S. E. L. I. - SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA ITALIANA —
ROMA
PROPRIETÀ LETTERARIA
Industrie Grafiche Romane "Ars
NovaVia de' SS. Quattro, 26-b — Roma
DON G. DE ROSSI PREFAZIONE
APOSTOLATO INTELLETTUALE
« Noi su questa terra siamo ancora più deficenti di
ragione che di religione » — ha lasciato scritto Fénelon.
E Fénelon scriveva alla fine del secolo XVII, di
quel secolo cioè che tra gli ultimi ha più brillato per poderosi
pensatori e vaste conquiste intellettuali. Si può dire infatti senza
tema di smentite che noi intellettualmente viviamo ancora a spese del
secolo XVII. Tutte le mirabili scoperte nel campo delle scienze positive
e in quello delle loro applicazioni riconoscono la propria origine nel
1600, quando Ba-cone da Verulamio e Galileo Galilei gettarono
concordemente le basi del nuovo metodo sperimentale. Nel campo delle
scienze esatte — a parte anche la elegante e fecondissima sistemazione
newtoniana dei deli — tutte le conquiste delle matematiche, ad
eccezione di poche isolate ricerche di geometrìa non euclidea, non sono
che una conseguenza di quel p olentissimo istrumento di conquista che è
il calcolo infinitesimale, e di quell'altra geniale scoperta che è
l'applicazione dell'algebra alla geometria: e l'uno e l'altra trovano i
loro fondatori nel secolo XVII in Newton e Leibnitz. In filosofia
vigoreggiano nel secolo XVII Cortesia e Pascal e l'efficacia, in ogni
senso, dei loro atteggiamenti intellettuali ha ancora vivissime
risuonanze nel nostro pensiero moderno. Infine quando il 1600 si chiude
è nel fiore della sua virilità
Vili
Giovan Battista Vico, che nella
Scienza nuova .gettava le basi della filosofia civile, affidando
così ai solchi del pensiero umano i semi fecondi delle future scienze
sociali.
Il grido di Fénelon, nel momento in cui egli lo
lanciava, può dunque sembrare anacronistico : ma esso ha acquistato pur
troppo amaro sapore di verità ai giorni nostri, dopo che nei due secoli
seguenti gli uomini sembra non abbiano avuto altra missione che quella
di spegnere con lena incessante ogni luce intellettuale.
Al secolo XVII, che fu potuto definire come « il
secolo dell'infinito » e nel quale il pensiero umano era stato
eminentemente sintetico e costruttivo seguì infatti il XVIII, il secolo
cioè dell'enciclopedismo, del Volterianesimo e della cipria; moda di
critica, affanno di disintegrazione, ansia di demolizione nel cinismo e
nella leggerezza, che prepararono nel modo più efficace tutte le rovine
intellettuali del secolo XIX.
Dal metodo sperimentale — mentre si traevano a buon
mercato e quasi senza sforzo di intelligenza le conquiste delle scienze
particolari — si derivava però anche nelle menti degli scienziati un
irreparabile atteggiamento analitico ed una ipervallttazione del
sensibile a danno dell'intelligibile;
donde la duplice disastrosa conseguenza di accumulare
spesso ombre di oblio sui grandi problemi sintetici, quelli che
culminano presto o tardi in un omaggio a Dio, sintesi delle sintesi,
perché Causa delle Cause — e di accumulare altre ombre ed altro oblio
sui grandi problemi spirituali, quelli che son rivelati all'occhio di
chi riflette su sé stesso dal mondo della coscienza e della libertà e
che costituiscono il più forte ed immediato presidio di ogni
spiritualismo.
Dalla filosofia di Cortesia non si volle considerare
come vivo che il dubbio metodico e mentre esso, mantenuto
IX
rigidamente nel suo carattere di semplice ipotesi
prudente avrebbe potuto servire di integrazione e di ausilio alle
conquiste sperimentali, investito invece dalla mania iconoclasta di una
ragione suicida, finì subito col trasformarsi in
dubbio sistematico e col dare origine alle varie filosofie negatrici,
che dovevano presto sboccare nel grande fiume dissolvitore del
criticismo e dello scetticismo Kantiano.
Il calcolo infinitesimale con le sue due operazioni di differenziazione
e di integrazione aveva permesso nelle matematiche di
raccogliere mirabili frutti, trasferendo lo studio del finito e del
normale a quello dell'infinitamente piccolo, dell'infinitesimo. Ma non
si pensò che esso era di una impeccabile precisione — veramente
matematica — solo nel campo degli enti astratti dove nessuna
nuova e viva entità viene mai ad introdurre elementi eterogenei o
novità aberranti nel logico concatenarsi dei numeri, delle quantità e
delle forme geometriche corrispondenti. Si credette di poter riprendere
impunemente lo stesso metodo della riduzione ali'infinitamente piccolo
anche nello studio delle realtà concrete e si costituirono
arbitrariamente di un colpo — e il più delle volte con costruzioni
esclusivamente aprioristiche —— i vari sistemi evoluzionistici della
natura e della storia.
Oblio di Dio, e quindi negazione della distinzione tra
il creato e l'Increato, tra l'Assoluto e il relativo — oblio
dell'anima, e quindi negazione della distinzione tra la materia e lo
spirito — oblio dei saltus tra specie e specie, e più tardi
tra vivente e non vivente, e quindi negazione di distinzione tra il
passivo e fattivo, tra il movimento impresso esteriormente e il
semovente, tra la non-vita e la vita.
Tutto questo turbinare di pensieri monchi, indefiniti,
confusi e contradittori, ravvolgetesi costantemente nell'acqua madre
dello scetticismo universale, spiega in questo
••X',
periodo il sorgere ed il vigoreggiare delle mille
dottrine sull'identità. dei contrari. Si risolve tutto nel
Panteismo. Esso nella sua forma più brutale si affacciò nel secolo XIX
come materialismo, identificando tutto nella materia bruta: nella sua
forma più umana, ma non meno mostruosa, si presentò pure nel secolo
XIX come Hegelianismo, identificando tutto nello spirito. Nel 1831
moriva Hegel — il grande pontefice .ancora venerato da tutte le
filosofie moderne non aventi ispirazione cristiana — ed egli senza
tremare aveva dato la sistemazione logica definitiva a questo immenso
processo di confusionismo sistematico. Nella sua Logica la formula
dell'assurdo in terminis (Sein und Nichts ist dasselbe, l'essere
e il Nulla som la stessa cosa) — dinanzi alla quale si
chiudevano altre volte tutte le discussioni e si riformava la pace tra
dottori e avversar!, perché tutte le filosofie tenevano a non
contrastare col senso comune — veniva invece candidamente presentata
da Hegel come base granitica del suo nuovo sistema, che si annunziava al
mondo appunto come il « sistema della identità dei contrari
».
La base non si è mutata, e le dottrine hegeliane portate
sugli scudi nell'ultimo quarto del secolo XIX e nel primo niiarto del
XX ci possono fare apprezzare fino a quale profondità sia disceso
il piccone pazzamente distruttore dei de-, molitori.
Ma non basta.
Non si calpesta impunemente nella élite pensante
dell'umanità il più alto dono naturale di Dio. Le rovine del pensiero
reagiscono rovinosamente anche sulle relazioni sociali e minacciano
oggi, pur troppo, di spegnere le luci della stessa civiltà.
Dalla identità dei contrari gli uomini non si
contentarono di dedurre in metafisica l'ateismo e in logica l'aboli-
XI
zione di tutte le leggi del ragionamento e del pensiero:
ma dedussero anche in morale l'abolizione della coscienza identificando
il bene col male: e in socilogia — quasi parallelamente alla lotta per
la vita di tutti i sistemi evoluzionistici
—
la lotta di classe: e in economia politica — per l'oblio di ogni
valore umano del lavoro — anche l'immoralità della così detta
economia pura, della economia cioè puramente matematica: e in politica
il culto della forza, la tirannide cioè o demagagica od oligarchica: e
infine nei rapporti internazionali l'esagerazione dei vari nazionalismi,
le lotte fratricide jra popolo e popolo e l'alterna vicenda dei popoli
-oppressi ed oppressori. Le grandi lotte sociali del secolo \ XIX,
gli egoismi anonimi della grande industria e le paurose ;' reazioni
di scioperi generali e violenti — le grandi lotte-' :
cruente della grande guerra, gli egoismi insaziabili
delle vaste',:
organizzazioni finanziarie e l'agonia della pace
trascinata per le varie conferenze internazionali — i contraccolpi
nei^y singoli Stati di ondate di bolscevismo demagagico e di on-% date
di bolscevismo oligarchico — e tutti i delitti individuali che
si inseriscono in questi vasti delitti internazionali e sociali, e tutta
la febbre di arrivismo, e i tentennamenti e le dedizioni delle più
pavide coscienze, e la sete di oro e di ;
potenza, e il disprezzo della giustizia, e la violazione
dei- ^ Comandamenti di Dio, cinicamente ostentata in omaggio :
• alla pretesa grandezza di una Nazione o pacificamente tol- ^ ;
lerata in omaggio alla teoria del ameno peggio-» —
sono ' tutte pratiche e mostruose conseguenze di questo processo J dissolvitore
più volte secolare avvenuto nelle alte regioni i dello spirito umano.
La formula dell'assurdo si è assisa sul trono del pensiero dominante
— « l'Essere e il Nulla son la stessa cosa » — e, se
fosse possibile, la stessa coscienza degli eletti finirebbe col restare
travolta da questo torrente limac-
XII
doso che ha identificato il diritto con la forza, la
forza con la violenza, la violenza con l'egoismo, sia esso individuale o
sociale, famigliare o nazionale, egoismo di classe o di parte. In queste
condizioni — mentre in quasi tutti i paesi dell'Europa civile il
diritto delle genti sembra diventato un nome vano, il diritto pubblico
sembra quasi dimenticato, il diritto costituzionale è in una spasmodica
contìnua rielaborazione per adattare le leggi non ai bisogni generali
dei popoli, ma a quelli capricciosi e contigenti della parte dominante,
e lo stesso diritto privato non trova sempre i presidi ne giuridici, ne
effettivi per potersi sentire difeso — il passaggio dalla anarchia del
pensiero alla anarchia di fatto non appare ne faticoso, ne difficile.
Chiunque sia abituato a riflettere sulle idee e sugli
avvenimenti umani non può non vedere l'urgenza di un immenso sforzo di
ricostruzione nella Verità.
E ancora una volta — come già in altri foschi periodi
della nostra storia — la difesa concorde del pensiero e della civiltà
non può venire che dalla Verità integrale del Catto-licismo.
La Chiesa in questi ultimi tempi non è rimasta
spettatrice indifferente di fronte a tante rovine : essa nel suo
Magistero Vivente non ha cessato di ridire ai popoli la parola della
Verità: si fece a volta a volta tutelatrice dei diritti di Dio
di fronte alle superbe pretese del Razionalismo e tutelatrice dei
diritti della umana ragione di fronte alle aberrazioni dello
scetticismo: con richiami, con ammonimenti, con definizioni di verità
seguì a passo a passo l'errore in tutte le sue forme di errore
filosofico, sociale, giuridico, politico :
tornò ad esporre dinnanzi ai popoli la dottrina
cristiana sui rapporti fra autorità e libertà, fra capitalismo e
lavoro, fra Stato e Chiesa; tornò a ripetere la dottrina sulla
costituzione
xni^
.cristiana degli Stati, sul diritto delle genti e sui
rapporti in-'':, ternazionali. Ma la Chiesa non è stata ascoltata che
da pò- '.:
che minoranze privilegiate. La mostruosa separazione,
in-, tradotta dal Protestantesimo nell'opera di Gesù Cristo, sot- -'.';
traeva intieri popoli al benefico influsso della Chiesa:
e nei popoli cattolici le ultime aberrazioni del laicismo o la vi-^.
sione particolaristica di interessi immediati — anche rispet-i.^
tabili — opponevano nuovi argini all'azione del Magistero^ Vivente.
Pure la sua dottrina è là: i cattolici sanno dove''}. trovarla : basta
che essi vogliano perche tanti tesori possano^:
per mezzo loro esser messi nuovamente in circolazione e
(or- j nare a avventare in pochi anni patrimonio di tutti, j
Ma perché questo sogno possa attuarsi nel giro di un ^
quarto di secolo è necessario che balzi dalla grande fami- •' glia
cattolica un gruppo agguerrito di lavoratori del pensiero. '
Le anormali condizioni della Società, i gemiti e le
lacrime che si moltiplicano attorno a noi, hanno già, grazie a Dio,
suscitato da cinquant'anni a questa parte in tutte le generazioni
succedentisi dei nostri giovani un vivo desiderio di apostolato e di
azione. I giovani cattolici che nel secolo ;
XVIII erano, come gli altri, travolti dalla leggerezza
domi- ;
nante, nella prima metà del secolo XIX cominciarono ad
ap-i". portarsi pensosi, unicamente intenti a difendere se stessi.
Si^ è fatto un ulteriore progresso : nella seconda metà del secolo
,
XIX essi vollero coronata la loro personale difesa da
uno , sforzo di riconquista: oggi quasi non concepiamo più una
s azione giovanile senza fermento d'apostolato. Ma questi ;. apostoli
laici — che appunto perché laici si insinuano in tutti ^ gli ordini
del vivere civile e possono costituire il fermento . •il quale
valga a sollevare tutta la pasta — hanno tutti una , sete insaziabile
di verità. Nelle loro spesso umilissime con-,:
dizioni di commessi, di contadini, di studenti, di
piccoli im-
XIV
piegati non si può certo pretendere da ciascuno di loro
un ritorno alle fonti, uno studio dei principii, una elaborazione
scentifica delle conseguenze: questa massa già attiva di fresche
energie attende di esser coronata da una
élite guidatrice ed illuminatrice di forti pensatori cattolici : e
perché questa massa e questa élite possano agire effettivamente
sul mondo è necessario che dalla élite balzino anche in tutti i
campi del sapere e delle umane attività i geni di prim'ordine che
diventano nella storia gli effettivi guidatori dei popoli.
Il piccolo Belgio intese per il primo questa necessità
della creazione di una élite di pensatori cattolici e non è
temerità aggiungere che le fortune dei cattolici belgi derivarono in
massima parte dall'Università Cattolica di Lovanio. Una analoga
iniziativa si è ormai vigorosamente assicurata in Italia con la
fondazione dell'Università del S. Cuore a Milano. Tuttavia dalla
formazione esclusivamente universitaria potranno uscire soltanto i
pensatori. I veri geni di prim'ordine, pur avendo bisogno di un largo
ambiente di pensiero in seno al quale formarsi e affermarsi, sono sempre
frutto di un personale ed individuale lavoro : e gli stessi pensatori
per sfuggire alle tentazioni della pedanteria e spaziare con libertà di
dominatori nel campo del vero debbono sempre alla formazione ricevuta
dal di fuori accoppiare uno sforzo sistematico di lavoro personale ed
individuale.
E' per avviare risolutamente verso il loro scopo, e
senza troppe difficoltà pratiche di metodo, quei giovani cattolici —
i quali intendano dedicarsi come apostoli alla conquista ed alla
diffusione della Verità — che io ho intrapreso e condotto a termine
la traduzione di questo libro del P. Sertillanges sulla « Vita
intellettuale ».
^ Le grandi linee della ricostruzione ideale erano
state già segnate in Francia dal P. Gratry, che per oltre cinquanta
XV
anni pose il suo lucidissimo ingegno e la sua anima
generosa al servizio della causa grande dell'umano pensiero e che
propugnò la creazione di una scienza comparata, capace di ridestare
nello spirito umano lo studio delle attinenze e delle relazioni, di
soddisfare al suo nativo bisogno di sintesi :e di riparare quindi, con
un cammino a ritroso, a quel lavorio di disintegrazione che dalle
conquiste del secolo XVII
;ci ha
ridotto miseramente all'agonia attuale. La meditazione dei libri del P.
Gratry, e particolarmente delle « Sources », sarà
quindi sempre necessaria a chi voglia dedicarsi all'apostolato
intellettuale. Pure ciò che costituisce lo splendore nei libri del P.
Gratry — il sigillo cioè indelebile della sua grande anima di artista
e di poeta — nuoce a volte, per conseguente disprezzo di tutti i
pratici accorgimenti, alla, efficacia completa dei suoi lavori.
Questo libro del P. Sertìllanges, si presenta con
intenzioni apparentemente più modeste, ma risulta a mio giudi-,zio
immensamente più utile per la reale formazione indivi-' dti.ale degli
uomini di studio. Esso non trascura il piano .ideale completo di una
vita di studio — e dedica anzi un {intiero capitolo, il
capitolo V, all'oggetto dello studio: ma è tutto diretto a dettare un
programma completo di vita per igli studiosi in modo che essi possano
organizzare i loro at-, teggiamenti inferiori, le loro relazioni con gli
uomini, lo sforzo della loro attività spirituale e perfino religiosa,
come, i pratici accorgimenti della vita materiale, dal cibo, alla
gin--nastica, al riposo, sempre in vista dell'unico grande scopo che
essi hanno assunto come missione nella loro vita: l'apostolato della
Verità. Il nucleo più sostanzioso di questi precetti è stato
dall'autore dedotto da una lettera attribuita a S. Tommaso d'Aquino e
che va sotto il,titolo di «Z sedici precetti per acquistare il
tesoro della scienza » E nello svi-
^XVl
luppo e nella esposizione di questi precetti egli ha
apportato non soltanto il rigore scientìfico e filosofico della
Scolastica, ma anche a dovizia tutto il cumulo delle conquiste moderne,,
in jatto di psicologia positiva, di pedagogia e di didattica. Ne è
seguito a mio giudizio un piccolo capolavoro di metodologia, molto più
che con spirito eminentemente pratico l'autore non ha disdegnato
l'umiltà di scendere a tutta una serie minuta e completa di indicazioni
sul modo di prender gli appunti e le note, sul modo di tenere ed
organizzare gli schedarì, di preparare e distribuire il lavoro e via
dicendo — suggerimenti ed indirizzi che si risolvono poi nel
permettere a ciascun lavoratore del pensiero di ottenere il massimo
risultato con il minimo dispendio di tempo, risparmiando specie ai
principianti la noiosa e spesso disperante serie dei tentativi iniziali
e del personale tirocinio di apprendissaggio nella pratica
organizzazione del proprio lavoro.
Non spendo troppe parole in inutili magnificazioni :
quelli che mi conoscono sanno che se in mezzo alle mie
molteplici occupazioni ho creduto utile sobbarcarmi al grosso lavoro di
una traduzione è solo perché mi è sembrato che il libro potesse
rendere effettivamente larghi e preziosi servigi alla nostra gioventù
studiosa: e per gli altri... per quelli che non mi conoscono le mie lodi
suonerebbero come vane parole. Quanto all'autore non ha certo bisogno
delle mie lodi vista l'accoglienza che il pubblico ha già fatto alla
sua opera. Non debbo a lui che presentare qui pubblicamente i miei
ringranziamenti per avermi autorizzato a volgere il suo libro in
italiano.
Nella traduzione ho cercato di mantenermi quanto più
josse possibile in tutto aderente al testo originale, evitando solo qua
e là certe metafore ardite che nello stile vivacissimo dell'autore e
nel genio particolare della lingua francese po-
XVII
tevano considerarsi come pregio — che volte in
italiano •sarebbero ancora rimaste come preziosità elegante in seno
ad un discorso sostenuto da letterato provetto — ina che nella lingua
semplice da me adottata e nel mio povero periodare senza lenocini di
forma avrebbero per altra via ricondotto i lettori al secolo XVII. E
noi. vogliamo invece ritornarvi non per quello che esso ebbe di men
bello, perche meno sorretto dai freni dell'arte, ma per il vigore
poderoso dei suoi pensatori, per lo spirito sintetico dei suoi illustri
scienziati, per la fede viva ed umile nella Divinità, che ottenne
l'ossequio incondizionato di Newton e di Galilei. di Leibnitz e di
Pascal, di Bacane e di Giovan Battista Vico.
D. GIULIO DE ROSSI
CAPIT O L O I.
LÀ VOCAZIONE INTELLETTUALE
Parlare di vocazione significa indicare coloro che
vogliono fare del lavoro intellettuale la propria vita, tanto se abbiano
ogni comodità di darsi allo studio, quanto se, presi da occupazioni
professionali, si riservino come un piacevole supplemento e come una
ricompensa, il profondo sviluppo dello spirito.
L'UOMO DI STUDIO È UN CONSACRATO.
Dico profondo per allontanare l'idea di qualsiasi
sfumatura di superficialità. Una vocazione non si soddisfa con letture
vaghe e con piccoli lavori dispersi. Ci vuole penetrazione e
continuità, sforzo metodico per raggiungere una pienezza che risponda
alla chiamata dello Spirito e alle energie che gli è piaciuto di
trasfondere in noi.
Questa chiamata non va pregiudicata. Non si fa che
prepararsi delle sconfitte, quando ci si slancia per una strada dove non
si sappia camminare con sicurezza. Il lavoro s'impone a tutti, e dopo
una prima faticosa formazione sarebbe sciocco lasciar ricadere
lentamente il proprio spirito nella miseria primitiva.
1 — La vita. intellettuale .
2 LA VITA INTELLETTUALE
Ma altro è mantenere tranquillamente un bene
conquistato altro riprendere dalle fondamenta una istruzione che
sappiamo non essere stata che provvisoria, degna di consi-" ;
derazione solo come punto di partenza. ;,;
Quest'ultimo stato di spirito è quello dei chiamati.
Esso / s implica una grave risoluzione. La vita di
studio è austera e\sf impone gravi obblighi ; ripaga poi largamente, ma
esige una ;, :' dedizione della quale pochi sono capaci. Gli atleti
dell'in-;; i ' telligenza, come quelli dello sport, debbono prevedere
le^c privazioni, i lunghi allenamenti, la tenacia a volte sovru- '^.
mana. Bisogna darsi con tutta l'anima perché la verità ri- ;
sponda. La verità non serve che i propri schiavi.
Non ci dobbiamo orientare in tal modo, senza essere! ;'
prima interrogati a lungo. La vocazione intellettuale e come ;
tutte le altre: sta scritta negli istinti, nelle
capacità, m non ^ so quale senso inferiore, controllato dalla ragione ;
giacché le..:' -nostre disposizioni sono come le proprietà
chimiche, che •',;:
determinano, per ogni corpo, le combinazioni nelle quali
;i fesso può entrare. Tutte queste doti non si acquistano; sono ' un
dono del ciclo e un effetto della nostra naturale costiti!-;ì;
azione. < ' ' ,.,^1 '
Tutto sì riduce a saper intendere la voce di Dio nella
[;
coscienza e ad obbedirvi con docilità. Intese in questo
senso,.'', le parole di Disraèli : « Fate quel che vi piace, purché
vi ^ piaccia sul serio » hanno un gran significato, perché il gusto ,.
personale essendo in correlazione con le tendenze profonde ';
e con le attitudini, è un giudice eccellente. Se S.
Tommaso ,;
ha potuto dire che il piacere qualifica le funzioni e
può ser- ;ró vire a classificare gli uomini, si deve concludere che il
piacere può anche svelare le vocazioni. Bisogna però scrutare sé ^
stessi fino a quelle profondità in cui il gusto e lo slancio spontaneo
toccano i doni di Dio e la sua provvidenza. Oltre ^f all'immenso
vantaggio che si trova nel fare che ogni nostra;;
^tA VOCAZIONE INTELLETTUALE^, 3
^più viva energia abbia la sua piena efficacia, lo
studio di una avocazione intellettuale importa un interesse generale da
cui ;|^nessuno può esimersi. L'umanità cristiana è composta di
^personalità diverse, nessuna delle quali può abdicare alle sue
giunzioni senza impoverire la Società e senza privare Cristo U^'di una
parte del suo regno. • ^ .
•j^ La vita d'ogni «e membro » di questo regno è un
attimo ^speciale della sua durata ; ciascun coso umano e cristiano è
•adunque un caso incomunicabile, unico, e perciò
necessario,. ^dell'estensione del «corpo spirituale». Chi è scelto
come, ;;; portatore di luce, non nasconda sotto il moggio lo splen-,, ydore,
grand'efo piccolo, che nella casa del Padre di famiglia
:';-l si aspetta da lui. Amate la verità e i suoi
frutti di vita per ;voi stessi e per gli altri: consacrate allo studio
ed alla sua-„. utilizzazione la miglior parte del tempo e del cuore.
Tutte ^le vie, una sola eccettuata, sono cattive per voi, poiché
s'allontanano dalla dirczione in cui l'azione vostra è attesa e
^.richiesta. Non siate infedeli a Dio, ai fratelli, a
voi stessi,
• {respingendo una sacra chiamata. Tutto questo
suppone che
•eveniate alla vita intellettuale con intenti
disinteressati, non Ffper ambizione o per vano desiderio di gloria. Il
frastuono ideila notorietà non tenta che gli spiriti futili.
L'ambizione ^offende la verità eterna, perché la subordina a sé
stessa. Non (è forse un sacrilegio giuocare coi problemi che dominano
la ;$vita e la morte, con la misteriosa natura, con Dio, farsi una 'rvita
letteraria o filosofica a spese del vero, o fuori dal domi-,.'nio del
vero? Scopi simili, massime il primo, non ^sarebbero sostegno
sufficiente al ricercatore, il cui sforzo sii rallenterebbe in breve e
la sua vanità cercherebbe di conten— "tarsi a vuoto, senza
curarsi della realtà. Ma tutto ciò pre-;,suppone anche che, all'acccttazione
dello scopo si aggiunga l'accettazione dei mezzi, altrimenti
l'obbedienza alla voca-
4 LA
VITA INTELLETTUAL^ ^
zione non sarebbe seria. Quanti vorrebbero sapere! Unn:,:
vaga aspirazione dirige le moltitudini verso orizzonti
che la;,:
maggior parte ammirano da lontano, come i gottosi ammi-,,;
rano le nevi eterne. Ottenere senza pagare, è il
desiderio universale, ma è il desiderio dei cuori vili e dei cervelli
infermi, i;:
L'universo non risponde al primo richiamo, e la luce di
Dio;;
non rischiara se non le anime che lo invocano con
insistenza.'
w Tu sei un consacrato: devi perciò volere ciò che la
verità vuole, rispondere al suo appello, prendere dimora nei, suoi
domini, adattarti alle sue esigenze e giovarti dell'esperienza altrui
quando la tua non basti.
« Si jennesse savait! ». Son sopratutto i
giovani che
: hanno bisogno di questo ammonimento. La scienza è conoscenza
delle cose per mezzo delle loro cause; ma, consi- :
derata attivamente, quanto alla sua produzione, è una creazione
per mezzo delle cause. Bisogna dunque conoscere e adottare le cause
del sapere, e quindi porle come base, invece di rimandare il pensiero
delle fondamenta al momento di coronare l'edificio. Quante belle culture
si potrebbero intraprendere nei primi anni liberi, dopo compiuti gli
studi, con tanti semi gettati nel campo dell'ingegno arato di fresco !
E' il tempo che non ritorna, il tempo di cui più tardi si vivrà :
quale esso sarà stato, tali saremo, giacché non si mutano le proprie
radici. Chi al suo tempo avrà trascurato l'avvenire, che sempre
eredita, sarà punito con una vita superficiale. Che ciascuno ci pensi
nell'ora in cui pensare giova.
Quanti giovani che pretendono di diventare dei
lavoratori, sciupano miseramente i giorni, le forze, l'ingegno e
gli& ideali! ! .' ^'-•r;
O non lavorano (hanno tanto tempo avanti a loro), <xY
lavorano male, capricciosamente, senza sapere chi sono, dove
f; LA
^ VOCAZIONE INTBÉA-ETTUALE - ^ ^'!
K vogliono arrivare/ne come si debba camminare. Corsi,
let-^ ture, conferenze, divisione del lavoro e del riposo, della'
^solitudine e dell'azione, della cultura generale e della spe* ^
cializzazione, spirito dello studio, arte d'estrarre e d'utiliz— ;
zare le cognizioni acquisite, realizzazioni provvisorie che:
^annunciano il prossimo lavoro, virtù di ottenere e di
svilup-J^pare, nulla è preveduto, a nulla sarà soddisfatto. , :, ,, '^
W Qual differenza tuttavia, pur con uguaglianza di risorse, ^ fra chi sa
e prevede e chi va alla ventura! / ^' , ]' « II genio è lunga pazienza
» ma una pazienza organizzata, intelligente. Non c'è bisogno di
facoltà straordinarie , per compiere un'opera, basta una media
superiore: il resto ,w'è dato dall'energia e dalla sua savia
applicazione. Così l'operaio probo, economo e lavoratore costante,
riesce là dove gl'inventore non è che un uomo fallito ed inasprito.
;,1 Questo ch'io dico vale per tutti, ma si
può applicare in ^ modo speciale a coloro che sanno di non poter
disporre che •^ 'di una minima parte della loro vita per dedicarsi ai
lavori i dell'intelligenza. Questi debbono, più degli altri, essere dei
sconsacrati. Ciò che non possono distribuire lungo tutta la:
.y'ioro esistenza, lo devono raccogliere in piccolo
spazio. ^L'ascetismo speciale e la virtù eroica del lavoratore
intellet-ittuale dovranno essere il loro fatto quotidiano. Ma se accon-^
sentono a questa doppia offerta di sé stessi, io dico loro in ; nome
del Dio di verità, che non si perdano d'animo. Se per ^produrre non
c'è bisogno di genio, ancor meno è necessaria (.la libertà completa.
Anzi questa offre dei pericoli che degli ;|impegni rigorosi aiutano ad
evitare.
^1 Una corrente stretta tra due sponde vicine sarà più
vio1 \ lenta. La disciplina del mestiere è una forte scuoia
che giova ai riposi studiosi. Costretti, ci concentreremo meglio, ap-!
prezzeremo il valore del tempo, ci rifugieremo con slancio
6 ; LA VITA INTELLETTUALE
in quelle poche ore preziose, in cui, soddisfatto al
dovere, si raggiunge l'ideale e si gode il sollievo dell'azione
preferita dopo quella imposta dalla dura esistenza. Il lavoratore che sa
trovare nel nuovo sforzo la ricompensa dello sforzo antico e ne fa il
suo tesoro d'avaro, è generalmente un appassionato: non si riesce a
distaccarlo da ciò che ha consacrato col sacrificio.
Se il suo procedere è più lento, è però tale da
condurlo anche più avanti.
Povera tartaruga bisognosa, egli si ostina e in pochi
anni avrà sorpassato la lepre indolente di cui aveva tanto invidiato la
rapidità. Altrettanto si può dire del lavoratore isolato, privo di
risorse intellettuali, e di stimoli esterni, seppellito in qualche
dimenticato paese di provincia dove sembra destinato a marcire esiliato
dalle ricche biblioteche, dai corsi brillanti, dal pubblico vibrante;
egli non ha che sé stesso ed è costretto a trarre tutto da questa
proprietà inalienabile.
Ah ! che neanche questi si scoraggisca ! Se tutto gli è
avverso, badi di non disperdere i proprii doni e se ne contenti. Un
cuore ardente, anche in mezzo a un deserto, potrà sempre raggiungere il
suo scopo, più facilmente di quel che non possa un qualunque fatuo
anche in mezzo a una grande città.
Anche qui dalle difficoltà può sorgere nuova forza-
Non/ si fa appello a tutta l'energia se non nei passaggi difficili
dell'alta montagna, mentre nei sentieri delia pianura ci si rilascia, e
l'abbandono che non si sorveglia diventa rapidamente funesto.
Ciò che più vale è la. volontà, una volontà
profonda:
voler essere qualcuno, arrivare a qualche cosa:
realizzare anticipatamente nel desiderio la personalità che forma il
no-
LA
VOCAZIONE INTELLETTUALE 7
stro ideale.'Tutto il resto viene da sé. Libri, ce n'è
sempre, dovunque, e pochi sono i necessari. I contatti, gli stimoli, si
trovano in ispirilo anche in solitudine: i grandi secoli attirano verso
il passato il pensatore ardente. Chi non abbia in sé tanto da poter
fare a meno dei corsi di studio, li segue poco e male. Quanto al
pubblico, se qualche volta può servire da stimolo, spesso invece turba,
e disperde: per due soldi che si trovano in istrada, vi si può perdere
un patrimonio. Vale dunque meglio la solitudine appassionata, nella
quale ogni seme rende il cento per uno e ogni raggio di sole uno
sfolgorio d'oro.
Quando S. Tommaso d'Aquino, si recò a Parigi, vedendo
da lontano la grandiosa città, disse al frate che l'accompagnava : «
Fratello, darei tutto ciò per il commento di San Giovanni Crisostomo su
S. Matteo ».
A chi sente così non importano ne il luogo ne le cose
che ha a disposizione: lo Spirito lo ha eletto e gli ha impresso il suo
sigillo; egli non ha che da perseverare affidandosi alla vita, quale
Iddio la regola.
Giovane, che comprendi questo linguaggio, e che senti
d'esser chiamato misteriosamente dagli eroi dell'ingegno, ma che temi
della tua incapacità, ascoltami. Disponi di due ore al giorno? puoi
impegnarti a conservarle gelosamente, a impiegarle con ardore, e quindi,
sentendoti membro del Regno ' di Dio, puoi bere il calice di cui queste
pagine vorrebbero farti gustare il sapore squisito ed amaro? Se sì,
abbi fiducia:
meglio ancora, riposa nell'assoluta certezza.
Costretto a guadagnarti la vita, lo farai, almeno, senza
sacrificare la libertà dell'anima, cosa che accade a molti.
Abbandonato, ti sentirai sospinto con più violenza verso la tua nobile
méta. La maggioranza degli uomini grandi esercitarono un mestiere.
Molti hanno dichiarato che le due ore
8 LA
VITA INTELLETTUALE
che io domando bastano per farsi una vita intellettuale.
Bisogna imparare ad amministrare questo breve tempo ; ad immergersi,
ogni giorno della propria vita, nella fonte che disseta pur dando una
nuova sete.
Volete aiutare con le vostre umili forze a perpetuare la
saggezza tra gli uomini, a raccogliere l'eredità dei secoli, a fornire
al tempo presente le regole dello spirito, a scoprire i fatti e le
cause, ad orientare gli sguardi incostanti.^;
verso le cause prime, e i cuori verso gli scopi supremi,
a^ ravvivare al bisogno la fiamma che si spegne, ad organizzare"?
la propaganda della verità e del bene? E' il vostro compito. ;
Senza dubbio vale la pena di far qualche sacrificio per
un tale ideale e di custodirne gelosamente la passione.
Lo studio e la pratica di quello che il P. Gratry chiama
: La Logica vivente, cioè lo sviluppo del nostro spirito, o
verbo umano, per mezzo del contatto diretto o indiretto , con Io Spirito
e Verbo divino, questo studio grave, e questa j| pratica perseverante vi
apriranno la porta del mirabile San- s tuario. Sarete tra coloro che si
elevano, che acquistano i," doni magnifici e si preparano ad essi.
Anche voi, se Dio;| vuole, un giorno troverete posto nell'assemblea dei
nobili ? Spiriti.
L'UOMO DI STUDIO NON È UN « ISOLATO ».
Un'altra caratteristica della vocazione intellettuale
consiste in ciò che il lavoratore cristiano, che è un consacrato, non
deve essere un isolato. In qualunque condizione si trovi, anche se
materialmente abbandonato e ritirato in solitudine, egli non deve
lasciarsi tentare dall'individualismo, imagine deformata della
personalità cristiana.
LA VOCAZIONE'INTELLETTUALE . 9'
Tanto la solitudine vivifica, altrettanto l'isolamento
paralizza ed isterilisce. L'isolamento è inumano: giacché la-
; vorare umanamente significa lavorare col sentimento
del-
'J'uomo, dei suoi bisogni, delle sue altezze, della
solidarietà che ci lega in una vita strettamente comune. Un lavoratore
^f-cristiano dovrebbe vivere abitualmente
nell'universale, nel' la storia.
: Vivendo con Gesù Cristo non può separarne ne gli
,.,:uomini ne i tempi. La vita reale è una vita in uno,
una immensa vita di famiglia con la carità per legge: se lo studio vuoi
essere un atto di vita, non l'arte per l'arte, o un accaparramento
dell'astratto, esso deve lasciarsi reggere da
'questa legge d'unità cordiale. «Noi preghiamo
dinnanzi al
' .Crocifisso » dice Gratry, dobbiamo anche lavorare
davanti ;a lui, « ma la vera Croce non è isolata dalla terra ». Il
vero cristiano ha continuamente avanti agli occhi l'immagine di quel
globo su cui è piantata la croce, su cui gli umani bisognosi errano e
soffrono, su cui scorrono i rivi del sangue redentore. La luce che egli
possiede lo riveste d'un sacer"
' dozio; quella che vuole acquistare è già la
implicita promesr sa d'un dono. La verità è sempre pratica: quella, in
apparenza più astratta, più elevata, è anche la più pratica.
Ogni verità è vita, orientazione e via, quando si con-
• sideri il fine umano, e per ciò Gesù Cristo ha
detto: « Io sono la Via, la Verità e la Vita ».
Lavorate dunque sempre con lo spirito vólto ad uno
scopo, come sempre per raggiungere uno scopo parla il Vangelo.^
Ascoltate il genere umano che vi rumoreggia in—
;: torno : distinguete gli uni dagli altri, i gruppi o
gli individui di cui sapete l'indigenza; scoprite, immaginate ciò che
può toglierli dalle tenebre, nobilitarli, ciò che prima o poi li
salva. Solo le verità redentrici sono sante, e non riguarda
10 LA
VITA INTELLETTUALE
: forse anche il nostro lavoro la parola dell'Apostolo
: « La volontà di Dio è che siate santi ? ». Gesù Cristo
ha bisogno
' per la sua opera del nostro spirito, come quando,
stando sulla terra aveva bisogno del suo spirito umano. Scomparso Lui,
noi abbiamo l'incommensurabile onore di continuarlo. Siamo le sue
membra, e partecipiamo quindi del suo spirito e siamo i suoi
cooperatori. Egli agisce al di fuori per mezzo nostro, e al di dentro
per mezzo del suo Spirito inspiratore, come, da vivo, agiva esternamente
con la voce, internamente con la grazia. Essendo il nostro lavoro una
necessità di questa azione, lavoriamo come meditava Gesù, e come lui,
attingiamo, per farne parte agli altri, alla sorgente de! Padre.
L'UOMO DI STUDIO APPARTIENE AL SUO TEMPO.
E poi considerate che se tutti i tempi sono uguali da-^
vanti a Dio, se la sua eternità è il centro luminoso a cui giungono, a
eguale distanza, tutti i punti della circonferenza del
^ tempo, non così è dei tempi e di noi che abitiamo la
circonferenza. Iddio, ci ha messi su questa ampia ruota e non al-
, trove ; ogni momento della durata ci riguarda e ogni
secolo è, come ogni uomo, nostro prossimo : ma il significato di
questa parola, prossimo, è un significato relativo che la
sapienza provvidenziale precisa per ogni individuo e che ogni individuo
nella sua sottomessa sapienza deve precisare ugualmente. Eccomi qua,
uomo del secolo XX, contemporaneo di un dramma permanente,
testimonio di cataclismi quali forse
11 globo non ha più visto dal tempo in cui sorsero i
monti ed i mari furono ricacciati nei loro antri.
Che cosa dovrà fare per questo affannato secolo? Ora
più che mai il pensiero attende l'uomo e l'uomo attende il
pensiero. Il mondo è in pericolo perché manca una regola
LA VOCAZIONE INTELLETTUALE 11
di vita. Viaggiamo in un treno lanciato a grande
velocità, ne ci sono segnali visibili ne cantonieri. Il pianeta non sa
più dove va, ha perduto la legge che lo guidava: chi gli renderà il
suo sole?
Non dico ciò per limitare il campo della ricerca
intellettuale e confinarla esclusivamente allo studio religioso. Questo
apparirà chiaro in seguito. Ho già detto che ogni verità è pratica,
che ogni verità salva.
Ma intendo dire che lo spirito col quale si debbono
studiare i problemi del nostro tempo, tanto se si guarda
all'opportunità quanto in generale, esclude il dilettantismo.
Esclude anche una certa tendenza archeologica,
quell'amore del passato che non cura i dolori attuali, quella stima del
passato che sembra ignorare la presenza universale di Dio. Non tutti i
tempi hanno la stessa importanza, ma tutti son tempi cristiani e ce n'è
uno che per noi, e praticamente supera ogni altro: il tempo nostro.
Corrispondenti a questo son le nostre naturali risorse,
le grazie di oggi e di domani e così devono essere anche gli sforzi che
vi corrispondono.
Cerchiamo di non rassomigliare a coloro che hanno sempre
l'aria di reggere i cordoni al carro funebre del passato. Utilizziamo il
valore dei morti nella nostra vita. La verità è sempre nuova. Le
virtù antiche tendono a rifiorire, come l'erba che al mattino è
coperta di delicata rugiada. Iddio non invecchia. Bisogna aiutar questo
Dio a rimuovere, non i tempi seppelliti e le cronache defunte, ma la
faccia eterna della terra.
Questo è lo spirito dell'intellettuale cattolico,
questa la sua vocazione. Quanto più presto egli preciserà questo dato
generale con la scelta del genere di studi ai quali si vuoi dedicare,
tanto meglio sarà. Ascoltate ora quali sono le virtù che Dio gli
domanda.
C A P I T O L O IL
LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO
Io potrei dire: La virtù contiene, in potenza,
l'intellettualità perché menandoci al nostro fine, che è
intellettuale, la virtù equivale al sapere supremo- Da ciò si
potrebbero dedurre molte cose: se ne potrebbe, anzi, dedurre tutto,
perché a questa supremazia dell'ordine morale si riattacca la
dipendenza relativa del vero, del bello, dell'armonia, della unità,
dell'essere stesso in relazione con la moralità che viene così
ricongiunta col primo principio.
Ma preferisco seguire una via più modesta.
LE VIRTÙ COMUNI.
Le qualità del carattere hanno una parte preponderante
in tutte le cose. L'intelletto non è che uno strumento; la maniera con
cui verrà adoperato ne determinerà gli effetti... '.. Non è
forse evidente che per ben governare l'intelligenza si richiedono delle
qualità ben diverse dall'intelligenza sfessa? Istintivamente ogni
spirito retto dichiara che la superiorità in qualunque campo include
una dose di superiorità spirituale. Per giudicare con verità bisogna
essere grandi.
Non ci sarebbe qualche cosa di ripugnante nel vedere
LE VIRTÙ DELL INTELLETTUALE CRISTIANO 13
una grande scoperta fatta da un cretino? Il candore
diun' uomo semplice ne resterebbe offeso. Si resta scandalizzati da un
contrasto che spezza l'armonia umana. Non crediamo a quei gioiellieri
che vendono perle e non ne portano. Accostarsi alla sorgente sublime
senza prendere niente della sua natura morale, sembra un paradosso.
Disporre del potere dell'intelligenza e farne una forza isolata, una basse,
si capisce come sia un giucco pericoloso, giacché ogni forza iso lata
in seno ad un tutto equilibrato, ne diventa la vittima.
Se il carattere si fiacca, bisogna dunque aspettarsi che
il senso delle grandi verità ne patisca.
Lo spirito, non essendo più controllato, non trovando
più il proprio livello s'incamminerà sui sentieri falsi, ed è noto
che un piccolo errore al principio diventa grande alla fine. La
forza logica potrà precipitare più in basso quella anima che ha
lasciato il proprio discernimento senza salvaguardie. Da qui tante
clamorose cadute, e tanti errori, qual-:\che volta geniali di maestri
disorientati.
La vita è un'unità: sarebbe molto strano che se ne po-,
tesse esercitare a fondo una funzione, trascurandone l'altra, e che
vivere le idee non ci 'aiutasse affatto a percepirle. Da dove si
vede questa unità della vita? dall'amore. «Dimmi ciò che ami e ti
dirò chi sei ».
L'amore è principio di tutto in noi e questo punto
di partenza comune della conoscenza e della pratica ne ren-iderà
certamente solidali, in certa misura, i retti sentieri. La verità
arriva a coloro che l'amano, a coloro che cedono a 'lei, e un tale amore
non è senza virtù. In questo senso, non ^ ostante le sue possibili
tare, i! genio in opera è già virtuoso;
per essere santo basterebbe che fosse più pienamente
sé stesso.
Il vero e il bene nascono sullo stesso terreno, le loro
rà-
14 '
LA
VITA INTELLETTUALE;^
dici si toccano. Staccati da questa radice comune e
così mem'h a contatto con la terra, l'uno o l'altro patiscono,
l'anima si;' infiacchisce e lo spirito si disperde. ' i ;:
Al contrario sviluppando in sé stessi il vero si
rischiarai la coscienza e fomentando i! bene si guida il sapere. Prati-
:' cando la verità che si conosce si diventa degni di quella chè'^ si
ignora. Si merita agli ocelli di Dio ma si merita anche di|. un merito
che s'incorona da sé stesso : poiché tutte le verità'i sono collegate
e quando rendiamo alla verità della vita® l'omaggio dei fatti, che è
il più decisivo di tutti, ci avviciniamo alle supreme rivelazioni. Se
io m'imbarco sull'affluente, arriverò al fiume e da questo al mare.
Osserviamo attentamente questa dottrina così importante che solo per
ricor darla sarebbe stato opportuno pubblicare questo libro.
Non è la virtù la salute dell'anima? e chi può
sostenere' che la salute non influisce sulla vista? domandatene all'ocu--;
lista. Un dottore intelligente non si limita a misurare
la cu-- ! vatura del cristallino e a scegliere gli occhiali,
non si contenta di consigliare cure locali, ma s'informa dello stato di
salute generale, della dentatura, dei regime di vita, dei visceri. Non
c'è da meravigliarsi se anche questo specialista di un solo organo
c'interroga sulla nostra virtù. La vista spirituale non è meno
esigente. Credete che noi pensiamo con la sola intelligenza? Siamo forse
un fascio di facoltà diverse ;
da cui si prenda ora questo ora quello strumento a
seconda ;
del bisogno? Noi pensiamo « con tutta l'anima » ha
dichia-f;
rato Fiatone. Noi arriveremo anche più avanti, fra
poco, ef diremo: « con tutto l'essere ». La conoscenza interessa
tutto'' in noi, dall'idea vitale fino alla composizione chimica della.;
. minima cellula. I disordini mentali di ogni natura, gli stati di
delirio, le allucinazioni, tutti i fenomeni nervosi quaiun- :
que ne sia la cagione, provano che non lo spirito solo
pensa, ma l'uomo intero.
LE VIRTÙ DELL INTELLETTUALE CRISTIANO 15
Come si potrebbe pensare bene avendo l'anima malata, il
cuore logorato dai vizi, straziato dalle passioni, disorientato da amori
violenti o colpevoli? C'è uno stato d'animo chiaroveggente, diceva
Gratry, ed uno .cieco, uno stato sano;
e perciò sensato ed<,uno insensato.
« L'esercizio delle virtù morali, dice a sua volta S.
Tom-maso d'Aquino, virtù che imbrigliano le passioni, aiuta gran-;
demente all'acquisto della scienza ». Lo credo bene!
Ana-.' lizziamo. Da che dipende, prima di tutto, l'acquisto della:
scienza? Dall'attenzione, che fissa il campo della
ricerca, 'ci fa concentrare ed appoggiare in esso tutte le nostre forze:
quindi dal giudizio che raccoglie il frutto
dell'investigazione. ,
Ora, le passioni ed i vizii, distolgono l'attenzione, la
dis^:
perdono, la deviano ed attaccano il giudizio per vie
traverse? attraverso a dei circuiti di cui Aristotile, e molti
altri dopo ' lui, hanno scrutato i meandri. Tutti gli psicologi
contemporanei sono d'accordo su questo ; l'evidenza non ammette dùbbi.
La a psicologia dei sentimenti » regge la pratica, ma anche, in gran
parte, il pensiero. La scienza dipende dalle nostre orientazioni
passionali e morali. Acquietandoci nella quiete sviluppiamo in noi il
senso dell'universale; nella rettitudine il senso del vero. Analizziamo
ancora. Quali sono i nemici del sapere? Evidentemente l'inintelligenza :
anzi, ciò che diciamo dei vizi, delle virtù e della loro influenza
sulla scienza presuppone dei soggetti uguali in tutto il resto. Ma
all'infuori della stoltezza, quali altri nemici temete? Non pensate alla
pigrizia che soffoca i doni migliori? alia sensualità che indebolisce
ed appesantisce il corpo, annebbia la immaginazione, inebetisce
l'intelligenza, dissipa la memoria? all'orgoglio che ora sfolgora ed ora
offusca, che acuisce talmente il nostro senso individuale da rischiare
di farci perdere il senso universale? all'invidia che rifiuta
ostinatamente la
16 LA VITA .INTELLETTUALE
visione altrui? All'irritazione che respinge la critica
e si trincera nell'errore? :
Tolti questi ostacoli, l'uomo di studio s'eleverà più
o meno secondo le sue risorse e il suo ambiente; ma raggiungerà il
limite segnategli dal suo ingegno e dal suo destino.
Tutti questi difetti che abbiamo nominato, del resto, si
richiamano a vicenda. Essi s'incrociano e si ramificano e son tutti,
rispetto all'amore o al disprezzo del bene, quello che i rigagnoli
d'acqua sono rispetto alla sorgente. La purezza del pensiero esige la
purezza dell'anima: niente può far vacillare questa verità generale.
Bisogna che il neofita della scienza se ne imbeva.
Ascendiamo più in alto e, poiché parliamo di sorgenti,
non dimentichiamo la prima. La metafìsica più sicura c'insegna che
sulle cime il vero e il bene non solo si uniscono ma s'identificano. Per
essere esatti bisogna dire che il bene di cui si parla in questo caso
non è precisamente il bene morale ; direttamente non si tratta che del
desiderabile, ma in breve dall'uno si giunge all'altro. Il bene morale
non è che il desiderabile misurato dalla ragione e proposto come fine
alla volontà. Ogni fine è legato con gli altri perché tutti dipendono
dall'ultimo. Questo raggiunge il vero e s'identifica con lui. Riunite
queste proposizioni e troverete che il bene morale se non è identico al
vero in tutti i sensi, ne dipende tuttavia attraverso alle finalità del
volere. C'è dunque fra i due un legame più o meno lento o
stretto, ma infrangibile. Alla verità non si accede attraverso a ciò
che in noi v'è di individuale, ma solo in virtù di una partecipazione
all'universale. Noi non possiamo onorare come vero questo universale che
è contemporaneamente vero e bene, non possiamo unirci a lui
intimamente, ritrovarne le traccie e rice-
LE ViytV DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO ' l'ft'
verne la potente impronta, senza ; riconoscerlo e
servirlo;
anche come bene. . \' ,^
Salite sulla grande Piramide per queiiescale gigantesche
che danno una così esatta idea dell'ascensione del vero ; se salite
dalla rampa settentrionale come potrete arrivare in 1 cima
senza avvicinarvi, a quella .meridionale? Per tenersene,,:
a distanza bisogna restare in basso, per allontanarsene
bisogna o deviare o discendere. Così il Genio del vero tende di
, per sé a raggiungere il bene ; quando se ne
allontana, il suo
.slancio verso le cime viene diminuito.
