speciale, bisogna dedicarvisi esclusivamente.

In seguito un pericolo minaccia gli spiriti che si occupano di troppe cose: ed è il contentarsi di poco.

Soddisfatti dalle loro esplorazioni attraverso tutto; sospendono il proprio sforzo ; i loro progressi, rapidi in principio, son quelli del fuoco fatuo sulla terra. Nessuna energia si dispiega a lungo se non viene stimolata dalla crescente difficoltà e sostenuta dall'interesse, anch'esso crescente, di un laborioso lavoro d'escavazione. Dopo aver esaminate l'insieme, e averlo giudicato nelle sue relazioni e nell'unità dei principii fondamentali, è urgente, se non si vuoi restare sempre allo stesso punto, di darsi ad un lavoro preciso, limitato, proporzionato alle proprie forze, e di dedicarcisi con tutta l'anima.

Le nostre proposizioni poco fa enunciate trovano qui la reciproca. Dicevamo: Bisogna mettersi per vie differenti per aver il senso degli incontri ; bisogna abbracciare tutta la terra per raggiungere le profondità. Quando si sa a fondo una cosa, per poco che non si sia ignoranti delle altre, queste altre cose si avvantaggiano dell'approfondimento compiuto sulla prima. Tutti gli abissi si somigliano, tutte le fondamenta comunicano.

Per di più, supponendo che uno si dedichi con la stessa durevole energia a tutti i rami del sapere, ci si troverebbe

NEL CAMPO DEL tÀVORO 03

ben presto davanti ad un lavoro impossibile. Che fare? Avendo voluto essere legione, avremo dimenticato perfino d'esser qualcuno; volendo diventare giganti ci diminueremo come uomini.

Nella vita ciascuno ha l'opera sua, e ci si deve applicare coraggiosamente, lasciando agli altri quel che la Provvidenza riserva per loro. Bisogna evitare la specializzazione fintante che non si sia divenuti uomini colti e, per quanto riguarda l'eroe di questo libro, uomini superiori ; ma bisogna far nuovamente appello alla specializzazione quando si tratti -di essere un uomo, che esercita una funzione e che si propone un rendimento utile. In altri termini, bisogna comprendere tutto, ma con lo scopo di pervenire a fare qualche cosa.

'^1 SACRIFICI NECESSARI

Da tutto ciò si conclude alla necessità di risolversi, a suo tempo, ai sacrifici necessari. E' doloroso il dire a sé stessi :

prendendo una via ne abbandono mille. Tutto è interessante; tutto potrebbe essere utile; tutto attrae e seduce uno spirito generoso ; ma c'è la morte ; ci son le esigenze dello spirito e delle cose: bisogna ben sottomettersi e contentarsi di avere, per tutte le cose che il tempo e la giusta moderazione vi tolgono, uno sguardo di simpatia, che sarà pure un omaggio al vero.

Non vi vergognate d'ignorare ciò che non potreste sapere che a prezzo della dispersione. Che ve ne sentiate umiliati, sì, visto che ciò segna i nostri limiti ; ma l'accettare i nostri limiti è una virtù da cui risulta una grande dignità:

quella dell'uomo che resta nella legge e che compie la propria missione.

95 'LA VITA INTELLETTUALE;;

,'F-'

Noi siamo piccola cosa, ma facciamo parte di un tutto e ne abbiamo l'onore. Ciò che noi non possiamo fare, Dio lo fa, lo fanno i fratelli ed è come se lo facessimo noi stessi che siamo con loro nell'unità dell'amore. Non vi crediate dunque capaci di tutto : misurate voi stessi e misurate il vostro:' compito. Dopo qualche inevitabile incertezza sappiate limi-i tarvi senza rigidezza: per mezzo di letture e, occorrendo,!, anche di piccoli lavori, conservate il beneficio della cultura;;

generale acquistata precedentemente, il contatto coi vasti' orizzonti ; ma il più e il meglio del vostro tempo e delle;

vostre forze impiegatele nel concentrarvi. Il semi-scienziato non è colui che sa la metà delle cose, è colui che le sa a mezzo. Sappiate ciò che avete-stabilito di sapere, e volgete un semplice sguardo a tutto il resto. Ciò che non fa parte deila vostra vocazione precisa, abbandonatelo a Dio che ne avrà cura. Non rinunciate alle vostre personalità per volervi sostituire a tutti.

CAPITOLO VL

LO S P I R I T ólib E L LAVORO

Una volta determinato il campo del lavoro, è bene fissare lo spirito che deve animare il lavoratore e questo dovrà essere innanzi tutto — prima ancora di determinare qualsiasi modo particolare della sua applicazione — uno spirito di Zelo. a Illuminati sui tuoi dubbi » dice S. Tommaso al suo discepolo. Uno spirito attivo è costantemente in cerca di qualche virtù, che costituisce per lui in quel momento la immagine della verità integrale alla quale ha votato il suo , culto. L'intelligenza è simile al fanciullo, che non cessa mai di domandare: «perché?». Un buon educatore non lascia' mai insoddisfatta questa feconda ansietà ; ma profitta di ogni nuova curiosità, come di un rinnovato appetito, per nutrire solidamente il nascente organismo spirituale.

L'ARDORE DELLA RICERCA

L'anima nostra non invecchia, ma si sviluppa continua' mente; rispetto alla verità è sempre fanciulla. E poiché la sua educazione permanente è affidata a noi stessi, dobbiamo, per quanto è possibile, non lasciare mai insoluto alcuno di quei problemi che si pongono durante il corso del nostro

7 — La vita intellettuale.

98

LA VITA INTELLETTUALE

lavoro ne senza appropriata conclusione le nostre investigazioni. L'uomo di studio sia dunque sempre in agguato per;

sorprendere la verità. Mentre è dedito al proprio lavoro, lo;;,'

'Spirito spira in lui, forse si rivela al di fuori, invia i suoi pro-^ feti, uomini, cose, libri, avvenimenti: l'anima attenta non deve trascurar nulla, perché questo spirito di verità, come la Grazia, spesso passa e non torna. Del resto non è esso stesso > una grazia?

La grande nemica del sapere è la nostra indolenza ; e ;

quella pigrizia originaria che rifugge dallo sforzo, che ci permette ogni tanto qualche breve slancio ; ma ben presto ci fa ricadere in un automatismo negligente, considerando come un vero martirio ogni slancio vigoroso e costante. Un martirio forse, data la nostra costituzione, ma a questo martirio bisogna pur essere preparati se non vogliamo rinunciare allo studio : che cosa si può infatti compiere senza una maschia energia? Lo spirito è come un aereoplano che non può mantenersi in alto se non progredendo con tutta la forza della sua elica. Fermarsi è cadere.

Al contrario un ardore tenace può condurci al di là di tutti i limiti previsti nei nostri sogni. Non si sa fino a qua! punto l'intelligenza è duttile e capace di slancio. Bossuet ha detto: «Lo spirito dell'uomo può fare scoperte all'infinito;

; solo la pigrizia pone limiti alla sua sapienza e alle sue inven— zioni ». Quel che noi prendiamo come barriera non è, per lo più, che l'impedimento opposto dai nostri difetti e dalla debolezze dei nostri sensi. Tra la concezione e il progetto, tra il progetto e l'esecuzione, tra l'esecuzione e il compimento di un'opera quante incertezze e quante cadute!

La consuetudine dello sforzo ravvicina queste tappe e , fa sì che si giunga rapidamente dalla concezione al compimento. L'uomo forte innalza davanti a sé la scala di Gia-

LO SPIRITO DEL LAVORO 99

cobbe perché vi ascendano e discendano gli Angeli che ci ;

visitano. • / ^

Certi spiriti giungono presto a contentarsi di alcune conquiste. Hanno incominciato col lavorare, ma in seguito hanno perduto il senso del loro vuoto : non sospettano neppure che siamo sempre vuoti di ciò che non abbiamo e che in un campo illimitato di ricerche non si può mai dire c< fermiamoci qui ». Se non si trattasse che di apparenza e di utilità, un piccolo patrimonio di idee potrebbe bastare. Molti si giovano così di un leggero paravento per mascherare ad altri e a sé stessi una immensa ignoranza. Ma una vera vocazione non si soddisfa con sì poca spesa. Essa considera ogni acquisto come un punto di partenza: sapere, cercare, sapere ancora e ricominciare a cercare è la vita dell'uomo consacrato alla verità, come il guadagno è sempre lo scopo dell'avaro, qualunque sia la sua ricchezza. L'intellettuale sincero dice ogni giorno al Dio di Verità: « Lo zelo della tua casa mi divora».

Sono sopratutto coloro che hanno già progredito, quelli che debbono guardarsi da una simile tentazione. Conosciamo bene il caso di quelli che chiamiamo « i santoni » vecchi scienziati, soffocati dagli omaggi, sopraffatti dalle esigenze altrui e che perdono nell'esibizionismo il tempo altre volte dedicato alle indagini. Meglio attrezzati non producono più ;

sorretti in tutti i modi, non sono più che l'ombra di sé stessi. Del pittore Henner alla fine della vita si diceva: « Non fa più che del falso Henner ». Io non sottoscrivo questo giudizio ma la frase crudele dovrebbe incutere spavento a tutti coloro cui si potrebbe indirizzare.

Non bisogna dissimularsi che anche fra i giovani si riscontra questo rammollimento prematuro, per cui, contenti di qualche reale o apparente conquista, la sfruttano senza misura, e sciupano in un lavoro di sottilizzazione quelle ener-

100 LEVITA INTELLETTUALE^^

gie che sarebbero molto più utilmente impiegate in nuove conquiste. ' . Il vero pensatore s'accinge al lavoro con tutt'altro spirito; è trascinato da un istinto di conquistatore, da una foga, ;

da uno slancio, da una ispirazione eroica. Un eroe, non si pone limiti. Un Guynemer considera una vittoria come la ;

prova generale di un'altra vittoria futura; con attività mol-, ,'.! teplice egli vola, contrattacca, colpisce l'avversario, si rivolge i?1 i contro un altro e vede solo nella morte la fine della sua|'i'';;

carriera. .^'^

Bisogna cercare continuamente, non desistere dallo';. ^, sforzo. La natura fa rifiorire l'erba selvatica, fa brillare gli astri, fa scorrere l'acqua giù dai monti, le fa superare gli osta- ' coli, colmare gli avvallamenti sempre sognando il mare che i" l'attende e che forse raggiungerà. La creazione, in qualun- '.i que stadio, è una continua aspirazione e lo spirito che è in ' ;

potenza tutte le cose, non può limitar da sé stesso le proprie t forme ideali, più di quel che non possa limitare le forme naturali di cui quelle sono il rinesso.

Questo spirito di zelo si deve conciliare con una concen- i / trazione che ci viene raccomandata da tutti gli uomini di pensiero profondo. Non c'è nulla di tanto disastroso quanto la dispersione. Diffondere la luce equivale a indebolirla in proporzione geometricamente crescente. Se invece si concentra con l'interposizione di una lente, quello che prima era appena scaldato dal libero irradiamento brucia al fuoco in cui convergono tutti i raggi. Bisogna che il vostro spirito impari a farsi una lente della attenzione convergente ; che l'anima vostra sia tutta protesa verso quello che vi si impone come idea dominante, assorbente-Ordinate in serie successive i vostri lavori per potervi dare tutti intieri a ciascuno.

LO SPIRITO DEL LAVORO 101

Che ogni compito vi occupi a fondo come se ci fosse quello solo. Questo era il segreto di Napoleone e di tutti gli uomini di grande attività. Gli stessi geni furono grandi solo perché applicarono tutta la forza di cui erano capaci là dove avevano deciso di segnare la propria impronta.

Bisogna fare una cosa per volta a tempo debito, quando si siano raggiunte tutte le condizioni necessario, consacrandole la pienezza delle risorse di cui si dispone, e una volta condotta a termine si può passare tranquillamente ad una altra. E' incredibile quale cumulo di lavoro si possa compiere con questo sistema che evita un'inutile agitazione.

Non intendo con ciò che non si possano avere varii lavori in cantiere ; anzi questo è necessario perché l'interruzione e l'alternarsi di differenti lavori ci riposa e ci permette di giudicarci meglio e, quando ce ne sia bisogno, anche di riprenderci. Vuoi dire che quello che abbiamo notato a proposito della concentrazione va applicato ugualmente ad ogni lavoro e ad ogni sua ripresa. Mentre ci dedichiamo a questo, dobbiamo escludere quello, stabilire un sistema di tramezzi per poter approfondire una data questione e solo dopo fatto ciò passare ad un'altra.

Gli andirivieni non concludono a nulla. Il viaggiatore che va a tentoni e si mette successivamente per vie diverse si stanca, si scoraggisce e non procede. Invece la continuità per una stessa via, e le energiche riprese, che seguono, ai riposi opportuni, come quando la prima fase di un'azione sia compiuta, è il sistema di ottenere una produzione massima, e di conservare al tempo stesso il pensiero limpido,, il coraggio intatto. L'anima del vero lavoratore, nonostante ;

la molteplicità successiva delle sue preoccupazioni, dovrebbe;;

sempre mostrarsi tranquilla e nobile di fronte all'ostacolo.

Aggiungete che questa legge, uguale per ogni genere di:

102 LA VITA INTELLETTUALE

attività, si rafforza quando si tratti di pensiero puro, in ragione dell'unità del vero e dell'importanza-di mantenercene sotto gli occhi tutti gli elementi, perché ne venga fuori la;

luce. '.^

Ogni idea, per poco che sia tale veramente, è ricca all'infinito ; collegandosi a tutte le altre essa può rigenerarsi continuamente. Finché si scoprono queste luminose dipendenze, finché brilla il vero, non distorcete lo sguardo, tenete m mano il filo che vi guida nel labirinto ; gettate il seme di un pensiero fecondo, poi il seme della nuova pianta; non vi stancate ne di coltivare ne di seminare: un germe solo basta per tutto un campo.

Tutti i lavori di uno spirito equilibrato dovrebbero essere sviluppo di un unico pensiero, d'un sentimento della vita che cerca le sue forme e le sue applicazioni: a più forte ragione tutti gli atti di un dato periodo, di una impresa, di una seduta di studio si devono orientare, sistemare con stretta disciplina. Scavando sempre lo stesso buco si scende a grandi profondità e si strappano alla terra i suoi segreti.

Uno degli effetti di tale concentrazione sarà la cernita che faremo in quella confusa massa che quasi sempre ci si presenta, quando iniziarne le prime ricerche. A poco a poco scopriremo i collegamenti essenziali e tutto il segreto delle opere possenti consiste principalmente in questo. Nella molteplicità non si riscontra alcun valore; esso si trova invece nelle relazioni fra qualcuno degli elementi che governano tutto il fenomeno o tutto l'essere, che ne forniscono la legge, e permettono perciò a suo riguardo la creazione originale,. l'opera insigne, e d'indiscutibile valore.

Alcuni fatti scelti bene, o alcune idee forti, forti dico per la loro coerenza e per la loro concatenazione più che per il tenore, sono materia sufficiente ad una produzione geniale.

LO SPIRITO DEL LAVORO 103

Tutta l'arte degli uomini grandi ha consistito nel dirigere bene le investigazioni e nell'impostare bene il lavoro; ed è questo che ciascuno di noi deve cercare di imitare, per riuscire a mettere in opera tutte le energie di cui ciascuno è capace. ,.

L'OBBEDIENZA ALLA VERITÀ

Ma una cosa anche più importante è il sottomettersi, nello stesso tempo che alla disciplina del lavoro, anche a quella del vero, condizione strettamente necessaria, per trattare la verità. L'ubbidienza pronta ci rende atti a percepire la verità e per andare incontro a questa dobbiamo avere un'anima rispettosa. La verità si lascia cogliere solo da chi si sia spogliato di tutto, per contentarsi di lei solamente. L'intelligenza che non si abbandona sta in una posizione di scetticismo e lo scettico è male disposto per ricevere la verità. La scoperta è un fatto dovuto alla simpatia e chi dice simpatia dice dono. Col pensiero noi troviamo le cose ma non le creiamo : rifiutare di sottometterci ad esse significa incontrarle, e non sottometterci anticipatamente, equivale a sfuggirle. Cedendo al vero e cercando di spiegarcelo meglio che possiamo, purché senza una colpevole, volontaria alterazione, noi finiamo coll'esercitare un culto al quale il Dio interno e il Dio Universale risponderanno rivelandoci la loro unità ed associandosi all'anima nostra. Anche in questo, come in tutto il resto, il nemico di Dio è l'egoismo.

Questa sottomissione presuppone l'umiltà e sarà bene ricordare qui quello che dicevamo a proposito delle virtù nel regno dell'intelligenza ; perché le virtù hanno tutte per base l'esclusione della personalità orgogliosa che ha ripu-

104 LA VITA INTELLETTUALE

gnanza all'ordine. Intellettualmente, l'orgoglio è il padre delle aberrazioni e delle creazioni fittizie; l'umiltà è l'occhio '< con cui si legge il libro della vita e quello dell'universo. ,'•

Lo studio si potrebbe definire dicendo: E' Dio che^ prende coscienza, in noi, dell'opera sua. L'intendimento,;

come ogni altra azione, viene da Dio e torna a Lui attra- i versandoci. Dio ne è la causa prima e il fine ultimo : ma al% passaggio il nostro io troppo esuberante può far deviare il;

volo. Cerchiamo piuttosto di aprire gli occhi da savi perché;

il nostro Spirito inspiratore vegga. ,?

In fin de' conti il nostro intelletto è una facoltà passiva ; •:' si è intellettualmente forti in proporzione di quanto si è ri-A cettivi. Non che non ci sia luogo a reagire ma la reazione •{', vitale, sulla quale ci dilungheremo, non deve mutare in,-niente il tenore delle cognizioni che abbiamo acquistato, ma solo farle nostre. Una vasta cultura, popolando lo spirito vi crea delle nuove attrazioni e ne aumenta la capacità, ma senza umiltà, questa attrazione esercitata all'esterno diverrà anche essa fonte di menzogna. Invece la luce viene da tutte le parti allo spirito colto ed umile come l'aurora sulle cime dei monti.

Oltre all'umiltà si raccomanda ai pensatore una certa passività d'attitudine, che risponda alla natura dello spirito e a quella dell'ispirazione.

Noi sappiamo poco come funzioni lo spirito, ma sappiamo che la prima sua legge è la passività. Conosciamo anche meno le vie dell'inspirazione, ma possiamo constatare che essa utilizza in noi più l'incoscienza che le iniziative. Noi ci inoltriamo in mezzo alle difficoltà come un cavaliere in mezzo alle tenebre: vai meglio affidarci alla nostra cavalcatura che tirarle indiscretamente la briglia.

Una attività troppo volontaria rende l'intelligenza meno

LO SPIRITO DEL LAVORO 105

sicura e meno atta a ricevere ; agitandoci troppo rafforziamo la nostra individualità mentre per capire, bisogna cercare di perderla e di lasciarsi penetrare dalla verità. Bisogna cercar di pensare nell'oggetto della scienza e non in sé stessi come, quando si parla, si parla nello spazio e non nelle proprie cavità, e i cantanti lo sanno bene; quelli che hanno provato l'inspirazione mi capiranno. Bisogna guardare attraverso lo spirito verso le cose e non nello spirito dimentico delle cose. Nello spirito c'è quello con cui si vede ma non quello che si vede: che il mezzo non ci distragga dal termine.

Ecco il lavoro profondo : lasciarsi penetrare dalla verità; sommergersi dolcemente, annegarsi in lei, non più pensare che si pensa, che si è, ne che nulla al mondo è, fuori dalla stessa verità. Questa è l'estasi beata. Per S. Tommaso l'estasi è figlia dell'amore, che ci trasporta al di fuori verso l'oggetto dei nostri sogni: l'attitudine di contemplazione e di produzione feconda, consiste nell'amare la verità con tanto ardore, da concentrarsi in lei e trasportarsi così nell'universale, in ciò che è, in seno alle verità permanenti. Si sta allora come raccolti in sé, ma con l'occhio fisso sulla preda, come la belva, e la vita intima è intensa, ma con un senso di lontananza, come se si circolasse fra gli astri. Ci si sente agili ed incatenati, liberi e schiavi ; dandosi a chi è più alto di sé si resta più pienamente sé stessi : perdendosi ci si esalta. E' il nirvana dell'intelligenza rapida e possente.

Se siete visitati da questo spirito, badate dunque a non scoraggiarlo o respingerlo anteponendogli una forma di lavoro completamente artificiale ed esteriore. Se è assente, affrettatene il ritorno con umili voti. Sotto l'azione illuminatrice di Dio, si fanno maggiori progressi di quel che non si facciano, in un tempo molto più lungo, abbandonati soltanto alle proprie astrazioni : « Un giorno solo passato nel

106 LA VITA INTELLETTUALE

tuo tabernacolo o Signore vale più di mille» (Sai. LXXIII, 2) Evitate per quanto è possibile il ritorno ad una attività voluta. Lo spirito deve essere la cera, non il sigillo perché la linea della verità resti pura. Praticate un santo abbandono, ubbidite a Dio, siate come il poeta ispirato, come l'oratore sollevato da un'intima onda.

D'altra parte dovendovi trovare a contatto con altri uomini per mezzo di letture, di lezioni o di visite, tenete conto di questa regola d'oro che S. Tommaso pone al centro dei suoi sedici precetti: «Non badare a chi è che dice le cose, ma affida alla memoria tutto ciò che si dice di, buono ».

La storia delle scienze è seminata da mille esempi di resistenza di spirito contro spirito, di genio contro genio, di scuola contro scuola. Laènnec si oppone e Broussais, Pou-chet a Pasteur : Lister ha contro di sé l'Inghilterra, Harvey tutta l'umanità al di sopra dei quarant'anni.

Se le leggi fisiche soggiogano la materia, perché lo spirito ha tanta difficoltà a piegare gli altri spiriti? Nella Prima ai Corinti (e. xiv) si dice che se al minimo fra i fedeli in ora- . zione sarà rivelata qualche eosa, gli altri devono tacere e.;;

ascoltarlo. A proposito di ciò S. Tommaso fa questa rifles- i;;;

sione: « Nessuno, per quanto sia sapiente deve respingere la .;' dottrina di un altro, per quanto questo sia piccolo » (1) e ciò '^;

ha riferimento ad un altro consiglio paolino : « Stimatevi in i^!:' tutta umilità superiori gli uni agli altri » (Philip. X, 3). Quel—i;;;

lo è superiore, in un dato momento, che si trova più vicino, ;

alla verità e ne riceve la luce. ;:, ' .

In ogni pensiero quello che importa non è l'origine ma ;;

la sostanza: perfino nel genio ciò che interessa non è Aristo- ,

(1) In Evang. Johann. Cap. IX lect. 3

LO SPIRITO DEL LAVORO 107

tele, o Leibnitz o Pascal ma la verità. Anzi più un'idea è preziosa e meno è importante saperne l'origine. Assorgete dunque all'indifferenza delle fonti. Il diritto appartiene soltanto alla verità e le appartiene dovunque élla si mostri. Se non bisogna rendersi schiavi di nessuno, ancor meno bisogna disprezzare nessuno', E se non è opportuno credere a tutti, non si deve neppure rifiutare fede a nessuno che esibisca i propri titoli. In questo consiste la vera libertà, e la sua ricompensa è vastissima. Noi siamo propensi a crederci in possesso di tutto, capaci di tutto, e ascoltiamo distrattamente la voce altrui. Solo qualche persona, o qualche libro privilegiati hanno la nostra attenzione e ci servono da ispiratori.

In realtà invece l'ispirazione è dappertutto, lo Spirito soffia nelle valli come sulle alte vette ; anche nella più povera intelligenza c'è un riflesso della Sapienza infinita e la profonda umiltà sa discernerlo.

Come si fa a non sentire la presenza di Dio quando c'è un uomo che insegna? Il maestro ne è l'immagine; immagine talvolta deformata ma spesso autentica e la deformazione è sempre parziale. Anziché alzar le spalle o opporsi aspramente sarebbe più utile domandarsi fino a che punto egli sia nel vero e quanto costerebbe il correggerlo.

E' sempre inutile opporsi, è meglio riflettere. Dovunque il Dio di verità ha lasciato qualche cosa di sé, noi dobbiamo affrettarci a raccogliere, a venerare religiosamente e a utilizzare con diligenza. Non raccoglieremo la messe là dove è;

passato il seminatore divino?

108 LA VITA INTELLETTUALE

PIÙ LARGHI ORIZZONTI

Da ultimo per nobilitare lo spirito di lavoro bisogna unire all'ardore, alla concentrazione, alla sottomissione anche uno sforzo per ampliare la visione, sforzo che dia ad ogni studio ed ad ogni produzione intellettuale una portata in certo senso totale.

Nessun problema è mai circoscritto in sé stesso, ma sconfina in ragione della sua natura, poiché per intenderlo bisogna risalire a sorgenti più alte.

A questo punto ci può giovare quanto abbiamo detto della scienza comparata. Ogni oggetto del nostro studio appartiene ad un insieme nel quale è attivo e passivo, subisce e pone delle condizioni : non si può studiarlo separatamente. La specializzazione, o analisi, può essere un metodo ma non deve diventare uno spirito. Lo studioso non può lasciarsi ingannare dal suo stesso strattagemma. Se isoliamo un pezzo d'un meccanismo per vederlo meglio, mentre lo teniamo in mano e l'osserviamo, dobbiamo, nel pensiero, mantenerlo al suo posto e vederlo funzionare in tutto l'insieme, altrimenti altereremmo la verità tanto dell'insieme reso incompleto, quanto della parte resa incomprensibile.

