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EDIZIONE ITALIANA A CURA DEL « CENTRO DI STUDI FILOSOFICI DI GALLARATE »

ROMANO GUARDINI

DIARIO

Appunti e testi dal 1942 al 1964

Da annotazioni postume edite a cura di felix Messerschmid

MORCELLIANA

Titolo originale dell'opera:

Wahrheit des Denkens und Wahrheit des Tuns. Notizen und Texte 1942-1964 Aus nachgelassene Aufzeichnungen hrsg. von Felix Messerschmid

© Ferdinand Schoningh - Paderbom-Munchen-Wien-Zùrich 1980

Traduzione di

nerea ponzanelli

© Morcelliana - Bresda 1983 Tip. Editoriale Aldo Manuzio s.a.s. - S. Martino B.A. (VE.)

PREFAZIONE

Queste «annotazioni» fin dall'inizio non erano destinate alla pubblicazione e pertanto non facevano parte delle opere postume, ma del patrimonio di lettere e documenti di cui doveva disporre l'esecutore testamentario. Romano Guardini mi aveva incaricato di bruciare tutte queste carte, così come aveva fatto egli stesso per decenni; nei suoi ultimi anni non vi aveva più provveduto. A questa sua preghiera io mi sono attenuto, salvo •pochissime eccezioni. Rientrano fra le eccezioni questi « appunti e testi ».

Lo storico conosce un problema di coscienza di questo genere. Spesso si viene a trovare gravato della duplice responsabilità: nei riguardi dell'Autore defunto e verso il proprio campo scientifico e la pubblica opinione. Naturalmente - le disposizioni testamentarie vanno rispettate. Se non ne esistono, ma rimangono soltanto scrupoli dell'Autore espressi oralmente, la decisione spetta al curatore.

Le « annotazioni » di Guardini non si presentano sotto forma d'un manoscritto unitario; la definizione adeguata sarebbe « fogli di diario ». Le

pagine scritte a metà erano state incominciate come un diario, ma Guardini aveva riconosciuto ben presto che non riusciva a tenere un vero diario, qualsìasi cosa si voglia intendere con questo termine. In questi appunti si trovano molte espressioni di questo genere: « Non mi trovo partico-larmente interessante. Talvolta ho avuto la sensazione che dietro alla mia esistema ci sia un significato e un valore nascosto — come sempre accade a ogni uomo —, ma appunto il mio. Però non è un significato che si possa cogliere in termini biografici e un diario non aiuta a scorgerlo ». Accanto alla sua produttività rigorosa e sistematica, quel che gli serviva era mettere per iscritto idee subitanee, pensieri ispiratigli dalle sue letture, linee collaterali al filone principale d'un lavoro, osservazioni dei generi più svariati, « ciò che passa per la mente d'un uomo » (così in un foglio per il resto vuoto); dunque direi quasi un angolo appartato sul suo scrittoio, al quale quest'uomo incalzato costantemente dai pensieri aveva la possibilità di rivolgersi per non dover rimuovere e così perdere un dato di fatto relativo a un altro filone.

L'articolazione in quattro parti non dipende da motivi aggettivi. Le annotazioni riguardano un periodo di 22 anni; sono intervallate da alcune lunghe pause. Quando decideva, più o meno controvoglia, di ricominciare da capo e ài proseguire con continuità, Guardini infilava in una cartella le annotazioni scritte fino allora, ma questo più

per dichiarare a se stesso la decisione di ricominciare da capo... che poi non cambiava per nulla la forma della prosecuzione. S'è attenuto alla datazione di ogni nota, donde appunto risulta la somiglianzà a un diario.

Tutti questi fogli sono scritti a mano. In un manoscritto del genere le abbreviazioni di facile comprensione sono consentite. E sono rimaste per dare al lettore anche nella stampa, almeno in questo modo, l'impressione di annotazioni personali. Che i nomi siano indicati per lo più soltanto con le iniziali, è anche espressione della sua discrezione. Le ho lasciate, anche se queste abbreviazioni si possono completare facilmente, ad ogni modo da parte del competente. Se fossero state riscritte per intero, si sarebbero rese necessaria note a fondo -pagina; non ho creduto di decidere in tal senso.

Il titolo del libro [Verità del pensiero e verità dell'azione nell'ed. tedesca] è preso da una delle annotazioni, il sottotitolo deriva da una delle partì in cui Guardini ha ordinato i fogli. Nel lesto non si è intervenuti in nessun punto e non è stata omessa alcuna annotazione.

Ci sì può chiedere perché questo libro appaia, dopo tredici anni dalla morte dì Romano Guardini. Come s'è detto all'inizio, questo fa parte delle « eccezioni ». Guardini non aveva riferito esplicitamente anche a queste annotazioni la preghiera, rivolta all'esecutore testamentario, di bruciare tutte le carte. Però ho voluto presentarle soltanto

dopo che fosse trascorso un certo tempo. Comunque non avrei aspettato tanto, se avessi saputo che la pubblicazione dei grandi manoscritti dei suoi corsi, soprattutto sull'etica, sarebbe stata impedita fino ad oggi.

Queste annotazioni si differenziano da altri libri di Guardini in primo luogo per il loro stile più personale e per la conseguente franchezza — altrimenti estranea a Guardini — e per la loro apertura (per Guardini ancora relativa). Accanto alla straordinaria ricchezza di pensiero di queste annotazioni, tale apertura costituisce il fascino del libro. Da la possibilità di accostarsi liberamente a Guardini, il quale altrimenti s'apriva soltanto nel dialogo individuale, e rende partecipi del suo modo di lavorare e di vìvere.

Per ampliare tale partecipazione, può servire un libro apparso nel 1979: Romano Guardini. Der Mensch, die Wirkung, Begegnung, corredato da un'esauriente presentazione biografica scritta dall'Autore di questa prefazione (Editore doti. Hanns Krach, Magonza).

Non si può tralasciare di dire che il curatore di questo libro ha agito sì sotto la propria responsabilità, però d'intesa con la commissione testamentaria per le opere postume e con il suo presidente, direttore della Katholische Akademie in Bayern, doti. Franz Heinrich.

felix messerschmid

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'Principio di gran virtù,

Verità, o Signora,

fa che il mio sforzo non s'infranga

contro lo scoglio

della menzogna . . .

pindaro, fragni. 83 (Adela) *

* Trad. secondo A. Puech, in Pindare, Tome IV, Les Belles Letttes, Paris 1923, p. 226 (n. d. r.}.

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PARTE PRIMA

12.2.42

UMILTÀ:

II suo primo stadio è la modestia, che dice: ci sono altri ancora e forse migliori di me, donde proviene anche il buon .gusto, che trova sciocco mettersi davanti.

Il secondo stadio è lo stare nella verità, in rapporto alla quale la persona dimentica se stessa.

Il terzo stadio è l'amore, che compie quel moto sacro nel quale il Dio grande s'è calato in ciò che è piccolo.

19.8.42

DOPO LA LETTURA DI « WILLE ZUR MACHT » * DI NIETZSCHE

Abbiamo bisogno di cristiani capaci della « dimostrazione della potenza » cristiana; teologi che sappiano che cosa v'è realmente nella rivelazione. Predicatori che sappiano parlare all'interno del nostro tempo. Sotto l'aspetto storico la cristianità

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normale, la teologia e la predicazione, non si trovano in genere là dove si prendono le decisioni.

* Tr. it. F. nietzsche, Opere complete, Frammenti postumi, voli. 7° e succ., Adelphi, Milano 1976 ss. (n. d. r.}.

21.8.42

Fuori i gentili e dentro i farisei e gli zeloti:

questo per buona parte determinerà la situazione della chiesa. Però farisei e zeloti non soltanto fra gli anziani, ma anche e proprio fra i giovani, che non hanno la forza ne il rispetto necessari per vedere problemi, e che hanno ripreso dagli avversar! i metodi della violenza.

28.8.42

Dopo la lettura dei diari di leonardo *. SÌ esaltano le molte conoscenze e gli esperimenti:

mi sentivo come se stessi in una grande stanza piena di anticaglie.

Tutto era talmente superato. Questo certamente non è inteso nel senso della fede nel progresso;

considerato nella sua essenza, non saprei nulla di più indifferente di ciò che comunemente si chiama progresso. Esso è superato di per se stesso per principio, in quanto che cosa può essere più superato dei progressi che l'ieri ha fatto sull'altro

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ieri? Una visione della verità umana o metafisica o religiosa, conquistata in modo limpido e resa nel giusto termine, è sempre viva, anche se poi ci si riflette ancora tanto. Così pure un'opera d'arte creata con purezza di linee. Con la scienza e con la tecnica è un'altra cosa. Appena acquisite, diventano ovvie, e appena superate, diventano vecchiume.

Con il tempo le conoscenze scientifiche e le idee tecniche di Leonardo sarebbero emerse da qualche parte. Qualsiasi ricercatore anche mediocre-mente dotato ne avrebbe scoperto qualche cosa;

se questo invece di oggi fosse accaduto dieci anni dopo, nel senso essenziale non sarebbe stata una perdita. Nessun altro invece sapeva disegnare una mano come la disegnava Leonardo. Sotto questo aspetto: quanta forza creativa sciupata, quante cose, possibili un'unica volta, non fatte!

* Cfr., per esempio, leonardo DA vinci, Scritti scelti, utet, Torino 19733 («. d. r.}.

6.10.42

La teologia dice: Dio ha previsto e progettato l'intera lunghezza e larghezza e profondità del divenire storico. Il concetto sicuramente è giusto ma con esso possiamo vivere e nello stesso tempo prendere sul serio la densità di decisione propria del momento?

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Come sarebbe se invece si dicesse che Dio cammina con noi dentro ogni momento e lo prende sul serio insieme con noi? Forse che per questo il momento e con esso noi, allo stesso modo, anzi ancor meglio, non siamo « previsti », e rimane salva l'urgenza storica?

15.1.43

DUE MODI DESSERE UOMO

Quello dell'uomo « umano », che rimane nei limiti e quindi sotto la tutela della misura vivente, ha la custodia dei simboli, la ricchezza di ciò che fiorisce naturalmente, conosce e rispetta i limiti di quanto è interdetto.

Contrapposto ad esso, quello dell'uomo che con la conoscenza, la pianificazione e l'opera si spinge all'estremo limite e realizza tutte le possibilità del dominio del mondo e osa le estreme possibilità insite nella libertà.

Forse il senso della storia sta nel fatto che — in Occidente ad opera dei greci e del medioevo — dapprima è fiorito il primo modo; poi s'è fatto avanti e, a partire dal Rinascimento, s'è affermato sempre più il secondo. Ora — in pieno contrasto con le affermazioni della fede nel progresso — l'uomo si ritrova sempre più povero, sempre più abbandonato, sempre più in pericolo. Deve sperimentare che cosa vuoi dire avere il potere umano senza essere ancorato a Dio. La

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somiglianzà a Dio della Scrittura significa dominio sul mondo, ma nell'obbedien2a a Dio. L'uomo che dall'era moderna conduce la storia vuole il dominio senza Dio; così lo deve poi attuare, e sperimentare che cosa ne verrà. Allora il senso della storia conduce verso un'era nella quale non soltanto singoli, ammaestrati dalla fede e dalla sofferenza, ma nuovamente uno strato o un gruppo gravido di futuro riconosce quale responsabilità si sia assunta con questo dominio autonomo del mondo, e cerca di nuovo la strada verso Dio.

1.4.43

ciò che È ultimo È inconcepibile e tale rimane. Che cosa siano la forza, la materia, la vita, la legge naturale ecc. noi non lo sappiamo, ne lo sapremo mai. Non lo voglio dire con rincrescimento, ma con rispetto profondo. L'essenza di queste cose è fondamentalmente preclusa. La conoscenza che avanza non cambia nulla. Dall'inconoscibilità toglie soltanto le immagini, mettendole a nudo.

Della malattia un tempo si diceva ch'era opera d'una potenza maligna o una prova di Dio; si è pregato, curato, sofferto, forse anche fatto magia, appellandosi con tutto ciò alla realtà inconoscibile e guaritrice. Gli ammalati sono guariti, oppure anche no; però il risultato finale, il rapporto con

1.7

il senso dell'esistenza, era più grande. Oggi si studiano con precisione sempre maggiore i meccanismi della malattia e della salute; ma nel complesso gli uomini diventano veramente più sani, se s'includono nel conto tutti i danni che la medicina e la chimica recano alla vita nel suo complesso e il fatto che l'uomo viene abbandonato in tal modo alla mercé dell'altro uomo? Non sembra, anzi piuttosto pare il contrario. E la realtà ultima, « la vita », la volontà di vivere, rimane inconoscibile ne più ne meno; ma le immagini indicative, esplicative, soccorritrici sono perdute.

Domenica di Pasqua 1943

L'uno e il tutto dell'etica e dell'atteggiamento di vita cristiano è l'amore, certamente. Ma l'« amore » è una totalità complessiva. Esige e promette tutto, ma non si può realizzare senz'altro, così come il « bene ». Ha bisogno d'un'interpre-tazione e qui esiste una serie di gruppi di valori, per mezzo dei quali ciò si può attuare efficacemente. Per esempio: l'amore è obbedienza, fedeltà, lavoro, sollecitudine... Oppure: l'amore è attenzione, prontezza, pazienza, calma... Oppure:

l'amore è il vedere il prossimo, giustizia, bontà... Tutti concetti semplici, che però conducono alla realizzazione.

Al riguardo costituisce un grande esempio il

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tredicesimo capitolo della prima lettera ai Corinzi, dove l'amore, per Paolo sicuramente il compendio e da lui sperimentato nel modo più grande, viene espresso con i concetti dell'attività quotidiana, che però conducono alla realizzazione.

Lunedì di Pasqua 43

Un conoscente m'ha raccontato che un suo amico, al quale era stato ordinato di lasciare stalin-grado all'ultimissima ora, aveva vissuto questa esperienza: quando per un certo gruppo di soldati era giunta la fine, il cappellano militare protestante aveva tratto di tasca il Nuovo Testamento, ne aveva strappato la copertina e aveva distribuito a ciascuno un foglio del libro sacro. Nessuno l'aveva rifiutato.

2.5.43

La verità del pensare sta nello svolgere un pensiero in tutta la sua profondità, altezza e larghezza, senza ritrarsi davanti a nessuna conseguenza. La verità dell'azione è diversa. Sta nel cercare il posto angusto della possibilità e nel moderare la propria forza nella giusta misura, ben sapendo che l'impostazione data viene portata avanti dalla logica interna della vita stessa.

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6.5.43

AL TERMINE DI LUNGHE DISCUSSIONI SUI PROBLEMI IN SOSPESO TRA CATTOLICI E PROTESTANTI:

Ora mi consentano di dire ancora qualcosa che forse metterà in crisi il nostro accordo finora buono, ma che si deve dire comunque per amore di verità. Hanno visto che non ho mai messo in dubbio il loro sentimento, la serietà della loro sete di verità, altrimenti in realtà il nostro discorso non si sarebbe potuto sviluppare così com'è avvenuto. Non è neanche necessario che dica loro quanto io apprezzi i contributi dei ricercatori protestanti. Ogni cattolico che si occupi di teologia si trova continuamente nella situazione di trame elementi utili con animo grato. Non v'è neppure alcun dubbio che, grazie alla sua particolare posizione nella storia dello spirito, il protestantesimo abbia dedicato particolare attenzione ad elementi della verità cristiana che nell'ambito cattolico non sono stati sviluppati affatto o in misura insufficiente, recando contributi importanti al complesso della conoscenza del cristianesimo. Infine mi preme di dire che in ogni protestante che crede nel Figlio di Dio Gesù Cristo divenuto uomo, proprio per questo scorgo il fratello.

Ciò nonostante rimane il fatto che la Riforma ha lacerato l'unità della Chiesa. Questo non lo si può nascondere, anche in considerazione della circostanza che da qualche tempo da parte pro-

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testante si parla della Chiesa con tanto rilievo. Basta risalire indietro anche un poco soltanto, per vedere con quale accentuazione lo stesso protestantesimo ha sottolineato la libertà individuale della coscienza, respingendo ogni istanza che esuli dal confronto diretto dell'uomo con Dio. Ne consegue che si dice certo la stessa parola, ma la si intende in un senso diverso.

Diranno che il protestantesimo ha fatto questo anche per amore di verità, quando non era riuscito con i suoi sforzi a mostrare e a superare i mali della Chiesa. Qui siamo arrivati all'ultimo punto. •La Riforma aveva ragione nel richiamare l'attenzione sui gravi mali ampiamente diffusi nella Chiesa; aveva ragione nel far emergere momenti trascurati nella coscienza della fede e nella vita cristiana. Aveva ragione a rimanere ferma sulle sue posizioni quando la forza d'inerzia e in parte perfino l'irrigidimento nella situazione esistente non l'hanno ascoltata. Ma poi è arrivata la prova cristiana: il modo in cui la Riforma avrebbe continuato a sostenere la verità che aveva visto, e qui è successo qualcosa di negativo. Gli impulsi che si mossero all'inizio dell'era moderna, di autonomia individuale nei confronti di quelle realtà che rappresentavano obiettivamente ciò che è valido, che a partire dal medioevo avevano acquistato nella Chiesa tanta forza, e la percezione della nascente nazione tedesca in contrapposizione all'elemento neolatino * così potente nella Chiesa sono confluiti nell'istanza cristiana con tale vee-

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menza da impossessarsi della guida. Ma con questo s'è consumata la sciagura. Come ogni momento storico autentico, per il pensiero cristiano questi impulsi hanno la loro grande importanza; ma appena conseguono la posizione di guida, tutta la situazione insensibilmente sfugge dall'ambito vero e proprio della decisione...

Loro si domanderanno che cosa avrebbero dovuto fare i riformatori. Quando sono in gioco elementi essenziali del cristianesimo e per giunta d'una tale portata, rimane una sola via: quella percorsa dai santi. I riformatori avrebbero dovuto rimanere fermi nelle loro convinzioni, ma resistere nella Chiesa e addossarsi le conseguenze. Nella teologia protestante si parla tanto di croce e di teologia della croce. Ma spesso ne traggo l'impressione che questa sia soltanto una forma diversa per motivare l'incommensurabilità tra i contenuti naturali e quelli cristiani e così procurarsi carta bianca in un modo molto sottile. La vera via della croce sarebbe stata questa: resistere, sostenere fino in fondo attraverso la sofferenza la verità intravista. Rinunciare all'aiuto di prìncipi in cerca di potere, di città che aspiravano all'indipendenza ecc. e rimanere con il sacro mistero della Chiesa in quel legame d'amore e disponibilità alla sofferenza, dal quale soltanto procede il nuovo nella Chiesa. Allora, sia pure lentamente, ma traendo impulso dall'essenza, si sarebbe verificato l'allargamento d'orizzonte. I nuovi elementi intravisti avrebbero trovato il loro

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posto nell'intero e la vita della Chiesa sarebbe cresciuta. Invece la Riforma ha scambiato la fedeltà alle convinzioni con l'ostinazione caparbia nel perseguire la propria volontà; ha fatto diventare l'obbedienza a Dio insubordinazione nei confronti di quella che è stata posta da Lui come portatrice della verità; e ne è nata una spaccatura per la quale la sciagura è penetrata in tutta la storia svoltasi da allora.

Questo è il dato di fatto contro il quale da ultimo non può non andare a urtare ogni discorso fra cattolici e protestanti, e che non si può dissimulare.

Naturalmente, di contro a ciò, loro hanno il diritto di richiamare l'attenzione sull'indolenza, la durezza, l'insensibilità, il senso terreno e tante altre cose nella Chiesa. La colpa che ne è derivata e la responsabilità relativa sono davvero grandi. Però in tutto ciò nulla è avvenuto di irreparabile per principio, e questa è la differenza.

* Nel senso di "romano" (w. d. r.).

23.5.43 Tentativo di formulare l'istanza dei rìfor-

MATORI.

Dio deve stare nella piena libertà della propria sacra sovranità. L'uomo deve fare riferimento a questo Dio libero e proprio in tal modo arrivare

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lui stesso a una libertà particolare, quella cristiana.

Di Dio l'uomo non può afferrare assolutamente nulla: non la verità (per esempio nella forma di teoria, speculazione, dogma), non la grazia (per esempio nella forma d'una sacramentaria * fissa e che lavori con sicurezza), non la realtà (in seguito a una mistica di qualche genere), non la santità (sotto forma di dottrine e tecniche della perfezione)... Fra Dio e l'uomo deve esistere sempre un'impenetrabilità che spezzi l'immediatezza. Dio non ha vincoli, ma è interamente sovrano. (La sua verità non è leggibile nella parola immediata, ma si fa evento che parte da Lui, quando Egli vuole, nella parola detta e ascoltata ecc.). Da parte dell'uomo, è il peccato che Lo esclude permanentemente. Tutto ciò che si chiama redenzione, avviene in un modo non precisabile in enunciazioni, cioè nella libertà di Dio e nell'esclusione dell'iniziativa propria dell'uomo. È il modo deir« impossibile e tuttavia », e questa è la grazia.

Pericolo del cattolicesimo, annullare questo momento indubbiamente essenziale: per mezzo di'dogma, sacramento, dottrina del merito, autorità, identificazione tra Chiesa e regno di Dio ecc. Tendenza a raggiungere in questo modo una sicurezza sistematica. Presunzione dell'uomo e proprio per questo mancanza di libertà.

Il protestantesimo vuoi superare questo pericolo, nel quale vede l'essenza del cristianesimo cattolico. A tal fine elimina in linea di principio

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l'elemento che definisce il cristiano e il criterio per misurarlo. Tutto rimane sempre nella libertà piena della decisione divina. A rigore di termini, non dovrebbe mai parlare d'una vera incarnazione, d'una vera rivelazione di Dio, d'una vera giustificazione per opera di Cristo, ma soltanto d'una possibilità di tutto questo. Che tuttavia lo faccia, ma non ne tragga le conseguenze, è la sua mancanza di veracità. Crea due sfere collegate fra loro da un rapporto assolutamente irrazionale e paradossale, e per il resto dalla felice incoererca della vita.

Ma che significa ciò se visto come critica e compito per il cristianesimo cattolico?

* Denominazione abituale, nei manuali o trattati, della teologia dei sacramenti (n. d. r.).

4.4.1945

Da una lettera:

... Lei domanda: « Se la libera volontà divina e umana vanno mantenute, come può il mondo essere eterno quale idea divina? Allora tutto si deve realizzare per necessità ... dunque anche il peccato ». ... In primo luogo si dovrebbe rispondere che l'« idea eterna » del mondo comprendeva soltanto la sua natura, il suo buon ordinamento, il suo sviluppo in rispondenza alla volontà di Dio, ma non il peccato, il male e la distruzione... Ma con questo la domanda sarebbe sol-

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tanto rinviata, perché lei risponderebbe: come può esistere il male e la distruzione che da esso deriva se Dio vuole il bene? Al che si dovrebbe rispondere: perché Dio vuole la libertà come culmine della creazione; ma nel tempo essa comporta la possibilità di scegliere fra il bene e il male... Lei porrebbe così la domanda alla sua radice: come può esistere la libertà finita, se la conoscenza divina tutto sa e la volontà divina tutto dispone?

Nella trattazione di questo problema si commette spesso un errore: si cerca di ridurre ad un unico principio il contesto complessivo di cui qui si discute e cioè il mondo e l'uomo in esso davanti a Dio, in una parola sola: l'esistenza. Ma l'attuazione di questo sorpassa le nostre possibilità.

Qui la Sacra Scrittura parla con molta semplicità. Troviamo frasi come: « Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita » (Dt 30, 19);

oppure, dalla bocca di Gesù: « Gerusalemme, Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, e voi non avete voluto » (Mt 23, 37). Con questo si dice, senza ombra di dubbio:

l'uomo, nella sua decisione, è libero; può agire -come vuole e in conseguenza da forma al proprio destino. Ma la stessa Sacra Scrittura contiene anche frasi come: « Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla » (Rm 9, 15). Oppure la parola di Gesù: « Per questo parlo

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loro in parabole, ... perché il cuore di questo popolo si è indurito, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani » (Mt 13, 13-15). Ma con questo tutta l'iniziativa è posta in Dio e l'uomo la deve accettare... Tutto ciò vuoi dire: qui c'è una totalità, che viene vista ora dalla parte dell'onnipotenza di Dio, ora dalla parte della libertà dell'uomo. Entrambi i punti di vista sono giusti: però non è possibile mediante il pensiero riportarli all'unità, poiché questa sta nel mistero di Dio.

Considerando il problema dal punto di vista teorico, si arriva al medesimo risultato. Una volta un uomo di genio risolse un problema di matematica molto difficile, sul quale verteva la discussione, nel senso che egli dimostrò il motivo per il quale non lo si poteva risolvere. Qui abbiamo la stessa situazione nella sua forma assoluta. In teoria il problema della relazione reciproca esistente fra i due princìpi dell'onnipotenza di Dio e della libertà dell'uomo non si può risolvere, in quanto per farlo si dovrebbero ridurre « le due grandezze » a un denominatore comune, e tale denominatore non esiste. Invece si è costretti a inserirci volta per volta nel punto in cui prima l'uno e poi l'altro dei princìpi diventa evidente e a riconoscerli entrambi. Dio è realmente l'onnisciente e onnipotente, perché ciò è insito nella sua essenza eterna; l'uomo è in realtà libero e responsabile, perché così è la natura che Dio

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gli ha dato. Dunque, ricorrendo a un'immagine figurata, per il nostro pensiero la totalità dell'esistenza ha non uno, ma due centri, non è un cerchio, bensì un'ellisse. A monte di questi due punti si risale fino a qualcosa di ultimo, che per noi è irraggiungibile. Appena si cerca di venire a capo del problema in linea teorica, o s'esclude la libertà dell'uomo e s'arriva al fatalismo, o s'esclude l'onnipotenza di Dio e si giunge a un Dio che si limita a star a guardare come nel deismo. In entrambi i casi, ne risulta distrutta la verità viva.

Dunque, in questo caso abbiamo a che fare con uno di quei problemi che ci si presentano non per essere risolti, ma per essere subiti e vissuti. Si tratta soltanto di vedere con quale spirito esso venga sopportato e vissuto e ciò dipende dal vedere o no dov'è il significato ultimo della rivelazione. Però al riguardo abbiamo enunciazioni determinanti, come nella frase secondo cui « Dio è amore » (1 Gv 4, 8). Queste enunciazioni non risolvono il problema dal punto di vista teorico, ma ci forniscono l'assicurazione che si risolvono in Dio in un modo infinitamente positivo, il modo dell'amore. E che noi comprendiamo questa soluzione in un modo vivo, con lo spirito che apprende dal cuore, nella misura in cui osiamo farlo con l'amore.

Certo lo stato del mondo e di noi stessi è tale che la rivelazione che Dio è l'amore, dobbiamo crederla calandoci nell'esistenza in un supera-

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mento continuo, nella fiducia che alla fine si dimostrerà vera. Perciò Giovanni dice: «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede » (1 Gv 5, 4).

Naturalmente l'argomento non s'esaurisce con quanto s'è detto finora. Ma forse si è chiarito di che cosa si tratti: non è possibile avere la falsa pretesa di arrivare a soluzioni logiche unitarie, ma si deve partire dalla realtà messa in luce dalla rivelazione. Il mistero che vi si chiarisce va accettato e ci si deve affidare ad esso nell'amore. In caso di obiezioni, vale il versetto pure giovanneo, secondo cui noi « dobbiamo fare ciò che dice Gesù e poi riconosceremo che ciò è dalla verità »... *.

* Citazione a senso di Gv 8, 31: « Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità » (ft.d.r.).

9.4.45

DAI « PAROCHIAL AND PLAIN SERMONS » *

di newman, volume i.