Beati i puri di cuore,
ha detto il Signore, essi vedranno
.iddio. « Mantieni la coscienza pura, dice S.
Tommaso, al suo Allievo, non tralasciar d'imitare la condotta dei santi
;. e degli uomini retti ». L'obbedienza dell'anima alla
sorgente ineffabile, le sue disposizioni filiali ed amorevoli, la
dispongono a ricevere la luce, l'ardore, la rettitudine. Amata e
realizzata nella vita, la verità si rivela come principio; noi vediamo
le cose secondo quello che siamo ; si partecipa della. verità
partecipando dello Spirito per cui essa esiste. Le grandi intuizioni
personali, le luci profonde, possono, a parità di valori, aver radice
nel perfezionamento morale, nel distacco da sé stesso e dalle banalità
giornaliere, nell'umiltà, nella semplicità, nella disciplina dei sensi
e dell'immaginazione, nello slancio verso i grandi ideali. Non si tratta
di dar prova della propria abilità, di far brillare, come un gioiello,
le proprie facoltà; vogliamo comunicare col focolare di luce •e di
vita, toccare questo centro nella sua unità, così com'é;
adorarlo e rinunciare a ciò che gli è avverso perché
la sua gloria c'inondi. Non significa un po' tutto questo la celebre
frase: «I grandi pensieri vengono dal cuore? ».
2 — La vita iitteltettaate,
18 LA VITA INTELLETTUALE
i LE VIRTÙ PROPRIE DELL'INTELLETTUALE.
Ci siamo dunque accertati che la virtù in genere è
n&-^cessaria alla scienza e che lo studio è tanto più fecondo
quanto maggiore è la perfezione morale. ;
; " C'è però una speciale virtù propria dello
studioso, sulla1 quale bisogna insistere, benché varie volte
ci si dovrà tor-nare- nel corso di queste pagine. .^
La virtù propria dell'uomo di studio è evidentemente
la studiosità. Non bisogna affrettatamente giudicare ingenua'
quest'idea: i nostri maestri l'hanno infatti lumeggiata con :
profondi pensieri (1). '
S. Tommaso sottoponeva la studiosità alla temperanza
moderatrice per indicare che. in sé lo studio è certamente-sempre il
benvenuto ma che la costituzione della vita ci richiede di temperare,
cioè di adattare alle circostanze e dì collegare con gli altri
doveri un desiderio di conoscere che facilmente eccede. , ;
Quando dico eccedere intendo parlare di tutti e due i
significati. Nel regno dello studio ci sono due vizi opposti : ' la
negligenza da un lato, la vana curiosità dall'altro. Omet-, tiamo
addirittura la prima: se chiudendo questo libro it ' lettore non l'avrà
già in odio vuoi dire che si sarà scoraggito» in cammino o che avremo
fatto molto male la strada. ^'.;
Ma non dico lo stesso della curiosità. Questa può
approfittare dei nostri migliori istinti e viziarli proprio nel punto?
in cui pretende di soddisfarli.
Abbiamo già citato gli scopi ambiziosi che
disorientano» -una vocazione intellettuale. Senza giungere a ciò,
l'ambi-'
(O
Cfr. S. Tommaso — Summa theol. II.a II.ae q. CLXVII.
LE VIRTÙ DELL INTELLETTUALE CRISTIANO 19
zione può alterare la studiosità e i suoi utili
effetti. Nella scienza un atto di ambizione non è più un atto di
scienza e chi lo compie non merita più il nome d'intellettuale.
Qualunque altro scopo peccaminoso meriterebbe lo stesso
verdetto. !,.
D'altra parte lo studio anche se, in sé stesso,
disinteressato e retto, non è sempre opportuno : se non lo fosse mai,
il suddito della scienza dimenticherebbe il suo mestiere di uomo; e che
cos'è questo intellettuale che non è un uomo? Ci sono altri
doveri umani oltre lo studio. La conoscenza, presa in senso assoluto, è
certamente il nostro bene supremo;
ma quello che ne gustiamo qui è spesso subordinato ad
altri valori che ne saranno gli equivalenti, sotto gli auspici del
merito.
Un curato di campagna che si dedica ai suoi
parrocchiani, un medico che trascura la scienza per portare soccorsi
urgenti, un figlio di famiglia che abbraccia un mestiere per aiutare i
suoi e rinuncia così ad una libera cultura, non profanano affatto il
loro genio intcriore ma rendono omaggio a quel Vero che col Bene è un
solo e medesimo Essere. Se agissero diversamente essi non offenderebbero
meno la verità che la virtù, poiché per un sentiero traverso
opporrebbero la Verità vivente a sé stessa. E così vediamo molti
curiosi della Scienza che non temono di sacrificarle i loro più stretti
doveri : non son più scienziati ma dilettanti :
ovvero lasciano lo studio che risponde ai loro obblighi
per seguire quello che alletta i loro desideri, e la svalutazione è la
stessa. Coloro che mirano più in alto delle proprie forze e s'espongono
all'errore, coloro che sciupano le loro facoltà reali per acquistarne
delle altre illusorie, sono anch'essi dei curiosi nel senso
antico. Due dei sedici consigli di S. Tom-maso in materia di studi, li
riguardano: « Altiera tè ne quae-
20
LA
VITA'INTELLETTUALE
sieris:
non cercar cose al di sopra delle tue forze». «Volo ut per rivulos,
non statim, in mare eligas introire: voglio che ti risolva ad
entrare in mare seguendo i rivi, non direttamente ». Consigli preziosi
che giovano tanto alia scienza quanto alla virtù, dando equilibrio
all'uomo.
Non bisogna caricare il suolo soverchiamente, ne spin-
.gere la costruzione più in alto di quel che non
permetta la base o prima che la base sia rassodata: tutto
sprofonderebbe. Chi siete? A che punto state? di quali sottocostruzioni
intellettuali disponete? Queste cose determineranno le vostre saggio
imprese. « Chi vuoi alberi grandi li pianti piccoli » dicono i cultori
di boschi, che è, in altri termini, il consiglio
. tomista. L'uomo saggio comincia dal principio e non fa
il nuovo passo prima d'aver assicurato il precedente. Per questo gii
autodidatti hanno tanti lati deboli. Non si può cominciare dal
principio da soli. Quando, a mezza via, si raggiunge la comitiva, questa
vi mostra delle tappe già superate ma senza indicarvi il passaggio.
D'altra parte quello che è vero per ciascun individuo
^riguardo alle varie tappe dei suo sviluppo è anche
vero per
'ciascuno in rapporto agli altri. Non bisogna presumere
troppo di sé, ma sapersi valutare. Accettandoci quali siamo, obbediamo
a Dio e ci prepariamo delle vittorie sicure. Forse che la natura cerca
di fare più di quello che può? Tutto vi e misurato esattamente senza
sforzi vani e senza valutaziom menzognere. Ogni essere agisce secondo la
sua quantità e la sua qualità, secondo la sua natura e la sua forza e
poi resta in calma. L'uomo soltanto vive di pretensione e di tristezza.
- • - , ,1^
Che sapienza e che Virtù son quelle di giudicarsi
esattamente e di restare sé stessi! C'è una missione che è mìa,
che io solo posso compiere e che debbo compiere intera invece^
LE "VIRTÙ BELL'INTELLETTUALE CRISTIANO : 2t
di provare a violentare la sorte. I destini non si
mutano. Tanto elevandoci che abbassandoci ci perdiamo. Procediamo dunque
per la via che ci è stata segnata con Dio per guida-San" Tommaso
aggiunge a questa prudenza necessaria,, anche la cura di non arrestare
la propria curiosità agli oggetti inferiori a danno dell'oggetto
supremo. '„
In séguito trarremo da ciò una conseguenza importante
per l'organizzazione del lavoro; ma prima di tutto, :lo studio lasci il
tempo al culto, alla preghiera, alla meditazione diretta delle cose di
Dio.
Anch'esso è un ufficio divino, ma per riflesso ; esso
cerca ed onora le « traccio » creatrici ovvero le « immagini »
secondo che scruta la natura o l'umanità: ma lo studio deve cedere, a
suo tempo, alla comunione diretta con Dio ; ,se non lo fa, oltre che un
grave dovere viene misconosciuto, l'immagine di Dio nel creato diventa
un ostacolo e le « trac-cie » servono solo a farci smarrire lontano da
Colui di cui danno testimonianza.
Studiare in modo tale da abbandonare la preghiera, il
raccoglimento, la lettura della parola sacra e di quella dei santi, o
delle anime grandi, da dimenticar sé stesso e da trascurare,
concentrandosi del tutto, nell'oggetto di studio, l'ospite intcriore, è
un abuso ed un inganno. Supporre che:
si potrà progredire o produrre di più in tal modo,
sarebbe come dire che il ruscello scorrerà meglio quando la sórgente
sia asciugata. L'ordine dello spirito deve rispondere all'ordine delle
cose. Nella realtà tutto ascende al divino, tutto ne :
dipende perché tutto ne procede. Nell'effìgie del
reale ili noi si rilevano le stesse dipendenze a meno che non abbiamo
rovesciato i rapporti del vero.
22 LA VITA INTELLETTUALE^
LO SPIRITO DI ORAZIONE.
•i
.' •' '•'
'..:. '
Queste disposizioni saranno salve se, indipendentementei
• dalla pietà precedente allo studio, si coltivi nel lavoro stesso ;
lo spirito d'orazione. E' ancora S. Tommaso che dice
at-W;
l'appassionato della scienza: «: Orationi vacare non
desinasi^ non abbandonare mai l'orazione » e Van Helmont com-sU
menta questo precetto pronunciando la parola sublime;^ « Ogni studio è
uno studio dell'eternità ». ;.
Non finiremo di ripetere che la scienza è una
conoscenza^ nelle cause: i dettagli, i fatti non hanno importanza; ma
i quel che importa sono le dipendenze, le influenze recipro-che, i
legami, gli scambi che costituiscono la vita della na-.. tura. Ora
dietro a tutte le dipendenze sta la dipendenza ;
prima; al nodo di tutti i legami, il legame supremo; al
verr tice delle comunioni, la Sorgente; sotto gli scambi, il Dono;:
sotto la sistole e la diastole del mondo, sta il Cuore,
l'im- ' menso Cuore dell'Essere. Non sarà dunque necessario che lo
spirito vi si riferisca incessantemente e non perda un minuto il
contatto con chi è, in tal modo, il tutto di tutte le cose e,
per conseguenza, di tutte le scienze?
L'intelligenza compie la propria missione pienamente
solo quando esercita una funzione religiosa e cioè quando adora il vero
supremo attraverso al vero ridotto e disperso.
Ogni verità è un frammento che mostra da ogni lato il
punto di attacco : la Verità in sé stessa è una, e la Verità è Dio.
Ogni verità è un riflesso : dietro al riflesso c'è la Luce, che gli
da valore. Ogni essere è un testimonio ; ogni fatto un segreto divino:
al di là sta l'oggetto della rivelazione, l'eroe della testimonianza.
Ogni vero risalta sull'Infinito come sul suo sfondo in prospettiva :, ci
si rilega, gli appar-
LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO . 23
tiene. Per quanto una verità occupi tutta la scena, le
immensità sono più lontano. Si potrebbe dire: una verità particolare
non è che un simbolo, un simbolo reale, un sacramento dell'assoluto:
essa apparisce, essa è, ma non per sé stessa;
essa non basta a sé stessa, vive di prestito e morrebbe
abbandonata alla propria inconsistenza. Per l'anima pienamente vigile
ogni verità è dunque un punto di ritrovo al quale il Pensiero sovrano
invita il nostro pensiero: mancheremo all'incontro sublime?
La vita del reale non è tutta in ciò che si vede o che
la scienza analizza. Il reale ha, come Gesù, una vita nascosta che è
anche una vita in Dio: è come una vita di Dio; le leggi della natura ci
rivelano la sapienza di Dio ; ce ne manifestano la potenza, gli effetti
; la bontà, tutto quel che vi riconosciamo di utile ; mentre le
molteplici relazioni e gii sviluppi ce ne mostrano l'incessante
diffondersi: è bene venerare ed amare questa specie d'incarnazione,
stando a contatto con quello stesso che s'incarna. Chi cerchi di
distaccare questo « corpo di Dio » dal suo Spirito, ne abusa come
abusa del Cristo chi vede in lui solamente l'uomo. L'incarnazione di
Cristo conduce alla Comunione, nella quale non si possono dissociare
l'uno dall'altro, il corpo, il sangue, l'anima e la divinità del
Salvatore: la quasi incarnazione di Dio nell'essere, della Verità
eterna in ogni caso del vero, deve aver termine ugualmente in una estasi
celeste, invece che nelle nostre distratte ricerche e nelle nostre
banali ammirazioni.
Risolviamoci a lavorare sotto l'ala delle grandi leggi e
sotto la Legge suprema. La conoscenza, come ogni manifestazione di vita,
non deve essere separata dalle sue radici nell'anima e nelle cose reali,
là dove il Dio del cuore e il Dio dei cieli si rivelano e si
congiungono. Le nostre azioni (compresa quella di apprendere), i nostri
pensieri e le nostre prime realtà, si debbono raccogliere in unità.
24
LÀ
VITA INTELLETTUALE',
Cerchiamo di mettere in ogni atto tutta 'l'anima, tutta
laf' natura, e perfino tutta la Divinità con noi. ' , • ^:v
Del resto, per ottenere questo spirito di orazione
nella' scienza, non c'è bisogno di ricorrere a qualche misterioso; i'<
incanto; non c'è bisogno di uno sforzo estrinseco. Naturai-;;'--mente
l'invocazione di Dio ed il suo speciale intervento soho^ qui molto
opportuni. S. Tommaso pregava sempre prima dr>;
predicare o di dettare ed aveva composto per questo
scopo;;
una mirabile orazione : il figliuolo della scienza, che
ancora ;{' balbetta, cerca naturalmente la parola, che gli manca,
nello^;
': sguardo divino. Ma nella scienza stessa, nella
scienza cristia-,;^ ;na, si trova il gradino che alzandoci verso Dio ci
permetterà i;: ';
di ritornare allo studio con un'anima meglio illuminata
e?;;;,;;
quasi con i doni del profeta. , '
Tutto ciò che istruisce conduce a Dio per un sentiero
i..'/ nascosto. Ogni verità autentica è, in sé, eterna, e.
l'eternità^ che contiene ci orienta verso quella della quale è la
rivela-' zione. Dove si arriverà, attraverso la natura e l'anima, se.'.';
non alla loro sorgente? Se non vi si giunge vuoi dire
che;.1 abbiamo deviato cammin facendo. Lo spirito ispirato e
retto ;;' passa di slancio gli stadi intermedi, e ad ogni problema
che:;-,,. gli si presenti, qualunque sia la soluzione particolare che ,
riesca a darne, una voce segreta risponde: Dio! , '•;
Ciò posto basta che lo spirito si abbandoni da un lato
al ' ^ ^proprio slancio e dall'altro alla propria attenzione perché r
fra l'oggetto di uno studio particolare e quello della
contem-.-; / piazione religiosa, si stabilisca un-corso e ricorso
vantaggioso.;:,.,:
ad ambedue. Dal vestigio o dall'immagine si passa a Dio
con;';, slancio rapido e spesso incosciente e di là, con forze rinno-
,';,^ veliate, si ritorna sulle traccie del Divino Maestro. Quello che
abbiamo così scoperto, viene allora commentato, magni-ficato ; lo
vediamo come episodio di un immenso avveni-
LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO 25
mento spirituale: anche se si tratti di un nonnulla, ci
sentiamo al servizio di verità, di fronte alle quali le montagne sono
effimere,
L'Essere infinito ed il volgersi infinito del tempo ci
avvolgono e il nostro studio può dirsi veramente « uno studio.
dell'eternità». , • •1 ' ' i^'. ! y,'1'','
! , ! ' .•;'•".'
LA DISCIPLINA DEL^CORPÓ.;
Abbiamo già detto come la dottrina del composto umano
s'opponga ad una dissociazione delle funzioni spirituali e delle
funzioni corporali le più estranee, in apparenza, al pensiero puro. S.
Tommaso mette la sua firma a questo ironico pensiero di Aristotile: E'
altrettanto ridicolo il dire:
« L'anima capisce da sola » quanto il dire che
costruisce o che tesse la tela (1). Anzi egli mette innanzi queste
proposizioni apparentemente materialistiche: « Le differenti di-'
sposizioni che hanno gli uomini alle opere dello spirito derivano dalle
differenti disposizioni del corpo » (2) « Alla buona complessione del
corpo risponde la nobiltà dell'animo » (3).
Ne ciò deve sorprendere. I! pensiero nasce in noi dopo
lunghe preparazioni nelle quali opera tutta intera la macchina corporea.
Base di tutto è la chimica cellulare; le più' oscure sensazioni ci
preparano l'esperienza che è il prodottò del lavoro dei sensi i quali
elaborano lentamente le loro acquisizioni e le fissano nella memoria. Il
fatto intellettuale
(1) Quaestio XIX — Di' Ventate art. 1 arg-. 1.
(2) De memoria: lect. 1.
(3) In li De Anima : lect. 19.
26 LA VITA INTELLETTUALE
si produce in mezzo ai fenomeni fisiologici m continuazione
e in dipendenza loro. Nessuno può formulare un pensiero quando
anche non faccia che utilizzare un'idea acquisita, senza evocare tutto
un insieme di immagini, di emozioni, di sensazioni, che sono come il cc
brodo di coltura » dell'idea.
Di quali mezzi disponiamo quando vogliamo suscitare un
dato pensiero in qualcuno? Solamente di questo: produrre in lui, con la
parola e con i segni, uno stato di sensibilità, di immaginazione, di
emozione, di memoria, in cui egli scopra la nostra idea e possa farla
sua. Gli spiriti comunicano solo per mezzo del corpo. E solo per mezzo
del corpo lo spirito di ciascuno comunica con la verità e con sé
stesso. Perciò S. Tommaso ritiene che il cambiamento per cui passiamo
dall'ignoranza alla scienza deve essere attribuito direttamente al corpo
e solo per accidente alla parte intellettuale (1). Questa dottrina, alla
quale si richiama costantemente il Dottore così essenzialmente, così
provvidenzialmente moderna, deve necessariamente generare questa
convinzione, che per pensare, soprattutto per pensare con ardore e
sapienza durante una vita intera, è indispensabile di piegare al
pensiero non solo l'anima e le sue diverse facoltà, ma anche il corpo e
tutto l'insieme delle funzioni organiche. In uno studioso tutto deve
essere intellettuale.
Il complesso fisico e mentale, la sostanza uomo, stanno
al servizio di questa vita speciale che, per certi lati, apparisce tanto
poco umana: non le si oppongano dunque ostacoli!, Cerchiamo di
svilupparci armonicamente per la conquista del vero.
Ora ci sono qui due cose che bisogna considerare
senza rispetti umani, benché la prima spaventi abitualmente gli spi-
(I) S. Tommaso — Q. XXVI De Ventate art. 3 ad
12.m
LE VIRTÙ DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO 27
rituali di giudizio malfermo. Prima di tutto non abbiate
vergogna di aver cura della vostra salute. Ci son stati dei geni con una
salute deplorevole, e se Dio vuole che così sia di voi, non si discute.
Ma se ciò avviene per causa nostra ci rendiamo colpevolissimi perché
tentiamo Iddio.
Come si può essere sicuri di aver vigore sufficiente
per trionfare nella lotta incessante dell'anima contro la debolezza
della carne? Nulla prova, del resto, che gli stessi geni non abbiano
sentito i loro talenti ridotti dalle manchevolezze del corpo. Forse si
spiegherebbero così molte anomalie intellettuali fra i meglio dotati, e
la scarsa produzione di altri.
A parità di doni è chiaro che la malattia costituisce
una grave inferiorità; essa diminuisce il rendimento, inceppa la
libertà dell'anima nel momento delle sue delicate funzioni, svia
l'attenzione, può falsare il giudizio per gli effetti d'immaginazione e
d'emottività prodotti dalla sofferenza.
Una malattia di stomaco altera il carattere d'un uomo ;
il carattere ne muta i pensieri. Se Leopardi non fosse
stato quell'infelice che era, lo conteremmo forse tra i pessimisti?
Quando si tratta di vita elevata, non vogliate temere di abbassare il
dibattito occupandovi nello stesso tempo del pensiero e delle sue
fondamenta organiche. « Un'anima sana in un corpo sano » è poi sempre
l'ideale. L'uomo di pensiero ha una fisiologia speciale ; bisogna
ch'egli ne abbia cura e non si vergogni di consultare l'uomo dell'arte.
Si deve sempre obbedire alle prescrizioni ricevute e una
buona igiene nel caso nostro diventa una virtù quasi intellettuale. I
moderni, che hanno la filosofia così povera, hanno invece una igiene
molto progredita: non la disprezzate, perché potrà arricchire la
vostra filosofia.
Fate vita all'aria aperta più che potete. E* noto
che l'attenzione, fulcro del lavoro scientifico, è in stretta'rela-
28
. .
LA VITA'INTELLETTUALE ..
zione con la respirazione e, per !a salute generale, l'abbon-iJ
danza dell'ossigeno è di capitale importanza. Abitudini ee-1 cellenti
sono : quella di tenere le finestre aperte notte è giorno, finché la
prudenza lo permetta ; quella di fare esercizi di respirazione,
soprattutto combinati con movimenti che rendano il.respiro ampio e
normale, (1) e infine quella di sistematizzare il proprio lavoro,
passeggiando, o meglio;:
ancora di produrlo addirittura durante !a passeggiata
se-i{ condo la tradizione greca. y
E' importante lavorare in una posizione che lasci
liberi- \ i polmoni e non comprima i visceri : è anche bene interrom-l
. pere ogni tanto una seduta di applicazione per respirare prò-.;
fondamente, per distender le membra con due o tré gesti
;
ritmici che, e mi si passi la forma, impediscalo al
corpo di ' prendere delle false pieghe. E' stato scoperto che delle
larghe inspirazioni fatte avanti alla finestra aperta, alzandosi? sulla
punta dei piedi, sono anche molto efficaci. Non tratrascurate niente:
potrebbe seguire la congestione o l'atro-;::
fià degli organi.. <;';
Ogni giorno bisogna fare un po' di ginnastica.
Ricorda-;:
tevi delle parole dei medico inglese: «Coloro che non
tró-;;
vano il tempo di far Sa ginnastica dovranno trovare il
tempo ' di stare ammalati». . :^.,
Se non potete esercitarvi all'aria aperta potrete
adope-V rare dei metodi eccellenti che vi suppliscano : quello del,.
Muller è uno dei migliori ma ce ne sono anche degli altri.
Un lavoro manuale leggero e piacevole/sarebbe altret-;
tanto prezioso per lo spirito che per il corpo. I nostri
padri non l'ignoravano; ma questo secolo è diventato un forsennato che
si ride della natura: perciò la natura si vendica.
(1) Cfr. J. P. Muller — Mon sysième de
réspiratìon, ed. Ì-afitte.
LE VIRTÙ. DELL'INTELLETTUALE CRISTIANO, ". f,
20
Riservatevi ogni anno, e dur'ante l'anno; delle vacanze
serie. Con ciò non intendo parlare di assoluto abbandono di ogni
lavoro, i! che potrebbe favorire lo sviluppo di facoltà ten-, denti
alla leggerezza, ma intendo consigliare la predominanza del riposo, e
degli esercizi all'aria aperta. Curate l'alimentazione. Un vitto
leggero, semplice,' moderato, vi permetterà un lavoro più rapido, e
più libero. Un pensatore non passa la vita a digerire.
Curate ancor più il sonno. Non dormite ne troppo ne
troppo poco. Il troppo ingrevisce, avvilisce, rende spessi il.;
sangue e il pensiero; il troppo poco vi espone a
prolungare. e a sovrapporre con vero pericolo, gli uni agli altri, gli
eccitamenti del lavoro.
Osservatevi: in materia di sonno come a proposito del
nutrimento, trovate la misura che vi conviene e fatene l'oggetto di una
ferma risoluzione. Qui non ci può essere uria legge comune. •
Ingomma rendetevi conto che la cura del corpo, strumento
deil'anima, è per lo studioso virtù e sapienza; San Tommaso gliene
riconosce altamente il carattere e fa entrare questa sapienza del corpo
fra gli elementi che concorrono alla beatitudine temporale, la quale è
adescamento alla beatitudine eterna (1). State attenti a non diventare
rachitici o falliti, e forse più tardi ebeti, precocemente vecchi, e
perciò scioccamente economi del talento affidatevi dal Maestro. Ma la
sollecitudine del corpo importa anche altri elementi. Abbiamo parlato
delle passioni e dei vizi come di formidabili nemici dello spirito.
Allora pensavamo ai loro effetti psicologici, ai turbamenti che
producono nel giudizio e nell'orientazione dello spirito, che ad un
certo punto ar-
<1) Contra gentes. Ili Cap. CXLI.
30 LA VITA INTELLETTUALE,:1';
rivano a trasformare in potenza di tenebre. Adesso
trati-i tiamo dei loro effetti sul corpo, i quali poi
indirettamente";, ritornano ad essere malattie dell'anima. ^
Chi si mantenga goloso, pigro, schiavo del letto e della
ta-|^ vola ; chi abusi del vino, dell'alcool e del tabacco, chi s'ab-''
bandoni ad eccitazioni malsane, ad abitudini debilitanti e snervanti
insieme, a peccati forse perdonati periodicamente ma i cui effetti
perdurano, come potrà ottenere l'igiene di cui abbiamo dimostrato la
necessità?
L'amico del piacere è nemico del proprio corpo e
diventa rapidamente, in conseguenza, nemico dell'anima propria. La
mortificazione dei sensi è richiesta dal pensiero e può , sola
condurci a quello stato chiaroveggente di cui parlava Gratry. Chi
obbedisce alla carne è in via di diventare carne, laddove si deve
diventare tutto spirito. Perché S. Tommaso si chiama il Dottore
Angelico? è forse soltanto per il suo genio alato?
No, ma è perché in lui tutto si subordinava al
pensiero geniale e santo, perché la sua carne, nata sulla riva tirrena
"aveva rivestito i candori del Carmelo e dell'Hermon, perché
casto, sobrio, pronto allo slancio e lontano da ogni eccesso, era tutto
intero un'anima «un'intelligenza servita da organi» secondo la celebre
definizione.
Una delle più preziose salvaguardie dell' avvenire dei
lavoratori cristiani e sopratutto dei giovani è la disciplina e la
mortificazione del corpo unite tuttavia a quelle cure che gli sono
necessarie.
C A P I T O L O I I I.
L'ORGANIZZAZIONE DELLA VITA
Per orientare tutto l'essere nostro verso il lavoro non
basta aver ottenuto l'ordine intimo, aver determinato la propria
vocazione e organizzato a questo scopo le proprie forze: bisogna anche
ordinare la parte esteriore della propria vita.
SEMPLIFICARE.
C'è una parola che si presenta qui prima d'ogni altra:
Semplificate. Chi ha da fare un viaggio diffìcile
non s'ingombra con troppi bagagli. Può darsi il caso che non possiate
dominare le circostanze e allora penserete che sia inutile stabilire
delle regole. Ma sarebbe un errore perché in una identica situazione
esteriore, uno spirito semplificatore può ottenere molto e ciò che non
riesce ad allontanare all'estér-^ no può sempre allontanarlo
dall'anima.
«Non aggiogherai insieme l'asino ed il bue» dice la
Legge: il lavoro pacifico e savio non deve essere associato;
ai richiami capricciosi e rumorosi di una vita tutta
esteriore.-' Un certo ascetismo, anche sotto questa forma, è doveroso
per il pensatore. Religiosa o laica, scientifica, artistica, let-
32
. '
, 'LA VITA'INTELLETTUALE
teraria che sia, la contemplazione non può andar
d'accordo con gli agi troppo onerosi e con le complicazioni. Per il
genio bisogna pagare la tassa di lusso. . ,
li 10 per cento di questo privilegio non lo manderà in
rovina; non è lui che pagherà, son piuttosto i nostri dife,tti, le
nostre tentazioni in ogni modo, e il vantaggio sarà raddoppiato..
Per dare ospitalità alla scienza non servono mobili
rari ne servitù numerosa : il massimo necessario è costituito da molta
pace, da un po' di senso d'arte e da alcune comodità che procurino
maggior tempo libero.
Rendete più semplice la vostra vita.
I ricevimenti, le visite che trascinano a dei nuovi
impegni, le cerimonie, tutto il complicato rituale di una vita
artificiale, che tante persone mondane maledicono in segreto, non sono
cose adattate per un lavoratore. La vita mondana è fatale alla scienza.
L'idea 'e l'ostentazione, l'idea e la dissipazione sono nemiche mortali.
Quando pensiamo il genio, non ce lo figuriamo a pranzo.
Non vi lasciate prendere in questo ingranaggio che accaparra a poco a
poco il tempo, i pensieri, le disponibilità, le forze. Non vi fate
schiavi dei pregiudizi. Siate guida a voi stessi, obbedite a delle
convinzioni, non a dei riti, e le convinzioni di uno studioso devono
riferirsi allo scopo che si è prefisso. Una vocazione è una
concentrazione. Lo studioso è un consacrato ; ch'egli non si disperda
in esigenti futilità, ma getti tutte le sue risorse nel fuoco
dell'ispirazione.
Il lavoro e le sue condizioni: questo è l'importante.
Le spese prodigate in cose da nulla sarebbero molto meglio utilizzate a
formarsi una biblioteca, a fare un viaggio istruttivo, a procurarsi
vacanze riposanti, audizioni musicali che rinfrescano l'ispirazione ecc.
Quel che favorisce la vostra opera è sempre opportuno, ciò che
l'intralcia e vi confonde
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 33
è da escludere perché, oltre agli inconvenienti
immediati, vi spinge alla ricerca del guadagno e il vostro sforzo rimane
disorientato-li sacerdote ha il diritto di vivere dell'altare e lo
studioso dell'opera sua; ma non si dice Messa per il compenso
pecuniario, ne per questo scopo si deve pensare a produrre.
Se siete costretti a guadagnarvi la vita al di fuori del
lavoro prediletto e per di più vi sovraccaricate l'esistenza, come
farete a preservarvi le magre ore di cui disporreste? E' il caso di
ridurre al minimo le esigenze della materia per alleggerire e liberare
lo spirito.
A questo riguardo, la moglie di uno studioso ha una
missione che è forse bene segnalare, perché spesso la dimentica e
allora invece d'essere la Beatrice non riesce che ad essere un
pappagallo chiacchierone e dissipatore.
Le donne devono sposare la carriera del marito: il
centro di gravita della famiglia è il lavoro del padre. Là è la vita
produttiva e quindi l'essenza del dovere. Ma questo è tanto più vero
quanto più la carriera prescelta è più nobile e laboriosa.
La vita in comune nel nostro caso ha per centro una
vetta ; la donna vi si deve insediare, invece di cercare di distoglierne
il pensiero dell'uomo.
Il trascinarlo a futilità senza relazione con le sue
aspirazioni, equivale a disgustare il marito da ambedue queste vite,
benché siano contraddittorie. Che la figlia d'Eva ci rinetta, e non dia
più ragione del bisogno al « divisus est •>•> di S.
Paolo. Se l'uomo ammogliato è in certo modo «diviso» che egli sia
anche raddoppiato.
Dio gli ha dato un aiuto simile a lui; bisogna che
ella badi a non diventar dissimile. Le importunità, cagionate
dall'incomprensione dell'anima sorella, sono fatali alla produ-
3 — La
vita intellettuale.
34 LA VITA INTELLETTUALE
zione : fanno viver lo spirito in una ansia che lo
logora. Nessuno slancio, nessuna gioia gli è lasciata: e come volerebbe
l'uccello senza ali?
Che la custode del focolare non ne sia dunque il cattivo
genio, ma la musa. Ha sposato una vocazione, ne abbia una anche lei.
Senta che il realizzare da sé o per mezzo di suo marito, è la
stessa cosa perché i due sono una sola carne.
Senza aver bisogno d'essere una intellettuale, ancor
meno una letterata, ella può produrre molto aiutando il marito a
produrre, costringendolo a controllarsi, a dare il proprio massimo,
sollevandolo nelle ore inevitabili delle cadute, sostenendolo quando
piega, consolandone le sconfitte senza accentuarle con troppa
insistenza, calmandone i dispiaceri, diventando la dolce ricompensa dopo
il lavoro.
Quando esce dal lavoro l'uomo è come un ferito : ha
bisogno di riguardo e di calma; non bisogna urtarlo, ma sollevarlo e
incoraggiarlo : interessarsi a ciò che fa, sostenerlo nel momento in
cui è come diminuito da un dispendio di forze eccessivo, insomma essere
per lui una madre, e questo forte, che è poi tutto pieno di
debolezze, sentirà il proprio vigore orientarsi verso nuove lotte.
Quanto ai figli, devono servire piuttosto a rinnovare il
coraggio che a indebolirlo ; è vero che prendono gran parte della vita
dei genitori, ma è più la forza che danno di quella che tolgono.
Possono elevare la vostra ispirazione temperandola di
gioia: essendo una amorosa immagine della natura e dell'uomo vi
impediscono di cadere in astrazioni, vi riconducono alla realtà della
quale i loro occhi interrogatori aspettano da voi l'esatto commento.
La loro fronte pura vi predica l'integrità, sorella del
sapere, e la loro facilità a credere, a sperare, a sognare grandi
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 35
sogni e ad aspettare tutto dalla paternità che li
guida, non è anche per voi, pensatori, un sollievo e un motivo a
sperare? Si può vedere un'immagine di Dio e un segno del nostro destino
immortale in questa immagine dell'avvenire.
Coloro che hanno rinunciato alla famiglia per darsi
tutti interi all'opera loro e a Colui che li inspira, hanno il diritto
di rallegrarsene, apprezzando la libertà che è loro concessa da questo
sacrificio. Costoro penseranno ai loro fratelli sopraffatti dalle cure,
ripetendosi le scherzose parole di Lacor-daire a proposito di Ozanam
: « C'è un trabocchetto che non ha saputo evitare, il
matrimonio ». Ma lo studioso che si è formato una famiglia può e deve
fare di questa una forza, una ragione di slancio, una delle forme del
proprio ideale.
MANTENERSI IN SOLITUDINE
Nell'organizzazione della vita, il punto essenziale da
salvaguardare, e in vista di cui è voluto tutto il resto, è la
conquista della solitudine interna ed esterna. S. Tommaso è talmente
penetrato di questa idea che su sedici consigli ad uno studioso ne
consacra sette alle relazioni con gli altri e allo isolamento « Voglio
che tu sia restio a parlare e ad andare in parlatorio ». « Non ti
incaricare in nessun modo delle azioni altrui ». « Mostrati amabile
con tutti » ma « non essere intimo con nessuno perché troppa
famigliarità genera il disprezzo e fornisce materia a molte distrazioni
»., « Non ti immischiare affatto delle parole e delle azioni secolari
» « Evita soprattutto i giri inutili ». « Ama la tua cella se vuoi
essere introdotto nella cantina del vino ».
La cantina del vino di cui si parla qui, con
allusione al Cantico dei cantici, e al commentario di S. Bernardo, è il
36
LA
VITA INTELLETTUALE '
rifugio segreto della verità, il cui odore attira da
lungi laf sposa, cioè l'anima ardente; è il nido delT'ispirazione, il
fo-;
colare dell'entusiasmo, del genio, dell'invenzione,
della ricerca ardente, è il teatro della ricreazione dello spirito e}
della sua saggia ebbrezza. Per entrare in questa abitazione^ bisogna
abbandonare le banalità, praticare l'isolamento ui cui è sinbolo la
cella monastica.
Siate dunque tardi a parlare e tardi a recarvi dove si
par-.' la, perché le molte parole fanno scorrere lo spirito cornea
l'acqua. Pagate con la cortesia verso tutti il diritto di non:'
frequentare veramente che qualcuno la cui compagnia sìa" giovevole
; evitate anche con costoro l'eccessiva familiarità;' che abbassa e
disorienta: non correte dietro alle notizie che' occupano lo spirito
invano; non v'immischiate delle azioni, e delle parole secolari,
cioè senza portata morale o intellettuale, evitate le occupazioni
inutili che consumano le ore e ! favoriscono il vagabondaggio
dei pensieri. Queste sono le;
condizioni del raccoglimento sacro. E' solo così che
uno si' ;
avvicina ai segreti del Rè, che fanno la felicità
della sposa;
solo tenendo questa condotta si sta rispettosamente al
cospetto della verità.
Il ritiro è il laboratorio dello spirito; la solitudine
intcriore e il silenzio sono le sue ali. Tutte le grandi opere sono
state preparate nel deserto, compresa la redenzione del mondo. I
precursori, i continuatori, il Maestro, hanno subito o devono subire una
stessa legge. Profeti, apostoli, predicatori, martiri, pionieri della
scienza, ispirati di tutte le arti, semplici uomini, o Uomo-Dio, tutti
pagano il loro tributo all'isolamento, alla vita silenziosa, alla notte.
Nella notte astrale, nella sua solenne vacuità, il
Creatore ha impastato l'universo : colui che vuoi gustare le gioie
creatrici non si deve affrettare a pronunciare il Fiat Lux, ne
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 37
sopratutto a passare in rivista tutte le bestie del
mondo : ma deve, come Dio, darsi il tempo di disporre, nelle ombre
propizie, la materia degli astri.
I più bei canti della natura risuonano nella notte.
L'usignolo, il grillo cantano nell'ombra. Il gallo
annun-zia il giorno senza aspettarlo. Tutti gli annunciatori, tutti i
poeti, ed anche i ricercatori e i pescatori delie verità sparse, devono
immergersi nella grande vacuità che è una pienezza. ,:
Nessun uomo grande ha tentato di sfuggirle. Lacordaire
diceva che s'era fatto, fra l'anima propria e Dio c< un orizzonte
più vasto del mondo » e s'era procurato « le ali del riposo ».
Emerson si proclamava « un selvaggio ». Cartesio si chiudeva nella sua
« stufa ». Plafone aveva dichiarato che consumava a: più olio nella
lanterna che vino nel bicchiere ».
Bossuet s'alzava nel mezzo della notte per incontrare il
genio del silenzio e dell'ispirazione: i grandi pensieri gli venivano
soltanto lontano dai rumori e dalle preoccupazioni futili.
Le cose veramente importanti devono essere separate con
una barriera da quelle vane. La vita banale e i « Ludi-bria » di cui
parlava S. Agostino, i giucchi e le liti da fanciulli terminate da un
bacio, devono cessare sotto il bacio delia musa, sotto la carezza
inebbriante e calma della verità. • ! ! . •
.
«Perché sei venuto? si domandava S. Bernardo, a
proposito del chiostro: ad quid venisti? E tu, pensatore, perché
sei venuto per questa via, fuori della vita comune, a questa vita di
consacrazione, di concentrazione, e, in conseguenza, di solitudine? Non
forse per merito di una scelta? Non hai preferito la verità alla
menzogna quotidiana di una vita, che si disperde, o anche alle
preoccupazioni elevate
38 LA VITA INTELLETTUALE;
ma di secondaria importanza, dell'azione? E allora,
vorrai essere infedele al tuo culto, lasciandoti riafferare da ciò che
hai liberamente abbandonato?» Bisogna mettere la vostra solitudine a
disposizione dello Spirito, perché Egli ci trasporti nei silenzi!
intcriore come Gesù nel deserto. Senza isolamento nessuna ispirazione.
Tutti gli astri del pensiero si radunano, come in un firmamento nel,
circolo di luce che fa la lampada.
Quando la calma del silenzio vi inonda, ed in voi arde
solo il fuoco sacro, lungi dal frastuono delle strade, e quando la pace,
che è la tranquillità dell'ordine stabilisce l'ordine nei
pensieri, nei sentimenti, nelle ricerche, allora siete in ottima
disposizione per apprendere, allora potete raccogliere, poi creare :
siete precisamente all'inizio dell'opera, non è il momento di
accogliere delle miserie, di vivacchiare mentre il tempo scorre, e di
rinunciare al cielo per dei nonnulla.
La solitudine vi permette di mettervi in contatto con
voi stessi, contatto così necessario, se volete diventare pienamente
voi stessi e non più ripetere macchinalmente delle formule imparate a
memoria, ma essere il profeta'del Dio intcriore che parla ad ognuno uno
speciale linguaggio.
Ritorneremo lungamente su questa idea di un insegnamento
speciale a ciascuno, d'una formazione che è una educazione cioè
uno sviluppo dell'anima nostra, anima unica, e che non avrà l'uguale
nei secoli, giacché Dio non' si ripete. Ma bisogna sapere che non si
raggiunge questo sviluppo del proprio essere se non vivendo con sé
stesso, strettamente, in solitudine. ,
L'autore dell'Imitazione diceva « Non m'è mal accaduto
di andare fra gli uomini, senza tornarne meno uomo ».
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 39
Portate questa idea ancora più lontano, e dite: «
senza tornare con la mia personalità diminuita ».
Nella folla ci si perde, a meno di non reggersi con
fermezza, e bisogna prima creare questo punto d' appoggio. Nella folla
ci si ignora, perché si resta sopraffatti da un io estraneo che è una
moltitudine.
« Come ti chiami? Legione » ; tale sarebbe la risposta
dello spirito disperso e dissipato nella vita esteriore.
Gli igienisti raccomandano per il corpo il bagno di
acqua, il bagno d'aria, ed il bagno interno d'acqua pura: io aggiungerò
per l'anima il bagno di silenzio, a fine di bonificare l'organismo
spirituale, d'accentuarne la personalità, e di dargliene il sentimento
attivo, come l'atleta sente i muscoli e ne prepara il giucco con i
movimenti interni che ne sono la vita stessa.
Ravignan ha detto : « La solitudine è la patria dei
forti, il silenzio è la loro preghiera ». Quale preghiera alla
Verità, infatti, e qual forza di cooperazione alla sua influenza, nel
raccoglimento prolungato, ripreso con frequenza, ad ore stabilite, come
per un ritrovo, che divenga a poco a poco continuità, vita strettamente
comune! Non si può, dice S. Tom-maso, contemplare sempre, ma chi vive
per la contemplazione, chi orienta verso di lei tutto il resto, e la
riprende appena può, le da quella continuità che si può realizzare su
questa terra (1). E la contemplazione si mitigherà di dolcezza, perché
: « la solitudine continuata diviene dolce ;
cella continuata dulcescit ». Ora la dolcezza della
contemplazione è una parte della sua efficacia. Il piacere, spiega S.
Tommaso, applica l'anima al suo oggetto come una mor-
\(1) Summa theol. La U.ae quaestio III.a art.2 ad 4.um
40 LA VITA/INTELLETTUALE
sa ; rafforza l'attenzione, e allarga i poteri di
acquisizione che la tristezza o la noia comprimerebbero. Quando la
verità vi afferra e la sua ala vi sfiora l'anima per1
sollevarla in armoniosi slanci, è il momento di abbandonarvi a lei e di
volare nelle alte regioni.
Ne diverrete perciò gli isolati che abbiamo condannato
prima, non vi sarete allontanati dai fratelli per aver evitato il rumore
che fanno, e che vi separa da loro spiritualmente, che impedisce dunque
la vera fraternità.
Il prossimo dello studioso è l'essere che ha bisogno
di verità, come il prossimo del buon Samaritano era il ferito
abbandonato sulla via. Prima di dare la verità, acquistatela e non
buttate via i grani della vostra semenza.
Se la parola dell'Imitazione è vera, lungi dagli uomini
sarete più uomini e più con loro. Per conoscere l'umanità e per
servirla bisogna entrare in sé stesso, là dove tutti gli scopi che ci
proponiamo vengono a contatto e prendono da noi, sia la nostra forza di
verità, sia la nostra potenza di amore. ;'^
Non possiamo unirci a cosa alcuna senza libertà inte-
,^ riore. Lasciarsi accaparrare, trascinare, da persone o da cose,,';.
è un lavorare a disunire. Lontano dagli occhi, vicino al cuo^:
rè. Gesù ci dimostra con l'esempio come si possa
essere;^ tutto chiuso in sé è tutto dato agli altri, tutto per gli
uomini / e tutto in Dio. :':;
Egli si è mantenuto in solitudine, ha toccato la
folla" con un'anima di silenzio di cui la sua parola è come la
porta stretta, per gli scambi della carità divina. E quale efficacia
Sovrana, in questo contatto limitato al punto preciso per cui Dio poteva
passare e le anime potevano raggiungerlo! Tra la folla e Dio non ci
dovrebbe esser posto altro che per l'Uomo-Dio e per l'uomo di Dio, per
l'uomo di verità.
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 41
Chi si crede unito a Dio senz'essere unito ai fratelli
è un mentitore dice l'apostolo; non è che un falso mistico e,
intellettualmente, un falso pensatore; ma chi è unito alla natura e
agli uomini senza essere unito a Dio nell'intimo, senza aver l'abitudine
del silenzio e della solitudine, non è più che il suddito di un regno
di morte, '^;
COOPERARE CON ÌPROPRI SIMFLt'
Tutte queste dissertazioni dimostrano che la solitudine
di cui abbiamo fatto l'elogio è un valore da temperare con altri valori
connessi, che la completino e l'utilizzino. Non predichiamo l'isolamento
senza compensi, perché sacrificare. !e relazioni e la simpatia dei
nostri fratelli merita premio.
Non abbiamo diritto che allo asplendide isolement», e
questo sarà tanto più ricco e fecondo, quanto più il contatto
superiore ricercato nella solitudine sarà favorito da relazioni scelte
e misurate con saggezza. La prima relazione dello studioso, e che varrà
a qualificarlo per quel che è, deve essere senza pregiudizio dei suoi
bisogni e dei suoi doveri di uomo, la compagnia dei suoi pari.
Dico compagnia, ma. vorrei dire cooperazione, perché senza
di questa, le altre relazioni non sono degne degli studiosi.
Ma quanto è rara una simile unione di spiriti in
questo. tempo di individualismo e d'anarchia sociale! i
II P. Gratry io deplorava ; sognava Port-Royal e voleva
far dell'Oratorio « un Port-Royal, senza lo scisma » « Quanta fatica
potremmo risparmiarci, diceva, se sapessimo unirci ed aiutarci ! se in
sei o sette che abbiamo la stessa maniera di pensare, si procedesse per
insegnamento reciproco, diventando alternativamente allievi e maestri;
se per di più,
42
LA
VITA INTELLETTUALE
col concorso di fortunate circostanze, si potesse vivere
insieme!... (1) ».
Le botteghe del Rinascimento, sopratutto le botteghe
d'arte erano delle comitive, delle famiglie: lo studio odierno è una
galera, oppure un ritrovo mondano. 'Ma non arriveremo anche noi a
vedere, sotto la pressione del bisogno, che si fa sempre più urgente il
laboratorio a tipo famigliare ma allargato, aperto al di fuori, pur
restando riconcentrato come una volta? Sarebbe il momento di concepire e
fondare il laboratorio intellettuale, associazione di lavoratori
ugualmente entusiasti ed applicati, uniti liberamente, viventi in
semplicità ed uguaglianza, senza pretesa di imposizioni da parte di
alcuno ; quand'anche taluno possedesse una superiorità riconosciuta e
preziosa al gruppo. Lontano da ogni competizione e da ogni orgoglio, non
cercando che la verità, gli amici così riuniti sarebbero, se posso
usare questa espressione, moltiplicati l'uno per l'altro, e l'anima
comune sarebbe di una ricchezza tale che non troverebbe in nessuno dei
singoli spiegazione sufficiente.
Bisogna avere un'anima realmente forte, per lavorare da
soli ! Che eroismo trovare solo in sé stesso compagnia in-tellettuaie,
incoraggiamento, appoggio ; trovare in una povera volontà isolata,
tanta forza quanta può venirne dall'entusiasmo di una massa, o
dall'aspra necessità. Si comincia con entusiasmo, poi, alle prime
difficoltà, il demonio della pi-grizia ci dice:» Che vale?». Ma la
visione dello scopo impallidisce: i frutti son troppo distanti e ci
sembrano amari;
vagamente ci sentiamo ingannati. E' certo che l'appoggio
altrui, gli scambi, l'esempio, sarebbero di grande efficacia
(11 P. oratry — Les soarces — C. VI, 54.
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 43.
contro questo scoraggiamento. Per molti sostituirebbero
quella .potenza di immaginazione, quella costanza di virtù, che
appartengono a pochi e son pur necessarie al perseguimento costante di
un grande fine.
Nei conventi in cui è obbligatorio il silenzio, dove
son vietate le visite, l'influenza di una fila di celle laboriose basta
ad animare e a rendere attivo ogni asceta ; quelle celle apparentemente
isolate, formano un alveare; il silenzio è collettivo e il lavoro
congiunto; la concordia delle anime trapassa le pareti ; uno stesso
spirito aleggia dovunque e l'armonia dei pensieri li solleva tutti come
un tema sinfonico che l'onda generale dei suoni porta e prolunga.
Quando, in seguito, avvengono gli incontri, il concerto si arricchisce;
ognuno esprime ed ascolta, impara e istruisce, riceve e da, anzi riceve
secondo quello che da, e forse questo ultimo aspetto della cooperazione
sarà il più invidiato.
L'amicizia è una forza che trae da noi le più intime e
ricche risorse; fa spiegare le ali ai sogni e ai pensieri oscuri ;
controlla i giudizi, esperimenta le idee nuove, mantiene l'ardore e
infiamma l'entusiasmo.
Ce n'è degli esempi oggi nelle giovani Riviste,
dove adepti convinti sentono di aver assunto un dovere e si consacrano
ad un ideale.