Il vero è uno : tutto si ricollega nell'unica suprema verità: fra un oggetto particolare e Dio vi sono tutte le leggi del mondo, l'estensione delle quali va mano mano crescendo a partire dalla legge applicata a tale oggetto, fino all'eterno Assioma. D'altra parte anche lo spirito dell'uomo è uno e non può sentirsi soddisfatto dalla menzogna di specializzazioni, considerate come frammenti sparsi del vero e del bello.

Per quanto angusta sia la ricerca e minuto l'oggetto di osservazione, si trovano sempre in causa tutto l'uomo e tutto

LO SPIRITO DEL LAVORO 109

l'universo, perché tanto il soggetto che l'oggetto mirano all'universale. Studiare veramente una cosa, equivale ed evocare, per gradi, il senso di tutte le altre e quello della loro solidarietà, equivale a inserirsi nel concerto degli esseri per ritrovare l'universo e sé stessi.

Parlavamo poco fa della concentrazione; ma è noto che non volevamo in nessun modo, per questo fatto, restringere lo studio. Concentrazione ed espansione si conciliano bene, sono ambedue necessario. Per concentrazione intendo convergenza dell'attenzione su di un punto ; per espansione il senso che questo punto è il centro di un vasto insieme, o meglio il centro del tutto, poiché nella sfera immensa <c il centro è dovunque e la circonferenza in nessuna parte ».

Lo spirito umano ha questa doppia tendenza : unificare le parti per giungere ad una sintesi comprensiva e perdere il senso dell'unità, sviandosi nei particolari. Occorre equilibrare questa doppia tendenza. La prima risponde allo scopo della scienza, la seconda alla nostra debolezza. Noi dobbiamo circoscrivere per meglio penetrare, e poi tornare ad unire per meglio comprendere.

Quando lavorate badate a non guardare le cose da un punto di vista troppo basso ; pensate altamente, conservate l'anima del veggente anche mentre analizzate le piccole par-ticolarità più insignificanti del vero, e a più forte ragione, guardatevi dal rimpicciolire le questioni sublimi. Bisogna che vi sentiate in rapporto coi grandi segreti, che respiriate all'unisono con gli esseri grandi ; bisogna che vediate la luce che filtra qua e là ma, seguendo quel raggio, bisogna anche che arriviate a vedere quella che inonda gli universi e a scoprire la prima Fonte da cui emana.

Corot non dipinge mai un albero senza orizzonte: Vela-squez mette le sue Ménines in pieno Escuriale, nella pienezza

HO LA VITA INTELLETTUALE

della vita e sarebbe più appropriato dire nella pienezza dell'Essere, perché è questo sentimento del mistero dell'Essere che fa ascendere alla grandezza del genio quel prodigioso ; ^ talento, il quale incanta l'anima ed allieta lo sguardo. >

L'artista deve sentirsi in uno stato di meditazione uni- ''^ versale a proposito del minimo dettaglio ; lo scrittore, il filo- " sofo, l'oratore, in uno stato di pensiero e di emozione uni- ^ versali. Toccando con un dito un punto del mappamondo',;

bisogna sentirne tutta la grandezza e tutta la rotondità. E' ^ sempre dell'insieme che si parla- ^'f

Evitate quegli spiriti che non possono mai liberarsi dalle "ì regole di scuola, che sono schiavi del loro lavoro, invece di ;

spingerlo avanti in piena luce. Il farsi inceppare da alcune :

formule grette, il pietrificare il proprio spirito in alcune for- ' me letterarie è un marchio d'inferiorità che è in piena con- ;IA traddizione con la vocazione intellettuale. ^

II genio sta nel saper vedere nel lavoro, quello che ',' non ci si metterà, e nei libri quello che non potrebbero dire. Il vero tesoro di un grande testo è ciò che vi si legge tra le righe, che suggerisce, che fa pensare come nulla sia estraneo ai profondi pensieri dell'uomo. Invece di -vuotarli, o di diminuirli, attribuite dunque ai soggetti più ristretti ciò che ne costituisce la solida sostanza, che non ap- ' partiene a loro soli ma che hanno in comune con altri, anzi /:

con tutti gli altri, come la luce è comune ai colori e alla loro ' distribuzione sugli esseri.

L'ideale sarebbe di stabilire nel proprio spirito una vita ; ' in comune di pensieri che si penetrino e che divengano, per ;

così dire, uno solo. Così accade in Dio e dove trovare un mo- ', dello migliore per guidare da lontano la nostra povera scien- ' za? Lo spirito di contemplazione e di orazione che abbiamo richiesto ci avvicinerebbe naturalmente a questo stato che ne ;'

LO SPIRITO DEL LAVORO 111

è la conseguenza diretta. Adottando il punto di vista divino, grazie a cui ogni cosa raggiunge l'armonia suprema e tutte la loro coesione, ci si deve sentire al centro di tutto, invitati da ricchezze e da possibilità infinite.

Riflettendoci bene noteremo come quella specie di abbagliamento che ci prende di fronte ad ogni nuova verità, si ricolleghi a questo senso delle prospettive indefinite e dei legami universali. Un'unico passo fatto in dirczione del vero diventa come un fiotto di luce. Si vede il mondo sotto una luce nuova: si sente palpitare il tutto a contatto del frammento ritrovato. Più tardi questa idea, riportata di qua dai confini in cui rappresentava la parte di battistrada, potrà apparire meschina a colui che ne era stato abbagliato ; non evocando più che se stessa perde vita e delude il sentimento dell'infinito che è l'anima di ogni ricerca.

Gli uomini grandi hanno sofferto di questo inaridimento del pensiero. Avevano una grande visione e han trovato piccoli risultati. Per questa ragione non bisogna leggere neanche loro con spirito letterale, librario, ma con uno spirito più alto che li renderà semplicemente a sé stessi. La lettera uccide : che la lettura e lo studio siano spirito e vita.

IL SENSO DEL MISTERO

Basti il dire che il sentimento del mistero deve perdurare anche dopo il nostro massimo sforzo, anche dopo che la verità gli ha sorriso. Coloro che credono di capire tutto, provano, con questo solo fatto, che non hanno capito nie-ite. Coloro che si contentano di risposte provvisorie a problemi che di fatto si ripresentano, falsano la risposta che vien data loro con l'ignorare che è una risposta parziale. Ogni questio-

JJ2 LA VITA INTELLETTUALE

ne è un enigma che Dio ci propone, a traverso la natura:

quello che Dìo propone. Dio solo può risolvere. Le porte dell'infinito son sempre aperte.

La parte più interessante di ogni cosa è quella che resta inespressa. Dice Pascal che « di nulla noi sappiamo veramente tutto » e Claude Bernard aggiunge che « per capire a fondo una cosa sola bisognerebbe capirle tutte ». Della piena verità in qualunque campo si può dire ciò che diceva di Dio S. Agostino: «Se lo capisci, persuaditi che non è così». Ma lo spirito meschino crede di possedere il cosmos e le sue ricchezze ; quando ha in mano un secchio d'acqua brillante dice: guardate mi sono impadronito dell'oceano e degli astri.

S. Tommaso,alla fine della sua vita, colpito da questo senso del mistero universale, rispondeva a frate Reginaldo che lo istigava a scrivere : « Reginaldo, non posso più : tutto ciò che ho scritto non mi sembra che paglia ». Non bisogna però avere la presunzione di augurarsi che questa profonda sfiducia venga troppo presto ; essa non è che un premio : è il silenzio precursore del grido di vittoria di cui vibrerà tutta l'anima inondata dalla luce. Ma un po' di questo sentimento è il miglior correttivo dell'orgoglio, che acceca, e delle pretensioni che sviano ; ed è anche uno stimolo al lavoro perché le luci lontane ci attirano finché conserviamo la speranza di raggiungerle. Viceversa credendo che tutto sia sfato detto e che non ci resti che di imparare si finisce con il lavorare e con l'immobilizzarsi in un campo ristretto.

Una natura elevata sa che le nostre illuminazioni intcriori non sono che gradini d'ombra per i quali ascendiamo verso gli splendori inaccessibili- Noi balbettiamo e il mistero del mondo è impenetrabile. Studiare significa determinare qualche condizione, classificare qualche fatto, si studia sul serio soltanto se si pone questo poco sotto gli auspici di c;uel

LO SPIRITO DEL LAVORO » M3

molto che ancora si ignora, il che non equivale a porlo nel"\ l'oscurità, giacché la luce invisibile è quella che rende me-;:

glio i riflessi della nostra notte astrale.

Il mistero è sempre la vera luce di quel che si conosce-, come l'unità è la fonte del numero: come l'immobilità è il fulcro delle corse vertiginose. Sentir fremere in sé stesso tutto l'essere e tutta la durata, invocarli in testimonianza, è sempre non ostante il loro silenzio, il modo migliore per conquistare il vero. Ogni cosa ha relazione con tutte le altre e le più chiare relazioni degli esseri si immergono nelle tenebre che noi andiamo frugando.

8 — La vita intellettuale.

CAPITOLO VII.

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO

A) LA LETTURA

Lavorare significa apprendere e produrre: e fra i due scopi è necessaria una lunga preparazione. Produrre è infatti un risultato e per apprendere, in materie ardue o complesse, è necessario aver attraversato il semplice e il facile. S. Tom-maso ci dice : « Non si giunge al mare d'un colpo, ma seguendo i ruscelli».

Or la lettura è il mezzo universale per imparare ed è la preparazione ; mediata o lontana, di ogni produzione.

Noi non pensiamo nell'isolamento, ma in società, m una immensa collaborazione, lavoriamo con i lavoratori dei passato e con quelli dei presente.

Grazie ai la lettura tutto il mondo intellettuale può paragonarsi ad una sala di redazione o ad un ufficio: ognuno trova nei vicini l'avviamento, il consiglio, il controllo, le informazioni e l'incoraggiamento di cui ha bisogno. Saper leggere ed utilizzare le proprie letture è dunque la prima necessità per gli uomini di studio, e volesse Iddio che non lo dimenticassero con la loro abituale incoscienza.

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 115

LEGGERÀ POCO

La prima regola è questa: leggere poco. Con questo non intendo consigliare di limitarsi arbitrariamente: tutto quello che abbiamo detto finora sarebbe in antitesi con una simile interpretazione. Ci vogliamo formare uno spirito largo, vogliamo praticare la scienza comparata mantenerci di fronte ad un vasto orizzonte; ciò non si può ottenere senza molte letture. Ma il molto ed il poco non stanno in contrasto che sullo stesso terreno, e qui s'intende molto rispetto alla va-stità dell'opera, ma poco relativamente al diluvio di scritti su ogni minima specialità che inondano oggi le biblioteche e le anime. Quello che si deve evitare è la passione per la lettura, l'infatuamento, l'intossicazione per eccesso di nutrizione spirituale, la pigrizia mascherata che fa preferire l'occupazione facile allo sforzo. La passione per la lettura, di cui tanti vanno orgogliosi come di una preziosa qualità intellettuale, non è in realtà che un difetto ; non differisce affatto dalle altre passioni che soggiogano l'anima, la turbano, la infestano di varie confuse correnti e ne esauriscono le forze.

Bisogna leggere con intelligenza e non con passione. Bisogna dirigersi verso i libri con quello stesso stato d'animo con cui una massaia si dirige al mercato, dopo aver redatto attentamente una minuta che tenga conto delle esigenze dell'igiene e dell'economia. Lo spirito della massaia la mattina al mercato non è quello stesso della massaia che sta al cinematografo la sera. Non si tratta di eccitarsi, di entusiasmarsi, ma di governare una famiglia e di farla vivere bene.

La lettura disordinata intorpidisce lo spirito invece di nutrirlo ; lo rende a poco a poco incapace di riflessione e di

116 LA VITA INTELLETTUALE

concentrazione, e per conseguenza, incapace di produzione :

se si potesse, direi che lo esteriorizza internamente, e lo rende schiavo delle proprie immagini mentali, di quel flusso e riflusso di cui si fa spettatore entusiasta. Una tale ebbrezza è un alibi : essa spodesta l'intelligenza e le permette solo di ' seguire passo passo il pensiero altrui, abbandonandosi alla corrente delle parole, degli sviluppi, dei capitoli, dei volumi. ^

Le piccole eccitazioni permanenti provocate in questo modo rovinano le energie come una vibrazione costante rovina l'acciaio.

Non c'è da aspettarsi nessun vero lavoro dal lettore accanito, dopo che si è stancato occhi e meningi ; egli spiritualmente, si trova in stato di cefalalgia, mentre il lavoratore assennato, conservando la padronanza di se, calmo ed agile, legge solo ciò che vuoi ritenere, ritiene solo ciò che gli dovrà servire, organizza il proprio cervello invece di malmenarlo con un sovraccarico assurdo.

Uscite, piuttosto, all'aperto per leggere nel gran libro della Natura, per respirare un'aria più libera, per riposarvi. Dopo l'attività voluta, organizzate la distrazione voluta, invece di darvi ad un automatismo che non ha nulla d'intellettuale, se non la materia, ma che in sé è altrettanto banale quanto una scivolata sopra un pendi®, o una scalata senza meta.

Dicono che bisogna tenersi al corrente e, di fatto, lo studioso non può ignorare il genere umano ne, sopratutto, disinteressarsi di quello che si scrìve nel campo della sua specializzazione ; ma state attenti che la « corrente » non trascini via le vostre disponibilità di lavoro e che invece di portarvi più avanti, non vi immobilizzi. Non possiamo avanzare altrimenti che remando da noi; non c'è corrente che possa

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO Ut

portarci là dove noi tendiamo. Occorre che ognuno taccia da sé il suo cammino senza seguire tutte le traccio altrui.

Naturalmente la limitazione deve esercitarsi su le letture meno sostanziali e meno serie.

Non è il caso di avvelenarci con dei romanzi ; uno di tanto in tanto per riposarsi e per mantenersi al corrente delle più importanti novità letterarie, sia pure; ma è una concessione perché la maggior parte dei romanzi impressionano e non riposano affatto, agitano il pensiero e lo disorientano.

Quanto ai giornali, difendetevi da loro con quell'energia che la costanza e 1' indiscrezione dei loro attacchi rendono indispensabile.

Bisogna sapere quello che i giornali contengono, ma contengono talmente poco ! e sarebbe molto facile tenersene al corrente senza perderci troppo tempo. In ogni modo per informarsi di ciò che avviene ci sono altre ore più adatte di quello che non siano le ore del lavoro.

Un gran lavoratore pare che si dovrebbe contentare della cronaca ebdomadaria o bimensile di una Rivista, e per il resto, ricorrere ai quotidiani solo se gli venga segnalato un articolo importante o un avvenimento grave. Riassumo dicendo:

Non leggete mai quando potreste riconcentrarvi ; eccetto nei momenti di riposo, leggete unicamente quelle cose che hanno rapporto con lo scopo che vi siete proposto, e leggete poco per non violare il silenzio.

SCEGLIERE

In queste prime osservazioni è già incluso il principio di scelta. « Quanto discernimento, diceva Nicole, bisogna apportare in quelle cose che servono di nutrimento allo spirito, e che devono essere il seme dei nostri pensieri! Poiché

^g LA VITA INTELLETTUALE

quello che leggiamo oggi con indifferenza si ridesterà ad un dato momento per fornirci, senza che ce ne rendiamo conto,' pensieri che saranno cagione della nostra salvezza o della nostra perdita. Dio suscita i buoni pensieri per salvarci; il diavolo risveglia i pensieri cattivi di cui trova in noi il seme ». (1). !

Bisogna dunque scegliere, il che significa due cose: scegliere libri e scegliere nei libri.

Scegliere i libri. Non fidarsi delle réclames interessate è dei titoli attraenti. Avere dei consiglieri devoti ed esperti. Non dissetarsi che alle fonti, aver familiari solo i grandi pensatori. ;

Quello che non si può sempre fare nel campo delle relazioni personali è facile, e dobbiamo approfittarne, in materia di letture. Ammirare sinceramente quello che va ammirato, ma senza prodigalità. Sdegnare le opere fatte male che probabilmente sono anche mal pensate.

Leggere tutto solo nell'originale e solo dove brillano le idee fondamentali. Queste sono poco numerose. I libri si ripetono si diluiscono o pure si contraddicono, il che è un altra forma di ripetizione. Osservando bene da vicino, si vede che le scoperte del pensiero sono rare; l'antico fondo o per dir meglio il fondo permanente, è sempre la parte migliore, e bisogna appoggiarvisi per comunicare veramente con l'intelligenza dell'uomo, lungi dalle piccole individualità balbettanti e attaccabrighe. La maggior parte degli scrittori non sono che editori ; è già qualche cosa, ma hanno diritto alla nostra attenzione solo i veri autori. Leggerete dunque senza partito preso, tutto quanto si scrive di buono;

(1) nicole — Essais de morale confenas ea divers traités, t. II, Paris 1733.

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 119

concederete all'attualità la sua parte parte anzi tanto più vasta quando si tratterà di informazioni, di cose positive e 'ancora in sviluppo. Se volete appartenere al vostro tempo non dovete essere dei tipi arcaici, ma non abbiate, neppure, la fissazione del nuovo ; amate i libri eterni che dicono le eter' ne verità.

Dovrete poi scegliere nei libri, nei quali non tutto ha lo stesso valore. Non prendete però un'aria da giudici, siate piuttosto, per il vostro autore, fratelli nella verità, amici, e amici inferiori visto che, almeno sotto certi aspetti, lo prendete come guida. Il libro è come un anziano che bisogna onorare, avvicinarlo senza orgoglio, ascoltarlo senza prevenzione, sopportarne i difetti, cercando insomma il grano tra la paglia. Ma siate uomini liberi e rimanete responsabili :;

sorvegliatevi in modo da conservare le caratteristiche dell'anima vostra, e difendetela se ce ne sarà bisogno.

« I libri sono opera degli uomini, dice ancora Nicole, e la corruzione dell'uomo si insinua nella maggior parte delle sue azioni. Siccome poi la corruzione consiste nell'ignoranza e nella concupiscenza, quasi tutti i libri risentono di questi difetti » (1).

E' dunque ben spesso necessario di filtrare una lettura, per depurarla. Per fare questo, è necessario affidarsi a Dio e alla parte migliore di sé stessi, a quella parte di noi, che ci rivela figli di Dio, alla quale servirà da salvaguardia l'istinto del bene e l'amore del vero.

Ricordatevi del resto che sotto un certo aspetto, il libro vale quel che valete voi e quello che voi lo fate valere. Leib-nitz utilizzava tutto: S. Tommaso ha rubato una quantità di pensieri agli eretici e ai paganizzanti dell'epoca sua, senza

(1) 0/7. Cit; pag. 246.

1^ LA VITA INTELLETTUALÌB

riceverne danno. Un uomo intelligente trova intelligenza dappertutto ; uno sciocco proietta su tutte le pareti l'ombra della sua fronte stretta ed inerte. Scegliete meglio che potete ma badate a che tutto sia buono, largo, aperto al vero prudente e progressista, perché anche voi sarete così.

QUATTRO SPECIE DI LETTURE

Per precreare un pò meglio, distinguerò quattro specie di letture. Si legge per darsi una formazione e diventare qualcuno ; si legge in vista di uno scopo determinato ; si legge per cercare impulso all'attività e al bene; si legge per distrarsi. Ci sono letture di fondo, letture d'occasione, letture di impulso o di edificazione e letture di riposo.

Ciascuno di questi vari generi di letture deve avvantaggiarsi delle osservazioni generali già fatte; ognuno anche presenta le sue particolari esigenze. Le letture di fondo richiedono la docilità, le letture d'occasione la padronanza, le letture di edificazione l'ardore, le letture di riposo la libertà.

Mentre ci stiamo formando e dobbiamo perciò acquistare quasi tutto non è il momento di avere troppe iniziative. Tanto se si tratti di una prima formazione, di cultura generale, quanto se si affronti una disciplina nuova, un problema trascurato, gli autori consultati a questo scopo devono essere più creduti che criticati e seguiti nel loro cammino più che utilizzati secondo i punti di vista del lettore. Il voler agire troppo presto nuoce all'acquisto ed è ben più savio cominciare col piegarsi, cc Bisogna credere al proprio maestro » dice S. Tommaso, ripetendo le parole di Aristotele. Egli stesso gli ha creduto e se ne è trovato bene.

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO ÌÌl

Non si tratta affatto di abbandonarsi ciecamente: Uno spirito nobile non si lega mai, ma come solo con l'obbedire «'impara a comandare, così la padronanza del pensiero s'ottiene con la disciplina.

Un atteggiamento di rispetto, di fiducia, di fede provvisoria, finché uno non abbia in mano tutte le norme del giudizio, è una necessità così evidente che solo i fatui e i presuntuosi vi si sottraggono. Nessuno è infallibile, ma l'allievo molto ,meno del maestro, e se si rifiuta alla sottomissione, per una volta che potrà aver ragione, ce ne saranno venti in cui si allontanerà dal vero e resterà vittima delle apparenze.

Invece la credulità ed una passività relativa, concedendo al maestro qualche cosa di ciò che è dovuto alla verità, giovano a quest'ultima e permettono, alla fine, d'utilizzare anche le insufficienze e anche le illusioni dell'insegnante.

Prima di tutto sarà elementare prudenza di scegliere fra mille le guide a cui ci vorremmo affidare così. La scelta di un padre intellettuale è sempre una cosa seria.

Per le alte dottrine abbiamo consigliato S. Tommaso, " ma non possiamo limitarci a lui.

Tré o quattro autori da conoscere a fondo per la coltura generale, altri tré o quattro per la specializzazione, e un numero press'a poco uguale per ogni problema che ci si presenta, ecco tutto il necessario. Ad altre fonti si ricorrerà per informarsi, non per formarsi, e la posizione spirituale non. sarà più la stessa, anzi sotto un certo aspetto sarà quella inversa, perché chi si informa, chi vuole utilizzare, non sta più in uno stato di pura recettività ma ha un'idea sua, un suo piano ; l'opera consultata gli diviene serva. Una certa dose di sottomissione è sempre necessaria, ma allora si rivolge piuttosto al vero che allo scrittore, e se concerne

122

LA VITA INTELLETTUALE

quest'ultimo gli accorda una fede che forse accetta le sue conclusioni ma senza rifare, passo passo, il suo cammino.

Simili questioni di disposizione spirituale hanno grande importanza: perché a consultare nello stesso modo con cui si studia si perde tempo, e a studiare con spirito consultivo si resta solo padrone di sé e si perde il beneficio della formazione che ci veniva offerto da un iniziatore.

Chi legge per prepararsi ad un lavoro, ha lo spirito dominato da quello che intende di fare: non s'immerge nell'onda ma vi attinge: si tiene sulla riva, conserva la libertà dei movimenti, ogni idea presa in prestito gli serve per rafforzare la sua invece che per annegarla in quella altrui, e così esce dalla lettura arricchito e non impoverito, ciò che accadrebbe, se l'interesse della lettura nuocesse al partito preso di utilizzazione che la giustificava.

Quanto alle letture di edificazione, la scelta deve fare appello, oltre alle nostre regole generali, anche all'esperienza individuale. E' probabile che quel che vi ha giovato una volta vi giovi ancora. Una data influenza può scemare alla lunga ma comincia sempre col rinforzarsi. L'abitudine la ravviva, una penetrazione più intima l'acclimatizza in noi, l'associazione delle idee e dei sentimenti attacca ad una data pagina degli stati d'animo che ritornano con lei.

Aver sottomano gli autori favoriti, le pagine capaci di sollevarci e di rianimarci nei momenti di depressione intellettuale o spirituale, è pure una risorsa immensa. Mi è noto come alcune persone, per degli anni, tutte le volte che la loro vivacità era in ribasso, siano state rianimate dall'Orazione funebre del gran Condè. Altre, per la parte spirituale^ non resistono al Mistero di Gesù di Pascal, ad una Preghiera di S. Tommaso, ad un dato capitolo dell'Imitazione o ad una data parabola. E' bene dunque che ognuno si osservi,

ILA PREPARAZIONE DEL LAVORO 123

annoti le cose che gli giovano, disponga presso di sé i rimedi per le malattie dell'anima sua e non tema di ricorrere a sazietà allo stesso cordiale od allo stesso antidoto.

Quando si tratta di riposo, l'importanza della scelta sembra molto minore. Di fatti lo è veramente, ma non bisogna credere che sia indifferente distrarsi con questo piuttosto che con quello, se lo scopo è di ritornare, in condizioni migliori, a quanto forma la nostra ragione d'essere. Certe letture non vi risposano abbastanza: altre vi riposano troppo, a spese del raccoglimento che ne dovrebbe seguire:

altre ancora vi possono sviare. Intendo proprio nel senso etimologico di spingervi fuori della strada.

So di uno che si distraeva da un lavoro arduo, con la Storia della Filosofia Greca di Zeller: era una distrazione, ma insufficiente. Altri leggono delle storie eccitanti o fanta-stiche, che li disorientano ; altri invece si abbandonano a delle tentazioni, che li scoraggiscono nel lavoro e sono nocive alle anime.

Tutto ciò è male- Se i libri sono, come gli oggetti, servitori per uso della nostra vita, devono restare subordinati sopratutto quelli che rappresentano una parte accessoria.

Varii pensatori hanno trovato un sollievo e uno svago abituali nei racconti di viaggi e di esplorazioni, nella poesia, nella critica d'arte, nelle commedie (lette in casa) nelle autobiografie. Ognuno ha i suoi gusti e il gusto è, in ciò, la cosa principale. Secondo S. Tommaso una cosa sola riposa realmente: la gioia. Cercare di distrarsi annoiandosi non sarebbe che un inganno.