Nella predica: « La santità è necessaria per la futura beatitudine », p. 4 s., Newman sviluppa il bei pensiero che l'uomo dev'essere santo per diventare partecipe del cielo, dato che questo stesso è santo. Chi s'oppone a Dio non si troverebbe affatto bene in cielo.

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Ma questo pensiero lo sviluppa per mezzo di un'immagine che suscita perplessità. Dice: « Infatti il ciclo non somiglia a questo mondo, ma vi voglio dire a che (luogo o stato) somiglia di più:

a una chiesa ». Con questo io non posso concordare. Il cielo non sta all'esistenza nel suo complesso nel medesimo rapporto dell'ambiente della chiesa alla vita in generale. Nella chiesa s'esercita l'elemento religioso inteso nel suo senso particolare e diretto: l'adorazione immediata di Dio, che altrimenti non avviene e neppure può avvenire in una vita realmente cristiana, perché le altre cose hanno il diritto conferito loro da Dio alla nostra attenzione e alle nostre energie. È un errore equiparare l'elemento religioso, la pietà in genere, all'adorazione specifica e diretta di Dio. C'è pure quella generale e indiretta, che consiste nell'attuare con giusto spirito tutto quanto racchiuse in sé l'ordine di dominare il mondo, quale immagine di Dio.

La vita eterna non sarà semplicemente una grande chiesa e una liturgia continua — per quanto, ovviamente, in un senso particolare, questa immagine abbia la propria ragion d'essere, vedi l'Apocalisse —, ma la vita eterna trarrà l'intera esistenza a Dio. Il concetto fondamentale sul quale Paolo e anche Giovanni costruiscono il concetto della vita eterna è quello del mondo. La vita eterna è la nuova creazione rinata in Dio. Vi sarà inserita dentro l'intera esistenza dell'uomo, con tutte le sue sfere, forze e valori, se e nella mi-

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sura in cui, direttamente o indirettamente, era rivolta a Dio.

* New edition, Rivington, London, Oxford & Cambridge 1869. Nella tr. it. Sermoni anglicani (scelta), Jaca Book-Mor-celliana, Milano-Brescia 1981, non figura il discorso qui citato da Guardini [n. d. r.).

9.4.45

DAI « PAROCHIAL AND PLAIN SERMONS », DI

newman, volume il.

Credere senza vedere, p. 22.

«... Secondo il giudizio di san Paolo la fede è la sostanza o il rendersi conto {thè realizing) delle « cose che si sperano », « la prova », o... l'agire secondo la credenza nelle «cose viste» [Eb.

11,1J*.

L'atteggiamento cristiano è convinto d'avere luce a sufficienza — molta più di quanta sia autorizzato a sperare un peccatore —, quando di volta in volta vede un passo (sulla strada) davanti a sé; e lascia tutta la conoscenza del paese che attraversa a colui che l'ha chiamato ».

Nella stessa predica Newman attira l'attenzione sul fatto che il Signore dice a Tommaso:

beati coloro che non vedono e tuttavia credono... [Gv 20, 29]. Tommaso avrebbe potuto ribattere che tutti gli Apostoli avevano creduto soltanto dopo avere visto.

In connessione con questo fatto, m'è venuta

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l'idea che le chiamate alla fede e all'azione cristiana siano di tipo diverso. Gli altri Apostoli avevano dovuto credere dopo avere visto tìsicamente Cristo risorto; Paolo dopo averlo incontrato in una visione; Tommaso doveva credere senza vedere, soltanto sulla base della testimonianza degli Apostoli, ma ciò significa nel modo stesso in cui dobbiamo credere pure noi. Per lui i messaggeri della fede dovevano essere gli altri Apostoli ed egli doveva essere il primo di coloro che avrebbero creduto al messaggio.

Un concetto importante, mi sembra. Il momento della proclamazione, della fede nella tradizione, nella parola della Chiesa, incomincia già nella cerchia degli Apostoli stessi. Ma il fatto che Tommaso non lo abbia riconosciuto e voluto, gli ha fatto perdere quell' 'essere beato' che gliene sarebbe derivato.

* Seguiamo la tr. it. dai citati Sermoni anglicani, p. 17 in.d.r.}.

10.4.1945

Tentativo di delineare i tratti essenziali del platonismo non storico, ma assoluto.

1. Per il pensiero platonico gli elementi fondamentali dell'esistenza non consistono in atomi privi di proprietà, ne in princìpi astratti, ma in forme. Queste forme non si possono scomporre,

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ma soltanto incontrare, scorgere, penetrare.

Però questo si può fare realmente ed effettivamente. La conoscenza comprende le forme, o le cose e gli avvenimenti in esse; l'azione si regola secondo esse; l'esistenza si basa su di esse.

2. Le forme incontrate nelle cose non sono di per sé ancora la realtà ultima, ma a loro volta sono fondate su qualcosa di ultimo, l'assoluto. Così si attestano nell'esperienza diretta e così le rivela l'analisi.

Quindi rimandano al di là di sé all'assoluto. Ogni forma genuina trova la sua giustificazione nell'assoluto. In ciascuna appare l'assoluto. Tutto ciò che è ha carattere di simbolo.

3. Tutte le cose sono fondate al di là e sopra * di sé. Non si possono costruire dal basso verso l'alto, ma si devono accogliere, prendere in carico e responsabilità dall'alto.

Questo vale particolarmente per l'uomo. Esso esiste, per così dire, al di là di sé verso il basso e al di là e sopra di sé verso l'alto. Questa relazione determina la sua essenza.

4. L'assoluto non è soltanto essere, ma anche, anzi in primo luogo, valore, perfezione: è « il bene ».

Ancor più: ha un carattere religioso: è il nu-minoso, il santo.

5. Il rapporto fondamentale con ciò che è, è l'amore. Esso contiene anzitutto il rapporto con la forma, poi quello con il valore, infine quello con il sacro.

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La verità si schiude solamente nell'atteggiamento d'amore; solo a questo obbedisce la realtà;

la fecondità si apre soltanto ad esso.

6. Questo rapporto fondamentale con l'essere non è un dominare e usare, ma un dar figura, liberare, aiutare a uscire, un crescere, colmarsi di senso, realizzarsi.

Soltanto l'uomo formato nel modo giusto arriva al giusto rapporto con la conoscenza, viceversa la giusta conoscenza si traduce in formazione o cultura.

7. Le forme archetipe, in cui l'assoluto si specifica in dirczione del condizionato, sono le idee. Esse sono sia immagini che potenze. Sono presenti nelle cose e ne formano il piano costruttivo, ma operano anche in esse.

Vita spirituale vuoi dire entrare in collegamento con esse, obbedire ad esse, aprire la strada al loro potere (la bellezza).

Il pensiero platonico ha anche pencoli specifici:

1. Perdere il corpo e con ciò l'uomo; diventare spiritualistico o addirittura dualistico.

2. Perdere il concreto; cadere nell'astratto, nell'estenuazione idealistica.

3. Perdere la storia, cadere nel mero metafisico o mistico o estetico.

4. Perdere l'umiltà, e, movendo dalla specifica relazione platonica con l'altezza, diventare altero.

5. Non trovare l'amore per l'uomo così com'è, diventare privo di humor.

Nell'era moderna si notano due tendenze, che

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nascono e crescono contemporaneamente, singolarmente stanno in contrasto fra loro e tuttavia manifestamente si condizionano a vicenda.

Anzitutto: l'uomo si stacca da Dio e pretende per sé indipendenza e autosufficienza. Tutto l'atteggiamento s'inasprisce fino all'aspirazione a destituire Dio, a rimuoverlo, anzi infine, secondo la parola di Nietzsche, ad « ucciderlo »... Però, nel contempo, l'uomo medesimo degrada se stesso;

cerca di dimostrare con tutti i mezzi di essere soltanto un frammento della natura, di discendere dall'animale, di essere fatto di materia.

La dignità dell'uomo rimane preservata al di là e al di sopra di lui. Egli vive, in ultima istanza, non da sé, ma, per così dire, discendendo dall'alto. È « immagine » per natura. Appena lo nega e si stacca da Colui di cui è immagine, perde il punto di riferimento della propria natura, il proprio onore e l'unità di misura della propria esistenza.

Allora « Dio li ha abbandonati a passioni infami... » (Rm 1, 26).

* Vber in tedesco, che assume entrambi i significati (n.d.r.).

23.4.1945

A fondamento della trattazione del carattere della teologia si propone come un assioma la frase: Non esiste una scienza delle realtà singole.

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Anzitutto: l'assioma è esatto soltanto se al termine « scienza » si attribuisce un determinato senso, cioè la comprensione dell'universalmente valido, come avviene nella forma più perfetta con la matematica. Ma l'epoca moderna ha riconosciuto che pure il concreto può costituire l'oggetto della conoscenza ordinata. La scienza è lo sforzo di studiare un determinato ambito d'oggetti con il metodo a esso adeguato ed esiste pure quella che si occupa del corso della storia e, nel suo ambito, della personalità concreta e della sua vita.

Considerazioni analoghe valgono per la teologia. Il suo oggetto ha aspetti che presentano un carattere di universalità: essenze, ordinamenti ecc. Ma il suo oggetto ne ha pure — e soprattutto — che presentano il carattere del « singolare », della unità concreta: Gesù Cristo vivente, Dio che si rivela in lui, la storia della salvezza condotta da Dio, la Chiesa come forma particolare indeducibile, il destino finale degli uomini. Secondo la Scolastica, la teologia elimina da tutto ciò l'irripetibile concreto, limitandosi a cogliere le connessioni esprimibili con giudizi universali. Però in tal modo assume un carattere che si differenzia sì dalla filosofia, per la forma in cui si da l'oggetto (rivelazione e autorità) e per la sua sovraconcettualità, ma che, per il resto, con essa si trova nel rapporto del gradino più alto rispetto a quello più basso... Tuttavia in verità il « singolare », vale a dire il concreto irrepetibile, è qualcosa che non si può tralasciare togliendolo dall'oggetto del-

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la teologia. Anzi, proprio in esso sta l'elemento peculiare: che Dio non è soltanto l'Essere assoluto, ma Egli Stesso; che Cristo non è soltanto la realizzazione dell'umanità di Dio, ma l'irripetibile storico ecc.

Dunque dev'essere! anche un metodo teologico che cerca di cogliere e illuminare proprio tale momento. Questo compito è urgente appunto oggi. (Vedi il mio saggio Dos Wesen des Chri-stentums} *.

* Tr. it. L'essenza del cristianesimo, Morcelliana, Brescia 19815 (». d. r.}.

23.4.1945

Se la scienza è ciò che questo termine significa nella sfera naturale, allora la teologia in assoluto È una scienza? La risposta viene resa più difficile dal fatto che di regola la « scienza » è considerata l'unica forma valida di conoscenze ordinate. Dunque se vuoi essere una tale conoscenza e precisamente la più alta e importante, la teologia deve essere appunto una scienza... Inoltre soggettivismo, pragmatismo e teorie dell'esperienza vissuta [Erlebnis~\ d'ogni genere hanno risposto alla domanda in modo tale da renderla sospetta a priori. Tuttavia esiste.

Non si dovrebbe costituire per la teologia una

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categoria propria di conoscenze, che ne esprima il carattere qualitativo? Come si presenterebbe ad esempio quello sforzo metodico di conoscenza che apre e assicura lo spazio entro il quale la rivelazione può parlare liberamente, pienamente e senza doversi in alcun modo adeguare a unità di misura terrene?

24.4.1945

Sul QUADRUPLICE SENSO DELLA SACRA SCRITTURA.

1. letterale o storico; 2. allegorico o spirituale

(riferimento dell'Antico Testamento a quello Nuovo); 3. tropologico o morale; 4. anagogico o mistico (riferimento del mondo terreno a quello eterno).

Il concetto deriva dalla giusta convinzione che la parola di Dio, come espressione di verità eterna, ha strati di significato che corrispondono alle stratificazioni ottiche dell'esistenza nella fede.

Ma come si può trattare in modo attendibile di queste stratificazioni? Sotto l'aspetto storico il metodo dei vari sensi della Scrittura è stato un mezzo per procedere dalle enunciazioni concrete della Scrittura stessa a una teologia sistematica. Al di là di questo, era una forma di devota inter-pretazione non impegnativa, con la quale chi meditava allacciava più o meno al testo pensieri reli-

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giosi. Ma che non esista anche una seria utiliz-za2Ìone del pensiero?

24.4.1945

INTRODUZIONE

« Tratteremo di Dio; del movimento della creatura razionale verso Dio; di Cristo che per noi è la via a Dio ». Con questo ecco in grandi linee lo schema della teologia e precisamente nella forma d'un sistema astratto.

Però qui si fa astrazione completa dalle vie reali che la conoscenza nella fede segue storicamente e, il più delle volte, individualmente. Cioè non parte da « Dio », ma da Cristo. Soltanto attraverso lui si chiarisce chi sia Dio, come pure soltanto da lui si chiarisce cos'è l'uomo e il mondo. Potrebbe sembrare una questione puramente formale; in verità da questo dipende l'intero carattere della teologia. La via che si percorre decide sul problema se la teologia si struttura come un sistema astratto, costruito secondo il tipo filo-sofico, o come un chiarimento di quella realtà e di quell'evento, se appare nel processo concreto della rivelazione e se viene attestata dalla Sacra Scrittura.

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28.4.1945

Si discute sul problema se « Dio sia conosciuto di per se stesso » o se invece lo si debba scoprire. Conosciuti di per se stessi sono gli assiomi logici, dei quali non si può pensare che non siano. Ma di Dio, prosegue il ragionamento, si può pensare che non c'è. Come prova di ciò si cita il salmo 52 (53), 2: « Lo stolto pensa, 'Dio non esiste' ».

Si può pensare veramente che Dio non esiste? Lo si può affermare; ma si può realmente attuare il suo contenuto? Se ne può essere convinti? Credo di no. E per quanto riguarda la parola del salmo, a torto la si adduce come prova, perché non ha il significato d'un'enunciazione, ma d'una espressione di rivolta. È un atto della volontà o sentimento, rivestito d'una forma logica.

Noi siamo finiti e tutte le cose attorno a noi lo sono. L'esperienza di questa finitezza costituisce la base della nostra consapevolezza dell'esistenza. La finitezza viene colta immediatamente come qualcosa che non ha il fondamento in se "stessa, ed ora ci si può domandare: non è altro che questo? La finitezza non è sperimentata senz'altro come un 'essere stato creato'? La creaturalità non è una qualità fondamentale di tutto l'essere a noi accessibile? E con la creaturalità non si da senz'altro anche l'azione di colui che crea? Non è forse questa constatazione di fatto che la lettera ai Romani intende quando dice in 1, 20 che dalla crea-

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zione del mondo in poi « le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto-nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità »?

Una frase come quella sopra citata la Scrittura non giungerebbe a esprimerla. Neanche Agostino... L'affermazione che Dio non esiste l'uomo la può pronunciare non nella forma d'una convinzione, ma soltanto in quella d'una ribellione.

Va aggiunta un'altra osservazione. Verosimilmente noi non potremmo cogliere in atto nessun contesto significante, nessuna verità, se internamente dal Logos, per il fatto d'essere stati creati, non ci venisse infusa la consapevolezza del senso delle cose. Se continuamente, anche senza saperlo, non sperimentassimo il contatto del senso eterno. È ciò che Agostino chiama Vinfluentia lucis aeter-nae.

La vera alternativa non è: o Dio è conosciuto di per se stesso, come gli assiomi, oppure Egli dev'essere dimostrato per deduzione; ma invece esistono anche altre forme del darsi, che sono date con la natura della stessa finitezza e che si possono cogliere con immediatezza appena l'uomo non vi s'oppone. Tra queste rientra l'esistenza di Dio.

. 28.4.1945 Risultato della discussione: il riconoscimento

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che Dio esiste costituisce un presupposto della fede. Questa deriva a sua volta per deduzione naturale dalla conoscenza delle cose del mondo... È vero?

L'enunciazione respinta più sopra: si può affermare che Dio non esiste, e quella fatta qui: il riconoscimento di Dio è una questione di deduzione naturale, sembrano appartenere entrambe allo stesso genere e condizionarsi reciprocamente.

Per contro: non è possibile affermare con convinzione che Dio non esiste. D'altra parte: il riconoscimento di Dio deriva da una percezione di fondo religiosa immediata, che si basa sul carattere di creaturalità delle cose e sulla presenza di Dio nelle cose, ma soprattutto sulla propria interiorità recettiva. Si può nascondere l'esistenza di Dio soltanto per ribellione, ma non negarla per convinzione e, se ammessa sinceramente, essa forma già l'inizio della fede... Diciamo meglio con Agostino: appena l'uomo è disponibile e quindi credente nella volontà, si sprigiona quella percezione fondamentale, per poi liberarsi sempre più, -quando c'è e cresce la fede vera. Se mancano la disponibilità e la percezione fondamentale, tutte le dimostrazioni possibili non servono a niente.

30.4.1945 L'articolo è d'una chiarezza classica. Contiene

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cinque dimostrazioni DI dio: quella dal movimento, cioè dal divenire e cambiare; quella dalla causalità; quella dall'esistenza del non necessario; quella dai gradi del valore e dell'essere;

quella dalla teleologia.

Palesemente la quarta non rientra nel gruppo, in quanto fa parte d'un tipo di pensiero diverso, quello platonico-agostiniano. Ma le altre quattro si possono ridurre tutte a una sola, cioè alla dimostrazione di Dio dalla causalità.

Ora si dovrebbe aggiungere un secondo gruppo di dimostrazioni di Dio, cioè quello dall'essenza di ciò che è valido: quella ideologica dal carattere della verità, quella nomologica da quello dell 'obbligatorietà.

Esse rappresentano un tipo a sé stante e procedono all'incirca così: nel dato contingente, ma che contenga un significato, si coglie l'essenziale-necessario. Questo essenziale-necessario si riconosce direttamente come assoluto. A sua volta questa assolutezza rimanda al puramente e semplicemente assoluto. Quando il concetto di puramente e semplicemente assoluto è stato meditato bene nelle sue conseguenze, subito si arriva al Dio spirituale-personale.

Poi un terzo gruppo, difficile da formulare, ma che oggi è di pressante necessità. Viene proposto dalla morfologia, la quale dice che l'esistenza intera è determinata da forme innumerevoli che s'intessono fra loro. I processi non possono essere composti di momenti singoli, ma vengono sorretti

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da forme le quali li abbracciano dall'alto e collegano fra loro elementi apparentemente disuniti. Per esempio il ragno e la sua predisposizione organica; il punto d'appoggio che esiste indipendentemente da lui e al quale può attaccare la ragnatela e che non impara a conoscere per esperienza e educazione, ma che domina a priori; le correnti d'aria, le condizioni di luce date volta per volta ecc.; la forma d'organizzazione, la forza, le forme di vita delle prede che vuole catturare. Tutto ciò costituisce un complesso preordinato... Oppure la rappresentazione straordinariamente istruttiva fatta da Buytendijk, della lotta della mangusta con il cobra ', dalla quale risulta chiaro come il singolo movimento dell'animale che lotta, non stia nel rapporto di conseguenza o di riflesso rispetto a quello dell'altro,- ma formi con esso quasi un movimento complessivo, che termina con la sconfitta d'uno degli ammali.

Qualcosa d'analogo si rileva anche nell'uomo. In esso si trova predisposta una forma dell'esistenza, in base alla quale soltanto si realizza la sua natura. I punti di riferimento della forma dell'esistenza sono l'uomo stesso, le cose, gli altri uomini e infine Dio. Naturalmente Dio non è soltanto un fattore nella forma, ma il creatore d'essa. Dunque, per meglio dire, ha creato l'uomo in modo che la forma della sua esistenza s'estenda

1 F.J.J. buytendijk, Wege wm Verstandnis der Tiere, s. d., pp. 188 ss.

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da lui alle cose e agli altri uomini, ma anche e in assoluto a Lui stesso. Agostino ha espresso in un modo classico questo concetto con una frase posta all'inizio delle Confessioni: « Per tè, o Dio, ci hai creati »... Però le forme non soltanto esistono, ma hanno un potere. Si fanno valere, come Agostino ha detto con queste parole: « Perciò il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Tè ». Questo non si deve prendere in un senso universale morale. Si tratta d'una inquietudine ontologica; della forza della forma, che dall'interno preme e tende alla perfezione, e la può raggiungere soltanto conseguendo la sua vera mèta, cioè Dio, attraverso il giusto rapporto con lui... Questo stimolo conduce dal punto di vista teoretico al giudizio: Dio c'è; da quello pratico, a orientare la vita su di Lui.

Dunque il riconoscimento di Dio da parte dell'uomo non è un atto unilaterale di quest'ultimo. Quando l'uomo riconosce Dio, in ciò appunto si fa valere Dio stesso. È un processo bipolare; un tutto che si realizza, appunto una realizzazione delle forme. Ma si differenzia dalle forme che condizionano la vita animale, in quanto passa attraverso la libertà. L'uomo può impedirlo e distruggerlo.

Qui si dovrebbe far emergere con maggior precisione il modo in cui Dio sta in questo contesto, per controbattere l'obiezione che Dio s'inserirebbe in un ordine finito... Si dovrebbe anche ridurre l'intero sviluppo ad una formula teoretica

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chiara, che rappresenti il momento della dimostrazione.

Il procedimento di pensiero sarebbe importante non soltanto perché s'adegua alla problematica odierna, ma pure perché s'avvicina molto al pensiero biblico.

Al quarto posto andrebbe aggiunta la percezione immediata del numinoso: la presenza vivente di Dio nel mondo da lui creato; soprattutto nella propria interiorità, nella consapevolezza religiosa, nella coscienza. Qui soprattutto i pensieri di Newman.

Al riguardo mi sembra importante quanto segue: una convinzione reale dell'esistenza di Dio è possibile, se non si ammette un essere toccati da Lui? In ultima analisi, ogni rapporto genuino con Dio non si basa forse su un'esperienza originaria di Dio? Solo sarebbe necessario probabilmente allargare il concetto di « esperienza » nel senso che il tocco di Dio esiste non soltanto nella forma consapevole, ma anche nella forma inconsapevole, la quale però influisce permanentemente sull'atteggiamento consapevole. Con ciò si utilizzerebbero per la conoscenza religiosa importanti intuizioni della psicologia più recente.

Come quinto momento verrebbe quello della tradizione, in ultima istanza l'effetto successivo della rivelazione primitiva o dell'esperienza di Dio fatta nello stato originario, che ha messo inestirpabilmente radici nell'essere, è entrata nel lin-

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guaggio ecc. e si fa valere in permanenza, anche se il singolo non lo sa.

Al sesto posto si dovrebbero trattare le condizioni morali-religiose dell'atteggiamento dell'uomo : il problema delle condizioni della conoscenza concreta, trasferite in quella religiosa: come deve essere e si deve comportare l'uomo, affinchè l'organo coordinato in lui con l'oggetto divino si apra e possa ricevere? Con espressione biblica, il problema del « cuore puro ».

Infine come settimo il concetto che per Ne-wman ha un peso notevole, cioè il fatto che per il riconoscimento di Dio non importano tanto singoli ragionamenti ben delimitabili, quanto piuttosto un gran numero d'indicazioni dirette tutte nello stesso senso, un cumulo di verosimiglianze, una convergenza di linee di significato, che, quando vi si aggiunge l'esperienza personale, realizza la convinzione.

24.4.45

Assioma, movendo dal quale si costruisce la dottrina di Dio: « Cos'è Dio non si può sapere ». La frase è sicuramente giusta. Verità fondamentale di tutto il parlare corretto su Dio è la convinzione ch'Egli sopravanza le nostre capacità sotto ogni aspetto, anzi ch'Egli è essenzialmente mistero.

Ma questo è soltanto un aspetto di questa verità fondamentale. L'altro è: sapere, realmente

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avere intima consapevolezza di « cos'è una cosa », lo possiamo soltanto di Dio. Egli è l'essenzial-mente estraneo, l'assolutamente altro; ma è pure colui al quale tutto è affine, il prossimo nel senso più profondo, appunto « Egli ».

30.4.45

L'obiezione dice: « Non c'è bisogno di Dio, perché tutto ciò che di naturale avviene risale alla natura; tutto ciò che avviene mediante il volere risale alla libera volontà ». Qui si tocca il sentimento fondamentale moderno per cui la natura è appunto la realtà ultima. Tommaso risponde col commisurare la causa naturale alla categoria della causa assoluta, motivo per cui essa appare poi insufficiente.

Ma la locuzione che ha preso piede nel sentimento moderno dice: Ciò che tutto opera, carente e onnisufficiente, contraddittorio e unitario nello stesso tempo, è appunto « la natura » e l'ultima realtà. Logicamente un assurdo; però questo assurdo esprime un'esperienza fondamentale, che sostiene tutta l'era moderna e che non si può eliminare con argomentazioni logiche.

30.4.1945 « Su questa linea (cioè della causazione) non

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si può risalire all'infinito, perché allora non ci sarebbe nulla che dia il primo impulso al movimento (cambiamento) ».

Per Tommaso questa motivazione è evidente. Ma è importante vedere che fra il suo tempo e il nostro è intervenuto un cambiamento. L'esperienza vissuta moderna della natura s'è compiuta e il concetto della natura è entrato nel pensiero. Questa natura è un fenomeno sui generis, ch'è impossibile esprimere con enunciazioni logiche ineccepibili. È il compendio delle cose sperimen-tabili. Costituita da cose finite e tuttavia non limitabile. Ha determinate forme di manifestazione e misure e tuttavia è inesauribile. Le sue manifestazioni sono limitate, ma, quanto ad essa, non la si può racchiudere entro nessun confine. È finita-infinità, temporale-senza principio e senza fine...

Il logico chiama queste enunciazioni assurdità ed ha ragione. Ma esse si riferiscono a un'esperienza che si fa continuamente dalla fine del medioevo e non si può esprimere con enunciazioni ineccepibili. Tommaso ignora questo dato di fatto e ciò lo separa da noi.

Che cosa determina questa esperienza dal punto di vista religioso? Che il passo al di là della natura, che Tommaso considera obbligato, non è più tale se a colui che muove da essa si dice:

questo effetto qui risale a una causa; a sua volta, essa risale ancora a un'altra causa e così via, dunque ci deve pur essere una causa prima. Allora

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egli risponde: non è necessario. La natura è ciò che viene causato ovunque e tuttavia come un intero sta in se stessa... Il tentativo di giustificare questa contraddizione l'ha intrapreso Kant con la sua dottrina delle aporie dell'esperienza e con la separazione del dato nel mondo della natura, della libertà e dell'elemento religioso.

Fino a che punto questa esperienza vissuta è falsa? Per poterlo dire ci dovremo domandare prima cosa c'è in essa di giusto.

In ogni caso un modo particolare di prendere sul serio il mondo e la responsabilità dell'uomo per esso. A questa parte giusta si deve dare spazio; allora si vedrà meglio quella sbagliata. Probabilmente la radice di tutto sta nella volontà d'emanciparsi da Dio e di mettere e rinchiudere il mondo in se stesso.

30.4.1945

« Quello che è la materia, lo è in potenza ». Ciò significa che la materia è pura possibilità, para determinabilità. Invero di per se stessa non è un niente, ma neanche un qualcosa di qualitativamente nominabile. Tutto ciò ch'essa è lo riceve per mezzo della forma.

Qui sta l'elemento caratteristico della Scolastica .aristotelica: un mascolinismo estremo. Quali conseguenze, se si pensa che questa Scolastica determina tutto il pensiero ecclesiastico ufficiale e

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attraverso l'ecclesiastico tutto il pensiero occidentale in genere fin dentro l'era moderna.

11.5.1945

IL PUNTO DI PARTENZA METODICO DEL PENSIERO TEOLOGICO NELLA « SUMMA-».

Già dopo essersene occupato brevemente il lettore si domanda: da dove procede realmente questo pensiero? Come gli si da il suo oggetto? Dove lo trova? Come lo fissa in una forma giustificabile scientificamente e come lo sviluppa?