I Cahiers de la Qtiinzaine nacquero da questo
voto, l'Amitié de France, les Lettres, anche ; la Remie des
Jeunes ne è penetrata ogni giorno di più. Non vivono insieme, ma
lavorano con lo stesso cuore, si consultano, si riprendono, sono
trattenuti e sospinti nello stesso tempo da uno spirito di ambiente che
è essenzialmente fornito da una grande tradizione. Cercate, se lo
potete, di aggregarvi ad una fraternità de! genere, o di costituirla in
caso di bisogno.
In ogni modo, anche nell'isolamento materiale, ricer-
44 LA VITA INTELLETTUALE
cate in ispirito la società degli amici del vero.
Schieratevi nel loro gruppo, sentitevi in fratellanza con loro e con
tutti i ricercatori, tutti i produttori che il Cristianesimo unisce.
La Comunione dei santi non è un falansterio, ma pure .
è una unità. «La carne, da sola, non può far niente
»; lo spirito, da solo, può qualche cosa. L'unanimità utile consiste
meno nel trovarsi insieme in un asilo, o in un gruppo regolare, che
nello sforzo fatto da ogni singolo individuo, il quale abbia coscienza
dell'analogo sforzo altrui, per concentrarsi in uno stesso luogo, in
modo che un compito sia eseguito, che uno stesso principio di vita e
d'azione vi pre' sieda e che le varie parti della macchina, a ciascuna
delle, quali si applica l'attenzione esclusiva di un lavoratore
solitario, siamo messe insieme da Dio.
COLTIVARE LE RELAZIONI NECESSARIE
Ho detto anche come la solitudine non sia esclusione dai
doveri, ne oblio dei bisogni del pensatore. Ci sono delle
relazioni necessario. Siccome son necessarie fanno parte della nostra
vita, anche se siamo studiosi, visto che non possiamo separare lo
studioso dall'uomo. Sta a voi di rilegarle all'intellettualità in modo
che non le siano d'inciampo, ma la servano.
Questo si può far sempre. Il tempo dato al dovere o al
bisogno reale non è mai perduto ; la cura che gli si consacra fa parte
della vocazione e non le è nemica, se non quando quella sia considerata
in astratto, fuori della Provvidenza.
Non pensate che l'opera vostra sia migliore di voi, e
che un ipotetico supplemento di possibilità intellettuale possa
prevalere sul compiuto sviluppo dell'essere vostro.
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 45
Fate ciò che si deve e che è necessario; se la vostra
umanità l'esige, saprà anche mettersi d'accordo con sé stessa. Il
bene è fratello del vero e lo aiuterà. Essere là dove si deve e
compiervi il proprio dovere, è un preparare la contemplazione;
nutrirla, è un abbandonare Iddio per trovarlo, come diceva S. Bernardo.
E' penoso dedicare delle belle ore a delle riunioni e a delle cose
inferiori, in sé stesse, al nostro ideale, ma siccome il corso ài
questo mondo è fatto in ogni modo per allearsi alla virtù, bisogna
pensare che la virtù ci troverà il suo utile, virtù intellettuale o
morale che sia. In certi giorni, sarà solo attraverso alla
moralità,che l'intellettualità acquisterà dei vantaggi, nonostante le
sue virtuose concessioni; in altre circostanze lo farà da sé sola.
' Non bisogna infatti dimenticare che in ogni
compagnia anche in quelle comuni c'è sempre qualche cosa da spigolare.
Il troppo isolamento impoverisce. Qualcuno ha scritto ultimamente: « Mi
sembra che la difficoltà per i romanzieri moderni sia questa: se non
vanno nel mondo, i loro libri sono illeggibili, se ci vanno non hanno
più il tempo di scriverli ».
Angoscia della giusta misura che si ritrova dovunque!
Ma, romanzieri o no, voi sentite di non potervi isolare completamente.
Gli stessi monaci non lo fanno. Bisogna mantenere, per il lavoro, il
sentimento dell'anima comune, delia vita, e come l'avreste se, dopo aver
interrotta ogni comunicazione con gli uomini, non faceste che
considerare una umanità immaginaria?
L'uomo troppo isolato diventa timido, astratto, un po'
bizzarro ; cammina incerto in mezzo alle cose reali come il marinaio
sbarcato da poco : non ha più il senso del destino ;
sembra che vi consideri come una « proposizione » da
inse-
46 LA VITA INTELLETTUALE
rire in un sillogismo, o come un caso da notare innifì
tac cuino. à^,;
Anche l'infinita ricchezza del reale ha di che istruirci
;
bisogna accostarcisi con spirito contemplativo, ma non
disertarla. E nel reale, quel che c'è di più importante per noi non è
forse l'uomo, l'uomo centro di tutto, fine ultimo di tutto, specchio di
tutto, e che invita il pensatore di qual-siasi specializzazione, a fare
un'opera permanente di controllo ?
Per quel tanto che dipende da noi bisogna cercar di
avvicinare, per quanto è possibile, persone superiori. Anche a questo
deve badare una moglie di studioso.
Ella non deve aprire la sua casa a chiunque, ma
scegliere con tatto : invece della società del gran mondo, apprezzi
quella delle anime grandi, e badi a non trascinare suo marito in mezzo a
degli sciocchi, per leggerezza, per vanità o per qualche
insignificante interesse.
Ma che dico? anche gli sciocchi concorrono a servirci fe
a completare la nostra esperienza. Non li andate a cercare:?^ ce ne sono
abbastanza! ma sappiate utilizzare quelli che in-^ centrate,
intellettualmente come una contro-prova e umanamente, cristianamente con
l'esercizio delle virtù che esigono. La società è un libro da
leggere, se pur banale. La solitudine è un capolavoro; ma ricordatevi
le parole di Lei-bnitz, che non trovava libro così cattivo da non
poterne trarre qualche profitto. Voi non pensate da soli, come nnn
pensate con la sola intelligenza. L'intelligenza si associa ;e altre
facoltà, l'anima, il corpo, e la persona s'associa le relazioni: da
tutto questo risulta l'essere pensante; componetelo meglio che sapete ma
che i suoi stessi difetti, come le malattie, per mezzo di qualche felice
ritrovato della vost'-a grandezza d'animo, diventino dei valori.
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 47
Del resto, in ogni compagnia comportatevi in modo --he
sempre lo spirito e il cuore dominino la situazione: così non sarete
invasi ne contaminati, quando l'ambiente •'.'rà mediocre, e se è
nobile non farà che rafforzarvi internamente gli effetti della
solitudine, l'attaccamento alla verità e le lezioni che questa vi ha
prodigato.
Bisognerebbe che i nostri contatti col di fuori fossero
come quelli dell'angelo, che tocca e non è toccato, a meno che non lo^
voglia, che da, ma a cui nessuno toglie nulla perché appartiene ad un
altro mondo. Con la moderazione dei discorsi otterrete anche quella
permanenza nel raccoglimento e quella prudenza nelle relazioni di cui
avete urgente bisogno. Parlare per dire quel che va detto, per esprimere
un sentimento opportuno od un'idea utile e poi tacere è il segreto per
conservarsi intatti pur comunicandosi agli altri, invece di lasciare
estinguere la propria fiamma per accendere le altre.
Del resto è anche il modo di dar peso alle proprie
parole. La parola ha valore quando sotto ci si sente il silenzio, quando
nasconde e lascia indovinare, dietro il suo la-conismo un tesoro
dispensato con misura, come si conviene, senza fretta e senza frivola
agitazione. Il silenzio è il contenuto segreto delle parole che
valgono. Il valore di un'anima è dato dalla ricchezza di quel che non
dice.
MANTENERE LA DOSE NECESSARIA D'AZIONE
•»•
Ciò che abbiamo detto della compagnia, si può appli-||
care, con pochi ritocchi, all'azione. Si tratta anche qui di I;:; dosare
la vita interna e quella esteriore, di contemperare il p raccoglimento e
il contatto con gli altri.
48 .LA VITA INTELLETTUALE
La vocazione intellettuale, presa in senso stretto, è
il contrario dell'azione; la vita contemplativa e la vita
attiva sono state sempre considerate opposte in quanto risultanti da
pensieri e da aspirazioni contrastanti. La contemplazione raccoglie,
l'azione disperde; la prima chiede la luce, la seconda aspira alla
dedizione. Generalmente parlando, bisogna, evidentemente, rassegnarsi
alla divisione del lavoro, contentandosi, ciascuno, di lodare quello che
non fa, di amarne i frutti in altri e di gustarli grazie alla comunione
delle anime. Ma la vita reale non consente una divisione così netta.
Il dovere come poco fa ci spingeva alla compagnia,
potrà anche talvolta obbligarci all'azione e dovrà in tal caso essere
illuminato dalle nostre osservazioni. L'azione, regolata dalla
coscienza, prepara questa stessa''coscienza alle regole del vero, la
dispone al raccoglimento per quando ne sarà venuta l'ora, l'unisce alla
Provvidenza che è anche fonte di verità. Il pensiero e l'azione hanno
lo stesso Padre.
Di più il pensatore, anche se non per dovere, è sempre
costretto a riservare alla vita attiva una parte del tempo e del cuore.
Questa parte è, talvolta, ridotta; ma nel savio non è mai abolita. Il
monaco fa lavori manuali o si da ad opere di zelo, il medico ha la
cllnica, l'ospedale ; l'artista ha le esposizioni, le associazioni, Se
conferenze; lo scrittore poi è richiesto in cosi vari modi che avrebbe
gran difficoltà a liberarsi da ogni impegno.
Tutto ciò è bene. Perché se, a questo mondo, ogni
cosa ha una misura, anche la vita intcriore deve avere la sua-Èssa
vuole che l'azione sia limitata e cede il passo alla solitudine,
perché l'azione esterna agita l'animo che è invece pacificato
dal silenzio; ma il silenzio spinto troppo oltre ;iifs ta a sua
volta; il riflusso al cervello di tutta l'attività del-
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 49
l'uomo disorienta e da le vertigini; una diversione è
necessaria alla vita cerebrale; abbiamo bisogno dell'azione come di un
calmante.
Ci sarebbero anche delle ragioni fisiologiche in cui
non entrerò ; ma le ragioni psicologiche si appoggiano ed anche si
riportano ad esse, perché se l'anima fosse separata dal corpo non si
stancherebbe, mentre invece il composto animato si stanca tanto del
riposo quanto dell'azione ; esso esige un equilibrio il cui centro di
gravita, del resto, si può spostare e variare secondo i casi.
Il corpo troppo immobilizzato si atrofizza e si snerva :
l'anima che lo imita si indebolisce e si consuma. A
forza di coltivare il silenzio si arriverebbe al silenzio di morte.
D'altra parte la vita intellettuale ha bisogno dell'alimento dei fatti.
Anche nei libri si trovano dei fatti, ma tutti sanno che una scienza
dedotta unicamente dai libri, è fragile perché fondata
sull'astrazione, essa perde ogni contatto col reale e per conseguenza
sottopone al giudizio un materiale troppo evanescente e quasi illusorio.
S. Tommaso consacra un articolo della Somma a provare la
necessità d'appoggiarsi al reale per giudicare percliè, dice, il reale
è la meta ultima del giuuizio; ora la meta deve illuminare tutta la via
(1).
Le idee stanno nei fatti e non vivono di per sé come
credeva Fiatone: questa visione metafisica ha delle conseguenze
pratiche. Uomo di pensiero, devi tenerti vicino a ciò che è:
altrimenti Io spirito vacilla.
Che cosa è il sogno se non un pensiero le cui
comunicazioni col di fuori sono, state tagliate, un pensiero che non
(1) Prima Pars. Quaestio LXXX1V art. 8. 4 — La vita
intellettuale
50 LA VITA INTELLETTUALE
ha più volontà? lo scoglio dei pensiero puro è il
sogno inconsistente, bisogna allontanarsene come da cagione d'im-consistenza
e di caduta. Il pensiero si appoggia sui fatti còme il piede sul suolo,
come lo storpio sulle stampelle.
La dose d'azione raccomandata al pensatore avrà dunque
il vantaggio di equilibrargli lo spirito e anche quello d';
arricchirglielo. Quante esperienze ci offre ogni giorno
la vita! Noi le lasciamo passare ma un pensatore profondo le raccoglie e
ne cava tesori. Il suo spirito si completerà a poco a poco, e le idee
generali, controllate da un lato, resteranno per di più illustrate da
una documentazione vivente.
L'idea, privata dei suoi elementi d'esperienza dei suoi fantasmi,
non è più per noi, che un concetto vuoto, neppure percepibile-
II pensiero è vasto e forte'a seconda della ricchezza
dei fantasmi. Orbene, l'azione trova dovunque, sulla sua via, degli
elementi assimilabili e dei « brani di vita », che saranno la
figurazione delle sue idee astratte. Anzi ne trova più di quello che
non possa notare perché il reale è una specie di infinito che nessuna
analisi, nessun calcolo razionale può esaurire. '
Mettete un artista di fronte ad un albero, ne farà un
numero indefinito di disegni, senza mai presumere di rendere interamente
ciò che esprime la natura ; ponetelo avanti al disegno di un albero,
sia pure di un Claude Lorrain o di un Corot, quando lo avrà copiato
coscienziosamente avrà esaurito il modello.
Gli antichi filosofi dicevano che l'individuale è
inesprimibile. L'individuale è il reale, in opposizione agli schemi
dello spirito. Tuffandosi nel reale per mezzo dell'azione si trovano in
esso forme nuove, come accade all'artista, che nell'esecuzione alimenta,
rialza e completa il proprio con-
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 51
cetto. Infine l'azione è anche maestra d'energia e le
sue lezioni non saranno inutili al solitario.
Con gli inviti e con la resistenza, con le difficoltà,
con i rovesci e con i successi, con la noia e con gli scoraggia-menti
che obbliga a superare, con le contraddizioni che solleva
immancabilmente, e con i bisogni nuovi che fa nascere, l'azione ci
stimola e ci ritempra ; scuote quella pigrizia fon-
, damentale e quella quiete orgogliosa che sono ostili
a! pen-
' siero non meno che alle realizzazioni.
' Le virtù esteriori verranno così in aiuto alle
intime, la inchiesta attiva servirà al raccoglimento, il bottino
preparerà il miele. Il pensiero sprofondato volta a volta nei due
abissi del reale e dell'ideale, fortificato da una volontà agguerrita,
illuminato e avvertito dalle ragioni del cuore che l'azione mette
in causa contìnuamente, sarà uno strumento di ricerca e un giudice di
verità, ben differente da una ragione issata sulla Scala di Por/mo.
Vorrei vedere lo studioso spesso occupato in qualche
impresa poco onerosa, a cui consacrasse un tempo limitato, senza
lasciarsene trascinare, tuttavia interessandosi di tutto cuore a dei
risultati che non dovrebbero equivalere per lui a quei tronchi d'albero
che alcuni vanno a segare per riposare la testa.
Agire senza darsi tutto intero all'azione, non è agire
da uomo e non ne possono risultare ne il riposo, ne la forma-
Izione, ne l'istruzione.
| Perciò, se già non ne avete alcune che vi si
impongano,
^cercate delle cause che vi appassionino per il loro
valore, opere di luce, di riabilitazione, di preservazione, di
progresso, delle associazioni di difesa e di azione sociale, delle leghe
per il pubblico bene, tutte imprese che vogliono l'uomo completo, se non
tutta la sua vita.
52 LA VITA INTELLETTUALE
Questa sia la vostra occupazione nelle ore in cui
l'ispirazione vi concede o anche vi impone una tregua che le è rutile.
Poi ritornerete a lei e il cielo a cui vi solleverà, vi sarà tanto
più dolce, perché oltre i tesori avrete sperimentato anche i pericoli,
il fango e le asprezze della terra.
CONSERVARE IL SILENZIO INTERIORE
Da quanto abbiamo detto mi sembra risultare che la
solitudine utile, il silenzio, l'isolamento del pensatore siano delle
realtà mitigate, animate da uno spirito di stretta necessità. L'azione
e le compagnie sono ammesse in vista dell'isolamento, del silenzio e
della solitudine intima e da queste vengono dosate. Ciò è necessario,
se veramente l'intellettuale è un consacrato e se non si possono
servire due padroni.
Lo spirito di silenzio dunque, sarà reclamato dovunque.
E' questo che importa soprattutto, talmente che noi abbia mo potuto
concepire una vita intellettuale fondata sopra un lavoro di due ore al
giorno. E sarebbe un comprendere ciò molto male se si pensasse che
compiute queste due ore uno possa condursi in seguito come se esse non
fossero state.
Queste due ore sono dedicate alla contemplazione, ma non
perciò la consacrazione di tutta la vita è meno richiesta. Un
intellettuale deve esserlo continuamente. Ciò che S. Paolo suggerisce
al cristiano : « sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate
qualunque altra cosa fate tutto per la gloria di Dio» deve applicarsi
al cristiano che cerca la luce. Il vero e per lui la gloria di Dio, deve
averlo fisso nel pensiero, deve piegarvisi in tutto. La solitudine che
gli viene racco-
ORGANIZZAZIONE DELLA VITA 53
mandata è meno una solitudine di luogo che di
raccoglimento; è elevazione più che lontananza; consiste neìl'iso-larsi
in alto, grazie al dono di sé fatto alle cose superiori, e i alla fuga
dalle leggerezze, dalle divagazioni, dalla incostan-| za e da ogni
volontà capricciosa : realizza la conversano no-[stra in coelis
dell'apostolo, trasportando la nostra dimora e : la nostra attività nel
ciclo degli spiriti.
j Chiudersi in casa e abbandonarsi al vaniloquio
interiors, | alle attrattive dei desideri, all'esaltazione
dell'orgoglio, ?I)a 'onda dei pensieri, che introducono in noi un mondo
esterno assorbente e discorde, sarebbe forse solitudine?
C'è una falsa solitùdine come c'è una falsa pace.
Invece uscire ed agire per dovere, per saggezza o per desiderio di un
riposo di cui dimostreremo ancora la necessità, può essere una
solitudine superiore che nutrisce e bonifica l'anima invece di
diminuirla.
Quella che S. Agostino chiama la purezza della
solitudine si può mantenere dovunque: ma l'impurità della
solitudine può macchiare perfino la cella.
« Tu puoi stare in una città, ha scritto Fiatone, come
il pastore nella sua capanna in cima ad una collina », Abbiate
l'ispirazione intcriore, il ritegno, l'amore per ciò; a cui vi siete
dedicati, abbiate con voi i! Dio di verità e sarete soli in pieno
universo.
CAPITOLO IV.
IL- T E MPQ ^E'L • ,L.X^,0^0
Abbiamo già dovuto definire il lavoro intellettuale in
diverse maniere ; bisogna nondimeno osservare più da vicino le sue
varie condizioni e in primo luogo quella del tempo ad esso consacrato ed
al pensatore.
LAVORO PERMANENTE
Lo studio è stato definito una preghiera alla
verità. .
E la preghiera, dice il Vangelo, non deve mai essere
in-'" terrotta : « Bisogna pregare sempre e non cessare mai » (Lu
• ca XVIII, 1). So bene che si può interpretare questo testo:
con larghezza; vorrebbe dire: « Non passate dei giorni,
del-:
le settimane, dei lunghi periodi senza rivolgervi a Dio
». m£«ì i nostri Dottori si sono ben guardati dal restringere così
utia' grande parola; l'hanno presa alla lettera e ne hanno tratte una
profonda dottrina.
La preghiera è l'espressione del desiderio; il vaiore
le'l è dato dal tenore e dalla forza dell'aspirazione intima.
Se il desiderio si abolisce la preghiera scompare, .-e
si altera, la preghiera cambia ; se se ne attenua o se ne rafforza lo
slancio, la preghiera s'innalza oppure resta senz'ali. Al;
IL
TEMPO DEL LAVORO 55
contrario, sopprimendo l'espressione e lasciando il
desiderio, la preghiera, sotto molti aspetti, resta intatta.
Un fanciullo che senza dir nulla fìssa lo sguardo
ardente sul giocattolo che sta in vetrina, quindi guarda la mamma che
sorride, non ha formulato la più commovente fra le preghiere?
Se anche non avesse visto niente, il desiderio del
giucco innato nel fanciullo come la sete d'azione, non sarebbe per i
genitori una preghiera permanente da esaudire?
Bisogna pregare sempre, equivale dunque a dire:
Bisogna desiderare sempre le cose eterne, quelle del tèmpo che
conducono ad esse, il pane quotidiano di qualunque natura e che risponde
a tutti i bisogni, la vita, in tutte le sue manifestazioni terrestri e
celesti. . ,
Applicando questo commento a quella preghiera attiva che
è lo studio, si arriva ad una considerazione importantissima.
Il pensatore è un consacrato, tuttavia non attende
direttamente alla sua missione che durante pochissime ore. Cariyle
diceva: « Non credo che alcun letterato abbia dato alla letteratura
più del quinto del suo tempo ». Poiché la maggior parte della"
sua vita è tanto bassa, è pur necessario che l'uomo ridiscenda dalle
altezze e s'inchini : quale guadagno per lui, se potesse evitare di
abbassarsi tutto intero !
Se la preghiera può durare continua perché è un
desiderio, e il desiderio non si distrugge, perché non dovrebbe durare
continuo anche lo studio che è, anche esso, un desiderio della verità?
Il desiderio di sapere definisce l'intelligenza come
potenza di vita. La nostra volontà di conoscere è un istinto uguale a
quello per cui domandiamo del pane. Se la maggior parte degli uomini
s'indugiano in desideri più terreni,
" . • ; -, .• • • • ^(
36 LA VÌTA^INTELLBTTUAL^
•''.'(, • '•' '" ';» •••
il pensatore ha questo di particolare, che è tormentato
dfet desiderio di sapere.
Perché non si dovrebbe alimentare questo desiderio,
costantemente, come un corso d'acqua, che deve mettere in* moto delle
turbine?
La psicologia e l'esperienza c'insegnano che ciò è
pos-' • sibile. Il cervello lavora sempre ; ci sono delle forze, in
esso capaci di suscitare continuamente nuove idee, che non si arrestano
come non s'arrestano i battiti del cuore e il respiro.
Di che cosa abbiamo bisogno per poter utilizzare que^-sta
vita permanente, in favore della verità? Di null'altro che di
disciplins. Bisogna che il desiderio di sapere ecciti regolarmente e non
a intervalli quelle forze del cervello, co1-scienti o
incoscienti.
La maggior parte della nostra attività nervosa non
serve a nulla perché non è dominata. A dir vero, non la si può
dominare del tutto perché il nostro potere su lei è relativo e, a
sforzarla, si rischierebbe di distruggerla; ma in genere' se ne trae
assai meno di quel che sarebbe possibile. La con-suetudine ha in questo
una grande efficacia; ben governata agisce come una seconda natura e
appunto a questo proposito giungono opportuni i nostri consigli pratici.
a Sforzati di chiudere nella custodia del tuo spirito
tutto ciò che potrai, come chi voglia riempire un vaso » dice S.
Tommaso all'uomo di studio.
Torneremo in seguito su questo paragone che forse non
risponde a pieno all'idea ; ma si tratta qui della cura, non. della'
maniera, d'acquistar conoscenza. Quello che importa a chi cerca la
verità è d'intendere che la verità è dappertutto e che egli ne
lascia sfuggire un'onda continua che potrebbe mettere in azione le
potenze dell'anima sua.
IL
TEMPO DEL LAVORO 57
« La sapienza grida nelle vie, dice la Bibbia, leva la
voce sulle piazze; predica all'ingresso dei luoghi rumorosi; alle;
porte della città fa sentire le sue parole: fino a
quando;
ignoranti, amerete la vostra ignoranza? Volgetevi
indietro^ e spargerò il mio spirito su di voi..-. Stendo la mano e
Jies- ' suno ci bada» (Proverbi I, 20-24). Questa incalzante chiamata^
del vero, se fosse intesa, allargherebbe e arricchirebbe lo'!. I spirito
più di molti laboriosi sforzi. Questi resterebbero ne-, cessari ; ma la
luce che vi si concentra si diffonderebbe in-modo da rischiarare quasi
tutta la vita: si formerebbe una specie di corrente che porterebbe in
luce i risultati del pensiero diffuso e darebbe alla vita
un'orientazione, una portata costante, e conscguentemente una
fecondità.
Guardate ciò che accade quando dovete mobiliare un
appartamento. Fino a quel momento eravate tanto lontano dal pensiero dei
mobili che girando per le vie della città, dove sono così frequenti i
negozi di antiquari, non li vede- , vate neppure: ignoravate la tendenza
della moda, i prezzi, le specialità, ecc. Invece adesso, con lo spirito
risvegliato dal desiderio, tutto vi colpisce, tutto vi arresta; si
direbbe che :;
la città è tutta un vasto negozio e avete imparato in
otto;
giorni più che in tutta la vita. ;
Così accade anche per la verità. Essa grida nelle
vie, ne , ci abbandona quando l'abbandoniamo. Le idee sono nei ;
fatti ; sono anche nelle conversazioni, nelle cose
fortuite, ,;
negli spettacoli, nelle visite, nei diporti, nelle più
banali ^ letture. Ogni cosa contiene dei tesori, perché ogni cosa è in
:' relazione con. tutte le altre e poche leggi della vita e della natura
governano tutto il mondo.
Se Newton non fosse stato richiamato dalla sua
attenzione alle cose reali ne disposto da questa ad accorgersi che
58 -LA VITA INTELLETTUALE
i pomi cadono come cadono i mondi, avrebbe forse scoV
perto la gravitazione universale? ':
Le leggi di gravitazione degli spiriti, le leggi
sociolb-giche, filosonche, morali, artistiche, sono applicate dovunque
ugualmente. Un pensiero grande può nascere a proposito di ogni fatto.
In qualunque contemplazione, fosse anche quella di una mosca che vola, o
di una nuvola che passa, c'è l'opportunità di innumerevoli
riflessioni. Ogni raggio dì luce può riportare al sole, ogni via
aperta riconduce a Dio.
Orbene noi potremmo impossessarci di queste ricchezze.
Guardando tutto con spirito di ispirazione vedremmo ovun-que delle
lezioni, delle profezie del vero o delle conferme, dei prodromi, o delle
conseguenze. Ma quasi sempre il nostro spirito è assente.
Prendete dunque l'abitudine di mantenervi presenti a
questo movimento dell'universo materiale e morale. Imparate a guardare;
confrontate quello che si offre al vostro sguardo con le idee familiari
o segrete. Non vogliate vedere soltanto case in una città, ma vita
umana e storia. Che un museo non vi offra solo quadri ma scuole d'arte e
di vita, concezioni del destino e della natura, orientazioni successive
o diverse di tecnica di pensiero ispiratore e di sentimento. Che una
officina non vi parli solo di ferro e di legno, ma della condizione
umana, del lavoro, dell'economia antica e moderna, dei rapporti di
classe. Che i viaggi vi insegnino a conoscere l'umanità ; che i
paesaggi evochino avanti agli occhi vostri le grandiose leggi del mondo
; che le stelle vi parlino della incommensurabile durata dei tempi, che
i ciottoli del sentiero siano per voi il residuo della formazione della
terra ; che la vista di una famiglia vi richiami quella delle
generazioni e che la minima riunione di persone vi informi della più
alta concezione dell'uomo.
IL TEMPO DEL LAVORO 59
Se non sapete guardare in questo modo non sarete che
degli spiriti banali. Il pensatore somiglia a un filtro in cui le
verità passando abbandonino la miglior sostanza. Imparate ad ascoltare,
e in principio ascoltate chiunque. Se è vero che la propria lingua
s'impara nei mercati, come pretendeva Malherbe, è anche nei mercati e
cioè nella vita comune che s'impara il linguaggio dello spirito. Nei
discorsi più semplici si ritrovano innumerevoli verità. La menoma
frase ascoltata attentamente può essere un oracolo. In certi casi è
più savio un contadino che un filosofo. Tutti gli uomini si somigliano
nell'intimo e se avviene che un ritorno isti a tivo o virtuoso alla
semplicità originale allontani le concezioni e le passioni che
abitualmente ci nascondono a noi stessi e agli altri, qualunque sia
l'uomo che parla, si sente sempre un discorso divino. In ogni uomo,
l'uomo c'è completo e da lui può venirci una profonda iniziazione. Non
sentite che cosa ne potrebbe trarre un romanziere? I più grandi tra
questi si formano in mezzo alla folla e solo i più piccoli hanno
bisogno di frequentare i saloni. Però i grandi osservatori restano in
disparte invece di confondersi con gli altri vivono raccolti in sé,
ascendono, e la minima vita apparisce loro come un grande spettacolo.
Ebbene quello che cerca il romanziere può servire a
'tutti, perché tutti hanno bisogno di questa profonda esperienza. Il
pensatore è tale solamente se trova, nel più leggero impulso
esteriore, l'occasione ad uno slancio illimitato. Il ; suo
carattere consiste nel conservare per tutta la vita la curiosità
dell'infanzia, la sua vivacità d'impressione, la sua tendenza a sentire
in tutto il mistero, la sua fortunata facoltà : di trovare in ogni cosa
sorprese feconde.
Ciò non ostante state attenti specialmente quando vi
capiti la fortuna di intrattenervi con qualcuno che sa e che
60 LA VITA INTELLETTUALE
pensa. Che tristezza fa il vedere gli uomini superiori
così poco utili a chi li circonda! In pratica vengono considerati come
semplici di spirito ; se ne prende ciò che hanno di comune e non ciò
che hanno di raro. Giace in loro un tesoro inavvertito. Spesso si
sorride delle originalità, della inettitudine delle persone distratte;
cosa molto innocente; ma quello che è sciocco è prendere un'aria di
superiorità con questi esseri grandi.
I grandi valori son troppo rari per lasciarli così
inutilizzati. Essi si impiegano da sé e tutti li impiegano senza
saperlo ; ma sapendolo se ne riceve una istruzione ed un impulso tali
che potrebbero talvolta decidere di tutta un'esistenza. Molti santi,
molti grandi capitani, esploratori, scienziati, artisti son divenuti
tali per aver incontrato sulla loro via un personalità eminente e per
aver inteso la voce di una anima. Gli echi di questo muto appello si son
prolungati in loro fino alla fine della vita : era una voce segreta che
li incalzava costantemente, un'onda invisibile che li trasportava'. La
parola di un grand'uomo può essere creatrice come quella di Dio.
Ma si sa che i grandi uomini sono tali solo dopo morti).
La maggioranza non li riconosce. Chi vi siede accanto vale forse quanto
Cartesio e non lo ascoltate, non lo interrogate, anzi discutete con lui
con spirito di contenzione, lo interrompete per dire delle banalità. E
se anche non è così grande, essendo pur tuttavia uno spirito elevato,
perché lasciate che si porti via silenziosamente o che seppelisca la
sua ricchezza?
Osservando ed ascoltando (non dico leggendo perché di
questo parleremo poi) imparerete a riflettere e assimilerete, adatterete
ai vostri bisogni le cognizioni acquisite. Le grandi scoperte non son
altro che riflessioni su dei fatti comune-
IL TEMPO DEL LAVORO 61
.mente noti. Siamo passati milioni di volte senza vedere
niente e un giorno l'uomo di genio osserva i legami che uniscono quello
che ci sta sotto gli occhi a tutte le ore, con quello che ancora
ignoriamo. Che cos'è la scienza se non la lenta e progressiva
guarigione della nostra cecità? E' vero che la osservazione ha bisogno
d'essere preparata da studi e soluzioni anteriori ; si trova quello che
si cerca ; a chi ha, sarà dato. Per questo parlavo di uno scambio fra
la luce intcriore e quella esteriore. In ogni modo lo spirito deve stare
in una continua disposizione a riflettere, come in continua disposizione
a vedere, capire, cogliere a volo, da buoncac-ciatore, le verità che
passano.
Precisiamo meglio e diciamo che questa svegliatezza di
spirito può giovare, non soltanto alla cultura generale, ma alla nostra
specializzazione, al nostro studio attuale, al lavoro di gabinetto.
Portatevi sempre dietro i vostri problemi.
Visto che la verità è in ogni cosa e che tutto è
rilegato perché non studiare ogni questione al contatto di quello che
vi si connette? Tutto deve nutrire la nostra specialità ; tutto deve
rendere testimonianza in favore o contro le nostre test. L'universo è
in gran parte quello che noi lo abbiamo fatto. Il pittore vede dovunque
soltanto forme,. colori, movimenti, espressioni; l'architetto equilibrio
di masse; il musicista percepisce i ritmi e i suoni ; il poeta soggetti
e metafore; il pensatore delle idee in atto.
Si tratta di metodo e non di un ristretto
particolarismo. Non si può seguire tutto. Pur non rinunciando alla
libera osservazione si consacra l'attenzione sovrabbondante ad una
ricerca particolare e « pensandoci sempre » come Newton, si raccolgono
gli elementi per un'opera superiore. Aver sempre il pensiero pronto,
ecco il gran segreto. Lo spirito umano è un ruminante. La bestia guarda
in lontananza, ma-
62
LA
«VITA INTELLETTUALE
stica lentamente, coglie Qui un ciuffo, là un filo
d'erba, prende tutto il prato e tutto l'orizzonte per sé, componendo
con l'uno il suo latte con l'altro la sua anima oscura. Ci hanno
insegnato a vivere alla presenza di Dio : non si potrebbe anche vivere
in presenza della Verità? La verità è come la divinità speciale del
pensatore. Tale verità particolare o tale oggetto di studio ci possono
essere continuamente presenti. E' giudizioso, è normale di lasciare
così l'erudito nel gabinetto da lavoro; di avere due anime: quella del
lavoratore e quella del gaudente che va in giro? Questo dualismo non è
naturale; fa pensare che la ricerca del vero sia un mestiere per noi,
invece di una nobile passione.
La Bibbia dice che c'è tempo per tutto e riconosco che
la divisione è inevitabile; ma visto che, di fatto, si pensa
continuamente, perché non utilizzare questo pensiero a beneficio di
ciò che ci interessa?/^ . \
Mi si dirà che una simile tensione è incompatibile con
la salute cerebrale e con le condizioni della vita? D'accordo ;
ma difatti non si tratta di tensione e neppure,
ordinariamente, di volontà attuale. Ho parlato di abitudine, ma se
preferite diciamo subcoscienza. Il nostro spirito ha il potere di
funzionare senza di noi, per .poco che gii prepariamo il Javoro e che
seguiamo leggermente la traccia dei canali per cui scorreranno le sue
oscure correnti.
Quando avrete ben saldo il desiderio d'apprendere e
accesa la passione del vero, quando avrete dato la vostra attenzione
cosciente ai fatti della vita che mantengono il fuoco e soddisfano il
desiderio, allora il vostro spirito somiglierà ad un bracco
perpetuamente in caccia. La ricerca non gli costa più alcuna fatica
perché obbedisce ad una nuova natura. Come prima era naturale il
pensare a caso così adesso invece diventerà naturale il pensare in una
data dirczione.
••^ ' ' ' IL TEMPO DEL LAVORO 63
Senza dubbio questa dirczione non è che
..approssimativa -e sarebbe assurdo lo sperare di poterla mantenere
sempre fissa, ma non conviene rinunziare al possibile argomentando
dall'impossibile. E' una risorsa immensa questa che,,.'' potreste
impiegare stabilendo un po' di disciplina in un" lavoro cerebrale
che si compie indipendentemente da voi ed;|ìj' in modo anarchico.
Regolate questo lavoro e che anche •'l;.^ cervello sia, in voi, un
intellettuale. l'.'
In pratica vi accorgerete che facendo così non vi stan—
• cherete affatto, anzi vi risparmierete molta fatica, perché le,^
cose trovate così per caso, senza averle prima cercate, ma solamente
perché uno si è risoluto e abituato a non essere'U cieco, sono spesso
le più felici perché le più spontanee e:;;,;:
incoraggiano assai'il ricercatore: lo tengono sveglio e
sod-?:';':
disfatto : egli attende con delizia l'ora di solitudine
in cui,;
potrà fissare e sviluppare gli acquisti fatti. • ;.
,';'y
Varie volte capiterà di ottenere in tal modo lo spunto y
difficile, o il giro di pensieri che invano si sarebbe cercato'
davanti al tavolino, fissati in un punto di vista, senza esser . capaci
di uscirne. Ciò che non pareva avere alcun rapporto col lavoro conduce
a qualche cosa che di questo costituisce; ;
il fondo. La scienza laboriosa ne sarà tutta
rischiarata: si saprà dove si va e si spererà in una prossima nuova
fortuna.'; ^ Questa maniera di procedere affidandosi al caso risponde »
alle contingenze cerebrali ed al lavoro oscuro dell'associa- ^;' zione
delle idee. Innumerevoli leggi vengono messe in atto, \' senza che vi
sia legge per la loro applicazione all'uno o al-... l'altro caso a tale
o tal altra ora; e tutto ciò si combina senza di noi, voglio dire senza
precisa volontà sotto la sola im- :•:;
pressione del desiderio che è l'anima del pensatore e
che lò ';
specifica, come il gioco caretterizza i singoli
fanciulli, e :
.A
64 LA VITA INTELLETTUALE
l'amore qualifica la donna. Siamo dunque ben lontani da
quell'eccesso di lavoro che si crede.
Una donna si stanca forse di spiare l'omaggio dei
passanti, quando va a passeggio, o una fanciulla a cercare l'occasione
di ridere o un ragazzo quella di sgambettare?, Lo spirito che cerca la
verità per amore, non per obbligo, con tendenza prima istintiva, poi,
senza dubbio coltivata, ma amorosamente, appassionatamente, non penerà
certo di più. Egli giucca, caccia, si abbandona ad un esercizio utile
ed inebriante, egli ama e nulla è più lontano dallo sforzo preciso e
volontario delle ore di concentrazione.
E' così che l'uomo savio porta seco, sempre e dovunque,
uno spirito maturo per acquistare delle cose che l'uomo volgare
trascura. Per lui l'occupazione più oscura è il prolungamento di
quella più sublime ; le visite di etichetta diventano delle fortunate
inchieste; le passeggiate diventano esplorazioni, le cose che ascolta e
le silenziose risposte che fa, sono un dialogo che in lui la verità
tiene con sé stessa.
In ogni occasione il suo universo intimo si confronta
con l'altro, la sua vita con la Vita, il suo lavoro con l'incessante
lavoro degli esseri, e uscendo dallo spazio ristretto in cui si
concentra il suo studio, si ha l'impressione, non ch'egli abbandoni il
vero, ma che apra a due battenti la porta per accogliere tutto il vero
che è diffuso nel potente giuoco dei mondi.
LAVORO NOTTURNO
II P. Gratry ha raccomandato insistentemente di non
escludere affatto dal lavoro permanente le ore di letargia e di tenebra.
Vuole che facciamo lavorare la notte. Questo consiglio s'appoggia sulla
psicologia e suH'esperienza.
IL TEMPO DEL LAVORO 65
II sonno è un rilasciamento: è l'abdicazione del
volere cosciente che non pensa più a vivere, non si propone alcuno
scopo e si trova così abbandonato alla natura. Non è solo un simbolo
vano l'attitudine del dormiente coricato, avvicinato alla terra, come se
dicesse alla natura : «Riprendimi ; mi sono irrigidito anche troppo a
lungo contro le tue potenze:
ho combattuto di fronte il tuo determinismo livellatore.
Al pareggiamento delle forze, che è legge di questo mondo perituro, ho
opposto lo slancio della vita; adesso mi arrendo, fino all'ora di
ricominciare la lotta ».
Mentre la vita ardente è così sospesa, la libertà
individuale viene sostituita dalla libertà delle forze cosmiche e ne
risulta un nuovo funzionamento, che ha le sue leggi proprie, che segue
dei sentieri ignorati dalla chiara coscienza e realizza delle
combinazioni estranee alle volontà e ai capricci chiaroveggenti. Le
nostre forze interiori si raggruppano, i pensieri si classificano,
l'energia, abbandonata dall'azione, fluisce in pace. Il saper utilizzare
questo lavoro senza turbarne il ritmo è, per il pensatore, una nuova
ricchezza.
Non si tratta di vegliare : al contrario ; il nottambulo
è un cattivo lavoratore ; abbiamo chiesto su questo punto l'ob-bedienza
all'igiene generale, che dovrebbe piuttosto aggravare le sue pretese
riguardo all'uomo di studio. Ma anche il sonno è, a sua volta, un
lavoratore, un associato al lavorò diurno; se ne possono addomesticare
le forze, utilizzare le leggi, si può approfittare di questa
filtrazione, di questa chiarificazione che s'opera nell'abbandono della
notte.
Un lavoro cerebrale cominciato, un'idea afferrata, idea
di cui un incidente interno od esterno aveva impedito lo sviluppo
completo, o che non aveva potuto trovare il suo posto naturale, qui si
compie e si concatena. Non perdete questa occasione di guadagno ;
raccogliete questo chiarore
5 — La
vita intellettuale
66 LA VITA INTELLETTUALE
che vi può essere d'aiuto prima che si dilegui nella
notte mentale. Come fare? In certi casi non c'è bisogno di arti
speciali. Al risveglio si trova la collaborazione del sonno già pronta
e registrata. Il lavoro della sera precedente apparisce sotto una luce
più netta; una via nuova, un terreno vergine vi sono davanti ; delle
relazioni d'idee, di fatti, di espressioni, un paragone felice, una
immagine rivelatrice, forse anche tutto un piano di studi, saranno
sorti. Tutto ciò ci apparisce ben limpido e non ci sarà che da
utilizzare, a suo tempo, quello che il sonno s'è degnato di effettuare
per noi.
In genere però le cose vanno diversamente. La natura
non sta ai nostri ordini, ma va per la sua strada ; è un fiume, che
porta dell'oro ma sta a noi di non lasciar sprofondare e di raccogliere
quel che le ricche onde trascinano. . ;
Molto spesso, durante un'insonnia di pochi minuti,
forse],? di pochi secondi passeranno dei lampi; bisogna fissarli. Con-,;
.fidarli al pensiero rilasciato sarebbe come scrivere
sull'acqua; / è molto probabile che l'indomani non rechi neppure la
traccia di un vago incidente. Fate meglio dunque, tenete un tac^;
cuino o delle schede a portata di mano. Annotate
cercando,' di non divagare troppo il sonno, se è possibile senza
acceri-, dere il lume, poi rimmergetevi nelle ombre. Forse,
alleggerendovi così di un pensiero favorite il sonno invece di; >
turbarlo. Se vi dite: «Me ne ricorderò, lo voglio» questa vo— 1
lontà sarà più nemica del riposo che non un frettoloso appunto.
Ricordatevi che il sonno è un rilasciamento del volere.':,:
In altri casi è la mattina, al primo risveglio che
vengono; , le illuminazioni. Aprite gli occhi e direste che l'occhio
inte- ;
riore, anche lui, s'apra, che si illumini su un mondo
nuovo.';
La terra ha compiuto il suo giro; i cieli
dell'intelligenza non,-? hanno più lo stesso aspetto ; nuove
costellazioni vi brillano. U .Guardate bene questo spettacolo inedito e
non tardate un
IL TEMPO DEL LAVORO 67
istante a fissarne le grandi linee; indicate i lati
caratteristici, i punti culminanti, quello che basterà a determinare
tutti i dettagli, quando avrete la possibilità di riprenderlo. Ogni
pensatore ha, nella sua esperienza personale, dei casi di lucidità
mattiniera talvolta sorprendenti, vorrei dire miracolosi. Trattati
completi son venuti a luce così dopo una serie lunga e penosa di studi
complicati, in cui l'autore aveva la impressione d'essere come perduto
in un bosco, senza via d'uscita. Delle invenzioni sono state fatte
così. Elementi sparsi sullo spirito, esperienze antiche o nozioni di
nessun interesse apparente s'erano associate e dei problemi s'erano
risolti da soli in seguito all'ordinamento spontaneo delle immagini
mentali che rappresentano l'idea della loro soluzione. Quando vi capita
una fortuna simile, ricorrete subito al taccuino. Fate uno sforzo mentre
l'idea viene; riassumete, non aggiungete nulla di personale. Senza
nessun intervento perturbatore, con attenzione sottomessa alla natura,
di cui questo è il lavoro, tirate dolcemente la catena che si è
costituita, numeratene gli anelli, gli accessori, notatene le
proporzioni, le dipendenze senza preoccupazioni di stile, intendo di uno
stile voluto, perché può essere che in questo modo troviate dei
preziosi elementi di stile. Quando vi parrà d'aver esaurito questo
lavoro seguitate a tenere l'occhio fisso sul vostro tesoro ; può essere
che esso si accresca ancora, che si moltiplichi e si suddivida. Tutto
ciò è talmente prezioso che non bisogna perderne una briciola. E'
tutto lavoro risparmiato per il giorno. La notte, buona collaboratrice,
v'ha dato, senza il menomo sforzo da parte vostra, una giornata di 24
ore completa, forse di settimane, quelle cioè che sarebbero state
necessario per comporre a forza di volontà il prezioso gioiello che
essa vi ha fornito. Tuttavia non basta soltanto raccogliere. Il sonno,
che lavora da solo,
68 LA VITA INTELLETTUALE
lavora su di una materia predisposta : non crea nulla ;
abile nel combinare, semplificare, concludere, non ha potere di operare
che sui dati dell'esperienza e sul lavoro del giorno. Bisogna
preparargli il materiale. Contare su di lui significa contare, prima di
tutti, su sé stessi.
I monaci hanno l'abitudine, antica quanto la pietà, di
deporre la sera come un seme nel solco della notte, il loro soggetto di
meditazione ; sperano di trovare, al risveglio, il seme già ammollito,
penetrato dall'umidità della terra, e forse germogliato : crescerà
più rapidamente al sole della riflessione e della grazia.
Senza rinunciare a questa pratica di meditazione
religiosa che sarebbe bene di generalizzare fra i cristiani, vi si può
aggiungere un metodo analogo per facilitare il proprio lavoro
intellettuale.
La terra umana è ricca: due semi possono trovarsi
vicini senza danneggiarsi. Addormentandovi non abbandonate il problema
che vi preoccupa ne l'idea che tarda a sviluppare le sue virtualità o
anche che sfugge, ma affidatela a Dio e all'anima. Senza fare sforzi
mentali, che vi guasterebbero il sonno, tranquillizzatevi in questo
pensiero: l'universo lavora per me; il determinismo è schiavo della
libertà e;;
mentr'io mi riposo seguiterà a far girare la ruota.
Posso in-^ terrompere lo sforzo : i cieli girano e girando fanno
muoverei, nel mio cervello gli ingranaggi delicati che io forse
guasterei:;]:
io dormo, e veglia la natura, veglia anche Iddio :
domani;^ raccoglierò qualche cosa del loro lavoro. |r?
In tale calma disposizione vi riposerete compiutamente^^
più di quel che fareste con la inquietudine di un domani ;
senza aiuti, più, specialmente, di quel che fareste in
certi ri- ';, torni, così frequenti alla sera, delle angustie della
giornata,'?! :1 angustie che una semicoscienza ingigantisce,
che avvelenano
IL TEMPO DEL LAVORO : 69
la notte e che al mattino saranno là per servirvi di
amaro calice. Come un lavoro dolce e regolare rende armonico il giorno,
così il lavoro incosciente della notte può aggiungervi la pace, e
allontanarne le divagazioni, le ansietà snervanti o peccaminose, e gli
incubi. Conducendo con dolcezza un bambino per la mano, la sua
irrequietezza si placa.
Qui non si preconizza dunque il surmenage: la
confusione del giorno e della notte. No: è necessario dormire:
un sonno riparatore è indispensabile. Ma si dice
soltanto che la notte in quanto tale può servire essa stessa ad uno
speciale lavoro ; che la notte « porta consiglio », che il sonno, in
quanto tale, è un utile artefice: che il riposo, come riposo, , è
sempre una forza. Tali aiuti si debbono certamente impiegare secondo la loro
natura, e non violentando la loro costituzione. Il riposo non è morte,
ma è vita ed ogni vita reca il suo frutto. Potendolo raccogliere voi
stessi, non lasciate agli uccelli notturni di ghermire il frutto del
vostro riposo.
LA MATTINATA E LE SERATE
Di qui l'estrema importanza, sia per il lavoratore, come
per l'uomo religioso, dell'uso del mattino e della sera. Non si possono
preparare, sorvegliare, concludere con anima attenta le ore di riposo,
se si abbandona al caso ciò che lo precede o lo segue.
Il mattino è sacro : al mattino l'anima rinnovata
considera la vita come da uno svolto, donde la vede tutta intiera. Il
destino è là: il nostro dovere ricomincia: è il momento di giudicarlo
ancora una volta e di riconfermare con atto esplicito di volontà la
nostra triplice vocazione di uomini, di cristiani e di intellettuali.
70 LA VITA INTELLETTUALE
Quando il nuovo giorno colpisce i nostri occhi e rievoca
così le luci dell'anima, sembra che ci ripeta le parole che lo schiavo
macedone diceva al suo padrone : c< Filippo, ricordati che tu sei un
uomo ! » cc Un uomo » — dico — non in generale, ma
individuato da un caso preciso, un uomo che 'è là di fronte a Dio come
un fatto singolare, unico, e, per quanto sia piccolo, capace di occupare
da solo il suo proprio posto.
Quest'uomo, uscendo dalle ore di incoscienza,
rinnovate»,/ e rinato non considererà la sua vita con un rapido
sguardo d'insieme per segnare il punto a cui è arrivato, per predi-'
sporre la imminente giornata'ed avviarsi così, con passo sicuro e
spirito illuminato verso la nuova tappa?
Tale dovrà essere lo sforzo combinato del primo
risveglio, della preghiera mattutina, della meditazione, e sopratutto
della Messa, se si ha la possibilità di ascoltarla o la fortuna di
celebrarla. Il primo risveglio deve essere un « Sursum corda »
! E' eccellente abitudine dire in questo momento qualche formula
cristiana : dirla ad alta voce è meglio : poiché — gli psicologi lo
sanno — la nostra voce ci suggestiona e compie a nostro riguardo la
parte di un doppio. Ecco lo, schiavo che non possiamo trascurare:
ha da noi autorità: è noi stessi e la sua voce risuona con lo strano
tono di comando di colui che è nello stesso stampo sé stesso ed un
altro. Si insegna ai ragazzi, ai bambini, a « offrire il proprio cuore
a Dio » : l'intellettuale, fanciullo in ciò, deve in sopra più
offrire il cuore alla verità, ricordarsi che ne è il servitore,
ripudiare i nemici di lei in sé stesso, amare, perché ritornino a lei,
i suoi nemici esterni e rendersi consenziente agli sforzi che per quella
giornata la verità richiede.