Leggete ciò che vi piace, ciò che non vi trasporta troppo, ciò che non vi nuoce in nessun modo e siccome anche mentre vi distraete siete un consacrato, abbiate l'intelligenza di leggere, a parità di giovamento come riposo, ciò che vi sarà utile anche in un altro modo aiutandovi a completarvi, ad adornarvi lo spirito, ad esser uomo.

124 LA VITA INTELLETTUALE

lt CONTATTO CON I GENI

Voglio parlare specialmente del modo di utilizzare i grandi uomini, perché vi annetto un'estrema importanza per la condotta dello spirito e della vita. Il contatto con i geni è una delle grazie superiori che Dio accorda ai pensatori modesti; bisognerebbe preparardsi come, secondo la scrittura, dobbiamo prepararci all'orazione, come uno si raccoglie o si mette in una disposizione di rispetto quando deve parlare ad un gran personaggio o ad un santo.

Noi pensiamo troppo poco al privilegio di quella solidarietà che moltiplica la gioia e l'utilità di vivere, che slarga il mondo e ce ne rende il Soggiorno più nobile e più caro, che rinnova per ognuno la gloria d'essere uomo, d'aver lo spirito aperto verso gli stessi orizzonti dei grandi uomini, di vivere altamente e di fondare con i propri compagni, coi propri ispiratori, una società in Dio. ^ Ripetendoci di tanto in tanto i nomi di coloro che brii- ^;

lano con uno splendore speciale nel firmaménto dell'intelli-,.'):

genza è come se sfogliassimo i nostri titoli di nobiltà e questo;

orgoglio ha tutta la bellezza e tutta l'efficacia dell'orgoglio che ha il figlio per un padre illustre o di nobile stirpe. ^

Come non sentire il beneficio, essendo un letterato, dell'avere dietro di sé Omero, Sofocle, Virgilio, Dante, Shake- jv speare. Pascal? Essendo filosofo, come far a meno di So-1:^ crate, di Fiatone, d'Aristotele, di S. Tommaso d'Aquìno, dr:

Cartesio, di Leibnitz? Scienziato, come non apprezzare de-i^ gnamente ciò che si deve ad Archimede, ad Euclide, ad Ari-stotele, a Galileo, a Képler, a Lavoisier, a Darwin, ì( Claudio Bernard, a Pasteur? E pensate alla povertà di tutteè ;

LA PBEPABAZIONE DEL LAVORO 125

le anime se non avessero dopo S. Paolo, anche S. Agostino, S. Bernardo, S. Bonaventura, l'autore dell'Imitazione, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa, Bossuet, S. Francesco di Sales, Newman.

La Comunione dei Santi è il sostegno della vita mistica ;

il Convito dei sapienti eternato dal nostro studio e dal nostro amore, è il sollievo della vita intelletuale. Coltivando la facoltà di ammirare e deducendone la necessità di mettersi in assiduo contatto con i pensatori illustri si riesce, se non ad uguagliare la loro grandezza, per lo meno a dare di sé tutto ciò di cui uno è capace, e questo, ripetiamo, è l'unico scopo da raggiungere.

Il contatto coi genii ci procura come beneficio immediato una elevazione ; prima ancora d'averci insegnato qualche cosa essi ci gratificano della loro superiorità, dandoci il tono, avvezzandoci a respirare l'aria deJle vette; noi che ci muovevamo in regioni basse, ci sentiamo trasportati di colpo nella loro atmosfera. In questo mondo di alto pensiero l'aspetto della verità sembra svelarsi, la bellezza risplende; il fatto che noi seguiamo e comprendiamo questi veggenti fa pensare che, in fin de' conti, siamo della stessa razza, e che è in noi, l'Anima universale, l'Anima delle anime, lo Spirito che basterebbe seguire con fedele obbe-dienza per erompere in discorsi divini. Quando il genio parla, noi lo troviamo spesso e volentieri semplicissimo ; esso esprime l'uomo, e la sua eco si fa sentire in noi. Quando tace non potremmo noi continuare sullo stesso tono e terminare il periodo sospeso?

Ahimè! no! Appena ci lascia, resi alla antica impotenza, ricominciamo a balbettare ; ma sappiamo oramai che la vera parola esiste e i nostri balbettamenti hanno già un accento nuovo. Ascoltate certi preludi di Bach. Dicono poche cose :

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ÈAt VITA INTELLETTUALE

una breve modulazione, che si riprende, alcune variazioni insistenti, di un rilievo appena accentuato. Ma che livello di ispirazione! In quale mondo sconosciuto siamo trasportati! L'ideale sarebbe di rimanervi e di muovercisì liberamente. In ogni modo potremo, almeno, risalirei in sogno, e quale beneficio in questa possibilità dì ascensione, che ci allontana dalle futilità, ci affina, e ci aiuta a giudicare come si conviene i puerili fuochi d'artificio di cui si compongono, tanto spesso, le feste dello spirito.

Quando poi il genio ci fornisce dei temi, ci svela delle verità, esplora per noi le regioni misteriose e talvolta, come nel caso di S. Tommaso d'Aquino o di Goethe, ci mostra concentrati in una sola persona, dei secoli di coltura, quale dovrà essere la nostra riconoscenza? Il grande pensatore ci da dei diritti sopra i domini da lui conquistati e dissodati, seminati e coltivati, e ci chiama al momento del raccolto.

La società delle intelligenze è sempre ristretta: la lettura l'amplifica; quando gettiamo sulla pagina geniale uno sguardo implorante, veniamo soccorsi, rassicurati, iniziati, e nuove vie ci si aprono.

L'opera di Dio negli spiriti d'eccezione è contata a vantaggio nostro quanto loro. Noi diventiamo più grandi per mezzo loro, ci arricchiamo di loro. Il gigante port,-» il nano; l'antenato offre un'eredità. Approfitteremo di questo vantaggio? Lo possiamo perché non c'è bisogno che di attenzione e fedeltà.

Tutto è rinnovellato dal genio. Il dono per eccellenza di questo veggente è di presentare al pensiero, sotto una luce ignota, al centro di un sistema di relazioni che, per dir cosi la ricrea, la realtà che stava lì evidente e che pure non vedevamo.

Dietro ogni fatto c'è tutto l'infinito del pensiero;, ma

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO '127

noi aspettiamo che la prospettiva apparisca, mentre invece il genio si avanza, allarga i veli e ci dice: «Vieni». La scienza consiste nel vedere a dentro : il genio vede l'interno, penetra nell'intimo degli esseri, e grazie a lui l'essere stesso ci parla, invece dei nostri echi deboli ed incerti.

Il genio semplifica. La maggior parte delle grandi scoperte sono delle concentrazioni improvvise e sfolgoranti. Le grandi massime non sono che esperienze multiple condensate. Tanto in pittura che in musica, o in architettura o in poesia, il tratto sublime è quello che contiene ed unifica valori fino a quel momento dispersi e indeterminati. Un , grand'uomo, perché riflette l'umanità comune ne riduce le conquiste all'essenziale come Leonardo da Vinci sintetizzava in un solo momento le espressioni mutevoli del modello. '

II genio ci stimola e ci da fiducia. L'emozione che provoca è pungolo alle ardenti iniziative, rivelazione delle vocazioni e rimedio alle timidezze inquiete. Un contatto col sublime è per l'anima come un'alba di luce. La sapienza, sperimentata nei suoi eroi, ci rivolge taciti inviti. E che gioia nel dirsi a sé stessi: « Essa appartiene anche a me! ». :

Forse non è vero che i grandi uomini riflettano soltanto il loro secolo ; ma è vero che riflettono l'umanità tutta intera, ed ogni membro di questa ne ha la sua parte di gloria. I pensatori pessimisti hanno un'bei dire, ma avranno sempre torto di fronte al genere umano per il fatto della essitenza dei geni: come avevano torto i giudei quando avanti a Gesù dicevano : « Può venire qualche cosa di buono da Nazareth? ».

Si, qualche cosa di buono può venire da questo povero mondo, poiché esso ha dato un Fiatone. Un grand'uomo sarebbe un niente se per le sue energie e per l'impiego che

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LA VITA INTELLETTUALE

ne fa non fosse un figlio dell'uomo: il ceppo che lo sostiene??' non è isterilito, quelli che ricevono la stessa linfa possono;^ sempre sperare di diventare grandi e di dare, anche loro,^ fiori immortali. , ,i

Perfino gli errori dei grandi possono contribuire a dare»; ' quei benefici che attendiamo dal loro contatto. Certo dobbiamo difenderci da questi: la loro forza può a volte sviar-1 li: l'esagerazione di un punto di vista o qualsiasi altra i deviazione può trascinarli lontano dalla rettitudine, y;

Tuttavia non ve n'è neppure» uno che non ostante l^i? sue aberrazioni non faccia, ad uno spirito desto, toccare i fondamenti della scienza e i segreti della vita. ;

I loro errori non sono errori volgari, sono degli eccessi ai quali non manca ne profondità ne acutezza di visione. Seguendoli con precauzione si è sicuri di andare lontani pur preservandosi dai loro passi falsi. «Per coloro che amano Dio tutto volge a bene» dice l'Apostolo: per coloro che sono radicati nella verità tutto può essere utile. Se ci siamo formati lo spirito ad una buona scuola, se manteniamo a posto perfettamente e ben radicate le categorie dei pensieri, possiamo sperare di diventare grandi a contatto degli errori geniali. In questo pericolo, purché uno non vi si esponga senza discrezione, c'è un'altra grazia ; abbiamo la rivelazione di una nuova sfera, ci viene mostrata, forse con troppa esclusività ma con vigore, una faccia del mondo. L'animazione così procurata al nostro spirito, ci resterà come un acquisto fatto. Gli approfondimenti di una data questione resi necessari dalla stessa resistenza all'errore, ci rendono più saldi ; saremo formati meglio, meglio salvaguardati, per aver corso quei rischi sublimi senza soccombervi.

S.^ Tommaso, da cui mi ispiro, dopo fatte queste osservazioni conclude che dobbiamo esser riconoscenti anche

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 129

a coloro che ci hanno così tentati, se per causa loro e per il loro fatto, abbiamo progredito in qualche cosa. Direttamente non siamo debitori che del vero ; ina indirettamente dobbiamo, a chi erra, il soprappiù di formazione che ci procura, per mezzo loro, la Provvidenza (1).

Pensate quanto la Chiesa deve alle eresie e la filosofia:

alle sue grandi dispute. Se non ci fossero stati: Ario, Euti-ches, Nestorio, Pelagio, Luterò, il dogma cristiano non sarebbe costituito. Se Kant non avesse scosso le fondamenta della conoscenza umana, la criteriologia sarebbe ancora nell'infanzia e se Renan non avesse scritto sulle origini cristiane, il clero cattolico sarebbe molto lontano dalla formazione storica ed esegetica di cui è dotato. Ciò che è vero collettivamente è vero individualmente. Si deve imparare a pensare bene sopratutto a contatto dei sapienti; ma anche la follia contiene un insegnamento ; colui che sfugge al suo contagio ne ricava una forza. « Chi inciampa senza cadere. fa un passo più lungo ».

CERCARE LE ARMONIE, NON I CONTRASTE

Una condizione essenziale per trar profitto dalle letture, sia comuni, che geniali, è la tendenza costante a metter d'accordo, anziché tentare di opporre fra loro i vari autori. Lo spirito critico ha le sue applicazioni : ci si può trovare a dover sbrogliare le opinioni e a dover classificare gli uomini: il metodo dei contrasti può esser allora utilizzabile, 'purché non sia troppo forzato. Ma quando si tratti

(1) S. Tommasó in li Metaphis. Lect. I. 9La vita intellettuale.

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LA VITA INTELLETTUALE

di formazione, di utilizzazione personale o anche di esposizione dottrinale, è tutt'altra cosa. Allora ciò che è importante non sono i pensieri degli uomini, ma la verità ogget-tiva, non le lotte fra gli uomini, ma l'opera loro e quello che'di essa rimane. Attardarsi lungamente sulle differenze sarebbe dunque allora cosa vana: e la ricerca veramente feconda consiste nel conquistare i punti di convergenza.

S. Tommaso ci da a tale proposito un esempio mirabile perché si è sempre sforzato a conciliare le varie dottrine e ad illuminarle e completarle l'una con l'altra. Aristotelico, si appoggiava a Fiatone: senza essere agostiniano, faceva di S. Agostino il suo costante nutrimento: e, pur dichiarando" Averroè un depravatore del peripatetismo, lo chiamava anche un ingegno sublime (praeclarum ingenium) e lo citava ad ogni momento. Quando faceva dei commenti, egli serrava al bisogno il testo per trame la più pura verità e la più grande ricchezza, dicendo ciò che occorreva leggervi, e chiudendo caritatevolmente gli occhi su quanto poteva nascondere di più disdicevole. Nessuno ha mai rassomigliato meno di lui a quei proti che leggono soltanto per trovare gii errori di stampa.

Quelli, che nel commercio con gli autori vogliono acquistare non atteggiamenti polemici, ma verità e penetrazione, debbono portare nella lettura questo spirito di conciliazione e di diligente raccolta: lo spirito dell'ape. Il miele è formato da tanti fiori diversi. Ogni processo di esclusione, di eliminazione sommaria e di scelta limitata nuoce immensamente alla formazione intellettuale, perché l'intelligenza ne esce più angusta e invece di veder tutto dal punto di vista dell'eterno e dell'universale, finisce col cadere nello spirito partigiano e settario.

Non solo sulla soglia delle porte si fanno pettegolezzi

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 131

da comari, ma anche in filosofia, nelle scienze e nella stessa teologia.

Sollevatevi più in alto. Voi che cercate la verità e che siete pronti a riconoscere dovunque il suo volto, non vogliate scagliare l'uno contro l'altro i suoi servitori, anche se fossero quegli <c angeli incompleti », quei geni parziali che il vero una volta ha visitato senza riuscire a porre in essi sua stanza.

Di fronte sopra tutto allo spirito dei più grandi, è quasi una profanazione il prendere un'atteggiamento polemico. Rattristiamoci dei loro errori, ma cerchiamo di schiacciarli:

cerchiamo di gettare dei ponti non di scavare fossati, fra le loro dottrine. Sprizza sempre una grande luce dalla scoperta delle relazioni che intercedono segretamente fra le -idee ed i sistemi più disparati. Il dedicarsi perciò ad un tale lavoro di ricostruzione della verità integrale attraverso alle sue deformazi@ni è opera ben più altamente feconda che quella di una critica interminabile.

In fondo — se noi riusciamo ad utilizzarli -— tutti gli uomini grandi ci mettono in comunicazione con le stesse verità essenziali. Non dico che tutti -le proclamino, ma tutti ci pongono nella loro luce, ci conducono a loro o ci spingono irresistibilmente verso di loro. Sembra che essi si combattano, che spezzino l'unità della scienza, che disgreghino lo spirito umano : in realtà tendono tutti allo stesso punto. Le colonne del tempio sorgono su basi variamente disposte sul pavimento, si innalzano, si allineano in filari lontani fra loro, ma in alto sostengono gli archi che SÌ gettano gli uni verso gli altri, e con numerosi costoloni finiscono col formare un'unica volta.

Scorgere questo riparo e accorrervi come a rifugio —

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LA VITA INTELLETTUALE'

è ciò che meglio risponde alla vostra vocazione, giacché voi;] cercate non il rumore, ne il cozzo dei partiti, ne la contesa, ne l'eccitazione fittizia dell'intell'igeriza, ma soltanto la

ne l'eccitazione fittizia dell in verità.

ASSIMILARE

Un'ultima indicazione capitale a proposito delle letture;

si impone. Il lettore, pur dovendo restare in certo modo passivo per aprirsi alla verità e non mettere ostacoli alla opera di questa, è tuttavia invitato a reagire su ciò che legge per appropriarselo e farne proprio nutrimento. Si legge soltanto per pensare, come si conquista la ricchezza per servirsene e ci si nutre per vivere.

Abbiamo già condannato il Settore accanito, che giunge a poco a poco. ad un'azione meccanica, ad un automatismo che non è più vero lavoro. Ma non c'è bisogno d'essere un lettore accanito per cadere "in questa passività. Molti leggono come le donne fanno la calza. Abbandonati ad una specie di indolenza il loro spirito assiste alla sfilata delle idee e rimane inerte. , .

Come assopito pastore guarda scorrere l'acqua

II lavoro, invece, è vita e la vita è assimilazione, e l'assimilazione è una reazione delforg,anismo vivente sul nutrimento. Non basta raccogliere le messi a suo tempo e formare i covoni e poi cuocere il pane ma bisogna farsene sangue perché solo per questo serve il grano rigoglioso.

Chi studia sempre può anche non istruirsi mai se non trasforma in sostanza propria quanto ha appreso con doci- -lità nella lettura. La docilità è virtù necessaria, ma non basta. « L'obbendienza è la base del perfezionamento, dice

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 133

Augusto Comte, ma non è il perfezionamento ». Il genio che ci istruisce potrebbe dirci come il suo Ispiratore: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano più abbondante ». (Giov. X, 10). Ciò che fu vita in altri non sarà in noi che una lampada spenta?

Nessuno può istruirci senza il nostro concorso : la lettura ci mostra il vero ma noi dobbiamo farlo cosa nostra. « Lo spirito dell'uomo, diceva Boezio, dall'insegnamento è soltanto eccitato al sapere » (1). S. Agostino, prima di lui, aveva detto : « L'uomo sta rispetto all'insegnamento, come l'agricoltore sta all'albero » (2). S. Tommaso approfondisce di più la questione e osserva che la parola parlata o scritta non raggiunge neppure lo spirito: il suo ufficio, per mezzo dei suoni o dei segni si riduce a fornire all'anima un materiale. Il suono e la luce vibrano, i nostri sensi percepiscono e comunicano il segnale e per un movimento universo, questo segnale che è nato da un'idea, ha la missione di provocare un'altra idea simile. Ma in tutto questo processo gli spiriti non si toccano, i segnali dell'uno non arrivano che indirettamente a contatto dell'altro, e ciò che costituisce la scienza non è già il sistema di segnalazioni che ci è stato proposto ma il lavoro della nostra ragione su tali segnalazioni. In fondo tutte le nozioni scientifiche che ci vengono dal di fuori restano altrettanto esteriori alla nostra intelligenza quanto la sono le cose che si tratta di conoscere ed hanno soltanto il vantaggio di corrispondere, in quanto sono segni, a idee già elaborate e ordinate. Questo ci facilita il pensiero, non lo sostituisce. L'insegnamento ci fornisce soltanto i mezzi per agire spiritualmente, come la medicina offre al corpo

(1) boezio — De Cotisolafww philosapKica, V prosa 5.

(2) st. agostino — Opuscolo De Magistro.

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LA VITA INTELLETTUALE

i mezzi di guarigione. Ma nessuna medicina può agire su organismi inerti e nessun insegnamento giova agli spiriti negligenti.

Di fatto la natura si guarisce da sé e lo spirito è illuminato soltanto dalla luce propria, a meno che non si voglia dire alla luce di Dio infusa in esso, secondo la parola del Salmista : « La luce del tuo volto è impressa sopra di noi, o Signore ». (Salmo IV, 7). Perciò Iddio è in fondo il nostro solo Maestro, è Lui che ci parla dentro ed è da Lui con noi che ci viene ogni cognizione.

Da uomo ad uòmo il pensiero è strettamente incomunicabile (I). Questa analisi penetrante porta a conseguenze pratiche. Se l'idea non ci viene dal di fuori ma deve necessariamente nascere in noi, sforziamoci a che la materia intellettuale procurataci dal libro e cioè le segnalazioni dei nostro muto interlocutore, ci elevino realmente fino al suo pensiero e anche più in là perché in uno spirito attivo ogni evocazione dovrebbe provocarne un'altra.

Solo partecipando alla loro ispirazione si entra in intimità coi genti; ascoltarli dal di fuori è condannarsi a non intenderli. Le grandi parole non s'intendono ne con gli occhi ne con gli orecchi, ma con un'anima che stia all'altezza di ciò che le viene rivelato e con una intelligenza illuminata da la stessa luce.

La fonte del sapere non sta nei libri, ma nella realta e nel pensiero. Non ci importa tanto quello che dice lo" scrittore quanto la realtà che egli adombra ; anzi il nostro spirito si propone non di ripeterla, questa realtà, ma di , comprenderla, cioè di prenderla con sé, di assorbirla in

(1) S. tommaso — De Magistro in Qiiaesfiones disputata-; de Veniate, Q. ,X[.

Art. 1. ' - ' . . •

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modo vitale e farne alla fine il proprio pensiero. Bisogna dopo l'autore, forse grazie a lui, ma indipendentemente da lui, costringere l'anima propria a ridirsi la parola ascoltata. Dobbiamo ricreare per uso nostro tutta la scienza. Del resto il principale beneficio della lettura, almeno della lettura delle grandi opere, non consiste nella conquista di verità sparse, ma nell'aumento della nostra sapienza. Il primo scopo della nostra educazione è stato quello di far nascere in noi questa sapienza, e tale è anche lo scopo della educazione che ci veniamo procurando da noi stessi, perché senza di lei quel che riceviamo non avrebbe alcun valore, sarebbe come la copia di un libro, un altro libro inutile come lo era il primo quando stava in biblioteca. Anche in noi ci sono volumi e grandi testi che non leggiamo mai.

E quale abuso, allora! quando veniamo a contatto con i genii e non riusciamo a cavarne che vuote formule! Ce ne accorgeremo perfettamente quando vorremo utilizzarli in un'opera nostra. Infatti si fa presto a giudicare questo come uno scimmiottamento e a constatare che è un'opera senza alcuna personalità. Utilizzare veramente l'opera altrui è cosa altrettanto importante quanto l'inventare. Anche quando si cita letteralmente, se il passo citato viene incastrato in un discorso dove si trovi perfettamente al posto, in un discorso che stia a quello stesso livello, che abbia lo stesso carattere e che lo assorbisca nella propria viva unità, si può dire che si è originali quasi quanto l'autore. Ci glorifichiamo dando gloria altrui. La citazione ci.appartiene come ei appartengono le parole che ci fornisce , il vocabolario e che pure creiamo noi come l'anima crea ;il corpo. E' così che S. Tommaso, Bossuet, Pascal, fanno le loro citazioni e anche se ci limitiamo a dei lavori molto umili dobbiamo applicarvi le stesse leggi dello spirito, perché la verità è

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madre di tutti gli uomini ; la sapienza li invita tutti ugualmente, e non bisogna lasciare solo ai più grandi il morio-polio delle utilizzazioni superiori.

Di fronte ai geni siamo come fanciulli, ma fanciulli che ereditano e ciò che essi ci danno ci appartiene, perché appartiene all'eternità, dalla quale essi stessi lo ricevettero. Mentre ci parlano dobbiamo contemplare ciò che era prima e aldi sopra di loro e che Dio ha preparato per tutti. L'originalità si acquista così, e se la nostra sapienza aumenterà abbiamo buona speranza di fare opera originale nel vero senso della parola. Per una produzione veramente personale la lettura che può solo servire come stimolo, deve nutrire il nostro stesso essere, non le pagine che scriviamo. Così si può interpretare in questo nuovo senso quello che dicevo prima: trovare nei libri quel che non c'è, delle porte per penetrare in nuovi domini!.

Se soltanto con le proprie forze si può riuscire ad acquistare le conoscenze comuni, a più forte ragione sarà solo con uno sforzo personale che porteremo il nostro contributo di pensiero nuovo. Quando leggo vorrei trovare nel libro uno spunto felice, ma desidero anche di lasciarlo subito, di liberarmi, e provo il senso di aver contratto un debito. Ho il dovere d'essere me stesso e non c'è scopo a copiare gli altri, perché, per quanto io valga poco, so che Iddio in natura non ha mai creato una cosa in vano e molto meno uno dei suoi spiriti. Rendendomi indipendente obbedisco al Maestro.

Io vivo, non sono l'eco di un'altra voce, e voglio una vita feconda. Perché una lettura non sia vana deve farmi concepire^ un pensiero che non sia copia di quello dell'autore, ma mio personale.

Credo che questa sia l'ultima parola sulla questione dei

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 137

libri. Un libro è un segnale, uno stimolo, un aiuto, un iniziatore, ma non è un surrogato od una catena. E' necessario che il pensiero sia espressione del nostro essere ; perciò leggendo non ci dobbiamo cristallizzare nei maestri, ma prenderli come punto di partenza, perché ogni opera va considerata come un seme, non come cosa morta.

Fisicamente 'noi nasciamo giovani e moriamo vecchi;

ma dal punto di vista intellettuale, a càusa della eredità dei secoli, nasciamo vecchi : bisogna tentare di morir giovani (1).

I veri geni non intendevano di imbavagliarci, ma di renderci liberi : che, se ci avessero voluto schiavi ci dovremmo difendere da loro e salvaguardarci da questa forza invadente, che annienta, tanto più che non possiamo lottare con gli stessi mezzi. Cerchiamo di render libera l'anima nostra.

Tanto più il pensiero nascerà dalla nostra intimità incomunicabile, tanto più sarà specchio dell'uomo è tanto più gli altri uomini riconosceranno in esso la loro effige. Il rispetto umano ci allontana dalla vera espressione dell'urna- -nità e la spontaneità invece ad essa ci avvicina. Tutte is ^, copie, palesi o nascoste, vengono presto a noia e Schopen-hauer dice che chi parla soltanto di ciò che ha letto non si fa leggere.

Insomma il nostro lavoro deve essere fra noi e la verità, fra noi e Dio. Il nostro modello è il pensiero creatore, i genii non ne sono che l'ombra e diventar l'ombra di un^ ombra segna un decadimento per chi, grande o piccolo, è un fatto spirituale incomparabile, irriproducibile, ed unico.

(1) Pensiero-famigliare, all'abate Tourville che lo applicava alle scienze sociali.