Secondo la dottrina della teologia recepita, le fonti del pensiero teologico sono Scrittura e Tradizione. Dunque starebbe a significare che volta per volta si verifica quel che dicono Scrittura e Tradizione e se ne sviluppa il contenuto secondo un qualche genere di punto di vista metodico. Ora è sorprendente come in verità Tommaso, a rigore, non consulti ne la Scrittura ne la Tradizione. Le frasi citate dalla Scrittura e dalla Tradizione sia negli apposita che nei fundamenta, sotto l'aspetto metodico sono del tutto accidentali. Non si cerca quel che dice la Scrittura nel suo complesso su quel tal problema e come la pensa la Tradizione al riguardo. Anzi dalle stesse frasi citate nemmeno si argomenta. Queste frasi hanno invece il carattere d'una copertura autoritativa e, a rigore, potrebbero anche mancare.

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Allora da dove viene attinta la materia? La risposta più approssimata è: dalla coscienza della Chiesa. Ma allora si dovrebbe stabilire scientificamente il dato del carattere di fonte inerente a questa coscienza e metterne in risalto metodicamente il contenuto. Dunque si dovrebbero citare le decisioni della Chiesa, si dovrebbe esaminare la coscienza della liturgia ecc. Anche questo non avviene.

Che cosa accade dunque? In verità la Summa lavora in modo del tutto ingenuo, partendo dalla coscienza di fede dell'uomo Tommaso d'Aquino, che, da parte sua, viveva della coscienza di fede della Chiesa e sapeva di avere in essa la norma. Però questo dato di fatto in sé non viene dibattuto.

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PARTE SECONDA

Pentecoste 1953

Ho già cercato tante volte di tenere un diario. Tante cose mi passano per il capo e incontro tante persone; ma la mia memoria è stata sempre scadente e sta diventando anche peggio. Così dovrei cercare di fissare alcune cose sulla carta. Però non ci sono mai riuscito a lungo. In sostanza a me la mia storia sembra insignificante.

Oggi ho incominciato a leggere il Journal * di Julien Green, inviatemi dalla signora M. Rol-land. Qui m'è ritornata l'idea e voglio fare un altro tentativo. Forse dipende dalla forma: trovare quella mezza misura del sempre-possibile che si possa proseguire senza gravare troppo la giornata.

Oggi ho letto in « Hochland » un articolo di CI. Miinster su Die 'Fernilbertragung des Mess-opfers [La trasmissione televisiva del sacrificio della Messa]. Un vero grido d'allarme. Quindi ho telefonato per dire se su ciò non si debba pubblicare un lavoro più ampio, diretto da laici, che chiarisca di che cosa si tratta.

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Talvolta ho la sensazione che nella mia vita stia per finire un altro capitolo. Che non mi debba far nominare professore emerito e rendermi libero per lavori più spontanei? Che abbia dovuto rifiutare l'incarico del Consiglio d'Europa per i colloqui romani, poi l'invito di La Pira a Firenze e infine la conferenza all'assemblea generale degli « Hùttenleute » a Dùsseldorf, propriamente non è stato giusto. Ma la mia salute non consente le due cose, università e questo.

Chissà, forse la prossima primavera.

Forse in connessione con i progetti dell'Oratorio per Mùnchen-Gern?

Questa Pentecoste non sono a Rothenfels... Che qui tutto si dissolva o SÌ annodi qualcosa di più saldo? Anche questo sta in relazione con il problema del «capitolo».

Ieri sera grande gioia per le Très riches henres du Due de Berry, vale a dire ai fogli di Poi de Linmbourg. L'eleganza e nel contempo l'intensità del medioevo francese.

* In lingua italiana v'è Verso l'invisibile (Diario 1958-19K6), Rusconi libri, Milano (n. d. r.).

Lunedì di Pentecoste 53

Questa mattina stato al Giardino inglese. Nella parte verso nord. Era una meraviglia, tutto quel verde nuovo, ancora giovane prima dell'esta-

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tè. I prati pieni di fiori, non ancora falciati. Il rigogolo mandava il suo richiamo.

Che presenza un albero come quello! È ogni volta un mondo; scende in profondità, sale in alto, s'espande in ampiezza nello spazio. È calmo e vive.

Sono stato lungamente a sedere su una panchina e a meditare sulla mia conferenza in commemorazione di Bernardo di Chiaravalle.

Nel pomeriggio ho provato a dettarla e mi sono completamente confuso. Piuttosto demoralizzante. Parlare su un singolo momento della Divina Commedia è difficile. Si deve presentare sempre il tutto. Credo che in letteratura una tale forza gigantesca d'unità esista quest'unica volta soltanto.

26.5.53

Quanto più invecchio, tanto più s'approfondisce il mistero in tutto. Anche nella fede. Uno in particolare: perché Dio ha creato il mondo?

Ma succede anche un'altra cosa: il mistero diventa abitabile.

Venerdì scorso parlato sul pensiero che avevo esposto il 6.1 all'incontro organizzato per il 50° compleanno di Heinrich Kahiefeld: il movimento liturgico prima ha attraversato la fase restaurativa (Solesmes); poi quella accademica (Maria-Laach, Beuron, Società accademica); poi quella

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realistica (Rothenfeis, Oratorio di Lipsia, Klo-stemeuburg); adesso entra in quella pedagogica:

che l'uomo odierno possa in assoluto afferrare la sostanza reale dei testi e delle rubriche tramandati?

Dal 1950 ho davanti a me la vecchia copia (perché tale è; ma antica) della Madonna medioevale francese. Soltanto queste hanno in sé l'unità del regale, del sacro e del bello. Ogni volta, guardarle è una gioia.

27.5.53

Oggi è sfato qui il vescovo Enrique Rau di La Piata (Èva Perón), Argentina. M'ero già dichiarato disponibile ad andare da lui; ma ci ha tenuto ad essere qui di persona. Il colloquio è stato buono, con il lieve imbarazzo che deriva dal conversare superando così grandi differenze di situazione.

Osservo che sono un uomo vecchio e noto. Prima, quando ancora dovevo farmi un nome, era più. bello.

Ma per me un vescovo è sempre una personificazione dell'autorità ecclesiale venerata di tutto cuore. È bello poter onorare l'autorità legittima. A coloro che non lo fanno manca una cosa essenziale.

Ieri sera, conversando sullo scritto programmato presso il dr. Mùnster, ho riacquistato la consapevolezza di quanto sia libero lo spirito cristiano.

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Non nel senso esteriore; qui lo spazio è molto angusto; ma interiormente, o meglio ontologicamente, in quanto esso si muove nella verità delle realtà dell'esistenza che si manifestano nel modo giusto. Rendersi conto reale di questo è un passo importante.

La regina d'Inghilterra ha rifiutato di far trasmettere per televisione l'atto sacramentale vero e proprio dell'incoronazione. Una consolazione preziosa nel nostro tempo dominato dalla volgarità e dalla meccanizzazione. Con ciò mantiene all'avvenimento la sua sacralità e efficacia.

Questa è una vera donna e una vera regina.

E che lezione per gli attivisti cattolici. Ma non la raccoglieranno.

Leggo con ordine e continuità Th. Mann. Adesso per l'appunto il volume dei racconti più brevi.

Lo ammiro, e mi ripugna.

Ieri sera è stato qui P. Pius Duployé. Rivederlo è ogni volta una gioia.

Parlato di tante cose. Soprattutto del « Foyer Jean Christophe » che la signora Rolland vuole organizzare in casa sua. Deve servire allo scambio d'idee tra studenti francesi e tedeschi ed essere diretto da un comitato delle università di Parigi e di Monaco. Un'idea molto bella; l'attuazione dipenderà da colui solo che vi si impegna. È sempre uno, che fa il bene effettivo.

Questa sera avuta la visita del console generale italiano Luigi Silvestrelli.' Un uomo molto prudente, interessato e simpatico. Parlato special-

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mente del protestantesimo, che a lui, cattolico italiano, appare singolare.

Venerdì, 29.5.53

Finalmente dettata la minuta della conferenza commemorativa di Bernardo — 800 anni dalla morte —: sulla sua figura nella Divina Commedia. Ancora molto da fare in proposito.

Questa sera al film L'ultimo week end di Rene Clair. Non molto buono. L'atmosfera d'incubo, che dovrebbe dominare, non viene fuori. E ciò che salta fuori viene guastato dalla sincronizzazione, che conferisce a tutto l'insieme il timbro della filodrammatica.

Chi oggi si facesse ancora qualche illusione sulle capacità culturali del pubblico che frequenta il cinema, dovrebbe badare a come ride. È incapace di distinguere, ottuso nei confronti delle finezze e deciso a non farsi toccare da niente di serio.

Questa notte ho sofferto d'asma. Mi lasciava in pace da più di due anni, ora è ritornata.

È brutta. Ogni malattia si potrebbe considerare come una prospettiva sull'uomo, certo più in negativo. In ogni malattia, intendo nelle più importanti, per così dire essenziali, l'uomo appare nella veste dell'esser minacciato, di quell'esser minacciato che manifesta qualcosa di particolare nella sua essenza.

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L'asma è un'angustia, una restrizione pur in mezzo alla vastità dello spazio. C'è aria ovunque, ma colui che viene così oppresso e costretto non ne riceve. È nell'uomo la ristrettezza...

Tanto più mi rallegra adesso una corona del rosario che ho acquistato ieri: perle sfaccettate azzurro pastello e filigrana d'un bei grigio.

L'azzurro è sempre gioia. L'azzurro ristora.

Domenica, 31 maggio 1953

Ci sarebbero tante cose da scrivere. Questa è la difficoltà di tenere un diario quando non se ne vuoi fare una cosa importante. Che cosa si deve scrivere, quando non si vuole che diventi un peso a tal punto da dover smettere dopo qualche tempo?

Devo ancora trovare la forma.

Questi giorni è ricomparsa l'asma; l'ho già detto. Però ieri sera ho fatto un'esperienza singolare. Ero alla compieta e quando ho pronunciato le parole dell'orazione: Visita quaesumus, "Domine, habitationem isiam, l'oppressione s'è risolta. C'è chi vorrebbe parlare di casualità; ma la vita è una totalità. In questo momento si sono incontrate le due cose, ed è stato un impulso nella struttura complessiva, ed è riuscito molto consolante.

Credere con riferimento alla propria vita significa vedere sempre il tutto.

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È una correlazione pure il fatto d'entrare nell'ambito vitale d'un uomo e che poi accada qualcosa di corrispondente nella propria vita.

Nel libro di Werfel * avevo letto di Bernadet-te, la quale appunto aveva sofferto tanto terribilmente d'asma. Allora s'è risolta la mia, e s'è aperta anche la chiusura di quanto sta in superficie, e s'è fatta presentire la realtà sacra-autentica.

Non si deve pensare tutto in modo grossolanamente causale ne in senso positivistico ne in senso soprannaturale. È un tutto, provvidenza, esistenza cristiana collegata dal fondamento della grazia. In un momento così si vede un tratto nella grande trama della sacra totalità.

Oggi in S. Luigi ho cercato di chiarire, di chiarire almeno un po', quello che per me diventa sempre più il punto dello scandalo e della fede:

perché Dio, il Signore, che non ha bisogno di nulla, ha creato il mondo fino a diventare uomo;

fino alla partecipazione più singolare, profonda, eterna... Il contenuto della rivelazione! Se si comprendesse questo, no, perché qui non c'è un comprendere; se vi ci si potesse metter radici, sarebbe tutto bello. Tutto.

Forse riesco a sviluppare la spiegazione del Padre nostro, cui sono dedicati i miei sermoni domenicali, fino a farne un « manualetto della fede ». Senza la costrizione del sistema, e però che contenga tutto l'essenziale.

Talvolta penso che dovrebbe essere una libe-

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razione meravigliosa poter dire: non devo più scrivere niente. Basta.

Ma non va. Lo sforzo più grande è ancora da fare: l'etica; la grande dottrina della fede, il libro sulla rivelazione; le meditazioni sulla Chiesa, i dieci comandamenti e la preghiera del Signore... E poi ci sono le lezioni sulla Divina Commedia e la raccolta in libro di letture su Dio...

Che vita sto conducendo... Sempre soltanto parlare e scrivere... E, dietro, quel che ne è il prezzo.. Ma un giorno diventerà pur tutto chiaro e la vita potrà incominciare.

* Tr. it. F. werfel, Bernadette, Mondadori, Milano 19638 (n. d. r.).

Lunedì, 1° giugno 1955

Non è passato tanto tempo da quando m'è venuta l'idea che Dio ha un nome e che questo nome suona: « Colui che è ». L'essere, esse, essen-" za e realtà, appena lo si prende nel suo significato pieno non è più un concetto universale. È un. nome, il Suo. Se qualcuno — stoltamente — domandasse: cosa c'è? Cos'è? Semplicemente? La risposta sarebbe: Dio. Quali conseguenze e quale compendio di tutte le preghiere: « Sorgi, o Signore, in me! ».

Oggi è stata una brutta giornata. Dopo avere scritto quel che precede, lo stato depressivo, che

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era già incominciato, è peggiorato rapidamente sempre più. Come un dissolvimento intcriore e anche fisico. Lavorare era impossibile. Tutto sembrava insensato. La cosa è continuata anche dopo il riposo pomeridiano. Che cosa avrei dato per non dovere andare all'università! La lezione è stata una violenza; come sia andata non lo so. Dopo ho notato un miglioramento. La sera sono andato a vedere un film italiano: Quattro passi tra le nuvole. Mentre ritornavo a casa, è passata una ragazza, cantando con una bella voce da contralto.

Per me giorni come questi non sono molto rari. Giorni brutti.

Mercoledì, 3 giugno 53

Domani è la festa del Corpus Domini. Da quando mi ricordo, il culto dell'Eucaristia — non la Messa — mi crea difficoltà. Non comprendo il risalto che gli si da, la fissazione.

Che cosa significa la festa dell'Eucaristia? Ogni Messa è pur una festa. Come si può celebrare la festa d'una festa? Invece l'evento dell'istituzione si celebra il giovedì santo, con molta discrezione.

. Sono ancora sotto l'impressione del « numero special » del « Bulletin » della « Jeunesse de PÈglise ». Mi era stato inviato. Contiene la presentazione di Maurice Montuclard, le vicende del-

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la sua secolarizzazione, insieme con alcuni documenti.

Il tono è bello, nobile, rispettoso e profondamente partecipe. Ma quel che m'ha colpito è che per la prima volta ho percepito l'intrinseca possibilità storica del comunismo. Come se a un tratto ogni cosa fosse messa in forse.

Domenica, 7.6.53

Giovedì scorso sono andato a Mooshausen e ne sono ritornato ieri sera. È stato bello e pieno d'una quieta armonia. Il tempo è stato per lo più buono e abbiamo potuto sedere a lungo in giardino. Sono ore in cui ci si domanda perché si partecipa all'assurdità della frenesia cittadina. (Lo si fa in quanto ci manca l'originalità bastante per poter attuare opere valide senza lo stimolo della città.)

C'era anche M. El. St. È una persona preziosa;

schietta e pura come non ne conosco altre. Come si è potuto metterla da parte? È come un signum obcaecationis.

Entrando nella mia camera, ho pensato molto ai due anni che ho trascorso là dal 1945 al '45. Che differenza in confronto a Berlino! Qualche ricordo opprimente, specialmente la terribile malattia di M.B., che anzi poi è morta quando mi trovavo a Tubinga. In quei due anni ho scritto Vreiheit, Gnade, Schicksal *, cioè la sua ultima

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stesura — credo l'ottava — e, sempre nell'ultima stesura, ì'Jahr des Herrn [Anno liturgico].

Oggi il mio sermone in S. Luigi è stato registrato su nastro, senza scopo, soltanto per averlo. Miinster è stato così gentile da mettersi a disposizione per questo scopo. Perciò non mi sono sentito impacciato in alcun modo dal microfono. Pensiero singolare, che ora questo sermone, del tutto spontaneo, si trovi nell'archivio della radio!

La « conquista » della cima dell'Himalaya è stata offerta in « dono » alla regina d'Inghilterra. Che cosa ne avrebbe detto un Goethe? Oppure un Eschilo? Che ora è stato dissacrato anche il « trono degli Dèi »? Una questione di tecnica e un oggetto di misurazione geodetica?

Esistono ancora luoghi inviolati? Inviolabili? Per principio? Protetti dal sentimento dell'essere proibiti?

Tod in Venedig ** — l'intero volume dei Racconti di Thomas Mann —, sempre lo stesso mondo desolato e devastato. Ma ne comprendo ogni frase.

* Tr. it. Libertà, grazia, destinò, Morcelliana, Broscia 19793 •{n.d.r.Y

** Tr. it. La morte a Venezia (con Tomo Kroger, Tristano), FeltrineUi, Milano 1980' (w. d. r.).

Martedì, 9.6.53 Ieri sera ho visto lo stimolante film Antoine

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et Antoinette. Esattamente quello che si cerca in

un cinema autentico.

Il sorriso con cui la giovane Antoinette guarda il suo uomo è particolarmente charmant. D'amore e di superiorità nello stesso tempo. Ma che significa questa superiorità con cui ogni vera donna guarda l'uomo? Non ne è buona parte l'estraneità radicale esistente fra i sessi?

Il mondo della Lagerlòf è pieno di incantesimo. Vi si ritorna sempre volentieri. Però temo che là dentro non sia esatto ne l'elemento pagano ne quello cristiano, ma che ci sia un miscuglio.

Credo sarebbe bene che ogni sacerdote si facesse un'idea molto chiara di come nasce l'anticlericalismo. La ribellione elementare contro l'atmosfera e l'opera del ceto sacerdotale compatto stabilito, anche di quello buono! Potrebbe evitare tante cose.

Mercoledì, 10.6.53

Pure questo trimestre il corso di etica è frequentato ancora come prima. Adesso sono al sesto ed ho sempre più di 650 presenze, perché tanti sono i sedili, e c'è sempre qualcuno in piedi.

Oggi al corso, mentre parlavo del concetto moderno della natura e del suo cambiamento, m'è venuta un'idea importante, o almeno così mi sembra. Nel corso dell'era moderna la natura diventa il cosmo divino... Provvede, vuole, ha saggezza

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e potenza. Ha una specie di soggettività... L'uomo l'onora, confida in Lei...

Questo sta cambiando. L'uomo futuro — e già quello odierno — la prende soltanto come oggetto, come campo di lavoro e come fonte di materiale.

Per questa « oggettività » essa — Dio — esercita una terribile rappresaglia. Vi si demonizza. La bomba atomica è già di per sé una vendetta... L'uomo le soggiace in un modo nuovo.

Venerdì, 12 giugno 53

Ieri assemblea annuale dell'accademia. Preeto-rius, successore di Hausenstein, come presidente. Ho dovuto pensare di continuo che quello che stava là sarei potuto essere io. Ma ero lieto di non esserlo.

Adorno ha pubblicato sul « Merkur » un articolo sul jazz, che contiene osservazioni intelligenti .d'ogni genere. Ma, giunti finalmente al termine, ci si sente contenti. È come un rintronare continuo;

una monotonia di critica che scende da una superiorità amara. I suoi Minima moralia * sono proprio così. Quello che mi è stato detto sulla sua figura e sul suo destino lo rende comprensibile. Che sappia quanto egli si espone?

Seduta di facoltà: 30 o più professori, dunque secondo la tesi uomini dello spirito. Non ho mai

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partecipato a una seduta in cui il decano abbia dovuto ammonire i partecipanti a non perdersi in un problema spirituale. Le sedute sono certamente necessarie. Però si va via con la sensazione d'aver perso il proprio tempo.

* Tr. it. con lo stesso titolo, Einaudi, Torino 1976 (w. d. r.).

Domenica, 14 giugno 1953

Oggi in S. Luigi, in mezzo a tanta gente, vicino a una colonna c'era un tale in piedi con il cappello in testa. Durante il sermone questo m'ha dato molto disturbo. Quasi gli avrei detto qualcosa. Per fortuna mi sono trattenuto.

Perché un uomo fa una cosa del genere? Per dispetto? Per provocazione? Per una qualche distorta protesta di coscienza o imbarazzo? O perché non è normale?

Ad ogni modo mi ha costretto in continuazione a raccogliere le idee e ho dimenticato particolari d'ogni genere.

Ieri mattina in città m'è venuta l'idea dalla quale potrei trarre materia per scrivere il mio contributo all'opuscolo sulla trasmissione televisiva della celebrazione della Messa: la dichiarazione di M. Stapp, che nel telegiornale, davanti alla ripresa d'una processione, per la prima volta l'aveva sfiorata come l'alito freddo del dubbio. Quale la causa di questa sensazione? Perché l'Eu-

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caristia rientra nel riferimento esistenziale del confronto personale-reale, che qui però manca.

Ricevuta da Reinhold Schneider la richiesta se il giorno della prima rappresentazione del suo dramma Innocenz una Franziskus ad Essen vorrò parlare in teatro ad una manifestazione che si terrà in precedenza al mattino.

Forse lo farò, per la cosa in sé e per Schneider... Forse sulla povertà e con ciò facendo distinzione dalla povertà di Buddha e da quella di Diogene.

Nel ricordo i miei sermoni qui sono collegati con quella parte del Giardino inglese che da sull'altro lato della grande arteria d'accesso alla città, Dietlindenstrasse-Bogenhausen. Di regola li preparo là il sabato. Prati, strade e alberi sono collegati con il pensiero e con la ricerca.

Qui si levano due faggi: uno poderoso, così che si pensa all'albero del mondo, e uno mirabilmente slanciato, ricco di belle forme.

- - Martedì, 16.6.53

Mi sono proposto di recitare ogni giorno il Veni Creator Spiritus.

Ogni suo verso è pieno di vita profonda. Mi commuove sempre il primo verso della quarta strofa: Accende lumen sensibus... Quale immagine dell'uomo e dello spirito: i sensi invero sono semplicemente l'uomo, quello della vista,

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dell'udito e del tatto... Qui s'annuncia l'uomo dell'eternità, non nell'anima, ma nei sensi del quale risplende lo Spirito santo...

La frase è più profonda che cento pagine di dogmatica!

Questi sensi sono strettamente congiunti con il cuore, che viene nominato subito nel verso successivo: infunde amore-m cordibus...

Da quando udito e vista mi lasciano, io ne so qualcosa di quel che sono i sensi.

Mercoledì, 17.6.53

Oggi pomeriggio elezione del rettore.

La scheda che porta il nome dell'eletto reca pure una parola di riconoscimento, affinchè durante lo scrutinio l'elettore, sapendo la parola che ha scritto, possa controllare se viene scrutinata anche la sua scheda. Di solito queste parole di riconoscimento sono scherzose, ma nessuno può affermare che presentassero tracce di spirito. E tuttavia si è riso!

Si dovrebbe fare un'indagine per rilevare di che cosa ride la gente oggi!

Successivamente sono entrato in un caffè e ho letto le bozze corrette del mio secondo contributo al fascicolo: Unsero geschichtiiche Zukunft [II nostro futuro storico].

E poi sono andato all'Hofgarten. Era inondato

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di sole e pieno di colori, ed era una vista molto bella — un alito della vecchia Monaco.

Adesso sotto i colonnati ci sono negozi. Mi sono comperato una piccola scatola azzurra e ne sono contento. L'azzurro mi da allegria. Nella galleria accanto, di K. Hielscher, ho visto un grande piatto cinese dipinto d'azzurro. Forse me l'acquisto. È veramente così: l'azzurro è allegro.

Venerdì, 19.6.53

Oggi è stato qui Job. Wagner del Liturgisches Institut di Treviri e m'ha raccontato del congresso di studi liturgici programmato a Lugano.

Durante la preparazione era risultato che l'episcopato svizzero sollevava obiezioni; da parte francese lo stesso... Considerata la situazione transalpina s'era pensato pure che fosse meglio sincerarsi dell'atteggiamento benevolo di Roma. Così era andato in Italia e presso l'eccellenza di Bergamo — che si considererebbe papabile — aveva trovato i migliori sentimenti per la questione liturgica; a Roma pure, anzi di più: presso il prosegretario di stato Montini, ugualmente presso Tardini, e l'ecc. Ottaviani, segretario del S. Ufficio, aveva promesso perfino la sua presenza. Ma soprattutto era stata assicurata l'approvazione del Papa ed aveva motivo di credere che quest'ultimo desideri che i problemi si debbano portare avanti « presto » e « a fondo ».

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Che cambiamento rispetto anche soltanto ai tempi della nascita della Ecclesia Oransì Oppure ancora dei 19 punti dell'arcivescovo di Friburgo!

Fra l'altro io devo tenere la relazione intro-duttiva.

Martedì, 23.6.53

Continuamente — controvoglia e combattendo la mia avversione — devo ammirare le capacità di Th. Mann. Ricchezza del contenuto e precisione dei particolari, un linguaggio che da sempre qualcosa di nuovo ed è sempre pienamente sicuro di se stesso ...

Ma un mondo devastato ...

Dall'editore Kohihammer l'invito a scrivere la prefazione per una raccolta di testi politici di grande valore. Alla mia domanda piena di meraviglia se sapevano che sono un teologo: vogliono appunto questo ... E se non temevano l'etichetta:

no, desideravano proprio questo.

Ora, ciò rappresenta un segno del sorgere di rapporti di comprensione e fiducia o una bancarotta in generale?

Recentemente nel mio corso universitario ho detto: oggi la testimonianza più valida a favore del cristianesimo è non la qualità dei suoi seguaci, ma l'unitarietà dell'odio dei suoi nemici.

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Mercoledì, 24.6.53

Da molti giorni tempo cattivo — afoso, opprimente, snervante ...

Si dice che parlare del tempo è banale: una volta non era personificato dai numi che determinavano l'esistenza quotidiana? E dunque ragionare sul loro favore o sfavore non è una cosa molto opportuna?

In S. Luigi sono alla sesta invocazione del Padre nostro: non c'indurre in tentazione. Cosa vuoi dire? Ne viene a noi un alito di tenebra. Si presagiscono cose che forse anche esistono.

Ho sognato mio padre; era così triste che ci sono rimasto molto male. Di mio padre come di mia madre ho due immagini: una realistica, anche critica, d'una quieta normalità, che appartiene al giorno. Un'altra appartiene al sogno ed è un'immagine di malinconia.

Venerdì, 26.6.53

Ieri sera conferenza al Georgianum: « Fotografia e dubbio di fede ». Sorpreso di quanto i teologi si siano trovati concordi nel rifiutare la trasmissione della Messa per televisione. Quando ho detto che c'era un bisogno urgente d'una disciplina dell'arcano, è venuto un applauso spontaneo.

Oggi l'elezione del decano. È stato eletto a

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grande maggioranza J. Spórl. Lo desiderava; così mi fa piacere.

Poi sono andato al negozio d'arte di K. Hiel-scher e ho comperato il piatto cinese; risale alla fine del xvil secolo. Azzurro su fondo bianco. Ho un pochino di preoccupazione di non poter sopportare forse questo azzurro che ha una sfumatura di violetto.

Questa sera Hans e Lene W. a cena. Sono contento che stiano per arrivare. Da quando ci conosciamo sono passati più di 30 anni.

Sabato, 27.6.53

Accadono strani incontri. Oggi è stato qui a pranzo il dott. Roubiczek di Cambridge ed è risultato che concordiamo in molti punti sull'idea dell'opposizione o antitesi.

Questa sera sono passato davanti alla Casa dello studente nella Biedersteinstrasse; un giovane mi ha chiesto se poteva accompagnarsi a me per un momento. Era stracarico di lavori che aveva portato avanti ampiamente o interamente, sul concetto della causalità in connessione con i risultati della nuova fisica. E siamo arrivati a singolari concordanze sul problema della causalità quantitativa e qualitativa, della mia ipotesi che nella. causalità puramente statistica dell'atomo si sveli un momento che sarebbe operante ovunque (p. es. in ogni qualità), e altro ancora.