Viene in seguito la preghiera. Il p. Gratry consiglia
all'intellettuale di dire Prima, che avrebbe a riscontro Com-
IL TEMPO DEL LAVORO 71
pietà
per la sera: niente è infatti più bello, più efficace, più capace
di aprirci l'anima. La massima parte delle preghiere liturgiche sono
veri capolavori: queste poi sono ampie e dolci come un sorgere o come un
tramonto di sole. Provateci: e non saprete più dir altro in seguito.
Qualunque sia la scelta, la preghiera dell'intellettuale
deve sottolineare di volo ciò che lo interessa, trame profitto e
rafforzare il proposito buono che il lavoro cristiano dovrà attuare.
Atto di fede nelle alte verità che costituiscono il sostegno della
scienza: atto di speranza nel soccorso divino per la luce intellettuale,
come per la virtù: atto di carità verso Colui che è l'Amore infinito
e verso coloro che il nostro studio vuole a Lui riavvicinare : Poter
per domandare insieme col pane il nutrimento dell'intelligenza: 'Ave
indirizzato alla Donna rivestita del sole, vittrice dell'errore e del
male. In tali formule o in altre analoghe l'intellettuale ritrova sé
stesso, rievoca il proprio dovere e senza isolare la propria specialità
dalla vita cristiana, presa nel suo insieme può beneficiare di ciò che
già è previsto per lui e per lui provvidenzialmente deposto nel tesoro
comune.
La meditazione è tanto essenziale al pensatore che non
c'è bisogno di riprenderne qui l'elogio. Noi abbiamo predicato lo Spirito
d'orazione: e dove potrà questo meglio nutrirsi se non nella
contemplazione mattutina, quando lo spirito, riposato, non ancora
occupato nelle cure del giorno, portato e quasi sollevato dall'ala della
preghiera, ascenda facilmente a quelle sorgenti del vero che lo studio
penosamente conquista?
Se poi può essere ascoltata la S. Messa, se sopra tutto
può esser celebrata, i suoi ampi orizzonti come potranno non colpirci?
Non vedrete voi dall'alto del Calvario, nuova-. mente eretto, dalla
Camera alta dove il banchetto d'addio
72 "? LA VITA INTELLETTUALE
si rinnova, l'umanità intiera circondarvi? quella
umanità con la quale non si deve mai perdere il contatto, quella vita
che dalle parole del Signore è illuminata, quella indigenza che è
soccorso della sua infinita munificienza e che voi, con Lui, dovete
soccorrere, illuminare, salvare per parte vostra, salvando al medesimo
tempo voi stessi?
La Messa ci pone realmente in stato di eternità, ci
stabilisce nello spirito della Chiesa universale ; e nell'Ile Missa
est ognuno deve essere disposto e scorgere una missione,
quasi un invito al proprio zelo a salvare il mondo errante e pazzo.
Una mattinata impregnata di questa rugiada, resa fresca
e vivificata da tali zeffiri spirituali non può mancare di fecondità:
occorre gettarcisi dentro con fede, viverla pieni di coraggio: il giorno
verrà poi a disperdere la provvista di luce dell'aurora, la sera ci
raggiungerà prima della completa estinzione delle luci divine, come
l'anno si chiude lasciando nei granai i semi per l'anno nuovo.
La sera ! quanto pochi ordinariamente sanno
santificarla, renderla placabile, prepararla ad un sonno veramente
ristoratore ! Come si sciupa, o si profana, come la si rende causa di
disorientazione!
Non insistiamo su quanto fanno di essa gli uomini
consacrati al piacere: non è 11 caso nostro. Ma gettate uno sguardo
anche a quegli uomini seri che si dicono lavoratori, uomini d'affari,
industriali, pubblici ufficiali, grossi commercianti, (io parlo
dell'insieme). Venuta alla sera, eccoli « sbrigliati»: non pensano
più a nulla, abbandonando lo spirito alla dissipazione — che, si
dice, riposa — pranzi, fumo, giucco, chiacchiere rumorose, teatro,
caffè concerto, istupidimento al cinema e... riposo. Détendre,
così si dice: e si è proprio détendus come un violino quando
si sono allentate
IL TEMPO DEL LAVORO 73
tutte le corde. Qual fatica all'indomani, per tornare a
riaccordarlo ! .
Conosco degli industriali che si riposano leggendo
Pascal Montaigne o Racine. Affondati in una buona poltrona, con un lume
dietro le spalle, al caldo, in seno alla famiglia tranquilla o
dolcemente sorridente attorno a loro, essi vivono''. dopo aver
faticato. Quegli istanti loro appartengono: sono;;^ i momenti dell'uomo,
dopo che lo specialista ha lottato con,' la mente e col cuore contro
mille ostacoli. ,'
Quanto ad un intellettuale, se non ha bisogno di questo^
compenso, ha però anche più bisogno di una simile calma. J La sua
veglia deve essere un raccoglimento, la sua cena una' refezione leggera,
il suo svago la facile sistematizzazione del;;
lavoro del giorno e la preparazione per quello del
giorno se- ;
guente. Ha proprio bisogno della sua Compieta —
prendo, ora questa parola in senso figurato — per completare e
iniziare: giacché ogni compimento di un lavoro continuo, quale noi
abbiamo proposto, è al tempo stesso un termine ed un principio. Non si
chiude che per riaprire. E la sera costituisce il legame fra le varie
giornate, di cui si compone la vita. Al mattino si dovrà subito vivere
: bisogna disporvisi la sera e preparare la notte che fonde a modo suo,
senza il nostro^ concorso, i lavori coscienti. , :
Qualunque cosa ne pensino coloro che per illusione,
ispi-rata dalla passione e dall'interesse, pretendono di mantenere
nell'uomo la parte del gaudente, la dissipazione non è riposo ma
esaurimento. Il riposo non può consistere nella dissipazione delle
forze. Il riposo è un allontanarsi dallo sforzo, in dirczione delle
sorgenti di questo; è un restauro non uno sperpero folle. ;
So bene che lo spendere vale talvolta l'acquistare: ma/
allora si parla di sport, di ricreazione e noi sapremo esigere,
74 LA VITA INTELLETTUALE
non solo tollerare, questo attivo riposo. Ma non è
questa la occupazione normale della sera. Per la sera c'è un doppio
riposo, uno spirituale l'altro fisico: il riposo in Dio e quello nella
madre natura. Ora il primo ce lo procura la preghiera ;
quanto all'altro, il riposo del corpo, visto che precede
il riposo più completo della notte, bisogna anche che gli serva di
preparazione.
Bisogna abbandonarsi, la sera, al dolce ritmo di cui è;
modello il respiro del sonno. Lasciare che si esercitino
in noi^ i facili determinismi, che le abitudini sostituiscano le inizia-
;
tive, le consuetudini familiari la attività ardente, in
una pa- <' rola rinunciare, in un certo senso, alla volontà perché
si ;
inauguri l'abbandono della notte: questa è la saggezza.
E la A saggezza si riconoscerà nella struttura di questa
vita attenua- ,^ ta, di questa mezza-attività che si acquieta. La
famiglia vi i ' contribuirà; una conversazione soave rinsalderà
l'unione delle anime; si scambieranno le impressioni ricevute, i di-:
segni formati; e i propositi e le speranze saranno
rafforzati. ;È. Così la vecchiezza del giorno verrà consolata,
l'armonia rè-ugnerà, e si sarà celebrata una degna vigilia a quella
festa che ^ ogni giorno novello deve essere per il cristiano. Il
dormiente;8:
prende spesso, senza saperlo, la posizione che ebbe un;^
giorno nel seno materno. E' un simbolo. Il riposo riporta • alle
origini della forza, origini dell'ispirazioni; esso ritempra: il
ripiegamento generale della sera ha questo significato. Ma ritemprarsi
non può significare agitarsi; è come un rifugiarsi, come un procurare
rinnovato vigore al succo vitale con una pacifica concentrazione. Così
si restaura in noi la vita organica e la vita sacra con un lieto
abbandono, con la preghiera, col silenzio e col sonno.
IL TEMPO DEL LAVORO 75
OLI ISTANTI CREATIVI.
Abbiamo oramai superato là preparazione, la tregua
utile, riposo in vista del lavoro, ed eccoci giunti al lavoro
propriamente detto, e al tempo consacrato alla riconcentra-zione dello
studioso, allo sforzo pieno ed intero.
Perciò chiameremo questi punti culminanti della nostra
vita intellettuale, considerandone la durata: Istanti di plenitudine.
La maggior parte del presente volume non ha altro scopo che di
considerare l'impiego di questo tempo : non ci possiamo intrattenere
d'altro dunque oramai, che di sistemarlo in sé stesso, di centrarlo, di
preservarlo, di salvaguardare la cella intcriore dall'invasione che la
minaccia.
I vari momenti della nostra vita hanno valori molto
differenti e la distribuzione di tali valori durante la giornata
obbedisce per ciascuno a leggi diverse, non si può dunque dare una
regola assoluta : ma ognuno deve studiare sé stesso :
considerare la propria vita, quello che essa permétte,
facilita o interdice, considerare quello che essa propone spontaneamente
per le ore ardenti. Queste ore saranno tolte al mattino, alla sera, o in
parte dall'uno e in parte dall'altra? Ciascuno deve stabilirlo da sé,
perché egli solo conosce i propri obblighi e la propria natura, dalle
quali cose dipende la struttura da imporre alle giornate. Quando si
dispone di poche ore e che queste si possono scegliere liberamente,
parrebbe che dovesse avere la preferenza il mattino. La notte vi ha
ristorato le forze, la preghiera vi ha date le ali; la pace vi circonda
e lo sciame delle distrazioni ancora tace. Ma per alcuni possono sorgere
delle controindicazioni. Se il sonno è penoso, il mattino risulta
agitato e torpido. Oppure manca la solitudine; si cercano allora le ore
d'isolamento-
76 LA VITA INTELLETTUALE
Come che sia, fatta la scelta, si tratterà di
economizzare gli istanti eletti e di economizzare sé stesso per il loro
sfruttamento integrale. Bisognerà prevedere tutto perché non ci sia
nulla che venga ad ingombrare, disperdere, ridurre o indebolire questo
prezioso periodo. Se volete raggiungere in esso la pienezza dello sforzo
creativo tutto ciò che è prepa-, razione lontana dello studio,
prendete tutte le disposizioni utili ; sappiate chiaramente quello che
volete e come ; riunite i materiali, le note, i libri, che non dobbiate
distrarvi per dei nonnulla. Di più, perché questo tempo sia veramente
preservato, e libero, bisogna alzarsi dal letto prontamente e all'ora
prestabilita, mangiare cibi leggeri ; fuggire le conversazioni vane, le
visite inutili ; limitare la corrispondenza al necessario ; imbavagliare
i giornali. Queste prescrizioni che abbiamo date come salvaguardia di
ogni vita di studio, si applicano sopratutto a ciò che ne è il centro.
Quando avrete tutto disposto, previsto tutto, vi troverete
immediatamente all'inizio ; vi potrete applicare a fondo, meditare e
procedere. Nulla vi distrarrà, ne il vostro sforzo sarà più
frammentario. Sopratutto fuggite il lavoro superficiale, non imitate
quelli che restano lungamente a tavolino con attenzione distratta. Val
meglio diminuire il tempo e trattarlo in profondità, accrescerne il
valore che è il solo che conta.
Fate qualche cosa o non fate niente. Ma ciò che
stabilite di fare, fatelo con ardore, pienamente, e che l'insieme della
'vostra attività sia una serie di forti riprese. Il mezzo lavoro, che
è un mezzo riposo non giova ne allo studio ne al riposo.
Una volta che vi siate disposti così, invocate
l'ispirazione. Se la dea non obbedisce sempre è però sempre sensibile
agli sforzi sinceri. Non si tratta di ottenere una tensione eccessiva,
ma di orientarsi, di mirare allo scopo allon-
IL TEMPO DEL LAVORO 77
tanando dal campo visivo, come fa il tiratore, ogni cosa
che non sia il bersaglio. Rinnovate lo <c spirito d'orazione » ;
mettetevi in istato d'eternità, il cuore sottomesso al vero, lo spirito
sotto le grandi leggi, l'immaginazione aperta come un'ala, e che tutto
il vostro essere senta, sopra di sé, le stelle silenziose. Molto in
basso, sotto i vostri piedi staranno i rumori della vita, ma non li
percepirete più, sentirete solo il canto delle sfere, che nel sogno di
Scipione simboleggiano l'armonia delle forze creatrici.
Aprirsi così alla verità, astrarsi da tutto il resto,
e se posso eprimermi in tal modo, dirigersi verso un altro mondo, questo
è il vero lavoro ed è di questo che parliamo, quando diciamo che due
ore al giorno bastano per compiere un'opera. Evidentemente è poco, ma
se tutte le condizioni che abbiamo notate sono state compiute, in
verità due ore bastano e valgono più delle così dette quindici ore,
di cui tanti millantatori assordiscono gli echi. Alcuni martiri del
lavoro hanno veramente raggiunto delle cifre favolose ; il loro caso è
una felice mostruosità, a meno che non sia una rovinosa pazzia.
I lavoratori normali stimano da due a sei il numero
giusto delle ore che si possono dare in modo durevole e veramente
fecondo. La questione principale non è lì, ma nell'uso che se ne fa,
nello spirito. Chi conosce il valore del tempo, ne ha sempre abbastanza
; non potendo allungarlo, lo solleva II tempo, come S'oro, ha uno
spessore ; vai più la medaglia forte, ben coniata, e di linea pura, che
il foglio dilatato dall'arte del battitore. Molti s'appagano
dell'apparenza, chiacchierano molto e non lavorano mai. Bisogna notare
che la seduta di lavoro profondo non può essere più uniforme di quel
che non sia la vita intellettuale presa nel suo insieme.
Proporzionalmente essa subisce le stesse fasi ; avanza lenta-
78 LA VITA INTELLETTUALE
mente, qualche volta penosamente, arriva al suo culmine,
poi si stanca. E' un ciclo completo col suo mattino fresco, col meriggio
ardente, con là sera che declina. Bisogna essere il Giosuè di questa
sera perché la battaglia, sempre troppo corta, continui. Dovremo
tornare a parlare delle condizioni atte a proteggere questa nostra
intima chiaroveggenza : ne segnalo adesso una sola : difendere la
propria solitudine con una asprezza che non rispetti più niente. Se
avete dei doveri date loro in tempo opportuno ciò a cui hanno diritto;
se avete amici dedicate loro delle ore speciali, se degli importuni vi
sollecitano, metteteli gentilmente alla porta. Ne basta che durante le
ore sacre non siate disturbati, è indispensabile per voi, avere la
assoluta certezza che non lo sarete. Solo così potrete realizzare una
tensione feconda. Le precauzioni severe non saranno mai troppe. Abbiate
Cerbero alla porta. Ogni esigenza esteriore toglie qualche cosa
all'intimo e può far perdere al vostro spirito delle preziose
conquiste. « Quando i semidei se ne vanno gli Dei arrivano » (1).
Notate, però, che questa completa solitudine, unico
ambiente favorevole al lavoro, non va presa in senso materiale. Una
presenza può raddoppiare la vostra quiete invece di distruggerla. Se
avete da presso un lavoratore ugualmente ardente, un amico assorto in
qualche pensiero o in qualche occupazione armoniosa, un'anima eletta che
apprezzi l'opera vostra, vi si unisca, sostenga il vostro sforzo con
silenziosa simpatia e con corrispondente ardore; non sarà più una
distrazione ma un aiuto. Certi giorni nelle biblioteche pubbliche ci
sentiamo penetrati dal raccoglimento altrui come da un'atmosfera.
Un'impressione religiosa ci soggioga: non oseremmo distrarci, non
potremmo decadere. Tanto più
(1) Ralph-Waldo Emerson «Poems»
IL TEMPO DEL LAVORO 79
numerosi saranno intorno a voi gli adoratori che rendono
al vero un culto in spirito e verità, più soli sarete nel vero senso,
più facile e piacevole vi sarà la contemplazione. 1
Anche la casa di due giovani sposi è una immagine
di;
lavoro, quando si trova presso lo scrittoio del marito
il cesto da lavoro della moglie, purché l'amore sappia tacere
contentandosi di ispirare nobili sogni. Nella unità della vita,?' quale
l'inaugura il matrimonio cristiano c'è posto per l'unità di pensiero e
per il raccoglimento che richiede. Più staranno insieme le anime
gemelle, meglio si difenderanno contro il di fuori.
In ogni modo, una volta bene intesa e ben preparata, 'a
solitudine va difesa ostinatamente. Non bisogna dar ascolto a nessuno,
ne ad amici indiscreti, ne a parenti incoscienti, ne s a
persone di passaggio ne, perfino, alla carità. Non si può avere
carità per troppe cose alla volta.
Il tempo del pensatore, se questo l'impieghi veramente,'
;
è una specie di carità universale; non possiamo
apprezzarlo ' che così. L'uomo di verità appartiene a tutto il genere
umano, come gli appartiene la verità: non ci sono da temere'*' egoismi
possibili, se ci isoliamo gelosamente per questa sublime e universale
benefattrice degli uomini. <
Sappiate del resto farvi assolvere affettuosamente da ,
quelli che voi trascurate e che perciò qualche volta anche affligete.
Sappiate comprare la solitudine: pagate il prezzo • della vostra
libertà, usando agli altri delicati riguardi e affabilità. ; '
E' da augurare che il vostro isolamento sia più utile
per tutti gli altri di quel che non sarebbe la vostra vicinanza. Cer- ^
cate però che ne soffrano il meno possibile. Sappiate sdebi-' tarvi: la
vostra indipendenza relativa abbia del resto per;
contrappeso la vostra più completa dipendenza non
appena riappare il dovere.
CAPITOLO ¥.
NEL CAMPO D E L L A V O R O
Non si possono dare consigli molto precisi su quel che
sia necessario in'parare e molto meno circa le proporzioni tra i vari
elementi accolti nel proprio piano di lavoro. San Tommaso non ne fa
alcun accenno nei suoi sedici precetti. Si tratta infatti di
vocazione personale, la quale è in stretta ,• relazione con lo scopo
prefissosi. Tuttavia qualche indicazione è possibile, e il darla può
servire di punto di partenza. per utili riflessioni personali. ;
LA SCIENZA COMPARATA;^
Noi non pretendiamo prendere yui la questione alla sua.
prima origine: giacché stiamo parlando a persone che hanno già
superato il periodo scolastico propriamente detto e che si propongono
invece di organizzare o di completare studi profondi. In tal caso il
nostro soggetto richiama a proposito le interessanti osservazioni del P.
Gratry circa la Scienza.'. comparata. Si può pensare che lo
sviluppo di questo tema,1 quale egli lo presentò nelle «
Sorgenti » sia alquanto invecchiato: ma il fondo del suo pensiero
permane, e i giovani intellettuali dovrebbero sempre seriamente
meditarlo.
NEL CAMPO DEL LAVORO 81
Abbiamo detto scienza comparata: e con ciò
intendiamo il dovere di allargare le proprie cognizioni specializzate al
campo di tutte le discipline con esse aventi qualche connessione e poi
riconnettere tali cognizioni specializzate e il loro insieme alla
filosofia generale ed alla teologia.
Anche essendo obbligati a seguire una specializzazione
determinatissima, non è ne saggio ne fecondo, chiudersi m essa. Ciò
equivarrebbe a mettersi i parecchi. Nessuna scienza è capace di
bastare a sé stessa: nessuna disciplina, esaminata da sola, ha in sé
luce sufficiente ad illuminare le sue proprie vie. Se si lascia isolata,
essa si ingrettisce, si intristisce, si impallidisce e alla prima
occasione si svia. Ogni cultura parziale è sempre indigente e precaria
e lo spirito ne subisce senz'altro le conseguenze, per cui vengono a
mancargli quella non so quale libertà di movimento e quella non so
quale sicurezza di sguardo, senza le quali le sue conquiste restano
paralizzate.
Si può dire, senza esser paradossali, che ogni scienza
portata alle sue ultime conclusioni, farebbe germinare tutte le altre
scienze, e poi dalle scienze la poesia, e dalla poesia e dalle scienze
la morale e poi la politica e la stessa religione in ciò chfe essa ha
di semplicemente umano. Tutto è in tutto:
ed una separazione non è possibile che per via di
astrazione. Ora astrarre, dice il proverbio, non è mentire : abstrahere
non est mentiri: ma ciò è vero solo a condizione che la astrazione
— la quale distingue, isola metodicamente, e concentra la luce su di
un sol punto — non giunga fino a separare l'oggetto dei suoi studi, da
quanto più o meno direttamente ha da esso dipendenza. Distaccare
completamente l'oggetto, da quanto è in comunicazione con esso,
significa in certo senso falsarlo, perché quelle relazioni facevano
parte integrante di lui.
6 — La vita intellettuale.
82 ; LA VITA INTELLETTUALE
Si può studiare un pezzo di orologio senza pensare
al pezzo vicino? Si può studiare un organo senza aver presente:
il corpo? In modo analogo non è possibile fare
progressi in fisica o in chimica senza il soccorso della matematica, in
astronomia senza l'aiuto della meccanica e della geologia, in morale
senza la psicologia, in psicologia senza le scienze naturali, in tutto
senza la storia. Tutto si collega. Le varie luci si incrociano e un
trattato intelligente di ogni scienza fa allusione più o meno a tutte
le altre.
Se dunque vi volete preparare un spinto aperto, limpido,
veramente forte, diffidate del principio della specializzazione:
stabilite le fondamenta a secondo dell'altezza cui volete arrivare ;
allargate la bocca dello scavo a seconda della profondità cui volete
giungere: persuadetevi del resto che il sapere non è ne una torre ne un
pozzo, ma un'abitazione d'uomo. Se uno specialista non è anche un uomo
diventa un inetto, anormale e sciocco: la sua splendida ignoranza fa di
lui uno sperduto fra gli uomini. L'intellettuale cattolico non copierà
questo modello: siccome appartiene al genere umano per la sua vocazione,
vuoi cominciare col farne parte: così procederà di passo franco e su
terreno solido. .
La nostra scienza ha tentato di scandagliare la notte in
tutti i sensi : gli scienziati frugano le tenebre per raccoglierne luci
inestinguibili. E questo nobile sforzo non può lasciare indifferente
nessun vero pensatore. Seguire fino ad un certo punto le ricerche dei
vari esploratori è per voi un obbligo che si risolve alla fine in una
decuplicata capacità per i vostri propri studi. Quando arriverete alla
specializzazione, dopo aver così esperimentato numerose cognizioni, e
ampliato l'orizzonte e acquistato i! senso delle profonde connessioni,
sarete un uomo molto diverso da chi si confina in una angu-
NEL CAMPO DEL LAVORO 83;
sta disciplina. Ogni scienza, coltivata da sola, oltre
ad essere insufficiente, presenta anche dei pericoli sempre riconosciuti
da tutti gli uomini di buon senso. I matematici isolati falsano il
giudizio, abituandolo ad un rigore che nessuna altra scienza comporta,
ancor meno la vita reale: la fisica e la chimica ossessionano con la
loro complessità, senza dare allo spirito vastità alcuna: la
fisiologia spinge al materialismo, la astronomia alla divagazione, la
geologia rende simili ad un cane da caccia, la filosofia fa insuperbire,
la teologia espone alle deviazioni impervie e all'orgoglio dottorale.
Bisogna passare da uno spirito all'altro a fin di correggerli l'uno con
l'altro : bisogna alternare la cultura per non sciupare il suolo. Ne
crediate che lo spingere fino ad un certo punto questo studio comparato
sia un sovraccarico e vi provochi un ritardo per il vostro studio
speciale: non vi sovraccaricherete perché le luci che nascono dal
confronto tra le varie scienze vi faciliteranno invece ogni ricerca:
acquistando maggior vastità lo spirito diverrà più atto a ricevere
senza
'sentirsi aggravato.
Quando si accede al centro delle idee tutto diviene
facile e qual miglior modo di arrivare al centro che quello
; di tentare differenti vie, le quali tutte, come i
raggi di un cerchio, danno il senso di convergere verso un punto di ritrovo
comune? Conosco un linguista che in quindici giorni decifra un lingua
nuova. Perché? Perché ne conosce molte
: altre. Egli afferra a prima vista lo spirito del suo
nuovo idioma, i suoi caratteri fondamentali e l'intiera sua costitu—
: zione. Le scienze sono le lingue diverse con cui gli
uomini esprimono balbettando la natura per sé inesprimibile.
Deci-frandone parecchie si rende più facile il possesso di ognuna,
giacché in fondo sono tutte una cosa sola. Per di più l'istinto
potente e l'entusiasmo destato in ogni uomo di molte doti
84 LA VITA INTELLETTUALE
da una tal maniera di viaggiare attraverso alle scienze
e di J^ esplorare questi magnifici domini — come si visitano volta a';;'
volta i fiords di Norvegia, il Corno d'oro, le tombe di ; ;
Egitto, le pampas d'America e i palazzi cinesi —
quell'ar- „ dorè quasi epico, dico, da cui è preso ogni forte
intelletto al.,i contatto delle grandezze spirituali, comunica allo
studio un.' fervore ed una facoltà veramente meravigliosa. :'
Un rabbino, cui tu rimproverato di sovraccaricare la, :
legge rispose: « Quando uno staio è pieno di noci, ci
si pos-:;? sono mettere molte misure d'olio ». Era un uomo di zelo.^1 E
lo zelo compie nella capacità spirituale la stessa funzione^ del calore
sulla materia: riesce a dilatarla. Una coppa al^'l sole ha maggior
capacità che all'ombra. Uno spirito, ine-' briato allo spettacolo del
vero, diventa capace di imparare senza fatica e con gioia tante di
quelle cognizioni che loi:
stancherebbero, se avesse l'unica base di una sola
scienza.!;
Gli uomini veramente grandi sono sempre stati più o
meno universali : eccellendo in un campo furono negli altri almeno dei
curiosi, spesso dei sapienti, talvolta anche degli specialisti. Non si
sarebbero potuti confinare in un solo ramo di scienza degli uòmini come
Aristotele, Bacone, Leonardo da Vinci o Leibnitz. All'Accademia delle
Scienze Enrico Poincaré faceva meravigliare i colleghi di tutte le
sezioni per le sue geniali opinioni: consultarlo equivaleva a porsi di
colpo nel centro del sapere, là dove non ci sono più scienza diverse.
Se anche non avete pretese di questo genere, resta
sempre vero che ciò che hanno praticato i grandi è per ciascuno una
indicazione feconda. ;.
Tracciatevi un largo piano, che a poco a poco dovrà,
andare restringendosi nei riguardi del tempo consacrato ad ogni studio
secondario, ma non nei riguardi della vastità
NEL CAMPO DEL LAVORO ^85
dell'orizzonte e dello spirito del lavoro. Scegliete
bene i vostri consiglieri. Uno solo, scelto fra mille, per l'insieme;
altri per ogni parte se è necessario. Dividete il tempo e regolate la
successione dei vari studi, questo non va lasciato al caso. ,,''
In ogni caso andate diritti all'essenziale: non vi
attardate sulle minuzie: non è in questo che le scienze hanno i loro
collegamenti: spesso li hanno nel dettaglio, ma nel det^l taglio caratteristica
è cioè ancora ne! fondo. 4;
Del resto non vi potrete diligere in tutto ciò prima di
aver penetrato quello che ci resta da dire. \ Nello stesso modo che
nessuna scienza particolare basta a sé stessa, così neppure l'insieme
di tutte le scienze basta a sé stesso senza la regina di tutte: la
filosofia; ne l'insieme delle conoscenze umane senza la sapienza
risultante dalla stebsa scienza divina: la teologia.
Il P. Gratry ha enunciato su questo punto, delle verità
capitali, e S- Tommaso, ancor più profondamente ha segnato il posto, il
rango di queste due regine del doppio reame (1).
Le scienze senza la filosofia restano scoronate e
disorientate. Le scienze e la filosofia, senza la teologia decadono
ancora di più perché la corona ripudiata è una corona celeste e il
disorientamento che ne segue è ancor più irrimediabile giacché la
terra, senza il ciclo, non trova più ne la traiettoria per la sua
rotazione, ne gli influssi che la rendono,, feconda. ;',
O^gi che la filosofia è decaduta, le scienze si
abbassano ;
(1) Vedere principalmente nella Somma teologica tutta
la Prima Questione ; nel Commentario sul De Jrinitate di Boezio
la Questione II art, 2; nel Contro. Oentes, il l.o capit. del
1.o" libro.
86 LA VITA INTELLETTUALE ,
e si disperdono; oggi che la teologia è ignorata, la
filosofia è sterile, non conclude più a niente, fa della critica senza
bussola, e anche senza bussola, fa della storia: è settaria e 'spesso
distruggitrice, è talvolta comprensiva e eccessivamente adattabile, non
comunica mai ne sicurezza ne luce: non insegna. Per i filosofi, che
hanno la doppia disgrazia di ignorare e di ignorare che ignorano, la
teologia è cosa dell'altro mondo. Si, certo, la teologia è, infatti,
dell'altro mondo riguardo al suo oggetto, ma l'altro mondo _ sostiene
questo, lo continua in ogni senso e non è da meravigliarsi che valga
perciò ad illuminarlo.
Un' intellettuale cattolico che appartenga realmente al
nostro tempo non può dunque, per parte sua, far niente di meglio che
lavorare per ricostruire quell'ordine che è venuto a mancarci.
Le attuali deficienze dottrinali non si riscontrano
tanto nella quantità delle cognizioni quanto nella loro armonia,
armonia che si ottiene soltanto col riferimento ai primi principii (1).
L'ordine" intellettuale deve corrispondere
all'ordine reale e poiché l'intelletto non si istruisce veramente che
attraverso alla ricerca delle causalità, l'ordine intellettuale deve
corrispondere all'ordine delle cause.
Se, dunque, c'è un Essere primo, ed una Causa prima, è
esso il termine in cui si compie e s'illumina ogni sapere. L'uomo di
verità, prima di tutto come filosofo, per mezzo della ragione, quindi
come teologo servendosi della luce che
(1) Carlo Dunan ha scritto questa frase impressionante :
» Per la filosofia moderna i problemi trascendentali sono nulli e
inesistenti. Ma la reciproca è vera: se questi problemi esistono, è la
filosofia moderna che non esiste ». Les deux idéalismes, pag.
182, Paris, 1911, Alcan, edit.
NEL CAMPO DEL LAVORO 87
gli viene dall'alto, deve porre al centro della sua
ricerca ciò che è punto di partenza, regola e termine fondamentale,
ciò che è tutto, per tutto e per tutti.
L'ordine non si raggiunge in nessun genere di cose o di
discipline che al momento in cui i principii, schierati gerarchicamente
fino al principio primo, rappresentano la loro parte di principii, di
capi, come in un'armata, come in una casa ordinata, come in un popolo.
Oggi abbiamo ripudiato i principii primi e la scienza s'è sbandata. Non
abbiamo più che le briciole, dei magnifici orpelli ma nessun abito, dei
magnifici capitoli ma nessun libro completo, nessuna Bibbia.
Le Bibbie del sapere sono state, un tempo, le Somme:
noi non abbiamo più somme ne nessuno che sia capace di
scriverne una.
Tutto è caotico. Tuttavia se una Somma collettiva è
prematura, ogni uomo che pensi e che desideri veramente di sapere, può
tentare di costituire una somma sua personale, può cioè tentare di
introdurre l'ordine nelle sue cognizioni, facendo appello ai principii
di quest'ordine, vale a dire filosofando e coronando la sua filosofia
con una teologia sommaria ma profonda.
Gli scienziati cristiani, dal principio alla fine del
secolo XVII sono stati tutti teologi e gli scienziati, cristiani o no,
fino al secolo XIX sono stati tutti filosofi. Da allora in poi il sapere
si è abbassato ; ha guadagnato in vastità ma ha perduto in altezza e
per conseguenza in profondità, giacché la terza dimensione ha due
sensi che corrispondono. Che il cattolico, cosciente di questa
aberrazione e delle sue conseguenze non vi soccomba; divenuto
intellettuale o desideroso di diventarlo, che egli tenda alla
intellettualità completa, che sviluppi tutte le proprie attitudini.
« La teologia, diceva il P. Gratry, è venuta a fare
sul-
.• % !. 88 LA VITA INTELLETTUALE
l'albero della scienza, un innesto divino, grazie al
quale quest'albero può dare dei frutti non suoi. Non si toglie nulla al
suo succo, gli si da, al contrario un corso glorioso. Tutte le
conoscenze sono vivificate e tutte le discipline allargate in ragione di
questo nuovo slancio impresso al sapere, di questo appello fatto dalle
facoltà umane ad una collaborazione celeste.
L'unità della fede da al lavoro intellettuale il
carattere di una immensa cooperazione. E' l'opera collettiva degli umani
uniti in Dio. Per questa ragione la scienza cristiana quale è
attualmente e ancora più quando sarà stata scritta la Somma del tempo
moderno non può che sorpassare in ampiezza e in ispirazione tutti i
monumenti dell'antichità e del neo-paganesimo.
Le Enciclopedie non le somigliano più di quel che
Ba-bele somigli alle cattedrali.
Cercando la verità non si dovrebbe poter ignorare un
tale tesoro. Io spero che la prossima generazione messa sulla buona via
da questa nostra, così notoriamente superiore alle precedenti,
affronterà risolutamente e senza rispetti umani la scienza delle
scienze, il cantico dei cantici del sapere, la teologia ispiratrice che
sola conduce ad una conclusione definitiva. Vi troverà al tempo stesso
la maturità e il volo, iL lirismo possente e calmo che è la vita
completa dello spirito. Non è tanto difficile quanto si crede penetrare
la teo-'ogia e nemmeno è uno studio molto lungo per il grado che si
tratta di raggiungere. Adottarla come specializzazione sarebbe un'altra
cosa. Consacratele quattro ore la settimana durante i cinque o sei anni
che una formazione presuppone e sarà sufficientissimo ; non avrete, in
seguito, che da conservare.
Ma, sopratutto badate di non affidarvi a dei falsi mae-
NEL CAMPO DEL LAVORO 89
:
:
affrontate subito S. Tommaso d'Aquino. Studiate la-Somma senza
trascurare di informarvi precedentemente con ;
estrema esattezza deF contenuto della fede. Abbiate
sotto mano il Catechismo del Concilio di Trento. Possedete pienamente
questo manuale e seguite giorno per giorno, con S. Tommaso, lo sviluppo
razionale della scienza divina. Il testo in principio vi apparirà
arido, astruso ; poi, a poco a poco, brilleranno le luci dominatrici; le
prime difficoltà, vinte, avranno per ricompensa delle nuove vittorie;
imparerete il linguaggio locale e dopo un certo tempo vi circolerete
come in casa vostra sentendo che è una dimora sublime.
S'intende che dovete studiare in latino, perché le
traduzioni della Somma sono traditrici. Chi si lasciasse arrestare ;i
dal piccolo sforzo di decifrare una lingua di cui uno spirito ;[ comune
viene a capo in un paio di mesi, non meriterebbe che ci occupassimo
della sua formazione: parliamo agli entusiasti: che costoro, desiderosi
di entrare nella «cella vi-naia » si dian la pena di cercarne la
chiave. Sarebbe utile qualche opera di introduzione che vi facesse
presentire il contenuto di S. Tommaso e ve lo facesse pregustare. Non vi
ci indugiate ma prendete questa mano che vi viene tesa per mettervi in
cammino (1).
Anche un ripetitore di spirito largo e ben informato
sarebbe d'immenso aiuto in principio, direi quasi che sarebbe
indispensabile. Vi inizierebbe a mano a mano al vocabolario speciale del
tomismo, vi eviterebbe esitazioni ed equivoci, illuminerebbe un testo
con l'altro, vi segnalerebbe le piste e vi risparmierebbe dei passi
falsi. Tuttavia, persuaso come sono del danno che recano gli amici
inesperti, dello scoraggiaci Cfr. come opera elementare: Jacques
Maritain, Eléments de Phttosophie, Téqui, 1920. Per i
lavoratori più avanzati : A. D. Sertillanges S. Jhomas d'Ayaln.
Alcan, 1910.
90 LA VITA INTELLETTUALE
mento e di quella specie di scandalo, prodotto dai
commenti sciocchi, dico: preferite la solitudine ad un aiuto limitato,
sforzatevi di spezzare il guscio, ne riporterete delle lividure, ma
quando esso avrà ceduto, S. Tommaso in persona costruirà il suo
discepolo. A tale scopo consultate accuratamente per ogni articolo i
differenti passi cui le note vi rinviano: consultate quel tesoro che è l'index
tertius, confrontate, fate che i documenti si completino, si
commentino a vicenda e compilate oa voi stessi il vostro articolo.
Ginnastica eccellente che vi procurerà allo spirito agilità, vigore,
precisione, odio del sofisma e dell'impreciso, ampiezza e al tempo
stesso immagazzinamento di nozioni nette, profonde, ben concatenate,
sempre ricollegate ai loro primi principi e costituenti nella loro
compagine ordinata una potente sintesi.
IL TOMISMO, QUADRO IDEALE DEL SAPERE
Son così giunto naturalmente ad esporre il mio perì-;
siero relativamente al Tomismo, considerato come
quadrò;
della scienza comparata.
Non è da contestare l'utilità di possedere al più
presto, possibilmente fin dal principio, un insieme di idee direttrici,
formanti corpo, e capaci, come il magnete, di attrarre e subordinare a
sé tutte le nostre conoscenze. Chi manca di ciò, rassomiglia
nell'universo intellettuale al viaggiatore che per aver avvicinato molte
civiltà disparate e dottrine contrastanti cade assai facilmente nello
scetticismo.
Questo smarrimento è una delle grandi disgrazie del
nostro tempo : uscirne, grazie all'equilibrio intellettuale, che nasce
da una dottrina sicura, è un beneficio incomparabile. In ciò il
Tomismo è sovrano. Si direbbe che è stato creato
NEL CAMPO DEL LAVORO 91
da sette secoli per estinguere la nostra sete. In
confronto dell'acqua melmosa, che ci viene data, esso apparisce una
limpida sorgente.
Dopo aver vinto, con uno sforzo vigoroso, le prime
difficoltà dipendenti dal linguaggio arcaico, esso rassicura lo
spirito, lo fonda in piena luce e gli offre un quadro al tempo stesso
elastico e resistente per le sue ulteriori conquiste.
Il tomismo è una sintesi. Non è tuttavia una scienza
completa ; ma la scienza completa vi si può appoggiare come ad una
potenza di coordinazione e di elevazione quasi miracolosa. Se un papa ha
potuto dire dell'opera di S. Tom-maso, presa nel suo dettaglio: Quot
articuli, tot miracula, a ben più forte ragione è un prodigio
l'insieme.
Studiate questo sistema, apprezzatene i caratteri,
giudicatene le idee dominanti, poi il loro ordine, poi la fecondità
della loro genealogia discendente, l'apertura d'angolo, o per dir meglio
la capacità vitale di ogni nozione di fronte ai fatti e alle nozioni
accessorie che possono nutrirla,: vedrete con meraviglia che nessun
insieme parziale può essere paragonato a questo come forza
d'attrazione, per il tutto, che nessun seme ha più potere di questo per
assorbire ed incanalare i succhi della terra.
Il tomismo è una posizione spirituale scelta talmente
bene, così lontana dai limiti estremi dove si sprofondano gli abissi,
così centrale in rapporto alle alte vette, che ci si arriva,
logicamente, da tutti i punti del sapere, e che da lui si irradiano,
senza interruzioni, tutte le vie del pensiero e dell'esperienza.
Ci sono sistemi in opposizione con sistemi vicini :
questo li concilia in una luce superiore, conscio di ciò che li
sedu-ceva e attento a render giustizia a tutto ciò che hanno di vero.
Altri sistemi son stati contraddetti dai fatti: questo li
92 , LA VITA INTELLETTUALE
previene, li avvolge, li interprete, li mette al loro
posto e li consacra come un diritto.
Nessuna metafisica offre alle scienze della natura dei
principi di sistemazione e d'interpretazione superiore, più utili:
nessuna psicologia razionale è in miglior rapporto con quello che hanno
trovato la psicologia sperimentale e le scienze annesse; nessuna
cosmologia è più cedevole e più atta ad accettare quelle scoperte che
hanno sbaragliato tante antiche fantasticherie, nessuna morale aiuta
meglio il progresso dell'umana coscienza e delle istituzioni.
Non posso tentare di provare, qui, anche in minima
parte, la solidità di queste affermazioni ; aspettando che ognuno se ne
accerti per conto proprio ne faccio una questione di fiducia. Ma la
fiducia del cattolico non deve rivolgersi spontaneamente a colei che ha
ricevuto la missione e la grazia per guidare daJl'alto il volo del suo
spirito ?
La Chiesa crede oggi, come l'ha creduto dal primo
giorno, che il tomismo è un'arca salvatrice, capace di mantenere in
salvo gli spiriti, nel diluvio delle dottrine. Essa non lo confonde con
la fede, e neppure con la scienza considerata in tutta la sua ampiezza;
sa che non è infallibile e che ha partecipato degli errori del suo
tempo in tutto ciò che è teoria transitoria; ma stima che la sua
membratura risponda alla costituzione del reale e dell'intelligenza, e
constata come la scienza e la fede vi concorrono perché esso ha preso
posizione tra loro come un castello all'incrocio di due vie.
In questo campo non si può imporre niente ; ma io dico
a colui che si dedica alla scienza comparata, cioè che forma il
proponimento di procedere di pari passo nelle scienze particolari, nella
filosofia e nella teologia come in un'unica e sola ricerca:
interrogatevi, cercate di aver nel cuore sufficiente fede nella vostra
guida secolare, da non doverle mer-
NEL CAMPO DEL LAVORO 93
canteggiare una libera adesione filiale. Se ci riuscite
la vostra fedeltà avrà la sua ricompensa; salirete ad un livello
sconosciuto al solipsismo orgoglioso e alla modernità sprovvista
di una base eterna. ^
, LA SPECIALIZZAZIONE
Completiamo subito quello che abbiamo detto della
scienza comparata, perché non si creda che, con questo nome, tendiamo
ad una scienza enciclopedica.
Più si sa, date certe condizioni, e meglio è; ma
siccome di fatto queste condizioni ci sono raramente e oggi meno che
mai, lo spirito enciclopedico è nemico della scienza.
La scienza consiste in profondità più che in vastità
di superficie. Essa è una conoscenza delle cose attraverso alle cause e
le cause vanno a fondo come radici. Bisogna sempre sacrificare
l'estensione alla penetrazione per questa ragione, che l'estensione per
sé stessa non è niente, e che la penetrazione, introducendoci al
centro dei fatti, ci fornisce la sostanza di quello che si cercava.
Abbiamo consigliato una certa estensione, ma proprio in
favore della profondità e a titolo di formazione. Una volta raggiunta
la formazione e assicurate le possibilità d'approfondimento, bisogna
incominciare a scavare e solo la specializzazione ce ne rende capaci.
Capita di frequente che ciò che è indispensabile al
principio divenga nocivo in seguito. Il danno si manifesterebbe qui in
più d'una maniera e condurrebbe per vie diverse alla decadenza dello
spirito.
Al principio ognuno ha le proprie capacità, le proprie
risorse, le difficoltà inferiori o esteriori e ci dobbiamo chie-
94 \- LA VITA INTELLETTUALE
dere se sarebbe saggio coltivare ugualmente ciò per cui
abbiamo disposizione e ciò che è più o meno fuori dalle nostre
possibilità. Vincere una difficoltà è bene e si deve fare, ma la vita
intellettuale non deve essere un continuo acro-batismo. E' molto
importante lavorare con gioia, con relativa facilità dunque e nella
dirczione delle proprie disposizioni. Avanzando ugualmente per diverse
vie bisogna cercare di indovinare sé stessi e, una volta capita la
propria vocazione speciale, bisogna dedicarvisi esclusivamente.
In seguito un pericolo minaccia gli spiriti che si
occupano di troppe cose: ed è il contentarsi di poco.
Soddisfatti dalle loro esplorazioni attraverso tutto;
sospendono il proprio sforzo ; i loro progressi, rapidi in principio,
son quelli del fuoco fatuo sulla terra. Nessuna energia si dispiega a
lungo se non viene stimolata dalla crescente difficoltà e sostenuta
dall'interesse, anch'esso crescente, di un laborioso lavoro
d'escavazione. Dopo aver esaminate l'insieme, e averlo giudicato nelle
sue relazioni e nell'unità dei principii fondamentali, è urgente, se
non si vuoi restare sempre allo stesso punto, di darsi ad un lavoro
preciso, limitato, proporzionato alle proprie forze, e di dedicarcisi
con tutta l'anima.
Le nostre proposizioni poco fa enunciate trovano qui la
reciproca. Dicevamo: Bisogna mettersi per vie differenti per aver il
senso degli incontri ; bisogna abbracciare tutta la terra per
raggiungere le profondità. Quando si sa a fondo una cosa, per poco che
non si sia ignoranti delle altre, queste altre cose si avvantaggiano
dell'approfondimento compiuto sulla prima. Tutti gli abissi si
somigliano, tutte le fondamenta comunicano.
Per di più, supponendo che uno si dedichi con la stessa
durevole energia a tutti i rami del sapere, ci si troverebbe
NEL CAMPO DEL tÀVORO 03
ben presto davanti ad un lavoro impossibile. Che fare?
Avendo voluto essere legione, avremo dimenticato perfino d'esser
qualcuno; volendo diventare giganti ci diminueremo come uomini.
Nella vita ciascuno ha l'opera sua, e ci si deve
applicare coraggiosamente, lasciando agli altri quel che la Provvidenza
riserva per loro. Bisogna evitare la specializzazione fintante che non
si sia divenuti uomini colti e, per quanto riguarda l'eroe di questo
libro, uomini superiori ; ma bisogna far nuovamente appello alla
specializzazione quando si tratti -di essere un uomo, che esercita una
funzione e che si propone un rendimento utile. In altri termini, bisogna
comprendere tutto, ma con lo scopo di pervenire a fare qualche cosa.
'^1 SACRIFICI NECESSARI
Da tutto ciò si conclude alla necessità di risolversi,
a suo tempo, ai sacrifici necessari. E' doloroso il dire a sé stessi :
prendendo una via ne abbandono mille. Tutto è
interessante; tutto potrebbe essere utile; tutto attrae e seduce uno
spirito generoso ; ma c'è la morte ; ci son le esigenze dello spirito e
delle cose: bisogna ben sottomettersi e contentarsi di avere, per tutte
le cose che il tempo e la giusta moderazione vi tolgono, uno sguardo di
simpatia, che sarà pure un omaggio al vero.
Non vi vergognate d'ignorare ciò che non potreste
sapere che a prezzo della dispersione. Che ve ne sentiate umiliati, sì,
visto che ciò segna i nostri limiti ; ma l'accettare i nostri limiti è
una virtù da cui risulta una grande dignità:
quella dell'uomo che resta nella legge e che compie la
propria missione.
95 'LA VITA INTELLETTUALE;;
,'F-'
Noi siamo piccola cosa, ma facciamo parte di un tutto e
ne abbiamo l'onore. Ciò che noi non possiamo fare, Dio lo fa, lo fanno
i fratelli ed è come se lo facessimo noi stessi che siamo con loro
nell'unità dell'amore. Non vi crediate dunque capaci di tutto :
misurate voi stessi e misurate il vostro:' compito. Dopo qualche
inevitabile incertezza sappiate limi-i tarvi senza rigidezza: per mezzo
di letture e, occorrendo,!, anche di piccoli lavori, conservate il
beneficio della cultura;;
generale acquistata precedentemente, il contatto coi
vasti' orizzonti ; ma il più e il meglio del vostro tempo e delle;
vostre forze impiegatele nel concentrarvi. Il
semi-scienziato non è colui che sa la metà delle cose, è colui che le
sa a mezzo. Sappiate ciò che avete-stabilito di sapere, e volgete un
semplice sguardo a tutto il resto. Ciò che non fa parte deila vostra
vocazione precisa, abbandonatelo a Dio che ne avrà cura. Non rinunciate
alle vostre personalità per volervi sostituire a tutti.
CAPITOLO VL
LO S P I R I
T
ólib E L LAVORO
Una volta determinato il campo del lavoro, è bene
fissare lo spirito che deve animare il lavoratore e questo dovrà essere
innanzi tutto — prima ancora di determinare qualsiasi modo particolare
della sua applicazione — uno spirito di Zelo. a Illuminati sui tuoi
dubbi » dice S. Tommaso al suo discepolo. Uno spirito attivo è
costantemente in cerca di qualche virtù, che costituisce per lui in
quel momento la immagine della verità integrale alla quale ha votato il
suo , culto. L'intelligenza è simile al fanciullo, che non cessa mai di
domandare: «perché?». Un buon educatore non lascia' mai insoddisfatta
questa feconda ansietà ; ma profitta di ogni nuova curiosità, come di
un rinnovato appetito, per nutrire solidamente il nascente organismo
spirituale.
L'ARDORE DELLA RICERCA
L'anima nostra non invecchia, ma si sviluppa continua'
mente; rispetto alla verità è sempre fanciulla. E poiché la sua
educazione permanente è affidata a noi stessi, dobbiamo, per quanto è
possibile, non lasciare mai insoluto alcuno di quei problemi che si
pongono durante il corso del nostro
7 — La vita intellettuale.
98
LA VITA INTELLETTUALE
lavoro ne senza appropriata conclusione le nostre
investigazioni. L'uomo di studio sia dunque sempre in agguato per;
sorprendere la verità. Mentre è dedito al proprio
lavoro, lo;;,'
'Spirito spira in lui, forse si rivela al di fuori,
invia i suoi pro-^ feti, uomini, cose, libri, avvenimenti: l'anima
attenta non deve trascurar nulla, perché questo spirito di verità,
come la Grazia, spesso passa e non torna. Del resto non è esso stesso
> una grazia?
La grande nemica del sapere è la nostra indolenza ; e ;
quella pigrizia originaria che rifugge dallo sforzo, che
ci permette ogni tanto qualche breve slancio ; ma ben presto ci fa
ricadere in un automatismo negligente, considerando come un vero
martirio ogni slancio vigoroso e costante. Un martirio forse, data la
nostra costituzione, ma a questo martirio bisogna pur essere preparati
se non vogliamo rinunciare allo studio : che cosa si può infatti
compiere senza una maschia energia? Lo spirito è come un aereoplano che
non può mantenersi in alto se non progredendo con tutta la forza della
sua elica. Fermarsi è cadere.