138 LA-VITA INTELLETTUALE*

L'uomo è multiplo e ciascuno di noi è un esemplare^ deli'umanit. Dio è in tutti. Ognuno'deve dunque sapere inf sé stesso onorare l'uomo è rispettare Dio.

B) L'ORGANIZZAZIONE DELLA MEMORIA

Non servirebbe a nulla l'acquisto fatto con la lettura ne sarebbe possibile la riflessione se la memoria non ritenesse, per poi presentarcelo al tempo opportuno, quante* deve servire all'opera nostra e al lavoro dello spirito. Molti genii hanno avuto una memoria prodigiosa, altri ne mancarono affatto, la maggior parte l'ebbero mediocre e dovettero perciò supplirvi in altro modo. Non è possibile classificare i maestri in base a questo dono, è certo però che, a parità di condizioni, una memoria ampia e tenace è una aiuto prezioso.

CIÒ'CHE SI DEVE RITENER»

Sarebbe male però concludere da tutto ciò che sia ne-' cessario esercitare la memoria senza discrezione e sovraccaricarla col massimo numero possibile di nozioni, di fatti, di immagini, di testi. S. Tommaso sembrerebbe quasi dirlo quando scrive nei suoi sedici precetti: « Deponi ne! tesoro del tuo spìrito tutto, ciò che potrai, come chi vuole riempire un vaso». Ma a questa breve massima occorre accordare il beneficio d'un sottinteso. Si deve ritenere tutto ciò che si può a condizione che sia utile, come, con la stessa riserva-, si deve leggere tutto ciò che si può. Noi che già ab-

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 139 ,

biamo messo in guardia lo studioso contro l'abuso delle letture dobbiamo ripetere che quanto oBbiettammo a tal proposito vale, in gran parte, anche qui, perché il ricordale è un conservare gli acquisti fatti e da questi non si;

può mai separare il criterio della utilità o del danno. '( ,

Tutti i maestri ci dicono che sovraccaricare troppo là^' memoria reca pregiudizio al pensiero pensonale e all'atten-:^;. zione. Lo spirito si annega nella massa dei suoi materiali,^'' t resta ingombrato e paralizzato da tutti gli elementi inutiliz-^ zabili: allora accade che il peso morto opprime la parte vi--, tale e che l'alimento sovrabbondante diventa veleno. Se se ne vuole la prova basta guardare tanti pretesi eruditi dallo i;^ spirito falso ed inerte ridotti ad essere «biblioteche viventi»!,^ o « dizionari ambulanti'». ^

Non si vive di memoria, ma la memoria deve servire alla vita. Imprimetevi dunque in mente quanto può aiutar-;:^ vi a concepire o ad eseguire, quanto è assimilabile dall'ani-:;^ ma vostra, risponde al vostro scopo, vivifica la vostra ispi- ;

razione e sostiene l'opera vostra. Tutto il resto si abbandoni ' I' all'oblio. E se accade talvolta che siano utili molte cose che:::;;;

non io sembrano e che di fatto abitualmente non lo sono, ;

non è questa una buona ragione per ritenerle in ogni modo.;,;

All'occorrenza potrete andarle a ricercare e la carta le '<:

conserverà senza fatica. Non s'impara a memoria l'orario ;

delie ferrovie col pretesto che non sappiamo quale treno do- " vremo prendere. .

Pascal diceva che credeva di non aver mai scordato .una cosa quando aveva voluto ritenerla. Questa è la memoria utile a condizione di non voler ritenere che quanto ':

serve. • ^ , ! !! ~'^

Quando S. Agostino definisce la felicità, « non deside- p;

rare altro che il bene e avere tutto ciò che si desidera» egli:

140 LA VITA INTELLETTUALE

definisce al tempo stesso la memoria felice. Affidate dunque alla vostra tutto ciò che è buono e pregate anche Iddio che voglia accordarvi, se crede, il dono di Pascal, o quello di S. Tommaso, <c in cui nulla si perdeva » o quello di Mozart che sapeva ripetere una Messa solenne dopo averla sentita una volta sola.

Ma, torno a dire, questa grazia non è necessaria e SÌ può sostituirla senza grave danno, e a che definirne il valore dal momento che siamo chiamati ad amministrare i doni che abbiamo e non quelli che ci mancano?

Una regola fondamentale consiste nel fare entrare la memoria nella corrente generale dei propri pensieri, nel farla cioè partecipare alla propria vocazione. La memoria si deve specializzare come lo spirito : nella stessa misura e con la stessa concentrazione intorno all'oggetto principale e con la stessa ampiezza quanto agli sviluppi.

Vi sono delle cose che tutti devono sapere e che par-ticolarmente ogni cristiano deve tener sempre presenti. Ve ne sono altre che uno studioso non può ignorare; altre ancora che si riconnettono con legami più o meno stretti colla specializzazione e che ognuno sentirà il bisogno di possedere a seconda dell'ampiezze delle proprie vedute. Ve ne sono infine alcune che costituiscono la stessa specializzazione e senza la quale si rimane al disotto del proprio compito, meritando conseguentemente la giusta taccia di ignoranza e di inerzia colpevole.

Ognuno deve sforzarsi di mantenere in piena luce nella propria mente e disponibile ad ogni bisogno ciò che costituisce la sua base di lavoro, ciò che per tal motivo è noto a tutti gli spiriti eminenti della sua professione. In questo nessuna negligenza e meno indugi che sia possibile. Quanto al resto si potrà acquistare a mano a mano ciò che sarà ncces-

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 141

I sario ad ogni lavoro particolare senza cercare troppo di

| fissarselo in mente in modo irrevocabile.

I In tutti e due i casi si vede che la registrazione nella memoria parte, come la scelta delle letture, da un'idea prestabilita : c'è solo questa differenza che un lavoro particolare è la vocazione del momento, la vocazione è un lavorò continuo e la memoria vi si adatta.

Nicole suggerisce al cristiano di « imparare a memoria varii salmi e varie sentenze della S. Scrittura allo scopo di santificare la memoria con queste parole divine •>•>. (1) E' un modo di consacrare la nostra comune vocazione celeste e di facilitare lo sforzo verso il bene. Pochissimi comprendono oggi consigli simili: molti declamano brani di Virgilio, di Racine ecc., e non sarebbero capaci di recitare un salmo, ì'Angelus, il Salve Regina, il Tè Dell'in, il Magnificat, il che è un evidente disordine. Ciò che aderisce al nostro spirito per mezzo della memoria, esercita in esso un'azione più viva e il cattolico deve augurarsi massima questa azione per ciò che può animare la sua fede. Gli sarebbe molto giovevole di poter di tempo in tempo durante la giornata, o m adatta occasione, ripetere a sé stesso delle formule sature di spirito cristiano.

IN QUAL ORDINE RITENERE

Una volta regolata la quantità del contenuto occorre pensare all'ordine, perché una memoria non deve essere un caos. La scienza è «e la conoscenza delle cose nelle loro cause ed ogni esperienza non ha valore che per le sue relazioni,

(1) Op. cit. pag-, 261.

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i suoi raggruppamenti e le sue gerarchle di valori ; di modo che immagazzinare alla rinfusa equivale a rendere tutto inutilizzabile e condannarsi a ricordare-solo per caso. E' naturale che la memoria di uno studioso abbia i caratteri dell'intellettualità: ora questa non è soddisfatta da sole nozioni disparate, senza affinità determinate.

Cercate dunque sempre i legami che ci sono tra una cosa e l'altra, ciò che condiziona i varii fenomeni e imprimetevi nella memoria queste coordinazioni e non frammenti sparsi. Una mente bene ordinata è come un albero genealogico in cui tutti i rami stanno attaccati al tronco e per mezzo di esso comunicano fra loro: le parentele vi si rivelano chiaramente in tutti i loro gradi esprimendo una discendenza in ogni relazione o nell'insieme.

Insomma tanto nella memoria quanto nel pensiero bi-, sogna riferire sempre tutto a ciò che è essenziale perché citta che è primordiale, fondamentale, semplice e da cui il com-fi plesso nasce a gradi e con differenze successive è il vero so-? stegno della memoria, come lo è della scienza, e la rende :

efficace al momento in cui c'è bisogno di lei. ,^

E' peggio che inutile l'aver acquistato miriadi di no-J^ zioni, se le nozioni fondamentali invece di trovarvi una rie- ? chezza, grazie alle dipendenze che vi manifesta la memoria,^ vi cozzano come contro un ostacolo e vedono così aggravata la loro rovinosa solitudine. Cinquanta dati non valgo-^ no più di uno solo se tutti esprimono soltanto lo stesso rap- ;

porto profondo e così sminuzzati sono infecondi e, come ìi.r fico del Vangelo, occupano invano la terra. ;.:

Come si devono prima di tutto cercare le idee fon-^ damentali, così si devono conservare queste nella memoria^ perché siano presenti al primo richiamo, pronte a illumi-J nare tutto ciò che ci si offre, a mantenere al loro rango le'

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idee antiche non ostante i nuovi apporti, pronte anche a. svilupparsi, esse stesse, in occasione di ogni progresso, come il cervello profìtta di quanto riceve lo stomaco e il cuore profitta dell'esercizio delle membra. ,

Un pensiero nuovo agisce retrospettivamente come una fiaccola che illumina anche alle spalle di chi la regge. I materiali abbandonati si trasfigurano appena li riordiniamo alla luce di un'idea ; allora tutto in noi si ricrea e s'anima di nuova vita. Ma, perché ciò accada bisogna che i sentieri della luce siano aperti, che i nostri pensieri stiano in ordine e possano mettersi in comunicazione l'uno con l'altro.

Chi avrà regolato il proprio ordine intcriore sarà protetto quasi automaticamente da ogni sovraccarico e si potrà constatare allora che due precetti, distinti in apparenza, non ne formano, per così dire, che uno solo. L'inutile, che trova posto nel caos, non trova più posto in una organizzazione.

Ciò che non serve va sgomberato.

Così alleggerito e ben sistemato uno spirito potrà darsi con tutte le forze alle sue opere, andando dritto a ciò che giova senza attardarsi con delle inezie, anche se per un altro, queste dovessero diventare la cosa principale.

Quando Pasteur andò nel Mezzogiorno per combattere e vincere in poco tempo il male che minacciava la industria francese della seta, non conosceva i costumi del baco da seta e se ne informò piuttosto distrattamente dal grande entomologo Enrico Fabre, il quale, sulle prime si meravigliò dell'apparente leggerezza del Parigino, ma ben presto, vedendo che Pasteur cercava più a fondo e lavorava proprio alle sorgenti della vita, capì e celebrò in seguito questa semplicità geniale.

In ogni materia ci sono alcune idee che governano tut-

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to il resto, che sono come delle chiavi universali; ce ne sono certe che governano anche la vita e davanti a queste bisogna accendere, nell'intimo del cuore la lampada del santuario.

La facoltà creatrice dipende in gran parte, dal giudizio e dalla sobrietà delia memoria. La fedeltà a ciò che è essenziale mantiene aperte al di fuori tutte le prospettive, e la' logica delle cognizioni acquistate tende a trovare il suo naturale sviluppo negli acquisti nuovi.

I pensieri servono da esca ai pensieri come l'acqua va al nume; non si presta che ai ricchi e il Vangelo dice: cc A chi ha sarà dato e si troverà nell'abbondanza ». Ogni verità .è alba di una verità novella : ogni possibilità tende a realizzarsi e quando l'ordine inferiore viene, a contatto con la esperienza, accade quello che accade alla radice se viene 4 ^messa nella terra: la sua sostanza lavora e la vita cresce-? perché l'adattamento dell'essere vivente al suo ambiente e''*'-l'unica condizione alla sua fecondità. ^

L'ambiente della Scienza è il Coswos il quale per il^ primo, è organizzazione, struttura, e perché l'uomo di stu- '' dio progredisca è necessario e sufficiente che stabilisca in& sé, per mezzo della memoria una struttura corrispondente?' che gli permetta di adattarsi e, con ciò, di agire. ' '

COME FARE PER RITENERE^

Ci resta a dire come si ottenga una memoria così fatta:,;

e come si utilizzi, e non è un segreto molto difficile benchèf si riconnetta alle condizioni più profonde della nostra vita? mentale.

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 145

S. Tommaso propone quattro regole:

1. Dare un ordinamento a ciò che si vuole ritenere.

2. Applicarvi profondamente lo spirito.

3. Meditarlo spesso. ;

4. Quando si voglia ricordarsene prendere la catena delle dipendenze al principio e tutto il resto verrà da sé (1). Aggiunge come accessorio, seguendo Cicerone, che è bene di rilegare la memoria delle cose intellettuali a quella delle cose sensibili perché dice che queste sono l'oggetto proprio dell'intelletto ed appartengono alla memoria per sé stesse, le altre invece indirettamente per accidente (2).

L'importanza dell'ordine è già stata notata da un'altro punto di vista ; ma per fissarne il ricordo ciascuno può rifarsi alla propria esperienza. E' difficilissimo sistemare in noi una successione di parole, di numeri, di idee o di elementi senza legame fra loro: le nozioni isolate non vanno a posto, restano isolate, come sperdute, e sfumano rapidamente. Invece una serie ordinata fa massa e resiste. Tutto ciò che trova il suo punto d'appoggio nella propria ragione d'essere e nella sua naturale concatenazione, tutto ciò in una parola che sta nel suo ambiente, corre meno il rischio di disperdersi. Si riesce a conservare solo ciò che è; e un elemento, separato dagli elementi connessi, non è che per metà.

Chi vuoi ritenere faccia attenzione ai legami e alla ragione delle cose; analizzi, cerchi le cause, osservi la genealogia degli avvenimenti, le successioni e le dipendenze; imiti l'ordine matematico, dove la necessità prende le mosse dal-, l'assioma e termina alle più lontane conclusioni. Per assicurare la coesione del tutto bisogna intendere a fondo,

(1) Da memoria et Reminiscentìa, lect. 5.

(2) Iblei, lect. 2.

10 — La vita intellettuale.

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LA VITA INTELLETTUALE

quindi imparare e introdurre nel proprio spirito non degli anelli separati, ma una catena, perché l'unione fa la forza.

L'applicazione dello spirito, che viene raccomandata in seguito, ha per scopo di incidere più profondamente in noi la figura della parola e delle cose. Più la tensione è ardente, più l'incisione è profonda e le traccio resisteranno meglio al flusso permanente che tende a rinnovare le idee, come per la morte si rinnovano le creature. Chi legge o ascolta per imparare sia tutto concentrato e presente a sé stesso ; ripeta, come ad alta voce, ciò che gli è suggerito, ne martelli le sillabe — lo dico figuratamente, ma qualche volta può giovare applicarlo alla lettera — si metta in condizioni, appena letto o inteso ciò di cui si tratta, di ripeterlo:;;

nella maniera precisa in cui lo vuoi ritenere. Se si tratta di |] un libro non bisogna abbandonarlo prima di essere capaciti di farne un riassunto e di darne un giudizio. Ho aggiunto |i quest'ultima parola perché l'oggetto, che ha provocato un5 intervento attivo da parte nostra, diventa molto meno fu-, gace quando si riconnette alla nostra personalità. ??

Dopo ciò è necessario meditare, quanto più spesso possibile è, e quanto più l'oggetto ne è meritevole, su quel chèi, vogliamo preservare dall'oblio. La vita cancella le orme della vita, e questa è la ragione per cui consigliavamo di'^ imprimere profondamente; ma siccome l'esperienza ci in-, segna che queste traccie in ogni modo sì indeboliscono, bi-| sogna cercare di ravvivare costantemente i nostri pensieri? utili e di tornare a meditare i fatti che vogliamo mantenerci^ sotto occhio. Uno spirito agitato non è atto a questo lavoro,;. perciò per un buon uso della memoria, come per tutte le funzioni intellettuali si richiede una vita tranquilla e l'allon-' tanamento dalle passioni. La facoltà di ammirazione, la fre4 schezza di spirito, di fronte alla natura e alla vita, giovano"

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 147

alla memoria, giacché si ritiene meglio, ciò che più ci ha colpito. Per questa ragione, oltre tutte le altre, lo studioso deve coltivare quel desiderio della conquista del nuovo che è il primo impulso alle feconde creazioni e alle fruttuose ricerche.

In fine quando si vuole ritrovare un ricordo, e riattivare antiche immagini è ugualmente consigliabile di appoggiarsi al fatto delle dipendenze reciproche fra i pensieri, fra le impressioni che han servito di base alla costituzione della memoria. Nel cervello tutto si concatena, anche indipendentemente dalla nostra volontà: che se questa poi avrà cercato industriosamente con tutte le forze di allacciare le nozioni tra loro con i più naturali legami, ne raccoglierà il beneficio.

Non cerchiamo dunque a caso in un insieme che non è stato combinato a caso ; ma procediamo logicamente, utilizzando la logica delle cose quale s'impone da sé o quale l'abbiamo considerata al principio, riandando le serie istituite, invocando la contiguità delle idee, delle circostanze, insomma riportando a forza sotto il dominio dell'attenzione ciò che l'attenzione aveva fissato e immagazzinato secondo le sue leggi.

Quando S. Tommaso consiglia di tirare la catena, quello che egli chiama il capo della catena che bisogna afferrare è quello che ci si presenta come il più immediatamente in dipendenza di ciò che cerchiamo. Per esempio: Io mi ricordo d'aver pensato ad un progetto di studio, ora questo progetto mi sfugge ma so che quando lo pensavo stavo nel tal posto, o che parlavo con quel tale amico, o anche che esso aveva attinenza ad un certo insieme di operazioni spirituali, ad un certo aspetto della mia vocazione, o pure che il progetto s'era inspirato ad una lettura anteriore o era reso

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necessario da lavori precedenti. Per riafferrare l'idea svanita, comincerò col risvegliare l'impressione del luogo, della compagnia, dell'insieme ideologico, dello scopo da raggiungere, del libro analizato, o del lavoro compiuto. Partendo di là esplorerò i dintorni e con tentativi diversi cercherò di incontrarmi con quello che so essere legato ad uno di questi

dati.

Riassumendo, quello che importa alla memoria non è il numero delle cose acquistate, ma prima di tutto la loro qualità, poi il loro ordine, e infine, l'abilità della loro utilizzazione. Non sono i materiali che mancano al pensiero, ma è il pensiero che manca ad essi, e imparare è inutile senza l'assimilazione intelligente, la penetrazione, la concatenazione, la progressiva unità di un'anima ricca e ordinata.

La cosa interessante non è il cantiere ma l'architettura e, sopratutto, lo spirito dell'abitante. Chi ha l'ispirazione elevata, l'attenzione ardente, l'emozione di frpnte al vero, lo zelo della ricerca, avrà ricordi a sufficienza.

C; L E N O T E

Sono costretto a ripetermi spesso, e se lo faccio in modo ;

eccezionale parlando delle letture, della memoria e delle' note è perché queste tré cose non ne fanno, per così dire,:

che una. Per mezzo loro ci dobbiamo completare per potere a tempo debito, fare l'opera nostra.

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 149

COME SI DEVE ANNOTARE

Bisogna leggere relativamente poco e ritenere anche meno, cosa questa del resto di cui s'incarica la natura. Gli appunti, che sono una specie di memoria esterna a noi, « una memoria di carta » come diceva Montaigne, devono essere enormemente ristretti, in rapporto alle letture, ma possono essere più ampii del ricordo che suppliscono : conseguente-mente possono ravvivarlo aiutando il lavoro in una misura che è difficile precisare. Se ci si dovesse affidare alla memoria per conservare intatto e pronto a servire tutto quello che abbiamo trovato o scoperto durante il corso della nostra vita di studio, sarebbe una vera disgrazia perché la memoria è infedele, perde, nasconde e non ubbidisce affatto al richiamo, di modo che è meglio non sovraccaricarla per non ingombrare lo spirito. La libertà dell'anima è preferibile ad una abbondanza indigesta e come soluzione non c'è che un quaderno d'appunti o uno schedario.

La memoria inoltre classifica a modo suo e per quanto uno cerchi di aiutarla in quest'opera, le sue classificazioni restano capricciose ed instabili cosicché per ritrovare al momento voluto il ricordo voluto occorrerebbe una padronanza di sé che nessuno può avere. Anche in questo gli appunti e gli schedari ci possono aiutare. Bisogna organizzare le riserve, depositare i risparmi alla Banca dove, non daranno, è vero, nessun interesse ma staranno al sicuro e a portata di mano. E noi saremo i cassieri.

Praticamente si possono tenere vari sistemi, ma ci sono alcune leggi generali che sarà opportuno ricordare, perché ognuno ci si ispiri.

Si possono distinguere due generi di appunti, corrispon-

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denti alla preparazione lontana o alla preparazione immediata del lavoro. Quando si legge e si medita per formare e nutrire lo spirito se si presentano delle idee che sembrano degne di nota, se si trovano dei fatti, delle indicazioni diverse che potranno servire ancora, si annotano.

Quando invece, dovendo studiare un soggetto preciso, dovendo produrre qualche cosa di concreto, si cerca di documentarsi, si legge tutto quanto è stato pubblicato su quella materia, si ricorre a tutte le fonti di informazioni di cui si può disporre e poi si rinette per conto proprio, stando Sempre con la penna in mano.

La caratteristica della prima categoria di appunti è di essere alquanto fortuita, caratteristica che potrà essere mitigata solo dai limiti della specializzazione e dalla serietà delle letture.

Siccome la vita è sempre complessa, e lò spirito mutevole, e siccome noi stessi abbiamo consigliato la vastità degli orizzonti, queste note saranno molto aleatorie.

Quando invece prendete appunti per un lavoro da fare, avendo la produzione un carattere definito, anche gli appunti restano più determinati, stringono da presso il soggetto che si ha di mira e formano un tutto più o meno organico.

Vi sono regole comuni e regole particolari che si riferiscono a questi due gruppi di annotazioni. In tutti e due i(. casi occorre evitare gli eccessi, l'ingombro cioè di mate- ^ riali che ci soffocano e che diventano per ciò stesso inutiliz-jl %abili. Alcuni hanno dei quaderni così sovraccarichi di note^ e così numerosi che una specie di scoraggiamento preven- (, tivo impedisce loro di aprirli. Tali pretesi tesori costarono j, molto tempo e molta fatica e non servono a nulla perché'»':

sono infarciti di una quantità di cose inutili, e perfino quelle;''

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 15^

utili, molto spesso, sarebbe stato meglio lasciarle nei volumi donde furono estratte, contentandosi di una semplice parola riassuntiva di rinvio. Le vostre note siano prese con riflessione e con sobrietà e per evitare le sorprese del primo momento, l'effetto delle preoccupazioni passeggere ed anche della infatuazione causata talvolta da una parola brillante, lasciate trascorrere qualche tempo prima di ordinarle in modo definitivo. Con calma, a tempo opportuno, giudicherete della raccolta per conservare soltanto il grano migliore.

Ancora: in tutti e due i casi occorre prender le note dopo un lavoro spirituale condotto con energia e personalità. Che qualche cosa sia bella e buona e preziosa in teoria non è una buona ragione per scriverla: grazie a Dio, vi sono molte belle cose nei libri, ricopieremo per questo tutta la biblioteca nazionale? Non si compra una giacca perché è bella, ma perché ci sta bene, ed è meglio lasciare dall'antiquario il mobile ammirato, se ne le dimensioni ne lo stile si adattano all'appartamento che lo attende. Evitate in tutto il capriccio. Come la lettura è nutrimento, e il ricordo è un patrimonio di ricchezza, che fa corpo con la persona, così le note vanno considerate come una riserva alimentare personale. Le. letture, f ricordi e gli appunti ci debbono completare e perciò ci devono somigliare, devono avere le nostre caratteristiche, corrispondere al nostro ufficio, alla nostra vocazione, devono rispondere ai nostri fini ed alle vie che vogliamo seguire per attuarli. ,:

E' noto come un libro di conti riveli la maniera di vivere e gli scopi che si propone il suo proprietario ; il quaderno di appunti e lo schedario dovrebbero essere altrettanto vicini allo studioso, a ciò che egli deve e vuole essere. Qui è, almeno in parte, il suo conto Avere, e questa partita deve corrispondere da una parte al possessore e dall'altra

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poi alla presunta spesa. Io mi rispecchio nelle mie opere e mi devo rispecchiare anche nei mezzi, se ho adattato bene gli uni alle altre come a me stesso.

Meglio ancora, sarebbe desiderabile che, esclusi i documenti veri e propri, fatti, testi o statistiche, gli appunti che si prendono fossero non soltanto adattati alla persona, ma della persona che li prende e questo non solo quando emanano dalle sue riflessioni, ma anche quando procedono da una lettura. La lettura, difatti, deve essere rimeditata e perciò dicevo che una citazione può diventare nostra al punto da non differire da una creazione.

Mentre leggo scrivo, ma, anziché scrivere il pensiero altrui, scrivo quello che penso io, messo a contatto con un altro, e il mio ideale è che ciò accada anche se trascrivo a parola, perché in quei casi giudico di non poter meglio esprimere il pensiero comune. Lo scrittore è colui che concepisce, ed anch'io concepisco ciò che riesco ad assimilare con profondità, ciò che mi sforzo di penetrare, di comprendere nel più ampio senso della parola, e cioè di far mio :

dunque io divento allora scrittore e posso mettere a parte gli appunti come un tesoro diventato mio proprio.

E quanto agli appunti del primo gruppo non c'è più nulla d'essenziale da considerare. Quanto alle note prese per così dire da vicino, in vista cioè di un lavoro determinato, occorre innanzi tutto rafforzare l'applicazione delle regole esposte e poi aggiungere quanto segue.