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Domenica, 28.6.53

Ieri al Giardino inglese, mentre ripensavo al mio sermone per oggi, sono capitato in un luogo lungo l'Isar a me completamente sconosciuto e infine con grande sorpresa mi sono trovato sul ponte della centrale elettrica bavarese. Il turbinio della cascata sulla destra e il suo scroscio erano magnifici, come se dal regno della carta fossi passato a quello delle forze della natura.

Bello anche l'ampio arco che la cascata tracciava sopra l'Isar, formando un gorgo in basso, sotto il quale il grosso delle acque riprendeva a scorrere a valle. Ma al centro galleggiava un pallone, che restava là quasi fermo, trattenuto dal gorgo fluttuante.

La chiesa era di nuovo molto affollata. Devo stare attento a non pensarci troppo. Sotto tutta la mia apparente naturalezza cova la paura del fallimento.

Qui a cena W. Lipgens. È un po' mio allievo. Desidererei molto che gli venisse affidata la dirczione dell'istituto. di storia contemporanea (anche per amor mio).

Mercoledì, 1.7.53

Nel corso di lezioni parlato della dialettica esistente fra la rivoluzione — quella vera, moderna — e la dittatura. Mi appare sempre più

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chiaro che lo spirito della rivoluzione spinge verso la dittatura e che una delle molte cecità, per meglio dire: accecamenti e caparbietà della mentalità moderna, è credere che rivoluzione significhi libertà.

Ho notato come sono rimasti impressionati gli studenti. Forse qui imparano qualcosa che serve loro non soltanto nel piano teoretico.

Tutti i successi del mio lavoro potrebbero con-durmi a sopravvalutarmi. Ma penso di poter dire che non mi aiutano mai ad essere sicuro di me stesso. Una critica qualsiasi basta a risvegliare il dubbio su me stesso, costantemente pronto nel mio intimo.

Anzi ancor più: la sensazione che tutto perda il suo significato. Allora è come se tutto si ritraesse da me.

Venerdì, 3.7.53

Visto il film dell'incoronazione della regina d'Inghilterra. L'impressione è stata grande.

Occorreva ripetersi continuamente che si vedeva qualcosa che accade molto di rado e così da vicino come se si facesse parte della cerchia più stretta dei partecipanti. Colpiva anche il contrasto fra la giovane età della regina e l'importanza di questo atto solenne. Il portamento di Elisabetta era così autentico e bello, da destare profonda

emozione.

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Per noi tutto questo è perduto. Nella vita politica della Germania non esiste nulla, assolutamente nulla che in qualche modo vi sia paragonabile. Inoltre, tutto è semplicemente banale; e nessun autoconforto democratico ci può mettere rimedio.

Soltanto una cosa da motivo di continuare a protestare, il cattolico sta ai margini. Non è coinvolto. Mi meraviglia che i cattolici inglesi accettino questa situazione.

Leggo con grande partecipazione il libro di Moorehead sui tré traditori dei segreti atomici. Che mentalità ne emerge!

Domenica, 5.7.53

Ieri sera sono andato di nuovo alla chiusa della centrale elettrica bavarese — e con lo sgomento che ho provato spesso mi sono ricordato: sei stato qui quindici giorni fa come fosse ieri. Il tempo intercorso come fosse niente!

" Io scrivo e parlo e parlo e scrivo e la vita scorre via.

Però talvolta ho la sensazione che qualche cosa maturi; sommessa e impercettibile. P. es. talvolta posso avere la sensazione reale ch'Egli mi ha creato.

A sera il figaro nel Gartnertheater. Première, direttore Eugen Jochum.

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Tutto è lieto e perfetto. Ma sopra v'è il dolore. Mórike ha pur ragione nella sua novella.

Martedì, 7.7.53

Inaugurazione dell'Institut Francais nella Kaul-bachstrasse. Molto bello, la casa, la biblioteca, il giardino. Prima ha parlato Francois Poncet, sciolto eppure serio... I numerosi ascoltatori sono rimasti in piedi. Poi il ministro del culto Sch-walber, noioso, tranne un paio di fatti che dimostrano come nell'ambito delle scuole si facciano tentativi reali d'avvicinamento reciproco.

Colloquio con Rohlfs, che mi ha raccontato di sua figlia, entrata a far parte delle diaconesse... con Koschmieder e sua moglie... Temo di passare fra tante possibilità senza sfruttarle.

Ho spedito alla commissione di Amburgo il parere sulla trasmissione della Messa per televisione. Ho scritto con prudenza nel tono, ma con molta decisione nella sostanza.

Il libro di Moorehead è inquietante... Domani ne parlerò nel corso di etica come esempio del nichilismo derivante dall'atteggiamento di autonomia.

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Mercoledì, 9.7.53

Commemorazione di san Bernardo; 800° anniversario della morte.

La cosa è stata preceduta da qualche discussione e qualche dubbio. M. I. Rouvier aveva dato l'impulso da parte degli organismi francesi e ha dovuto affrontare qualche situazione imbarazzante.

Comunque alla fine è andato tutto bene. Specialmente per l'aiuto cortese del dott. Gotze della Radio.

Sono venuti Sua Eminenza; il Magnifico Rettore dell'università tecnica, dott. Hundhammer, l'abate di St. Bonifatius e altri. Il Magnifico Rettore ha pronunciato l'indirizzo di saluto; poi Schmaus del Grabmann-Institut, che patrocinava la commemorazione. Prima e dopo un mottetto, il primo di Orlando di Lasso e il secondo di Heinr. Schùtz.

La relazione l'ho tenuta io, sulla posizione di san Bernardo nella Divina Commedia.

Tutto s'è svolto con molta dignità. L'aula era piena.

Dopo è venuto Speri, che con me s'era fatto carico delle incombenze maggiori, e siamo rimasti ancora fino alle 2.

Venerdì, 10.7.53 Molto stanco. La serata di ieri è stata molto

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impegnativa: prima il corso nell'auditorio afoso dell'università; poi un'ora di preparazione da Spóri al seminario di storia medioevale. Poi la relazione nell'aula.

L'esame medico dal dott. Bruckmeier è andato bene. Ora andremo a Hausbaden.

Mi è capitato in mano di nuovo il Porteur d'eau di Eugenia Markowa. È apparso nel 1931 nella collana « Le roseau d'or », edita da Jacques Maritain. (Là è apparso anche Geist der Liturgie, tradotto da d'Harcourt *). L'Autrice dev'essere una polacca. Speriamo che negli anni oscuri non le sia successo niente. Mi ha inviato il libro, che mi ha affascinato. Quante volte l'ho letto! Viene dalla corrente del cassidismo e quando lo leggo comprendo Mare Chagall. Ho la sensazione che lo dovrò tradurre.

* Tr. it. Lo spirito della liturgia (insieme con I santi segni), Morcelliana, Brescia 198&5 {n.d.r.}.

Sabato, 11.7.53

Verso sera sono andato nuovamente all'Isar, sulla riva destra. È stato bello; lo spazio della corrente come un'ampia strada piena di scrosci e l'andare non chiedeva alcuno sforzo.

Ho meditato sul mio sermone di domani:

« Liberaci dal male ». I pensieri portano sempre più lontano.

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Il ricordo dei miei sermoni domenicali è collegato alle strade sulle quali li ho preparati. I pensieri mi vengono camminando. Vengono da sé e si sviluppano. Devo crear loro spazio, custodirli e chiamarli con l'attenzione. È faticoso; all'interno, nel vivo di me stesso.

Poi, mentre m'incamminavo sotto i begli alberi, verso l'uscita del Giardino inglese, all'improvviso è arrivata una grande diligenza postale gialla trainata da quattro cavalli bianchi, e il postiglione soffiava nel corno. Per un attimo mi sono ritrovato nel passato. Ma soltanto per un attimo.

Domenica, 12.7.53

Dormito male, ho la testa intontita. Allora mi prende la paura di non riuscire a parlare. E non è andata nemmeno bene. Ho dimenticato cose importanti, e tutto mancava d'una vitalità vera.

Ma anche il modo come sono stato accolto! La cancellata del giardino attorno alla chiesa era chiusa, e quando ne ho chiesto il motivo mi hanno detto che vi giaceva un morto. Era deceduto all'improvviso durante la liturgia ed era adagiato là sull'erba, dove l'avevano posto per via delle autorità.

Si riteneva che fosse stata una bella morte:

73 anni d'età, la moglie già morta, i figli sposati, ed ora trapassato nell'ambito della chiesa.

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S'è rimesso a piovere. Da molte settimane continua un tempo afoso e piovoso. L'estate passa inutilmente.

Martedì, 14.7.53

È stato qui il dott. Souchy della Editrice Herold di Vienna. Abbiamo parlato della mia prefazione alla traduzione delle preghiere del Papa e gli ho detto che non incomincerò il lavoro fino a quando non mi sarò convinto che traduzione, titoli e scelta sono giusti.

A me tutta la cosa non va. Per niente.

Al libro di I. Hommes, Zwiespaltigès Dasein [Esistenza in dissidio] sono arrivato per caso:

un confronto, a quanto pare, molto approfondito con l'esistenzialismo. Sapevo già prima che me ne sarei dovuto occupare con rigorosa precisione;

adesso la cosa m'è apparsa ancora più chiara.

Qui ci sono problemi che ci riguardano molto da vicino. Forse la risposta cristiana ad essi non è stata ancora affatto data. Che la si possa trovare in autori come Giovanni della Croce?

Mercoledì, 16.7.55

Ultima lezione. Chiudo anzitempo, sono stanco. Una sensazione meravigliosa: adesso per la prima volta tu non <:< devi » più.

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Ma accanto a me c'è un grosso pacco di bozze per il mio libro su Riike. Ora qui « devo »; ma almeno è qualcos'altro.

Martedì, 21.7.53

Dall'ultima annotazione è passato tanto tempo, durante il quale mi sono sentito molto stanco, infine, al punto da essere costretto a interrompere.

Domenica ho celebrato ancora la mia Messa;

lunedì e martedì sono rimasto a letto quasi fino a mezzogiorno.

Oggi è andata meglio, e già in mattinata ho dovuto dettare: lo schema d'un colloquio con gli studenti all'Heim Biederstein su rivoluzione e dittatura.

È brutto come la forza della produzione incalzi...

Domenica sera un'esperienza particolare: che Egli è così totalmente altro. S'è delineata per la prima volta quando ho sentito come l'essere della materia sia del tutto diverso dalla sua apparenza. Allora come deve...

Ma vi ci possiamo riferire, perché Cristo è il mediatore. Egli ci dice com'è disposto Dio e come gli dobbiamo parlare.

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Mercoledì, 22.7.53

L'altro ieri è stato qui di nuovo E. Vietta. Abbiamo parlato dei Darmstàdter Gesprache [Colloqui di Darmstadt] di quest'anno, ai quali dovrei tenere la conferenza conclusiva. Nella sociologia dominerebbe la tendenza a una completa funzionalizzazione. Dell'essenziale della persona, dell'autorità, della sovranità e della fondazione nell'assoluto non parlerebbe nessuno.

Talvolta si ha la sensazione di lavorare contro una corrente che ti preme di continuo ovunque.

Rileggo le poesie di Goethe, una dopo l'altra. Con stupore e diffidenza verso me stesso e con pena mi devo dire che in esse c'è più vuoto e banalità di quanto avrei ammesso prima. Quante cose ci sono del « diciottesimo secolo », d'una superficialità tale che ci si chiede come Goethe abbia potuto non soltanto scrivere cose del genere, ma accoglierle nella raccolta definitiva.

Venerdì, 24.7.53

Tenuta una lezione su « rivoluzione e dittatura » allo Studentenheim Biederstein, aspettandomi di dover sostenere un'accesa discussione. Ma è stata addomesticata, come sempre oggi. Non si tesse veramente una lode del passato, quando si constata come fosse vivace ancora 25 anni fa la spiritualità della gioventù.

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Non s'avverte alcun senso del problema e alcun coraggio di sostenere la propria opinione. In fondo dicono: « Signor professore, che cosa dobbiamo considerare giusto? ». E si sente quanto siano disponibili per chiunque sappia prenderli per il verso giusto.

Raccolta: Lyrik des Ostens dell'editrice Han-ser (1952). Quasi 500 pagine di poesia ebraica, egiziana, turca, araba, persiana, indiana e cinese. Probabilmente tanto dipende dalla traduzione, che deve essere assai difficile. Ma com'è raro che ti tocchi un accento che venga dalle forze elementari della vita, dalla profondità del cuore. Alla fine mi coglie la noia. Ma come ho detto: probabilmente nella nostra area linguistica si estenuano pensieri e immagini che là, nella loro, sono densi.

Domenica, 26.7.53

Oggi s'è celebrata l'ultima Messa per gli studenti in S. Luigi: sull'« amen ». La ventitreesima conversazione sul Padre nostro. Ancora un'altra cosa che arriva al termine come se fosse volata via.

Nel mio libro su Riike ho deciso di saltare tutta la bibliografia e, come nelle mie altre inter-pretazioni, di lavorare solamente dai testi. Contro questa decisione si leveranno molte obiezioni, e a

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ragione. Però non riesco a fare altrimenti. E nominare alcuni libri ovvero « farli rientrare nel lavoro » soltanto perché ci sia la bibliografia e per accontentare la scienza non voglio. Il libro deve conservare il suo stile, e in questo rientrano anche le sue carenze.

Quando il manoscritto sarà stato spedito e mi sarò liberato di Riike potrò respirare. Che mescolanza di autentico e di inautentico è questo mondo!

Mercoledì, 30.7.53

Ieri ho visto il film giapponese Rashomon e ne sono rimasto colpito profondamente. Vi si sente un mondo straniero. Uomini come noi, e però diversi. La logica delle passioni, come da noi, e tuttavia in un'atmosfera che le rendeva estranee. La conclusione conciliante — per quanto si possa parlare di riconciliazione dopo una distruzione così completa — l'ho percepita come una concessione al modo di sentire « occidentale », forse specialmente americano. Di fronte allo scetticismo terribile dell'insieme, appariva piuttosto gracile .

I miei libri diventano tanti che ne ho fin soggezione. Se un altro avesse scritto tanto e continuasse sempre a farlo, probabilmente su di lui non darei un giudizio amichevole. Quantità e qualità sogliono stare in rapporto inverso fra loro.

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Eppure sono proprio poche le cose che vorrei non aver scritto.

In realtà non ho affatto la sensazione di dare qualcosa di mio, pensieri propri, configurazioni proprie, piuttosto un'interpretazione continua della realtà cristiano-cattolica. Le unità di misura che valgono per le « opere », qui non valgono, perché quella che parla è appunto questa realtà — così spero.

Ne deriva certo pure il fatto che non mi da apprensione la responsabilità dei miei libri. Vengono letti in misura crescente; quindi in effetti mi dovrei preoccupare di sapere se recano utilità o danno. Ma non lo faccio, perché non mi sento nello stato d'animo d'averli creati io.

Pertanto così posso proseguire.

H. W. mi ha raccontato che il rettore di St. Georgen a Francoforte gli ha detto che da loro ai Padri destinati in altri Paesi danno Der Herr * nella lingua corrispondente, purché ne esista la traduzione. Ne sono stato molto contento. È una accoglienza nella realtà della Chiesa, analogamente alla Via Crucis **, che adesso è diffusa in circa 250.000 esemplari. Qui la ricezione l'ha compiuta il popolo cristiano, là i gesuiti.

* Tr. it. Il Signore. Riflessioni sulla persona e la vita di Gesù Cristo, Vita e Pensiero, Milano 1983' {n. d. r.).

** Tr. it. La Via Crucis del nostro Signore e Salvatore, Queriniana, Brescia 1976 (n. d. r.).

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Sabato, 1° agosto 53

Ho fatto un altro sogno che rivela il caos inferiore. Certo, mi dico, la produzione spirituale, che procede sempre, può verificarsi soltanto se nel profondo c'è il caos; ma non si esiste solamente per i libri che si scrivono. Che avviene dell'essere?

Talvolta mi viene con sgomento l'idea: come deve mai trovare un ordine tutto questo? Questa confusione che va nel più profondo, anzi, che viene proprio dal più profondo? Nell'aldilà?

Vedo sempre più chiaramente lo sconvolgimento fondamentale di tutto l'umano. Com'è strano l'aspetto che assumono, in questa prospettiva, le pretese e le grandiosità di scienziati, potenti e autorità!

Domenica, 2.8.53

Poco fa ha suonato il campanello ed ero indispettito d'essere disturbato. Ma poi ne sono stato molto contento. Infatti il nuovo venuto era un giovane studente di teologia indonesiano, che si ferma qui per qualche giorno durante il suo viaggio da Lovanio, dove ha studiato filosofia, a Lione.

Aveva letto alcuni dei miei libri in lingua francese e sembrava amasse particolarmente II Signore.

Ho già avuto varie occasioni di parlare con

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asiatici e ne traggo sempre una sensazione singolarmente complessa: da un lato, una specie di timore davanti a quella estraneità non pienamente comprensibile; dall'altro lato un senso di benessere, quasi d'invidia davanti al nobile rispetto e nello stesso tempo alla sicurezza, che ispira una cultura antica. Oggi quel giovane — si chiama Pierre Thong di Hanoi, Vietnam — mi è piaciuto veramente.

Alla Ene ha detto di voler imparare bene il tedesco per tradurre II Signore in indonesiano. Che una sorte benigna assista tutte le traduzioni. Già adesso sono tanto numerose; ed, ogni volta, il libro va in un nuovo ambito di vita e non so che cosa ne verrà.

2.8.53

La mia memoria per gli avvenimenti diventa sempre più scarsa. Dimentico tutto. Il tempo passa sempre più in fretta. In assoluto, è costituito ormai solo di 'esser-passato'. Ma la produzione continua a crescere. In effetti io sono qui soltanto per questa.

Ma imparo anche qualcos'altro: a non fare proprio nulla per un certo periodo. Sono lieto di potermici esercitare presto per qualche settimana ad Hausbaden.

Giorni fa H. W. m'ha raccontato che H. K.

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ha detto che attorno a Romano c'è molta gente la quale s'è sentita abbandonata. La parola non mi esce dalla mente. So che è vero. Forse posso dire più giustamente: è il fraintendimento di qualcosa di vero. Da me l'attimo ha sempre una sovrabbondanza di valore — e poi viene il vuoto. Chi è stato con me nell'attimo, si sente abbandonato nel vuoto. Ma che posso fare? La gente in verità non sa che solitudine c'è attorno a me e che da ogni breve incontro devo ritornare nella solitudine.

È come un simbolo il fatto che il mio udito peggiori rapidamente.

Lunedì, 3.8.53

Per lungo tempo ho pregato che Dio si voglia « innalzare » nella mia vita. Egli, il cui nome suona: « Colui che è qui », e tutto esiste soltanto attraverso Lui e da Lui.

Forse, molto sommessamente, sta nascendo qualcosa in questo senso.

Ma questi giorni m'è apparso chiaramente che io sì ci penso e ne parlo, del fatto che la persona esiste soltanto nella sua chiamata, ma questo non lo attuo appieno. M'è apparso chiaramente che cosa dovrebbe voler dire percepire lo sguardo — lieve, lontano, come altrimenti? — che si posa su di me e poter guardar dentro io stesso.

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Questo non sarebbe il centro di tutto? Assolutamente tutto? L'àp/r) in senso puro e semplice?

In questi giorni sono passato per la Residenz-strasse. Vi si trovava un gruppo di persone, vecchi e giovani e bambini, intente a guardare un cocchiere che dava al cavallo da mangiare del pane. Tagliava via una fetta dopo l'altra e il cavallo la prendeva dalla sua mano, e la gente sorrideva come se vedesse qualcosa di raro e commovente. A tal punto sono mutate le cose.

Mercoledì, 5.8.53

Relazione di M. Heidegger da Preetorius, che è ancora sofferente, su scienza e orientamento spirituale. Ha cercato di dimostrare che l'epoca moderna ha un'idea della scienza fondamentalmente diversa rispetto all'antichità e al medioevo. Però non ho capito in che cosa dovrebbe consistere questa differenza.

Poi ho preso accordi con coloro che devono collaborare al ciclo su « la creatività nell'era della tecnica ». Sono preoccupato per l'iniziativa nel suo complesso e soprattutto per la mia relazione, che la deve introdurre.

Meravigliosi quadri orientali asiatici alle pareti. Quando ci si deve staccare da questi tesori?

Sono ritornato a casa con il dott. B. ed ho parlato della posizione di Heidegger. Molto difficile da capire.

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Oggi lezione sul film al corso estivo per stranieri. Quando gli critichi il film, i giovani ti sentono come un avversario. Sembra che lo considerino la loro arte.

Domenica, 9 agosto 53

Oggi è stato qui per il tè Martin Buber. Deve ricevere il premio per la pace dei librai tedeschi, ha parlato in varie università ed ora si vuole riposare un po' fino alla consegna del premio che avverrà a Francoforte.

È stato bello rimanere in sua compagnia. È meravigliosamente colto, saggio e degno di reverenza. Perché non riconosce Cristo?

Cos'è che mantiene uno nella fede? Che cosa fa sì che noi, come in un soffio, a un tratto non si comprenda più? Che tutto svanisca? Talvolta mi sfiora una paura... Quanto sono limitate le capacità dell'intelletto.. .

Una nuova possibilità di trovare casa, nella Guntherstrasse, a Nymphenburg. In parte stanze meravigliose, ma è una villa divisa in due appartamenti e la divisione non è riuscita bene.

Temo che non se ne farà nulla.

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Martedì, 11 agosto 53

Con l'abitazione niente da fare, per vari motivi. Dunque di nuovo pazienza.

Qualche tempo fa m'è apparso chiaramente:

la creazione è una totalità di forze legate. L'uomo scioglie il legame e le mette in libertà. Ma può legarle di nuovo egli stesso? Egli, se il suo essere e la sua volontà sono in disordine? Ed ora è penetrato al nucleo dei legami e lo ha sciolto. Che cosa ne può nascere? Può legarli di nuovo?

Alla domanda: che cos'è il bene? la risposta è: ciò che è secondo il senso * di Dio. Non una idea. Neanche una sostanza, ma il cuore della sua vita: il suo sentimento vivente.

Ma se la domanda prosegue: e come sappiamo noi di questo sentimento? Allora c'è da rispondere: per mezzo del sentimento di Cristo.

Non esistono altre risposte. Tutte le altre sono troppo poco, o troppo, astratte, o semplicemente false.

* Gesiftftung: parola non ben traducibile, indica il senso,- l'orientamento, l'intenzione, il sentimento, la mentalità;

"di Dio" qui è genitivo soggettivo, non oggettivo; come appare immediatamente sotto, Guardini pensa a Fil. 2, 5, dove 'sentimento' di Cristo è (ppóv-np.a (». d. r.).

Sabato, 15 agosto 53 Assunzione di Maria

La Messa delle undici nella Chiesa di Allersee-

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len [i Morti]. Parlato sul vecchio vangelo della festività: le sorelle di Befania.

Lo faccio volentieri. Una domenica senza la parola di Dio non è piena.

Mercoledì sera sono stati qui il dott. Holscher e il dott. Knauer. Dopo qualche titubanza mi sono associato all'iniziativa dei più giovani colleghi, che vogliono far conoscere la loro preoccupazione per l'invadenza delle corporazioni.

Alla festa commemorativa della fondazione dell'università la scena è stata troppo brutta. Nelle primissime file berretti dappertutto. Erano gli studenti. E dietro i vecchi signori, gli stessi che hanno fatto la vecchia politica.

Il criterio operante coscientemente — e quel che è peggio, inconsciamente — per compiere in modo giusto le cose della vita è sempre più decisamente il movimento della macchina, esatto e senza attriti. In sintesi, sta qui il pericolo che ci minaccia.

15.8.53

Non mi fido a crederlo, ma sembra tuttavia che Dio si faccia per me reale. Egli è quello il cui nome significa « Colui che è qua ». Il Verbo è tutto; è l'abisso; è la conversione. Forse incomincio a esperirne il contenuto.

Se con Lui la cosa si facesse seria — sarebbe il cambiamento.

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Ma con il crescere di questa serietà cresce anche la domanda: come può Dio volere che esista il mondo? E l'uomo nel mondo? E come può voler divenire uomo? Specialmente dall'ultima domanda nasce un pericolo terribile... come se ti prendessero le vertigini... È lo scandalo, ciò che si annuncia qui.

Lunedì, 17 agosto 53

La conclusione del mio lavoro su Riike mi da molta pena. Soprattutto l'introduzione. S'inceppa, e non riesco a stenderla in ordine. In proposito, gli ostacoli sono molto più psicologici che insiti nella cosa stessa. Continuamente mi smarrisco in rapporto all'insieme e però continuo a ritornare sulla linea direttrice.

Chiaramente l'epoca dell'idolatria per Riike è passata. Adesso incomincerà la critica. Peccato che il mio libro non sia arrivato un anno fa; sarebbe stato più conveniente.

In ricordo della conclusione di questo lavoro, che adesso ha toccato quasi i vent'anni, mi sono comperato un piccolo vaso cinese. Ha una forma compatta, raccolta in se stessa come un frutto;

è blu con una traccia di violetto e un alito di grigio. Tutt'attorno scorrono strisce lievissime, percettibili soltanto come un moto inferiore del colore. Sopra e sotto emerge il materiale base,

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che mette tanto più in risalto la bellezza dello smalto.

Mercoledì, 20 agosto 53

Ho appena fatto un pacchetto con le bozze del libro su Riike, nelle quali il testo ha assunto la sua stesura definitiva.

Sono contento. Il lavoro sulle Elegie * era incominciato a Berlino verso la metà degli anni trenta: prima come un'esercitazione di seminario. Poi, credo nel primo anno di guerra, come relazioni in una cerchia privata, di cui faceva parte l'alierà contessa Hatzfeldt, che io poi ho congiunta in matrimonio e che è andata incontro a un così tragico destino... Attraverso Grassi tré in-terpretazioni di Elegie (2, 8, 9) sono entrate nelle Schriften zur geistigen Vherlieferung [Scritti sulla tradizione spirituale]. Adesso è tutto qua.

Mi domando se il risultato compensi il molto lavoro che vi ho dedicato. Ma, a quanto vedo, è il primo confronto critico-filosofico con Riike e lo si doveva fare, perché è importante per la comprensione e l'orientamento di quell'epoca.

Notte, l'una e un quarto.

Un tal senso di benessere — nulla più davanti a me — per un certo tempo.

Qui domani metto in ordine, dopodomani vado a Badenweiler, si Deus permiserit, dice san Gia-

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como **. Quanto lo sento questo « se ».

* Tr. it. Rainer Maria Rtike. Le elegie, 2 voli., Morcel-liana, Brescia 1974 (n.d.r.).

* Propriamente nella Vulgata Si Dominus voluerit (Socv o Kùpio<; OeXilor)), Gc. 4, 15 (n.d.r.).

Hausbaden, domenica 23.8.53

Partito ieri alle 12.50. Quasi sarei rimasto ancora un altro giorno, perché all'ultimo momento s'è staccata la maniglia della valigia. Per la straordinaria cortesia d'un giovane aiutante al deposito bagagli s'è fatto venire un meccanico delle ferrovie, il quale ha rimediato. In un modo così non e antiufficiale da essere incredibile.

Il viaggio è stato noioso, cambiato treno due volte, ma abbellito sempre da questa sensazione:

non hai niente da fare. Risparmiato il terzo cambio di treno, dato che a Mùlheim c'era a prendermi il giovane aiuto-medico di qui. Tanta gentilezza da tutti. Probabilmente gli aveva telefonato Alois Eckert (come capo della Caritas anche capo di Hausbaden; l'ho incontrato nello scompartimento a Friburgo ed è sceso a Donaueschin-gen). Bisogna rappresentarseli uno dopo l'altro, per notare di quanti momenti è composto un avvenimento della vita. (Uno dei pensieri che mi preoccupano è che la forza interiore necessaria per dar forma e coesione possa cedere. Allora prevarrebbe il caos.)