Al contrario un ardore tenace può condurci al di là di
tutti i limiti previsti nei nostri sogni. Non si sa fino a qua! punto
l'intelligenza è duttile e capace di slancio. Bossuet ha detto: «Lo
spirito dell'uomo può fare scoperte all'infinito;
; solo la pigrizia pone limiti alla sua sapienza e alle
sue inven— zioni ». Quel che noi prendiamo come barriera non è, per
lo più, che l'impedimento opposto dai nostri difetti e dalla debolezze
dei nostri sensi. Tra la concezione e il progetto, tra il progetto e
l'esecuzione, tra l'esecuzione e il compimento di un'opera quante
incertezze e quante cadute!
La consuetudine dello sforzo ravvicina queste tappe e ,
fa sì che si giunga rapidamente dalla concezione al compimento. L'uomo
forte innalza davanti a sé la scala di Gia-
LO SPIRITO DEL LAVORO 99
cobbe perché vi ascendano e discendano gli Angeli che
ci ;
visitano. • / ^
Certi spiriti giungono presto a contentarsi di alcune
conquiste. Hanno incominciato col lavorare, ma in seguito hanno perduto
il senso del loro vuoto : non sospettano neppure che siamo sempre vuoti
di ciò che non abbiamo e che in un campo illimitato di ricerche non si
può mai dire c< fermiamoci qui ». Se non si trattasse che di
apparenza e di utilità, un piccolo patrimonio di idee potrebbe bastare.
Molti si giovano così di un leggero paravento per mascherare ad altri e
a sé stessi una immensa ignoranza. Ma una vera vocazione non si
soddisfa con sì poca spesa. Essa considera ogni acquisto come un punto
di partenza: sapere, cercare, sapere ancora e ricominciare a cercare è
la vita dell'uomo consacrato alla verità, come il guadagno è sempre lo
scopo dell'avaro, qualunque sia la sua ricchezza. L'intellettuale
sincero dice ogni giorno al Dio di Verità: « Lo zelo della tua casa mi
divora».
Sono sopratutto coloro che hanno già progredito, quelli
che debbono guardarsi da una simile tentazione. Conosciamo bene il caso
di quelli che chiamiamo « i santoni » vecchi scienziati, soffocati
dagli omaggi, sopraffatti dalle esigenze altrui e che perdono
nell'esibizionismo il tempo altre volte dedicato alle indagini. Meglio
attrezzati non producono più ;
sorretti in tutti i modi, non sono più che l'ombra di
sé stessi. Del pittore Henner alla fine della vita si diceva: « Non fa
più che del falso Henner ». Io non sottoscrivo questo giudizio ma la
frase crudele dovrebbe incutere spavento a tutti coloro cui si potrebbe
indirizzare.
Non bisogna dissimularsi che anche fra i giovani si
riscontra questo rammollimento prematuro, per cui, contenti di qualche
reale o apparente conquista, la sfruttano senza misura, e sciupano in un
lavoro di sottilizzazione quelle ener-
100
LEVITA INTELLETTUALE^^
gie che sarebbero molto più utilmente impiegate in
nuove conquiste. ' . Il vero pensatore s'accinge al lavoro con
tutt'altro spirito; è trascinato da un istinto di conquistatore, da una
foga, ;
da uno slancio, da una ispirazione eroica. Un eroe, non
si pone limiti. Un Guynemer considera una vittoria come la ;
prova generale di un'altra vittoria futura; con
attività mol-, ,'.! teplice egli vola, contrattacca,
colpisce l'avversario, si rivolge i?1 i contro un altro e
vede solo nella morte la fine della sua|'i'';;
carriera. .^'^
Bisogna cercare continuamente, non desistere dallo';.
^, sforzo. La natura fa rifiorire l'erba selvatica, fa brillare gli
astri, fa scorrere l'acqua giù dai monti, le fa superare gli osta- '
coli, colmare gli avvallamenti sempre sognando il mare che i"
l'attende e che forse raggiungerà. La creazione, in qualun- '.i que
stadio, è una continua aspirazione e lo spirito che è in ' ;
potenza tutte le cose, non può limitar da sé stesso le
proprie t forme ideali, più di quel che non possa limitare
le forme naturali di cui quelle sono il rinesso.
Questo spirito di zelo si deve conciliare con una
concen- i / trazione che ci viene raccomandata da tutti gli uomini di
pensiero profondo. Non c'è nulla di tanto disastroso quanto la
dispersione. Diffondere la luce equivale a indebolirla in proporzione
geometricamente crescente. Se invece si concentra con l'interposizione
di una lente, quello che prima era appena scaldato dal libero
irradiamento brucia al fuoco in cui convergono tutti i raggi. Bisogna
che il vostro spirito impari a farsi una lente della attenzione
convergente ; che l'anima vostra sia tutta protesa verso quello che vi
si impone come idea dominante, assorbente-Ordinate in serie successive i
vostri lavori per potervi dare tutti intieri a ciascuno.
LO SPIRITO DEL LAVORO 101
Che ogni compito vi occupi a fondo come se ci fosse
quello solo. Questo era il segreto di Napoleone e di tutti gli uomini di
grande attività. Gli stessi geni furono grandi solo perché applicarono
tutta la forza di cui erano capaci là dove avevano deciso di segnare la
propria impronta.
Bisogna fare una cosa per volta a tempo debito, quando
si siano raggiunte tutte le condizioni necessario, consacrandole la
pienezza delle risorse di cui si dispone, e una volta condotta a termine
si può passare tranquillamente ad una altra. E' incredibile quale
cumulo di lavoro si possa compiere con questo sistema che evita
un'inutile agitazione.
Non intendo con ciò che non si possano avere varii
lavori in cantiere ; anzi questo è necessario perché l'interruzione e
l'alternarsi di differenti lavori ci riposa e ci permette di giudicarci
meglio e, quando ce ne sia bisogno, anche di riprenderci. Vuoi dire che
quello che abbiamo notato a proposito della concentrazione va applicato
ugualmente ad ogni lavoro e ad ogni sua ripresa. Mentre ci dedichiamo a
questo, dobbiamo escludere quello, stabilire un sistema di tramezzi per
poter approfondire una data questione e solo dopo fatto ciò passare ad
un'altra.
Gli andirivieni non concludono a nulla. Il viaggiatore
che va a tentoni e si mette successivamente per vie diverse si stanca,
si scoraggisce e non procede. Invece la continuità per una stessa via,
e le energiche riprese, che seguono, ai riposi opportuni, come quando la
prima fase di un'azione sia compiuta, è il sistema di ottenere una
produzione massima, e di conservare al tempo stesso il pensiero
limpido,, il coraggio intatto. L'anima del vero lavoratore, nonostante ;
la molteplicità successiva delle sue preoccupazioni,
dovrebbe;;
sempre mostrarsi tranquilla e nobile di fronte
all'ostacolo.
Aggiungete che questa legge, uguale per ogni genere di:
102 LA VITA INTELLETTUALE
attività, si rafforza quando si tratti di pensiero
puro, in ragione dell'unità del vero e dell'importanza-di mantenercene
sotto gli occhi tutti gli elementi, perché ne venga fuori la;
luce. '.^
Ogni idea, per poco che sia tale veramente, è ricca
all'infinito ; collegandosi a tutte le altre essa può rigenerarsi
continuamente. Finché si scoprono queste luminose dipendenze, finché
brilla il vero, non distorcete lo sguardo, tenete m mano il filo che vi
guida nel labirinto ; gettate il seme di un pensiero fecondo, poi il
seme della nuova pianta; non vi stancate ne di coltivare ne di seminare:
un germe solo basta per tutto un campo.
Tutti i lavori di uno spirito equilibrato dovrebbero
essere sviluppo di un unico pensiero, d'un sentimento della vita che
cerca le sue forme e le sue applicazioni: a più forte ragione tutti gli
atti di un dato periodo, di una impresa, di una seduta di studio si
devono orientare, sistemare con stretta disciplina. Scavando sempre lo
stesso buco si scende a grandi profondità e si strappano alla terra i
suoi segreti.
Uno degli effetti di tale concentrazione sarà la
cernita che faremo in quella confusa massa che quasi sempre ci si
presenta, quando iniziarne le prime ricerche. A poco a poco scopriremo i
collegamenti essenziali e tutto il segreto delle opere possenti consiste
principalmente in questo. Nella molteplicità non si riscontra alcun
valore; esso si trova invece nelle relazioni fra qualcuno degli elementi
che governano tutto il fenomeno o tutto l'essere, che ne forniscono la
legge, e permettono perciò a suo riguardo la creazione originale,.
l'opera insigne, e d'indiscutibile valore.
Alcuni fatti scelti bene, o alcune idee forti, forti
dico per la loro coerenza e per la loro concatenazione più che per il
tenore, sono materia sufficiente ad una produzione geniale.
LO SPIRITO DEL LAVORO 103
Tutta l'arte degli uomini grandi ha consistito nel
dirigere bene le investigazioni e nell'impostare bene il lavoro; ed è
questo che ciascuno di noi deve cercare di imitare, per riuscire a
mettere in opera tutte le energie di cui ciascuno è capace. ,.
L'OBBEDIENZA ALLA VERITÀ
Ma una cosa anche più importante è il sottomettersi,
nello stesso tempo che alla disciplina del lavoro, anche a quella del
vero, condizione strettamente necessaria, per trattare la verità.
L'ubbidienza pronta ci rende atti a percepire la verità e per andare
incontro a questa dobbiamo avere un'anima rispettosa. La verità si
lascia cogliere solo da chi si sia spogliato di tutto, per contentarsi
di lei solamente. L'intelligenza che non si abbandona sta in una
posizione di scetticismo e lo scettico è male disposto per ricevere la
verità. La scoperta è un fatto dovuto alla simpatia e chi dice
simpatia dice dono. Col pensiero noi troviamo le cose ma non le creiamo
: rifiutare di sottometterci ad esse significa incontrarle, e non
sottometterci anticipatamente, equivale a sfuggirle. Cedendo al vero e
cercando di spiegarcelo meglio che possiamo, purché senza una
colpevole, volontaria alterazione, noi finiamo coll'esercitare un culto
al quale il Dio interno e il Dio Universale risponderanno rivelandoci la
loro unità ed associandosi all'anima nostra. Anche in questo, come in
tutto il resto, il nemico di Dio è l'egoismo.
Questa sottomissione presuppone l'umiltà e sarà bene
ricordare qui quello che dicevamo a proposito delle virtù nel regno
dell'intelligenza ; perché le virtù hanno tutte per base l'esclusione
della personalità orgogliosa che ha ripu-
104 LA VITA INTELLETTUALE
gnanza all'ordine. Intellettualmente, l'orgoglio è il
padre delle aberrazioni e delle creazioni fittizie; l'umiltà è
l'occhio '< con cui si legge il libro della vita e quello
dell'universo. ,'•
Lo studio si potrebbe definire dicendo: E' Dio che^
prende coscienza, in noi, dell'opera sua. L'intendimento,;
come ogni altra azione, viene da Dio e torna a Lui
attra- i versandoci. Dio ne è la causa prima e il fine ultimo : ma al%
passaggio il nostro io troppo esuberante può far deviare il;
volo. Cerchiamo piuttosto di aprire gli occhi da savi
perché;
il nostro Spirito inspiratore vegga. ,?
In fin de' conti il nostro intelletto è una facoltà
passiva ; •:' si è intellettualmente forti in proporzione di quanto
si è ri-A cettivi. Non che non ci sia luogo a reagire ma la reazione •{',
vitale, sulla quale ci dilungheremo, non deve mutare in,-niente il
tenore delle cognizioni che abbiamo acquistato, ma solo farle nostre.
Una vasta cultura, popolando lo spirito vi crea delle nuove attrazioni e
ne aumenta la capacità, ma senza umiltà, questa attrazione esercitata
all'esterno diverrà anche essa fonte di menzogna. Invece la luce viene
da tutte le parti allo spirito colto ed umile come l'aurora sulle cime
dei monti.
Oltre all'umiltà si raccomanda ai pensatore una certa
passività d'attitudine, che risponda alla natura dello spirito e a
quella dell'ispirazione.
Noi sappiamo poco come funzioni lo spirito, ma sappiamo
che la prima sua legge è la passività. Conosciamo anche meno le vie
dell'inspirazione, ma possiamo constatare che essa utilizza in noi più
l'incoscienza che le iniziative. Noi ci inoltriamo in mezzo alle
difficoltà come un cavaliere in mezzo alle tenebre: vai meglio
affidarci alla nostra cavalcatura che tirarle indiscretamente la
briglia.
Una attività troppo volontaria rende l'intelligenza
meno
LO SPIRITO DEL LAVORO 105
sicura e meno atta a ricevere ; agitandoci troppo
rafforziamo la nostra individualità mentre per capire, bisogna cercare
di perderla e di lasciarsi penetrare dalla verità. Bisogna cercar di
pensare nell'oggetto della scienza e non in sé stessi come, quando si
parla, si parla nello spazio e non nelle proprie cavità, e i cantanti
lo sanno bene; quelli che hanno provato l'inspirazione mi capiranno.
Bisogna guardare attraverso lo spirito verso le cose e non nello
spirito dimentico delle cose. Nello spirito c'è quello con cui
si vede ma non quello che si vede: che il mezzo non ci distragga
dal termine.
Ecco il lavoro profondo : lasciarsi penetrare dalla
verità; sommergersi dolcemente, annegarsi in lei, non più pensare che
si pensa, che si è, ne che nulla al mondo è, fuori dalla stessa
verità. Questa è l'estasi beata. Per S. Tommaso l'estasi è figlia
dell'amore, che ci trasporta al di fuori verso l'oggetto dei nostri
sogni: l'attitudine di contemplazione e di produzione feconda, consiste
nell'amare la verità con tanto ardore, da concentrarsi in lei e
trasportarsi così nell'universale, in ciò che è, in seno alle verità
permanenti. Si sta allora come raccolti in sé, ma con l'occhio fisso
sulla preda, come la belva, e la vita intima è intensa, ma con un senso
di lontananza, come se si circolasse fra gli astri. Ci si sente
agili ed incatenati, liberi e schiavi ; dandosi a chi è più alto di
sé si resta più pienamente sé stessi : perdendosi ci si esalta. E' il
nirvana dell'intelligenza rapida e possente.
Se siete visitati da questo spirito, badate dunque a non
scoraggiarlo o respingerlo anteponendogli una forma di lavoro
completamente artificiale ed esteriore. Se è assente, affrettatene il
ritorno con umili voti. Sotto l'azione illuminatrice di Dio, si fanno
maggiori progressi di quel che non si facciano, in un tempo molto più
lungo, abbandonati soltanto alle proprie astrazioni : « Un giorno solo
passato nel
106 LA VITA INTELLETTUALE
tuo tabernacolo o Signore vale più di mille» (Sai.
LXXIII, 2) Evitate per quanto è possibile il ritorno ad una attività
voluta. Lo spirito deve essere la cera, non il sigillo perché la linea
della verità resti pura. Praticate un santo abbandono, ubbidite a Dio,
siate come il poeta ispirato, come l'oratore sollevato da un'intima
onda.
D'altra parte dovendovi trovare a contatto con altri
uomini per mezzo di letture, di lezioni o di visite, tenete conto di
questa regola d'oro che S. Tommaso pone al centro dei suoi sedici
precetti: «Non badare a chi è che dice le cose, ma affida alla memoria
tutto ciò che si dice di, buono ».
La storia delle scienze è seminata da mille esempi di
resistenza di spirito contro spirito, di genio contro genio, di scuola
contro scuola. Laènnec si oppone e Broussais, Pou-chet a Pasteur :
Lister ha contro di sé l'Inghilterra, Harvey tutta l'umanità al di
sopra dei quarant'anni.
Se le leggi fisiche soggiogano la materia, perché lo
spirito ha tanta difficoltà a piegare gli altri spiriti? Nella Prima
ai Corinti (e. xiv) si dice che se al minimo fra i fedeli in ora- .
zione sarà rivelata qualche eosa, gli altri devono tacere e.;;
ascoltarlo. A proposito di ciò S. Tommaso fa questa
rifles- i;;;
sione: « Nessuno, per quanto sia sapiente deve
respingere la .;' dottrina di un altro, per quanto questo sia piccolo »
(1) e ciò '^;
ha riferimento ad un altro consiglio paolino : «
Stimatevi in i^!:' tutta umilità superiori gli uni agli
altri » (Philip. X, 3). Quel—i;;;
lo è superiore, in un dato momento, che si trova più
vicino, ;
alla verità e ne riceve la luce. ;:, ' .
In ogni pensiero quello che importa non è l'origine ma
;;
la sostanza: perfino nel genio ciò che interessa non è
Aristo- ,
(1) In Evang. Johann. Cap. IX lect. 3
LO SPIRITO DEL LAVORO 107
tele, o Leibnitz o Pascal ma la verità. Anzi più
un'idea è preziosa e meno è importante saperne l'origine. Assorgete
dunque all'indifferenza delle fonti. Il diritto appartiene soltanto alla
verità e le appartiene dovunque élla si mostri. Se non bisogna
rendersi schiavi di nessuno, ancor meno bisogna disprezzare nessuno', E
se non è opportuno credere a tutti, non si deve neppure rifiutare fede
a nessuno che esibisca i propri titoli. In questo consiste la vera
libertà, e la sua ricompensa è vastissima. Noi siamo propensi a
crederci in possesso di tutto, capaci di tutto, e ascoltiamo
distrattamente la voce altrui. Solo qualche persona, o qualche libro
privilegiati hanno la nostra attenzione e ci servono da ispiratori.
In realtà invece l'ispirazione è dappertutto, lo
Spirito soffia nelle valli come sulle alte vette ; anche nella più
povera intelligenza c'è un riflesso della Sapienza infinita e la
profonda umiltà sa discernerlo.
Come si fa a non sentire la presenza di Dio quando
c'è un uomo che insegna? Il maestro ne è l'immagine; immagine
talvolta deformata ma spesso autentica e la deformazione è sempre
parziale. Anziché alzar le spalle o opporsi aspramente sarebbe più
utile domandarsi fino a che punto egli sia nel vero e quanto costerebbe
il correggerlo.
E' sempre inutile opporsi, è meglio riflettere.
Dovunque il Dio di verità ha lasciato qualche cosa di sé, noi dobbiamo
affrettarci a raccogliere, a venerare religiosamente e a utilizzare con
diligenza. Non raccoglieremo la messe là dove è;
passato il seminatore divino?
108 LA VITA INTELLETTUALE
PIÙ LARGHI ORIZZONTI
Da ultimo per nobilitare lo spirito di lavoro bisogna
unire all'ardore, alla concentrazione, alla sottomissione anche uno
sforzo per ampliare la visione, sforzo che dia ad ogni studio ed ad ogni
produzione intellettuale una portata in certo senso totale.
Nessun problema è mai circoscritto in sé stesso, ma
sconfina in ragione della sua natura, poiché per intenderlo bisogna
risalire a sorgenti più alte.
A questo punto ci può giovare quanto abbiamo detto
della scienza comparata. Ogni oggetto del nostro studio appartiene ad un
insieme nel quale è attivo e passivo, subisce e pone delle condizioni :
non si può studiarlo separatamente. La specializzazione, o analisi,
può essere un metodo ma non deve diventare uno spirito. Lo studioso non
può lasciarsi ingannare dal suo stesso strattagemma. Se isoliamo un
pezzo d'un meccanismo per vederlo meglio, mentre lo teniamo in mano e
l'osserviamo, dobbiamo, nel pensiero, mantenerlo al suo posto e vederlo
funzionare in tutto l'insieme, altrimenti altereremmo la verità tanto
dell'insieme reso incompleto, quanto della parte resa incomprensibile.
Il vero è uno : tutto si ricollega nell'unica suprema
verità: fra un oggetto particolare e Dio vi sono tutte le leggi del
mondo, l'estensione delle quali va mano mano crescendo a partire dalla
legge applicata a tale oggetto, fino all'eterno Assioma. D'altra parte
anche lo spirito dell'uomo è uno e non può sentirsi soddisfatto dalla
menzogna di specializzazioni, considerate come frammenti sparsi del vero
e del bello.
Per quanto angusta sia la ricerca e minuto l'oggetto di
osservazione, si trovano sempre in causa tutto l'uomo e tutto
LO SPIRITO DEL LAVORO 109
l'universo, perché tanto il soggetto che l'oggetto
mirano all'universale. Studiare veramente una cosa, equivale ed evocare,
per gradi, il senso di tutte le altre e quello della loro solidarietà,
equivale a inserirsi nel concerto degli esseri per ritrovare l'universo
e sé stessi.
Parlavamo poco fa della concentrazione; ma è noto che
non volevamo in nessun modo, per questo fatto, restringere lo studio.
Concentrazione ed espansione si conciliano bene, sono ambedue
necessario. Per concentrazione intendo convergenza dell'attenzione su di
un punto ; per espansione il senso che questo punto è il centro di un
vasto insieme, o meglio il centro del tutto, poiché nella sfera immensa
<c il centro è dovunque e la circonferenza in nessuna parte ».
Lo spirito umano ha questa doppia tendenza : unificare
le parti per giungere ad una sintesi comprensiva e perdere il senso
dell'unità, sviandosi nei particolari. Occorre equilibrare questa
doppia tendenza. La prima risponde allo scopo della scienza, la seconda
alla nostra debolezza. Noi dobbiamo circoscrivere per meglio penetrare,
e poi tornare ad unire per meglio comprendere.
Quando lavorate badate a non guardare le cose da un
punto di vista troppo basso ; pensate altamente, conservate l'anima del
veggente anche mentre analizzate le piccole par-ticolarità più
insignificanti del vero, e a più forte ragione, guardatevi dal
rimpicciolire le questioni sublimi. Bisogna che vi sentiate in rapporto
coi grandi segreti, che respiriate all'unisono con gli esseri grandi ;
bisogna che vediate la luce che filtra qua e là ma, seguendo quel
raggio, bisogna anche che arriviate a vedere quella che inonda gli
universi e a scoprire la prima Fonte da cui emana.
Corot non dipinge mai un albero senza orizzonte:
Vela-squez mette le sue Ménines in pieno Escuriale, nella pienezza
HO LA VITA INTELLETTUALE
della vita e sarebbe più appropriato dire nella
pienezza dell'Essere, perché è questo sentimento del mistero
dell'Essere che fa ascendere alla grandezza del genio quel prodigioso ;
^ talento, il quale incanta l'anima ed allieta lo sguardo. >
L'artista deve sentirsi in uno stato di meditazione uni-
''^ versale a proposito del minimo dettaglio ; lo scrittore, il filo-
" sofo, l'oratore, in uno stato di pensiero e di emozione uni- ^
versali. Toccando con un dito un punto del mappamondo',;
bisogna sentirne tutta la grandezza e tutta la
rotondità. E' ^ sempre dell'insieme che si parla- ^'f
Evitate quegli spiriti che non possono mai liberarsi
dalle "ì regole di scuola, che sono schiavi del loro
lavoro, invece di ;
spingerlo avanti in piena luce. Il farsi inceppare da
alcune :
formule grette, il pietrificare il proprio spirito in
alcune for- ' me letterarie è un marchio d'inferiorità che è in piena
con- ;IA traddizione con la vocazione intellettuale. ^
II genio sta nel saper vedere nel lavoro, quello che ','
non ci si metterà, e nei libri quello che non potrebbero dire. Il vero
tesoro di un grande testo è ciò che vi si legge tra le righe, che
suggerisce, che fa pensare come nulla sia estraneo ai profondi pensieri
dell'uomo. Invece di -vuotarli, o di diminuirli, attribuite dunque ai
soggetti più ristretti ciò che ne costituisce la solida sostanza, che
non ap- ' partiene a loro soli ma che hanno in comune con altri, anzi /:
con tutti gli altri, come la luce è comune ai colori e
alla loro ' distribuzione sugli esseri.
L'ideale sarebbe di stabilire nel proprio spirito una
vita ; ' in comune di pensieri che si penetrino e che divengano, per ;
così dire, uno solo. Così accade in Dio e dove trovare
un mo- ', dello migliore per guidare da lontano la nostra povera scien-
' za? Lo spirito di contemplazione e di orazione che abbiamo richiesto
ci avvicinerebbe naturalmente a questo stato che ne ;'
LO SPIRITO DEL LAVORO 111
è la conseguenza diretta. Adottando il punto di vista
divino, grazie a cui ogni cosa raggiunge l'armonia suprema e tutte la
loro coesione, ci si deve sentire al centro di tutto, invitati da
ricchezze e da possibilità infinite.
Riflettendoci bene noteremo come quella specie di
abbagliamento che ci prende di fronte ad ogni nuova verità, si
ricolleghi a questo senso delle prospettive indefinite e dei legami
universali. Un'unico passo fatto in dirczione del vero diventa come un
fiotto di luce. Si vede il mondo sotto una luce nuova: si sente
palpitare il tutto a contatto del frammento ritrovato. Più tardi questa
idea, riportata di qua dai confini in cui rappresentava la parte di
battistrada, potrà apparire meschina a colui che ne era stato
abbagliato ; non evocando più che se stessa perde vita e delude il
sentimento dell'infinito che è l'anima di ogni ricerca.
Gli uomini grandi hanno sofferto di questo inaridimento
del pensiero. Avevano una grande visione e han trovato piccoli
risultati. Per questa ragione non bisogna leggere neanche loro con
spirito letterale, librario, ma con uno spirito più alto che li
renderà semplicemente a sé stessi. La lettera uccide : che la lettura
e lo studio siano spirito e vita.
IL SENSO DEL MISTERO
Basti il dire che il sentimento del mistero deve
perdurare anche dopo il nostro massimo sforzo, anche dopo che la verità
gli ha sorriso. Coloro che credono di capire tutto, provano, con questo
solo fatto, che non hanno capito nie-ite. Coloro che si contentano di
risposte provvisorie a problemi che di fatto si ripresentano, falsano la
risposta che vien data loro con l'ignorare che è una risposta parziale.
Ogni questio-
JJ2 LA VITA INTELLETTUALE
ne è un enigma che Dio ci propone, a traverso la
natura:
quello che Dìo propone. Dio solo può risolvere. Le
porte dell'infinito son sempre aperte.
La parte più interessante di ogni cosa è quella che
resta inespressa. Dice Pascal che « di nulla noi sappiamo veramente
tutto » e Claude Bernard aggiunge che « per capire a fondo una cosa
sola bisognerebbe capirle tutte ». Della piena verità in qualunque
campo si può dire ciò che diceva di Dio S. Agostino: «Se lo capisci,
persuaditi che non è così». Ma lo spirito meschino crede di possedere
il cosmos e le sue ricchezze ; quando ha in mano un secchio d'acqua
brillante dice: guardate mi sono impadronito dell'oceano e degli astri.
S. Tommaso,alla fine della sua vita, colpito da questo
senso del mistero universale, rispondeva a frate Reginaldo che lo
istigava a scrivere : « Reginaldo, non posso più : tutto ciò che ho
scritto non mi sembra che paglia ». Non bisogna però avere la
presunzione di augurarsi che questa profonda sfiducia venga troppo
presto ; essa non è che un premio : è il silenzio precursore del grido
di vittoria di cui vibrerà tutta l'anima inondata dalla luce. Ma un po'
di questo sentimento è il miglior correttivo dell'orgoglio, che acceca,
e delle pretensioni che sviano ; ed è anche uno stimolo al lavoro
perché le luci lontane ci attirano finché conserviamo la speranza di
raggiungerle. Viceversa credendo che tutto sia sfato detto e che non ci
resti che di imparare si finisce con il lavorare e con l'immobilizzarsi
in un campo ristretto.
Una natura elevata sa che le nostre illuminazioni
intcriori non sono che gradini d'ombra per i quali ascendiamo verso gli
splendori inaccessibili- Noi balbettiamo e il mistero del mondo è
impenetrabile. Studiare significa determinare qualche condizione,
classificare qualche fatto, si studia sul serio soltanto se si pone
questo poco sotto gli auspici di c;uel
LO SPIRITO DEL LAVORO » M3
molto che ancora si ignora, il che non equivale a porlo
nel"\ l'oscurità, giacché la luce invisibile è quella che rende
me-;:
glio i riflessi della nostra notte astrale.
Il mistero è sempre la vera luce di quel che si
conosce-, come l'unità è la fonte del numero: come l'immobilità è il
fulcro delle corse vertiginose. Sentir fremere in sé stesso tutto
l'essere e tutta la durata, invocarli in testimonianza, è sempre non
ostante il loro silenzio, il modo migliore per conquistare il vero. Ogni
cosa ha relazione con tutte le altre e le più chiare relazioni degli
esseri si immergono nelle tenebre che noi andiamo frugando.
8 — La vita intellettuale.
CAPITOLO VII.
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO
A) LA
LETTURA
Lavorare significa apprendere e produrre: e fra i due
scopi è necessaria una lunga preparazione. Produrre è infatti un
risultato e per apprendere, in materie ardue o complesse, è necessario
aver attraversato il semplice e il facile. S. Tom-maso ci dice : « Non
si giunge al mare d'un colpo, ma seguendo i ruscelli».
Or la lettura è il mezzo universale per imparare ed è
la preparazione ; mediata o lontana, di ogni produzione.
Noi non pensiamo nell'isolamento, ma in società, m una
immensa collaborazione, lavoriamo con i lavoratori dei passato e con
quelli dei presente.
Grazie ai la lettura tutto il mondo intellettuale può
paragonarsi ad una sala di redazione o ad un ufficio: ognuno trova nei
vicini l'avviamento, il consiglio, il controllo, le informazioni e
l'incoraggiamento di cui ha bisogno. Saper leggere ed utilizzare le
proprie letture è dunque la prima necessità per gli uomini di studio,
e volesse Iddio che non lo dimenticassero con la loro abituale
incoscienza.
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 115
LEGGERÀ POCO
La prima regola è questa: leggere poco. Con questo non
intendo consigliare di limitarsi arbitrariamente: tutto quello che
abbiamo detto finora sarebbe in antitesi con una simile interpretazione.
Ci vogliamo formare uno spirito largo, vogliamo praticare la scienza
comparata mantenerci di fronte ad un vasto orizzonte; ciò non si può
ottenere senza molte letture. Ma il molto ed il poco non stanno in
contrasto che sullo stesso terreno, e qui s'intende molto rispetto alla
va-stità dell'opera, ma poco relativamente al diluvio di scritti su
ogni minima specialità che inondano oggi le biblioteche e le anime.
Quello che si deve evitare è la passione per la lettura, l'infatuamento,
l'intossicazione per eccesso di nutrizione spirituale, la pigrizia
mascherata che fa preferire l'occupazione facile allo sforzo. La
passione per la lettura, di cui tanti vanno orgogliosi come di una
preziosa qualità intellettuale, non è in realtà che un difetto ; non
differisce affatto dalle altre passioni che soggiogano l'anima, la
turbano, la infestano di varie confuse correnti e ne esauriscono le
forze.
Bisogna leggere con intelligenza e non con passione.
Bisogna dirigersi verso i libri con quello stesso stato d'animo con cui
una massaia si dirige al mercato, dopo aver redatto attentamente una
minuta che tenga conto delle esigenze dell'igiene e dell'economia. Lo
spirito della massaia la mattina al mercato non è quello stesso della
massaia che sta al cinematografo la sera. Non si tratta di eccitarsi, di
entusiasmarsi, ma di governare una famiglia e di farla vivere bene.
La lettura disordinata intorpidisce lo spirito invece di
nutrirlo ; lo rende a poco a poco incapace di riflessione e di
116 LA VITA INTELLETTUALE
concentrazione, e per conseguenza, incapace di
produzione :
se si potesse, direi che lo esteriorizza
internamente, e lo rende schiavo delle proprie immagini mentali, di
quel flusso e riflusso di cui si fa spettatore entusiasta. Una tale
ebbrezza è un alibi : essa spodesta l'intelligenza e le permette
solo di ' seguire passo passo il pensiero altrui, abbandonandosi alla
corrente delle parole, degli sviluppi, dei capitoli, dei volumi. ^
Le piccole eccitazioni permanenti provocate in questo
modo rovinano le energie come una vibrazione costante rovina l'acciaio.
Non c'è da aspettarsi nessun vero lavoro dal lettore
accanito, dopo che si è stancato occhi e meningi ; egli spiritualmente,
si trova in stato di cefalalgia, mentre il lavoratore assennato,
conservando la padronanza di se, calmo ed agile, legge solo ciò
che vuoi ritenere, ritiene solo ciò che gli dovrà servire, organizza
il proprio cervello invece di malmenarlo con un sovraccarico assurdo.
Uscite, piuttosto, all'aperto per leggere nel gran libro
della Natura, per respirare un'aria più libera, per riposarvi. Dopo
l'attività voluta, organizzate la distrazione voluta, invece di darvi
ad un automatismo che non ha nulla d'intellettuale, se non la materia,
ma che in sé è altrettanto banale quanto una scivolata sopra un
pendi®, o una scalata senza meta.
Dicono che bisogna tenersi al corrente e, di
fatto, lo studioso non può ignorare il genere umano ne,
sopratutto, disinteressarsi di quello che si scrìve nel campo
della sua specializzazione ; ma state attenti che la « corrente
» non trascini via le vostre disponibilità di lavoro e che
invece di portarvi più avanti, non vi immobilizzi. Non possiamo
avanzare altrimenti che remando da noi; non c'è corrente che
possa
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO Ut
portarci là dove noi tendiamo. Occorre che ognuno
taccia da sé il suo cammino senza seguire tutte le traccio
altrui.
Naturalmente la limitazione deve esercitarsi su le
letture meno sostanziali e meno serie.
Non è il caso di avvelenarci con dei romanzi ; uno di
tanto in tanto per riposarsi e per mantenersi al corrente delle più
importanti novità letterarie, sia pure; ma è una concessione perché
la maggior parte dei romanzi impressionano e non riposano affatto,
agitano il pensiero e lo disorientano.
Quanto ai giornali, difendetevi da loro con
quell'energia che la costanza e 1' indiscrezione dei loro attacchi
rendono indispensabile.
Bisogna sapere quello che i giornali contengono, ma
contengono talmente poco ! e sarebbe molto facile tenersene al corrente
senza perderci troppo tempo. In ogni modo per informarsi di ciò che
avviene ci sono altre ore più adatte di quello che non siano le ore del
lavoro.
Un gran lavoratore pare che si dovrebbe contentare della
cronaca ebdomadaria o bimensile di una Rivista, e per il resto,
ricorrere ai quotidiani solo se gli venga segnalato un articolo
importante o un avvenimento grave. Riassumo dicendo:
Non leggete mai quando potreste riconcentrarvi ; eccetto
nei momenti di riposo, leggete unicamente quelle cose che hanno rapporto
con lo scopo che vi siete proposto, e leggete poco per non violare il
silenzio.
SCEGLIERE
In queste prime osservazioni è già incluso il
principio di scelta. « Quanto discernimento, diceva Nicole, bisogna
apportare in quelle cose che servono di nutrimento allo spirito, e che
devono essere il seme dei nostri pensieri! Poiché
^g LA
VITA INTELLETTUALE
quello che leggiamo oggi con indifferenza si ridesterà
ad un dato momento per fornirci, senza che ce ne rendiamo conto,'
pensieri che saranno cagione della nostra salvezza o della nostra
perdita. Dio suscita i buoni pensieri per salvarci; il diavolo risveglia
i pensieri cattivi di cui trova in noi il seme ». (1). !
Bisogna dunque scegliere, il che significa due cose:
scegliere libri e scegliere nei libri.
Scegliere i libri. Non fidarsi delle réclames
interessate è dei titoli attraenti. Avere dei consiglieri devoti ed
esperti. Non dissetarsi che alle fonti, aver familiari solo i grandi
pensatori. ;
Quello che non si può sempre fare nel campo delle
relazioni personali è facile, e dobbiamo approfittarne, in materia di
letture. Ammirare sinceramente quello che va ammirato, ma senza
prodigalità. Sdegnare le opere fatte male che probabilmente sono anche
mal pensate.
Leggere tutto solo nell'originale e solo dove brillano
le idee fondamentali. Queste sono poco numerose. I libri si ripetono si
diluiscono o pure si contraddicono, il che è un altra forma di
ripetizione. Osservando bene da vicino, si vede che le scoperte del
pensiero sono rare; l'antico fondo o per dir meglio il fondo permanente,
è sempre la parte migliore, e bisogna appoggiarvisi per comunicare
veramente con l'intelligenza dell'uomo, lungi dalle piccole
individualità balbettanti e attaccabrighe. La maggior parte degli
scrittori non sono che editori ; è già qualche cosa, ma hanno diritto
alla nostra attenzione solo i veri autori. Leggerete dunque senza
partito preso, tutto quanto si scrive di buono;
(1) nicole — Essais de morale confenas ea divers
traités, t. II, Paris 1733.
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 119
concederete all'attualità la sua parte parte anzi tanto
più vasta quando si tratterà di informazioni, di cose positive e
'ancora in sviluppo. Se volete appartenere al vostro tempo non dovete
essere dei tipi arcaici, ma non abbiate, neppure, la fissazione del
nuovo ; amate i libri eterni che dicono le eter' ne verità.
Dovrete poi scegliere nei libri, nei quali non tutto ha
lo stesso valore. Non prendete però un'aria da giudici, siate
piuttosto, per il vostro autore, fratelli nella verità, amici, e amici
inferiori visto che, almeno sotto certi aspetti, lo prendete come guida.
Il libro è come un anziano che bisogna onorare, avvicinarlo senza
orgoglio, ascoltarlo senza prevenzione, sopportarne i difetti, cercando
insomma il grano tra la paglia. Ma siate uomini liberi e rimanete
responsabili :;
sorvegliatevi in modo da conservare le caratteristiche
dell'anima vostra, e difendetela se ce ne sarà bisogno.
« I libri sono opera degli uomini, dice ancora Nicole,
e la corruzione dell'uomo si insinua nella maggior parte delle sue
azioni. Siccome poi la corruzione consiste nell'ignoranza e nella
concupiscenza, quasi tutti i libri risentono di questi difetti » (1).
E' dunque ben spesso necessario di filtrare una lettura,
per depurarla. Per fare questo, è necessario affidarsi a Dio e alla
parte migliore di sé stessi, a quella parte di noi, che ci rivela figli
di Dio, alla quale servirà da salvaguardia l'istinto del bene e l'amore
del vero.
Ricordatevi del resto che sotto un certo aspetto, il
libro vale quel che valete voi e quello che voi lo fate valere.
Leib-nitz utilizzava tutto: S. Tommaso ha rubato una quantità di
pensieri agli eretici e ai paganizzanti dell'epoca sua, senza
(1) 0/7. Cit; pag. 246.
1^ LA VITA INTELLETTUALÌB
riceverne danno. Un uomo intelligente trova intelligenza
dappertutto ; uno sciocco proietta su tutte le pareti l'ombra della sua
fronte stretta ed inerte. Scegliete meglio che potete ma badate a che
tutto sia buono, largo, aperto al vero prudente e progressista, perché
anche voi sarete così.
QUATTRO SPECIE DI LETTURE
Per precreare un pò meglio, distinguerò quattro specie
di letture. Si legge per darsi una formazione e diventare qualcuno ; si
legge in vista di uno scopo determinato ; si legge per cercare impulso
all'attività e al bene; si legge per distrarsi. Ci sono letture di fondo,
letture d'occasione, letture di impulso o di edificazione
e letture di riposo.
Ciascuno di questi vari generi di letture deve
avvantaggiarsi delle osservazioni generali già fatte; ognuno anche
presenta le sue particolari esigenze. Le letture di fondo richiedono la
docilità, le letture d'occasione la padronanza, le letture di
edificazione l'ardore, le letture di riposo la libertà.
Mentre ci stiamo formando e dobbiamo perciò acquistare
quasi tutto non è il momento di avere troppe iniziative. Tanto se si
tratti di una prima formazione, di cultura generale, quanto se si
affronti una disciplina nuova, un problema trascurato, gli autori
consultati a questo scopo devono essere più creduti che criticati e
seguiti nel loro cammino più che utilizzati secondo i punti di
vista del lettore. Il voler agire troppo presto nuoce all'acquisto ed è
ben più savio cominciare col piegarsi, cc Bisogna credere al proprio
maestro » dice S. Tommaso, ripetendo le parole di Aristotele. Egli
stesso gli ha creduto e se ne è trovato bene.
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO ÌÌl
Non si tratta affatto di abbandonarsi ciecamente: Uno
spirito nobile non si lega mai, ma come solo con l'obbedire «'impara a
comandare, così la padronanza del pensiero s'ottiene con la disciplina.
Un atteggiamento di rispetto, di fiducia, di fede
provvisoria, finché uno non abbia in mano tutte le norme del giudizio,
è una necessità così evidente che solo i fatui e i presuntuosi vi si
sottraggono. Nessuno è infallibile, ma l'allievo molto ,meno del
maestro, e se si rifiuta alla sottomissione, per una volta che potrà
aver ragione, ce ne saranno venti in cui si allontanerà dal vero e
resterà vittima delle apparenze.
Invece la credulità ed una passività relativa,
concedendo al maestro qualche cosa di ciò che è dovuto alla verità,
giovano a quest'ultima e permettono, alla fine, d'utilizzare anche le
insufficienze e anche le illusioni dell'insegnante.
Prima di tutto sarà elementare prudenza di scegliere
fra mille le guide a cui ci vorremmo affidare così. La scelta di un
padre intellettuale è sempre una cosa seria.
Per le alte dottrine abbiamo consigliato S. Tommaso,
" ma non possiamo limitarci a lui.
Tré o quattro autori da conoscere a fondo per la
coltura generale, altri tré o quattro per la specializzazione, e un
numero press'a poco uguale per ogni problema che ci si presenta, ecco
tutto il necessario. Ad altre fonti si ricorrerà per informarsi,
non per formarsi, e la posizione spirituale non. sarà più la
stessa, anzi sotto un certo aspetto sarà quella inversa, perché chi si
informa, chi vuole utilizzare, non sta più in uno stato di pura
recettività ma ha un'idea sua, un suo piano ; l'opera consultata gli
diviene serva. Una certa dose di sottomissione è sempre necessaria, ma
allora si rivolge piuttosto al vero che allo scrittore, e se concerne
122
LA VITA INTELLETTUALE
quest'ultimo gli accorda una fede che forse accetta le
sue conclusioni ma senza rifare, passo passo, il suo cammino.
Simili questioni di disposizione spirituale hanno grande
importanza: perché a consultare nello stesso modo con cui si studia si
perde tempo, e a studiare con spirito consultivo si resta solo padrone
di sé e si perde il beneficio della formazione che ci veniva offerto da
un iniziatore.
Chi legge per prepararsi ad un lavoro, ha lo spirito
dominato da quello che intende di fare: non s'immerge nell'onda ma vi
attinge: si tiene sulla riva, conserva la libertà dei movimenti, ogni
idea presa in prestito gli serve per rafforzare la sua invece che per
annegarla in quella altrui, e così esce dalla lettura arricchito e non
impoverito, ciò che accadrebbe, se l'interesse della lettura nuocesse
al partito preso di utilizzazione che la giustificava.
Quanto alle letture di edificazione, la scelta deve fare
appello, oltre alle nostre regole generali, anche all'esperienza
individuale. E' probabile che quel che vi ha giovato una volta vi giovi
ancora. Una data influenza può scemare alla lunga ma comincia sempre
col rinforzarsi. L'abitudine la ravviva, una penetrazione più intima l'acclimatizza
in noi, l'associazione delle idee e dei sentimenti attacca ad una data
pagina degli stati d'animo che ritornano con lei.
Aver sottomano gli autori favoriti, le pagine capaci di
sollevarci e di rianimarci nei momenti di depressione intellettuale o
spirituale, è pure una risorsa immensa. Mi è noto come alcune persone,
per degli anni, tutte le volte che la loro vivacità era in ribasso,
siano state rianimate dall'Orazione funebre del gran Condè. Altre, per
la parte spirituale^ non resistono al Mistero di Gesù di Pascal,
ad una Preghiera di S. Tommaso, ad un dato capitolo dell'Imitazione
o ad una data parabola. E' bene dunque che ognuno si osservi,
ILA
PREPARAZIONE DEL LAVORO 123
annoti le cose che gli giovano, disponga presso di sé i
rimedi per le malattie dell'anima sua e non tema di ricorrere a
sazietà allo stesso cordiale od allo stesso antidoto.
Quando si tratta di riposo, l'importanza della scelta
sembra molto minore. Di fatti lo è veramente, ma non bisogna credere
che sia indifferente distrarsi con questo piuttosto che con quello, se
lo scopo è di ritornare, in condizioni migliori, a quanto forma la
nostra ragione d'essere. Certe letture non vi risposano abbastanza:
altre vi riposano troppo, a spese del raccoglimento che ne dovrebbe
seguire:
altre ancora vi possono sviare. Intendo proprio nel
senso etimologico di spingervi fuori della strada.
So di uno che si distraeva da un lavoro arduo, con la
Storia della Filosofia Greca di Zeller: era una distrazione, ma
insufficiente. Altri leggono delle storie eccitanti o fanta-stiche, che
li disorientano ; altri invece si abbandonano a delle tentazioni, che li
scoraggiscono nel lavoro e sono nocive alle anime.
Tutto ciò è male- Se i libri sono, come gli oggetti,
servitori per uso della nostra vita, devono restare subordinati
sopratutto quelli che rappresentano una parte accessoria.
Varii pensatori hanno trovato un sollievo e uno svago
abituali nei racconti di viaggi e di esplorazioni, nella poesia, nella
critica d'arte, nelle commedie (lette in casa) nelle autobiografie.
Ognuno ha i suoi gusti e il gusto è, in ciò, la cosa principale.
Secondo S. Tommaso una cosa sola riposa realmente: la gioia. Cercare di
distrarsi annoiandosi non sarebbe che un inganno.
Leggete ciò che vi piace, ciò che non vi trasporta
troppo, ciò che non vi nuoce in nessun modo e siccome anche mentre vi
distraete siete un consacrato, abbiate l'intelligenza di leggere, a
parità di giovamento come riposo, ciò che vi sarà utile anche in un
altro modo aiutandovi a completarvi, ad adornarvi lo spirito, ad esser
uomo.
124 LA VITA INTELLETTUALE
lt CONTATTO CON I GENI
Voglio parlare specialmente del modo di utilizzare i
grandi uomini, perché vi annetto un'estrema importanza per la condotta
dello spirito e della vita. Il contatto con i geni è una delle grazie
superiori che Dio accorda ai pensatori modesti; bisognerebbe preparardsi
come, secondo la scrittura, dobbiamo prepararci all'orazione, come uno
si raccoglie o si mette in una disposizione di rispetto quando deve
parlare ad un gran personaggio o ad un santo.
Noi pensiamo troppo poco al privilegio di quella
solidarietà che moltiplica la gioia e l'utilità di vivere, che slarga
il mondo e ce ne rende il Soggiorno più nobile e più caro, che rinnova
per ognuno la gloria d'essere uomo, d'aver lo spirito aperto
verso gli stessi orizzonti dei grandi uomini, di vivere altamente e di
fondare con i propri compagni, coi propri ispiratori, una società in
Dio. ^ Ripetendoci di tanto in tanto i nomi di coloro che brii- ^;
lano con uno splendore speciale nel firmaménto dell'intelli-,.'):
genza è come se sfogliassimo i nostri titoli di
nobiltà e questo;
orgoglio ha tutta la bellezza e tutta l'efficacia
dell'orgoglio che ha il figlio per un padre illustre o di nobile stirpe.
^
Come non sentire il beneficio, essendo un letterato,
dell'avere dietro di sé Omero, Sofocle, Virgilio, Dante, Shake- jv
speare. Pascal? Essendo filosofo, come far a meno di So-1:^
crate, di Fiatone, d'Aristotele, di S. Tommaso d'Aquìno, dr:
Cartesio, di Leibnitz? Scienziato, come non apprezzare
de-i^ gnamente ciò che si deve ad Archimede, ad Euclide, ad Ari-stotele,
a Galileo, a Képler, a Lavoisier, a Darwin, ì( Claudio Bernard, a
Pasteur? E pensate alla povertà di tutteè ;
LA PBEPABAZIONE DEL LAVORO 125
le anime se non avessero dopo S. Paolo, anche S.
Agostino, S. Bernardo, S. Bonaventura, l'autore dell'Imitazione, Santa
Caterina da Siena, Santa Teresa, Bossuet, S. Francesco di Sales, Newman.
La Comunione dei Santi è il sostegno della vita
mistica ;
il Convito dei sapienti eternato dal nostro studio e dal
nostro amore, è il sollievo della vita intelletuale. Coltivando la
facoltà di ammirare e deducendone la necessità di mettersi in assiduo
contatto con i pensatori illustri si riesce, se non ad uguagliare la
loro grandezza, per lo meno a dare di sé tutto ciò di cui uno è
capace, e questo, ripetiamo, è l'unico scopo da raggiungere.
Il contatto coi genii ci procura come beneficio
immediato una elevazione ; prima ancora d'averci insegnato qualche cosa
essi ci gratificano della loro superiorità, dandoci il tono,
avvezzandoci a respirare l'aria deJle vette; noi che ci muovevamo in
regioni basse, ci sentiamo trasportati di colpo nella loro atmosfera. In
questo mondo di alto pensiero l'aspetto della verità sembra svelarsi,
la bellezza risplende; il fatto che noi seguiamo e comprendiamo questi
veggenti fa pensare che, in fin de' conti, siamo della stessa razza, e
che è in noi, l'Anima universale, l'Anima delle anime, lo Spirito che
basterebbe seguire con fedele obbe-dienza per erompere in discorsi
divini. Quando il genio parla, noi lo troviamo spesso e volentieri
semplicissimo ; esso esprime l'uomo, e la sua eco si fa sentire in noi.
Quando tace non potremmo noi continuare sullo stesso tono e terminare il
periodo sospeso?
Ahimè! no! Appena ci lascia, resi alla antica
impotenza, ricominciamo a balbettare ; ma sappiamo oramai che la vera
parola esiste e i nostri balbettamenti hanno già un accento nuovo.
Ascoltate certi preludi di Bach. Dicono poche cose :
126
ÈAt VITA INTELLETTUALE
una breve modulazione, che si riprende, alcune
variazioni insistenti, di un rilievo appena accentuato. Ma che livello
di ispirazione! In quale mondo sconosciuto siamo trasportati! L'ideale
sarebbe di rimanervi e di muovercisì liberamente. In ogni modo potremo,
almeno, risalirei in sogno, e quale beneficio in questa possibilità dì
ascensione, che ci allontana dalle futilità, ci affina, e ci aiuta a
giudicare come si conviene i puerili fuochi d'artificio di cui si
compongono, tanto spesso, le feste dello spirito.