Abbiamo già richiesto che il modo di annotare sia personale, e cioè in rapporto fedele con chi scrive, ma bisogna anche che sia in rigoroso rapporto con l'opera da fare. Il vostro scopo è preciso, ripensatelo intensamente e tracciate un piano provvisorio secondo il quale dirigere le letture e

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le meditazioni: secondo questo anche dovranno esser prese le note.

Claudio Bernard diceva che le osservazioni scentifiche sono risposte alle domande poste dallo spirito e che di fatto nessuno trova se non ciò che cerca. Allo stesso modo una lettura fatta con intelligenza deve racchiudere sempre la possibilità di una risposta ai quesiti suggeriti a noi dall'argomento che viene trattato. Bisogna dunque leggere con lo stesso sentimento di attesa con cui all'uscita di una stazione, si osserva la folla dei viaggiatori tra i quali deve trovarsi un amico. La lettura deve essere conseguen temente a mano a mano sempre più specifica, e deve avere rapporti non soltanto alla persona che studia e alla sua vocazione, ma alla particolare applicazione del momento. Questa maniera di leggere è un partito preso e come tale rassomiglia ad un vaglio che lascia passare tutto quello che non serve e ritiene solo il grano voluto. Non bisogna ne distrarsi ne indugiarsi ma tener sempre presente solo il proprio scopo senza riguardo alcuno per quello dell'autore che può essere differen-tissimo. Dirò anzi — non ostante il senso antipatico e inopportuno che questa frase ha quasi in ogni caso — che bisogna mettersi dei para occhi per concentrarsi meglio su ciò che, pel momento, ci deve prendere intieramente.

Ci sono due procedimenti, che si può impiegare alternativamente, secondo la natura dell'opera che vogliamo compiere. Si può stabilire un piano dettagliato e documentare solo in seguito. Oppure si può cominciare dalla documentazione, da riflessioni e letture che presuppongono evidentemente qualche direttiva, ma senza che ci sia un piano propriamente detto. In questo caso si gira intorno al soggetto, si osserva da tutti i lati, si cerca di approfondirlo in ogni senso, in modo che nulla ne resti inesplorato ; se vengono

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LA VITA INTELLETTUALE

delle idee di piani da tracciare se ne prende nota, come faceva Pascal quando scriveva: «Ordine» a capo di un frammento. Si mettono da parte i documenti da utilizzare così come sono ; si appuntano le idee che occorrerà sviluppare e di cui, quando ci si offrono, si fissano le caratteristiche principali. Si menzionano le parole giuste, le similitudini riuscite che si presentano ; qualche volta si redige un passaggio intero, non con l'idea di compierlo, ma perché è venuto da sé e l'ispirazione è come la grazia che passa e non torna.

Quando crediamo di aver esaurito la materia di ciò che pretendevano o speravamo di fare, allora il lavoro è pronto ;

il cantiere è pieno di materiali di cui alcuni sono informi, altri tagliati provvisoriamente. Parleremo fra poco della costruzione, ma si vede già chiaramente che il piano procederà dagli stessi materiali e non i materiali dal piano.

Questo sistema, che sembra ed è di fatto meno logico, astrattamente parlando, ha però il vantaggio di lasciarci più liberi nelle riflessioni e negli studi di preparazione, di facilitarci l'ispirazione, di darci la soddisfazione di trovare senza essere costretti a cercare troppo particolarmente, e di lavorare in piena libertà di spirito, senza costrizioni mentali. In questo modo si può condurre a termine un lavoro senza averlo cominciato. Tutto il suo valore è già determinato nelle note in cui il piano è latente, un piano a «fwnrs» come" dicono gli architetti e cioè che contiene varie combinazioni possibili. Ma la materia è pronta, dominata, e si è sicuri,? una volta stabilito il piano, che questo risponderà ad una^ concezione reale, a delle idee che abbiamo e non dietro le, quali corriamo ; non sarà dunque uno schema arbitrario, uni sistema di scompartimenti da riempire per forza anche quan-'

LA 1'REPARAZIONE DEL LAVORO ;: Ì55

do non ci sia niente di spontàneo, di saliente e perciò niente-di. vivo. ' 1! • '• •11 • ' • • • ' • ! ' - •^,yi ' Le note così intese, note di studio, note di ispirazione, non possono essere prese a tempo .perso ; esse sono del lavoro vero e proprio e bisogna riservarne la ricerca in quei momenti che abbiamo chiamato di plenitudine. Le altre note, senza sfuggire alla necessità dello sforzo, avranno qualche volta 51 carattere di cose trovate a caso per fortunata combinazione. Ma quelle raccolte da uno studio profondo saranno sempre le migliori. '

COME CLASSIFICARE LE NOTE?

Dopò aver preso ,le note, se si crede che più tardi possano servire, bisogna classificarle. Nell'industria l'ordine è denaro, e quanto denaro; nella scienza l'ordine è pensiero. ' arebbe inutile prendere delle note se al momento opportuno non si potessero più ritrovare : sarebbe come avere un tesoro nascosto sotto terra. Sta bene conservare traccia dei propri pensieri, e delle letture fatte, rilevare dei documenti, ma a condizione di averli sotto mano e di poterli facilmente consultare. Bisogna diffidare di quel certo spirito di collezionismo da cui sono così spesso affetti quanti hanno l'abitudine di prendere note. Costoro vogliono riempire a qualunque costo il quaderno o lo schedario, e nella fretta di riempire i vuoti, accumulano i testi proprio come^si fa coi francobolli o con le cartoline illustrate.

Questa maniera di fare è deplorevole e rischia' di condurre ad una sciocca mania. L'ordine è necessario,, ma purché ci serva e non perché ci renda schiavi. Chi si accanisce ad accumulare note si distrae dalla produzione e anche dall'ap-

156

LA VITA INTELLETTUALE

prendere; un'eccessiva smania di classificazione nuoce all'uso e tutto invece deve essere subordinato al bene del

lavoro. _

Come si possono classificare le note?

Gli uomini celebri hanno adottato vari sistemi, ma alla fine dei conti il migliore è quello che ciascuno ha sperimentato, confrontandolo con i propri bisogni ed abitudini intellettuali e che ha consacrato con una lunga pratica.

Il sistema del registro su cui si scrive o si incollano in fila le note raccolte è molto difettoso per ciò che non permette alcuna classificazione, nemmeno con l'aiuto delle riserve lasciate in bianco : che è impossibile determinarne la misura. Tenendo un registro differente per ogni soggetto si corregge un po' questo inconveniente, ma non si ottiene mai una classificazione precisa oltre al fatto che il registro si presta male all'uso quando è il momento di scrivere.

Si possono tenere delle buste di carta resistente, con un tìtolo, in cui mettere le note di ciascuna categoria. Ogni insieme di simili buste, raggruppabili sotto un titolo più generale si dispone in uno scompartimento di scaffale, sopra il quale si segnerà, se non il titolo stesso — che si può preferire di non mettere al pubblico — almeno un numero d'ordine corrispondente ad un indice che lo studioso abbia sempre sotto mano.

Ma il metodo più pratico per la massima parte dei lavori è quello delle schede. Prendete delle schede di carta più tosto resistente, di indentiche dimensioni, fissate secondo la lunghezza media dei vostri appunti. Niente del resto potrà impedire che si prosegua su di una seconda scheda l'appunto cominciato in un'altra. Le schede debbono essere tagliate con esattezza, a macchina, lavoro che potrà essere compiuto da qualsiasi rilegatore in cinque minuti e che del resto può

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 157

essere evitato poiché case speciali mettono in commercio schede di ogni dimensione e di ogni colore insieme alla scatola per contenerle e agli altri accessori. Sono infatti necessario delle scatole o anche — se la raccolta di note è importante — un mobile a tiretti di appropriate dimensioni. E' anche necessario un certo numero di schede con listelli per numerare le categorie dopo aver numerato ad un angolo ogni scheda.

Fissato questo materiale, ecco come si deve procedere.

Quando raccogliete un appunto durante il corso della lettura, o della meditazione, o via dicendo, fissatelo subito su di una scheda, o — se non ne avete a disposizione — su di un pezzo di carta più piccolo,scrivendo però solo da una parte, in modo da poterlo poi incollare su di una scheda ordinaria. Poi, a meno che non abbiate pensato di soprassedere, voi dovete classificare la scheda.

Questa operazione di classificare, presuppone di aver già adottato un modo di classificazione in armonia con i vostri particolari lavori. Non si possono qui che dare indicazioni generali. Ognuno infatti deve prepararsi un catalogo di soggetti, con divisioni e suddivisioni, intorno ai quali ha di già stabilito o pensa di doversi procurare degli appunti. Un sistema ingegnosissimo, chiamato sistema decimale, è applicabile ad ogni genere di ricerca. Mi permetto di rinviare per la sua esposizione ad un chiarissimo ed interessante opuscolo (1).

Se si teme la complicazione, che veramente è un inconveniente grave, si cerchi il sistema più pratico per lo scopo a cui deve servire, perché in questo bisogna essere realisti e

(1) L'orsanisation da travaii intellectuel — Dott. chaviqny, agrégé du Val de Qràce — Delagrave, 1918.l

,cg LA VITA INTELLETTUALE

non dilettarsi a fare a priori delle suddivisioni che non servirebbero a niente.

Le schede si immatricoleranno secondo il catalogo di cui ogni divisione o suddivisione deve portare una lettera o un numero d'ordine e così al momento del bisogno si ritroveranno facilmente.

COME UTILIZZARE LE NOTE

Eccoci giunti al momento di utilizzare la documentazione. Abbiamo la raccolta immediata delle note prese precisamente per il lavoro che stiamo facendo, di più abbiamo in riserva, non ancora estratte, le note antiche che vi si riferiscono più o meno direttamente. Riuniamole dunque servendoci delle indicazioni del catalogo, e ci troveremo di fronte due strade aperte.

Se abbiamo già fatto un piano dettagliato e secondo questo abbiamo preso le note, daremo un numero successivo agli articoli di detto piano, e un numero analogo alle schede che li riguardano ; poi riuniremo in pacchi le schede che portano uno stesso numero, metteremo per ordine i vari pacchi e non ci resterà altro da fare che redigere successivamente il contenuto.

Se invece avevamo preparato il lavoro senza un piano prestabilito, ma semplicemente secondo alcune direttive, si tratterà adesso di stabilire il piano e cioè di estrarlo dalla documentazione stessa, il che potremo fare in questo modo :

prendiamo le schede in blocco, e scriviamo il loro contenuto, uno dopo l'altro, in colonna, su un foglio di carta, con proposizioni più brevi che sia possibile. Una volta esaurito questo lavoro ci troviamo davanti tutte le idee di cui

LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 159

disponiamo. Scorriamole per renderci conto delle loro di- • pendenze e rapporti, ricaviamone mentalmente le idee principali, e mettiamo, sotto a queste, quelle che vi si ricollegano, aiutandoci con una numerazione marginale che potremo correggere ripetutamente secondo il bisogno. La luce si farà d poco a poco e in quella che era una massa confusa si stabilirà un ordine. Fatto ciò ricopieremo le proposizioni non avendo più che da seguire r numeri. Se ci saranno dei vuoti, li riempiremo: faremo, se occorre, riguardo a questi, qualche ricerca supplementare, numerando col numero corrispondente ad ogni tema le schede relative e poi classificando e ordinando, come abbiamo detto poco fa. E la nostra redazione sarà pronta.

C A P I T O fc O VI I I< ;

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IL LAVORO C R E A T ORE

Eccoci giunti al momento dell'attuazione. Non si può studiare e preparare eternamente, e poi, del resto, lo studio e la preparazione non vanno disgiunti da una parziale attuazione che li favorisce. Ogni vita si sviluppa ritornando su sé stessa. Così un organo esercitandosi si fortifica, e fortificato si esercita con più vigore. Bisogna scrivere durante tutta la vita intellettuale.

SCRIVERE

In principio si scrive per sé stessi, per veder chiaro nel proprio caso particolare, per definire meglio i propri pensieri, per sostenere e ravvivare l'attenzione che senza la costrizione della necessità facilmente cede, per precisare le ricerche la cui necessità si rivela durante la produzione, per sorreggere lo sforzo che si rilasserebbe senza la constatazione, di quando in quando, di un effetto visibile, e finalmente per formarsi uno stile e acquistare quella facoltà che completa tutte le altre, e cioè l'arte dello scrittore. Chi scrive deve pubblicare, purché ci si senta disposti e ne siamo stati preventivamente giudicati capaci da persone compe-

IL LAVORO CREATORE 161

tenti. L'uccello sa bene quando è arrivato il momento in cui può affrontare lo spazio e la madre lo sa anche meglio di lui. Appoggiati a voi stessi e ad una savia maternità spirituale, cercate di volare appena lo potrete. Il contatto col pubblico vi costringerà a far meglio, le lodi meritate vi stimoleranno, i critici eserciteranno il loro controllo e il progresso vi verrà imposto, per così dire, invece del ristagno che potrebbe risultare da un perpetuo silenzio. La paternità intellettuale è seme di altri beni : ogni opera è come una sorgente.

Il P. Gratry insiste molto sull'efficacia della scrittura. Vorrebbe che si meditasse sempre con la penna in mano e che l'ora pura del mattino fosse consacrata a questo contatto dello spirito con sé stesso. Bisogna tener conto delle dispo-^ sizioni personali, ma è certo che per la maggioranza lo scrivere è uno stimolo.

Quando parliamo è un pò sempre come se ascoltassimo;;

l'anima nostra e la verità che è in lei ; ma quando parliamo,;

in silenzio ed in solitudine per mezzo della scrittura noi intendiamo noi stessi e sentiamo il vero con quella freschezza-di sensazione con cui un uomo mattiniero ascolta all'alba la;

natura.

In tutte le cose è necessario cominciare. « II principio è più che la metà del tutto » ha detto Aristotele. Se non si produce ci si avvezza alla passività; la paura proveniente dall'orgoglio e la timidezza aumentano sempre più, si indie-;

treggia, si temporeggia fino all'esaurimento, si diventa ste-:

rili.

Ho già detto che l'arte dello scrivere esige quella applicazione lunga e precoce che diventa a poco a poco una abi-; ' tudine mentale e costituisce quello che si chiama lo stile, f

Lo stile, la penna, ecco lo strumento spirituale di cui

11La vita intellettuale.

152 LA VITA INTELLETTUALE

ci serviamo per dire a noi stessi e agli altri quello che intendiamo della verità eterna. Questo strumento è una qualità dell'esser nostro, una piega dell'animo, una disposizione del cervello animato, cioè un me stesso evoluto in un certo dato modo. « Lo stile è l'uomo ».

In ognuno, dunque, lo stile si forma insieme allo scrittore. Il mutismo è una diminuzione della persona. Chi vuole raggiungere la pienezza intellettuale deve saper pensare ad alta voce, pensare esplicitamente e cioè deve saper formare il proprio verbo sia inferiore che esteriore.

Forse è bene accennare in questa occasione quale debba essere uno stile che risponda ai fini che abbiamo suggerito allo studioso.

Ahimè! bisognerebbe non scrivere per osare di dire come si deve scrivere; e l'umiltà non è difficile per chi ha subito il fascino di un grande stile di fronte a Pascal, La Fon-taine, Bossuet o Montaigne. In ogni modo si può confessare quale sia l'ideale vagheggiato e non raggiunto, perché dichiarandolo ci accusiamo e ci onoriamo insieme.

Le qualità dello stile si possono spiegare in quanti arti-. coli si voglia, ma io credo che tutto si possa racchiudere in queste tré parole: Verità, individualità, semplicità, a menoi, che non si preferisca riassumerle in questa frase: Scrivere vero.

Uno stile è vero quando risponde ad una necessità del pensiero e quando si mantiene in intimo contatto con le cose.

Il discorso è un atto di vita e non deve, nella vita, rappresentare una spezzatura come avviene quando si cade nell'artificioso e nel convenzionale. Scrivere in un modo e vivere in un altro la propria vita spontanea e sincera è un offesa al verbo e all'armoniosa unità umana.

IL LAVORO CREATORE 163 '•'^•^.,

II « discorso di circostanza » è il prototipo di quelle cose che si dicono perché bisogna dirle, che si pensano solo letterariamente e per le quali si sfoggia quell'eloquenza di cui la vera eloquenza si fa beffe. E' così che il discorso di circostanza non è altro, spesso, che un discorso d'occasione. Può anche darsi che sia geniale, e Demostene e Bossuet ce l'insegnano, ma lo è soltanto quando la circostanza suscita, dal nostro intimo, ciò che sorgerebbe spontaneamente lo stesso, ciò che si rilega alla nostra maniera di pensare, alle nostre meditazioni abituali.

Il dono della parola, parlata o scritta, è abnegazione e rettitudine : abnegazione che mette da parte la personalità, là dove si tratta di uno scambio fra la verità che parla dentro e l'anima che ascolta; rettitudine che espone ingenuamente quanto s'è rivelato nell'ispirazione, senza aggiungervi abbondanza di parole. « Guardati in cuore e scrivi » dice Sidney. Chi scrive così, senza orgoglio e senza artifìcio, come se lo facesse solo per sé stesso, se ha quel talento che porta lontano le parole vere, parla di fatto per l'umanità e questa si riconoscerà nel discorso che essa ha ispirato. La vita riconosce la vita. Se do al mio prossimo della carta scritta, forse la guarderà curiosamente, ma poi la butterà via : ma se sono un albero che offre le foglie e i frutti gonfi di linfa, se mi dono completamente riuscirò a convincere e, come Pericle, lascerò la freccia nei cuori. Se obbedisco alle leggi del pensiero non posso che dimostrarmi vicino alle cose o meglio nell'intimo delle cose. Pensare è concepire ciò che è ;

scrivere vero, cioè secondo il pensiero, è rivelare ciò che è, non mettere delle frasi in fila.

Il discorso deve rispondere alla verità della vita. Chi ascolta è un uomo ; non bisogna che chi parla sia un'ombra. L'ascoltatore ci apporta un'anima da guarire o da illuminare

154 LA VITA INTELLETTUALE^,

non gli diamo delle parole! Chi scrive deve far in modo che;' la parola renda perfettamente al di fuori il suo sentire in-;.,;

tenore. ?

La sincerità dello stile evita la frase fatta. Si chiama così:;

una verità antica, una formula divenuta d'uso comune, ;

espressioni che un tempo furono nuove e che non lo sono'-più precisamente perché hanno perduto il contatto con la realtà da cui erano nate, perché restano vaghe, orpello vano che si sostituisce alla viva vena, alla diretta, immediata trascrizione dell'idea.

Il grande stile consiste nella scoperta dei legami essenziali fra i varii elementi del pensiero e nell'arte di esprimerli senza balbettamenti accessori. Scrivere come la rugiada si posa sull'erba, e le stallattiti sulle pareti delle grotte;

come la carne si forma dal sangue, e come la fibra legnosa dell'albero si forma dalla linfa (1) ecco l'ideale.

Ciò che si sprigiona da me, senza di me, mi somiglia1-per virtù di necessità. Il mio stile è quasi come il mio viso.;

Ogni viso riceve dalla specie i suoi caratteri generali, ma hai) sempre una individualità caratteristica ed incomunicabile : e's unico sulla terra e nei secoli: da ciò in parte consegue adg esempio l'interesse così spiccato che ci destano i ritratti. ::.

Ora lo spirito nostro è certamente molto più originale5 del nostro viso ; ma noi lo nascondiamo dietro a vaghe astrazioni generali acquisite, dietro alle frasi tradizionali, dietro,;' alle correlazioni puramente verbali, che invece di rappresentare un intimo nesso non rappresentano più che abitudini inveterate. Se sapessimo mostrare lo spirito nostro tale quale esso è, appoggiandoci, ma senza obliarci, sul patri-

(1) emerson, Atttobiographie: Ed. Régis Michaud p. 640. Colin, ed.

IL LAVORO CREATORE 165

nionio culturale di tutti, riusciremmo a destare un interesse inesauribile ed a raggiungere l'arte.

Lo stile che si adatta ad un dato pensiero è come il corpo che appartiene ad un'anima, come la pianta che •prò-' viene da un dato seme ha la sua propria struttura. Invece imitare significa togliere la personalità al proprio pensiero e quindi renderlo o vago o puerile.

Non si deve mai scrivere di maniera perché la verità non ha mai atteggiamenti artificiali, è sempre nuova. L'espressione della verità è necessariamente personale per ciascuno perché — come lo scrivere di maniera è affettazione — così la originalità vera è un fatto di verità. Ciò che si deve evitare non è quel senso personale che rinnova ed esalta ogni cosa, ma la propria volontà in opposizione al regno del vero. Da dò proviene la semplicità: le sfiorettature sono un'offesa al pensiero, a meno che non siano un espediente per nasconderne la vacuità. In natura non ci sono adornamenti, ma solo necessità organiche. Ciò non significa che in natura non si trovi niente di splendido: ma anche lo splendore vi è in modo organico, ha diritto alla vita perché sostenuto da basi incrollabili.

Per la natura il fióre è cosa altrettanto importante quanto il frutto, e le foglie quanto i rami: il tutto proviene dalle radici e non è che la manifestazione del germe nel quale si cela l'idea della specie.

Orbene lo stile, se di mano d'autore, imita le creazioni naturali: una frase, un brano scritto debbono essere costituiti come un ramo vivo, come una radice, come un albero :

niente di più e niente di meno : tutto deve mantenersi nella pura linea che va dal germe al germe, da quelo dischiuso nello scrittore a quello che si dovrà dischiudere nel lettore per propagare la verità e la bontà. Lo stile non è fine a sé

156 LA VITA INTELLETTUALE;

stesso; considerandolo così, si svisa e si avvilisce. Bisogna veramente tenere in poco conto la verità per rendersi schiavi della forma e diventare rimatore invece che poeta e invece che scrittore stilista. Chiunque ne abbia capacità ha il dovere di portare il proprio stile alla perfezione, perché la perfe-;

zione è un diritto per quanto esiste quaggiù ; ma ognuno acfe ogni modo cerca legittimamente di diventare nello stile tan-|;

to esperto quanto è a lui possibile, come fa del resto un vec-ti chio fabbro attorno al proprio lavoro. Ma il fabbro — pél* continuare nel paragone — non si diverte a forgiare sempre volute, fabbrica invece sbarre, ferramenta, inferriate. ;;

Lo stile esclude il superfluo, perché costituisce una stretta economia in seno alla ricchezza; in alcuni casi conciso, altre volte prodigo per rendere onore alla Verità, il suo compito non è mai quello di brillare, ma di chiarificare e anzi per essere perfetto deve nascondersi. Si deve scrivere con quella forma che risulta inevitabile, dal pensiero preciso o dal sentimento esatto che vogliamo esprimere. Lo scopo è quello di farsi capire da tutti, come si conviene quando un uomo parla ad altri uomini ; e di toccare in loro quanto è direttamente o indirettamente organo di verità. « Stile completo è quello che tocca tutte le anime e tutte le facoltà dell'anima » (1). Non c'è bisogno di seguire la moda perché il tempo in cui viviamo influisce su di noi di per sé e saprà metterci in armonia con l'eternità. L'acqua pura è preferibile a tutte le altre bevande. Oggi molti scrittori hanno un sistema: ma ogni sistema è una posa e ogni posa offende la bellezza. Il segreto della forza sta nell'arte dell'omissione, dell'eliminazione, della semplificazione, perciò bisogna coltivare quest'arte sino a giungere alla innocente nudità che

(1) oratry, Les sources.

IL LAVORO CREATORE 167

rivela lo splendore delle forme viventi : pensieri, realtà, creazioni e manifestazioni del Verbo.

Disgraziatamente, l'innocenza dello spirito è una cosa rara e quando esiste qualche volta si accoppia alla nullità.

E' così che solo due specie di spiriti sembrano predisposti alla semplicità : gli spiriti limitati e i geni ; gli altri son costretti ad acquistarla laboriosamente, impacciati da quella ricchezza di cui non sanno disfarsi.

DISTACCARSI DA SE E DAL MONDO

Tanto lo stile quanto il lavoro creatore in generale, esigono il distacco, sicché bisogna metter da parte la personalità ingombrante e dimenticare il mondo. Come può lasciarsi distrarre dal proprio io chi pensa alla verità? Che cosa si può sperare da un uomo che non sa andare più in là di sé stesso? Io spero in colui che si slancia, vinta la propria personalità effimera, verso l'immenso e l'universale; che astronomo, cammina in compagnia degli astri: poeta, filosofo, teologo, in compagnia della materia animata o inanimata, dell'umanità individuale e sociale, delle anime, degli angeli e di Dio. Credo in lui perché è posseduto dallo spirito di verità e non da preoccupazioni meschine.

Abbiamo già visto che non basta lavorare col solo intelletto, ma che occorre invece impegnare nel lavoro tutto l'uomo ; è facile anche comprendere che quest'uomo non deve essere l'uomo della passione, o l'uomo di vanità, o quello dell'ambizione e della compiacenza vana.

Tutti in certi determinati momenti possono sentirsi agitati da passioni ; ma in nessun momento la passione deve restare dominatrice. Tutti sono esposti alla vanità, ma quando

158 • LA VITA INTELLETTUALE

il lavoro diventa in fondo niente altro che vanità, si è caduti in un vero e proprio vizio. Non si tratta infatti di sapere che cosa noi riusciremo ad ottenere dalla scienza, sì che cosa potremo darle: l'essenziale non sta nell'accoglienza fatta alla nostra parola, ma nell'accoglienza che noi stessi abbiamo fatto alla verità e in quella che ne prepariamo agli altri. Orbene di fronte a questo scopo sacro che valore possono avere i nostri piccoli calcoli egoisti? Molti uomini che hanno l'aria di aver dato tutto il proprio cuore ad una cosa, di fatto se ne interessano meno che dei loro minuscoli successi. La formazione dei mondi, l'ascensione delle specie, la storia della Società umana, il regime del lavoro servono loro per conquistarsi un nastrino all'occhiello: la loro poesia non ha altra aspirazione che quella di sentirsi salutare « caro Maestro » : la loro pittura sogna un bei fregio alla cornice. E' chiaro che uno spirito siffattamente stravolto è una degenerazione. Il perseguimento di tali scopi non può che degradare il lavoro e anche se ci si eleva alquanto sulla scala delle ambizioni e si trascura il successo attuale riservandoci quello futuro, sperando di arrivare proprio per effetto dello stesso disinteressamento, il risultato è sempre lo stesso.