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Adesso sto nella stessa camera dell'anno scorso. Frammezzo c'è un anno, se n'è andato, svanito...

Regna un silenzio meraviglioso. Con l'aiuto d'una pastiglia ho dormito otto ore. Nel pomeriggio un'altra ora e mezzo.

Oggi alle 9.30 S. Messa nella cara cappella qui;

poi, a colazione, è venuta la supcriora, suor Generosa Herrmann, che è una donna meravigliosa, abbiamo avuto uno di quei colloqui che nascono dal momento e spaziano un po' su tutto. (Penso che ne vorrei fermare il contenuto sulla carta. Ma adesso non ci provo. Ne ho troppo poca voglia.)

Poi me ne sono andato; il bosco era deliziosamente fresco ed ho sentito fin dentro il midollo delle ossa la possibilità di riposare. (Ho ricordato la quiete meravigliosa, lo sprofondare dentro la quiete, dopo l'operazione soltanto due anni fa, quando mi sono svegliato e poi sono ripiombato nel sonno.)

Dopopranzo a Badenweiler. Bevuto del tè e rimasto seduto a lungo all'Hotel Romerbad, senza fare niente e solamente guardando la gente. Può sembrare sciocco che lo ripeta così spesso. Ma è delizioso.

Hausbaden, lunedì 24.8.53 Oggi per la prima volta ho capito che cosa

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significhi che tutte le cose parlano di Dio. Egli ha creato tutto e ogni singola cosa. Sta dientro ogni fibra di realtà. Tutto esiste ininterrottamente in virtù di Lui. Chi lo sperimenta ha l'esperienza di Lui in tutto. Sempre in modo diverso, così come è questa foglia, come mormora questo ruscello, come qui la luce è attorno agli alberi. E questo Egli è sempre. Lo hanno sperimentato i greci, quando per loro ogni cosa era divina.

Ma che cosa avviene quando dalla sorgente, dalla frescura, dal mormorìo, dall'inesauribilità, dal silenzio tutt'attorno balza fuori la ninfa? In un determinato punto avviene un sacrilegio, una sciagura: qui, in questa cosa, l'alito rivelante che spira da Dio viene abbattuto sul mondo e nella figura della ninfa esso si rinserra, racchiudendo colui che così lo vede.

Di recente ho pensato come i fisici dicano che il tempo sia la quarta dimensione dello spazio, o meglio della cosa che è spaziale. Esso risulterebbe diverso a seconda dell'intensità dell'essere della cosa... Che il tempo non sia semplicemente il mutamento? Vale a dire il passare?

Hausbaden, martedì 25.8.53

II far nulla è già di nuovo abitudine e non più così bello. Adesso si deve far attenzione a non volere di nuovo « fare ».

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Oggi gli uomini non portano più il cappello, neanche il bastone, ma tengono le mani in tasca. Che significa?

Mentre un tempo si considerava impossibile andare senza cappello, strano non avere niente in mano e da maleducati tenere le mani in tasca, specialmente davanti alle signore? E questo assumeva un valore assoluto, come adesso vale quello?

Leggo l'Odissea, purtroppo soltanto nella traduzione zoppicante di Th. von Schaeffer. Quando si rilegge un testo, si ha sempre paura del disinganno. Che è pure venuto fin all'inizio, per via del tono fondamentalmente scettico nei confronti degli dèi. Poi è rientrato.

Ho dovuto meditare sugli « epiteti esornativi ». In origine erano vivi e segno d'una sensitività meravigliosa aperta alla ricchezza di significato delle cose.

Un segno della minore adattabilità dei tedeschi alla vita sociale: italiani, francesi, inglesi dicono signore, signora, monsieur e madame, sir e ma-dam. I tedeschi dicono: Frau [donna*] Muller, ed è troppo poco, gnadige Frau [graziosa donna], ed è troppo; o Frau Regierungsrat [donna consigliere governativo], ed è ridicolo.

Credo che l'aspetto caratteristico della futura antropologia sarà questo: finora l'uomo è stato incluso nella maggior misura possibile nella natura, adesso lo si vedrà nella sua diversità. I due princìpi del modo di considerare: quello del massimo avvicinamento possibile (passi piccolissimi;

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tanti all'infinito; durante un tempo molto lungo), quello delle distanze più ampie (i fenomeni completamente sviluppati nella loro peculiarità, posti di fronte a noi). Credo che il secondo diventi urgente.

Leggo le poesie di Riike raccolte da E. Zinn, che procedono accanto alle altre raccolte curate da lui stesso. Un grosso volume che acuisce l'impressione derivante da ogni incontro con Riike:

bellezze, finezze, profondità in gran copia... molto di complicato, parecchio artificioso e innaturale e infine, pur con tutta la ricchezza, una monotonia...

Credo che nella valutazione di Riike molte cose cambieranno.

* Evidentemente qui Guardini insiste svii'originario significato dei titoli anche se ora sono sentiti appunto come equivalenti all'italiano "signora"; gnadig è "grazioso" nel senso di chi da grazie o favori («. d. r.).

Hausbaden, sabato 29.8.53

Mi sento molto riposato. Talvolta penso che si potrebbe fare qualcosa di più energico, ma probabilmente il dott. Eli ha ragione ad applicare il suo metodo di tutto agio.

Intanto è arrivato Johannes Spori e conduciamo una vita simpatica: metà ciascuno per conto suo, metà insieme.

Di recente mi ha colpito vivamente un piccolo

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quadro: sul pendìo d'un piccolo avvallamento nel bosco c'era un arbusto, credo un nocciolo. Ne sporgeva un ramo con le foglie ben formate e sopra di esso splendeva chiara la luce del sole. Tutt'attorno invece no; così risaltava intensamente lo spazio; s'aveva la sensazione che il ramo fosse tenuto sospeso nello spazio; ci si sentiva in esso liberi e un po' in pericolo.

Hausbaden, giovedì 3.9.53

Gli ultimi tré giorni sono stati splendidi. Chiari, caldi, pieni di sole. Veri regali. Adesso il tempo sta cambiando di nuovo, speriamo non troppo verso il brutto.

Oggi per la prima volta ho sentito d'essere riposato a fondo. Una sensazione assai bella...

Ieri sera una piccola conferenza per le suore. Soltanto un quarto d'ora, ma è bastato, tanto più che le suore avevano dietro le spalle una lunga giornata di lavoro. (Sulla calma nella preghiera).

Hausbaden, sabato 5.9.53

Sono andato avanti fino alla metà della raccolta di poesia di Riike (1906-1926). Devo proprio dire « andato avanti », perché non mi riesce facile. Diventa penosamente percettibile quanto di

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ammanierato ci sia nelle sue poesie. E anche altro:

la monotonia dei pensieri e la carenza di sostanza del mondo. D'entrambe non avevo preso ancora piena coscienza. Continuamente dichiarazioni di un'intima pena esistenziale, dalla quale deriva certo qualche spunto di profondità e delicatezza... continuamente i singolari intrecci degli ambiti con la loro prospettiva diretta verso un'unità finale... Il « mondo » di Riike non ha alcuna ricchezza. Talune realtà ed esperienze determinano tutto. Ma quale differenza rispetto a Hólderlin, nel quale pure in verità il processo è il medesimo. In ciascuna delle sue poesie parlano altezza e profondità e universalità.

Ciò che di Riike rimane nel sentimento rammemorante è appunto la gracilità.

Dopo quanto ho detto, è un po' una vergogna, ma in questi giorni mi s'è chiarito quanta affinità esista tra me e Riike. Altrimenti, come potrei sentirne sotto la pelle ogni verso e parola per parola!

Hausbaden, domenica 6.9.53

Al mattino elezioni. In ultima analisi che istituzione vacillante! Vedendo la gente andare alla Kurhaus, dove avevano luogo le operazioni di voto, veniva da pensare: che cosa ne capivano i più di quello su cui avrebbero dovuto decidere?

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In fondo non ne capisco niente neanch'io, ma mi unisco a gente di cui sento di far parte. E tutti quei giovanissimi; e le molte donne, che con la vita politica non hanno affatto alcun rapporto.

La democrazia è un'utopia e, nel più profondo, irrealistica. Ciò che fa politica autentica sono le forze della stabilità, del giudizio, della visione capace di dominare dall'alto, del ricordo e della previsione realistica. I molti come possono disporre di qualcosa di simile? La democrazia è il mezzo per eliminare un governo d'autorità e prepararne un altro. Credo che fra vent'anni avremo di nuovo governi d'autorità. La differenza sarà soltanto se rispetteranno la persona o ne abuseranno.

Nel pomeriggio bella gita al castello di Bùrgein con Hanns e Olga Ruffin e J. Spórl. Specialmente la sera è stata splendida con tutte le stelle sull'ampia pianura.

Hausbaden, lunedì 7.9.53

Che esito hanno avuto le elezioni! Prima siamo rimasti sorpresi, poi sollevati, poi preoccupati. Un greco avrebbe detto: state attenti, il favore può essere una trappola del destino.

È accaduto già più volte che dopo il fallimento delle ingegnosità dei liberali e dei programmi socialisti sia apparsa come l'unica prospettiva la sal-

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olezza di coscienza dei cristiani. Ma la loro preparazione politica e le loro qualità umane sono all'altezza della situazione? Permane sempre la cattiva eredità del Kulturkampf, per cui i cristiani cattolici — in fondo i realmente credenti — sono stati allontanati dal governo.

Hausbaden, giovedì 10.9.53

Tenuta al Kursaal una conferenza sul film per scopi assistenziali della supcriora. La sala era tutta occupata e s'è avuto anche un bell'introito; però queste cose non hanno molto costrutto. Se vieni qui a riposare, dev'essere vero riposo; e nemmeno il pubblico che frequenta questi luoghi vale molto la pena.

Hausbaden, domenica 13.9.53

- Parlato nella S. Messa sul vangelo: l'esortazione a tutta prima sorprendente ad abbassarsi fino all'infimo posto « per » essere elevati al migliore, nella quale la virtù etica della modestia assume un tono così sospetto di intenzionalità — ma tutto il passo viene riferito poi al versetto, strutturato in modo analogo, sull'autoannientamento dell'eterno Figlio di Dio, per mezzo del quale è venuta a noi la redenzione e a Lui la gloria... Ma con

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ciò magnanimità e forza che si getta giù nel profondo.

Come avviene di frequente nel Vangelo, enunciazioni diverse si collegano a strati, uno dei quali prepara e prosegue gli altri.

Nel pomeriggio Ells, Spòri e io siamo andati a Colmar. Le formalità per il passaggio del confine accrescono il fascino e già si percepiva il carattere del Paese straniero. Ho ricordato l'autunno del 1947, quando il viaggio a Strasburgo e Lione aveva preparato così meravigliosamente quello in Italia.

Hausbaden, mercoledì 16.9.53

Rileggo le Ziiricher Novellen [Novelle zurighesi] di Keller *. Di nuovo la stessa impressione di una forma copiosa e fiorente, d'una moralità filistea e d'un odio contro il cristianesimo e contro la Chiesa che pervade ogni angolo possibile. E di nuovo il dolore per il fatto che esistano cose del genere.

Letto il discorso di Helmut Goliwitzer in ciclostilato sugli autentici contenuti del comunismo. Da molto da riflettere.

* Originariamente 2 voli., 1878 (n.d.r.).

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Monaco, 19.9.53

Di nuovo a casa dopo un viaggio buono, ma noioso. Di nuovo qualcosa, è passato, quattro

settimane.

A casa corrispondenza d'ogni genere con qualche sorpresa. R. Forni, che aveva tradotto in italiano II Signore, è diventato vescovo (titolare di Egina) e internunzio in Iran. Strano come questo muti il rapporto.

M. Schmaus ha dedicato a me il volume della sua dogmatica * che tratta dell'escatologia.

Infine il dott. Karl Wucherer-HuIdenfeld mi ha inviato il manoscritto della sua tesi di laurea che tratta della Gegensatzphilosophie Romano Guar-dinis in ihren Grundiagen una Folgerungen [La filosofia dell'opposizione antitetica di Romano Guardini nei suoi fondamenti e nelle sue conseguenze].

Tutto molto singolare.

* Tr. it. Dogmatica cattolica, 6 voli., Marietti, Torino (edizioni sempre rinnovate - n. d. r.).

Monaco, venerdì 25.9.53

Oggi è andata alla casa editrice la correzione delle bozze impaginate del libro su Riike. Io sono molto alleggerito. Il lavoro è durato tanti anni che talvolta mi meraviglio d'avervi potuto dedica-

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rè tutta quella fatica e tutto quel tempo, perché Riike è un poeta ne veramente grande ne schietto. Ma il confronto dev'essere avvenuto con il Riike che sta in me stesso, e questo vale la pena.

Ora voglio vedere che cosa ne dirà il pubblico. Nel pomeriggio ho ritirato gli oggetti dal gioielliere. La corona del rosario che mi sono fatto fare con i ciondoli del rosario buddhista: le perle delle decine sono di smalto azzurro pallido su argento; le perle del Padre nostro di avorio; la crocetta pure di smalto azzurro su argento. Una sensazione strana: vedere la catena di preghiere buddhista assunta nel culto cristiano, come quando un tempio antico diventa una chiesa.

E poi il rosario d'oro. Un mio capriccio: avere qualcosa di puro e molto prezioso. Non è riuscito pienamente come lo volevo io. L'oro è troppo rosso e troppo lucido. Peccato. Ma forse ci si può fare ancora qualcosa.

Monaco, martedì 29.9.53

Sarei dovuto partire ieri mattina. La notte precedente non sono riuscito a dormire e ho dovuto constatare che s'era rimessa in moto l'affezione ai seni mascellari e frontali dell'anno scorso.

Che strano quando ciò accade in momenti del genere! Cos'è che — nella profondità dell'animo — vuole che non si possa partire?

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Allora sono rimasto a letto e oggi va meglio, dopo che il dott. Bruckmeyer m'ha fatto un'iniezione e dopo avere ingoiato intrugli d'ogni genere. Speriamo di poter partire dopodomani. In ogni caso tré giorni persi.

Oggi m'è arrivato un invito dall'ambasciatore tedesco a Roma a tenere una conferenza là. È ancora sempre in sospeso l'invito di mons. Montini. Ma non rischio un soggiorno in autunno, per poi ritornare con qualche altra storia.

Basilea, 2 ottobre 1953

Partito finalmente ieri. Sono arrivato a Basilea verso le 5 e ho avuto subito la vecchia impressione di pulizia e benessere, che oggi da una sensazione così ambivalente a coloro che arrivano in Svizzera da fuori.

Poi ho parlato con il dott. H. di tutto quanto riguarda la stampa del mio saggio sulla visione del mondo, che ora risale a più di trent'anni fa, con l'epilogo del dott. Fries, ecc.

Nel pomeriggio di oggi sono stato dalla signora dott. Kaegi (Adr. v. Speyr), dove ho incontrato H.U. v. Balthasar. Ci siamo accordati nel senso che non avrebbe dato corso alla selezione dei miei scritti che aveva programmato (su indicazione di Hagner). Essa avrebbe dato un sistema dei miei pensieri e io vorrei rimanere ancora libero. Per

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questo ci sarà tempo ancora più tardi.

A sera ci siamo recati ancora con l'automobile della signora dott. Hutton alla casa nuova del futuro Johannesbund [Lega di san Giovanni], diretto dalla signora v. Speyr e da Balthasar. Si possono nutrire tutte le attese per quello che ne verrà fuori. Il problema della comunità consacrata nel mondo è così importante, e questo tentativo è interessante.

Nel colloquio mi s'è chiarita una cosa: il problema religioso del nostro tempo consiste non tanto nel quesito se Dio esista e come sia, quanto nell'altro, se e come sia possibile una coesistenza del mondo con Dio. Se in una tale (coesistenza) possa esistere Dio, e l'uomo, quale compendio della creazione, possa essere uomo. Il problema è nato partendo dall'esigenza di autonomia dell'epoca moderna, ed ha trovato la sua ultima formulazione nell'alternativa dell'esistenza formulata da Nietzsche. Comunismo ed esistenzialismo tirano le conseguenze pratiche.

Durante il semestre passato, nel corso di etica ho trattato solamente dell'idea di autonomia. Nel prossimo voglio iniziare con questa formulazione.

Se è giusta, vi si dovrebbe concentrare l'intera attività religiosa, a dimostrazione che l'uomo è uomo soltanto con e in Dio; ma la rivelazione su Dio consiste proprio nel fatto ch'Egli è Colui che vuole il mondo, l'uomo e la sua redenzione per farlo accedere all'esistenza suprema, cioè « ama ».

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Milano, dom. 4 ott. 1953

Arrivato qui ieri sera con ritardo. Alla stazione c'erano Aleardo e Giuliano. Di nuovo in famiglia, per me ancora una volta uno stato così poco reale, dato che ne vivo fuori dal diciottesimo anno d'età;

per me non ha molta realtà neanche in sé, benché io stia bene con tutti.

Stamane alla Messa in Duomo. Siamo d'accordo che artisticamente non vale molto, è pomposo e tante altre cose, p. es. non può sostenere il confronto con la magnifica purezza di S. Ambro-gio. E tuttavia vi si coglie costantemente la potenza dell'enorme spazio a mezz'ombra fra i molti pilastri giganteschi, nel quale si può incedere con tanta solennità.

Nel pomeriggio siamo andati al Lago Maggiore. Aleardo mi ha raccontato delle sue gravi preoccupazioni e abbiamo ponderato se forse sia praticabile una via indicata da P. Babolin.

Milano, lun. 5 ottobre 53

Mostra di Picasso a Palazzo reale; circa 800 opere. Mi hanno totalmente scombussolato.

Non sapevo che P. fosse così forte. Ne avevo coscienza come di un artista valente e nello stesso tempo come di uno sperimentatore, forse perfino di un venditore di fumo. È di più. Non grande

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nel significato autentico della parola, ma forte e d'una produttività veemente.

Le sue cose tranquille — p. es. le immagini di bambini, alcune di esse — sono belle. I vasi e piatti in parte genuina tradizione antica. Le altre, surrealiste o comunque le si debba chiamare, spaventose.

Con terribile monotonia, certo con mezzi sempre nuovi nel colore e nella forma, viene ripetuto sempre lo stesso procedimento: il legame armonico interiore della figura umana vien fatto saltare. Poi a mano a mano ne spuntano fuori i vari elementi: membra, organi, movimenti. Continuava a venirmi in mente il parallelo con l'« esplosione dell'atomo ». La « natura » è l'insieme delle forze, ma vincolate e collegate tra loro. Qui la natura vien fatta scoppiare e gli elementi precipitano fuori come passioni, come deformazioni, come esplosioni. La persona viene annientata. L'uomo si trasforma in animali, blocchi, macchine. Sono impulsi che hanno innescato le ultime guerre e azioni totali.

Nella sala del trono c'era di che rimanere atterriti. Un ambiente enorme, alle cui pareti le innumerevoli statue e colonne erano ancora tutte frantumate o mutilate. Completamente vuoto e illuminato dalle direzioni più svariate con luce indiretta. Dentro due dipinti immensi: la guerra e la pace. Non so che cosa fosse più orribile, questa « guerra » o questa « pace » — questi esseri scatenati che uccidevano o danzavano!

Ili

Accanto due più piccoli; il « macello », pieno di corpi umani fatti a pezzi, e la « fucilazione » d'un gruppo di donne nude da parte d'un guerriero non più umano proprio allo stesso modo.

Che ne è di noi, in mezzo a queste forze? Forze attorno a noi, ma anzitutto in noi? In ciascuno di noi? Questo è uno dei grandi pericoli del tempo futuro: le energie scatenate dall'atomo potranno rimanere vincolate dalla forza morale? Il pericolo più grande ancora è: gli impulsi psichici liberati dalla volontà di autonomia potranno essere vincolati da una nuova religiosità?

Isola Vicentina, mercoledì 7.10.53

Sono stato a Bologna con Aleardo.

La strada attraversa la regione comunista dell'Emilia; il paese di don Camillo, dove le cose hanno una durezza e pericolosità ben diverse da quelle descrcitte nel libro, al punto da poter pensare ch'esso in realtà ha recato molto danno, perché ha dissolto il pericolo nell'umorismo, mentre il comunismo è un radicalismo assolutamente privo di humor e distruttivo.

Oggi con l'automobile di Mario sono passato per Brescia e Verona. A Brescia ho visto la Mor-celliana e discusso di alcune questioni editoriali.

Con le traduzioni non mi trovo mai bene, in italiano meno che mai. Di regola il lavoro dei

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traduttori è difettoso, spesso addirittura scadente. Ma non si riesce a metterci rimedio; ne manca il tempo.

Isola, domenica, 11 ott. 53

II giardino — o meglio ormai un parco — è stupendo. Nei mesi scorsi ha piovuto tanto che tutto il verde è ancora in pieno vigore e freschezza. Il tempo è straordinariamente limpido e talvolta inoltrarsi sotto i begli alberi rende per un attimo interamente felici.

Un albero è una cosa primordiale; pieno di mistero e nel tempo stesso si attesta come una realtà sicura. E con quale forza quest'attestazione si compie in forme sempre nuove! Com'è decisamente se stesso l'albero di magnolia, con le sue foglie robuste e lucenti, che sono come oggetti e d'inverno non cadono... Il faggio sanguigno, che sale su con il suo tronco chiaro e ben modellato, traendo fuori un mondo dallo spazio... Gli alberi del cedrus deodara, i cui rami s'allargano chinandosi verso il suolo, per ergersi poi sempre più verso l'alto, fino a confluire in una punta smussata, mentre l'insieme forma una poderosa piramide... Il pioppo bianco, chiare realmente come argento grigioverde le sue foglie e i rami... Il gingko biloba, con le sue foglie strane, tutto dorato nella luce del sole, davanti al quale vien

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fatto di pensare a Goethe... I pini — pinus ma-ritima —, che danno un'impressione d'altezza così libera, risvegliando sempre in me il senso d'un'antica storia del Sud... E infine i cedri del Libano, con la loro solenne imponenza divenuta grazia elegante... Tutto questo è bello. Chiaro, eloquente, mentre continua a ritrarsi nella sfera dell'indicibile.

Da quasi trent'anni — tolti quelli brutti della guerra fino al '48 — sono ritornato costantemente ad aggirarmi per questo parco.

Quasi tutte le lezioni che poi hanno preso forma di libri, sono nate qui. Però non m'è mai riuscito d'avere la sensazione che tutto appartenga a noi e quindi anche a me. È stata sempre e soltanto un permesso di starvi dentro. (Al pari che davanti alla bella casa, così meravigliosamente equilibrata.)

In questi giorni m'è ritornata la consapevolezza di quanto il mio pensare somigli alla creazione artistica. Dapprima va alla ricerca attorno a sé, finché ha trovato il punto fecondo; poi lo circonda^ e si sviluppa a poco a poco. Non posso dire che sono io a far questo, ma si fa da sé. Però il servizio a questo evento, l'abbracciare, il proteggere, lo starvi attenti e nel tempo stesso il non lasciarsi fuorviare è faticoso come un'attività propria. Tutto deve passare attraverso il centro inferiore della nascita. Nessun pezzo si può aggiungere da fuori. Così si crea subito una forma, che poi diventa sempre più matura e più ricca.

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Tuttavia ciò che nasce qui non è opera d'arte, ma intellezione, verità; rinascita di ciò che di per sé è nell'essere conosciuto; forma, plasmata a partire dalla verità.

Per tutta l'etica, che adesso si estende già fino al settimo semestre, non ho scritto alcun libro. Assolutamente non potrei. Fuorvierebbe il processo, ponendo compiti di tutt'altro genere.

Ora, come ultima parte dell'intero corso, cerco di delineare l'etica dell'esistenza cristiana. Il contesto diviene sempre più chiaro. Di nuovo come forma vivente, dalla vicenda della rivelazione, dalla storia sacra. Moralità cristiana come un essere chiamati dal Dio santo e una collaborazione con il suo operare.

Isola, lunedì 12 ott. 53

Siamo stati a Verona e mi sono ordinato un vestito da Crivellini. Poi siamo andati in giro ed ho sentito di nuovo quanto la città mi sia più vicina rispetto a Milano. Non per niente son nato in via Leoncino, che porta all'Arena.

Al ritorno siamo passati per Colognola ai Colli e abbiamo visitato la villa dei nonni materni. Ci hanno lasciati entrare nel giardino — i proprie-tari erano giusto assenti — e tutto era non molto diverso da quando andavamo a trovare i nonni da bambini. Soltanto che erano trascorsi più di cinquant'anni — e in parte che anni! —... Non

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voglio ricordare. Ciò che è passato, per me è molto superato; a parte la considerazione che sul fondo d'ogni ricordo giace questa sensazione:

avresti potuto impiegare meglio la tua vita; questa vita breve, che adesso, anche se dovesse diventare « lunga », è comunque agli sgoccioli. Come sono stravolte tutte le cose... A casa ho trovato un telegramma dell'Accademia delle belle arti che chiede se potrei iniziare la serie di conferenze già otto giorni prima. Questo significa che devo lavorare di più.

Isola, mercoledì 14.10.53

Rileggo Lotte in Weimar * di Thomas Mann. Il libro dimostra un'abilità incredibile, anche se il capitolo col racconto di Adele Schopenhauer è sproporzionatamente lungo e anche monotono nella forma espositiva.

La psicologia è sottile e acuta; e la risolutezza con la quale vengono citati i lati spiacevoli o meschini di Goethe ha qualcosa che solleva molto.

Però attraverso tutta la narrazione traspare una brutta gnosis; vale a dire una tecnica tendente a forzare all'identità per mezzo d'analogie e paralleli quanto è essenzialmente diverso, in modo tale che non rimanga più alcuna distinzione e quindi alcun carattere.

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Qui sono sempre alla ricerca della vecchia Italia — probabilmente quella della mia infanzia —, nella quale non esistevano ancora cemento armato, motori e altoparlanti. Ma scompare dappertutto. E dove rimangono ancora gli edifici, le persone tuttavia sono diverse.

* Tr. it. Carlotta a Weimar (con Confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull), Mondadori, Milano 19612 (». d. r.).

Isola,venerdì 16.10.53

Oggi brutti rovesci di pioggia. Un nubifragio ch'è durato più d'un'ora e poi ancora, pure se non più con pari intensità. L'aria è pesante e calda. Ancora adesso alle nove e mezzo di sera. Tutta la casa è imbevuta d'umidità.

Si pensa alle inondazioni di due anni fa e ci si preoccupa.

Che silenzio qui. Fuori nessun rumore. La casa è tanto grande e costruita solidamente che dalle altre stanze non si ode niente. C'è soltanto il brusìo del fuoco nel caminetto.

Quante volte, da oltre 25 anni, sono rimasto a sedere qui nella stanza con le pareti affrescate, la libreria e la grande tavola. Ciò significa che prima della morte del fratello Gino qui c'erano altri mobili. Poi ci sono entrati quelli lasciati in eredità da lui. Ma il silenzio è come allora. Qui ho scritto tutti gli abbozzi in preparazione

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delle mie lezioni, dalle quali poi sono nati i libri.

Tra un po' mia madre, Mario e Romana andranno a dormire. Verso le undici e mezzo mi alzerò, darò un'occhiata al fuoco e me ne andrò anch'io. Nell'atrio tutt'attorno arderanno i lumi alle pareti, che Mario accende perché io ci possa vedere. Ardono silenziosamente e in mezzo sta la grande scultura, una Venere di marmo con il Cupido. È sempre maestosa e un pochino inquietante.