Quando poi il genio ci fornisce dei temi, ci svela delle
verità, esplora per noi le regioni misteriose e talvolta, come nel caso
di S. Tommaso d'Aquino o di Goethe, ci mostra concentrati in una sola
persona, dei secoli di coltura, quale dovrà essere la nostra
riconoscenza? Il grande pensatore ci da dei diritti sopra i domini da
lui conquistati e dissodati, seminati e coltivati, e ci chiama al
momento del raccolto.
La società delle intelligenze è sempre ristretta: la
lettura l'amplifica; quando gettiamo sulla pagina geniale uno sguardo
implorante, veniamo soccorsi, rassicurati, iniziati, e nuove vie ci si
aprono.
L'opera di Dio negli spiriti d'eccezione è contata a
vantaggio nostro quanto loro. Noi diventiamo più grandi per mezzo loro,
ci arricchiamo di loro. Il gigante port,-» il nano; l'antenato
offre un'eredità. Approfitteremo di questo vantaggio? Lo possiamo
perché non c'è bisogno che di attenzione e fedeltà.
Tutto è rinnovellato dal genio. Il dono per eccellenza
di questo veggente è di presentare al pensiero, sotto una luce ignota,
al centro di un sistema di relazioni che, per dir cosi la ricrea, la
realtà che stava lì evidente e che pure non vedevamo.
Dietro ogni fatto c'è tutto l'infinito del pensiero;,
ma
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO '127
noi aspettiamo che la prospettiva apparisca, mentre
invece il genio si avanza, allarga i veli e ci dice: «Vieni». La
scienza consiste nel vedere a dentro : il genio vede l'interno, penetra
nell'intimo degli esseri, e grazie a lui l'essere stesso ci parla,
invece dei nostri echi deboli ed incerti.
Il genio semplifica. La maggior parte delle grandi
scoperte sono delle concentrazioni improvvise e sfolgoranti. Le grandi
massime non sono che esperienze multiple condensate. Tanto in pittura
che in musica, o in architettura o in poesia, il tratto sublime è
quello che contiene ed unifica valori fino a quel momento dispersi e
indeterminati. Un , grand'uomo, perché riflette l'umanità comune ne
riduce le conquiste all'essenziale come Leonardo da Vinci sintetizzava
in un solo momento le espressioni mutevoli del modello. '
II genio ci stimola e ci da fiducia. L'emozione che
provoca è pungolo alle ardenti iniziative, rivelazione delle vocazioni
e rimedio alle timidezze inquiete. Un contatto col sublime è per
l'anima come un'alba di luce. La sapienza, sperimentata nei suoi eroi,
ci rivolge taciti inviti. E che gioia nel dirsi a sé stessi: « Essa
appartiene anche a me! ». :
Forse non è vero che i grandi uomini riflettano
soltanto il loro secolo ; ma è vero che riflettono l'umanità tutta
intera, ed ogni membro di questa ne ha la sua parte di gloria. I
pensatori pessimisti hanno un'bei dire, ma avranno sempre torto di
fronte al genere umano per il fatto della essitenza dei geni: come
avevano torto i giudei quando avanti a Gesù dicevano : « Può venire
qualche cosa di buono da Nazareth? ».
Si, qualche cosa di buono può venire da questo povero
mondo, poiché esso ha dato un Fiatone. Un grand'uomo sarebbe un niente
se per le sue energie e per l'impiego che
128
LA VITA INTELLETTUALE
ne fa non fosse un figlio dell'uomo: il ceppo che lo
sostiene??' non è isterilito, quelli che ricevono la stessa linfa
possono;^ sempre sperare di diventare grandi e di dare, anche loro,^
fiori immortali. , ,i
Perfino gli errori dei grandi possono contribuire a
dare»; ' quei benefici che attendiamo dal loro contatto. Certo dobbiamo
difenderci da questi: la loro forza può a volte sviar-1 li:
l'esagerazione di un punto di vista o qualsiasi altra i deviazione può
trascinarli lontano dalla rettitudine, y;
Tuttavia non ve n'è neppure» uno che non ostante l^i?
sue aberrazioni non faccia, ad uno spirito desto, toccare i fondamenti
della scienza e i segreti della vita. ;
I loro errori non sono errori volgari, sono degli
eccessi ai quali non manca ne profondità ne acutezza di visione.
Seguendoli con precauzione si è sicuri di andare lontani pur
preservandosi dai loro passi falsi. «Per coloro che amano Dio tutto
volge a bene» dice l'Apostolo: per coloro che sono radicati nella
verità tutto può essere utile. Se ci siamo formati lo spirito ad una
buona scuola, se manteniamo a posto perfettamente e ben radicate le
categorie dei pensieri, possiamo sperare di diventare grandi a contatto
degli errori geniali. In questo pericolo, purché uno non vi si esponga
senza discrezione, c'è un'altra grazia ; abbiamo la rivelazione di una
nuova sfera, ci viene mostrata, forse con troppa esclusività ma con
vigore, una faccia del mondo. L'animazione così procurata al nostro
spirito, ci resterà come un acquisto fatto. Gli approfondimenti di una
data questione resi necessari dalla stessa resistenza all'errore, ci
rendono più saldi ; saremo formati meglio, meglio salvaguardati, per
aver corso quei rischi sublimi senza soccombervi.
S.^ Tommaso, da cui mi ispiro, dopo fatte queste
osservazioni conclude che dobbiamo esser riconoscenti anche
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 129
a coloro che ci hanno così tentati, se per causa loro e
per il loro fatto, abbiamo progredito in qualche cosa. Direttamente non
siamo debitori che del vero ; ina indirettamente dobbiamo, a chi erra,
il soprappiù di formazione che ci procura, per mezzo loro, la
Provvidenza (1).
Pensate quanto la Chiesa deve alle eresie e la
filosofia:
alle sue grandi dispute. Se non ci fossero stati: Ario,
Euti-ches, Nestorio, Pelagio, Luterò, il dogma cristiano non sarebbe
costituito. Se Kant non avesse scosso le fondamenta della conoscenza
umana, la criteriologia sarebbe ancora nell'infanzia e se Renan non
avesse scritto sulle origini cristiane, il clero cattolico sarebbe molto
lontano dalla formazione storica ed esegetica di cui è dotato. Ciò che
è vero collettivamente è vero individualmente. Si deve imparare a
pensare bene sopratutto a contatto dei sapienti; ma anche la follia
contiene un insegnamento ; colui che sfugge al suo contagio ne ricava
una forza. « Chi inciampa senza cadere. fa un passo più lungo ».
CERCARE LE ARMONIE, NON I CONTRASTE
Una condizione essenziale per trar profitto dalle
letture, sia comuni, che geniali, è la tendenza costante a metter
d'accordo, anziché tentare di opporre fra loro i vari autori. Lo
spirito critico ha le sue applicazioni : ci si può trovare a dover
sbrogliare le opinioni e a dover classificare gli uomini: il metodo dei
contrasti può esser allora utilizzabile, 'purché non sia troppo
forzato. Ma quando si tratti
(1)
S.
Tommasó in li Metaphis. Lect. I. 9 — La vita
intellettuale.
130
LA VITA INTELLETTUALE
di formazione, di utilizzazione personale o anche di
esposizione dottrinale, è tutt'altra cosa. Allora ciò che è
importante non sono i pensieri degli uomini, ma la verità ogget-tiva,
non le lotte fra gli uomini, ma l'opera loro e quello che'di essa
rimane. Attardarsi lungamente sulle differenze sarebbe dunque allora
cosa vana: e la ricerca veramente feconda consiste nel conquistare i
punti di convergenza.
S. Tommaso ci da a tale proposito un esempio mirabile
perché si è sempre sforzato a conciliare le varie dottrine e ad
illuminarle e completarle l'una con l'altra. Aristotelico, si appoggiava
a Fiatone: senza essere agostiniano, faceva di S. Agostino il suo
costante nutrimento: e, pur dichiarando" Averroè un depravatore
del peripatetismo, lo chiamava anche un ingegno sublime (praeclarum
ingenium) e lo citava ad ogni momento. Quando faceva dei commenti,
egli serrava al bisogno il testo per trame la più pura verità e la
più grande ricchezza, dicendo ciò che occorreva leggervi, e chiudendo
caritatevolmente gli occhi su quanto poteva nascondere di più
disdicevole. Nessuno ha mai rassomigliato meno di lui a quei proti
che leggono soltanto per trovare gii errori di stampa.
Quelli, che nel commercio con gli autori vogliono
acquistare non atteggiamenti polemici, ma verità e penetrazione,
debbono portare nella lettura questo spirito di conciliazione e di
diligente raccolta: lo spirito dell'ape. Il miele è formato da tanti
fiori diversi. Ogni processo di esclusione, di eliminazione sommaria e
di scelta limitata nuoce immensamente alla formazione intellettuale,
perché l'intelligenza ne esce più angusta e invece di veder tutto dal
punto di vista dell'eterno e dell'universale, finisce col cadere nello
spirito partigiano e settario.
Non solo sulla soglia delle porte si fanno pettegolezzi
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 131
da comari, ma anche in filosofia, nelle scienze e nella
stessa teologia.
Sollevatevi più in alto. Voi che cercate la verità e
che siete pronti a riconoscere dovunque il suo volto, non vogliate
scagliare l'uno contro l'altro i suoi servitori, anche se fossero quegli
<c angeli incompleti », quei geni parziali che il vero una volta ha
visitato senza riuscire a porre in essi sua stanza.
Di fronte sopra tutto allo spirito dei più grandi, è
quasi una profanazione il prendere un'atteggiamento polemico.
Rattristiamoci dei loro errori, ma cerchiamo di schiacciarli:
cerchiamo di gettare dei ponti non di scavare fossati,
fra le loro dottrine. Sprizza sempre una grande luce dalla scoperta
delle relazioni che intercedono segretamente fra le -idee ed i sistemi
più disparati. Il dedicarsi perciò ad un tale lavoro di ricostruzione
della verità integrale attraverso alle sue deformazi@ni è opera ben
più altamente feconda che quella di una critica interminabile.
In fondo — se noi riusciamo ad utilizzarli -— tutti
gli uomini grandi ci mettono in comunicazione con le stesse verità
essenziali. Non dico che tutti -le proclamino, ma tutti ci pongono nella
loro luce, ci conducono a loro o ci spingono irresistibilmente verso di
loro. Sembra che essi si combattano, che spezzino l'unità della
scienza, che disgreghino lo spirito umano : in realtà tendono tutti
allo stesso punto. Le colonne del tempio sorgono su basi variamente
disposte sul pavimento, si innalzano, si allineano in filari lontani fra
loro, ma in alto sostengono gli archi che SÌ gettano gli uni verso gli
altri, e con numerosi costoloni finiscono col formare un'unica volta.
Scorgere questo riparo e accorrervi come a rifugio —
132
LA
VITA
INTELLETTUALE'
è ciò che meglio risponde alla vostra vocazione,
giacché voi;] cercate non il rumore, ne il cozzo dei partiti, ne
la contesa, ne l'eccitazione fittizia dell'intell'igeriza, ma soltanto
la
ne l'eccitazione fittizia dell in verità.
ASSIMILARE
Un'ultima indicazione capitale a proposito delle
letture;
si impone. Il lettore, pur dovendo restare in certo modo
passivo per aprirsi alla verità e non mettere ostacoli alla opera di
questa, è tuttavia invitato a reagire su ciò che legge per
appropriarselo e farne proprio nutrimento. Si legge soltanto per
pensare, come si conquista la ricchezza per servirsene e ci si nutre per
vivere.
Abbiamo già condannato il Settore accanito, che giunge
a poco a poco. ad un'azione meccanica, ad un automatismo che non è più
vero lavoro. Ma non c'è bisogno d'essere un lettore accanito per
cadere "in questa passività. Molti leggono come le donne fanno la
calza. Abbandonati ad una specie di indolenza il loro spirito assiste
alla sfilata delle idee e rimane inerte. , .
Come assopito pastore guarda scorrere l'acqua
II lavoro, invece, è vita e la vita è assimilazione, e
l'assimilazione è una reazione delforg,anismo vivente sul nutrimento.
Non basta raccogliere le messi a suo tempo e formare i covoni e poi
cuocere il pane ma bisogna farsene sangue perché solo per questo serve
il grano rigoglioso.
Chi studia sempre può anche non istruirsi mai se non
trasforma in sostanza propria quanto ha appreso con doci- -lità nella
lettura. La docilità è virtù necessaria, ma non basta. « L'obbendienza
è la base del perfezionamento, dice
LA
PREPARAZIONE DEL LAVORO 133
Augusto Comte, ma non è il perfezionamento ». Il genio
che ci istruisce potrebbe dirci come il suo Ispiratore: «Io sono venuto
perché abbiano la vita e l'abbiano più abbondante ». (Giov. X, 10).
Ciò che fu vita in altri non sarà in noi che una lampada spenta?
Nessuno può istruirci senza il nostro concorso : la
lettura ci mostra il vero ma noi dobbiamo farlo cosa nostra. « Lo
spirito dell'uomo, diceva Boezio, dall'insegnamento è soltanto eccitato
al sapere » (1). S. Agostino, prima di lui, aveva detto : « L'uomo sta
rispetto all'insegnamento, come l'agricoltore sta all'albero » (2). S.
Tommaso approfondisce di più la questione e osserva che la parola
parlata o scritta non raggiunge neppure lo spirito: il suo ufficio, per
mezzo dei suoni o dei segni si riduce a fornire all'anima un
materiale. Il suono e la luce vibrano, i nostri sensi percepiscono e
comunicano il segnale e per un movimento universo, questo segnale che è
nato da un'idea, ha la missione di provocare un'altra idea simile. Ma in
tutto questo processo gli spiriti non si toccano, i segnali dell'uno non
arrivano che indirettamente a contatto dell'altro, e ciò che
costituisce la scienza non è già il sistema di segnalazioni che ci è
stato proposto ma il lavoro della nostra ragione su tali segnalazioni.
In fondo tutte le nozioni scientifiche che ci vengono dal di fuori
restano altrettanto esteriori alla nostra intelligenza quanto la sono le
cose che si tratta di conoscere ed hanno soltanto il vantaggio di
corrispondere, in quanto sono segni, a idee già elaborate e ordinate.
Questo ci facilita il pensiero, non lo sostituisce. L'insegnamento ci
fornisce soltanto i mezzi per agire spiritualmente, come la medicina
offre al corpo
(1)
boezio — De Cotisolafww philosapKica, V prosa 5.
(2) st. agostino — Opuscolo De
Magistro.
134
LA
VITA
INTELLETTUALE
i mezzi di guarigione. Ma nessuna medicina può agire su
organismi inerti e nessun insegnamento giova agli spiriti negligenti.
Di fatto la natura si guarisce da sé e lo spirito è
illuminato soltanto dalla luce propria, a meno che non si voglia dire
alla luce di Dio infusa in esso, secondo la parola del Salmista : « La
luce del tuo volto è impressa sopra di noi, o Signore ». (Salmo IV,
7). Perciò Iddio è in fondo il nostro solo Maestro, è Lui che ci
parla dentro ed è da Lui con noi che ci viene ogni cognizione.
Da uomo ad uòmo il pensiero è strettamente
incomunicabile (I). Questa analisi penetrante porta a conseguenze
pratiche. Se l'idea non ci viene dal di fuori ma deve necessariamente
nascere in noi, sforziamoci a che la materia intellettuale procurataci
dal libro e cioè le segnalazioni dei nostro muto interlocutore, ci
elevino realmente fino al suo pensiero e anche più in là perché in
uno spirito attivo ogni evocazione dovrebbe provocarne un'altra.
Solo partecipando alla loro ispirazione si entra in
intimità coi genti; ascoltarli dal di fuori è condannarsi a non
intenderli. Le grandi parole non s'intendono ne con gli occhi ne
con gli orecchi, ma con un'anima che stia all'altezza di ciò che le
viene rivelato e con una intelligenza illuminata da la stessa luce.
La fonte del sapere non sta nei libri, ma nella realta e
nel pensiero. Non ci importa tanto quello che dice lo" scrittore
quanto la realtà che egli adombra ; anzi il nostro spirito si propone
non di ripeterla, questa realtà, ma di , comprenderla, cioè di
prenderla con sé, di assorbirla in
(1) S. tommaso — De Magistro in Qiiaesfiones
disputata-; de Veniate, Q. ,X[.
Art. 1. ' - ' . . •
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 135
modo vitale e farne alla fine il proprio pensiero.
Bisogna dopo l'autore, forse grazie a lui, ma indipendentemente da lui,
costringere l'anima propria a ridirsi la parola ascoltata. Dobbiamo
ricreare per uso nostro tutta la scienza. Del resto il principale
beneficio della lettura, almeno della lettura delle grandi opere, non
consiste nella conquista di verità sparse, ma nell'aumento della nostra
sapienza. Il primo scopo della nostra educazione è stato quello di far
nascere in noi questa sapienza, e tale è anche lo scopo della
educazione che ci veniamo procurando da noi stessi, perché senza di lei
quel che riceviamo non avrebbe alcun valore, sarebbe come la copia di un
libro, un altro libro inutile come lo era il primo quando stava in
biblioteca. Anche in noi ci sono volumi e grandi testi che non leggiamo
mai.
E quale abuso, allora! quando veniamo a contatto con i
genii e non riusciamo a cavarne che vuote formule! Ce ne accorgeremo
perfettamente quando vorremo utilizzarli in un'opera nostra. Infatti si
fa presto a giudicare questo come uno scimmiottamento e a constatare che
è un'opera senza alcuna personalità. Utilizzare veramente l'opera
altrui è cosa altrettanto importante quanto l'inventare. Anche quando
si cita letteralmente, se il passo citato viene incastrato in un
discorso dove si trovi perfettamente al posto, in un discorso che stia a
quello stesso livello, che abbia lo stesso carattere e che lo assorbisca
nella propria viva unità, si può dire che si è originali quasi quanto
l'autore. Ci glorifichiamo dando gloria altrui. La citazione
ci.appartiene come ei appartengono le parole che ci fornisce , il
vocabolario e che pure creiamo noi come l'anima crea ;il corpo. E' così
che S. Tommaso, Bossuet, Pascal, fanno le loro citazioni e anche se ci
limitiamo a dei lavori molto umili dobbiamo applicarvi le stesse leggi
dello spirito, perché la verità è
136
LA
VITA INTELLETTUALE
madre di tutti gli uomini ; la sapienza li invita tutti
ugualmente, e non bisogna lasciare solo ai più grandi il morio-polio
delle utilizzazioni superiori.
Di fronte ai geni siamo come fanciulli, ma fanciulli che
ereditano e ciò che essi ci danno ci appartiene, perché appartiene
all'eternità, dalla quale essi stessi lo ricevettero. Mentre ci parlano
dobbiamo contemplare ciò che era prima e aldi sopra di loro e che Dio
ha preparato per tutti. L'originalità si acquista così, e se la nostra
sapienza aumenterà abbiamo buona speranza di fare opera originale nel
vero senso della parola. Per una produzione veramente personale la
lettura che può solo servire come stimolo, deve nutrire il nostro
stesso essere, non le pagine che scriviamo. Così si può interpretare
in questo nuovo senso quello che dicevo prima: trovare nei libri quel
che non c'è, delle porte per penetrare in nuovi domini!.
Se soltanto con le proprie forze si può riuscire ad
acquistare le conoscenze comuni, a più forte ragione sarà solo con uno
sforzo personale che porteremo il nostro contributo di pensiero nuovo.
Quando leggo vorrei trovare nel libro uno spunto felice, ma desidero
anche di lasciarlo subito, di liberarmi, e provo il senso di aver
contratto un debito. Ho il dovere d'essere me stesso e non c'è scopo a
copiare gli altri, perché, per quanto io valga poco, so che Iddio in
natura non ha mai creato una cosa in vano e molto meno uno dei suoi
spiriti. Rendendomi indipendente obbedisco al Maestro.
Io vivo, non sono l'eco di un'altra voce, e voglio una
vita feconda. Perché una lettura non sia vana deve farmi concepire^ un
pensiero che non sia copia di quello dell'autore, ma mio personale.
Credo che questa sia l'ultima parola sulla questione dei
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 137
libri. Un libro è un segnale, uno stimolo, un aiuto, un
iniziatore, ma non è un surrogato od una catena. E' necessario che il
pensiero sia espressione del nostro essere ; perciò leggendo non ci
dobbiamo cristallizzare nei maestri, ma prenderli come punto di
partenza, perché ogni opera va considerata come un seme, non come cosa
morta.
Fisicamente 'noi nasciamo giovani e moriamo vecchi;
ma dal punto di vista intellettuale, a càusa della
eredità dei secoli, nasciamo vecchi : bisogna tentare di morir giovani
(1).
I veri geni non intendevano di imbavagliarci, ma di
renderci liberi : che, se ci avessero voluto schiavi ci dovremmo
difendere da loro e salvaguardarci da questa forza invadente, che
annienta, tanto più che non possiamo lottare con gli stessi mezzi.
Cerchiamo di render libera l'anima nostra.
Tanto più il pensiero nascerà dalla nostra intimità
incomunicabile, tanto più sarà specchio dell'uomo è tanto più gli
altri uomini riconosceranno in esso la loro effige. Il rispetto umano ci
allontana dalla vera espressione dell'urna- -nità e la spontaneità
invece ad essa ci avvicina. Tutte is ^, copie, palesi o nascoste,
vengono presto a noia e Schopen-hauer dice che chi parla soltanto di
ciò che ha letto non si fa leggere.
Insomma il nostro lavoro deve essere fra noi e la
verità, fra noi e Dio. Il nostro modello è il pensiero
creatore, i genii non ne sono che l'ombra e diventar l'ombra di un^
ombra segna un decadimento per chi, grande o piccolo, è un fatto
spirituale incomparabile, irriproducibile, ed unico.
(1)
Pensiero-famigliare, all'abate Tourville che lo applicava alle scienze
sociali.
138 LA-VITA INTELLETTUALE*
L'uomo è multiplo e ciascuno di noi è un esemplare^
deli'umanit. Dio è in tutti. Ognuno'deve dunque sapere inf sé stesso
onorare l'uomo è rispettare Dio.
B) L'ORGANIZZAZIONE DELLA MEMORIA
Non servirebbe a nulla l'acquisto fatto con la lettura
ne sarebbe possibile la riflessione se la memoria non ritenesse, per poi
presentarcelo al tempo opportuno, quante* deve servire all'opera nostra
e al lavoro dello spirito. Molti genii hanno avuto una memoria
prodigiosa, altri ne mancarono affatto, la maggior parte l'ebbero
mediocre e dovettero perciò supplirvi in altro modo. Non è possibile
classificare i maestri in base a questo dono, è certo però che, a
parità di condizioni, una memoria ampia e tenace è una aiuto prezioso.
CIÒ'CHE SI DEVE RITENER»
Sarebbe male però concludere da tutto ciò che sia ne-'
cessario esercitare la memoria senza discrezione e sovraccaricarla col
massimo numero possibile di nozioni, di fatti, di immagini, di testi. S.
Tommaso sembrerebbe quasi dirlo quando scrive nei suoi sedici precetti:
« Deponi ne! tesoro del tuo spìrito tutto, ciò che potrai, come chi
vuole riempire un vaso». Ma a questa breve massima occorre accordare il
beneficio d'un sottinteso. Si deve ritenere tutto ciò che si può a
condizione che sia utile, come, con la stessa riserva-, si deve leggere
tutto ciò che si può. Noi che già ab-
LA
PREPARAZIONE DEL LAVORO 139 ,
biamo messo in guardia lo studioso contro l'abuso delle
letture dobbiamo ripetere che quanto oBbiettammo a tal proposito vale,
in gran parte, anche qui, perché il ricordale è un conservare gli
acquisti fatti e da questi non si;
può mai separare il criterio della utilità o del
danno. '( ,
Tutti i maestri ci dicono che sovraccaricare troppo
là^' memoria reca pregiudizio al pensiero pensonale e all'atten-:^;.
zione. Lo spirito si annega nella massa dei suoi materiali,^'' t resta
ingombrato e paralizzato da tutti gli elementi inutiliz-^ zabili: allora
accade che il peso morto opprime la parte vi--, tale e che l'alimento
sovrabbondante diventa veleno. Se se ne vuole la prova basta guardare
tanti pretesi eruditi dallo i;^ spirito falso ed inerte ridotti ad
essere «biblioteche viventi»!,^ o « dizionari ambulanti'». ^
Non si vive di memoria, ma la memoria deve servire alla
vita. Imprimetevi dunque in mente quanto può aiutar-;:^ vi a concepire
o ad eseguire, quanto è assimilabile dall'ani-:;^ ma vostra,
risponde al vostro scopo, vivifica la vostra ispi- ;
razione e sostiene l'opera vostra. Tutto il resto si
abbandoni ' I' all'oblio. E se accade talvolta che siano utili molte
cose che:::;;;
non io sembrano e che di fatto abitualmente non lo sono,
;
non è questa una buona ragione per ritenerle in ogni
modo.;,;
All'occorrenza potrete andarle a ricercare e la carta le
'<:
conserverà senza fatica. Non s'impara a memoria
l'orario ;
delie ferrovie col pretesto che non sappiamo quale treno
do- " vremo prendere. .
Pascal diceva che credeva di non aver mai scordato .\ì
una cosa quando aveva voluto ritenerla. Questa è la
memoria utile a condizione di non voler ritenere che quanto ':
serve. • ^ , ! ! • !
~'^
Quando S. Agostino definisce la felicità, « non
deside- p;
rare altro che il bene e avere tutto ciò che si
desidera» egli:
140 LA VITA INTELLETTUALE
definisce al tempo stesso la memoria felice. Affidate
dunque alla vostra tutto ciò che è buono e pregate anche Iddio che
voglia accordarvi, se crede, il dono di Pascal, o quello di S. Tommaso,
<c in cui nulla si perdeva » o quello di Mozart che sapeva ripetere
una Messa solenne dopo averla sentita una volta sola.
Ma, torno a dire, questa grazia non è necessaria e SÌ
può sostituirla senza grave danno, e a che definirne il valore dal
momento che siamo chiamati ad amministrare i doni che abbiamo e non
quelli che ci mancano?
Una regola fondamentale consiste nel fare entrare la
memoria nella corrente generale dei propri pensieri, nel farla cioè
partecipare alla propria vocazione. La memoria si deve specializzare
come lo spirito : nella stessa misura e con la stessa concentrazione
intorno all'oggetto principale e con la stessa ampiezza quanto agli
sviluppi.
Vi sono delle cose che tutti devono sapere e che
par-ticolarmente ogni cristiano deve tener sempre presenti. Ve ne sono
altre che uno studioso non può ignorare; altre ancora che si
riconnettono con legami più o meno stretti colla specializzazione e che
ognuno sentirà il bisogno di possedere a seconda dell'ampiezze delle
proprie vedute. Ve ne sono infine alcune che costituiscono la stessa
specializzazione e senza la quale si rimane al disotto del proprio
compito, meritando conseguentemente la giusta taccia di ignoranza e di
inerzia colpevole.
Ognuno deve sforzarsi di mantenere in piena luce nella
propria mente e disponibile ad ogni bisogno ciò che costituisce la sua
base di lavoro, ciò che per tal motivo è noto a tutti gli spiriti
eminenti della sua professione. In questo nessuna negligenza e meno
indugi che sia possibile. Quanto al resto si potrà acquistare a mano a
mano ciò che sarà ncces-
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 141
I sario ad ogni lavoro particolare senza cercare troppo
di
| fissarselo in mente in modo irrevocabile.
I In tutti e due i casi si vede che la registrazione
nella memoria parte, come la scelta delle letture, da un'idea
prestabilita : c'è solo questa differenza che un lavoro particolare è
la vocazione del momento, la vocazione è un lavorò continuo e la
memoria vi si adatta.
Nicole suggerisce al cristiano di « imparare a memoria
varii salmi e varie sentenze della S. Scrittura allo scopo di
santificare la memoria con queste parole divine •>•>.
(1) E' un modo di consacrare la nostra comune vocazione celeste e di
facilitare lo sforzo verso il bene. Pochissimi comprendono oggi consigli
simili: molti declamano brani di Virgilio, di Racine ecc., e non
sarebbero capaci di recitare un salmo, ì'Angelus, il Salve
Regina, il Tè Dell'in, il Magnificat, il che è un
evidente disordine. Ciò che aderisce al nostro spirito per mezzo della
memoria, esercita in esso un'azione più viva e il cattolico deve
augurarsi massima questa azione per ciò che può animare la sua fede.
Gli sarebbe molto giovevole di poter di tempo in tempo durante la
giornata, o m adatta occasione, ripetere a sé stesso delle formule
sature di spirito cristiano.
IN QUAL ORDINE RITENERE
Una volta regolata la quantità del contenuto occorre
pensare all'ordine, perché una memoria non deve essere un caos. La
scienza è «e la conoscenza delle cose nelle loro cause ed ogni
esperienza non ha valore che per le sue relazioni,
(1) Op. cit. pag-, 261.
142 LA VITA INTELLETTUALE
i suoi raggruppamenti e le sue gerarchle di valori ; di
modo che immagazzinare alla rinfusa equivale a rendere tutto
inutilizzabile e condannarsi a ricordare-solo per caso. E' naturale che
la memoria di uno studioso abbia i caratteri dell'intellettualità: ora
questa non è soddisfatta da sole nozioni disparate, senza affinità
determinate.
Cercate dunque sempre i legami che ci sono tra una cosa
e l'altra, ciò che condiziona i varii fenomeni e imprimetevi nella
memoria queste coordinazioni e non frammenti sparsi. Una mente bene
ordinata è come un albero genealogico in cui tutti i rami stanno
attaccati al tronco e per mezzo di esso comunicano fra loro: le
parentele vi si rivelano chiaramente in tutti i loro gradi esprimendo
una discendenza in ogni relazione o nell'insieme.
Insomma tanto nella memoria quanto nel pensiero bi-,
sogna riferire sempre tutto a ciò che è essenziale perché citta che
è primordiale, fondamentale, semplice e da cui il com-fi plesso nasce a
gradi e con differenze successive è il vero so-? stegno della
memoria, come lo è della scienza, e la rende :
efficace al momento in cui c'è bisogno di lei. ,^
E' peggio che inutile l'aver acquistato miriadi di no-J^
zioni, se le nozioni fondamentali invece di trovarvi una rie- ? chezza,
grazie alle dipendenze che vi manifesta la memoria,^ vi cozzano come
contro un ostacolo e vedono così aggravata la loro rovinosa solitudine.
Cinquanta dati non valgo-^ no più di uno solo se tutti esprimono
soltanto lo stesso rap- ;
porto profondo e così sminuzzati sono infecondi e, come
ìi.r fico del Vangelo, occupano invano la terra. ;.:
Come si devono prima di tutto cercare le idee fon-^
damentali, così si devono conservare queste nella memoria^ perché
siano presenti al primo richiamo, pronte a illumi-J nare tutto ciò che
ci si offre, a mantenere al loro rango le'
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 143 ;
idee antiche non ostante i nuovi apporti, pronte anche
a. svilupparsi, esse stesse, in occasione di ogni progresso, come il
cervello profìtta di quanto riceve lo stomaco e il cuore profitta
dell'esercizio delle membra. ,
Un pensiero nuovo agisce retrospettivamente come una
fiaccola che illumina anche alle spalle di chi la regge. I materiali
abbandonati si trasfigurano appena li riordiniamo alla luce di un'idea ;
allora tutto in noi si ricrea e s'anima di nuova vita. Ma, perché ciò
accada bisogna che i sentieri della luce siano aperti, che i nostri
pensieri stiano in ordine e possano mettersi in comunicazione l'uno con
l'altro.
Chi avrà regolato il proprio ordine intcriore sarà
protetto quasi automaticamente da ogni sovraccarico e si potrà
constatare allora che due precetti, distinti in apparenza, non ne
formano, per così dire, che uno solo. L'inutile, che trova posto nel
caos, non trova più posto in una organizzazione.
Ciò che non serve va sgomberato.
Così alleggerito e ben sistemato uno spirito potrà
darsi con tutte le forze alle sue opere, andando dritto a ciò che giova
senza attardarsi con delle inezie, anche se per un altro, queste
dovessero diventare la cosa principale.
Quando Pasteur andò nel Mezzogiorno per combattere e
vincere in poco tempo il male che minacciava la industria francese della
seta, non conosceva i costumi del baco da seta e se ne informò
piuttosto distrattamente dal grande entomologo Enrico Fabre, il quale,
sulle prime si meravigliò dell'apparente leggerezza del Parigino, ma
ben presto, vedendo che Pasteur cercava più a fondo e lavorava proprio
alle sorgenti della vita, capì e celebrò in seguito questa semplicità
geniale.
In ogni materia ci sono alcune idee che governano tut-
144 LA VITA INTELLETTUALE
to il resto, che sono come delle chiavi universali; ce
ne sono certe che governano anche la vita e davanti a queste bisogna
accendere, nell'intimo del cuore la lampada del santuario.
La facoltà creatrice dipende in gran parte, dal
giudizio e dalla sobrietà delia memoria. La fedeltà a ciò che è
essenziale mantiene aperte al di fuori tutte le prospettive, e la'
logica delle cognizioni acquistate tende a trovare il suo naturale
sviluppo negli acquisti nuovi.
I pensieri servono da esca ai pensieri come l'acqua va
al nume; non si presta che ai ricchi e il Vangelo dice: cc A chi ha
sarà dato e si troverà nell'abbondanza ». Ogni verità .è alba di
una verità novella : ogni possibilità tende a realizzarsi e quando
l'ordine inferiore viene, a contatto con la esperienza, accade quello
che accade alla radice se viene 4 ^messa nella terra: la sua sostanza
lavora e la vita cresce-? perché l'adattamento dell'essere
vivente al suo ambiente e''*'-l'unica condizione alla sua fecondità. ^
L'ambiente della Scienza è il Coswos il quale per il^
primo, è organizzazione, struttura, e perché l'uomo di stu- '' dio
progredisca è necessario e sufficiente che stabilisca in& sé, per
mezzo della memoria una struttura corrispondente?' che gli permetta di
adattarsi e, con ciò, di agire. ' '
COME FARE PER RITENERE^
Ci resta a dire come si ottenga una memoria così
fatta:,;
e come si utilizzi, e non è un segreto molto difficile
benchèf si riconnetta alle condizioni più profonde della nostra vita?
mentale.
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 145
S. Tommaso propone quattro regole:
1. Dare un ordinamento a ciò che si vuole ritenere.
2. Applicarvi profondamente lo spirito.
3. Meditarlo spesso. ;
4. Quando si voglia ricordarsene prendere la catena
delle dipendenze al principio e tutto il resto verrà da sé (1).
Aggiunge come accessorio, seguendo Cicerone, che è bene di rilegare la
memoria delle cose intellettuali a quella delle cose sensibili perché
dice che queste sono l'oggetto proprio dell'intelletto ed appartengono
alla memoria per sé stesse, le altre invece indirettamente per
accidente (2).
L'importanza dell'ordine è già stata notata da
un'altro punto di vista ; ma per fissarne il ricordo ciascuno può
rifarsi alla propria esperienza. E' difficilissimo sistemare in noi una
successione di parole, di numeri, di idee o di elementi senza legame fra
loro: le nozioni isolate non vanno a posto, restano isolate, come
sperdute, e sfumano rapidamente. Invece una serie ordinata fa massa e
resiste. Tutto ciò che trova il suo punto d'appoggio nella propria
ragione d'essere e nella sua naturale concatenazione, tutto ciò in una
parola che sta nel suo ambiente, corre meno il rischio di disperdersi.
Si riesce a conservare solo ciò che è; e un elemento, separato dagli
elementi connessi, non è che per metà.
Chi vuoi ritenere faccia attenzione ai legami e alla
ragione delle cose; analizzi, cerchi le cause, osservi la genealogia
degli avvenimenti, le successioni e le dipendenze; imiti l'ordine
matematico, dove la necessità prende le mosse dal-, l'assioma e termina
alle più lontane conclusioni. Per assicurare la coesione del tutto
bisogna intendere a fondo,
(1) Da memoria et Reminiscentìa, lect. 5.
(2) Iblei, lect. 2.
10 — La vita intellettuale.
146
LA
VITA
INTELLETTUALE
quindi imparare e introdurre nel proprio spirito non
degli anelli separati, ma una catena, perché l'unione fa la forza.
L'applicazione dello spirito, che viene raccomandata in
seguito, ha per scopo di incidere più profondamente in noi la figura
della parola e delle cose. Più la tensione è ardente, più l'incisione
è profonda e le traccio resisteranno meglio al flusso permanente che
tende a rinnovare le idee, come per la morte si rinnovano le creature.
Chi legge o ascolta per imparare sia tutto concentrato e presente a sé
stesso ; ripeta, come ad alta voce, ciò che gli è suggerito, ne
martelli le sillabe — lo dico figuratamente, ma qualche volta può
giovare applicarlo alla lettera — si metta in condizioni, appena letto
o inteso ciò di cui si tratta, di ripeterlo:;;
nella maniera precisa in cui lo vuoi ritenere. Se si
tratta di |] un libro non bisogna abbandonarlo prima di essere capaciti
di farne un riassunto e di darne un giudizio. Ho aggiunto |i
quest'ultima parola perché l'oggetto, che ha provocato un5 intervento
attivo da parte nostra, diventa molto meno fu-, gace quando si
riconnette alla nostra personalità. ??
Dopo ciò è necessario meditare, quanto più spesso
possibile è, e quanto più l'oggetto ne è meritevole, su quel chèi,
vogliamo preservare dall'oblio. La vita cancella le orme della vita, e
questa è la ragione per cui consigliavamo di'^ imprimere profondamente;
ma siccome l'esperienza ci in-, segna che queste traccie in ogni modo
sì indeboliscono, bi-| sogna cercare di ravvivare costantemente i
nostri pensieri? utili e di tornare a meditare i fatti che vogliamo
mantenerci^ sotto occhio. Uno spirito agitato non è atto a questo
lavoro,;. perciò per un buon uso della memoria, come per tutte le
funzioni intellettuali si richiede una vita tranquilla e l'allon-'
tanamento dalle passioni. La facoltà di ammirazione, la fre4 schezza di
spirito, di fronte alla natura e alla vita, giovano"
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 147
alla memoria, giacché si ritiene meglio, ciò che più
ci ha colpito. Per questa ragione, oltre tutte le altre, lo studioso
deve coltivare quel desiderio della conquista del nuovo che è il primo
impulso alle feconde creazioni e alle fruttuose ricerche.
In fine quando si vuole ritrovare un ricordo, e
riattivare antiche immagini è ugualmente consigliabile di appoggiarsi
al fatto delle dipendenze reciproche fra i pensieri, fra le impressioni
che han servito di base alla costituzione della memoria. Nel cervello
tutto si concatena, anche indipendentemente dalla nostra volontà: che
se questa poi avrà cercato industriosamente con tutte le forze di
allacciare le nozioni tra loro con i più naturali legami, ne
raccoglierà il beneficio.
Non cerchiamo dunque a caso in un insieme che non è
stato combinato a caso ; ma procediamo logicamente, utilizzando la
logica delle cose quale s'impone da sé o quale l'abbiamo considerata al
principio, riandando le serie istituite, invocando la contiguità delle
idee, delle circostanze, insomma riportando a forza sotto il dominio
dell'attenzione ciò che l'attenzione aveva fissato e immagazzinato
secondo le sue leggi.
Quando S. Tommaso consiglia di tirare la catena, quello
che egli chiama il capo della catena che bisogna afferrare è quello che
ci si presenta come il più immediatamente in dipendenza di ciò che
cerchiamo. Per esempio: Io mi ricordo d'aver pensato ad un progetto di
studio, ora questo progetto mi sfugge ma so che quando lo pensavo stavo
nel tal posto, o che parlavo con quel tale amico, o anche che esso aveva
attinenza ad un certo insieme di operazioni spirituali, ad un certo
aspetto della mia vocazione, o pure che il progetto s'era inspirato ad
una lettura anteriore o era reso
148 LA VITA INTELLETTUALE
necessario da lavori precedenti. Per riafferrare l'idea
svanita, comincerò col risvegliare l'impressione del luogo, della
compagnia, dell'insieme ideologico, dello scopo da raggiungere, del
libro analizato, o del lavoro compiuto. Partendo di là esplorerò i
dintorni e con tentativi diversi cercherò di incontrarmi con quello che
so essere legato ad uno di questi
dati.
Riassumendo, quello che importa alla memoria non è il
numero delle cose acquistate, ma prima di tutto la loro qualità, poi il
loro ordine, e infine, l'abilità della loro utilizzazione. Non sono i
materiali che mancano al pensiero, ma è il pensiero che manca ad essi,
e imparare è inutile senza l'assimilazione intelligente, la
penetrazione, la concatenazione, la progressiva unità di un'anima ricca
e ordinata.
La cosa interessante non è il cantiere ma
l'architettura e, sopratutto, lo spirito dell'abitante. Chi ha
l'ispirazione elevata, l'attenzione ardente, l'emozione di frpnte al
vero, lo zelo della ricerca, avrà ricordi a sufficienza.
C; L E N O T E
Sono costretto a ripetermi spesso, e se lo faccio in
modo ;
eccezionale parlando delle letture, della memoria e
delle' note è perché queste tré cose non ne fanno, per così dire,:
che una. Per mezzo loro ci dobbiamo completare per
potere a tempo debito, fare l'opera nostra.
LA
PREPARAZIONE DEL LAVORO 149
COME SI DEVE ANNOTARE
Bisogna leggere relativamente poco e ritenere anche
meno, cosa questa del resto di cui s'incarica la natura. Gli appunti,
che sono una specie di memoria esterna a noi, « una memoria di carta »
come diceva Montaigne, devono essere enormemente ristretti, in rapporto
alle letture, ma possono essere più ampii del ricordo che suppliscono :
conseguente-mente possono ravvivarlo aiutando il lavoro in una misura
che è difficile precisare. Se ci si dovesse affidare alla memoria per
conservare intatto e pronto a servire tutto quello che abbiamo trovato o
scoperto durante il corso della nostra vita di studio, sarebbe una vera
disgrazia perché la memoria è infedele, perde, nasconde e non
ubbidisce affatto al richiamo, di modo che è meglio non sovraccaricarla
per non ingombrare lo spirito. La libertà dell'anima è preferibile ad
una abbondanza indigesta e come soluzione non c'è che un quaderno
d'appunti o uno schedario.
La memoria inoltre classifica a modo suo e per quanto
uno cerchi di aiutarla in quest'opera, le sue classificazioni restano
capricciose ed instabili cosicché per ritrovare al momento voluto il
ricordo voluto occorrerebbe una padronanza di sé che nessuno può
avere. Anche in questo gli appunti e gli schedari ci possono aiutare.
Bisogna organizzare le riserve, depositare i risparmi alla Banca dove,
non daranno, è vero, nessun interesse ma staranno al sicuro e a portata
di mano. E noi saremo i cassieri.
Praticamente si possono tenere vari sistemi, ma ci sono
alcune leggi generali che sarà opportuno ricordare, perché ognuno ci
si ispiri.
Si possono distinguere due generi di appunti, corrispon-
150
'.\,:LA VITA INTELLETTUALE
denti alla preparazione lontana o alla preparazione
immediata del lavoro. Quando si legge e si medita per formare e nutrire
lo spirito se si presentano delle idee che sembrano degne di nota, se si
trovano dei fatti, delle indicazioni diverse che potranno servire
ancora, si annotano.
Quando invece, dovendo studiare un soggetto preciso,
dovendo produrre qualche cosa di concreto, si cerca di documentarsi, si
legge tutto quanto è stato pubblicato su quella materia, si ricorre a
tutte le fonti di informazioni di cui si può disporre e poi si rinette
per conto proprio, stando Sempre con la penna in mano.
La caratteristica della prima categoria di appunti è di
essere alquanto fortuita, caratteristica che potrà essere mitigata solo
dai limiti della specializzazione e dalla serietà delle letture.
Siccome la vita è sempre complessa, e lò spirito
mutevole, e siccome noi stessi abbiamo consigliato la vastità degli
orizzonti, queste note saranno molto aleatorie.
Quando invece prendete appunti per un lavoro da fare,
avendo la produzione un carattere definito, anche gli appunti restano
più determinati, stringono da presso il soggetto che si ha di mira e
formano un tutto più o meno organico.
Vi sono regole comuni e regole particolari che si
riferiscono a questi due gruppi di annotazioni. In tutti e due i(. casi
occorre evitare gli eccessi, l'ingombro cioè di mate- ^ riali che ci
soffocano e che diventano per ciò stesso inutiliz-jl %abili. Alcuni
hanno dei quaderni così sovraccarichi di note^ e così numerosi che una
specie di scoraggiamento preven- (, tivo impedisce loro di aprirli. Tali
pretesi tesori costarono j, molto tempo e molta fatica e non servono a
nulla perché'»':
sono infarciti di una quantità di cose inutili, e
perfino quelle;''
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 15^
utili, molto spesso, sarebbe stato meglio lasciarle nei
volumi donde furono estratte, contentandosi di una semplice parola
riassuntiva di rinvio. Le vostre note siano prese con riflessione e con
sobrietà e per evitare le sorprese del primo momento, l'effetto delle
preoccupazioni passeggere ed anche della infatuazione causata talvolta
da una parola brillante, lasciate trascorrere qualche tempo prima di
ordinarle in modo definitivo. Con calma, a tempo opportuno, giudicherete
della raccolta per conservare soltanto il grano migliore.
Ancora: in tutti e due i casi occorre prender le note
dopo un lavoro spirituale condotto con energia e personalità. Che
qualche cosa sia bella e buona e preziosa in teoria non è una buona
ragione per scriverla: grazie a Dio, vi sono molte belle cose nei libri,
ricopieremo per questo tutta la biblioteca nazionale? Non si compra una
giacca perché è bella, ma perché ci sta bene, ed è meglio lasciare
dall'antiquario il mobile ammirato, se ne le dimensioni ne lo stile si
adattano all'appartamento che lo attende. Evitate in tutto il capriccio.
Come la lettura è nutrimento, e il ricordo è un patrimonio di
ricchezza, che fa corpo con la persona, così le note vanno considerate
come una riserva alimentare personale. Le. letture, f ricordi e gli
appunti ci debbono completare e perciò ci devono somigliare, devono
avere le nostre caratteristiche, corrispondere al nostro ufficio, alla
nostra vocazione, devono rispondere ai nostri fini ed alle vie che
vogliamo seguire per attuarli. ,:
E' noto come un libro di conti riveli la maniera di
vivere e gli scopi che si propone il suo proprietario ; il quaderno di
appunti e lo schedario dovrebbero essere altrettanto vicini allo
studioso, a ciò che egli deve e vuole essere. Qui è, almeno in parte,
il suo conto Avere, e questa partita deve corrispondere da una
parte al possessore e dall'altra
152 LA VITA INTELLETTUALE
poi alla presunta spesa. Io mi rispecchio nelle mie
opere e mi devo rispecchiare anche nei mezzi, se ho adattato bene gli
uni alle altre come a me stesso.
Meglio ancora, sarebbe desiderabile che, esclusi i
documenti veri e propri, fatti, testi o statistiche, gli appunti che si
prendono fossero non soltanto adattati alla persona, ma della
persona che li prende e questo non solo quando emanano dalle sue
riflessioni, ma anche quando procedono da una lettura. La lettura,
difatti, deve essere rimeditata e perciò dicevo che una citazione può
diventare nostra al punto da non differire da una creazione.
Mentre leggo scrivo, ma, anziché scrivere il pensiero
altrui, scrivo quello che penso io, messo a contatto con un altro, e il
mio ideale è che ciò accada anche se trascrivo a parola, perché in
quei casi giudico di non poter meglio esprimere il pensiero comune. Lo
scrittore è colui che concepisce, ed anch'io concepisco ciò che riesco
ad assimilare con profondità, ciò che mi sforzo di penetrare, di comprendere
nel più ampio senso della parola, e cioè di far mio :
dunque io divento allora scrittore e posso mettere a
parte gli appunti come un tesoro diventato mio proprio.
E quanto agli appunti del primo gruppo non c'è più
nulla d'essenziale da considerare. Quanto alle note prese per così dire
da vicino, in vista cioè di un lavoro determinato, occorre innanzi
tutto rafforzare l'applicazione delle regole esposte e poi aggiungere
quanto segue.
Abbiamo già richiesto che il modo di annotare sia
personale, e cioè in rapporto fedele con chi scrive, ma bisogna anche
che sia in rigoroso rapporto con l'opera da fare. Il vostro scopo è
preciso, ripensatelo intensamente e tracciate un piano provvisorio
secondo il quale dirigere le letture e
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 153
le meditazioni: secondo questo anche dovranno esser
prese le note.
Claudio Bernard diceva che le osservazioni scentifiche
sono risposte alle domande poste dallo spirito e che di fatto nessuno
trova se non ciò che cerca. Allo stesso modo una lettura fatta con
intelligenza deve racchiudere sempre la possibilità di una risposta ai
quesiti suggeriti a noi dall'argomento che viene trattato. Bisogna
dunque leggere con lo stesso sentimento di attesa con cui all'uscita di
una stazione, si osserva la folla dei viaggiatori tra i quali deve
trovarsi un amico. La lettura deve essere conseguen temente a mano a
mano sempre più specifica, e deve avere rapporti non soltanto alla
persona che studia e alla sua vocazione, ma alla particolare
applicazione del momento. Questa maniera di leggere è un partito preso
e come tale rassomiglia ad un vaglio che lascia passare tutto quello che
non serve e ritiene solo il grano voluto. Non bisogna ne distrarsi ne
indugiarsi ma tener sempre presente solo il proprio scopo senza riguardo
alcuno per quello dell'autore che può essere differen-tissimo. Dirò
anzi — non ostante il senso antipatico e inopportuno che questa frase
ha quasi in ogni caso — che bisogna mettersi dei para occhi per
concentrarsi meglio su ciò che, pel momento, ci deve prendere
intieramente.
Ci sono due procedimenti, che si può impiegare
alternativamente, secondo la natura dell'opera che vogliamo compiere. Si
può stabilire un piano dettagliato e documentare solo in seguito.