L'ispirazione infatti non è compatibile con altri desideri. Chiunque vuole qualche cosa per sé, mette da parte la verità: il Dio geloso non potrà più essere ospite suo. Dicevamo poco fa che è necessario lavorare in uno spirito di eternità e che cosa c'è di meno eterno che ogni aspirazione ambiziosa? Essendovi consacrati del tutto alla verità il vostro dovere è quello di servirla, non di farvi servire da lei.

Non si agisce in modo completo che in favore di quelle cause per le quali si è disposti a morire. Siete pronti a morire per la verità? Ogni scritto ed ogni pensiero di un verace amico del vero dovrebbe essere simile a quei segni che San

IL LAVORO CREATORE 169

Pietro martire moribondo tracciava col sangue della propria ferita: CREDO.

La personalità egoista compie sempre opera di diminuzione: contamina tutto e riduce tutto meschino, perché disorienta le forze. E' veramente degno del nome di pensatore solo chi va diritto dinanzi a sé, ispirandosi soltanto alla verità, e lasciando nelle mani di Dio tutte le conseguenze. ^

<c Per me, vivere, è il Cristo » diceva S. Paolo. Ecco una vocazione, ed ecco anche una certezza di azione vittoriosa.

Non si è veramente un consacrato al lavoro intellettuale se non si riesce a dire: « Per me, vivere, è la verità ».

Un tipo di personalità, particolarmente nemica del lavoro intellettuale, è da segnalarsi in quella ipocrisia quasi universale che consiste nel proiettare innanzi a sé una parvenza di sapere, anche là dove la sincerità dovrebbe invece confessare niente altro che ignoranza. Nascondere la propria povertà intellettuale all'ombra delle parole, è quanto si rimprovera al pennaiuolo di mestiere, al giornalista da strapazzo o al deputato incapace, ma ogni scrittore, il quale si interroghi con sincerità, deve confessare di cedere spessissimo, su questo punto, alle suggestioni dell'orgoglio. Vogliamo esser soli a conoscere il nostro umiliante segreto e mascheriamo la nostra manchevolezza posando ali' uomo grande quando ci sentiamo piccoli : allora è che «si afferma» « si dichiara » « si è certi che... » mentre, in fondo non si sa niente; cerchiamo di imporci al prossimo, e vagamente ingannati dalla nostra stessa finzione finiamo col prenderci sul serio da noi stessi.

Un'altro difetto è la ricerca, nel pensiero, di quella falsa originalità che abbiamo or ora condannato nello stile. Il

170 LA VITA INTELLETTUALE

voler piegare il vero alla propria persona è un orgoglio così insopportabile che diventa sciocchezza. La verità è essenzialmente impersonale e, quando si serve della nostra voce o del nostro spirito, ne prende il colore, da sé e anzi lo prende tanto meglio quanto meno noi ce ne diamo pensiero ; ma se forziamo la verità a rassomigliarci la falsiamo, e sostituiamo a lei, immortale, un essere effimero che per giunta ne è violatore. ?

« Non guardate donde venga la verità » diceva S. Tom-ìi maso : non guardate neppure a chi da gloria, ne desiderate;;

che il lettore, di fronte all'opera vostra, guardi da dove;

viene la verità. Questo sublime disinteresse è la caratteristica; ;

delle anime grandi, e sforzandosi a raggiungerlo, facendosene una legge sempre accettata se non sempre obbedita, s^i-' corregge la propria miseria, e si diventa più grandi, di quella| grandezza che è la sola vera: anche l'umile sostegno ha la; , sua parte di gloria quando la verità, fiamma autentica, rì-i ;

splende sul candelabro spirituale. ?

Bisogna anche, come dicevo, dimenticare il pubblico.;

Il P. Gratry nelle « Sources » dice che: « un libro è tanto più forte quanto più è stato scritto lontano dal lettore » e i « Pensieri » di Pascal, i lavori di Bossuet per il Delfino, la Somma di S. Tommaso d'Aquino soprattutto ne sono portati come un esempio, riconfermato anche dal paragone fatto < invece colla cc Piccola Quaresima » e coi « Discorsi sinodali » di Massillon. Tutto ciò è vero e Vauvenargues lo afferma quando dice che: « Ordinariamente quello che è stato pensato solo per gli altri è poco naturale ». Con ciò non s'intenda che si possa trascurare il prossimo e disinteressarsi dal rendersi utile. L'uomo di studio deve sapere che appartiene a tutti, ma il fatto di voler ottenere una utilità è ben dt-fi, verso dal chiedere una parola d'ordine. Non bisogna là^

IL LAVORO CREATORE 171

sciarsi influenzare dai giudizi altrui ne mai deviare dalla linea retta sotto la pressione di quel vile conformismo che si dice amico di tutti per avere di tutti la compiacenza.

Cercando l'approvazione pubblica si toglie al pubblico una forza su cui questo contava. Per il fatto che vi siete dedicati a lui egli è in diritto di domandarvi: «Dov'è l'opera vostra? ». Ma il pensiero non sarà più opera vostra quando il desiderio di piacere e di adattarvi abbiano resa schiava la vostra penna ; allora sarà il pubblico che penserà per voi mentre voi dovevate pensare per lui.

Cercate dunque l'approvazione di Dio, meditate soltanto il vero per voi stessi e per gli altri, non siate schiavi e rendetevi degni di dire con S. Paolo : « II Verbo di Dio non è incatenato ».

Questa virtuosa indipendenza è tanto più necessaria in quanto il pubblico, nella sua massa, ha tutto ciò che serve per abbassarci. Esso è tiranno: nella maggioranza degli ambienti e col maggior numero di voci proclama non delle verità ma delle convenzioni, vuole essere lusingato e, sopratutto, teme di essere disturbato. Perché le verità essenziali lo abbiano come auditore bisogna che esse gli vengano imposte a viva forza ed è questa preziosa violenza che il pensatore solitario può e deve tentare. La forza di cui dispone per riuscire consiste nell'appoggiarsi su sé stesso e sulla natura delle cose ; nel cc bussare come un sordo » come diceva M.me de Sévigné di Bourdaloue e nel' gridare il Si salvi chi può che alla fine seduce e conquista le anime.

La sola cosa veramente potente e che riesce a trascinare è una forte convinzione unita ad un carattere che dia delle garanzie alla debolezza umana. Quegli stessi che pretendono d'essere corteggiati, disprezzano il cortigiano e si sottomettono al padrone. Se siete del mondo, sarete amati dal

172 LA VITA INTELLETTUALE

mondo ; ma il mondo disdegnerà anche silenziosamente la vostra bassura. Perché in realtà questo mondo perverso non ama che i santi, esso, vile, sogna gli eroi. Davanti a siffatta umanità non bisogna cedere all'opinione e scrivere come se ci sentissimo sorvegliati, bisogna, al contrario, spogliarsi degli altri come di sé stessi. Nel campo intellettuale, come in tutti gli altri superando l'uomo ci si prepara a dei prodigi perché si apre la via allo Spirito.

Davanti allo scrittoio, nella solitudine in cui Dio parla al cuore, bisognerebbe ascoltare come ascolta il fanciullo e scrivere come il fanciullo parla. Il fanciullo è semplice e disinvolto perché non ha ancora una volontà propria, una posizione, dei desideri fittizzi, delle passioni. Così la sua ingenua confidenza, e il suo discorso franco hanno un interesse e se l'uomo maturo, nutrito d'esperienza, sapesse conservare tuttavia quel candore, sarebbe un bei ricettacolo di verità e la sua voce susciterebbe echi profondi nell'intimo delle anime.

ESSERE COSTANTI, PAZIENTI, PERSEVERANTI

II lavoro creatore richiede anche altre virtù: le sue alte esigenze corrispondono al suo grande valore. Riunisco qui tré cose da esso richieste e che si corroborano a vicenda in modo da non lasciare un'opera manchevole o incompiuta. Nel lavoro bisogna avere la costanza che si mantiene operosa, la pazienza che sopporta le difficoltà, la perseveranza che evita l'esaurimento della volontà. « Non bisogna immaginare che la vita di studio sia facile, dice Nicole, e la ragione è che non c'è niente di più contrario alla natura dell'uniformità e del riposo, perché niente ci da più modo di

IL LAVORO CREATORE 173

stare con noi stessi. Il cambiamento e le occupazioni esteriori ci trasportano al di fuori di noi e ci divertono facendoci dimenticare noi stessi. Per di più il linguaggio dei libri è sempre un po' morto e non ha nulla che ci punga vivamente nell'amor proprio o che svegli in noi le passioni ; è privo di azione e di movimento... ci parla poco di noi stessi e non ci offre occasione di vederci con piacere. Lusinga poco le nostre speranze e tutto ciò contribuisce a mortificare stranamente l'amor proprio, il quale non essendo più soddisfatto consparge di languore e di disgusto tutte le azioni » (1).

Questa analisi che ricorda la teoria del divertimento di Pascal, ci potrebbe condurre lontano. Io ne ricavo soltanto che il « languore e il disgusto ?> essendo in questo caso nemici pericolosi, bisogna pensare a vincerli.

Tutti conosciamo quegli uomini di studio che lavorano a volate, a periodi interrotti da pigrizia e da negligenza; ma noi vogliamo essere studiosi continuamente e vogliamo che. ciò si veda. Si saprà chi siamo dalla nostra maniera di riposarci, ed ancor più dalla nostra fedeltà al lavoro, cioè dal ritorno puntuale al dovere, e dalla continuità. '

Qualche volta siamo tentati di perdere tempo perché « tra poco è l'ora ». Ma non pensiamo che quei ritagli di tempo, poco adatti in verità per intraprendere un'opera, sono indicatissimi per preparare un lavoro o per ritoccarlo, per verificare le informazioni, ricavare alcuni appunti, classificare i documenti ecc. Sarebbe tanto di guadagnato per le vere sedute laboriose: e i momenti così occupati sarebbero utili come gli altri, visto che queste piccole cose si riferiscono al lavoro serio e gli sono indispensabili.

(1) nicole, op. c'tt., pag. 255.

174 LA VITA INTELLETTUALE

Durante le stesse sedute, la tentazione consiste nell'in-terrompere lo sforzo appena il menomo incidente provoi-*;

chi il « languore » o il « disgusto » di cui parlava Nicole.

Le astuzie della pigrizia sono infinite, proprio come quelle dei bambini. Nel cercare una parola che sfugge, si comincia a scribacchiare su di un pezzo di carta e si continua fino a che non sia compiuto il disegno : aprendo il dizionario, si rimane attirati prima da una curiosità verbale, poi da un'altra, e si rimane così come prigionieri in un labirinto: se gli occhi cadono su di un oggetto qualunque, si comincia a classificarlo e di futilità in futilità si perde un quarto d'ora: e poi... ecco qualcuno che passa, o un amico nella stanza accanto, o il telefono che ci tenta, o l'arrivo del giornale e torniamo a disperderci. E poiché un'idea tira l'altra, può accadere che lo stesso lavoro ci svii dal lavoro perché da un pensiero può nascere una fantasticheria che ci trascina nel mondo dei sogni.

Tali insidie sono meno terribili nel momento della ispirazione, perché allora siamo sostenuti dalla gioia della scoperta e del lavoro produttivo ; ma le ore ingrate sopravvengono presto o tardi, e fino a che esse persistano la tentazione è potente. A volte è necessaria una vera forza d'animo per sfuggire a certi nonnulla. Tutti i lavoratori soffrono di periodi di depressione, i quali vengono a spezzare l'ardore produttivo e minacciano di sciupare ogni conquista. Quando la nausea si prolunga, si preferirebbe dover andare a piantare dei cavoli, piuttosto che dover seguire un studio faticoso e si finisce con l'invidiare l'operaio manuale, il quale alla sua volta ci tratta da « fannulloni », perché gli sembra tranquilla la nostra poltrona. Quale pericolo di abbandono in una così opprimente noia ! ^! , ;^

Occorre invigilare sulla subitanea^ perfidia di'c^t^iàt-S

IL LAVORO CREATORE 175

tacchi di tentazioni sopra tutto nei momenti di transizione. Ogni lavoro infatti offre di tanto in tanto delle penose modificazioni e queste costituiscono le grandi difficoltà del la-::

voro creatore. Tutto si rilega. Ma ad una rapida avanzata, in linea retta segue a volte una curva e, poiché l'angolo è di difficile misurazione, si finisce col perdere la direttiva, si comincia a esitare e sorge allora il demone della pigrizia. ;

Certo, a volte, è bene anche soprassedere, quando ad esempio si è velato il seguito dei pensieri ed uno si sente esposto al grave pericolo di trapassi artificiali. Forse di lì a poco tutto si chiarificherà senza sforzo. Ho detto anche che la notte, i mattini sereni, certi momenti di abbandono nel sogno — possono apportare le loro grazie speciali. Ma soprassedere non deve essere cadere in pigrizia. Occorre:

allora riprendere il lavoro da un'altra parte e gettare sul :

nuovo punto d'attacco tutto il fervore della propria applicazione.

Impeditevi dunque con energia ogni ingiustificato arresto. Se vi siete troppo stancati, fate una pausa volontaria, per rimettervi, giacché lo snervarvi non approderebbe a:

nulla di buono. Un brano di lettura dell'autore favorito, una recitazione ad alta voce, una preghiera fatta in ginocchio per modificare lo stato organico del corpo e liberare conscguentemente lo spirito, una sistematica respirazione di aria fresca, una serie di movimenti ritmici : ecco i principali possibili rimedi. Ma poi, occorre ritornare subito allo sforzo consueto.

Qualcuno in tali casi ricorre agli eccitanti ; ma è un pessimo metodo: perché l'effetto è solo momentaneo, perché il mezzo stesso si esaurisce tanto che si è costretti ad aumentarne la dose giorno per giorno e anche perché alla fine dell'apparente progresso così ottenuto si manifestano irrime-

^75 LA VITA INTELLETTUALE

diabili tare fisiche e mentali. Il nostro normale eccitante sia dunque il coraggio, sostenuto oltre che dalla preghiera, anche dalla visione sempre rinnovata dello scopo che perseguiamo. Il carcerato che vuole evadere sa dove trovare tutte le proprie energie, non si stanca di lontane preparazioni, ne di riprese dopo i primi insuccessi, perché la libertà è sempre dinanzi ai suoi occhi. Non dobbiamo noi sfuggire all'errore e conquistare la libertà dello spirito? Fissiamo dunque lo sguardo sul nostro lavoro compiuto e questa visione basterà a ridarci coraggio.

Un altro buon effetto della costanza è quello di far vincere le impressioni di falsa stanchezza, le quali possono essere suscitate nello spirito, come nel corpo. Accade spesso al principio di un'escursione che la prima salita ci trovi senza fiato e senza forze: si tornerebbe volentieri indietro. Se invece si persiste, le articolazioni si sciolgono, i muscoli entrano in attività, la respirazione si fa più ampia e si finisce col gustare la gioia dell'azione. Lo stesso accade nello studio:

non dobbiamo obbedire al primo senso di stanchezza, dobbiamo invece persistere, obbligando l'energia inferiore ad entrare in azione: poco a poco l'ingranaggio funziona, l'organismo si adatta e spesso un periodo di entusiasmo può succedere ad un periodo di penosissima inerzia.

Bisogna in una parola saper superare, senza debolezze, ne ripiegamenti, tutte le difficoltà, da qualunque parte esse vengano, conservando sempre la padronanza di sé stessi. Una seduta di studio si può rassomigliare ad un circuito per le corse, tagliato qua e là dagli ostacoli : qui è una siepe, là un fossato, poi una staccionata e via dicendo. Viene la prima barriera e si salta, tra un ostacolo e l'altro ci sono sempre delle zone calme, nelle quali si può andare di Buon passo: ma ogni difficoltà vinta ci insegna a vincere le altre:

IL LAVORO CREATORE 177

il coraggio di un minuto può portare utilità ad un'intiera giornata, e il lavoro aspro è preparazione a quello fecondo e gioioso.

Nell'insieme poi della vita, questa tenacia, che noi invochiamo, contribuirà a rendere l'attività cerebrale a mano a mano più facile. Ci si abitua a pensare, come ci si abitua a suonare il piano, a montare a cavallo, a dipingere... San Tommaso, finì col dettare anche durante il sonno. Lo spirito si adatta a quello che abitualmente si richiede da lui. Anche se non avete affatto memoria finirete col ricordare quello che è l'oggetto costante dei vostri studi: anche se foste portati alla dissipazione, l'attenzione professionale sarà il vostro retaggio: anche se foste poco atti ad analizzare le idee, al contatto perseverante con 1 geni, finirete col conquistare un giudizio più sottile e più sicuro.

Apprendiamo dunque la costanza, apprendiamola praticamente con una tenace applicazione e con delie ostinate riprese: verrà giorno in cui saranno dissipati i persistenti languori e poco effetto avranno i momentanei disguidi. Allora sarete diventati uomini, giacché un lavoratore senza costanza non è che un bambino.

L'esperienza ci insegna che molte difficoltà sono antecedentemente superate da chi si getta animosamente e con energia al lavoro. Ne resteranno tuttavia sempre parecchie e a superare queste dovrà provvedere la pazienza. Tutti i geni si son sempre logorati nelle tribolazioni del pensiero ed hanno dichiarato che il lavoro, pur essendo per loro una necessità ed una condizione di felicità, infliggeva loro lunghi tormenti e a volte anche indicibili angoscio.

Il cervello è soggetto a leggi oscure: il suo funzionamento dipende assai poco dalla volontà: che fare dunque quando oppone un rifiuto? qual soccorso invocare quando i

12 — La vita intellettuale.

178 LA VITA INTELLETTUAL^

fili della scienza si aggro vigliano, e le ore passano lentamente ed invano, e restiamo presi da un penoso sentimento di impotenza, reso anche più grave dalla assenza di qualsiasi annunzio che valga ad indicarci la fine della pena? Non resta allora che l'aiuto divino.

Il lettore delle nostre opere o troverà semplicissime le nostre conclusioni, o giudicherà con asprezza le nostre deficienze, ma non sospetterà mai la nostra pena. Questo peso doloroso avete dovuto portarlo da sólo. E soltanto i grandi geni vi avvertono che questo fardello del pensiero è il più pesante che possa aggravare un uomo.

Nelle ricerche è necessario mantenersi tenacemente indomiti come gli esploratori del polo o dell'Africa centrale:

nell'assalto contro l'errore e nella resistenza occorre la stessa tenace pazienza e lo stesso ardore di Cesare o di Wellington :

il lavoro, come la battaglia, richiede dell'eroismo : e un gabinetto di studio può trasformarsi in trincea, dove occorre restare saldi contro tutto, al proprio posto, come un martire.

Nei momenti di scoraggiamento, in cui ci si sente disarmati e vinti, quando la via che ci si apre dinanzi ci sembra interminabile, o quando — avendo preso certamente una falsa dirczione — si sentiamo perduti, avvolti da fosche nubi o disorientati, è necessario far ricorso alle energie di riserva. Persistete, sostenete l'urto, pazientate in tutto il senso della parola, il senso pieno che ci viene evocato dalla Passione di Cristo. L'ardore è certo più facile della pazienza, ma tutti e due son necessari e il successo è. la loro ricompensa comune.

L'alpinista che sta attraversando una nube può pensare per un momento che l'universo intiero sia annegato nella notte ; ma, se seguita a camminare, ritrova il sole al di là.

L'arte di pensare è tanto difficile e tanto sproporzionata

IL LAVORO CREATORE 179

alle nostre forze ordinarie, sopra tutto per la sua lunghezza. Ars longa, vita brevis. La virtù della pazienza ha quindi in questo campo tutto il modo di esercitarsi. Si fanno maggiori conquiste rispettando le leggi di maturazione delle cose, ed evitando di recare offesa alla scienza con fretta indiscreta, di quel che non si facciano con facili precipitazioni.

La natura e la verità vanno di pari passo e la natura opera a volte su durate tali che di fronte ad esse la vita o la morte del globo rassomigliano a un'aurora o a un tramonto di sole.

<c Ciò che accade nelle sorgenti profonde — scrive Nietz-sche — accade con lentezza : occorre che esse attendano lungamente per sapere ciò che è caduto nella loro profondità (1) ». L'anima è questa segreta sorgente : ne tentate di scoprire prematuramente il velo del suo mistero. Le riserve del tempo sono nelle mani di Dio, egli ce le dona poco a poco, ma noi non abbiamo il diritto di esigerle ne di impazientirci. Non è veramente un tesoro che quello che giunge all'ora sua.

Occorre dunque evitare la trepidazione dell'uomo frettoloso. Occorre affrettarsi con calma. Festina lenter. Nel mondo dello spirito la calma ha molto più valore che non la corsa. Non bisogna confondere uno stimolo alla generosità con una eccitazione artificiale, che si risolve quasi sempre nell'opposto, perché spezza il ritmo del lavoro. In mezzo al turbamento non è possibile operare quel lavorò eminentemente pacifico che consiste nel dare ordine alle proprie idee e nell'elaborare con delicatezza i nuovi pensieri.

Dal punto di vista cristiano si deve poi rispettare Dio nella sua provvidenza. Egli stesso ha posto le condizioni del

(1) frèdéric nietzsche — Affisi parla Zaraihasirà. (Acan ed.).

180 LA VITA INTELLETTUALE

sapere, e l'impazienza si risolve perciò in una ribellione verso di Lui. Quando ci lasciamo cogliere dalla febbre, ci esponiamo liberamente ad una specie di schiavitù spirituale cosicché presto la libertà intierore svanisce. Non siamo più noi stessi ad agire, e molto meno è Cristo che vive in noi. Abbiamo perciò allora cessato di compiere l'opera del

Verbo.

Del resto per quale ragione affrettarsi con tanta indiscrezione, quando la stessa via è già uno scopo ed il mezzo è già di per sé stesso un fine? L'intellettualità ha valore di per sé stessa in tutti i suoi stadi: lo sforzo virtuoso è già di per sé stesso una conquista. Che importa se il tempo passa, quando ci si sente già radicati nell'eternità?

Coronamento alla costanza ed alla pazienza, che debbono prolungarsi, è la perseveranza che compie l'opera. « Chi persevererà fino alla fine, sarà salvo », dice il Vangelo. Anche la salvezza intellettuale è soggetta alla stessa legge dì salvezza totale. Chi mette la mano all'aratro, e poi riguarda indietro, non è degno — anche in questo caso — del regno dei deli.

Quanti lavoratori hanno così abbandonato le fatiche, i semi gettati, ed hanno rinunciato al raccolto! Tutta la terra è popolata di simili disertori : i primi tentativi nel campo scientifico hanno quasi sempre il carattere di gare eliminatorie: i caratteri deboli cedono e solo i valorosi resistono:

in fine non si ritrovano che i trecento di Gedeone o i trenta di David.

Perseverare è volere: chi non ha perseveranza, non vuole, fa soltanto dei languidi propositi: chi abbandona la preda non l'ha mai tenuta in pugno : chi cessa di amare non ha mai amato. Il vero studioso è per definizione un perseverante; egli si è assunto il compito di apprendere e di in-

IL LAVORO CREATORE 181 '

segnare, ama la verità con tutto il suo essere, si è ad essa;

consacrato, non può quindi sottrarvisi prematuramente. ,

Le vite dei grandi sono state tutte segnate da questa impronta suprema. Si son chiuse tutte come in un giorno ;

radioso. La porpora del tramonto non ha nulla da invidiare al pallido oro del mattino, e desta, per di più, non so quale;,;. senso di malinconica grandezza.

L'uomo onesto che ha lungamente lavorato, e che non è mai venuto meno, può riposarsi anche lui in un semplice e magnifico trapasso: l'opera sua lo segue, ma nel tempo stesso essa ci resta.

Voi dunque, che volete camminare sulle orme dei gran- ' di, non potete essere di quei vili che finiscono col disertare, che superano appena la prima tappa, poi si fermano, si perdono, si assidono come spostati e ritornano presto o tardi,' alle regioni volgari. Bisogna resistere fino alla fine del viaggio.

«Passo a passo, si va lontano », dice il proverbio, ma i passi troppo lunghi e non sostenuti dalla perseveranza non conducono a nulla.

Rafforzate la vostra volontà e affidatela al Signore perché Egli stesso la consacri. Volere significa essere sottomessi, sentirsi incatenati. La necessità del dovere o di una risoluzione riflessa — anche se libera di vera e propria obbliga- v zione — deve esercitare in noi la stessa costrizione della necessità materiale: un legame morale non è forse superiore ;

ad un legame materiale?

Una volta dunque che abbiate determinato il vostro; ' compito, sappiate tenervi saldi ad esso con vigore: esclu- ^ dete anche i doveri inferiori e a più forte ragione le infedeltà. Esercitate il vostro sforzo in profondità per conquistare la durata almeno in quella tra le sue dimensioni che vi è di-

182 <• LA VITA INTELLETTUALE

rottamente accessibile. E una volta impegnati in una corrente di pensiero non vogliate abbandonarla fino a che essa stessa non vi abbandoni. Voi entrerete così a far parte dei pensatori fedeli.