Poi giro i lumi e salgo la scala. Il pianerottolo superiore è buio e quando vi colloco una lampada si desta all'improvviso. È quadrangolare, 12 passi per lato e sopra una cupola rotonda, alta penso 10 metri. Sopra, alle pareti, grisailles, e sotto due grandi paesaggi classicheggianti.

La scena è sempre bella; l'ambiente alto, che non si conforma perciò affatto alle nostre condizioni abitative miseramente anguste. (Lo spazio che occupa tutta la mia abitazione è inferiore a quello della sala da pranzo qui.) Se ne dipartono le camere da letto da tutti i lati e istintivamente si pensa di assistere a una commedia del Goldoni.

"Ma tutto è solitario, sempre più solitario, e penso che non durerà più a lungo... In tutto si sente l'andare verso la fine.

Proseguo nella lettura di Lotte in Weimar. Pieno di pensieri ingegnosi, ma stranamente monotono. Tutto è troppo lungo.

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Isola, domenica 18.10.53

Ieri ho finito la sistemazione — in effetti si tratta più d'un abbozzo, perché sono 30 pagine scritte in stenografia — del corso di etica del semestre d'inverno. Se il tempo basta, adesso rielaboro ancora una volta tutto lo scritto e concordo meglio i particolari fra loro. Devo vedere pure che il fattore « etico », per meglio dire:

il compito, l'esigenza, risalti di più.

Mi preoccupa anche come concordare con quanto precede l'ultima parte, relativa alla vera e propria dottrina cristiana della vita. Migliorare questo aspetto sarà riservato alla seconda lettura.

Ora devo abbozzare la conferenza per l'accademia. Va tenuta già il 16.11.

Oggi, mentre leggevo un pezzo dei soliloqui di Goethe in Thomas Mann, forse ho capito che cos'era per lui la « natura » e che fino a un certo punto ci potrebbe bastare essa sola: l'ignoto, quanto si rivela in tutto; ciò che opera in ogni particolare, e tuttavia è uno... Ma in verità v'è un secondo elemento, ribelle, demonizzato.

Isola, martedì 20.10.53

Questa notte il temporale ha infuriato in continuazione e ha piovuto a torrenti; per alcuni minuti è grandinate come se contro le persiane

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battessero veri ciottoli. La grande casa spaziosa ne rintronava.

In questi giorni mi sono arrivate come spiriti due lettere. Una me l'ha data mia madre; gliela avevo scritta da Berlino 101/^ anni fa, così come si poteva scrivere nel 1943.

L'altra veniva da un passato ancora più remoto. M'ero preso la Liturgische Bildung [Formazione liturgica], che deve andare in ristampa. L'esemplare proveniva dalla biblioteca di Gino. Gliela avevo regalato io, ed ora vi si trovava dentro una lettera appena incominciata e diretta ad Any, ch'egli evidentemente le voleva scrivere in Berlino nel 1923. Soltanto l'intestazione e una riga e mezza...

Oggi è arrivata una lettera da Monaco, secondo la quale la sig.na Chr., mia segretaria da lunghi anni, ha dovuto essere ricoverata in ospedale;

non sta affatto bene. Grande inquietudine, anche se ci dovevo essere preparato da tempo. Chissà che ne sarà?

Isola, giovedì 22.10.53

Ho finito di leggere Lotte in Weimar di Tho-mas Mann. Un libro scritto con incredibile abilità, mi sembra d'averlo già detto. Ma per quanto riguarda il contenuto, ogni frase è giusta ed errata nello stesso tempo. Ed errata in un modo cattivo,

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velenoso, cioè gnostico. Non so se il Goethe reale pensa così; quello di Thomas Mann, toglie di mezzo ogni decisione. Tutto si riduce al 'tanto-quanto'. Solo che si salga in alto quanto basta, ed ecco si risolvono tutte le contraddizioni, anzi diventano elementi necessari della totalità. Il valore più elevato è l'ironia, sotto l'aspetto poetico la parodia, il gioco sovrano di colui che sta nell'intero, nella totalità e quindi, nel suo ambito, nulla prende sul serio; l'atteggiamento dell'Angelo di Riike, per il quale tutti gli esseri sono pupi nella rappresentazione di marionette che è l'esistenza.

Adesso dalla biblioteca lasciata da Gino ho preso i Buddenhrook *. Fra i due libri si stende un lungo periodo di tempo. Voglio vedere se nell'intervallo è accaduto qualcosa. A giudicare dalle novelle, p. es. da Tomo Króger **, verosimilmente non molto.

* Tr. it. I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia, Einau-di, Torino 1976 (n.d.r.).

ft* Tr. it. Tonio Króger con testo tedesco a fronte, Rizzoli, Milano 1977 [n. d. r.}.

Isola, sabato 24.10.53

Pioggia in continuazione. Frammezzo una catena di temporali. Poco fa un altro. Adesso c'è una schiarita, per la seconda volta da settimane. Dalle finestre sul retro si vedono le cime delle

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montagne bianche di neve: solenni e calme.

Ma segnalano inondazioni dovunque. In questi giorni siamo andati a Padova e non abbiamo potuto seguire la solita strada, perché un ponte è sommerso. Così siamo dovuti passare per Cittadella, una cittadina antica, ancora con le sue mura medioevali, come Marostica. Dopo averla lasciata, abbiamo visto per ampi tratti i campi sotto l'acqua del Brenta.

Adesso è fresco. Qualche giorno fa l'aria era ancora pesante e afosa; inquietante come minaccia di diluvio.

Isola, lunedì 26.10.53

La conferenza sulla situazione dell'uomo nel campo della tecnica è terminata nella seconda redazione. (Deve introdurre la serie che l'Accademia di belle arti organizza sul tema tecnica e arte).

_È stata una cosa difficile. Anzitutto perché si tratta di prendere in considerazione nell'ambito d'una sola relazione un fenomeno molto complesso, così da darne un quadro. E poi in quanto si devono citare tante e tante cose che non esistono più o sono minacciate d'estinzione, e tuttavia non deve nascere un'immagine soltanto negativa; questo non sarebbe vero. E inoltre gli ascoltatori, i più giovani in ogni caso, semplicemente non sta-

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rebbero ad ascoltare. Essi devono pur vivere e quindi poter dire di sì.

Il tutto è stenografato e questo rende impossibile una visione d'assieme. Così non so ancora fino a che punto sono riuscito nell'intento.

Isola Vie., giovedì 29.10.53

Un paio di pensieri o intenzioni che mi sono venuti:

A un pontificale: dopo il canto di terza, in corteo abbastanza lungo gli accoliti recano i paramenti al seggio del vescovo, sempre un capo dell'abbigliamento dopo l'altro. Questi capi non hanno niente a che vedere con il « vestito » come l'intendiamo noi, espressione di personalità, utilità, ornamento ecc. Invece ciascun capo è una potenza, che viene indossata. Tanto quanto è possibile. E allora il Ponfifex sta qui e, investito del potere, s'accinge all'opera santa di cui vivono la comunità e il mondo. Così è; e ogni protestante, ogni razionalista manderà alte grida di protesta per l'orrore e l'assurdità, e tuttavia è così.

Perché Cristo non s'è aperto un varco nel potere o invece non se n'è andato via e non s'è salvato? In tal caso l'intera realtà dell'uomo non sarebbe venuta alla ribalta, l'epifania della perdizione non si sarebbe compiuta per intero. L'uomo non avrebbe sperimentato tutta la misura della sua distruzione.

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Isola, domenica 1.11.53

La natura umana ha una struttura misteriosa. Tutto è donato, poiché del patrimonio fondamentale nulla ci possiamo dare e nulla togliere. Ma, nell'ambito del dono dell'esistenza, si può riconoscere che quello che si ha lo si deve pagare. I,'uomo, questo m'appare continuamente chiaro, è l'essere universale. È riferito alla totalità del mondo, e perciò ha egli stesso un carattere cosmico. Nell'ambito dell'universale, riceve una determinazione particolare, ma la travalica per mezzo di quella possibilità universale. Così egli ha cognizione della propria limitazione; e l'accettarla da parte sua è il prezzo per ciò che egli è. Ma non si finisce mai di avvertire il prezzo.

Esiste un tipo di creazione spirituale, che si deve pagare con la capacità di sentire. Lo si scorge, ma non si riesce mai a superare il dato di fatto che la vita è vuota. Affinchè possano nascere le opere, dev'essere manifestamente così; ma il fatto che sia così, cancella la vita. Ciò influisce in tutto;

nel proprio essere e nel rapporto con gli uomini.

-Se lo si comprendesse con chiarezza — inte-riormente, e non soltanto intellettualmente — e lo si realizzasse fedelmente, si potrebbe, direi quasi, diventare santi. Però è una pena che fa tanto miseri.

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Isola, martedì 3.11.53

Oggi mi sono chiesto perché mai cerco di portare avanti questo « diario ». Perché, in genere, si scrive un diario?

Lo si potrebbe fare perché si vuoi vedere in faccia se stessi, capire la struttura della propria esistenza e forse ancora progredire con se stessi. Non è il mio caso. Propriamente non mi trovo interessante. Qualche volta ho avuto la sensazione che dietro la mia esistenza stiano un significato e un volere nascosto — come di volta in volta accade a ogni uomo —, ma appunto il mio. Però non è un significato che si colga in termini biografici e un diario non aiuta a scoprirlo.

O si potrebbe avere un interesse esplicitamente biografico; il desiderio di raccontare quello che è accaduto e come vi si è sviluppata la propria vita, collegato all'idea accessoria di raccontarlo anche ad altri. Non ho nemmeno questo interesse. La domanda: che cos'è avvenuto? e: com'è andata? in me non è assolutamente viva; neanche nei miei confronti.

Che motivo rimane dunque? Forse il desiderio di salvare qualcosa del terribile passare della vita, per me nefasto in modo particolare, perché ho una memoria tanto cattiva dei fatti, una memoria assolutamente scadente. La mia « memoria » consiste nel fatto di poter riproporre continuamente un pensiero. Lo stato spirituale in cui si ha una riserva di sapere, una ricchezza d'imma-

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gini del passato da poter richiamare, in me ha uno sviluppo molto scarso. Devo produrre tutto traendolo dal presente. Così ho il desiderio di salvare qualcosa del passato.

Però temo che non mi gioverà molto, perché difficilmente lo rileggerò. Qui entra in campo l'altra potenza oscura: la malinconia. I ricordi mi fanno paura. L'essere passato è spaventoso.

Se un giorno Dio sarà benigno, ritroveremo in Lui tutto quanto è accaduto. Allora è Lui la mia memoria e, voglia concedermelo, nello spazio dell'amore.

Noto che in enetti alla domanda non ho dato una risposta giusta. Perché scrivo questo diario? Appunto... lo faccio.

Isola Vie., 5.11.53

Mi viene continuamente un'idea strana, ma è più che un'idea: l'essere toccato da un dato di fatto, che Dio è la verità. Detto così, però, sembra un luogo comune. Devo precisare meglio. Se nel va e vieni delle autogiustificazioni mi devo dire: però questo è così e così e non ci posso far nulla, allora la sensazione che provo è questa:

l'ineliminabilità di questo dato di fatto o di questo contesto, questo è Dio. Preciso ancora di più:

in questa ineliminabilità, che si chiama verità, si rivela Dio.

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« La verità » è un'astrazione; per indicare una maniera, in cui Dio è se stesso.

È in assoluto l'ultima risposta; io dico, l'ultima che venga data quando tutte le altre sono state date; o che viene data attraverso tutte le altre. L'ultima risposta a tutte le domande dice: questo è così perché Dio è Dio. Quello che fu detto sul-l'Oreb è inizio e fine di tutto il pensare: « Io sono quello che sono» [Es. 3, 14].

Isola Vie., sab. 7.11.53

Poco fa ho dato una scorsa ad alcuni numeri del settimanale « Oggi » e sono rimasto nuovamente disorientato davanti all'impudenza della pubblicistica moderna. Il periodico viene considerato buono e decente. (Detto tra parentesi, qualche tempo fa ha pubblicato un articolo piuttosto lungo su me stesso.) Lo è anche dal punto di vista dell'erotismo per l'unità di misura odierna. Ma da quello della realtà personale... Qui si mostrano in figure a piena pagina lunghe serie di coreani uccisi e le loro donne con i visi stravolti dal dolore che riconoscono i loro uomini. O una grande illustrazione mostra una donna condannata a morte — con nome e circostanze —, che prende congedo dal marito e dal figlio... e così via.

Che atmosfera ne esce! Non è lontano il giorno

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in cui dovremo semplicemente combattere per la nostra vita contro una pubblicistica che è più criminale degli antichi cavalieri predoni.

E il peggio sarà che sono d'accordo le stesse persone esposte così in pubblico.

Monaco, mar. 11.11.53

Ritornato ieri. Concluso un periodo di oltre cinque settimane. Presagisco constantemente l'attimo in cui si dirà: « Tutto da concludere — niente più », fino alla stessa ultima conclusione e al passaggio aldilà.

In questo periodo s'è fatto parecchio. Se riuscirà come l'ho meditato nella sistemazione, il corso di etica risulterà buono. Certo che cosa diranno gli ascoltatori, quando cercherò di derivare il dovere dal senso genuino della rivelazione? Anche la relazione per l'accademia è in un certo qual modo a posto, pure se mi sorprende costantemente la sensazione che non valga nulla. - E l'altra faccenda.

La sig.na Chrz. è ancora all'ospedale. La segretaria di Johannes Spori mi da un aiuto. Tutta la questione diventerà un po' difficile.

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Monaco, gio. 13.11.53

Ho trovato un biglietto sul quale avevo annotato una specie di poesia in lingua francese, ch'era nata in sogno o nel dormiveglia, non ricordo più bene. Una cosa singolare, l'insieme. Dice così:

Le cygne parie:

Sois le bienvenu dans ce monde étrange

O toi dont l'àme est ouverte comme celle de l'ange

qui recoit l'ordre du Seigneur Dieu ...

Le monde est grand et tout vert et rouge

et bleues sont le profondeurs de la terre et du temps...

Non va oltre.

Monaco, dom. 15.11.53

Oggi era la prima liturgia in S. Luigi. Moltissima gente; tanta che non si sa se rallegrarsi o inquietarsi.

Ho parlato del Verbo nella creazione e nel linguaggio. Come introduzione all'attività del semestre. Che cosa penseranno — nella media — gli ascoltatori nel sentirsi parlare della responsabilità del linguaggio? Che in assoluto ne pensino qualcosa?

La mia influenza mi preoccupa. Speriamo che non mi intralci il cammino, domani dovrò tenere la relazione all'accademia.

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Monaco, lun. 16.11.53

Dunque la relazione è stata tenuta. Il numero degli ascoltatori elevato oltre ogni aspettativa. L'auditorium maximum dell'università tecnica era sovrafEollato; inoltre trasmissione in altri due auditori.

Che cosa abbiano recepito gli ascoltatori non so. Stando a quelle notizie che ne sento io, la cosa è molto incerta. (Quanto più esercito il mestiere dell'oratoria, tanto più la cosa mi riesce problematica. Ma ormai ci s'è dentro e se ne dipende e si spera che ne esca pur qualcosa di buono.)

Monaco, ven. 20.11.53

Ora le conferenze sono passate. Sette in tutto. Dopo la prima il numero degli ascoltatori è aumentato ancora. Quello che ne è uscito sotto l'aspetto spirituale, non è deciso. Ad ogni modo è stato un tentativo dell'accademia d'uscire dalla sua quiete dignitosa e di fare qualcosa di ciò che dovrebbe fare.

Monaco, ven. 20.11.53 Oggi pomeriggio seduta di facoltà. Fra l'altro

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il problema dei collegamenti, specialmente quelli decisivi. Ha parlato Pfeiffer, bene e con linearità di dirczione. Dietro suo invito pure io, la prima volta da quando faccio parte della facoltà.

Non ne è uscito molto. La cosa è piuttosto sconsolante. La resistenza contro la restaurazione si perderà per strada e anche qui le cose andranno come andavano, cioè appunto peggio di come andavano, perché ci sono di mezzo i dodici anni della guerra e del dopoguerra. Non s'è imparato niente e non si sente la forza per un nuovo inizio.

Questa sera è stato qui Heidegger. Una visita umanamente bella, intima.

Monaco, lun. 23.11.53

Serata singolare. Certe volte è così. Sto a sedere, leggo qualcosa e continuo a posare il libro. Come se le pareti diventassero più sottili. Le pareti delle cose. Anche le pareti del mio proprio essere; e di quando in quando ho sentito come sarebbe se sapessi cosa si intende di fare di me...

Forse oggi — o ieri e oggi — ho ricevuto un dono. Ritorna costantemente il pensiero: come può Dio essere quello che noi crediamo se crea il mondo, Egli che puramente e semplicemente è *, il mondo, questa piccolezza? Allora mi aiuto con il pensiero di Josef W.: l'amore fa queste cose. Detto teologicamente: appunto questo è Dio, proprio Lui, e appunto così come devono essere le

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cose se Egli deve agire in tal modo.

Ho soltanto la preoccupazione che un giorno il pensiero non riesca più ad operare...

Ed ora m'è venuta un'altra idea: è presunzione da parte tua volerlo racchiudere in un « perché ». Prendi questo pensiero come una cortesia di Dio, come una piccola porta, e Lui stesso come l'incomprensibile.

Forse questo basta. Quanto ci sarà da pentirsi un giorno davanti alla morte...

* In termini scolastici lo Schlechthin-Seiende dell'originale tedesco si potrebbe tradurre ipsum esse subsistens (n.d.r.).

Monaco, mer. 25.11.53

Ho qui una montagna di richieste e d'inviti. Conferenze a Roma, Bruxelles, Parigi, Città di Messico, Colonia, Zurigo, Torino e così via e via. Sembra che appartenga veramente alla cerchia degli uomini « guida ». Ma è cosa da rabbrividire. Io non reggo all'attività che vi è collegata. Non ho ne l'interesse ne la forza d'ordinare ne la capacità di tenere presenti i nomi e le cose, tutto ciò che fa parte di tale affaccendamento. In principio ho tribolato per starci dietro. Poi non ci sono riuscito; ma il fallimento mi ha turbato. Adesso la cosa mi diviene indifferente.

Il democratismo è terribile. Ognuno si rivolge a chiunque altro e s'offende se l'interpellato non

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resta a disposizione. L'unico rimedio — finché funziona — è l'indifferenza. Si dice no, o non si risponde affatto. Con il tempo si crea un'atmosfera che un po' protegge.

Monaco, ven. 25.11.53

Oggi m'è ritornato il vecchio quesito di com'è quando una persona ne giudica un'altra. Me l'ha riportato una certa occasione. Un tale m'ha detto:

questi è così e così. Poi parla l'altro: il primo è così e così. E io non riesco a far combaciare i giudizi. Questo avviene continuamente ed io mi domando, se un vero giudizio sia in assoluto possibile. Prima — quanto spesso! — cercavo di far combaciare i due giudizi; temo, in fondo, sempre invano. Anzi, abbastanza spesso questo peggiorava la situazione, perché l'uno mi rimproverava di parteggiare per l'altro. O mi accusava di non voler prendere partito e di recitare la parte di chi è superiore alle cose della vita, e questo, mi si diceva, era anche peggio.

Di regola giudicare vuoi dire prendere posizione: io sono per tè o contro di tè. Posizione nella lotta per la vita. Può essere duro; comunque è chiaro. Ma rivendica pure d'essere vero, perché questo da il fondamento al diritto. Ed è un'arma a favore o contro. Ma è vero? E giusto?

Di solito è sbagliato; e completamente giusto

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mai. E pure quando tutto fosse stato visto nel modo giusto, motivi e motivi dietro i motivi, tutto fino all'inconscio più profondo, allora rimarrebbe ancora il fatto che io non sono lui e che lo metto sotto giudizio, e questo sarebbe errato.

Monaco, 27.11.53

Oggi sono arrivate le prime copie del libro su Riike. Ne ho meditate e scritte le frasi così spesso che mi sembrano completamente logore.

Ci ho messo tanto lavoro, ed ora non so se tutta questa fatica abbia avuto un senso.

Inoltre stampa e copertina sono deludenti. Forse una soddisfazione verrà una volta in seguito.

Oggi pomeriggio per strada un bambino m'ha domandato: « Quant'è tardi? » *. Un modo malinconico di chiedere l'ora. Quanto è tardi? Quanto vicino alla fine?

A sera sono stato per la prima volta da B., nella sua abitazione nuova. Luminosa, ordinata e convincente. Mi rallegro per lei. Ora è finalmente di nuovo a casa, dopo tutto quello ch'è seguito alla Wùrttembergallee di Charlottenburg. Se sono ben studiate e s'è lavorato senza risparmi, le nuove abitazioni sono molto adeguate. E tuttavia ne desidero tanto una vecchia, ritengo di prima del 1850. Il desiderio è quasi fisico;

come d'un abito caldo e ben fatto.

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* In tedesco per chiedere « Che ora è? » si può dire « Wieviel Uhr ist es? » oppure « Wie spat ist es? », che qui si è tradotto letteralmente per far capire il senso della nota di Guardini (». d. r.).

Monaco, dom. 29.11.53

Prima domenica d'Avvento. Domenica scorsa avevo iniziato un ciclo sulla Chiesa. Oggi l'ho interrotto e ho parlato di quel venire, che opera nella vita; di ciò che viene a una persona e che si deve aspettare, certo anche accogliere. Della venuta di Cristo, allora e continuamente poi...

In questo semestre la chiesa è molto piena;

la voce mi crea difficoltà.

Monaco, mart. 1.12.53

Concerto nel grande Residenzsaal; trio Fischer, Schneiderhahn, Mainardi; Brahms, Beethoven, Schubert.

Gli artisti hanno suonato magnificamente; la sala era piena fino all'ultimo posto. L'atmosfera come a una festa: elevazione, gioia, qualcosa come uno sfolgorìo sopra ogni cosa.

Perché ci si deve tormentare con l'orribile pe-nosità delle arti più moderne, quando esistono cose del genere? Che cosa avrebbero detto i greci, italiani, francesi dei bei tempi davanti all'imposi-

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zione di una tale pretesa? Non si finisce mai di chiedersi che cosa significhino le nuove correnti. Di regola le discussioni prendono le mosse da teoremi e princìpi che sembrano dire cose d'ogni sorta. Ma appena uno guarda con i propri occhi, gli viene incontro qualcosa di repellente. Perché questo lo si deve trovare confacente, adeguato ai - tempi, impegnato e via via di questo passo?

Ieri ho incontrato Riezier, il quale diceva di aver sentito a Colonia la musica elettronica; gli è parsa come una rivelazione del demonio.

Monaco, ven. 4.12.53

L'altro ieri è stato a pranzo da me il prof. Manacorda. Un ricordo di più di vent'anni fa. Gli avevo fatto visita a Firenze e lui m'aveva mostrato uno scorcio della Firenze di Dante durante una camminata per la città di notte. Adesso era qui per una conferenza. Martedì aveva parlato al seminario di lingue romanze sull'apparire delle • varie arti nella Divina Commedia. Non avevo capito molto, perché il mio udito va peggiorando a vista d'occhio. (Voglio vedere quanto passerà prima che mi debba decidere a comperarmi un apparecchio.)

Egli dice « mio caro amico ». In italiano questo significa poco, come in francese. Però sembra che lo pensi per davvero. Questo mi spiace, perché non mi sento legato a lui.

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È invecchiato molto. Mentre parlava, mi sentivo costretto a pensare in continuazione come l'avrebbe ritratto sulla tela un pittore del Quattrocento. Una testa calva, occhi piccoli e ravvicinati fra loro, colorito pallido, un gran naso affilato e sottile, pochi denti. Deve aver esaminato in profondità tante cose e conosciuto persone importanti: Pio xi, Mussolini, Hitler e tanti altri. Letteratura tedesca, patristica, traduzione di testi di Richard Wagner, estetica, filosofia — un miscuglio singolare.

Monaco, dom. 6.12.53

Ieri la seduta di facoltà è stata molto istruttiva. In una lista del 1948 s'era convenuto di mettere K. al primo posto con esplicita raccomandazione per la cattedra di storia della letteratura. Per « motivi di convenienza », così mi disse l'alierà referente dell'università H. Rheinfelder, fu nominato il protestante Borcherdt, che si trovava al terzo posto e del quale poi nessuno è stato contento. Ora — naturalmente per una forte influenza esercitata da Borcherdt, diventato professore emerito — K. non è stato neanche incluso nella nuova lista; ma invece elementi molto più giovani. Noi — Dempf e io, che siamo stati messi in commissione — abbiamo cercato di segnalare il valore di K. e la dequalificazione di cui era stato

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vittima. Ma non è servito a niente e il vero motivo è chiaro. Ci si comporta in termini molto scientifico-oggettivi; in realtà non si vogliono cattolici in cattedra.

Oggi in S. Luigi si potevano vedere molti berretti. A quanto sento a Bonn è stato deciso di consentire di portare i colori. Adesso ritorna di nuovo una cosa dopo l'altra. Restaurazione in tutto.

Non si è imparato niente.

Monaco, mer. 9.12.53

II corso di etica è un'impresa difficile. Nei semestri passati — adesso è il sesto — sono andato avanti con fiducia. Sapevo che gli ascoltatori avrebbero reagito vivacemente. Adesso mi riesce difficile. Parlo dell'etica cristiana. Se non lo si fa con piena chiarezza, la cosa non ha senso. Ma farlo davanti a 600 ascoltatori mi costa un grande superamento. Si ha la sensazione di par-"lare contro un muro. Raramente penso di riuscire nell'impresa. Ma forse proprio qui avviene qualcosa di giusto. Chi presume di sapere quando realmente nell'intimo si fa qualche chiarezza? E come questo avviene? Quando parla il magister interius docens?

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Monaco, ven. 12.12.53

Oggi c'è stata una festa singolare: per un gruppo di circa 200 studenti particolarmente assistiti dall'opera studentesca, nella casa dell'opera stessa.

La casa sembra bella. Una costruzione semplice e luminosa nella Veterinarstrasse, vicinissima all'università. La festa ha avuto luogo nella sala della mensa.

M'aveva invitato il sig. Schwaiger della Bie-dersteiner Studentenhaus. Avevo esitato; c'era tanto da fare. Neanche sapevo come avrei dovuto tenere una conferenza natalizia davanti a persone delle quali ignoravo l'atteggiamento religioso. Schwaiger aveva dichiarato nel modo più deciso che si doveva procedere in termini del tutto positivamente cristiani.

Dunque così ho fatto e, dopo aver dato netto risalto rispetto a credenze errate o periferiche, ho parlato dell'incarnazione e del mistero dell'iniziazione divina. M'è costato fatica; ma credo di esserci riuscito bene e nella sala c'era veramente silenzio.

Bella musica: Buxtehude, Bach, Handel.

Alcune parole cordiali, tenute sulle generali, del Magnifico Rettore Koestler; un intervento conclusivo fiacco e un po' untuoso del consigliere di stato M.

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Monaco, dom. 13.12.53

I sermoni in S. Luigi mi danno la sensazione di qualcosa di colmo. Tanta gente riunita. Soprattutto l'atteggiamento magnifico di Forsthuber, che gioisce e s'impegna con partecipazione nel-l'assolvere il compito. Parroci del suo genere ne dovremmo avere di più. E poi il meraviglioso uditorio. In gran parte uomini; tra loro moltissimi studenti. E ascoltano con una serietà così attenta. Io tengo lontano tutto ciò che possa apparire ad effetto; ma la grande chiesa è tutta piena.

Le conferenze — metà conferenza, metà prediche, forse ancor più importanti le meditazioni — m'affaticano molto. Ma mi danno gioia, finché posso. I tanti volti in ascolto! Ho fiducia in loro. Ma non devo pensare troppo a quanti sono e a ciò che avviene in loro.

Monaco, mer. 17.12.53

Oggi è stata l'ultima lezione prima delle vacanze di Natale. Questa volta sono lunghe. Succede che rincomincio soltanto l'il.l. Ma ci vogliono. È bene che io rallenti un po' il ritmo.