Oppure si può cominciare dalla documentazione, da riflessioni e letture
che presuppongono evidentemente qualche direttiva, ma senza che ci sia
un piano propriamente detto. In questo caso si gira intorno al soggetto,
si osserva da tutti i lati, si cerca di approfondirlo in ogni senso, in
modo che nulla ne resti inesplorato ; se vengono
154
LA VITA INTELLETTUALE
delle idee di piani da tracciare se ne prende nota, come
faceva Pascal quando scriveva: «Ordine» a capo di un frammento. Si
mettono da parte i documenti da utilizzare così come sono ; si
appuntano le idee che occorrerà sviluppare e di cui, quando ci si
offrono, si fissano le caratteristiche principali. Si menzionano le
parole giuste, le similitudini riuscite che si presentano ; qualche
volta si redige un passaggio intero, non con l'idea di compierlo, ma
perché è venuto da sé e l'ispirazione è come la grazia che passa e
non torna.
Quando crediamo di aver esaurito la materia di ciò che
pretendevano o speravamo di fare, allora il lavoro è pronto ;
il cantiere è pieno di materiali di cui alcuni sono
informi, altri tagliati provvisoriamente. Parleremo fra poco della
costruzione, ma si vede già chiaramente che il piano procederà dagli
stessi materiali e non i materiali dal piano.
Questo sistema, che sembra ed è di fatto meno logico,
astrattamente parlando, ha però il vantaggio di lasciarci più liberi
nelle riflessioni e negli studi di preparazione, di facilitarci
l'ispirazione, di darci la soddisfazione di trovare senza essere
costretti a cercare troppo particolarmente, e di lavorare in piena
libertà di spirito, senza costrizioni mentali. In questo modo si può
condurre a termine un lavoro senza averlo cominciato. Tutto il suo
valore è già determinato nelle note in cui il piano è latente, un
piano a «fwnrs» come" dicono gli architetti e cioè che contiene
varie combinazioni possibili. Ma la materia è pronta, dominata, e si è
sicuri,? una volta stabilito il piano, che questo risponderà ad una^
concezione reale, a delle idee che abbiamo e non dietro le, quali
corriamo ; non sarà dunque uno schema arbitrario, uni sistema di
scompartimenti da riempire per forza anche quan-'
LA 1'REPARAZIONE DEL LAVORO ;: Ì55
do non ci sia niente di spontàneo, di saliente e
perciò niente-di. vivo. ' 1! • '• •11
• ' • • • ' • ! ' - •^,yi ' Le
note così intese, note di studio, note di ispirazione, non possono
essere prese a tempo .perso ; esse sono del lavoro vero e proprio e
bisogna riservarne la ricerca in quei momenti che abbiamo chiamato di
plenitudine. Le altre note, senza sfuggire alla necessità dello sforzo,
avranno qualche volta 51 carattere di cose trovate a caso per fortunata
combinazione. Ma quelle raccolte da uno studio profondo saranno sempre
le migliori. '
COME CLASSIFICARE LE NOTE?
Dopò aver preso ,le note, se si crede che più tardi
possano servire, bisogna classificarle. Nell'industria l'ordine è
denaro, e quanto denaro; nella scienza l'ordine è pensiero. ' arebbe
inutile prendere delle note se al momento opportuno non si potessero
più ritrovare : sarebbe come avere un tesoro nascosto sotto terra. Sta
bene conservare traccia dei propri pensieri, e delle letture fatte,
rilevare dei documenti, ma a condizione di averli sotto mano e di
poterli facilmente consultare. Bisogna diffidare di quel certo spirito
di collezionismo da cui sono così spesso affetti quanti hanno
l'abitudine di prendere note. Costoro vogliono riempire a qualunque
costo il quaderno o lo schedario, e nella fretta di riempire i vuoti,
accumulano i testi proprio come^si fa coi francobolli o con le cartoline
illustrate.
Questa maniera di fare è deplorevole e rischia' di
condurre ad una sciocca mania. L'ordine è necessario,, ma purché ci
serva e non perché ci renda schiavi. Chi si accanisce ad accumulare
note si distrae dalla produzione e anche dall'ap-
156
LA VITA INTELLETTUALE
prendere; un'eccessiva smania di classificazione nuoce
all'uso e tutto invece deve essere subordinato al bene del
lavoro. _
Come si possono classificare le note?
Gli uomini celebri hanno adottato vari sistemi, ma alla
fine dei conti il migliore è quello che ciascuno ha sperimentato,
confrontandolo con i propri bisogni ed abitudini intellettuali e che ha
consacrato con una lunga pratica.
Il sistema del registro su cui si scrive o si incollano
in fila le note raccolte è molto difettoso per ciò che non permette
alcuna classificazione, nemmeno con l'aiuto delle riserve lasciate in
bianco : che è impossibile determinarne la misura. Tenendo un registro
differente per ogni soggetto si corregge un po' questo inconveniente, ma
non si ottiene mai una classificazione precisa oltre al fatto che il
registro si presta male all'uso quando è il momento di scrivere.
Si possono tenere delle buste di carta resistente, con
un tìtolo, in cui mettere le note di ciascuna categoria. Ogni insieme
di simili buste, raggruppabili sotto un titolo più generale si dispone
in uno scompartimento di scaffale, sopra il quale si segnerà, se non il
titolo stesso — che si può preferire di non mettere al pubblico —
almeno un numero d'ordine corrispondente ad un indice che lo studioso
abbia sempre sotto mano.
Ma il metodo più pratico per la massima parte dei
lavori è quello delle schede. Prendete delle schede di carta più tosto
resistente, di indentiche dimensioni, fissate secondo la lunghezza media
dei vostri appunti. Niente del resto potrà impedire che si prosegua su
di una seconda scheda l'appunto cominciato in un'altra. Le schede
debbono essere tagliate con esattezza, a macchina, lavoro che potrà
essere compiuto da qualsiasi rilegatore in cinque minuti e che del resto
può
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 157
essere evitato poiché case speciali mettono in
commercio schede di ogni dimensione e di ogni colore insieme alla
scatola per contenerle e agli altri accessori. Sono infatti necessario
delle scatole o anche — se la raccolta di note è importante — un
mobile a tiretti di appropriate dimensioni. E' anche necessario un certo
numero di schede con listelli per numerare le categorie dopo aver
numerato ad un angolo ogni scheda.
Fissato questo materiale, ecco come si deve procedere.
Quando raccogliete un appunto durante il corso della
lettura, o della meditazione, o via dicendo, fissatelo subito su di una
scheda, o — se non ne avete a disposizione — su di un pezzo di carta
più piccolo,scrivendo però solo da una parte, in modo da poterlo poi
incollare su di una scheda ordinaria. Poi, a meno che non abbiate
pensato di soprassedere, voi dovete classificare la scheda.
Questa operazione di classificare, presuppone di aver
già adottato un modo di classificazione in armonia con i vostri
particolari lavori. Non si possono qui che dare indicazioni generali.
Ognuno infatti deve prepararsi un catalogo di soggetti, con divisioni e
suddivisioni, intorno ai quali ha di già stabilito o pensa di doversi
procurare degli appunti. Un sistema ingegnosissimo, chiamato sistema
decimale, è applicabile ad ogni genere di ricerca. Mi permetto di
rinviare per la sua esposizione ad un chiarissimo ed interessante
opuscolo (1).
Se si teme la complicazione, che veramente è un
inconveniente grave, si cerchi il sistema più pratico per lo scopo a
cui deve servire, perché in questo bisogna essere realisti e
(1) L'orsanisation da travaii intellectuel —
Dott. chaviqny, agrégé du Val de Qràce — Delagrave, 1918.l
,cg LA VITA INTELLETTUALE
non dilettarsi a fare a priori delle suddivisioni che
non servirebbero a niente.
Le schede si immatricoleranno secondo il catalogo di cui
ogni divisione o suddivisione deve portare una lettera o un numero
d'ordine e così al momento del bisogno si ritroveranno facilmente.
COME UTILIZZARE LE NOTE
Eccoci giunti al momento di utilizzare la
documentazione. Abbiamo la raccolta immediata delle note prese
precisamente per il lavoro che stiamo facendo, di più abbiamo in
riserva, non ancora estratte, le note antiche che vi si riferiscono più
o meno direttamente. Riuniamole dunque servendoci delle indicazioni del
catalogo, e ci troveremo di fronte due strade aperte.
Se abbiamo già fatto un piano dettagliato e secondo
questo abbiamo preso le note, daremo un numero successivo agli articoli
di detto piano, e un numero analogo alle schede che li riguardano ; poi
riuniremo in pacchi le schede che portano uno stesso numero, metteremo
per ordine i vari pacchi e non ci resterà altro da fare che redigere
successivamente il contenuto.
Se invece avevamo preparato il lavoro senza un piano
prestabilito, ma semplicemente secondo alcune direttive, si tratterà
adesso di stabilire il piano e cioè di estrarlo dalla documentazione
stessa, il che potremo fare in questo modo :
prendiamo le schede in blocco, e scriviamo il loro
contenuto, uno dopo l'altro, in colonna, su un foglio di carta, con
proposizioni più brevi che sia possibile. Una volta esaurito questo
lavoro ci troviamo davanti tutte le idee di cui
LA PREPARAZIONE DEL LAVORO 159
disponiamo. Scorriamole per renderci conto delle loro
di- • pendenze e rapporti, ricaviamone mentalmente le idee principali,
e mettiamo, sotto a queste, quelle che vi si ricollegano, aiutandoci con
una numerazione marginale che potremo correggere ripetutamente secondo
il bisogno. La luce si farà d poco a poco e in quella che era
una massa confusa si stabilirà un ordine. Fatto ciò ricopieremo le
proposizioni non avendo più che da seguire r numeri. Se ci saranno dei
vuoti, li riempiremo: faremo, se occorre, riguardo a questi, qualche
ricerca supplementare, numerando col numero corrispondente ad ogni tema
le schede relative e poi classificando e ordinando, come abbiamo detto
poco fa. E la nostra redazione sarà pronta.
C A P I T O fc O VI I I< ;
' ,\'.•^'•.1 -i^i'f , •,•-
'" . ..
IL LAVORO C R E A T ORE
Eccoci giunti al momento dell'attuazione. Non si può
studiare e preparare eternamente, e poi, del resto, lo studio e la
preparazione non vanno disgiunti da una parziale attuazione che li
favorisce. Ogni vita si sviluppa ritornando su sé stessa. Così un
organo esercitandosi si fortifica, e fortificato si esercita con più
vigore. Bisogna scrivere durante tutta la vita intellettuale.
SCRIVERE
In principio si scrive per sé stessi, per veder chiaro
nel proprio caso particolare, per definire meglio i propri pensieri, per
sostenere e ravvivare l'attenzione che senza la costrizione della
necessità facilmente cede, per precisare le ricerche la cui necessità
si rivela durante la produzione, per sorreggere lo sforzo che si
rilasserebbe senza la constatazione, di quando in quando, di un effetto
visibile, e finalmente per formarsi uno stile e acquistare quella
facoltà che completa tutte le altre, e cioè l'arte dello scrittore.
Chi scrive deve pubblicare, purché ci si senta disposti e ne siamo
stati preventivamente giudicati capaci da persone compe-
IL LAVORO CREATORE 161
tenti. L'uccello sa bene quando è arrivato il momento
in cui può affrontare lo spazio e la madre lo sa anche meglio di lui.
Appoggiati a voi stessi e ad una savia maternità spirituale, cercate di
volare appena lo potrete. Il contatto col pubblico vi costringerà a far
meglio, le lodi meritate vi stimoleranno, i critici eserciteranno il
loro controllo e il progresso vi verrà imposto, per così dire, invece
del ristagno che potrebbe risultare da un perpetuo silenzio. La
paternità intellettuale è seme di altri beni : ogni opera è come una
sorgente.
Il P. Gratry insiste molto sull'efficacia della
scrittura. Vorrebbe che si meditasse sempre con la penna in mano e che
l'ora pura del mattino fosse consacrata a questo contatto dello spirito
con sé stesso. Bisogna tener conto delle dispo-^ sizioni personali, ma
è certo che per la maggioranza lo scrivere è uno stimolo.
Quando parliamo è un pò sempre come se ascoltassimo;;
l'anima nostra e la verità che è in lei ; ma quando
parliamo,;
in silenzio ed in solitudine per mezzo della scrittura
noi intendiamo noi stessi e sentiamo il vero con quella freschezza-di
sensazione con cui un uomo mattiniero ascolta all'alba la;
natura.
In tutte le cose è necessario cominciare. « II
principio è più che la metà del tutto » ha detto Aristotele. Se non
si produce ci si avvezza alla passività; la paura proveniente
dall'orgoglio e la timidezza aumentano sempre più, si indie-;
treggia, si temporeggia fino all'esaurimento, si diventa
ste-:
rili.
Ho già detto che l'arte dello scrivere esige quella
applicazione lunga e precoce che diventa a poco a poco una abi-; '
tudine mentale e costituisce quello che si chiama lo stile, f
Lo stile, la penna, ecco lo strumento spirituale
di cui
11
— La
vita intellettuale.
152 LA VITA INTELLETTUALE
ci serviamo per dire a noi stessi e agli altri quello
che intendiamo della verità eterna. Questo strumento è una qualità
dell'esser nostro, una piega dell'animo, una disposizione del cervello
animato, cioè un me stesso evoluto in un certo dato modo. « Lo stile
è l'uomo ».
In ognuno, dunque, lo stile si forma insieme allo
scrittore. Il mutismo è una diminuzione della persona. Chi vuole
raggiungere la pienezza intellettuale deve saper pensare ad alta voce,
pensare esplicitamente e cioè deve saper formare il proprio verbo sia
inferiore che esteriore.
Forse è bene accennare in questa occasione quale debba
essere uno stile che risponda ai fini che abbiamo suggerito allo
studioso.
Ahimè! bisognerebbe non scrivere per osare di dire come
si deve scrivere; e l'umiltà non è difficile per chi ha subito il
fascino di un grande stile di fronte a Pascal, La Fon-taine, Bossuet o
Montaigne. In ogni modo si può confessare quale sia l'ideale
vagheggiato e non raggiunto, perché dichiarandolo ci accusiamo e ci
onoriamo insieme.
Le qualità dello stile si possono spiegare in quanti
arti-. coli si voglia, ma io credo che tutto si possa racchiudere in
queste tré parole: Verità, individualità, semplicità, a menoi, che
non si preferisca riassumerle in questa frase: Scrivere vero.
Uno stile è vero quando risponde ad una necessità del
pensiero e quando si mantiene in intimo contatto con le cose.
Il discorso è un atto di vita e non deve, nella vita,
rappresentare una spezzatura come avviene quando si cade
nell'artificioso e nel convenzionale. Scrivere in un modo e vivere in un
altro la propria vita spontanea e sincera è un offesa al verbo e
all'armoniosa unità umana.
IL LAVORO CREATORE 163 '•'^•^.,
II « discorso di circostanza » è il prototipo di
quelle cose che si dicono perché bisogna dirle, che si pensano solo
letterariamente e per le quali si sfoggia quell'eloquenza di cui la vera
eloquenza si fa beffe. E' così che il discorso di circostanza non è
altro, spesso, che un discorso d'occasione. Può anche darsi che sia
geniale, e Demostene e Bossuet ce l'insegnano, ma lo è soltanto quando
la circostanza suscita, dal nostro intimo, ciò che sorgerebbe
spontaneamente lo stesso, ciò che si rilega alla nostra maniera di
pensare, alle nostre meditazioni abituali.
Il dono della parola, parlata o scritta, è abnegazione
e rettitudine : abnegazione che mette da parte la personalità, là dove
si tratta di uno scambio fra la verità che parla dentro e l'anima che
ascolta; rettitudine che espone ingenuamente quanto s'è rivelato
nell'ispirazione, senza aggiungervi abbondanza di parole. « Guardati in
cuore e scrivi » dice Sidney. Chi scrive così, senza orgoglio e senza
artifìcio, come se lo facesse solo per sé stesso, se ha quel talento
che porta lontano le parole vere, parla di fatto per l'umanità e questa
si riconoscerà nel discorso che essa ha ispirato. La vita riconosce la
vita. Se do al mio prossimo della carta scritta, forse la guarderà
curiosamente, ma poi la butterà via : ma se sono un albero che offre le
foglie e i frutti gonfi di linfa, se mi dono completamente riuscirò a
convincere e, come Pericle, lascerò la freccia nei cuori. Se obbedisco
alle leggi del pensiero non posso che dimostrarmi vicino alle cose o
meglio nell'intimo delle cose. Pensare è concepire ciò che è ;
scrivere vero, cioè secondo il pensiero, è rivelare
ciò che è, non mettere delle frasi in fila.
Il discorso deve rispondere alla verità della vita. Chi
ascolta è un uomo ; non bisogna che chi parla sia un'ombra.
L'ascoltatore ci apporta un'anima da guarire o da illuminare
154 LA
VITA INTELLETTUALE^,
non gli diamo delle parole! Chi scrive deve far in modo
che;' la parola renda perfettamente al di fuori il suo sentire in-;.,;
tenore. ?
La sincerità dello stile evita la frase fatta. Si
chiama così:;
una verità antica, una formula divenuta d'uso comune, ;
espressioni che un tempo furono nuove e che non lo sono'-più
precisamente perché hanno perduto il contatto con la realtà da cui
erano nate, perché restano vaghe, orpello vano che si sostituisce alla
viva vena, alla diretta, immediata trascrizione dell'idea.
Il grande stile consiste nella scoperta dei legami
essenziali fra i varii elementi del pensiero e nell'arte di esprimerli
senza balbettamenti accessori. Scrivere come la rugiada si posa
sull'erba, e le stallattiti sulle pareti delle grotte;
come la carne si forma dal sangue, e come la fibra
legnosa dell'albero si forma dalla linfa (1) ecco l'ideale.
Ciò che si sprigiona da me, senza di me, mi somiglia1-per
virtù di necessità. Il mio stile è quasi come il mio viso.;
Ogni viso riceve dalla specie i suoi caratteri generali,
ma hai) sempre una individualità caratteristica ed incomunicabile : e's
unico sulla terra e nei secoli: da ciò in parte consegue adg esempio
l'interesse così spiccato che ci destano i ritratti. ::.
Ora lo spirito nostro è certamente molto più originale5
del nostro viso ; ma noi lo nascondiamo dietro a vaghe astrazioni
generali acquisite, dietro alle frasi tradizionali, dietro,;' alle
correlazioni puramente verbali, che invece di rappresentare un intimo
nesso non rappresentano più che abitudini inveterate. Se sapessimo
mostrare lo spirito nostro tale quale esso è, appoggiandoci, ma senza
obliarci, sul patri-
(1) emerson, Atttobiographie: Ed. Régis Michaud
p. 640. Colin, ed.
IL LAVORO CREATORE 165
nionio culturale di tutti, riusciremmo a destare un
interesse inesauribile ed a raggiungere l'arte.
Lo stile che si adatta ad un dato pensiero è come il
corpo che appartiene ad un'anima, come la pianta che •prò-' viene
da un dato seme ha la sua propria struttura. Invece imitare significa
togliere la personalità al proprio pensiero e quindi renderlo o vago o
puerile.
Non si deve mai scrivere di maniera perché la
verità non ha mai atteggiamenti artificiali, è sempre nuova.
L'espressione della verità è necessariamente personale per ciascuno
perché — come lo scrivere di maniera è affettazione — così la
originalità vera è un fatto di verità. Ciò che si deve evitare non
è quel senso personale che rinnova ed esalta ogni cosa, ma la propria
volontà in opposizione al regno del vero. Da dò proviene la
semplicità: le sfiorettature sono un'offesa al pensiero, a meno
che non siano un espediente per nasconderne la vacuità. In natura non
ci sono adornamenti, ma solo necessità organiche. Ciò non significa
che in natura non si trovi niente di splendido: ma anche lo splendore vi
è in modo organico, ha diritto alla vita perché sostenuto da basi
incrollabili.
Per la natura il fióre è cosa altrettanto importante
quanto il frutto, e le foglie quanto i rami: il tutto proviene dalle
radici e non è che la manifestazione del germe nel quale si cela l'idea
della specie.
Orbene lo stile, se di mano d'autore, imita le creazioni
naturali: una frase, un brano scritto debbono essere costituiti come un
ramo vivo, come una radice, come un albero :
niente di più e niente di meno : tutto deve mantenersi
nella pura linea che va dal germe al germe, da quelo dischiuso nello
scrittore a quello che si dovrà dischiudere nel lettore per propagare
la verità e la bontà. Lo stile non è fine a sé
156 LA VITA
INTELLETTUALE;
stesso; considerandolo così, si svisa e si avvilisce.
Bisogna veramente tenere in poco conto la verità per rendersi schiavi
della forma e diventare rimatore invece che poeta e invece che scrittore
stilista. Chiunque ne abbia capacità ha il dovere di portare il proprio
stile alla perfezione, perché la perfe-;
zione è un diritto per quanto esiste quaggiù ; ma
ognuno acfe ogni modo cerca legittimamente di diventare nello stile tan-|;
to esperto quanto è a lui possibile, come fa del resto
un vec-ti chio fabbro attorno al proprio lavoro. Ma il fabbro — pél*
continuare nel paragone — non si diverte a forgiare sempre volute,
fabbrica invece sbarre, ferramenta, inferriate. ;;
Lo stile esclude il superfluo, perché costituisce una
stretta economia in seno alla ricchezza; in alcuni casi conciso, altre
volte prodigo per rendere onore alla Verità, il suo compito non è mai
quello di brillare, ma di chiarificare e anzi per essere perfetto deve
nascondersi. Si deve scrivere con quella forma che risulta inevitabile,
dal pensiero preciso o dal sentimento esatto che vogliamo esprimere. Lo
scopo è quello di farsi capire da tutti, come si conviene quando un
uomo parla ad altri uomini ; e di toccare in loro quanto è direttamente
o indirettamente organo di verità. « Stile completo è quello che
tocca tutte le anime e tutte le facoltà dell'anima » (1). Non c'è
bisogno di seguire la moda perché il tempo in cui viviamo influisce su
di noi di per sé e saprà metterci in armonia con l'eternità. L'acqua
pura è preferibile a tutte le altre bevande. Oggi molti scrittori hanno
un sistema: ma ogni sistema è una posa e ogni posa offende la bellezza.
Il segreto della forza sta nell'arte dell'omissione, dell'eliminazione,
della semplificazione, perciò bisogna coltivare quest'arte sino a
giungere alla innocente nudità che
(1) oratry, Les sources.
IL LAVORO CREATORE 167
rivela lo splendore delle forme viventi :
pensieri, realtà, creazioni e manifestazioni del Verbo.
Disgraziatamente, l'innocenza dello spirito è una cosa
rara e quando esiste qualche volta si accoppia alla nullità.
E' così che solo due specie di spiriti sembrano
predisposti alla semplicità : gli spiriti limitati e i geni ; gli altri
son costretti ad acquistarla laboriosamente, impacciati da quella
ricchezza di cui non sanno disfarsi.
DISTACCARSI DA SE E DAL MONDO
Tanto lo stile quanto il lavoro creatore in generale,
esigono il distacco, sicché bisogna metter da parte la personalità
ingombrante e dimenticare il mondo. Come può lasciarsi distrarre dal
proprio io chi pensa alla verità? Che cosa si può sperare da un uomo
che non sa andare più in là di sé stesso? Io spero in colui che si
slancia, vinta la propria personalità effimera, verso l'immenso e
l'universale; che astronomo, cammina in compagnia degli astri: poeta,
filosofo, teologo, in compagnia della materia animata o inanimata,
dell'umanità individuale e sociale, delle anime, degli angeli e di Dio.
Credo in lui perché è posseduto dallo spirito di verità e non da
preoccupazioni meschine.
Abbiamo già visto che non basta lavorare col solo
intelletto, ma che occorre invece impegnare nel lavoro tutto l'uomo ; è
facile anche comprendere che quest'uomo non deve essere l'uomo della
passione, o l'uomo di vanità, o quello dell'ambizione e della
compiacenza vana.
Tutti in certi determinati momenti possono sentirsi
agitati da passioni ; ma in nessun momento la passione deve restare
dominatrice. Tutti sono esposti alla vanità, ma quando
158
•
LA VITA INTELLETTUALE
il lavoro diventa in fondo niente altro che vanità, si
è caduti in un vero e proprio vizio. Non si tratta infatti di sapere
che cosa noi riusciremo ad ottenere dalla scienza, sì che cosa potremo
darle: l'essenziale non sta nell'accoglienza fatta alla nostra parola,
ma nell'accoglienza che noi stessi abbiamo fatto alla verità e in
quella che ne prepariamo agli altri. Orbene di fronte a questo scopo
sacro che valore possono avere i nostri piccoli calcoli egoisti? Molti
uomini che hanno l'aria di aver dato tutto il proprio cuore ad una cosa,
di fatto se ne interessano meno che dei loro minuscoli successi. La
formazione dei mondi, l'ascensione delle specie, la storia della
Società umana, il regime del lavoro servono loro per conquistarsi un
nastrino all'occhiello: la loro poesia non ha altra aspirazione che
quella di sentirsi salutare « caro Maestro » : la loro pittura sogna
un bei fregio alla cornice. E' chiaro che uno spirito siffattamente
stravolto è una degenerazione. Il perseguimento di tali scopi non può
che degradare il lavoro e anche se ci si eleva alquanto sulla scala
delle ambizioni e si trascura il successo attuale riservandoci quello
futuro, sperando di arrivare proprio per effetto dello stesso
disinteressamento, il risultato è sempre lo stesso.
L'ispirazione infatti non è compatibile con altri
desideri. Chiunque vuole qualche cosa per sé, mette da parte la
verità: il Dio geloso non potrà più essere ospite suo. Dicevamo poco
fa che è necessario lavorare in uno spirito di eternità e che
cosa c'è di meno eterno che ogni aspirazione ambiziosa? Essendovi
consacrati del tutto alla verità il vostro dovere è quello di
servirla, non di farvi servire da lei.
Non si agisce in modo completo che in favore di quelle
cause per le quali si è disposti a morire. Siete pronti a morire per la
verità? Ogni scritto ed ogni pensiero di un verace amico del vero
dovrebbe essere simile a quei segni che San
IL
LAVORO CREATORE 169
Pietro martire moribondo tracciava col sangue della
propria ferita: CREDO.
La personalità egoista compie sempre opera di
diminuzione: contamina tutto e riduce tutto meschino, perché disorienta
le forze. E' veramente degno del nome di pensatore solo chi va diritto
dinanzi a sé, ispirandosi soltanto alla verità, e lasciando nelle mani
di Dio tutte le conseguenze. ^
<c Per me, vivere, è il Cristo » diceva S. Paolo.
Ecco una vocazione, ed ecco anche una certezza di azione vittoriosa.
Non si è veramente un consacrato al lavoro
intellettuale se non si riesce a dire: « Per me, vivere, è la verità
».
Un tipo di personalità, particolarmente nemica del
lavoro intellettuale, è da segnalarsi in quella ipocrisia quasi
universale che consiste nel proiettare innanzi a sé una parvenza di
sapere, anche là dove la sincerità dovrebbe invece confessare niente
altro che ignoranza. Nascondere la propria povertà intellettuale
all'ombra delle parole, è quanto si rimprovera al pennaiuolo di
mestiere, al giornalista da strapazzo o al deputato incapace, ma ogni
scrittore, il quale si interroghi con sincerità, deve confessare di
cedere spessissimo, su questo punto, alle suggestioni dell'orgoglio.
Vogliamo esser soli a conoscere il nostro umiliante segreto e
mascheriamo la nostra manchevolezza posando ali' uomo grande
quando ci sentiamo piccoli : allora è che «si afferma» « si dichiara
» « si è certi che... » mentre, in fondo non si sa niente; cerchiamo
di imporci al prossimo, e vagamente ingannati dalla nostra stessa
finzione finiamo col prenderci sul serio da noi stessi.
Un'altro difetto è la ricerca, nel pensiero, di quella
falsa originalità che abbiamo or ora condannato nello stile. Il
170 LA
VITA INTELLETTUALE
voler piegare il vero alla propria persona è un
orgoglio così insopportabile che diventa sciocchezza. La verità è
essenzialmente impersonale e, quando si serve della nostra voce o del
nostro spirito, ne prende il colore, da sé e anzi lo prende tanto
meglio quanto meno noi ce ne diamo pensiero ; ma se forziamo la verità
a rassomigliarci la falsiamo, e sostituiamo a lei, immortale, un essere
effimero che per giunta ne è violatore. ?
« Non guardate donde venga la verità » diceva S.
Tom-ìi maso : non guardate neppure a chi da gloria, ne desiderate;;
che il lettore, di fronte all'opera vostra, guardi da
dove;
viene la verità. Questo sublime disinteresse è la
caratteristica; ;
delle anime grandi, e sforzandosi a raggiungerlo,
facendosene una legge sempre accettata se non sempre obbedita, s^i-'
corregge la propria miseria, e si diventa più grandi, di quella|
grandezza che è la sola vera: anche l'umile sostegno ha la; , sua parte
di gloria quando la verità, fiamma autentica, rì-i ;
splende sul candelabro spirituale. ?
Bisogna anche, come dicevo, dimenticare il pubblico.;
Il P. Gratry nelle « Sources » dice che: « un libro
è tanto più forte quanto più è stato scritto lontano dal lettore »
e i « Pensieri » di Pascal, i lavori di Bossuet per il Delfino, la
Somma di S. Tommaso d'Aquino soprattutto ne sono portati come un
esempio, riconfermato anche dal paragone fatto < invece colla cc
Piccola Quaresima » e coi « Discorsi sinodali » di Massillon. Tutto
ciò è vero e Vauvenargues lo afferma quando dice che: «
Ordinariamente quello che è stato pensato solo per gli altri è poco
naturale ». Con ciò non s'intenda che si possa trascurare il prossimo
e disinteressarsi dal rendersi utile. L'uomo di studio deve sapere che
appartiene a tutti, ma il fatto di voler ottenere una utilità è ben
dt-fi, verso dal chiedere una parola d'ordine. Non bisogna là^
IL LAVORO CREATORE 171
sciarsi influenzare dai giudizi altrui ne mai deviare
dalla linea retta sotto la pressione di quel vile conformismo che si
dice amico di tutti per avere di tutti la compiacenza.
Cercando l'approvazione pubblica si toglie al pubblico
una forza su cui questo contava. Per il fatto che vi siete dedicati a
lui egli è in diritto di domandarvi: «Dov'è l'opera vostra? ». Ma il
pensiero non sarà più opera vostra quando il desiderio di piacere e di
adattarvi abbiano resa schiava la vostra penna ; allora sarà il
pubblico che penserà per voi mentre voi dovevate pensare per lui.
Cercate dunque l'approvazione di Dio, meditate soltanto
il vero per voi stessi e per gli altri, non siate schiavi e rendetevi
degni di dire con S. Paolo : « II Verbo di Dio non è incatenato ».
Questa virtuosa indipendenza è tanto più necessaria in
quanto il pubblico, nella sua massa, ha tutto ciò che serve per
abbassarci. Esso è tiranno: nella maggioranza degli ambienti e col
maggior numero di voci proclama non delle verità ma delle convenzioni,
vuole essere lusingato e, sopratutto, teme di essere disturbato. Perché
le verità essenziali lo abbiano come auditore bisogna che esse gli
vengano imposte a viva forza ed è questa preziosa violenza che il
pensatore solitario può e deve tentare. La forza di cui dispone per
riuscire consiste nell'appoggiarsi su sé stesso e sulla natura delle
cose ; nel cc bussare come un sordo » come diceva M.me de Sévigné di
Bourdaloue e nel' gridare il Si salvi chi può che alla fine
seduce e conquista le anime.
La sola cosa veramente potente e che riesce a trascinare
è una forte convinzione unita ad un carattere che dia delle garanzie
alla debolezza umana. Quegli stessi che pretendono d'essere corteggiati,
disprezzano il cortigiano e si sottomettono al padrone. Se siete del
mondo, sarete amati dal
172 LA VITA INTELLETTUALE
mondo ; ma il mondo disdegnerà anche silenziosamente la
vostra bassura. Perché in realtà questo mondo perverso non ama che i
santi, esso, vile, sogna gli eroi. Davanti a siffatta umanità non
bisogna cedere all'opinione e scrivere come se ci sentissimo
sorvegliati, bisogna, al contrario, spogliarsi degli altri come di sé
stessi. Nel campo intellettuale, come in tutti gli altri superando
l'uomo ci si prepara a dei prodigi perché si apre la via allo Spirito.
Davanti allo scrittoio, nella solitudine in cui Dio
parla al cuore, bisognerebbe ascoltare come ascolta il fanciullo e
scrivere come il fanciullo parla. Il fanciullo è semplice e disinvolto
perché non ha ancora una volontà propria, una posizione, dei desideri
fittizzi, delle passioni. Così la sua ingenua confidenza, e il suo
discorso franco hanno un interesse e se l'uomo maturo, nutrito
d'esperienza, sapesse conservare tuttavia quel candore, sarebbe un bei
ricettacolo di verità e la sua voce susciterebbe echi profondi
nell'intimo delle anime.
ESSERE COSTANTI, PAZIENTI, PERSEVERANTI
II lavoro creatore richiede anche altre virtù: le sue
alte esigenze corrispondono al suo grande valore. Riunisco qui tré cose
da esso richieste e che si corroborano a vicenda in modo da non lasciare
un'opera manchevole o incompiuta. Nel lavoro bisogna avere la costanza
che si mantiene operosa, la pazienza che sopporta le difficoltà,
la perseveranza che evita l'esaurimento della volontà. « Non
bisogna immaginare che la vita di studio sia facile, dice Nicole, e
la ragione è che non c'è niente di più contrario alla natura
dell'uniformità e del riposo, perché niente ci da più modo di
IL LAVORO CREATORE 173
stare con noi stessi.
Il cambiamento e le occupazioni esteriori ci trasportano al di fuori di
noi e ci divertono facendoci dimenticare noi stessi. Per di più il
linguaggio dei libri è sempre un po' morto e non ha nulla che ci punga
vivamente nell'amor proprio o che svegli in noi le passioni ; è privo
di azione e di movimento... ci parla poco di noi stessi e non ci offre
occasione di vederci con piacere. Lusinga poco le nostre speranze e
tutto ciò contribuisce a mortificare stranamente l'amor proprio, il
quale non essendo più soddisfatto consparge di languore e di disgusto
tutte le azioni » (1).
Questa analisi che ricorda la teoria del divertimento
di Pascal, ci potrebbe condurre lontano. Io ne ricavo soltanto che
il « languore e il disgusto ?> essendo in questo caso nemici
pericolosi, bisogna pensare a vincerli.
Tutti conosciamo quegli uomini di studio che lavorano a
volate, a periodi interrotti da pigrizia e da negligenza; ma noi
vogliamo essere studiosi continuamente e vogliamo che. ciò si veda. Si
saprà chi siamo dalla nostra maniera di riposarci, ed ancor più dalla
nostra fedeltà al lavoro, cioè dal ritorno puntuale al dovere, e dalla
continuità. '
Qualche volta siamo tentati di perdere tempo perché «
tra poco è l'ora ». Ma non pensiamo che quei ritagli di tempo, poco
adatti in verità per intraprendere un'opera, sono indicatissimi per
preparare un lavoro o per ritoccarlo, per verificare le informazioni,
ricavare alcuni appunti, classificare i documenti ecc. Sarebbe tanto di
guadagnato per le vere sedute laboriose: e i momenti così occupati
sarebbero utili come gli altri, visto che queste piccole cose si
riferiscono al lavoro serio e gli sono indispensabili.
(1) nicole, op. c'tt., pag. 255.
174 LA VITA INTELLETTUALE
Durante le stesse sedute, la tentazione consiste
nell'in-terrompere lo sforzo appena il menomo incidente provoi-*;
chi il « languore » o il « disgusto » di cui parlava
Nicole.
Le astuzie della pigrizia sono infinite, proprio come
quelle dei bambini. Nel cercare una parola che sfugge, si comincia a
scribacchiare su di un pezzo di carta e si continua fino a che non sia
compiuto il disegno : aprendo il dizionario, si rimane attirati prima da
una curiosità verbale, poi da un'altra, e si rimane così come
prigionieri in un labirinto: se gli occhi cadono su di un oggetto
qualunque, si comincia a classificarlo e di futilità in futilità si
perde un quarto d'ora: e poi... ecco qualcuno che passa, o un amico
nella stanza accanto, o il telefono che ci tenta, o l'arrivo del
giornale e torniamo a disperderci. E poiché un'idea tira l'altra, può
accadere che lo stesso lavoro ci svii dal lavoro perché da un pensiero
può nascere una fantasticheria che ci trascina nel mondo dei sogni.
Tali insidie sono meno terribili nel momento della
ispirazione, perché allora siamo sostenuti dalla gioia della scoperta e
del lavoro produttivo ; ma le ore ingrate sopravvengono presto o tardi,
e fino a che esse persistano la tentazione è potente. A volte è
necessaria una vera forza d'animo per sfuggire a certi nonnulla. Tutti i
lavoratori soffrono di periodi di depressione, i quali vengono a
spezzare l'ardore produttivo e minacciano di sciupare ogni conquista.
Quando la nausea si prolunga, si preferirebbe dover andare a piantare
dei cavoli, piuttosto che dover seguire un studio faticoso e si finisce
con l'invidiare l'operaio manuale, il quale alla sua volta ci tratta da
« fannulloni », perché gli sembra tranquilla la nostra poltrona.
Quale pericolo di abbandono in una così opprimente noia ! ^! , ;^
Occorre invigilare sulla subitanea^ perfidia di'c^t^iàt-S
IL LAVORO CREATORE 175
tacchi di tentazioni sopra tutto nei momenti di
transizione. Ogni lavoro infatti offre di tanto in tanto delle penose
modificazioni e queste costituiscono le grandi difficoltà del la-::
voro creatore. Tutto si rilega. Ma ad una rapida
avanzata, in linea retta segue a volte una curva e, poiché l'angolo è
di difficile misurazione, si finisce col perdere la direttiva, si
comincia a esitare e sorge allora il demone della pigrizia. ;
Certo, a volte, è bene anche soprassedere, quando ad
esempio si è velato il seguito dei pensieri ed uno si sente esposto al
grave pericolo di trapassi artificiali. Forse di lì a poco tutto si
chiarificherà senza sforzo. Ho detto anche che la notte, i mattini
sereni, certi momenti di abbandono nel sogno — possono apportare le
loro grazie speciali. Ma soprassedere non deve essere cadere in
pigrizia. Occorre:
allora riprendere il lavoro da un'altra parte e gettare
sul :
nuovo punto d'attacco tutto il fervore della propria
applicazione.
Impeditevi dunque con energia ogni ingiustificato
arresto. Se vi siete troppo stancati, fate una pausa volontaria, per
rimettervi, giacché lo snervarvi non approderebbe a:
nulla di buono. Un brano di lettura dell'autore
favorito, una recitazione ad alta voce, una preghiera fatta in ginocchio
per modificare lo stato organico del corpo e liberare conscguentemente
lo spirito, una sistematica respirazione di aria fresca, una serie di
movimenti ritmici : ecco i principali possibili rimedi. Ma poi, occorre
ritornare subito allo sforzo consueto.
Qualcuno in tali casi ricorre agli eccitanti ; ma è un
pessimo metodo: perché l'effetto è solo momentaneo, perché il mezzo
stesso si esaurisce tanto che si è costretti ad aumentarne la dose
giorno per giorno e anche perché alla fine dell'apparente progresso
così ottenuto si manifestano irrime-
^75 LA
VITA INTELLETTUALE
diabili tare fisiche e mentali. Il nostro normale
eccitante sia dunque il coraggio, sostenuto oltre che dalla preghiera,
anche dalla visione sempre rinnovata dello scopo che perseguiamo. Il
carcerato che vuole evadere sa dove trovare tutte le proprie energie,
non si stanca di lontane preparazioni, ne di riprese dopo i primi
insuccessi, perché la libertà è sempre dinanzi ai suoi occhi. Non
dobbiamo noi sfuggire all'errore e conquistare la libertà dello
spirito? Fissiamo dunque lo sguardo sul nostro lavoro compiuto e questa
visione basterà a ridarci coraggio.
Un altro buon effetto della costanza è quello di far
vincere le impressioni di falsa stanchezza, le quali possono essere
suscitate nello spirito, come nel corpo. Accade spesso al principio di
un'escursione che la prima salita ci trovi senza fiato e senza forze: si
tornerebbe volentieri indietro. Se invece si persiste, le articolazioni
si sciolgono, i muscoli entrano in attività, la respirazione si fa più
ampia e si finisce col gustare la gioia dell'azione. Lo stesso accade
nello studio:
non dobbiamo obbedire al primo senso di stanchezza,
dobbiamo invece persistere, obbligando l'energia inferiore ad entrare in
azione: poco a poco l'ingranaggio funziona, l'organismo si adatta e
spesso un periodo di entusiasmo può succedere ad un periodo di
penosissima inerzia.
Bisogna in una parola saper superare, senza debolezze,
ne ripiegamenti, tutte le difficoltà, da qualunque parte esse vengano,
conservando sempre la padronanza di sé stessi. Una seduta di studio si
può rassomigliare ad un circuito per le corse, tagliato qua e là dagli
ostacoli : qui è una siepe, là un fossato, poi una staccionata e via
dicendo. Viene la prima barriera e si salta, tra un ostacolo e l'altro
ci sono sempre delle zone calme, nelle quali si può andare di Buon
passo: ma ogni difficoltà vinta ci insegna a vincere le altre:
IL LAVORO CREATORE 177
il coraggio di un minuto può portare utilità ad
un'intiera giornata, e il lavoro aspro è preparazione a quello fecondo
e gioioso.
Nell'insieme poi della vita, questa tenacia, che noi
invochiamo, contribuirà a rendere l'attività cerebrale a mano a mano
più facile. Ci si abitua a pensare, come ci si abitua a suonare
il piano, a montare a cavallo, a dipingere... San Tommaso, finì col
dettare anche durante il sonno. Lo spirito si adatta a quello che
abitualmente si richiede da lui. Anche se non avete affatto memoria
finirete col ricordare quello che è l'oggetto costante dei vostri
studi: anche se foste portati alla dissipazione, l'attenzione
professionale sarà il vostro retaggio: anche se foste poco atti ad
analizzare le idee, al contatto perseverante con 1 geni, finirete col
conquistare un giudizio più sottile e più sicuro.
Apprendiamo dunque la costanza, apprendiamola
praticamente con una tenace applicazione e con delie ostinate riprese:
verrà giorno in cui saranno dissipati i persistenti languori e poco
effetto avranno i momentanei disguidi. Allora sarete diventati uomini,
giacché un lavoratore senza costanza non è che un bambino.
L'esperienza ci insegna che molte difficoltà sono
antecedentemente superate da chi si getta animosamente e con energia al
lavoro. Ne resteranno tuttavia sempre parecchie e a superare queste
dovrà provvedere la pazienza. Tutti i geni si son sempre logorati nelle
tribolazioni del pensiero ed hanno dichiarato che il lavoro, pur essendo
per loro una necessità ed una condizione di felicità, infliggeva loro
lunghi tormenti e a volte anche indicibili angoscio.
Il cervello è soggetto a leggi oscure: il suo
funzionamento dipende assai poco dalla volontà: che fare dunque quando
oppone un rifiuto? qual soccorso invocare quando i
12 — La vita intellettuale.
178 LA VITA INTELLETTUAL^
fili della scienza si aggro vigliano, e le ore passano
lentamente ed invano, e restiamo presi da un penoso sentimento di
impotenza, reso anche più grave dalla assenza di qualsiasi annunzio che
valga ad indicarci la fine della pena? Non resta allora che l'aiuto
divino.
Il lettore delle nostre opere o troverà semplicissime
le nostre conclusioni, o giudicherà con asprezza le nostre deficienze,
ma non sospetterà mai la nostra pena. Questo peso doloroso avete dovuto
portarlo da sólo. E soltanto i grandi geni vi avvertono che questo
fardello del pensiero è il più pesante che possa aggravare un uomo.
Nelle ricerche è necessario mantenersi tenacemente
indomiti come gli esploratori del polo o dell'Africa centrale:
nell'assalto contro l'errore e nella resistenza occorre
la stessa tenace pazienza e lo stesso ardore di Cesare o di Wellington :
il lavoro, come la battaglia, richiede dell'eroismo : e
un gabinetto di studio può trasformarsi in trincea, dove occorre
restare saldi contro tutto, al proprio posto, come un martire.
Nei momenti di scoraggiamento, in cui ci si sente
disarmati e vinti, quando la via che ci si apre dinanzi ci sembra
interminabile, o quando — avendo preso certamente una falsa dirczione
— si sentiamo perduti, avvolti da fosche nubi o disorientati, è
necessario far ricorso alle energie di riserva. Persistete, sostenete
l'urto, pazientate in tutto il senso della parola, il senso pieno
che ci viene evocato dalla Passione di Cristo. L'ardore è certo più
facile della pazienza, ma tutti e due son necessari e il successo è. la
loro ricompensa comune.
L'alpinista che sta attraversando una nube può pensare
per un momento che l'universo intiero sia annegato nella notte ; ma, se
seguita a camminare, ritrova il sole al di là.
L'arte di pensare è tanto difficile e tanto
sproporzionata
IL LAVORO CREATORE 179
alle nostre forze ordinarie, sopra tutto per la sua
lunghezza. Ars longa, vita brevis. La virtù della pazienza ha
quindi in questo campo tutto il modo di esercitarsi. Si fanno maggiori
conquiste rispettando le leggi di maturazione delle cose, ed evitando di
recare offesa alla scienza con fretta indiscreta, di quel che non si
facciano con facili precipitazioni.
La natura e la verità vanno di pari passo e la natura
opera a volte su durate tali che di fronte ad esse la vita o la morte
del globo rassomigliano a un'aurora o a un tramonto di sole.
<c Ciò che accade nelle sorgenti profonde — scrive
Nietz-sche — accade con lentezza : occorre che esse attendano
lungamente per sapere ciò che è caduto nella loro profondità (1) ».
L'anima è questa segreta sorgente : ne tentate di scoprire
prematuramente il velo del suo mistero. Le riserve del tempo sono nelle
mani di Dio, egli ce le dona poco a poco, ma noi non abbiamo il diritto
di esigerle ne di impazientirci. Non è veramente un tesoro che quello
che giunge all'ora sua.
Occorre dunque evitare la trepidazione dell'uomo
frettoloso. Occorre affrettarsi con calma. Festina lenter. Nel
mondo dello spirito la calma ha molto più valore che non la corsa. Non
bisogna confondere uno stimolo alla generosità con una eccitazione
artificiale, che si risolve quasi sempre nell'opposto, perché spezza il
ritmo del lavoro. In mezzo al turbamento non è possibile operare quel
lavorò eminentemente pacifico che consiste nel dare ordine alle proprie
idee e nell'elaborare con delicatezza i nuovi pensieri.
Dal punto di vista cristiano si deve poi rispettare Dio
nella sua provvidenza. Egli stesso ha posto le condizioni del
(1)
frèdéric nietzsche — Affisi parla Zaraihasirà. (Acan
ed.).
180 LA VITA INTELLETTUALE
sapere, e l'impazienza si risolve perciò in una
ribellione verso di Lui. Quando ci lasciamo cogliere dalla febbre, ci
esponiamo liberamente ad una specie di schiavitù spirituale cosicché
presto la libertà intierore svanisce. Non siamo più noi stessi ad
agire, e molto meno è Cristo che vive in noi. Abbiamo perciò allora
cessato di compiere l'opera del
Verbo.
Del resto per quale ragione affrettarsi con tanta
indiscrezione, quando la stessa via è già uno scopo ed il mezzo è
già di per sé stesso un fine? L'intellettualità ha valore di per sé
stessa in tutti i suoi stadi: lo sforzo virtuoso è già di per sé
stesso una conquista. Che importa se il tempo passa, quando ci si sente
già radicati nell'eternità?
Coronamento alla costanza ed alla pazienza, che debbono
prolungarsi, è la perseveranza che compie l'opera. « Chi
persevererà fino alla fine, sarà salvo », dice il Vangelo. Anche
la salvezza intellettuale è soggetta alla stessa legge dì salvezza
totale. Chi mette la mano all'aratro, e poi riguarda indietro, non è
degno — anche in questo caso — del regno dei deli.
Quanti lavoratori hanno così abbandonato le fatiche, i
semi gettati, ed hanno rinunciato al raccolto! Tutta la terra è
popolata di simili disertori : i primi tentativi nel campo scientifico
hanno quasi sempre il carattere di gare eliminatorie: i caratteri deboli
cedono e solo i valorosi resistono:
in fine non si ritrovano che i trecento di Gedeone o i
trenta di David.
Perseverare è volere: chi non ha perseveranza, non
vuole, fa soltanto dei languidi propositi: chi abbandona la preda non
l'ha mai tenuta in pugno : chi cessa di amare non ha mai amato. Il vero
studioso è per definizione un perseverante; egli si è assunto il
compito di apprendere e di in-
IL LAVORO CREATORE 181 '
segnare, ama la verità con tutto il suo essere, si è
ad essa;
consacrato, non può quindi sottrarvisi prematuramente.
,
Le vite dei grandi sono state tutte segnate da questa
impronta suprema. Si son chiuse tutte come in un giorno ;
radioso. La porpora del tramonto non ha nulla da
invidiare al pallido oro del mattino, e desta, per di più, non so
quale;,;. senso di malinconica grandezza.
L'uomo onesto che ha lungamente lavorato, e che non è
mai venuto meno, può riposarsi anche lui in un semplice e magnifico
trapasso: l'opera sua lo segue, ma nel tempo stesso essa ci resta.
Voi dunque, che volete camminare sulle orme dei gran- '
di, non potete essere di quei vili che finiscono col disertare, che
superano appena la prima tappa, poi si fermano, si perdono, si assidono
come spostati e ritornano presto o tardi,' alle regioni volgari. Bisogna
resistere fino alla fine del viaggio.
«Passo a passo, si va lontano », dice il proverbio, ma
i passi troppo lunghi e non sostenuti dalla perseveranza non conducono a
nulla.
Rafforzate la vostra volontà e affidatela al Signore
perché Egli stesso la consacri. Volere significa essere sottomessi,
sentirsi incatenati. La necessità del dovere o di una risoluzione
riflessa — anche se libera di vera e propria obbliga- v zione — deve
esercitare in noi la stessa costrizione della necessità materiale: un
legame morale non è forse superiore ;
ad un legame materiale?
Una volta dunque che abbiate determinato il vostro; '
compito, sappiate tenervi saldi ad esso con vigore: esclu- ^ dete anche
i doveri inferiori e a più forte ragione le infedeltà. Esercitate il
vostro sforzo in profondità per conquistare la durata almeno in quella
tra le sue dimensioni che vi è di-
182
<• LA VITA INTELLETTUALE
rottamente accessibile. E una volta impegnati in una
corrente di pensiero non vogliate abbandonarla fino a che essa stessa
non vi abbandoni. Voi entrerete così a far parte dei pensatori fedeli.