I giganti del pensiero come Aristotele, Agostino, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, vi riconosceranno per figli e potrete andare con dignità incontro a Colui che pazientemente vi attende,

FAR BENE TUTTO E COMPIERE TUTTO

Riuscendo a mettere in atto queste tré virtù, non c'è più da temere che il risultato possa essere mediocre o imperfetto. E' bene tuttavia sottolineare ancora con energia la necessità di perfezionare e il dovere di completare quanto abbiamo creduto utile iniziare.

Prima di aver posto mano al lavoro evidentemente si è dovuto riflettere; perché, come dice il Vangelo, non sarebbe che uno stolto colui che si impegna in un qualsiasi affare, piccolo o grande, senza prima avere « calcolato la spesa ».

La saggezza impone che la deliberazione circa l'opportunità dell'inizio di un lavoro sia presa avendo dinanzi agli occhi anche l'obbligo di condurlo a termine. Lasciare una opera incompiuta è quasi un distruggerla. « Quegli che si ritrae davanti il corso di una impresa è fratello di colui che distrugge l'opera propria » sta scritto nei Proverbi (XVII, 9).

A che cosa può essere utile una casa in costruzione? \ Quale testimonianza reca essa verso colui che ne pose la ;

prima pietra? Una casa in costruzione, e che va in ruina, i

IL LAVORO CREATORE 183

fa pensare a qualche disgrazia: non è possibile pensare che un uomo vivo e protetto dalla buona fortuna possa guardare impassibile quelle mura cascanti e che somigliano alle colonne spezzate di un cimitero. E voi, costruttori dello spirito, vorreste veder trasformato tutto il vostro passato in un campo di macerie?

Ci sono degli uomini a questo mondo sui quali è lecito poter contare: sono quelli che mantengono fede alle loro promesse. E' bene ricordare che ogni opera iniziata — se non è una sciocchezza — è certamente una promessa.

Altri invece si impegnano, fanno magari clamorosi giuramenti, ma poi non mantengono : si direbbe che sono soggetti incapaci di sentire il peso dell'obbligazione : non si riesce a fissarli ed essi stessi non vogliono legarsi : sono come acqua corrente. Ma uomini siffatti appartengono evidentemente ad una specie inferiore. E l'intellettuale, che volesse rassomigliare ad essi, non sarebbe più un intellettuale: la sua vocazione si sarebbe condannata da sé stessa.

Voi dunque che vi sentite dei consacrati, decidetevi a restare fedeli. C'è in voi una legge: obbeditele. Vi siete detto : « Io farò » ; fate! Un caso di coscienza si è posto dinanzi a voi, cercate di risolverlo, mostrando salvo l'onore. Ogni opera incompiuta non sarebbe che un rimprovero permanente. ,

Io scorgo in altri termini un sintomo di decadimento nell'abbandono di una qualsiasi impresa iniziata. Esso dimostra che ci si è abituati a ripiegare, che si è scelto il partito^ del disordine e della cattiva coscienza, che si è diventati come colui che fa e non fa, che vuole e disvuole direbbe Dante. E di qui un abbassamento della nostra dignità, certo non favorevole al nostro progresso morale.

Fate dieci misure e un taglio: gettate le fondamenta

184 LA VITA INTELLETTUALE

con cura e quando viene il momento di coprire il tetto, che niente valga a suggerire la triste parola a rinunzio ».

Ne verrà di conseguenza che compirete la vostra opera, \;

per quanto è in voi, a perfezione. Compiuto, significa terminato, ma significa anche perfetto e i due sensi si completano e si sostengono a vicenda. Io non posso dire realmente di' compiere ciò che mi rifiuto di avviare al meglio. SecondoI Spinoza l'essere e la perfezione rispondono alla medesima? idea: il bene e l'essere sono convertibili. ?

Si racconta di Tiziano che egli tracciava con vigorel:

l'abbozzo delle sue tele, le rifiniva fino ad un certo punto,,' poi le attaccava alla parete fino a dimenticarle. Soltanto al-, lora le riprendeva per esaminarle con « uno sguardo ostile » e solo così riusciva a compiere il capolavoro.

Quando si sono gettate le basi di un qualsiasi lavoro, bisogna in modo analogo lasciarlo in riposo per rinfrescarsi lo sguardo e poter procedere spassionatamente alla critica. Se allora-ci dispiace, non c'è che da ricominciare. Se invece lo troviamo di nostro gusto, occorre spingere la critica ancora più a fondo, volgerla a tutti i particolari e ricominciarla fino a poter dire : cc Ogni mio potere è esaurito ; se c'è ancora qualche deficienza mi sia perdonata da Dio e dal prossimo ».

« Quod potui feci; veniam da mihi, posteritas » ha scritto Leonardo da Vinci sul proprio epitaffio.

Non è necessario che facciate molte pubblicazioni. Se ciò che fate risponde al vostro genio, alla grazia ricevuta e al tempo libero che è a vostra disposizione ; se in ciò che fate vi siete messi tutti intieri, e il disegno della Provvidenza sopra di voi è attuato dalla vostra perfetta obbedienza: tutto andrà bene. Avrete sempre fatto molto se avete reso perfetto quel poco che fate. Aggiungendo qualche cosa di più,

IL LAVORO CREATORE 185

fatto male, si diminuirebbe il valore dell'opera coma per una macchia si sciupa una stoffa preziosa.

La vocazione intellettuale non è qualche cosa di impreciso: bisogna darvisi completamente. La vostra vita, consacrata nel suo insieme al Dio di verità, appartiene a Lui in ciascuno degli istanti, dai quali essa risulta composta. Di fronte ad ogni lavoro, vi dovete dire: « Ho il dovere di farlo, quandi anche di farlo bene, perché ciò che non viene completato, non è ».

Quando io faccio male una cosa, vengo a mancare a Ha mia missione, disobbedisco a Dio e nego il mio aiuto ai fratelli. E nella maniera stessa in cui io faccio male una cosa, vengo meno alla mia vocazione. Avere una vocazione significa aver abbracciato il dovere della perfezione.

E qui cade a proposito un consiglio pratico. Quando voi avete deciso un qualsiasi lavoro, l'avete concepito chiaramente, ben preparato e iniziato, determinate subito, con uno sforzo vigoroso, il valore che esso deve raggiungere. Poi stabilite di non tornare più indietro su questa decisione. E. se la pigrizia vi suggerisce: « Per ora basta, riprenderai in seguito », rispondete subito che siffatti ritorni sono illusioni. Una volta abbandonatisi alla discesa è ben diffìcile risalire il pendio, non è possibile che si ritrovi più il coraggio per ripensare fin dagli inizi un lavoro anche mediocre. La vigliaccheria di oggi è una ben meschina garanzia per lo eroismo di domani. E quanto alle aggiunte che potete farci, fossero anche perfette in sé, sarebbero sempre stonate perché ogni opera deve essere, quanto al fondo, tutta di un solo getto. Beethoven ha notato che un pezzo di musica, introdotta per riflessione in un'opera, non conserva mai lo stesso (carattere. Tiziano riprendeva a fondo le sue tele, ma sempre | nella linea primitiva,, e all'unico intento di perfezionare:

lg5 LA VITA INTELLETTUALE

non apportava alcuna modificazione nel concetto, nella composizione, nella linea fondamentale. Una volta compiuto lo sforzo creatore, non si trattava per lui che di completarlo nei particolari.

Date dunque sempre il più che potete di voi stessi nel momento della creazione. Una volta concepita l'idea, bisogna trattarla come un figliuolo che si nutrisce e si educa, ma di cui già è fissata l'eredità e di ciò son fissati già i caratteri fondamentali. Sarà allora i! caso di applicare alla vostra creatura spirituale la parola delia Bibbia: «Chi risparmia le verghe, dimostra di odiare il proprio figliuolo » (Proverbi XIII, 24).

NON TENTARE NIENTE AL DIT SOPRA DI SE STESSI

L'uso di una tale .severità verso se stessi, presuppone^ che i lavori intrapresi si adattino e si contemperino alte";

proprie forze. Se la preda è,piu forte del cacciatore, essa;, finisce col divorarlo. E in tal caso e semplicemente ridicolo;

voler dare dei suggerimenti. •

L'ultimo dei sedici precetti di S. Tornasse è questo:

c< Altiera tè ne quaesieris » « Non ricercare le cose che stanno :

al di sopra di tè ». E' indizio di grande sapienza. E già l'an- J:

tico oracolo aveva sentenziato: «Non volere andare più in;!:

là del tuo destino: non voler sorpassare il dovere che ti è;

stato imposto ». i

II lavoro intellettuale non è che il prodotto delle no-;

stre tendenze naturali: la vocazione non può che impiegare!;

•MAQAtre risorse: essa non Ìe^crea. Un intellettuale mal do-' tato non può produrre che un fallito ; « mal dotato v si

IL LAVORO CREATORE^ 187

deve però intendere rispetto all'opera particolare che si è intrapresa.

Cercate dunque di discernere in ogni occasione lo sforzo del quale siete capaci, il sacrificio che riuscite a sostenere, la materia che potete affrontare, la tesi che riuscite a sostenere, il libro che vi può essere utile, il pubblico che potete servire. Recate su tutto ciò un giudizio ispirato da umiltà e confidenza. All'occorrenza domandate anche il consiglio altrui, senza dimenticare che l'indifferenza e la leggerezza sovrabbondano. Prendete in una parola con ogni prudenza le vostre decisioni : e solo dopo questo mettetevi con tutto il cuore al lavoro.

Grande è ogni opera che sia esattamente proporzionata Quella che eccede diventa spesso la più meschina.

Abbiamo più volte ripetuto : Unica è l'opera consegnata a ciascuno di noi: non si può scambiarla con quella del vicino: ognuno può fare bene solo quella che corrisponde al proprio dovere : ciascuno farà male quella che è l'opera specifica di un altro. Dio deve esser servito da tutti.

Il culmino della sapienza consiste dunque nell'intrapren-dere solo ciò che corrisponde alle proprie forze, nel dire solo ciò che si sa, nel non sforzarsi ad alterare il proprio pensiero, o a comprendere ciò che per noi è incomprensibile, nell'evitare in una parola il pericolo di eludere la sostanza delle cose, nascondendone il vuoto dietro grosse parole. Certo di tutto questo l'orgoglio non può essere soddisfatto; ma l'orgoglio è tanto nemico all'ingegno, quanto alla coscienza. Il presuntuoso soccombe all'opera propria, cade nel ridicolo, ed annulla la propria forza, infedele a sé stesso, non può più essere fedele a nulla, divenuto come una fiamma spenta.

Il successo in ogni campo si raggiunge sempre sottopo-

188 LA VITA INTELLETTUALE

nendosi alle stesse condizioni: riflettere agli inizi, principiare dal principio, procedere con metodo, avanzare con lentezza, dedicare al lavoro tutte le proprie forze. Ma la riflessione iniziale deve, come primo oggetto, rivolgersi a determinare quello per cui noi siamo fatti. Il « conosci tè stesso » di Scorate non è soltanto la chiave della morale, è anche quella di ogni vocazione, perché essere chiamati a qualche cosa, significa veder tracciato un proprio cammino nella molteplicità delle vie umane.

CAPITOLO IX.

I L ^A::.V-0 R AT O R E'^E^S'U O M ($

Dopo aver richiesto tante cose allo studioso e aver elaborato per lui tante catene potrà sembrare ironia rivolgergli un'ultima parola per dirgli : « Mantenete la vostra

anima libera »? ,

MANTENERE IL CONTATTO CON LA VITA

II più necessario alla vita non consiste tanto nelle cognizioni, quanto nel carattere, e il carattere sarebbe gravemente minacciato se l'uomo fosse al disotto della propria opera e quasi oppresso dal lavoro di Sisifo. C'è una scienza molto più importante di quelle che si affidano alla memoria: è la scienza della vita. Ogni progresso nella conoscenza non è che un inizio: l'opera veramente perfetta deve essere l'uomo.

Ora l'intellettualità può conferire moltissimo alla sovranità dell'uomo, ma da sola è a questo insufficiente. Oltre alla moralità (e in questa intendo includere anche la vita religiosa) debbono essere considerati per raggiungere questo scopo altri larghi sviluppi in campi diversissimi. Abbiamo

190 ' LA VITA INTELLETTUALE

ricordato più volte la socievolezza con gli altri uomini, la attività pratica ; occorre aggiungere il contatto con la natura, la cura della propria casa, le arti, le riunioni, un po' di poesia, il culto della parola, gli sports intelligenti, le pubbliche manifestazioni.

E' ben difficile precisare le proporzioni in tutte queste cose; ma ho fiducia che il lettore intelligente troverà qui almeno lo spirito per giungere alla relativa decisione. Ottimo indizio, nel campo del pensiero e in quello dell'azione, è il sapere apprezzare il valore relativo delle cose.

Lo studio è fatto per procurare la massima estensione dell'essere nostro: bisogna dunque evitare che esso finisca con l'ingrettirlo. E' stato detto che l'arte è l'uomo aggiunto alla natura; si può dire che la scienza è la natura aggiunta all'uomo: ma nei due casi occorre sopra tutto salvar l'uomo.

Pascal rifiuta qualsiasi stima allo specialista puro : e non vuole, quando un uomo è presentato in società, che egli faccia menzione dei suoi libri.

<( E' un brutto segno » egli dice. E con ciò non allude solamente allo spirito della scienza comparata già da noi descritto, ma pensa invece addirittura alla completa armonia umana.

Non bisogna rinchiudersi esclusivamente nella propria professione: il filosofo deve essere un po' poeta e il poeta un pò filosofo ; l'artigiano deve essere a tempo opportuno e poeta e filosofo e il popolo lo sa. Lo specialista è prima di tutto una persona e l'essenziale in una persona sta al di là di tutto quanto essa pensa e fa. Non si comprende il destinò, come si può comprendere una cosa particolare, ma in esso, come dice Zoroastro, sboccia il fiore del nostro spirito.

I vari scopi particolari non valgono la vita, ne gli atti

IL LAVORATORE E L'UOMO '^ ^191

l'azione, l'ingegno non vale un'ampia intuizione in cui JI, rientri tutta resistenza; l'opera non vale l'operaio. Ogni ti cosa, distaccata dai suoi vasti rapporti, diviene nociva e la |; anima nostra s'apre soltanto nel nostro ambiente generale.

Chi pensa soltanto al suo lavoro, lavora male, diminuisce sé stesso e finirà col prendere la piega del professionista il che è un difetto. Lo spirito deve restare aperto, mantenersi in contatto con l'umanità e col mondo, per essere atto ad affrontare la capacità di un nuovo slancio, ad ogni ripresa di studio.

Abbiamo già citato questa frase di un rabbino : « In una botte piena di noci si possono 'ancora versare molte misure d'olio » e l'avevamo applicata ai lavori che si sostengono reciprocamente invece di combattersi. Adesso chiamiamo noci il lavoro tecnico tutto intero e potremo aggiungervi senza sovraccarico, anzi con sollievo, l'olio della vita intellettuale facile, dei piaceri nobili della natura e dell'arte.

Lo stesso lavoro tecnico ne trarrà vantaggio. Ho già detto le ragioni per cui profitta ampiamente della società, dell'amicizia e dell'azione esteriore. Adesso non faccio che allargare questo dato la cui portata è generale.

Come si può pensare che ci sia una specializzazione alla quale siano estranei una visita in un museo, 1' audizione della Sinfonia eroica, o della Messa in Rè', una passeggiata in campagna o un tramonto? Intende molto male il pensiero chi non ne vede i legami con tutte le manifestazioni creatrici. La natura rinnova tutto, giova ad ogni mente ben costruita, apre vie nuove, e suggerisce delle visuali che l'astrazione ignora. Anche l'albero ci è maestro, e la vista di un prato cosparso di fiori fa germinare cento idee : il ciclo con le sue nubi e con i suoi astri è fonte d'ispirazione e si

192 LA VITA INTELLETTUALE

può dire che. le montagne con la loro messe, fanno equilibrare i nostri pensieri.

Io conosco qualcuno che con gli occhi fissi su di un vorticoso torrente sentiva elevare invincibilmente il proprio pensiero all'idea dei mondi e vedeva queste enormi masse precipitarsi con la stessa velocità, sotto l'impero delle stesse leggi, in dipendenza della medesima forza, grazie allo stesso Dio, principio e fine di ogni cosa. Ritornando al proprio lavoro egli si sentiva innalzato da questa Forza, unica, penetrato da questa ineffabile Omnipotenza, e finiva con sentire annegata la propria oscura azione nella comunione universale degli esseri.

Ma gli spiriti rattrappiti e i cuori disserati pensano di perdere il loro tempo a seguire i vortici del torrente o ad errare con lo sguardo negli spazi interplanetari. L' universo riempie l'uomo della sua gloria ed essi non se ne accorgono. Essi scrivono, fanno calcoli, allineano proposizioni, elaborano tesi, ma non sanno guardare.

Chi non sa che davanti un'audizione musicale lo studioso può restare vivamente impressionato da un senso di grandezza, di bellezza o di forza che risuona sensibilmente nel suo mondo particolare, può dare speciale colorito alle sue abituali meditazioni e forse procurargli di lì a poco una seduta di lavoro immensamente più ricca? Qualche volta è accaduto che egli si sia quasi trovato costretto a scarabocchiare dietro al programma stesso del concerto lo schema di un capitolo o di un discorso, un'idea feconda di sviluppi, una immagine più viva. L'armonia aveva rialzato il tono della sua ispirazione e il ritmo, dal quale era rimasto preso, l'aveva condotto verso nuove vie.

La musica ha una qualità preziosa per tutti gli intel-

IL LAVORATORE E L'UOMO 193

letuali e cioè che essa non precisa nulla e perciò non può creare alcun impaccio.

Essa non fa che creare degli stati d'animo e ciascuno ne può trarre le proprie applicazioni: Rodin ne trarrà fuori una statua, Corot un paesaggio, Gratry una pagina vibrante, Pasteur una ricerca più appassionata e più attenta. Tutto si ricollega nell'armonia e tutto vi resta come rigenerato. Il ritmo padre dell'universo è anche il padre del genio nel quale l'universo si rinette. Sul vago orizzonte del sogno ciascuno vede sorgere l'immagine preferita e ne rende i tratti nella propria lingua.

Secondo S. Tommaso le circostanze di persona e le circostanze di fatto fanno parte delle attività, concorrono ad integrarle e comunicano loro i propri caratteri. Perché solamente l'azione di pensare farebbe eccezione? come mai non sentirebbe l'influenza dell'ambiente di immagini e di sensazioni, dell'ambiente spirituale e sociale che le sapremo procurare, perché non sia più un canto isolato ma una delle tante voci di una orchestra? Come siamo poveri, da soli, in una camera da studio ! è vero che possiamo trasportarvi l'universo e animarlo di Dio ; ma questa animazione non sarà effettiva che dopo una lunga esperienza, gli elementi della quale son dappertutto. Troverei forse Dio nella mia stanza, se non andassi mai in chiesa ne sotto il cielo che « narra la sua gloria »? Scriverei forse con efficacia della natura e della bellezza universale se non fossi stato prima educato a ciò dai grandi orizzonti, dalla campagna piena di pace, e dai teatri dell'arte? Bisogna sollevare così il lavoro per non essere un forzato alla catena, e per non ridurre l'intellettualità alla funzione di gogna. Il lavoro è un atto libero.

Chi dunque intende di consacrarsi alla vocazione detto'

13 — La vita intellettuale,

194

LA VITA INTELLETTUALE}

studio si guardi bene dal volgere per lui le spalle al restò;' della vita. Non rinunci a niente di ciò che è dell'uomo. J Mantenga un equilibrio in cui il peso dominante non ri-'f schi di trascinare con se-tutto il resto. Si deve esser capaci);

di stabilire una tesi e di ammirare un'aurora, di sprofon-^ darsi in astrazioni profonde e di giuocare coi bambini come '•;

faceva il Divino Maestro. Oggi non si usano più « le vest|^ da pedanti » o 1 « berretti a punta » ma sussistono ancora nei.^ cuori: bisogna evitarli. Ricusate dunque d'essere un cer-^( vello separato dal proprio corpo e un uomo che si è di-;

minuito dell'anima sua, non fate che il lavoro sia una mo-;', nomania. ^

L'uomo di studio come lo concepisco io è un uomo^ di coltura vasta e varia oltre ad essere profondo in una ma-'';» feria speciale, amico delle belle arti e delle bellezze natu-*;

rali, il suo spirito si rivela uguale tanto nelle occupazioni^;

abituali che nella meditazione. Egli è sempre lo stesso di^ fronte a Dio, di fronte ai suoi pari o di fronte alla dome-^ stica, perché porta in sé un mondo di idee e di sentimenti^ che non si scrivono soltanto su i libri ma che fanno parte ^ della sua vita e la guidano. ;;

In fondo tutto è connesso e tutto si equivale. L'intel- ;

lettualità non soffre divisioni. I nostri oggetti sono altret- I tante porte che servono a penetrare nel « giardino segreto xit:

che è termine ad ogni ardente ricerca. I pensieri e le azioni, ?' le realtà e i loro rinessi hanno tutte uno stesso Padre. Filo-I;' sofia, arte, viaggi, cure domestiche, finanze, poesia e tennis'!! sanno fondersi e si contraddicono solo se c'è disarmonia.-,, Necessario, in ogni istante è ai essere là dove si deve e di i ;

fare ciò che importa. Tutto si fonde nel concerto umano divino.

IL LAVORATORE E L'UOMO 195

SAPERSI RIPOSARE

Ognuno vede chiaramente che in questa versatilità è già un grande riposo giacché le migliori maniere di riposarsi sono comprese proprio fra i vari modi di vita secondaria che abbiamo menzionati. Tuttavia è bene di fare più esplicitamente ancora l'elogio del riposo il quale essendo il rovescio del lavoro, in certo modo lo qualifica, rivelandolo eccessivo, ragionevole, sottomesso o no alla regola umana che si conferma nella legge di Dio. Non ci deve essere nulla di eccessivo. Non bisogna mai eccedere.

Il lavoro, appunto perché è un dovere, richiede dei limiti che lo mantengano sempre dello stesso vigore, della stessa resistenza e che gli procurino, durante la vita, la maggior somma di risultati di cui sia capace.

L'intemperanza è un peccato perché ci distrugge mentre invece c'è l'obbligo di risparmiare la vita perché c'è l'obbligo di vivere. Orbene non soltanto nei piaceri grossolani c'è intemperanza ma anche i più raffinati e i più nobili partecipano della sua malizia.

Amar la verità a spese della prudenza che è la verità della vita, è una inconseguenza.

In tal modo si da solo la prova che non ostante Se dichiarazioni fatte in contrario, non è la verità che si ama, ma il piacere che si trova in essa, i vantaggi di vanità, d'orgoglio, di ambizione che se ne sperano, e si rassomiglia a quegli innammorati che amano l'amore più che l'oggetto di esso. Il rilasciamento è un dovere, come l'igiene di cui'fa

196 LA VITA INTELLETTUALE.

parte, come la conservazione delle forze, « Voglio che ti risparmi da tè stesso » dice S. Agostino al suo discepolo (1).

Lo spirito non si stanca, ma lo spirito incarnato si stanca; la nostra potenza di pensiero è proporzionata ad una certa dose di azione. Per di più siccome il sensibile è il nostro ambiente naturale e la trama della vita cui siamo preparati è formata di minime azioni pratiche, l'abbandonare questo dominio per salire nell'astratto comporta sempre una certa stanchezza. Lo sforzo non può persistere; bisogna ritornare alla natura ed immergervisi per riformarsi (2).

L'essere che sta in contemplazione è uno « più pesante dell'aria v : si mantiene elevato solo a prezzo di un considerevole dispendio di forze: in breve il combustibile si consuma e bisogna di nuovo rifornirsi.

In fondo le parole di Bacone, che corroborano i dati:

della fisiologia: «II passare troppo tempo studiando è pi-grizia » non sono un paradosso. E' pigrizia direttamente in quanto è impotenza a vincere un determinismo, e cioè a maneggiare il freno. E' pigrizia indirettamente, perché rifiutando il riposo, si rifiuta implicitamente quello sforzo che il riposo renderebbe possibile, e che la stanchezza comprometterà. Ma è pigrizia anche in un altro senso più riposto.

Difatti, fisiologicamente, il riposo è un lavoro enorme. Quando l'attività pensante s'interrompe, il genio intcriore del corpo intraprende una restaurazione e la vorrebbe completa; il cosidetto ozio non è che una trasformazione di energia.

Al teatro, quando è calato il sipario, tutto un esercito di operatori si precipita sulla scena, ripulisce, accomoda,,

(1) De Musica Gap. II.

(2) cfr. S. tommaso Secunda Secundae q. CLXVIII art. 2.

IL LAVORATORE E L'UOMO 197

modifica, e così prepara l'atto che segue. Il direttore che interrompesse o intralciasse quell'operazione non sarebbe forse nemico della rappresentazione, dell'autore, degli interpreti e dello stesso pubblico? Nello stesso modo la persona che si affatica al di là delle proprie forze si mette in contrasto con la vocazione e con Dio che gliela ha data, coi suoi collaboratori nell'opera intellettuale, coi fratelli che ne profitterebbero, col suo bene personale.