Ho sottoscritto con altri un voto particolare perché alla cattedra locale venga designato K. Insieme con Rheinfelder, Dempf, Lersch. Voglio vedere chi si assocerà ancora. Il modo in cui K. è stato tenuto fuori dalla lista dei chiamati della

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facoltà è stato cattivo. Ci si potrebbe scrivere una dissertazione. Il vero motivo è appunto che non si vogliono cattolici.

Probabilmente all'inizio di maggio avrò da tenere la relazione introduttiva sulla responsabilità dello studente per la scienza e l'arte all'assemblea delle Studentenschaften tedesche. Va congegnata in modo da mettere un po' in movimento la gente.

Prima gli studenti erano l'avanguardia. Adesso sono la retroguardia. Hanno paura per il loro futuro.

Monaco, 42 d'Aw. 1953

Voglio scriverlo anche se non c'è niente da scrivere. Ho acceso le candele della ghirlanda * e mi sono seduto accanto al tavolo in sala da pranzo. Era già passata mezzanotte e mezza, ma volevo leggere ancora un po'. Così mi sono messo lì le Donauland-Màrchen e ho incominciato a leggere. Poi ho percepito il silenzio, le candele ardevano e ho avvertito un senso di pace piena ' e tutto era, sì, era colmo. La presenza era qua in tutto. Nulla si sarebbe potuto vedere o percepire. Il basso lungo buffe e il tavolo con il vecchio tappeto e le tende alle finestre. Ma « Esso » era qua. Nulla si sarebbe potuto dire. Ma se quello che, inafferrabile, era in tutto, fosse apparso, tutto ne sarebbe stato colmato.

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Allora mi sono inginocchiato ed ho cercato di esprimere la profonda reverenza e la preghiera, senza disturbare. Poi sono ritornato al mio libro e quando ne alzavo gli occhi tutto era ancora calmo e benigno; ma la presenza non v'era più.

* È Y Adventkram, una "corona" con candele che si accendono man mano in corrispondenza delle settimane d'Avvento fino al Natale (n.d.r.).

Mo., 25.12.53

Talvolta giudicare è necessario, perché non giudicare sarebbe ancora peggio. Quando si deve scegliere o quando si deve agire. Allora si tratta semplicemente di andare avanti, perché altrimenti la vita s'arena. Dunque in modo approssimativo. In fondo nessun giudizio su una persona è possibile.

Perciò Cristo ha detto: « Non giudicate! » [Mt. 7, 1].

E però di per sé il giudizio sarebbe così necessario; ma soltanto Dio lo può pronunciare, in quanto Egli soltanto penetra tutto con lo sguardo. Ma soprattutto perché Egli soltanto, il Creatore sovrano che per mezzo della Sua chiamata da fondamento all'uomo come al Suo Tu, ha la libertà, che s'identifica con la verità e con il diritto. Il suo giudizio è l'altra faccia della creazione. (Ma adesso il pensiero mi si fa vago e non so più se penso soltanto parole.)

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Ieri sera nel mio piccolo ménage ho festeggiato il Natale, come sempre. Non avevamo l'albero;

ma un bei presepio. Me l'ha fatto l'anno scorso Maria Stapp; grande, non sentimentale e tale da essere più che una semplice scenografia per bambini.

Ma la tristezza, che a Natale v'è sempre, non mancava anche questa volta.

Monaco, dom. 27.12.53

La notte di Natale sono stato alla Messa di mezzanotte nella chiesa dei Teatini. Tewes ha celebrato, io ho tenuto la predica e Kahiefeld ha diretto il coro.

Tema della predica: che la nostra immagine dell'uomo viene garantita solamente in Cristo.

Il giorno di santo Stefano ho parlato a Hesse-lohe: sul racconto intorno a santo Stefano come rivelazione della provvidenza.

Poi, da Hans Waltmann, dettata un'esposizione della dottrina di Kierkegaard sul paradosso assoluto; come contributo a una discussione sulla teoria della demitizzazione. Poi letto negli scritti di Gogarten...

Tutto questo modo di pensare mi scoraggia. Mi riesce troppo complicato. Il mio è molto più semplice. Più semplice nell'impostazione fondamentale, nonostante tutte le complicazioni nei particolari. Così mi accade pure con Heidegger.

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Spesso non capisco non soltanto che cosa s'intenda volta per volta, ma neanche che cosa voglia e debba dire l'insieme. (Del resto l'ho già detto a lui stesso che non lo comprendo perché io penso molto più semplicemente. Ne è rimasto assai meravigliato.)

Io mi ritiro costantemente sulla posizione, per la quale altro non voglio se non interpretare la Chiesa.

Monaco, gio. 31.12.53

Martedì e mercoledì lunghe discussioni con Kahiefeld, Messerschmid, H. Waltmann e Frank sulle iniziative letterarie.

S'è parlato soprattutto della ristrutturazione della Christliche Besinnung [Riflessione cristiana]. Essa aveva già una sua storia. Era stata progettata da H. W. e me nell'estate del 1938 a Wilheimshohe; come serie di buoni opuscoli su problemi religiosi e filosofici da vendere a poco prezzo e che potessero contribuire all'approfondimento e chiarimento, appunto alla riflessione. Si sono sviluppati bene e Winterswyl ed io vi abbiamo lavorato molto, specialmente nel primo inverno di guerra. Se ne sono pubblicati 40 fascicoli in cifra tonda e ne sono stati mandati molti sui campi di battaglia. (Vi sono entrate in parte le mie conferenze serali in St. Canisius.) Nel 1940 il lavoro ci è stato reso impossibile.

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Quando infine si è potuta ricostituire la casa editrice, s'è ripresa anche la Cbristliche Besin-nung [Meditazione cristiana]. Ma non essendovi più alcuna simpatia per i fascicoli, ora l'abbiamo pubblicata sotto forma di volumetti. Nel 1950 è apparso il primo, a cura di Guardini, Kahiefeld e Messerschmid; finora sette in tutto. Un numero esiguo in quasi quattro anni.

Ora pensiamo a una ristrutturazione nel senso che i volumetti devono uscire quattro volte all'anno e volta per volta riferirsi a un tema unitario. Il dott. Frank assumerà la dirczione reda-zionale. Speriamo che la cosa funzioni.

Contemporaneamente Kahiefeld vuoi pubblicare una serie intitolata Rothenfelser Vortràge [Conferenze di Rothenfeis], derivata dal lavoro svolto alla rocca. Dev'essere collegata alla Besinnung.

Dalla Centrale federale per il servizio interno ho avuto e ho incominciato a leggere il libro su Hitler di Allan Bullock *. È scritto con pacatezza, certo quello scrittore inglese ignora del tutto ciò che nella natura tedesca sta dietro le cose sulle quali scrive con tanta sobrietà.

In questa visione tutto appare ancora molto più incomprensibile di quanto sia Oggi. Cornee stato possibile tutto ciò? E come s'intrecciano le « necessità » con quanto v'è di più imprevedibile?

* Tr. it. Hitler, studio sulla tirannide, Mon'dadori, Milano 1965 (n. d. r.}.

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Monaco, ven. 1.1.1954

Sermone ad Hesselohe su ciò che passa e ciò che resta. Credo sia riuscito quello che a me sembra l'elemento peculiare della parola spirituale. La parola schietta che viene dalla sostanza della rivelazione e della realtà.

La cosa più elevata sarebbe: narrare di Dio.

Monaco, dora. 3.1.54

Anche oggi di nuovo ad Hesselohe. Là è bello. La liturgia senza sentimentalità e orpello, limpida e convincente.

Sermone sulla grazia della conoscenza di Cristo.

Nel pomeriggio sono stati qui i Gotze. È una gioia stare con loro. Hanno una serietà così bella e aperta.

Ho ricominciato a leggere Pindaro. Purtroppo non lo so fare in greco. È ampio e luminoso.

Ieri sera sono stato dai Sattler, che si fermano qui, provenienti da Roma, per 2-3 settimane.

Come sono cresciuti i bambini. Stephan, il più piccolo, è già un vero scolaro. Christoph, il mio figlioccio, è grande come suo padre, e Birgit e Moni sono ragazze avvenenti in modo molto particolare. Però Maria è il centro tranquillo come sempre, e chiunque la veda ne gioisce.

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Monaco, lun. 4.1.54

Chiamata da Milano. Notizia che R. avrebbe il polmone in pericolo. Dopo la radiografia ancora incerto se si tratta d'una forte congestione bron-chitiea o d'un focolaio tubercolare.

Tutto spaventato; R. stesso in preda a una ribellione violenta. Un responso definitivo dovrà venire dalla prima visita. E tutto è già così difficile!

Monaco, mer. 6.1.54

Festeggiata l'Epifania a Grosshesselohe. Una pia e bella celebrazione corale in tedesco, tenuta con un'accuratezza che rendeva felici.

Ho parlato sul senso della festa. Là si può parlare bene. Tutto è vicino, attento e appare preparato.

Notizia da Milano: lo stato di salute non sarebbe cattivo.

Ho avuto una profonda impressione dai primi inni di Pindaro. Questa è esistenza grande.

E gli inni più belli, quelli religiosi — tré quarti dell'intero complesso —, perduti.

Quando a Delfo si preparava il sacrificio, appariva un araldo sacerdotale e, molto tempo dopo la morte di Pindaro, gridava: « Che Pindaro possa sedere alla mensa degli dèi ».

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Monaco, gio. 7.1.54

Al congresso della Studentenschaft tedesca, in maggio, dovrò tenere la prima delle tré relazioni principali: « Sulla responsabilità degli studenti per la scienza ».

Ho esitato lungamente a accettare, perché cosa si può dire su questo tema davanti a un uditorio — 2000 soltanto da fuori Monaco — così vasto? Ma adesso penso che la cosa andrà.

Oggi ho dettato la maggior parte della prima stesura. Ho grossi timori per il congresso in sé. Se va come sembra, la massa di giovani sarà enorme. A prescindere del tutto dal problema d'un tal numero di per se stesso, non mi pare che l'ordine del convegno sia stato strutturato bene.

Monaco, ven. 8.1.54

Dettato un altro pezzo della relazione. Il progetto è troppo vasto. Saranno circa quaranta pagine con il margine largo. Naturalmente così non -va; ma prima deve venir fuori tutto quello che si cela nel tema. Ad accorciarla ci penserò dopo.

Questa sera visto un film stimolante: Lili. Una cosa che da veramente allegria, rende lieti e pensosi nello stesso tempo. Un bei miscuglio. Qui, nel gioco fra due cuori umani, alcune marionette creano un campo intermedio, nel quale i pupi possono dire cose che gli uomini non osano dirsi,

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anzi, che questi nella loro parte consapevole ancora non sanno.

Monaco, sab. 9.1.54

Sempre di nuovo gli stessi sogni: la perduta Rothenfeis; la perduta Isola; e dover studiare quello che non capisco, dover sostenere un esame che va oltre le mie possibilità. La forma peggiore dell'ultimo sogno non è ritornata più da molto tempo: che devo fare una cosa da cui dipende qualcosa d'importante, puramente e semplicemente tutto, e non so che cos'è.

In compenso tanto più spesso i due primi e il terzo, nella forma citata di « Rothenfeis » e « Isola », assumono conformazioni di vario genere. Alla base c'è sempre la rocca medioevale e la villa italiana. Ma si presenta come già perduta o deve essere abbandonata.

C'è parecchio di inquietante: il mio udito peggiora sempre. Dimentico con frequenza crescente i nomi, come se mi si parasse davanti un muro. E si rafforza l'ascoltare-se-stesso. Ma che si deve fare? È l'invecchiamento, e non ho tempo di occuparmi più a fondo dei sintomi.

Monaco, mer. 13.1.54

Corso sul signiEcato etico della creaturalità. Credo che sia venuto fuori quello che intendevo.

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Se l'ultima parte del mio corso sull'etica riesce bene, c'è un abbozzo d'una effettiva morale cristiana. Non derivata da concetti e comandamenti, ma desunta da una lettura della concreta storia della salvezza, quale s'è svolta.

Ho incominciato a leggere il libro di Simenauer su Riike, Fondamentalmente una psicoanalisi della sua personalità.

Molto sapere, molto lavoro. S'impara molto, anche d'importante. Ma dopo tutto si rimane disgustati della psicologia della libido. E delusi, con la domanda: tutto qui? Che stupidità: quando si è in possesso del meccanismo psicologico, pensare di sapere qualche cosa sul significato!

Nelle Holwege * Heidegger cita la frase d'un filosofo — al momento non ne so il nome — secondo cui l'intera filosofia europea sarebbe una nota in calce a Fiatone. In realtà è anche così. Fiatone costituisce l'elemento determinante. Ed ogni rivolta contro « Plafone » è rivolta contro l'essere. Con essa ha inizio l'irresponsabilità.

* Tr. it. Sentieri interrotti. La Nuova Italia, Firenze 1968 (n. d. r.).

Monaco, ven. 15.1.54

Una brutta lombaggine. E avevo sperato che con gli esercizi del sig. Novotny il pericolo sarebbe stato scongiurato.

Non ci si può far nulla, invece devo continuare

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gli esercizi e con maggiore costanza.

Ad ogni modo pare che la cosa non sia così

grave.

Grande prospettiva d'un'abitazione. Si trova a Bogenhausen, in una villa, nella mansarda. Se ne occupa attivamente Hans Waltmann. L'abitazione è collocata proprio giusta rispetto all'università:

una mezz'ora a piedi e meno in proporzione con l'omnibus. Belle possibilità d'andare al Giardino inglese e sulle rive dell'Isar. Sono tré stanze più grandi, una più piccola, una piccola per la segreteria e uno stanzino accanto alla cucina. Al centro un grazioso ingresso e un pezzo di giardino. La posizione non è proprio bella, ma libera e tranquilla. Certo moltocara.

Monaco, 16.1.54

Oggi è arrivata una notizia che mi ha messo d'umore più serio che lieto, pur essendo bella: la facoltà di filosofia di Friburgo m'ha conferito all'unanimità il dottorato ad honorem. L'iniziativa è partita da Johannes Spori; in considerazione del fatto che faccio parte della facoltà di filosofia, ma ho il dottorato in teologia.

Le motivazioni più precise non le conosco. Il decano di Friburgo, Max Miiller, vuoi venire qua e consegnarmi il diploma.

Così vengono le onoranze e la vita avanza rapidamente.

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Monaco, 20.1.54

L'indisposizione continua. Certo a causa del tempo mutevole s'è aggiunta l'asma e, a quanto pare, anche una specie d'influenza.

Queste malattie mi tolgono sempre molto tempo. Io mi ci adatto facilmente, e i giorni passano. Allora tutta la passività della mia natura, gli aspetti deteriori della mancanza di precisi intenti e propositi vengono fuori, creando una specie di stato da montagna incantata *.

S'aggiunga che in fondo non mi sono ancora ripreso dalle intense fatiche del periodo dai 45 ai 52/3. Qui il riposo e la libertà da impegni mi fa molto bene. In fin dei conti al prossimo compleanno avrò 69 anni; a un uomo di questa età certo è consentito più che in età più giovanile.

* Riferimento trasparente al romanzo di Th. mann, La montagna incantata, tr. it., Mondadori, Milano 1965 [n.d.r.).

Monaco, 25.1.54

Ancor sempre non a posto. Probabilmente uno psicanalista direbbe che voglio essere ammalato. Nella mia vita ho avuto poche vacanze.

Questi giorni leggo con grande partecipazione il libro di Simenauer su Riike. È la psicologia o meglio la psicoanalisi di Riike, che già da lungo tempo era necessaria. Metterà fine alla diviniz-

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zazione. Dapprima se ne rimarrà indignati; tuttavia l'atmosfera cambierà.

È un brutto svelamento. Essa porta avanti il processo iniziato da Demetz e prima ancora dai libri di Butier e Mason, che non conosco: mostrare l'uomo al posto del « santo » e del « veggente ». Molto, incredibilmente molto di giusto. Naturalmente confronto continuamente il mio libro con quello e vedo che entrambi, per vie diverse, arriviamo a risultati analoghi. A un punto tale da dover considerare una fortuna che prima dell'uscita del mio libro quello non ci fosse ancora.

Però, nonostante tutte le verità, l'atmosfera è spiacevole, come sono appunto i libri dei freudiani. Passione per le smascherature e materialismo. Del mondo della realtà spirituale non sanno niente; di quella religiosa poi assolutamente nulla;

e credono d'aver detto qualcosa sul valore e sull'essenza per avere indicato i meccanismi secondo cui emergono.

Monaco, ven. 29,1.54

Ho firmato il contratto d'affitto e sono contento d'essere fuori dalle preoccupazioni e dalle titubanze. L'abitazione costa parecchio e il contratto è per 10 anni, un periodo lungo per la mia età! Ma infine voglio avere un po' di comodità.

La posizione è buona e la distanza dall'univer-

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sita favorevole. Posso andare in mezz'ora all'Università e a S. Luigi, le mie due mète ufficiali. Così arrivo anche presto in centro.

Per le passeggiate c'è qui il Giardino inglese, anche se è la parte meno bella, e poi la riva del-l'Isar.

Il pensiero del trasloco e di parecchi nuovi arredi mi fa venire la pelle d'oca, ma passerà anche questa e speriamo bene.

Monaco, sab. 30.1.54

M'ha telefonato Eugen Jochum, dicendomi che il Santo Padre starebbe per morire. Lo sa dalla radio; la notizia non è stata ancora diffusa.

Mi ha toccato da vicino, anche se c'era da aspettarselo. Penso all'udienza in Castel Gandolfo, che in me ha destato un sentimento sempre vivo di comunione e d'impegno. Da allora egli è per me il Papa. Quello che mi ha espresso la fiducia della Chiesa, che io, outsider *, ho sempre desiderato.

S'egli adesso se ne va, chi verrà poi? Che ne sarà della sua riforma liturgica? Quale regime verrà, nella dialettica della successione per elezione?

* In ted. Eimelganger (propr. « chi cammina solitario »):

l'A. si riferisce alla sua posizione singolare rispetto alla teologia ufficiale scolastica (». d. r.).

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Monaco, lun. 1.2.54

Ieri è stata qui la signora R.-Rolland. Parlato di parecchi argomenti.

Ancor sempre non a posto. Utilizzo il tempo per riposare.

Però c'è anche qualcosa in gestazione. Così il secondo discorso per la laurea ad honorem è quasi terminato. Allo stesso modo quello per l'assemblea degli studenti, tranne la conclusione.

La sera leggo i piccoli profeti. Com'è forte Gioele. E Amos e il misterioso Giona, che fugge davanti a Dio non perché ha paura, ma affinchè l'odiata Ninive non si converta in seguito al suo richiamo alla penitenza!

Monaco, mer. 4.2.54

Oggi ho fatto di nuovo lezione per la prima volta dopo esattamente tré settimane. Dove sono andate queste settimane?

Era bello stare di nuovo in cattedra nell'aula 224.

Spero d'essere in S. Luigi domenica.

Devo collaborare alla pubblicazione in onore di Preetorius. A dire il vero con lui non ho nessun rapporto, ma lo dovrò fare per amore dell'accademia.

Forse sull'ultimo sonetto della Vita Nova e sul suo rapporto con la Divina Commedia.

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Monaco, mar. 16.2.54

Ieri sera nel grande auditorio di fisica m'è stato consegnato il diploma della laurea ad honorem.

Prima e alla fine due pezzi eseguiti da un quartetto di fiati. Poi il saluto da parte di J. Sporl. Indi il discorso del decano M. Muller di Friburgo, entrambi molto cordiali. (Purtroppo il secondo ha esaltato un po' troppo la massa.) È seguita la consegna e poi ho ringraziato. Nella parte personale ho parlato della dottrina degli opposti o antitesi e di Karl Neundórfer senza citarne il nome.

Successivamente c'è stata una cena comune, alla quale, insieme ai due decani, hanno partecipato anche Schnabel, Dempf, Klinger, Pfeiffer, Spindler e Wenzi. Tutto s'è svolto in modo davvero armonioso.

Ho sentito il conferimento come un'approvazione della mia attività intellettuale da parte dell'università, così come il conferimento del titolo prelatizio è un'approvazione da parte della Chiesa, e, pure se non in modo così netto, il premio dei librai come un'approvazione da parte dell'opinione pubblica letteraria. È bello poter sperimentare Queste cose.

Monaco, lun. 22.2.54

Scrive Kunisch che la facoltà di filosofia di Berlino avrebbe deciso di conferirmi il dottorato ad

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honorem'. Gli onori vengono e la vita va.

Però è rassicurante che l'università riconosca i meriti di qualcuno. In verità essa è il mio amore infelice. Cioè, non è proprio esattamente così. È più complesso. Io amo l'università. Ogni volta che arrivo nei suoi pressi gioisco. I corsi sono ben frequentati, in parte molto bene, e gli studenti hanno fiducia in me. E tuttavia continuo ad avere la sensazione di non avere propriamente diritto d'essere all'università. L'unità di misura che in essa vale e secondo la quale se ne entra a far parte o no, per intero o a metà, è la scienza. Ma io non sono uno scienziato. Devo compensare continuamente la carenza di « specializzazione » con più « spirito ». La situazione è in un certo qual modo illegittima. Manca il senso naturale di appartenenza. A Berlino s'era aggiunto il rifiuto dell'università ufficiale. A Tubinga m'è andata meglio. Gli studenti mi hanno riconosciuto e i colleghi in qualche modo pure. Qui è andata ancora meglio. Sono qualcosa come un pezzo raro, e tuttavia...! Si provvede a che non ci si illuda di nulla.

Monaco, mar. 23.2.54

Tenuta al Georgianum una relazione sulle fasi del movimento liturgico e specialmente sulla crisi odierna. Se ne dovrebbe scrivere e parlare con maggior precisione. È connesso con la nostra si-

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tuazione culturale, ma anche e specialmente con la mentalità della gioventù che studia teologia.

Monaco, 28.2.54

Ultima domenica del semestre in S. Luigi. Concluso il ciclo sulla Chiesa.

Nonostante la lunga interruzione dovuta alla mia malattia, la frequenza è stata sempre ugualmente buona. Un uditorio meraviglioso. Per me le prediche in S. Luigi sono importanti quasi come le lezioni. La verità ha una forza così chiara e calma. Così penso debba essere per la mia attività di cura d'anime: aiutare per mezzo della verità.

' Adesso incominciano le vacanze, ancora una volta. Il tempo scivola via « come un alito », dice il salmo [90, 9]. Si fa come se ci si abituasse alla fine; però non è vero. La caducità è terribile. Se soltanto « l'Altro » fosse più reale.

Durante le vacanze non farò molto. La relazione per il congresso degli studenti in maggio, forse quella per la settimana della gioventù... Rimeditare un po' il corso sulla rivelazione. Sul fatto che il processo della rivelazione va inteso come una apertura graduale dall'alto-dall'interno... Poi alcune considerazioni (situazione liturgica, lealtà...). E lettere. Le scrivo così malvolentieri. Qui l'elemento personale sta sulla carta e vi assume un aspetto strano.

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Monaco, dom. 7.3.54

Ora il semestre è passato, domenica vado di nuovo a predicare a Grosshesselohe.

Là la celebrazione liturgica è così bella e genuina e fa tanto bene che si sente davvero devozione. La comunità ascolta con molta attenzione e si ritorna a casa lieti.

Sulla strada di casa abbiamo riparlato della convenienza di pubblicare in fascicoli separati discorsi religiosi ben maturati. Si potrebbero far comporre a mano dalla piccola cerchia di Rieger. Poi fondere le lastre e stampare a seconda del bisogno.

Pubblicherei per primi i discorsi già apparsi nelle « Frankfurter Heften » [Quaderni franco-fortesi]; poi altri successivi.

Forse di questo progetto si realizzerà qualcosa.

Monaco, mar. 9.3.54

Ho ricevuto da Fr. W. Foerster una lettera che mi ha toccato molto da vicino. Vi dice cose molto gentili sulla mia attività e concorda specialmente con il mio scritto Verantwortung [Responsabilità].

Foerster è colui dal quale ho imparato di più nel campo pedagogico. In effetti, insieme a Streh-ler, il cui convitto di Neisse mi ha impressionato per sempre, l'unico. Da lui ho imparato a vedere

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— e a percorrere —, la via che si deve percorrere costantemente fra idea e realtà concreta.

Monaco, mar. 11.3.54

Un'esperienza singolare: in questi giorni lavoro a uno scritto sull'attuale situazione liturgica in connessione con le varie fasi del movimento complessivo, che ora va avanti già da oltre cent'anni. La situazione odierna m'è parsa determinata dal fatto che i processi e atti liturgici non vengono sperimentati vitalmente. Abbiamo un insieme molto artistico di avvenimenti, testi, simboli; però manca la capacità di sperimentarli. Donde la necessità d'un'educazione nell'ambito fondamentale.

Ora, leggendo nelle Holzwege il pensiero di Heidegger sul concetto di nichilismo di Nietzsche, all'improvviso m'è apparso chiaro in quale stretta connessione esso stia con quanto da me scritto nel 1928 sulla Glaube in der Reflexion [Fede nella riflessione ]. Con quanta aderenza quello che 'vi s'intende rappresenta il mio problema più proprio. L'impressione è stata così viva, che lasciando la lettura ho dettato l'ultimo capitolo del lavoro.

Qui sta realmente uno dei problemi fondamentali di tutto. E delle decisioni fondamentali: se la struttura intesa qui, volutamente o per noncuranza, passa all'effettivo nichilismo o se viene

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accolta e usata quale fondamento d'un atteggiamento molto parco, ma molto decoroso e del tutto positivo.

Monaco, dom. 21.3.54

Nel diario grosse lacune. Spesso dover scrivere quello che è successo perde il suo senso globale.

Quante volte m'accade che per me perda assolutamente il suo senso, diventi una cosa inconsistente, vuota. La coscienza s'accorge soltanto del fatto che passa.

In me succede qualcosa, ma non so che sia. La sensazione inquietante d'udire parlare me stesso... La preoccupazione che la struttura organica delle funzioni del pensare e parlare non sia attendibile... Dimenticare i nomi, come se fra me e i nomi s'intromettesse un muro.

Ma la produzione non diminuisce. Talvolta balena un pensiero, chiamo la sig.na Chrz. e detto per 1-2 ore ed ecco il capitolo o la relazione, utilizzabile, nella prima stesura. Ma perciò la vita, intorno, cola via, svanisce.

Monaco, mar. 23.3.54 Bella giornata primaverile. Sono stato al Giar-

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dino inglese, prima alla diga, poi giù per la riva destra dell'Isar. M'ha fatto bene.

Al mattino dettato un abbozzo per un corso del semestre invernale: potere e nichilismo, con una presa di posizione nei confronti di Nietzsche.

Durante l'estate dovrò leggere molto, affinchè durante le vacanze mi restino da leggere soltanto le cose più importanti, specialmente Fróhiiche Wis-senschaft, Gótzendàmmerung, Wille zar Macht *. Spero di riuscirci. Ne uscirebbe il terzo volumetto dopo Ende der Neuzeif e Die Macht **.

Ieri sera ho visto il film Dróle de ararne. Splendidi gli attori, ma il complesso è idiota. Dovrebbe essere un grottesco, ma è soltanto scemo. {Arsente and olà lace [Arsenico e vecchi merletti] lo è e così pure My friend Harvey [II mio amico H.], ma non questo). E non so nemmeno perché al centro della vicenda ci debba essere un vescovo in veste di ipocrita subdolo, mangione e lascivo, alla fine in kilt scozzese.

Il pubblico peggiora sempre. Il ridere!

* Tr. it. rispettivamente La gaia scienza, II crepuscolo degli idoli. Volontà di potenza, nelle Opere complete, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano 19652, 1976 ~{n. d. r.}.