I giganti del pensiero come Aristotele, Agostino,
Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, vi riconosceranno per figli e potrete
andare con dignità incontro a Colui che pazientemente vi attende,
FAR BENE TUTTO E COMPIERE TUTTO
Riuscendo a mettere in atto queste tré virtù, non c'è
più da temere che il risultato possa essere mediocre o imperfetto. E'
bene tuttavia sottolineare ancora con energia la necessità di
perfezionare e il dovere di completare quanto abbiamo creduto utile
iniziare.
Prima di aver posto mano al lavoro evidentemente si è
dovuto riflettere; perché, come dice il Vangelo, non sarebbe che uno
stolto colui che si impegna in un qualsiasi affare, piccolo o grande,
senza prima avere « calcolato la spesa ».
La saggezza impone che la deliberazione circa
l'opportunità dell'inizio di un lavoro sia presa avendo dinanzi agli
occhi anche l'obbligo di condurlo a termine. Lasciare una opera
incompiuta è quasi un distruggerla. « Quegli che si ritrae davanti il
corso di una impresa è fratello di colui che distrugge l'opera propria
» sta scritto nei Proverbi (XVII, 9).
A che cosa può essere utile una casa in costruzione? \
Quale testimonianza reca essa verso colui che ne pose la ;
prima pietra? Una casa in costruzione, e che va in ruina,
i
IL LAVORO CREATORE 183
fa pensare a qualche disgrazia: non è possibile pensare
che un uomo vivo e protetto dalla buona fortuna possa guardare
impassibile quelle mura cascanti e che somigliano alle colonne spezzate
di un cimitero. E voi, costruttori dello spirito, vorreste veder
trasformato tutto il vostro passato in un campo di macerie?
Ci sono degli uomini a questo mondo sui quali è lecito
poter contare: sono quelli che mantengono fede alle loro promesse. E'
bene ricordare che ogni opera iniziata — se non è una sciocchezza —
è certamente una promessa.
Altri invece si impegnano, fanno magari clamorosi
giuramenti, ma poi non mantengono : si direbbe che sono soggetti
incapaci di sentire il peso dell'obbligazione : non si riesce a fissarli
ed essi stessi non vogliono legarsi : sono come acqua corrente. Ma
uomini siffatti appartengono evidentemente ad una specie inferiore. E
l'intellettuale, che volesse rassomigliare ad essi, non sarebbe più un
intellettuale: la sua vocazione si sarebbe condannata da sé stessa.
Voi dunque che vi sentite dei consacrati,
decidetevi a restare fedeli. C'è in voi una legge: obbeditele. Vi siete
detto : « Io farò » ; fate! Un caso di coscienza si è posto dinanzi
a voi, cercate di risolverlo, mostrando salvo l'onore. Ogni opera
incompiuta non sarebbe che un rimprovero permanente. ,
Io scorgo in altri termini un sintomo di decadimento
nell'abbandono di una qualsiasi impresa iniziata. Esso dimostra che ci
si è abituati a ripiegare, che si è scelto il partito^ del disordine e
della cattiva coscienza, che si è diventati come colui che fa e non fa,
che vuole e disvuole direbbe Dante. E di qui un abbassamento della
nostra dignità, certo non favorevole al nostro progresso morale.
Fate dieci misure e un taglio: gettate le fondamenta
184 LA VITA INTELLETTUALE
con cura e quando viene il momento di coprire il tetto,
che niente valga a suggerire la triste parola a rinunzio ».
Ne verrà di conseguenza che compirete la vostra opera, \;
per quanto è in voi, a perfezione. Compiuto,
significa terminato, ma significa anche perfetto e i due sensi si
completano e si sostengono a vicenda. Io non posso dire realmente di' compiere
ciò che mi rifiuto di avviare al meglio. SecondoI Spinoza l'essere e la
perfezione rispondono alla medesima? idea: il bene e l'essere sono
convertibili. ?
Si racconta di Tiziano che egli tracciava con vigorel:
l'abbozzo delle sue tele, le rifiniva fino ad un certo
punto,,' poi le attaccava alla parete fino a dimenticarle. Soltanto al-,
lora le riprendeva per esaminarle con « uno sguardo ostile » e solo
così riusciva a compiere il capolavoro.
Quando si sono gettate le basi di un qualsiasi lavoro,
bisogna in modo analogo lasciarlo in riposo per rinfrescarsi lo sguardo
e poter procedere spassionatamente alla critica. Se allora-ci dispiace,
non c'è che da ricominciare. Se invece lo troviamo di nostro gusto,
occorre spingere la critica ancora più a fondo, volgerla a tutti i
particolari e ricominciarla fino a poter dire : cc Ogni mio potere è
esaurito ; se c'è ancora qualche deficienza mi sia perdonata da Dio e
dal prossimo ».
« Quod potui feci; veniam da mihi, posteritas »
ha scritto Leonardo da Vinci sul proprio epitaffio.
Non è necessario che facciate molte pubblicazioni. Se
ciò che fate risponde al vostro genio, alla grazia ricevuta e al tempo
libero che è a vostra disposizione ; se in ciò che fate vi siete messi
tutti intieri, e il disegno della Provvidenza sopra di voi è attuato
dalla vostra perfetta obbedienza: tutto andrà bene. Avrete sempre fatto
molto se avete reso perfetto quel poco che fate. Aggiungendo qualche
cosa di più,
IL LAVORO CREATORE 185
fatto male, si diminuirebbe il valore dell'opera coma
per una macchia si sciupa una stoffa preziosa.
La vocazione intellettuale non è qualche cosa di
impreciso: bisogna darvisi completamente. La vostra vita, consacrata nel
suo insieme al Dio di verità, appartiene a Lui in ciascuno degli
istanti, dai quali essa risulta composta. Di fronte ad ogni lavoro, vi
dovete dire: « Ho il dovere di farlo, quandi anche di farlo bene,
perché ciò che non viene completato, non è ».
Quando io faccio male una cosa, vengo a mancare a Ha mia
missione, disobbedisco a Dio e nego il mio aiuto ai fratelli. E nella
maniera stessa in cui io faccio male una cosa, vengo meno alla mia
vocazione. Avere una vocazione significa aver abbracciato il dovere
della perfezione.
E qui cade a proposito un consiglio pratico. Quando voi
avete deciso un qualsiasi lavoro, l'avete concepito chiaramente, ben
preparato e iniziato, determinate subito, con uno sforzo
vigoroso, il valore che esso deve raggiungere. Poi stabilite di non
tornare più indietro su questa decisione. E. se la pigrizia vi
suggerisce: « Per ora basta, riprenderai in seguito »,
rispondete subito che siffatti ritorni sono illusioni. Una volta
abbandonatisi alla discesa è ben diffìcile risalire il pendio, non è
possibile che si ritrovi più il coraggio per ripensare fin dagli inizi
un lavoro anche mediocre. La vigliaccheria di oggi è una ben meschina
garanzia per lo eroismo di domani. E quanto alle aggiunte che potete
farci, fossero anche perfette in sé, sarebbero sempre stonate perché
ogni opera deve essere, quanto al fondo, tutta di un solo getto.
Beethoven ha notato che un pezzo di musica, introdotta per riflessione
in un'opera, non conserva mai lo stesso (carattere. Tiziano riprendeva a
fondo le sue tele, ma sempre | nella linea primitiva,, e all'unico
intento di perfezionare:
lg5
LA
VITA INTELLETTUALE
non apportava alcuna modificazione nel concetto, nella
composizione, nella linea fondamentale. Una volta compiuto lo sforzo
creatore, non si trattava per lui che di completarlo nei particolari.
Date dunque sempre il più che potete di voi stessi nel
momento della creazione. Una volta concepita l'idea, bisogna trattarla
come un figliuolo che si nutrisce e si educa, ma di cui già è fissata
l'eredità e di ciò son fissati già i caratteri fondamentali. Sarà
allora i! caso di applicare alla vostra creatura spirituale la parola
delia Bibbia: «Chi risparmia le verghe, dimostra di odiare il proprio
figliuolo » (Proverbi XIII, 24).
NON TENTARE NIENTE AL DIT SOPRA DI SE STESSI
L'uso di una tale .severità verso se stessi,
presuppone^ che i lavori intrapresi si adattino e si contemperino
alte";
proprie forze. Se la preda è,piu forte del cacciatore,
essa;, finisce col divorarlo. E in tal caso e semplicemente ridicolo;
voler dare dei suggerimenti. •
L'ultimo dei sedici precetti di S. Tornasse è questo:
c< Altiera tè ne quaesieris » « Non
ricercare le cose che stanno :
al di sopra di tè ». E' indizio di grande
sapienza. E già l'an- J:
tico oracolo aveva sentenziato: «Non volere andare più
in;!:
là del tuo destino: non voler sorpassare il dovere che
ti è;
stato imposto ». i
II lavoro intellettuale non è che il prodotto delle
no-;
stre tendenze naturali: la vocazione non può che
impiegare!;
•MAQAtre risorse: essa non Ìe^crea. Un intellettuale
mal do-' tato non può produrre che un fallito ; « mal dotato v
si
IL LAVORO CREATORE^ 187
deve però intendere rispetto all'opera particolare che
si è intrapresa.
Cercate dunque di discernere in ogni occasione lo sforzo
del quale siete capaci, il sacrificio che riuscite a sostenere, la
materia che potete affrontare, la tesi che riuscite a sostenere, il
libro che vi può essere utile, il pubblico che potete servire. Recate
su tutto ciò un giudizio ispirato da umiltà e confidenza.
All'occorrenza domandate anche il consiglio altrui, senza dimenticare
che l'indifferenza e la leggerezza sovrabbondano. Prendete in una parola
con ogni prudenza le vostre decisioni : e solo dopo questo mettetevi con
tutto il cuore al lavoro.
Grande è ogni opera che sia esattamente proporzionata
Quella che eccede diventa spesso la più meschina.
Abbiamo più volte ripetuto : Unica è l'opera
consegnata a ciascuno di noi: non si può scambiarla con quella del
vicino: ognuno può fare bene solo quella che corrisponde al proprio
dovere : ciascuno farà male quella che è l'opera specifica di un
altro. Dio deve esser servito da tutti.
Il culmino della sapienza consiste dunque
nell'intrapren-dere solo ciò che corrisponde alle proprie forze, nel
dire solo ciò che si sa, nel non sforzarsi ad alterare il proprio
pensiero, o a comprendere ciò che per noi è incomprensibile,
nell'evitare in una parola il pericolo di eludere la sostanza delle
cose, nascondendone il vuoto dietro grosse parole. Certo di tutto questo
l'orgoglio non può essere soddisfatto; ma l'orgoglio è tanto nemico
all'ingegno, quanto alla coscienza. Il presuntuoso soccombe all'opera
propria, cade nel ridicolo, ed annulla la propria forza, infedele a sé
stesso, non può più essere fedele a nulla, divenuto come una fiamma
spenta.
Il successo in ogni campo si raggiunge sempre sottopo-
188 LA VITA INTELLETTUALE
nendosi alle stesse condizioni: riflettere agli inizi,
principiare dal principio, procedere con metodo, avanzare con lentezza,
dedicare al lavoro tutte le proprie forze. Ma la riflessione iniziale
deve, come primo oggetto, rivolgersi a determinare quello per cui noi
siamo fatti. Il « conosci tè stesso » di Scorate non è soltanto la
chiave della morale, è anche quella di ogni vocazione, perché essere
chiamati a qualche cosa, significa veder tracciato un proprio
cammino nella molteplicità delle vie umane.
CAPITOLO IX.
I L ^A::.V-0 R AT O R E'^E^S'U O M ($
Dopo aver richiesto tante cose allo studioso e aver
elaborato per lui tante catene potrà sembrare ironia rivolgergli
un'ultima parola per dirgli : « Mantenete la vostra
anima libera »? ,
MANTENERE IL CONTATTO CON LA VITA
II più necessario alla vita non consiste tanto nelle
cognizioni, quanto nel carattere, e il carattere sarebbe gravemente
minacciato se l'uomo fosse al disotto della propria opera e quasi
oppresso dal lavoro di Sisifo. C'è una scienza molto più importante di
quelle che si affidano alla memoria: è la scienza della vita. Ogni
progresso nella conoscenza non è che un inizio: l'opera veramente
perfetta deve essere l'uomo.
Ora l'intellettualità può conferire moltissimo alla
sovranità dell'uomo, ma da sola è a questo insufficiente. Oltre alla
moralità (e in questa intendo includere anche la vita religiosa)
debbono essere considerati per raggiungere questo scopo altri larghi
sviluppi in campi diversissimi. Abbiamo
190 ' LA VITA
INTELLETTUALE
ricordato più volte la socievolezza con gli altri
uomini, la attività pratica ; occorre aggiungere il contatto con la
natura, la cura della propria casa, le arti, le riunioni, un po' di
poesia, il culto della parola, gli sports intelligenti, le pubbliche
manifestazioni.
E' ben difficile precisare le proporzioni in tutte
queste cose; ma ho fiducia che il lettore intelligente troverà qui
almeno lo spirito per giungere alla relativa decisione. Ottimo indizio,
nel campo del pensiero e in quello dell'azione, è il sapere apprezzare
il valore relativo delle cose.
Lo studio è fatto per procurare la massima estensione
dell'essere nostro: bisogna dunque evitare che esso finisca con l'ingrettirlo.
E' stato detto che l'arte è l'uomo aggiunto alla natura; si può dire
che la scienza è la natura aggiunta all'uomo: ma nei due casi occorre
sopra tutto salvar l'uomo.
Pascal rifiuta qualsiasi stima allo specialista puro : e
non vuole, quando un uomo è presentato in società, che egli faccia
menzione dei suoi libri.
<( E' un brutto segno » egli dice. E con ciò non
allude solamente allo spirito della scienza comparata già da noi
descritto, ma pensa invece addirittura alla completa armonia umana.
Non bisogna rinchiudersi esclusivamente nella propria
professione: il filosofo deve essere un po' poeta e il poeta un pò
filosofo ; l'artigiano deve essere a tempo opportuno e poeta e filosofo
e il popolo lo sa. Lo specialista è prima di tutto una persona e
l'essenziale in una persona sta al di là di tutto quanto essa pensa e
fa. Non si comprende il destinò, come si può comprendere una cosa
particolare, ma in esso, come dice Zoroastro, sboccia il fiore del
nostro spirito.
I vari scopi particolari non valgono la vita, ne gli
atti
IL LAVORATORE E L'UOMO '^ ^191
l'azione, l'ingegno non vale un'ampia intuizione in cui
JI, rientri tutta resistenza; l'opera non vale l'operaio. Ogni ti cosa,
distaccata dai suoi vasti rapporti, diviene nociva e la |; anima nostra
s'apre soltanto nel nostro ambiente generale.
Chi pensa soltanto al suo lavoro, lavora male,
diminuisce sé stesso e finirà col prendere la piega del professionista
il che è un difetto. Lo spirito deve restare aperto, mantenersi in
contatto con l'umanità e col mondo, per essere atto ad affrontare la
capacità di un nuovo slancio, ad ogni ripresa di studio.
Abbiamo già citato questa frase di un rabbino : « In
una botte piena di noci si possono 'ancora versare molte misure d'olio
» e l'avevamo applicata ai lavori che si sostengono reciprocamente
invece di combattersi. Adesso chiamiamo noci il lavoro tecnico tutto
intero e potremo aggiungervi senza sovraccarico, anzi con sollievo,
l'olio della vita intellettuale facile, dei piaceri nobili della natura
e dell'arte.
Lo stesso lavoro tecnico ne trarrà vantaggio. Ho già
detto le ragioni per cui profitta ampiamente della società,
dell'amicizia e dell'azione esteriore. Adesso non faccio che allargare
questo dato la cui portata è generale.
Come si può pensare che ci sia una specializzazione
alla quale siano estranei una visita in un museo, 1' audizione della
Sinfonia eroica, o della Messa in Rè', una passeggiata in campagna o un
tramonto? Intende molto male il pensiero chi non ne vede i legami con
tutte le manifestazioni creatrici. La natura rinnova tutto, giova ad
ogni mente ben costruita, apre vie nuove, e suggerisce delle visuali che
l'astrazione ignora. Anche l'albero ci è maestro, e la vista di un
prato cosparso di fiori fa germinare cento idee : il ciclo con le sue
nubi e con i suoi astri è fonte d'ispirazione e si
192
LA
VITA INTELLETTUALE
può dire che. le montagne con la loro messe, fanno
equilibrare i nostri pensieri.
Io conosco qualcuno che con gli occhi fissi su di un
vorticoso torrente sentiva elevare invincibilmente il proprio pensiero
all'idea dei mondi e vedeva queste enormi masse precipitarsi con la
stessa velocità, sotto l'impero delle stesse leggi, in dipendenza della
medesima forza, grazie allo stesso Dio, principio e fine di ogni cosa.
Ritornando al proprio lavoro egli si sentiva innalzato da questa Forza,
unica, penetrato da questa ineffabile Omnipotenza, e finiva con sentire
annegata la propria oscura azione nella comunione universale degli
esseri.
Ma gli spiriti rattrappiti e i cuori disserati pensano
di perdere il loro tempo a seguire i vortici del torrente o ad errare
con lo sguardo negli spazi interplanetari. L' universo riempie l'uomo
della sua gloria ed essi non se ne accorgono. Essi scrivono, fanno
calcoli, allineano proposizioni, elaborano tesi, ma non sanno guardare.
Chi non sa che davanti un'audizione musicale lo studioso
può restare vivamente impressionato da un senso di grandezza, di
bellezza o di forza che risuona sensibilmente nel suo mondo particolare,
può dare speciale colorito alle sue abituali meditazioni e forse
procurargli di lì a poco una seduta di lavoro immensamente più ricca?
Qualche volta è accaduto che egli si sia quasi trovato costretto a
scarabocchiare dietro al programma stesso del concerto lo schema di un
capitolo o di un discorso, un'idea feconda di sviluppi, una immagine
più viva. L'armonia aveva rialzato il tono della sua ispirazione e il
ritmo, dal quale era rimasto preso, l'aveva condotto verso nuove vie.
La musica ha una qualità preziosa per tutti gli intel-
IL LAVORATORE E L'UOMO 193
letuali e cioè che essa non precisa nulla e perciò non
può creare alcun impaccio.
Essa non fa che creare degli stati d'animo e ciascuno ne
può trarre le proprie applicazioni: Rodin ne trarrà fuori una statua,
Corot un paesaggio, Gratry una pagina vibrante, Pasteur una ricerca più
appassionata e più attenta. Tutto si ricollega nell'armonia e tutto vi
resta come rigenerato. Il ritmo padre dell'universo è anche il padre
del genio nel quale l'universo si rinette. Sul vago orizzonte del sogno
ciascuno vede sorgere l'immagine preferita e ne rende i tratti nella
propria lingua.
Secondo S. Tommaso le circostanze di persona e le
circostanze di fatto fanno parte delle attività, concorrono ad
integrarle e comunicano loro i propri caratteri. Perché solamente
l'azione di pensare farebbe eccezione? come mai non sentirebbe
l'influenza dell'ambiente di immagini e di sensazioni, dell'ambiente
spirituale e sociale che le sapremo procurare, perché non sia più un
canto isolato ma una delle tante voci di una orchestra? Come siamo
poveri, da soli, in una camera da studio ! è vero che possiamo
trasportarvi l'universo e animarlo di Dio ; ma questa animazione non
sarà effettiva che dopo una lunga esperienza, gli elementi della quale
son dappertutto. Troverei forse Dio nella mia stanza, se non andassi mai
in chiesa ne sotto il cielo che « narra la sua gloria »? Scriverei
forse con efficacia della natura e della bellezza universale se non
fossi stato prima educato a ciò dai grandi orizzonti, dalla campagna
piena di pace, e dai teatri dell'arte? Bisogna sollevare così il lavoro
per non essere un forzato alla catena, e per non ridurre
l'intellettualità alla funzione di gogna. Il lavoro è un atto libero.
Chi dunque intende di consacrarsi alla vocazione detto'
13 — La vita intellettuale,
194
LA VITA INTELLETTUALE}
studio si guardi bene dal volgere per lui le spalle al
restò;' della vita. Non rinunci a niente di ciò che è dell'uomo. J
Mantenga un equilibrio in cui il peso dominante non ri-'f schi di
trascinare con se-tutto il resto. Si deve esser capaci);
di stabilire una tesi e di ammirare un'aurora, di
sprofon-^ darsi in astrazioni profonde e di giuocare coi bambini come '•;
faceva il Divino Maestro. Oggi non si usano più « le
vest|^ da pedanti » o 1 « berretti a punta » ma sussistono ancora
nei.^ cuori: bisogna evitarli. Ricusate dunque d'essere un cer-^( vello
separato dal proprio corpo e un uomo che si è di-;
minuito dell'anima sua, non fate che il lavoro sia una
mo-;', nomania. ^
L'uomo di studio come lo concepisco io è un uomo^ di
coltura vasta e varia oltre ad essere profondo in una ma-'';» feria
speciale, amico delle belle arti e delle bellezze natu-*;
rali, il suo spirito si rivela uguale tanto nelle
occupazioni^;
abituali che nella meditazione. Egli è sempre lo stesso
di^ fronte a Dio, di fronte ai suoi pari o di fronte alla dome-^ stica,
perché porta in sé un mondo di idee e di sentimenti^ che non si
scrivono soltanto su i libri ma che fanno parte ^ della sua vita
e la guidano. ;;
In fondo tutto è connesso e tutto si equivale. L'intel-
;
lettualità non soffre divisioni. I nostri oggetti sono
altret- I tante porte che servono a penetrare nel « giardino segreto
xit:
che è termine ad ogni ardente ricerca. I pensieri e le
azioni, ?' le realtà e i loro rinessi hanno tutte uno stesso Padre.
Filo-I;' sofia, arte, viaggi, cure domestiche, finanze, poesia e tennis'!!
sanno fondersi e si contraddicono solo se c'è disarmonia.-,,
Necessario, in ogni istante è ai essere là dove si deve e di i ;
fare ciò che importa. Tutto si fonde nel concerto umano
divino.
IL LAVORATORE E L'UOMO 195
SAPERSI RIPOSARE
Ognuno vede chiaramente che in questa versatilità è
già un grande riposo giacché le migliori maniere di riposarsi sono
comprese proprio fra i vari modi di vita secondaria che abbiamo
menzionati. Tuttavia è bene di fare più esplicitamente ancora l'elogio
del riposo il quale essendo il rovescio del lavoro, in certo modo lo
qualifica, rivelandolo eccessivo, ragionevole, sottomesso o no alla
regola umana che si conferma nella legge di Dio. Non ci deve essere
nulla di eccessivo. Non bisogna mai eccedere.
Il lavoro, appunto perché è un dovere, richiede dei
limiti che lo mantengano sempre dello stesso vigore, della stessa
resistenza e che gli procurino, durante la vita, la maggior somma di
risultati di cui sia capace.
L'intemperanza è un peccato perché ci distrugge mentre
invece c'è l'obbligo di risparmiare la vita perché c'è l'obbligo di
vivere. Orbene non soltanto nei piaceri grossolani c'è intemperanza ma
anche i più raffinati e i più nobili partecipano della sua malizia.
Amar la verità a spese della prudenza che è la verità
della vita, è una inconseguenza.
In tal modo si da solo la prova che non ostante Se
dichiarazioni fatte in contrario, non è la verità che si ama, ma il
piacere che si trova in essa, i vantaggi di vanità, d'orgoglio, di
ambizione che se ne sperano, e si rassomiglia a quegli innammorati che
amano l'amore più che l'oggetto di esso. Il rilasciamento è un dovere,
come l'igiene di cui'fa
196 LA VITA INTELLETTUALE.
parte, come la conservazione delle forze, « Voglio che
ti risparmi da tè stesso » dice S. Agostino al suo discepolo (1).
Lo spirito non si stanca, ma lo spirito incarnato si
stanca; la nostra potenza di pensiero è proporzionata ad una certa dose
di azione. Per di più siccome il sensibile è il nostro ambiente
naturale e la trama della vita cui siamo preparati è formata di minime
azioni pratiche, l'abbandonare questo dominio per salire nell'astratto
comporta sempre una certa stanchezza. Lo sforzo non può persistere;
bisogna ritornare alla natura ed immergervisi per riformarsi (2).
L'essere che sta in contemplazione è uno « più
pesante dell'aria v : si mantiene elevato solo a prezzo di un
considerevole dispendio di forze: in breve il combustibile si consuma e
bisogna di nuovo rifornirsi.
In fondo le parole di Bacone, che corroborano i dati:
della fisiologia: «II passare troppo tempo studiando è
pi-grizia » non sono un paradosso. E' pigrizia direttamente in quanto
è impotenza a vincere un determinismo, e cioè a maneggiare il freno.
E' pigrizia indirettamente, perché rifiutando il riposo, si rifiuta
implicitamente quello sforzo che il riposo renderebbe possibile, e che
la stanchezza comprometterà. Ma è pigrizia anche in un altro senso
più riposto.
Difatti, fisiologicamente, il riposo è un lavoro
enorme. Quando l'attività pensante s'interrompe, il genio intcriore del
corpo intraprende una restaurazione e la vorrebbe completa; il cosidetto
ozio non è che una trasformazione di energia.
Al teatro, quando è calato il sipario, tutto un
esercito di operatori si precipita sulla scena, ripulisce, accomoda,,
(1) De Musica Gap. II.
(2) cfr. S. tommaso Secunda Secundae q. CLXVIII
art. 2.
IL LAVORATORE E L'UOMO 197
modifica, e così prepara l'atto che segue. Il direttore
che interrompesse o intralciasse quell'operazione non sarebbe forse
nemico della rappresentazione, dell'autore, degli interpreti e dello
stesso pubblico? Nello stesso modo la persona che si affatica al di là
delle proprie forze si mette in contrasto con la vocazione e con Dio che
gliela ha data, coi suoi collaboratori nell'opera intellettuale, coi
fratelli che ne profitterebbero, col suo bene personale.
La maniera migliore di riposarsi sarebbe quella di non
stancarsi, sempre che fosse possibile, e intendo che si dovrebbe
equilibrare il lavoro in modo che una operazione servisse di riposo ad
un'altra. In medicina si combattono spesso gli effetti nocivi di una
droga per mezzo del suo antidoto. Non tutto stanca nello stesso modo e
nello stesso momento, e a proposito di ciò abbiamo già dato delle
indicazioni. Parlando dell'impiego del tempo, poi a proposito della
costanza nel lavoro, abbiamo accennato al principio della distribuzione
del lavoro. Nell'intellettualità non tutto è spossante concentrazione
: ci sono le preparazioni, i corollari pratici dei pensieri e delle
creazioni. Scegliere i libri, selezionare i documenti, riunire le note,
classificare i manoscritti, correggere le bozze, sistemare la scrivania,
riordinare la biblioteca, ecco delle occupazioni che pure non si possono
chiamare lavoro. Organizzandosi bene si può ridurre la tensione ai soli
momenti necessari e negli intervalli si possono compiere ancora molte di
quelle funzioni poco faticose, ma tuttavia indispensabili, e che hanno
dunque anche esse un valore di contemplazione.
Questa sistemazione dei lavori secondo le loro esigenze
cerebrali avrà un doppio vantaggio: eviterà l'esaurimento e
restituirà al lavoro intenso tutta la sua purezza.
Quando non abbiamo messo in conto il riposo, il riposo
198
LA
VITA
INTELLETTUALE;
che non ci siamo presi, si impone di fatto. Esso si
introduce senza parere nel lavoro sotto forma di distrazione, di
sonnolenza e di necessità alle quali, non avendoci pensato in tempo,
bisogna poi provvedere.
Poniamo ch'io mi trovi in pieno sforzo creativo: ecco
che mi manca una informazione, o non c'è più inchiostro nel calamaio,
o è stato dimenticato un gruppo,di note; un libro o un manoscritto di
cui avrei bisogno, stanno in una altra camera, o nascosti in un cumulo
da cui bisogna estrarli. Un'ora prima tutto questo l'avrei fatto
allegramente, pensando alla seduta tranquilla che mi sarei così
preparata. Adesso invece mi turba, e mi arresta lo slancio. Se poi ho
omesso di fare questi preparativi a beneficio di un falso lavoro, che la
mia intemperanza ha voluto salvare, il danno è doppio, e mi porta a
questo che non avrò ne vero lavoro, ne vero riposo. E' il regno del
disordine.
Ho già detto: evitate con cura nei momenti di
plenitudine quel mezzo lavoro che è anche un mezzo riposo e che non
profitta a niente. Lavorate con energia, poi riposatevi, non foss'altro
in quel modo relativo che prepara il lavoro, lo asseconda e lo conclude.
Del resto anche il riposo completo sarà necessario,
completo, dico, per l'abbandono momentaneo di ogni preoccupazione di
lavori salvo quella del « lavoro permanente » di cui abbiamo già
detto la facilità e i vantaggi.
S. Tommaso spiega come il vero riposo dell'anima sia la
gioia, l'azione dilettevole. I giucchi, le conversazioni familiari,
l'amicizia, la vita di famiglia, le letture piacevoli delle quali
abbiamo detto la regola, il contatto con la natura, l'arte facile, un
leggero lavoro manuale, il vagare intelligentemente per una città, gli
spettacoli poco appassio-
fL
LAVORATORE E L UOMO 199
'1^
nanti, gli sports moderati: tali sono i nostri elementi
di riposo.
Ma non bisogna neppure eccedere. Un rilasciamento troppo
prolungato, oltre che divora il tempo, fa anche torto all'andamento di
una vita laboriosa. E' importantissimo che ognuno scopra il ritmo che
permetterà il massimo slancio, col minimo della fatica. Lavorando
troppo a lungo, si esaurisce, interrompendo troppo presto il lavoro non
si da quanto si potrebbe. Analogamente riposandosi troppo a lungo, si
distrugge lo slancio acquistato: riposandosi troppo poco si trascura di
restaurare le proprie forze.
Cercate di conoscere voi stessi e stabilite
conseguente-mente le proporzioni tra il riposo e il lavoro. Con questa
riserva le pause frequenti e corte, che riposano senza spezzare lo
slancio, sono le migliori.
Ah ! se fosse possibile di lavorare con la finestra
aperta su un bei paesaggio, con la possibilità, appena sopraggiunge la
stanchezza, di riposarsi un po' in mezzo al verde della campagna :
scommetto che il prodotto del lavoro sarebbe doppio e ben più
piacevole, ben più umano. Vagando per la campagna ci si sente così
realisti pur mantenendosi sempre molto elevati. L'imperativo categorico
non può essere stato immaginato in un prato, e ancor meno l'aritmetica,
per così dire, morale di un Bentham. Giovani, che avete alte
aspirazioni e che volete andare lontano, restate nella realtà umana.
Conservate un po' di tempo libero, non vi esaurite, lavorate con calma e
con gioia spirituale, siate liberi. Se ce ne sarà bisogno usate anche
l'astuzia verso di voi stessi, promettendovi, nel momento dello sforzo,
qualche piacevole sollievo la cui sola immagine Valga a rasserenarvi
aspettando che esso stesso poi vi ridia vigore. Se' state in un gruppo
siate benevoli agli svaghi gli uni degli altri.
200 LA VITA INTELLETTUALE
L'uomo che non scherza mai, dice S. Tommaso, che non
accetta lo scherzo, e non favorisce il giucco o il sollievo altrui è un
tanghero ed è fastidioso al prossimo (1). Diceva Arhtotele che non si
può vivere neppure un giorno con un uomo completamente triste.
ACCETTARE LE PROVE
Questo equilibrio del lavoro e della gioia riposante è
tanto più necessario in quanto le prove a cui va soggetto il lavoratore
sono numerose, e più di una volta abbiamo ad esse accennato. In fatto
di scienza, come in ogni cosa, si arriva alla salvezza solo attraverso
alle cause. Tutto può concorrervi, la scontentezza di sé, la lentezza
dell'ispirazio- :
ne, l'indifferenza dell'ambiente, l'invidia,
l'incomprensione, i* sarcasmi, la ingiustizia, l'abbandono dei
superiori, la defe-i:
zione degli amici. Se poi arrivate ad acquistare una
personalità, attendetevi le prove più gravi e diverse: prova
dell'ideale che apparisce più lontano a mano a mano che si affretta il
cammino, prova degli sciocchi che non capiscono niente delle vostre
parole e se ne scandalizzano, prova dei falsi che vi giudicano
imprudenti per aver sorpassato la loro linea di combattimento, prova dei
buoni che si lasciano scuotere, vi sospettano e vi abbandonano, prova
dei medio-eri che sono la folla e che si sentono indisposti della
vostra, muta affermazione di un mondo superiore. « Se foste di questo
mondo, dichiara il Salvatore, il mondo amerebbe ciò che gli appartiene:
ma poiché voi non siete di questo;
mondo... a causa di ciò il mondo vi odia» (Giov. XV,
19).
(1) II.a II.ae, q. CLXVIII, art. 4.
IL LAVORATORE E L'UOMO 201
I mezzi più sopra elencati come mezzi di riposo
potranno anche in questo caso essere di aiuto : tutto ciò che riposa
dal lavoro è anche atto a calmare la sofferenza. Tuttavia cercate di
ricorrere di preferenza ai mezzi soprannaturali, e fra questi al lavoro
soprannaturalizzato, che è il nostro unico scopo. Il lavoro guarisce le
fatiche del lavoro e le angustie del lavoratore: è nemico dei
dispiaceri, delle malattie e dei peccati : ci trasporta in un'altra
regione, dove le noie dell'esistenza e la debolezza del corpo trovano un
sollievo.
Lo slancio che comunica, l'orientazione che da alle
energie, allontanano le noie e ci liberano dalle preoccupazioni
meschine.
Quando state oziosi probabilmente vi assale una
quantità di indefiniti malori : se invece lavorate con ardore, essi
•svaniscono e non li sentirete più. Non si può dire
altrettanto dei mali dell'anima. Quando mi domando che cosa opporrò
alle angustie e ai torpori che mi assalgono nel lavoro trovo una sola
risposta: il lavoro. Quale conforto al cuore che dubita dell'opera sua?
il lavoro. Quali mezzi per resistere agli oppositori del nostro sforzo e
ai gelosi del nostro successo? il lavoro. Il lavoro è il rimedio, il
balsamo, l'entusiasmo. Aggiungetevi il silenzio, suo compagno, e la
preghiera, sua ispiratrice, godete di una dolce amicizia, se Dio ve la
concede, e avrete di che vincere. Il lavoro da equilibrio all'anima,
crea l'unità intcriore: con l'amore di Dio, che fonda la gerarchla dei
valori, esso realizza la subordinazione della forza e da stabilità
all'anima. All'infuori di ciò il bisogno di unità non potrà restare
soddisfatto che da qualche mania inferiore, da qualche passione, e le
nostre
•debolezze di ogni genere riprenderanno il
sopravvento. Non per nulla si dice che l'ozio è il padre di tutti i
vizi, è anche
202 LA
VITA INTELLETTUALE
padre degli abbandoni e delle angustie: in ogni modo li
favorisce. Il sentimento di vittoria che il lavoro fa nascere combatte
questa depressione: il dispendio ritmico delle forze ne rialza il tono e
le regolarizza, come lo slancio dei vogatori che remano cantando. Anche
la verità è una difesa:
essa ci rinsalda e ci rallegra: per lei ci consoliamo di
noi stessi e degli altri : il conquistarla ci è ricompensa, la sua
manifestazione è una nobile vendetta nei giorni di contraddizione.
Il lavoratore è esposto fra gli altri dispiaceri a
quello che può essere il più doloroso per lo studioso: la critica che
non lo risparmia. Quando questa critica è superficiale ed ingiusta egli
ne soffre ed è spinto alla irritazione: se tocca il suo punto debole e
rileva nelle sue produzioni, o nel carattere, dei difetti che egli
vorrebbe dimenticare non potendoli. vincere, nasconderli alla vista
altrui, è sopra tutto allora che egli si sente colpito. Quale risposta
adeguata trovare, e che attitudine prendere? sempre la stessa. A tutte
le critiche non vedo che una risposta da fare, dice Emerson:
« Rimettermi al lavoro ! » (1).
Si dice anche di S. Tommaso che quando lo attaccavano
— il che accadeva molto più spesso di quel che non lo lasci supporre
il suo trionfo postumo — egli si sforzava di afferrare la sua
posizione, di precisare e di chiarire la sua dottrina e quindi taceva.
Il «bove muto di Sicilia» non si lasciava sviare da,lla sua strada per
il gesto o per le grida di un giucco di fanciulli.
Correggersi e tacere: ecco la grande massima. Quelli che
son riusciti a praticarla, hanno fatto sempre delle ascen-
(1) Auiobiographie — Ed. Régis Michaud, pag.
145 (Colin, édit.).
IL LAVORATORE E L'UOMO 203
sioni : della forza, usata dagli altri per abbatterli,
son sempre riusciti a trare una forza di propulsione: con la pietra, che
altri scagliava loro in viso, si son fatti la loro casa e la loro
difesa.
E' puerile cercare di difendere le proprie opere e
cercare di rivendicarne il valore. Questo si rivendica da sé. II
sistema solare non può venire a patti tra Tolomeo e Copernico. La
verità è. Le opere di verità partecipano del suo essere e del suo
potere. Agitarsi attorno ad esse è un indebolirsi. Tacete: umiliatevi
davanti a Dio: diffidate del vostro giudizio e correggete i vostri
difetti: poi restate saldi come la roccia battuta dai flutti. Il tempo e
le forze, spese nel restaurare un'opera già fatta, saranno meglio
impiegate a compierne un'altra: la vostra pace vale molto di più che un
successo banale.
Non appena vi muovono un qualche rimprovero, invece di
reagire al di dentro e al di fuori come la bestia che si pone in difesa,
cercate, come uomo, di osservare la portata degli appunti fattivi;
mantenetevi impersonale ed integro. Se la critica ha qualche ragione
contro di voi, vorreste forse .resistere al vero? Anche se trovaste
traccia di un qualche spirito ostile al punto di partenza, abbiate
sempre in tal caso il coraggio della confessione e il nobile proposito
di utilizzare la manchevolezza degli altri e che Dio può mettere -a
vostro servizio : perché anche il male è nelle mani di Dio e la
critica cattiva, essendo la più pungente, può rendervi 'maggior
profitto.
Avendo così raccolto quanto vi poteva esser utile,
abbandonate tutto il resto nelle mani di Dio, che dovrà ren-' ;dere il
giudizio e a suo tempo saprà anche fare giustiziai Non ascoltate più.
« Non si dice del male — ha scritto S. Agostino —
da-
204
LA VITA INTELLETTUALE
vanti a colui che non ascolta » « Le grandi anime
soffrono in silenzio! » — ha scritto Schiller.
Quando poi da un attacco non sembra ci sia da
raccogliere alcuna utilità, ne possiamo sempre ritrarre quella di
uscirne esenti da debolezze o da rancori e quindi ingranditi e
migliorati dalla prova. La vera forza spirituale si esalta nella
persecuzione: essa geme talvolta, ma il suo gemito è simile a quello di
ogni creatura che «geme e partorisce » dice l'Apostolo.
Abbiamo già detto che la vita intellettuale è un
eroismo :
vorreste che l'eroismo non costasse nulla? Ogni cosa
vale proprio tanto quanto essa costa. Più tardi verrà il successo e
verranno le lodi — se non quelle degli uomini, quelle di Dio — anche
i vostri fratelli lavoratori vi riconosceranno, non ostante la loro
apparente defezione. Fra studiosi si commettono molte piccole
meschinità e talvolta anche delle grandi iniquità ; ma una specie di
classificazione sottintesa consacra ciò non ostante i valori veri,
anche se essi vengono dimenticati dall'opinione pubblica.
Se fosse necessario di rimandare ad altro tempo la
vostra utilità — forse anche al momento in cui non sarete più —
consentitevi: l'onore postumo è il più disinteressato e l'utilità
postuma da sufficienti soddisfazioni al fini veri dell'opera
vostra. Che cosa cercate? La piccola gloria passeggera o il vantaggio
reale? Nel primo caso non sareste che un falso intellettuale.
Il vero si manifesta a poco a poco : e quelli che lo
traggono dall'ombra non debbono chiedergli di creare una piccola aureola
attorno al loro capo: essi servono al vero e questo basti!
Il lavoro non ha forse valore per sé stesso? Uno dei
delitti del nostro tempo è appunto quello di averlo deprez-
IL LAVORATORE E L'UOMO 205
zato e di avere alla sua bellezza sostituito la bruttura
di un acre egoismo. Le anime nobili vivono una bella vita e ne attendono
per sopra prezzo la fecondità. Esse non lavorano soltanto per il frutto
del lavoro, ma per il lavoro stesso, perché la loro vita sia pura,
diritta, virile, simile a quella di Gesù e pronta a raggiungerlo. Per
questo non si fermano nelle sconfitte. L'amore — come la speranza e la
fede — non ha paura di sconfitta.
Si ha un bei lavorare senza frutto apparente: seminare e
non raccogliere, nuotare e vedersi rigettati alla riva, camminare e non
trovare dinanzi a sé che spazi interminabili, tutto questo non è una
sconfitta per chi ha fede, e per chi;
spera, tutto questo è anzi cosa piacevole a chi ama
perché l'amore si prova molto meglio quando si lavora senza altra
ricompensa: il piacere di chi ama è quello di servire a.1-l'amato.
QUSTARE^E GIOIE
Del resto non è vero che vi siano soltanto delle
contrarietà nel lavoro : il lavoro comporta anche le sue gioie ed è
fortunato chi soltanto dalla gioia è guidato al lavoro. Ma occorrerebbe
esser sempre nella gioia, anche nelle afflizioni e nelle contradizioni,
sull'esempio dell'Apostolo: « Io sovrabbondo di gioia in mezzo alle mie
tribolazioni». La tristezza ed 11 dolore uccidono l'ispirazione; ma la
uccidono solo quando uno cede ad esse. Sapersene liberare per mezzo
della gioia cristiana significa saper rianimare la fiamma indebolita.
Questo è sempre possibile e Iddio, per aiutarci a
farlo,
206 LA VITA INTELLETTUALE
permette che noi ci riposiamo a volte in una;1t:ranquilla
allegrezza. ,. . ,' - , 'l/
II senso di elevazione da al lavoratore un'anima al
tempo stesso raccolta e gioconda. « Vedere l'ordine dell'universo e le
dispersioni della Provvidenza divina è un'attività eminentemente
dilettevole » dice S. Tommaso d'Aquino (1).
Secondo l'Angelico Dottore la contemplazione parte
dall'amore e termina alla gioia, amore dell'oggetto e amore della
conoscenza come atto di vita, gioia del possesso ideale e dell'estasi
che essa procura (2). Lo studioso cristiano ha scelto la rinuncia, e la
rinuncia lo arricchisce più che una superba opulenza: egli perde il
mondo, ma il mondo gli è dato spiritualmente: Egli ascende al trono
d'onde si giudicano le dodici tribù di Isaele (S. Luca XXII, 30).
L'ideale è la sua nuova realtà che gli ha sostituito l'antica
assorbendone i difetti nella propria bellezza. Spogliato di tutto
secondo lo spirito, e spesso in una effettiva povertà, egli si ritrova
arricchito di tutto ciò che abbandona perché ne ritrova in segreto il
meraviglioso possesso. Se egli dimentica sé stesso nella più
assorbente azione intcriore, nel più pro.-fondo di questo apparente
sonno potrebbe dire come la sposa : « Io dormo, ma il mio cuore veglia
: sul mio letto nella notte ho cercato ciò che il mio cuore ama, l'ho
afferrato e non lo abbandonerò più ».
Quando ci si trova nelle dovute disposizioni e che
l'anima è tutta intenta all'opera sua, quando si studia bene, si legge
bene e si annota bene, quando si fanno lavorare il subcosciente e la
notte, i lavori che si preparano sono come
(1) In Ps. XXVI.
(2)ll.a II.ae q. CLXXX art. 1.
IL LAVORATORE E L'UOMO 207
il giorno sotto il sole, come il fanciullo che la madre
mette al mondo nel dolore, ma nello stesso tempo è talmente felice che
un uomo sia nato da non ricordarsi più del proprio dolore. (Giov. XXI,
21).
La ricompensa di un'opera consiste nell'averla compiuta:
la ricompensa di uno sforzo è quella di averci reso più grandi. Cosa
strana, il vero intellettuale sembra sfuggire a quelle tristezze
dell'età, che infliggono a tanti uomini una morte anticipata; e,gli è
giovane fino alla fine, si direbbe che partecipa alla gioventù eterna
del vero: maturo generalmente molto presto, egli è maturo ancora, ma
niente affatto inasprito o guasto, quando l'eternità lo raccoglie.
Questa squisita perennità è anche quella dei santi e farebbe pensare
che santità e intellettualità abbiano la stessa essenza, difatti la
verità è la santità dell'intelligenza: essa la conserva come la
santità, che è la verità della vita, tende a rinsaldarla per questo
mondo e per l'altro. Non c'è virtù senza conquista, senza fecondità,
senza gioia; ma non c'è nemmeno bene intellettuale senza che ne
derivino analoghi effetti. Sapiente etimologicamente significa
saggio e la saggezza è una e comprende la doppia norma del pensiero e
dell'azione. ^
RACCOGLIERE I FRUTTI
Arriviamo con ciò alle ultime parole che conviene
indirizzare al lettore di questa breve — e pur troppo lunga — teoria
della vita intellettuale. « Se tu segui questa via, dice S. Tommaso al
suo discepolo, porterai nelle vigne del Signore utili verdure e frutti,
tutto il tempo della tua vita. Se pratichi questi consigli raggiungerai
tutto ciò che desideri. Addio ».
208 LA VITA INTELLETTUALE
Non è forse un nobile addio quello che impegna l'onore
del vero in favore del lavoratore e del fedele, assicurando i risultati
derivati a chi sia capace di attuamele condizioni?
Non si può promettere nulla a chi non abbia le doti
relative; ma supposta la vocazione si ha il diritto di dire che la
cultura non è figlia principalmente del genio, ma che nasce dal lavoro,
da un lavoro qualificato, organizzato e continuato, quale abbiamo
tentato di descrivere. Il lavoro si fabbrica da sé il suo proprio
strumento, come il fabbro che tempera da sé i propri utensili: esso ci
forma il carattere, ci da la saldezza e conscguentemente la confidenza.
Questa confidenza, che è fondata sopra una legge naturale, appartiene
al lavoro più che al lavoratore, tuttavia anche il lavoratore ha
diritto di aver fede in sé stesso. Non ha egli con sé il Dio che ha
detto : « Chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto »? Siamo immersi
nella verità che per mezzo della intelligenza ci sospinge, ci chiama e
ci inspira.
L' anima è eguale in tutti: lo Spirito spira in tutti:
lo scopo e le aspirazioni profonde sono le stesse per tutti : non c'è
di diverso che il coraggio e i vari elementi cerebrali più o meno
liberi e attivi, più o meno inceppati. Orbene sappiamo che con i
soccorsi che abbiamo, terrestri e celesti, possiamo venire a capo di
molte deficienze. La luce può filtrare attraverso alla fessura, che il
nostro sforzo ingrandisce, e poi da sé esce, estende e corrobora il
proprio segno. Non bisogna appoggiarsi su sé stessi, ma la fiducia che
si deve accordare all'azione di Dio in noi non è mai troppa;
Del resto noi aspettiamo anche una contribuzione
permanente per l'opera intellettuale, dai nostri iniziatori, dagli amici
e dai fratelli. Abbiamo per noi i geni. Gli uomini grandi non sono
grandi soltanto per sé, ma anche per servirci di sostegno. Con il loro
aiuto noi possiamo vivere una vita così
IL LAVORATORE E L UOMO 209
grande come la loro, salvo la diversità della forza.
Il verp intellettuale non deve temere ne la sterilità, ne
l'inutilità : i, ';
risultati talvolta vengono tardi, ma vengono. Se noi
none;
possiamo essere uguali a ciò che ammiriamo, possiamo
seni- ^ pre essere uguali a noi stessi e — occorre dirlo un'ultima; ^
volta-questo è il solo nostro scopo. Ogni individuo è unico's^ dunque
ogni frutto dello spirito è unico anch'esso: le cose^ uniche sono
sempre preziose e sempre necessarie. Cerchiamo^ ; :
di non venir meno ai disegni della Divina Provvidenza
sopra di noi e il trionfo di Dio sarà in parte anche il nostro
trionfò.;' c Ecco ciò che può consolare la nostra
inferiorità e — se pub- ;
blichiamo qualche cosa — riconfortarci di fronte al
diluvio 7 delle altre pubblicazioni. , '•
Date tutto quanto è in voi e, se sarete fedeli a voi
stessi,; -, se lo sarete fino alla fine, siate certi che raggiungerete
la per-. ^ fezione dell'opera vostra : la vostra, dico, quella
che Dio at- ^ tende da voi e cfìe risponde alle sue grazie interne ed
esterne,,/' A questo punto mi direte che molte opere e molte vite
sono-più belle, ma potrete anche aggiungere non ce n'è nessuna,1 più
bella per me, ne altre per me simili a questa. ' ;
Aggiungo ancora quest'altra cosa che fa parte dell^ no-
,if stre ragioni di fiducia. Quando ci viene domandata la ;
fedeltà, il lavoro accanito e ben regolato, non si
intende di escludere ogni debolezza: promesse fatte sotto questa
condizione sarebbero derisorie. Errare è umano, ma da tutte le
prescrizioni riteniamo l'essenziale, l'abituale: è solo questa parte la
necessaria e sufficiente.
Sarebbe desiderabile che la nostra vita fosse una fiamma
senza fumo e senza scorie, che nulla ne andasse perduto, che niente vi
fosse di impuro. Ciò non può essere. Ma anche quel tanto che è
possibile è ancor bello, e belli e soavi ne
210 LA VITA INTELLETTUALE
sono i frutti. Decisi al sacrificio necessario,
prendetene subito una ferma risoluzione cordiale. '
Mettendovi al lavoro, e dopo aver pregato, rinnoverete
ogni giorno la vostra risoluzione. Avrete inoltre cura di notare in modo
particolare le cose che vi risaltano meno
spontanee e più necessario e di confermarvi specie
sopra di esse.
Allora aggiungete e ripetete con profonda certezza : «
Se fai ciò porterai frutti utili e raggiungerai ciò che desideri ».
ADDIO