La maniera migliore di riposarsi sarebbe quella di non stancarsi, sempre che fosse possibile, e intendo che si dovrebbe equilibrare il lavoro in modo che una operazione servisse di riposo ad un'altra. In medicina si combattono spesso gli effetti nocivi di una droga per mezzo del suo antidoto. Non tutto stanca nello stesso modo e nello stesso momento, e a proposito di ciò abbiamo già dato delle indicazioni. Parlando dell'impiego del tempo, poi a proposito della costanza nel lavoro, abbiamo accennato al principio della distribuzione del lavoro. Nell'intellettualità non tutto è spossante concentrazione : ci sono le preparazioni, i corollari pratici dei pensieri e delle creazioni. Scegliere i libri, selezionare i documenti, riunire le note, classificare i manoscritti, correggere le bozze, sistemare la scrivania, riordinare la biblioteca, ecco delle occupazioni che pure non si possono chiamare lavoro. Organizzandosi bene si può ridurre la tensione ai soli momenti necessari e negli intervalli si possono compiere ancora molte di quelle funzioni poco faticose, ma tuttavia indispensabili, e che hanno dunque anche esse un valore di contemplazione.

Questa sistemazione dei lavori secondo le loro esigenze cerebrali avrà un doppio vantaggio: eviterà l'esaurimento e restituirà al lavoro intenso tutta la sua purezza.

Quando non abbiamo messo in conto il riposo, il riposo

198

LA VITA INTELLETTUALE;

che non ci siamo presi, si impone di fatto. Esso si introduce senza parere nel lavoro sotto forma di distrazione, di sonnolenza e di necessità alle quali, non avendoci pensato in tempo, bisogna poi provvedere.

Poniamo ch'io mi trovi in pieno sforzo creativo: ecco che mi manca una informazione, o non c'è più inchiostro nel calamaio, o è stato dimenticato un gruppo,di note; un libro o un manoscritto di cui avrei bisogno, stanno in una altra camera, o nascosti in un cumulo da cui bisogna estrarli. Un'ora prima tutto questo l'avrei fatto allegramente, pensando alla seduta tranquilla che mi sarei così preparata. Adesso invece mi turba, e mi arresta lo slancio. Se poi ho omesso di fare questi preparativi a beneficio di un falso lavoro, che la mia intemperanza ha voluto salvare, il danno è doppio, e mi porta a questo che non avrò ne vero lavoro, ne vero riposo. E' il regno del disordine.

Ho già detto: evitate con cura nei momenti di plenitudine quel mezzo lavoro che è anche un mezzo riposo e che non profitta a niente. Lavorate con energia, poi riposatevi, non foss'altro in quel modo relativo che prepara il lavoro, lo asseconda e lo conclude.

Del resto anche il riposo completo sarà necessario, completo, dico, per l'abbandono momentaneo di ogni preoccupazione di lavori salvo quella del « lavoro permanente » di cui abbiamo già detto la facilità e i vantaggi.

S. Tommaso spiega come il vero riposo dell'anima sia la gioia, l'azione dilettevole. I giucchi, le conversazioni familiari, l'amicizia, la vita di famiglia, le letture piacevoli delle quali abbiamo detto la regola, il contatto con la natura, l'arte facile, un leggero lavoro manuale, il vagare intelligentemente per una città, gli spettacoli poco appassio-

fL LAVORATORE E L UOMO 199

'1^

nanti, gli sports moderati: tali sono i nostri elementi di riposo.

Ma non bisogna neppure eccedere. Un rilasciamento troppo prolungato, oltre che divora il tempo, fa anche torto all'andamento di una vita laboriosa. E' importantissimo che ognuno scopra il ritmo che permetterà il massimo slancio, col minimo della fatica. Lavorando troppo a lungo, si esaurisce, interrompendo troppo presto il lavoro non si da quanto si potrebbe. Analogamente riposandosi troppo a lungo, si distrugge lo slancio acquistato: riposandosi troppo poco si trascura di restaurare le proprie forze.

Cercate di conoscere voi stessi e stabilite conseguente-mente le proporzioni tra il riposo e il lavoro. Con questa riserva le pause frequenti e corte, che riposano senza spezzare lo slancio, sono le migliori.

Ah ! se fosse possibile di lavorare con la finestra aperta su un bei paesaggio, con la possibilità, appena sopraggiunge la stanchezza, di riposarsi un po' in mezzo al verde della campagna : scommetto che il prodotto del lavoro sarebbe doppio e ben più piacevole, ben più umano. Vagando per la campagna ci si sente così realisti pur mantenendosi sempre molto elevati. L'imperativo categorico non può essere stato immaginato in un prato, e ancor meno l'aritmetica, per così dire, morale di un Bentham. Giovani, che avete alte aspirazioni e che volete andare lontano, restate nella realtà umana. Conservate un po' di tempo libero, non vi esaurite, lavorate con calma e con gioia spirituale, siate liberi. Se ce ne sarà bisogno usate anche l'astuzia verso di voi stessi, promettendovi, nel momento dello sforzo, qualche piacevole sollievo la cui sola immagine Valga a rasserenarvi aspettando che esso stesso poi vi ridia vigore. Se' state in un gruppo siate benevoli agli svaghi gli uni degli altri.

200 LA VITA INTELLETTUALE

L'uomo che non scherza mai, dice S. Tommaso, che non accetta lo scherzo, e non favorisce il giucco o il sollievo altrui è un tanghero ed è fastidioso al prossimo (1). Diceva Arhtotele che non si può vivere neppure un giorno con un uomo completamente triste.

ACCETTARE LE PROVE

Questo equilibrio del lavoro e della gioia riposante è tanto più necessario in quanto le prove a cui va soggetto il lavoratore sono numerose, e più di una volta abbiamo ad esse accennato. In fatto di scienza, come in ogni cosa, si arriva alla salvezza solo attraverso alle cause. Tutto può concorrervi, la scontentezza di sé, la lentezza dell'ispirazio- :

ne, l'indifferenza dell'ambiente, l'invidia, l'incomprensione, i* sarcasmi, la ingiustizia, l'abbandono dei superiori, la defe-i:

zione degli amici. Se poi arrivate ad acquistare una personalità, attendetevi le prove più gravi e diverse: prova dell'ideale che apparisce più lontano a mano a mano che si affretta il cammino, prova degli sciocchi che non capiscono niente delle vostre parole e se ne scandalizzano, prova dei falsi che vi giudicano imprudenti per aver sorpassato la loro linea di combattimento, prova dei buoni che si lasciano scuotere, vi sospettano e vi abbandonano, prova dei medio-eri che sono la folla e che si sentono indisposti della vostra, muta affermazione di un mondo superiore. « Se foste di questo mondo, dichiara il Salvatore, il mondo amerebbe ciò che gli appartiene: ma poiché voi non siete di questo;

mondo... a causa di ciò il mondo vi odia» (Giov. XV, 19).

(1) II.a II.ae, q. CLXVIII, art. 4.

IL LAVORATORE E L'UOMO 201

I mezzi più sopra elencati come mezzi di riposo potranno anche in questo caso essere di aiuto : tutto ciò che riposa dal lavoro è anche atto a calmare la sofferenza. Tuttavia cercate di ricorrere di preferenza ai mezzi soprannaturali, e fra questi al lavoro soprannaturalizzato, che è il nostro unico scopo. Il lavoro guarisce le fatiche del lavoro e le angustie del lavoratore: è nemico dei dispiaceri, delle malattie e dei peccati : ci trasporta in un'altra regione, dove le noie dell'esistenza e la debolezza del corpo trovano un sollievo.

Lo slancio che comunica, l'orientazione che da alle energie, allontanano le noie e ci liberano dalle preoccupazioni meschine.

Quando state oziosi probabilmente vi assale una quantità di indefiniti malori : se invece lavorate con ardore, essi

•svaniscono e non li sentirete più. Non si può dire altrettanto dei mali dell'anima. Quando mi domando che cosa opporrò alle angustie e ai torpori che mi assalgono nel lavoro trovo una sola risposta: il lavoro. Quale conforto al cuore che dubita dell'opera sua? il lavoro. Quali mezzi per resistere agli oppositori del nostro sforzo e ai gelosi del nostro successo? il lavoro. Il lavoro è il rimedio, il balsamo, l'entusiasmo. Aggiungetevi il silenzio, suo compagno, e la preghiera, sua ispiratrice, godete di una dolce amicizia, se Dio ve la concede, e avrete di che vincere. Il lavoro da equilibrio all'anima, crea l'unità intcriore: con l'amore di Dio, che fonda la gerarchla dei valori, esso realizza la subordinazione della forza e da stabilità all'anima. All'infuori di ciò il bisogno di unità non potrà restare soddisfatto che da qualche mania inferiore, da qualche passione, e le nostre

•debolezze di ogni genere riprenderanno il sopravvento. Non per nulla si dice che l'ozio è il padre di tutti i vizi, è anche

202 LA VITA INTELLETTUALE

padre degli abbandoni e delle angustie: in ogni modo li favorisce. Il sentimento di vittoria che il lavoro fa nascere combatte questa depressione: il dispendio ritmico delle forze ne rialza il tono e le regolarizza, come lo slancio dei vogatori che remano cantando. Anche la verità è una difesa:

essa ci rinsalda e ci rallegra: per lei ci consoliamo di noi stessi e degli altri : il conquistarla ci è ricompensa, la sua manifestazione è una nobile vendetta nei giorni di contraddizione.

Il lavoratore è esposto fra gli altri dispiaceri a quello che può essere il più doloroso per lo studioso: la critica che non lo risparmia. Quando questa critica è superficiale ed ingiusta egli ne soffre ed è spinto alla irritazione: se tocca il suo punto debole e rileva nelle sue produzioni, o nel carattere, dei difetti che egli vorrebbe dimenticare non potendoli. vincere, nasconderli alla vista altrui, è sopra tutto allora che egli si sente colpito. Quale risposta adeguata trovare, e che attitudine prendere? sempre la stessa. A tutte le critiche non vedo che una risposta da fare, dice Emerson:

« Rimettermi al lavoro ! » (1).

Si dice anche di S. Tommaso che quando lo attaccavano — il che accadeva molto più spesso di quel che non lo lasci supporre il suo trionfo postumo — egli si sforzava di afferrare la sua posizione, di precisare e di chiarire la sua dottrina e quindi taceva. Il «bove muto di Sicilia» non si lasciava sviare da,lla sua strada per il gesto o per le grida di un giucco di fanciulli.

Correggersi e tacere: ecco la grande massima. Quelli che son riusciti a praticarla, hanno fatto sempre delle ascen-

(1) Auiobiographie — Ed. Régis Michaud, pag. 145 (Colin, édit.).

IL LAVORATORE E L'UOMO 203

sioni : della forza, usata dagli altri per abbatterli, son sempre riusciti a trare una forza di propulsione: con la pietra, che altri scagliava loro in viso, si son fatti la loro casa e la loro difesa.

E' puerile cercare di difendere le proprie opere e cercare di rivendicarne il valore. Questo si rivendica da sé. II sistema solare non può venire a patti tra Tolomeo e Copernico. La verità è. Le opere di verità partecipano del suo essere e del suo potere. Agitarsi attorno ad esse è un indebolirsi. Tacete: umiliatevi davanti a Dio: diffidate del vostro giudizio e correggete i vostri difetti: poi restate saldi come la roccia battuta dai flutti. Il tempo e le forze, spese nel restaurare un'opera già fatta, saranno meglio impiegate a compierne un'altra: la vostra pace vale molto di più che un successo banale.

Non appena vi muovono un qualche rimprovero, invece di reagire al di dentro e al di fuori come la bestia che si pone in difesa, cercate, come uomo, di osservare la portata degli appunti fattivi; mantenetevi impersonale ed integro. Se la critica ha qualche ragione contro di voi, vorreste forse .resistere al vero? Anche se trovaste traccia di un qualche spirito ostile al punto di partenza, abbiate sempre in tal caso il coraggio della confessione e il nobile proposito di utilizzare la manchevolezza degli altri e che Dio può mettere -a vostro servizio : perché anche il male è nelle mani di Dio e la critica cattiva, essendo la più pungente, può rendervi 'maggior profitto.

Avendo così raccolto quanto vi poteva esser utile, abbandonate tutto il resto nelle mani di Dio, che dovrà ren-' ;dere il giudizio e a suo tempo saprà anche fare giustiziai Non ascoltate più.

« Non si dice del male — ha scritto S. Agostino — da-

204

LA VITA INTELLETTUALE

vanti a colui che non ascolta » « Le grandi anime soffrono in silenzio! » — ha scritto Schiller.

Quando poi da un attacco non sembra ci sia da raccogliere alcuna utilità, ne possiamo sempre ritrarre quella di uscirne esenti da debolezze o da rancori e quindi ingranditi e migliorati dalla prova. La vera forza spirituale si esalta nella persecuzione: essa geme talvolta, ma il suo gemito è simile a quello di ogni creatura che «geme e partorisce » dice l'Apostolo.

Abbiamo già detto che la vita intellettuale è un eroismo :

vorreste che l'eroismo non costasse nulla? Ogni cosa vale proprio tanto quanto essa costa. Più tardi verrà il successo e verranno le lodi — se non quelle degli uomini, quelle di Dio — anche i vostri fratelli lavoratori vi riconosceranno, non ostante la loro apparente defezione. Fra studiosi si commettono molte piccole meschinità e talvolta anche delle grandi iniquità ; ma una specie di classificazione sottintesa consacra ciò non ostante i valori veri, anche se essi vengono dimenticati dall'opinione pubblica.

Se fosse necessario di rimandare ad altro tempo la vostra utilità — forse anche al momento in cui non sarete più — consentitevi: l'onore postumo è il più disinteressato e l'utilità postuma da sufficienti soddisfazioni al fini veri dell'opera vostra. Che cosa cercate? La piccola gloria passeggera o il vantaggio reale? Nel primo caso non sareste che un falso intellettuale.

Il vero si manifesta a poco a poco : e quelli che lo traggono dall'ombra non debbono chiedergli di creare una piccola aureola attorno al loro capo: essi servono al vero e questo basti!

Il lavoro non ha forse valore per sé stesso? Uno dei delitti del nostro tempo è appunto quello di averlo deprez-

IL LAVORATORE E L'UOMO 205

zato e di avere alla sua bellezza sostituito la bruttura di un acre egoismo. Le anime nobili vivono una bella vita e ne attendono per sopra prezzo la fecondità. Esse non lavorano soltanto per il frutto del lavoro, ma per il lavoro stesso, perché la loro vita sia pura, diritta, virile, simile a quella di Gesù e pronta a raggiungerlo. Per questo non si fermano nelle sconfitte. L'amore — come la speranza e la fede — non ha paura di sconfitta.

Si ha un bei lavorare senza frutto apparente: seminare e non raccogliere, nuotare e vedersi rigettati alla riva, camminare e non trovare dinanzi a sé che spazi interminabili, tutto questo non è una sconfitta per chi ha fede, e per chi;

spera, tutto questo è anzi cosa piacevole a chi ama perché l'amore si prova molto meglio quando si lavora senza altra ricompensa: il piacere di chi ama è quello di servire a.1-l'amato.

QUSTARE^E GIOIE

Del resto non è vero che vi siano soltanto delle contrarietà nel lavoro : il lavoro comporta anche le sue gioie ed è fortunato chi soltanto dalla gioia è guidato al lavoro. Ma occorrerebbe esser sempre nella gioia, anche nelle afflizioni e nelle contradizioni, sull'esempio dell'Apostolo: « Io sovrabbondo di gioia in mezzo alle mie tribolazioni». La tristezza ed 11 dolore uccidono l'ispirazione; ma la uccidono solo quando uno cede ad esse. Sapersene liberare per mezzo della gioia cristiana significa saper rianimare la fiamma indebolita.

Questo è sempre possibile e Iddio, per aiutarci a farlo,

206 LA VITA INTELLETTUALE

permette che noi ci riposiamo a volte in una;1t:ranquilla allegrezza. ,. . ,' - , 'l/

II senso di elevazione da al lavoratore un'anima al tempo stesso raccolta e gioconda. « Vedere l'ordine dell'universo e le dispersioni della Provvidenza divina è un'attività eminentemente dilettevole » dice S. Tommaso d'Aquino (1).

Secondo l'Angelico Dottore la contemplazione parte dall'amore e termina alla gioia, amore dell'oggetto e amore della conoscenza come atto di vita, gioia del possesso ideale e dell'estasi che essa procura (2). Lo studioso cristiano ha scelto la rinuncia, e la rinuncia lo arricchisce più che una superba opulenza: egli perde il mondo, ma il mondo gli è dato spiritualmente: Egli ascende al trono d'onde si giudicano le dodici tribù di Isaele (S. Luca XXII, 30). L'ideale è la sua nuova realtà che gli ha sostituito l'antica assorbendone i difetti nella propria bellezza. Spogliato di tutto secondo lo spirito, e spesso in una effettiva povertà, egli si ritrova arricchito di tutto ciò che abbandona perché ne ritrova in segreto il meraviglioso possesso. Se egli dimentica sé stesso nella più assorbente azione intcriore, nel più pro.-fondo di questo apparente sonno potrebbe dire come la sposa : « Io dormo, ma il mio cuore veglia : sul mio letto nella notte ho cercato ciò che il mio cuore ama, l'ho afferrato e non lo abbandonerò più ».

Quando ci si trova nelle dovute disposizioni e che l'anima è tutta intenta all'opera sua, quando si studia bene, si legge bene e si annota bene, quando si fanno lavorare il subcosciente e la notte, i lavori che si preparano sono come

(1) In Ps. XXVI.

(2)ll.a II.ae q. CLXXX art. 1.

IL LAVORATORE E L'UOMO 207

il giorno sotto il sole, come il fanciullo che la madre mette al mondo nel dolore, ma nello stesso tempo è talmente felice che un uomo sia nato da non ricordarsi più del proprio dolore. (Giov. XXI, 21).

La ricompensa di un'opera consiste nell'averla compiuta: la ricompensa di uno sforzo è quella di averci reso più grandi. Cosa strana, il vero intellettuale sembra sfuggire a quelle tristezze dell'età, che infliggono a tanti uomini una morte anticipata; e,gli è giovane fino alla fine, si direbbe che partecipa alla gioventù eterna del vero: maturo generalmente molto presto, egli è maturo ancora, ma niente affatto inasprito o guasto, quando l'eternità lo raccoglie. Questa squisita perennità è anche quella dei santi e farebbe pensare che santità e intellettualità abbiano la stessa essenza, difatti la verità è la santità dell'intelligenza: essa la conserva come la santità, che è la verità della vita, tende a rinsaldarla per questo mondo e per l'altro. Non c'è virtù senza conquista, senza fecondità, senza gioia; ma non c'è nemmeno bene intellettuale senza che ne derivino analoghi effetti. Sapiente etimologicamente significa saggio e la saggezza è una e comprende la doppia norma del pensiero e dell'azione. ^

RACCOGLIERE I FRUTTI

Arriviamo con ciò alle ultime parole che conviene indirizzare al lettore di questa breve — e pur troppo lunga — teoria della vita intellettuale. « Se tu segui questa via, dice S. Tommaso al suo discepolo, porterai nelle vigne del Signore utili verdure e frutti, tutto il tempo della tua vita. Se pratichi questi consigli raggiungerai tutto ciò che desideri. Addio ».

208 LA VITA INTELLETTUALE

Non è forse un nobile addio quello che impegna l'onore del vero in favore del lavoratore e del fedele, assicurando i risultati derivati a chi sia capace di attuamele condizioni?

Non si può promettere nulla a chi non abbia le doti relative; ma supposta la vocazione si ha il diritto di dire che la cultura non è figlia principalmente del genio, ma che nasce dal lavoro, da un lavoro qualificato, organizzato e continuato, quale abbiamo tentato di descrivere. Il lavoro si fabbrica da sé il suo proprio strumento, come il fabbro che tempera da sé i propri utensili: esso ci forma il carattere, ci da la saldezza e conscguentemente la confidenza. Questa confidenza, che è fondata sopra una legge naturale, appartiene al lavoro più che al lavoratore, tuttavia anche il lavoratore ha diritto di aver fede in sé stesso. Non ha egli con sé il Dio che ha detto : « Chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto »? Siamo immersi nella verità che per mezzo della intelligenza ci sospinge, ci chiama e ci inspira.

L' anima è eguale in tutti: lo Spirito spira in tutti: lo scopo e le aspirazioni profonde sono le stesse per tutti : non c'è di diverso che il coraggio e i vari elementi cerebrali più o meno liberi e attivi, più o meno inceppati. Orbene sappiamo che con i soccorsi che abbiamo, terrestri e celesti, possiamo venire a capo di molte deficienze. La luce può filtrare attraverso alla fessura, che il nostro sforzo ingrandisce, e poi da sé esce, estende e corrobora il proprio segno. Non bisogna appoggiarsi su sé stessi, ma la fiducia che si deve accordare all'azione di Dio in noi non è mai troppa;

Del resto noi aspettiamo anche una contribuzione permanente per l'opera intellettuale, dai nostri iniziatori, dagli amici e dai fratelli. Abbiamo per noi i geni. Gli uomini grandi non sono grandi soltanto per sé, ma anche per servirci di sostegno. Con il loro aiuto noi possiamo vivere una vita così

IL LAVORATORE E L UOMO 209

grande come la loro, salvo la diversità della forza. Il verp intellettuale non deve temere ne la sterilità, ne l'inutilità : i, ';

risultati talvolta vengono tardi, ma vengono. Se noi none;

possiamo essere uguali a ciò che ammiriamo, possiamo seni- ^ pre essere uguali a noi stessi e — occorre dirlo un'ultima; ^ volta-questo è il solo nostro scopo. Ogni individuo è unico's^ dunque ogni frutto dello spirito è unico anch'esso: le cose^ uniche sono sempre preziose e sempre necessarie. Cerchiamo^ ; :

di non venir meno ai disegni della Divina Provvidenza sopra di noi e il trionfo di Dio sarà in parte anche il nostro trionfò.;' c Ecco ciò che può consolare la nostra inferiorità e — se pub- ;

blichiamo qualche cosa — riconfortarci di fronte al diluvio 7 delle altre pubblicazioni. , '•

Date tutto quanto è in voi e, se sarete fedeli a voi stessi,; -, se lo sarete fino alla fine, siate certi che raggiungerete la per-. ^ fezione dell'opera vostra : la vostra, dico, quella che Dio at- ^ tende da voi e cfìe risponde alle sue grazie interne ed esterne,,/' A questo punto mi direte che molte opere e molte vite sono-più belle, ma potrete anche aggiungere non ce n'è nessuna,1 più bella per me, ne altre per me simili a questa. ' ;

Aggiungo ancora quest'altra cosa che fa parte dell^ no- ,if stre ragioni di fiducia. Quando ci viene domandata la ;

fedeltà, il lavoro accanito e ben regolato, non si intende di escludere ogni debolezza: promesse fatte sotto questa condizione sarebbero derisorie. Errare è umano, ma da tutte le prescrizioni riteniamo l'essenziale, l'abituale: è solo questa parte la necessaria e sufficiente.

Sarebbe desiderabile che la nostra vita fosse una fiamma senza fumo e senza scorie, che nulla ne andasse perduto, che niente vi fosse di impuro. Ciò non può essere. Ma anche quel tanto che è possibile è ancor bello, e belli e soavi ne

210 LA VITA INTELLETTUALE

sono i frutti. Decisi al sacrificio necessario, prendetene subito una ferma risoluzione cordiale. '

Mettendovi al lavoro, e dopo aver pregato, rinnoverete ogni giorno la vostra risoluzione. Avrete inoltre cura di notare in modo particolare le cose che vi risaltano meno

spontanee e più necessario e di confermarvi specie sopra di esse.

Allora aggiungete e ripetete con profonda certezza : « Se fai ciò porterai frutti utili e raggiungerai ciò che desideri ».

ADDIO

 

SO M M A R IO

prefazione 

gap. I. — LA VOCAZIONE INTELLETTUALE. . . 

L'uomo di studio è un consacrato . 

L'uomo di studio non è un isolato 

 L'uomo di studio appartiene al suo tempo .

gap. II — LE VIRTÙ' DELL'INTELLETTUALE CRISTlA

Le virtù comuni 

Le virtù proprie dell'intellettuale 

Lo spirito di orazione

La disciplina del corpo

gap. Ili — L'ORGANIZZAZIONE GÉLL

Semplificare

Mantenersi in solitudine 

Cooperare con i propri simili 

Coltivare le relazioni necessarie

Mantenere la dose necessaria d'azione

Conservare il silenzio intEriore 

gap. IV. — IL TEMPO DEL LAVORO .

Lavoro permanente . . . . . 

Lavoro notturno . 

La mattinata e le serate 

Gli istanti creativi 

gap. V. — NEL CAMPO DEL LAVORO

La scienza comparata

II tomismo, quadro ideale del sapere

 La specializzazione 

II sacrificio necessario 

gap. VI. — LO SPIRITO DEL LAVORO 

L'ardore della ricerca.

 L'obbedienza alla verità 

Più larghi orizzonti

II senso del mistero 

gap. VII. — LA PREPARAZIONE DEL LAVORO .

a) La Lettura: ;

Leggere poco

Scegliere

Quattro specie di letture

II contatto con i genii

Cercare le armonie, non i contrasti 

 Assimilare 

b) L'organizzazione della memoria:

Ciò che si deve ritenere

In qual ordine ritenere

Come fare per ritenere 

e) Le note:

Come si deve annotare 

Come classificare le note 

Come utilizzare le note 

gap. Vili. — IL LAVORO CREATORE'

Scrivere 

Distaccarsi da sé e dal mondo 

Essere costanti, pazienti, perseveranti 

Far bene tutto e compiere tutto 

Non tentare niente al disopra di sé stessi 

gap. IX. — IL LAVORATORE E L'UOMO 

Mantenere il contatto con la vita

Sapersi riposare  Accettare le prove 

Gustare le gioie

Raccogliere i frutti 

sommario

 

 

 

 

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