** Tr. it. rispettivamente La fine dell'epoca moderna, Mor-celliana, Brescia 19794; II potere, 19632.

Monaco, ven. 26.3.54 Con il tempo si comprende anche da un'espe-

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rienza quanto siano importanti i sogni. In essi parla quell'interiorità che meglio dell'intelletto sa come stia andando la propria vita.

Ieri sono uscito da un sogno che mi ha parlato della trascuranza e del vuoto della mia vita, e come aveva ragione. Oggi ho fatto un sogno particolare, ero deciso ad assumere un impegno, anche se avevo già molto da fare, e tutto era confuso. Ma confidavo che dalla confusione sarei arrivato alla verità. E com'ero depresso ieri, così sono lieto oggi.

Sul giornale si dava notizia della penetrazione dei pensieri e metodi di meditazione asiatici, specialmente buddhisti, in Europa. E qui mi s'è chiarito come nulla di « nuovo », tecnica atomica, psicoanalisi, religioni straniere, tecniche meditative, modifichi qualcosa della consistenza e dello stato fondamentali dell'esistenza. Tutto è « mondo » e ogni cambiamento un cambiamento al suo interno. L'unica realtà nuova è il modo di sentire * dello Spirito Santo nella sua distinzione rispetto al mondo; per meglio dire: il suo giudizio sul mondo, il suo accostarsi al mondo e il passo con cui l'uomo si dirige al di là verso di Lui.

* Vedi nota con asterisco a p. 92.

Mooshausen, lun. 12.4.54 Dopo tanto tempo eccomi di nuovo a Mooshau-

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sen, certo solamente per due giorni. Mi è ripassato davanti agli occhi il periodo dall'autunno 1943 al '45, che ho trascorso qui. Ma come tutto è passato. Due facoltà così nobili mi appaiono tanto preziose, e scompaiono sempre più: la memoria e l'udito.

Nel pomeriggio siamo andati a Tannheim ed ho parlato a Josef del problema che mi perseguita e di cui non vengo a capo, così che a volte temo possa farmi perdere la fede; come debba essere possibile che il Dio assoluto possa produrre il finito, ma soprattutto possa entrare con il finito in un rapporto che Lo vincola. Un conoscente ci ha portati a casa con la macchina. Qui a un tratto, è venuta una risposta: con l'inconcepibilità di quanto è annunciato s'additerebbe qualcosa di assolutamente incomprensibile in Dio, nella sua natura, nel suo modo di sentire e nella sua opera e questo sarebbe la sostanza autentica di quanto è rivelato e il senso di tutto.

Il pensiero m'ha dato calma. Tiene ferma l'univocità della rivelazione e tuttavia apre allo sguardo l'incommensurabile.

Isola Vicentina, 29.4.54

Domani ritorno a Monaco.

Sono stato in Italia due settimane, sempre a Isola. Durante tutto questo tempo in questo libro non ho scritto niente; non ne avevo voglia.

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Il tempo è stato molto brutto fino a 2-3 giorni fa. Per lo più freddo, spesso piovoso. Così non m'è rimasto altro che dormire, secondo la possibilità — che per me è limitata —, e per il resto lavorare.

Ho ripreso ancora una volta la relazione per l'assemblea degli studenti — la sesta redazione —, l'ho rielaborata e in un punto importante anche ampliata. Inoltre ho abbozzato la relazione per il giubileo di sant'Agostino nel semestre estivo e quella per Friburgo. Infine e soprattutto ho preparato il corso estivo sul contenuto della rivelazione del Nuovo Testamento. Credo ne sia uscita una buona cosa.

Ciò che riferisce il foglio precedente, ha avuto in seguito una forte efficacia sia interiormente che idealmente. Mi si sono chiarite molte cose e talvolta ne sono stato tranquillamente lieto.

Del resto grosse difficoltà ne ho incontrate spesso. Non so come si debba andare avanti con esse.

Monaco, mar. 4.5.54

Sono arrivato qui venerdì dopo un buon viaggio.

Sabato ho sbrigato faccende d'ogni genere; domenica parlato ad Hesselohe alla Messa cantata. Nel pomeriggio riveduta ancora la relazione per gli studenti.

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L'ho tenuta ieri, nella sala dei congressi del museo tedesco. Circa 2500 ascoltatori, quasi tutti studenti. Mi hanno salutato con molta gentilezza e ascoltato con molta attenzione per l'ora e mezza ch'è durata. Ho avuto la sensazione che spiritualmente qualcosa sia avvenuto.

Ed ora è passata anche questa.

Monaco, dom. 16.5.54

In questo libro le annotazioni diventano rade. Siamo al punto che se voglio che proseguano me le devo imporre come un dovere.

Le lezioni sono incominciate. Ho ripreso il corso sull'etica. Il primo, di un'ora per lezione, è andato avanti per sette semestri. Poi, a mezzo del tentativo di esporre l'« etica » cristiana in senso vero e proprio, ho smesso. M'era diventato troppo difficile, in vari sensi. Adesso prendo un secondo slancio. Due ore. Voglio vedere fin dove arrivo. Forse questa volta la cosa mi riuscirà.

Hans Waltmann e io progettiamo di fare una specie di edizione di lavoro stampata prò ma-nuscripto a mano a mano che i pezzi sono pronti. Così la composizione è disponibile, almeno in una prima forma.

Inoltre leggo la seconda parte deìì'Offenbarung [Rivelazione], che poi dovrà andare pure essa alle stampe. Seconda edizione, ma quasi comple-

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tamente, no, in gran parte riscritta. Nell'ultimo pezzo un tentativo di rappresentare il contenuto del messaggio cristiano, direttamente da se stesso, senza convenzioni.

16.5.54

L'intuizione avuta sulla strada Tannheim-Mooshausen tiene. È proprio l'assolutamente inverosimile ad essere la realtà autentica. La fede significa far riferimento all'interno di quella realtà, e forse di là che viene la pace. Sarebbe una « pace della ragione » al di sopra della ragione;

stando al modo in cui la sento, dovrei dire meglio:

« dall'aldilà della ragione », non contro di essa.

Talvolta ho la sensazione che qualcosa cambi in me. In modo del tutto sommesso, quasi impercettibile, come procedono in genere le cose autentiche in me; ma — se non m'inganno e non lo guasto — realmente.

Il mese prossimo spero di poter traslocare. Sarebbe bello trovare un po' di focolare domestico. Di trovarlo davvero, non ci conto; così come non conto su parecchie altre cose. Ma un pochino...

Sto leggendo un libro bellissimo, semplice e vero: Les grandes amitìés * di Raissa Maritain. Ricordo come ho conosciuto Jacques Maritain a Salisburgo, quando ci sono andato per parlare su Dostojevskij alle prime settimane universita-

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rie. Raramente ho sentito una tale presenza. Nel libro la ritrovo continuamente.

* Tr. it. I grandi amici, Vita e Pensiero, Milano 19833.

Monaco, gio. 20.5.54

Nuova esperienza meravigliosa: mi s'è avvicinato il pensiero della vita eterna. Quando Dio mi dona la grazia, io vengo a Lui. Allora cessa l'insufficienza che pervade ogni cosa, tutto quanto è distrutto e privo di senso. Egli mi fa vivo e mi da pienezza di senso.

Però allora il pensiero; ma che ne faccio?

Che cosa faccio io finito in un'esistenza che è eterna? Ho sentito questo a un punto tale da avere la sensazione che sia qualcosa che non mi riguarda.

Vi ha risposto un altro pensiero: in questa realtà eterna io non vi sono come il puro io-stesso. La realtà eterna è Dio. Io vi ci sono come in Lui. Mi da la partecipazione alla sua vita e al suo essere-eterno. Poiché Egli — e con ciò il pensiero si collegava a quello che ho detto del viaggio a Mooshausen — è Colui che ha assunto la nostra nella sua esistenza. Così l'eco di questo mistero è che Egli ci concede di accogliere la sua nella nostra esistenza. Questo « in » è il cielo.

Admirabile commerclum — per la prima volta

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presagisco qualcosa di ciò che è l'eternità della salvezza. E precisamente come qualcosa di reale, che mi riguarda. Me realmente; così che ne posso gioire e aver paura... Per tutto il giorno ne ritorna ancora la sensazione.

Monaco, 13.8.54

Quasi quattro mesi di pausa.

Intanto il semestre estivo è passato in un attimo.

Il numero degli ascoltatori al corso di etica s'è ridotto. Adesso sono appunto due ore alla settimana invece di una, e inoltre molti hanno già seguito il primo ciclo. In compenso, il numero è aumentato al corso sulla rivelazione. Sembra che più studenti di quanti si creda vogliano sapere che cosa voglia essere propriamente il cristianesimo.

I discorsi in S. Luigi hanno mantenuto il loro numero di presenze, piuttosto è aumentato. Ma la più bella cosa ancora è che l'ascolto è ancora più attento e durante il canone c'è un silenzio effettivo.

La nuova abitazione m'ha portato parecchia inquietudine. Preoccupazione che i costi non siano troppo elevati. Poi la casa era umida e così via.

Adesso sono entrato. Alcune delusioni le ho già avute; soprattutto che il traffico in realtà è

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molto più intenso di quanto avessi temuto. Specialmente le motociclette.

Mi ritorna tanto forte il desiderio di silenzio... È necessario come l'aria e il pane e tutto coopera a distruggerlo.

Hofgastein, 17.9.54

Fine del soggiorno a Gastein.

Durante questo periodo non ho fatto assolutamente nulla, come mostrano questi fogli, non ci ho scritto neanche una volta. Nel complesso in questo periodo il tempo è stato mediocre. Ho adoperato tutto il tempo per le cure, che erano necessarie, senza dover pensare che trascuravo qualche cosa.

Maurois: A la recherche de Marcel Proust, penetrante, ma piuttosto stancante.

Bello: van de Meer, Dieu et les hommes *. Talvolta un po' caricato, però non il libro, ma l'uomo, mi sembra.

Se la cura m'ha fatto bene, non lo so. Quasi ritengo di no.

Inoltre adesso so che l'aorta è « un po' danneggiata ».

Domani ritorniamo, noi, cioè Hans Waltmann, che è qui con me, e io.

* Tr. it. Uomini e Dio, Paoline, Roma 19699 (n. d. r.}. 170

Monaco, 23.9.54

Stamane ho sperimentato di nuovo quel modo di pensare nel quale un concetto svela il suo significato come per la prima volta e si fa insistente in una maniera così strana da sembrare una chiamata o un dono.

E invero è emersa anzitutto la verità — che mi appare come una chiave per il concetto di Dio — che soltanto Dio essenzialmente e veramente « è » ;

« essere » costituisce il suo nome; mentre noi siamo soltanto « davanti » a Lui. Ma poi il pensiero si è mosso fino a rappresentarsi come sarebbe se « esistesse » soltanto Dio, Egli per sé, in sé, con sé. E questo sarebbe sufficiente, intero, pieno e non mancherebbe nulla. E poi il mistero che Egli ha voluto liberamente che io sia; però, comprendere questo equivarrebbe a una comprensione del mondo nel suo fondamento e di Dio nel suo modo di sentire. Ed egli ha determinato che nella profondità di questo mistero io possa avere partecipazione alla sua vita, e questo è gloria e cielo.

Monaco, 23.9.54

Qui ho sbrigato faccende d'ogni genere. La corrispondenza s'è di nuovo ammucchiata, aggiungendosi al mucchio già in giacenza. Sono in debito dappertutto, ma semplicemente non ce la faccio.

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Però un domani nessuno indagherà a quante lettere non ho risposto, tanto più che le mie lettere sono sempre molto asciutte, ma si guarderà ai libri che ci sono e ci saranno qui: così spero di non avere troppe cose da biasimarmi. Comunque soltanto se finirò le 3-4 grandi opere che stanno nascendo...

Isola, 25.9.54

Di nuovo a Isola da ieri sera. Entrato nuovamente nel giardino attraverso il portone, verso la casa bianca, con la vecchia sensazione familiare che quanto da sempre ho cercato sia qua, il profumo, la vicinanza, la felicità, forse quello che il bambino aveva sentito nel giardino dei nonni a Colognola? Poi i primi gesti: andare in giro, aprire le porte, stare nelle camere, e la delusione:

non è qui.

Ieri il viaggio, fatto così spesso, attraverso il Brennero, guastato dalla massa dei turisti. Essa diventa sempre più terrificante e distrugge tutto.

Oggi in San Lorenzo mi s'è chiarito pienamente che non posso vivere nella forma del mondo che si sta sviluppando adesso. La comprendo teoricamente; vedo che il suo tempo è qua e che essa sarà immane; traendo impulso dalla mia professione, cerco di gettare ponti per la gioventù, affinchè il nuovo possa essere fatto in qualche modo bene e il vecchio essere portato al di là;

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ma io stesso non ne faccio parte. Da un vecchio angolo di casa mi alita incontro un soffio familiare, e le più grandi novità mi lasciano freddo!

Ma è un dolore costante — i termini non sono esagerati — vedere come un apparato mostruoso distrugga tutto ciò che amo, dal di fuori e dal di dentro, nelle cose e nel modo di sentire degli uomini. E questi non sanno affatto che cosa distruggono. Trovano naturale se stessi e il loro modo di fare, il loro attrupparsi in massa, il loro chiasso, il terribile raggelarsi della loro sensibilità, il micidiale mettere in pubblico l'anima.

Isola, lun. 27.9.54

Ho appena iniziato a leggere la Vie de Melarne di Leon Bloy. Che libro della sessantanovenne e che esistenza!

È singolare: tempo fa m'è venuto a trovare un giovane monaco, che si voleva laureare con una tesi sui miei pensieri. Ho cercato di dirgli il necessario, tutto nella convinzione che fosse un chierico gesuita. E poi invece mi ha dettò:, sono monf orfano...

Questi giorni ho letto il libro di Grignion de Montfort, che G.Kr. m'aveva inviato insieme a una lettera di ripulsa d'esso, scritta con tutta l'asprezza di cui è capace la sua natura. L'ho preso in mano con veementi presentimenti e nella so-

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stanza non l'ho potuto respingere, ma ne ho tratto questa sensazione: nella camera recondita della tua teologia, naturalmente in modo diverso per colore e tono e motivazione, tutto questo lo pensi anche tu.

Ed ora il libro di Melante... Com'è strano. Penso alla prima visita ad Altótting; alla promessa che con la stesura del primo tentativo dieci anni fa è stata mantenuta soltanto in parte... Lo voglio riprendere; forse adesso riesce. Il fatto che sia Joseph che Kahiefeld e Karl Rahner l'abbiano approvato è un aiuto.

Isola, mar. 28.9.54

Ho iniziato a leggere la Vie de Melarne. Che libro e che esistenza. Scritto con una semplicità e un rinnegamento di se stessa così abissale, che per penetrare ciò che vi si dice propriamente si deve continuare a riflettere.

L'introduzione di Leon Bloy è spesso insoppor-'tabile. Talvolta il suo « style hyperbolique », come dice Raissa Maritain, supera ogni misura. Questo non è soltanto sgradevole e falso, ma anche un gran peccato. Con ciò nasconde pure quel che ci sarebbe da dire.

L'aria che alita qui è strana. Non soltanto mistica, ma apocalittica. Ti afferra, ma le pretese poste alla sensibilità e alla volontà sono così

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enormi che subito dopo diventano inconsistenti. E parlare secondo senso e realtà sempre al superlativo non è soltanto esagerato, ma anche semplicemente sbagliato. Il mondo non è così; neanche davanti a Dio, penso.

Dal libro il pensiero va continuamente al dogma dell'Assunzione di Maria... Il dogma avrà conseguenze molto profonde. Non tanto per il suo primo contenuto; a questo anzi s'è creduto sempre; a meno che crei divisione, e coloro che non riescono a fidarsi completamente della Chiesa s'allontanino. Ma per il suo significato indiretto.

Anzitutto, chiarisce nettamente che supporto e norma del contenuto della fede non è la Scrittura, ma la Chiesa. E la Scrittura in mano alla Chiesa, Non ho mai pensato diversamente. La Chiesa è profeta. Essa insegna e garantisce. D'essa ci si deve fidare. Tutte le impostazioni diverse sono mezze misure e rendono la posizione inautentica.

E l'altro elemento: l'appello elementare alla forza della sacra femminilità. Con l'elemento mascolino, il mondo va in rovina, letteralmente. Qui la Chiesa risponde alla necessità più profonda dell'uomo oggi. Il messaggio della fede è nel contempo messaggio storico.

Isola, mer. 29.9.54 Proseguo la lettura della Vie de Melarne e so-

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no pieno di meraviglia. Una tale originarietà e semplicità di vita nella fede semplicemente geniale non l'ho ancora incontrata da nessuna parte.

L'introduzione di Leon Bloy non è buona. Ma dico più giustamente: in essa è grandioso il modo in cui egli riconosce, identifica religiosamente Mé-lanie. Ma la pone interamente nell'assoluto. Scavalca l'umano e vede tutto a partire dal sovrumano. E l'umano è così meraviglioso e rende tutto così credibile. Quando M. viene trattata male dalla madre e gettata fuori di casa e dalla famiglia, per lui questo è semplicemente il dolore dell'esistenza congiunta a Cristo. Ma perché non dire che un comportamento come quello di questa bambina, che s'impauriva davanti ad ogni cosa terrena, che viveva interamente nel divino e contemporaneamente era una piccola personalità dotata d'una forza indistruttibile, doveva essere insopportabile? Che era veramente una « louve », una « muette », una « selvaggia muta »?

Isola, gio. 30.9.54

La Vie de Melarne è un grande libro! Quella che scrive qui, adesso ha settant'anni. Parla il linguaggio della letteratura religiosa convenzionale. Inoltre ha già vissuto a lungo in Italia, ma per desiderio della sua guida spirituale deve scrivere in francese, così che talvolta, per capire certe parole, si devono ricondurre all'italiano che ne

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sta alla base. E tuttavia che libro! E a volte anche il linguaggio stesso spezza i limiti della convenzionalità, diventando meravigliosamente ardito.

Continuamente la sofferenza. Soffrire è la forma di vita inferiore già della bambina, che in un abbandono di cui non si può render conto riceve le stimmate. Si pensa se qui non ci sia qualche elemento morboso e la psicologia avrebbe pronto tutto un apparato per registrarlo. Ma non coglierebbe la realtà autentica.

Penso a concetti che ho letto in Leon Bloy, e accennati anche da I.W., secondo cui la sofferenza non viene dal peccato e si sarebbe potuta evitare. Vale a dire, una sofferenza sicuramente, quella tormentosa, distruttiva, cattiva. Però ne esiste anche un'altra. Forse la finitezza stessa è una cosa che si realizza nella sofferenza; negativamente, se afferma se stessa; positivamente, se viene portata entro Dio attraverso il sacrificio.

E penso ancora che in Dio stesso esista una misteriosa realtà concreta che vi corrisponde oppure, per esprimersi più giustamente, alla quale questa sofferenza della finitezza corrisponde. Forse il fatto originario che Dio vuole e crea e sostiene il finito... Questo non termina nell'incarnazione?

Ma non se ne deve parlare tanto, e come arrivo mai a farlo?

Ieri sono stati qui Eugen, Maria e Veronika Jochum. Ho mostrato loro casa e giardino, e sotto il loro sguardo m'è apparso tutto nuovo e bello.

Poi abbiamo pranzato a Breganze; dopo siamo

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andati a Bassano e infine ad Asolo, e anche questo m'è apparso di nuovo bello. Il movimento dei corpi architettonici nelle vecchie strade è delizioso, e la vista sulla pianura veneta dalla rocca è come un sogno.

Isola, sab. 2.10.54

Ho ripreso un progetto d'un libro su Maria, che risale al 1943. L'approvazione di Karl Rahner m'ha rincuorato assai e le sue osservazioni mi sono servite molto.

Domani ancora un ultimo pezzo, e poi la y redazione sarà conclusa. Poi ne sarà necessaria ancora un'ultima e spero che lo scritto potrà andare in stampa.

Isola, mer. 6.10.54

Ho incominciato l'abbozzo del corso invernale sulla rivelazione; l'ultima parte, che tratterà del suo contenuto.

L'esposizione deve uscire dalla consuetudine;

far emergere l'elemento particolare, quello che guida alla decisione fra scandalo e fede, il Dio vivente e il suo modo di sentire, e l'esistenza a cui l'accettazione porta l'uomo.

Speriamo che riesca.

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Isola, ven. 8.10.54

È tardi; mi trovo nella stanza a destra della porta anteriore e il fuoco borbotta nel caminetto. In questa stanza da quasi trent'anni — eccettuati quelli tra il 40 e il 47(6) — sono nate tutte le mie lezioni e in esse i miei libri. Tutt'attorno sta il passato... Se avessi una memoria più viva, ci sarebbe da aver paura...

Non mi sono mai fidato di dire, di dire con me stesso: Isola appartiene a noi. Ed ora sento che tutto va verso la fine. Mia madre ha 92 anni;

per M. la proprietà con tutto ciò che ne dipende è un peso. La famiglia a Milano perde il rapporto con qui, ad eccezione di R. Chissà che cosa avverrà durante l'anno, senza parlare delle preoccupazioni politiche. Che tristezza grava su tutto...

Isola, sab. 9.10.54

È di nuovo come ieri: tutto zitto, il fuoco borbotta nel caminetto; io che scrivo in questo libro. Abbiamo una gattinà, un animale grazioso; vigile e sempre intento all'ascolto nel silenzio... Ora è balzata sulla sedia alle mie spalle, poi sul tavolo, ed ispeziona i comici oggetti che ci stanno sopra, carte e libri e fiori. La matita, con il suo movimento nello scrivere, la interessa e stende la bianca zampetta verso di essa... Poi viene vicinissima e vuoi. essere accarezzata — vicino e pure, con la

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sua vita, un mondo irraggiungibilmente lontano.

Isola, dom. 10.10.54

Di nuovo sera; di nuovo il fuoco che borbotta;

di nuovo passato un giorno, passate due settimane qui; passati tré quarti delle vacanze. Presto incomincerà il semestre nel quale compirò settant'anni e s'approssima il problema se farmi mettere in pensione o no. Sembra che la risposta dipenda da me, perché la politica mi ha preso sei anni;

e che cosa devo fare?

Oggi ho letto molto Leopardi. A un tratto mi s'è chiarita la differenza fra lui e Hòlderlin.

Isola, 28.10.54

Domani ritorno a Monaco via Milano. Il periodo trascorso qui è stato molto tranquillo. Per un po' s'è udito ovunque il trattore che arava i campi. Quanto tempo è passato da quando, invece del suo strepito, si udiva il richiamo dei contadini che incitavano i buoi? Come fosse ieri, e aveva veramente un suono migliore. Ma i contadini sono contenti d'essersi liberati da quella tribolazione. Anzi, poi è tornata una bella quiete.

Durante il periodo trascorso qui non sono stato

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da nessun'altra parte. Mario ha passato 10 giorni a Montecatini; quindi non avrei avuto nessuna macchina a disposizione e non avevo voglia d'andare in treno. Dunque ho portato avanti le mie cose e riposato molto.

L'abbozzo del corso non è finito del tutto. Hans Waltmann gradiva pubblicare la Lettera sulla Madonna a Natale, così mi sono dovuto mettere al lavoro. M'ha dato ancora molto da fare, tanto più che ho dovuto scrivere tutto a mano, ma adesso è a buon punto.

Penso a quel tardo pomeriggio ad Altotting. Forse la parola ora è mantenuta...

Monaco, 7.11.54

I giorni hanno portato ancora lavoro straordinario d'ogni genere alla Lettera sulla Madonna. Adesso è stesa e credo che nel complesso sia buona.

Sono rimasto molto colpito dal libro di Th. Merton: Thè sign of ]onas *. Prima sentivo l'influenza dello spirito americano nel campo religioso semplicemente come un fattore negativo. Sbagliavo. Può anche contribuire a far acquistare alle cose una peculiare immediatezza, a farle diventare semplici e fresche.

Oggi la prima celebrazione liturgica in S. Luigi. Con la vetrata sotto l'organo la chiesa ci ha gua-

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dagnato molto. Il rumore della strada è realmente escluso & l'intero ambiente risulta molto più raccolto.

Ho cercato di dire che cosa possa significare anche per gli studenti il concetto paolino del santo inteso come l'uomo toccato dal messaggio.

Qui c'è una comunità meravigliosa. Fitti fitti e in gran prevalenza uomini, fra cui molti studenti.

* Tr. it. Il segno di Giona, Garzanti, Milano 1963 (n. d. r.).

Monaco, giov. 11.11.54

Per la prima volta ho sentito come dev'essere quando sai che Dio ti guarda. Quando ci si sa pensati nel fondo dell'essere. Nel bene; bene totale. Al sicuro, in patria. Si sa dove si appartiene. E non psicologicamente, ma, se così si può dire, ontologicamente; appunto nell'essere.

Monaco, dom. 14.11.54

Ieri pomeriggio sono stato dai Worringer. L'ultima mia visita a loro risale al 1922 o 1921 e allora come questa volta c'era Martin Buber, questa volta anche sua moglie.

È stato bello. Da così lontano, le linee delle

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strade della vita convergevano in quella stanza tranquilla dalla libera panoramica. E il fatto che io dovessi andar via dopo poco più d'un'ora, perché c'era da preparare la conferenza in S. Luigi, ha dato all'incontro una compiuta pienezza.

Sul mio scrittoio c'è un vaso di Murano. L'ho comperato dopo qualche esitazione ed ora conduco con esso costantemente una lotta sommessa. Quando l'ho portato a casa pensavo che fosse azzurro chiaro. Ciò significa che questo avevo creduto osservandolo la prima e la seconda volta. Poi ho visto che conteneva un po' di rosso e questo significa una difficoltà, perché il lillà propriamente non mi va. Ma il colore è così pieno di vita che il vaso, specialmente quando ci batte il sole, è come una pietra preziosa o come un colchico autunnale o come un'atmosfera piena di nuvole e puntini luminosi — si tratta cioè delle piccole bolle d'aria che il soffiatore del vetro vi ha imprigionate dentro. Quindi è indubbio che è bello. Qualcosa in me lo sa. Ma qualcos'altro non vuole. E così devo accogliere insieme i due elementi discordi per poterli trovare in pace fra loro. Questo non è facile, e non so come andrà a finire.

Oggi parlare in S. Luigi m'ha affaticato molto. Veramente m'accade sempre, ma da qualche tempo il cuore non vuoi fare il suo dovere, e allora tutto diventa più difficile.

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Monaco, mer. 17.11.54

Siamo andati a vedere il film 0;?'^ a besoin des hommes al piccolo Reprisenkino — cioè solitamente sono repliche, come indica il nome — nella Occamstrasse.

Il film m'ha toccato da vicino come raramente un altro. Una cosa genuina, pura e grande, inoltre realizzata ineccepibilmente.

T'infonde fiducia. Il tempo che crea opere del genere non s'è perduto. Mi sono sentito nuovamente portato a non criticare troppo, ma ad avere fiducia e rispetto.

Questi giorni ho ricevuto da W[ilhelm] Wor-ringer il suo opuscolo: Problematik der Gegen-wartskunst [Problematica dell'arte attuale]. Tanto tempo fa con il suo saggio Formprobleme der Gotik [Problemi formali del gotico] m'ha insegnato a capire gli intenti dell'arte non classica del medioevo — egli e, da ricordare con lui, Richard Benz. Adesso m'ha aperto un'altra porta. Forse;

non lo so ancora. Qualcosa mi mette sul chi va là. Forse l'analogia è in qualche modo ingannevole. Devo mettere alla prova i suoi pensieri.

Monaco, gio. 18.11.54

Otto giorni fa la prima lezione sulla parte conclusiva del corso sulla « Rivelazione », cioè sul contenuto della proclamazione biblica.

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Qui ho tentato d'aprire la via a quello che sarebbe seguito. Voglio mostrare l'aspetto innovatore del messaggio, che nel contempo redime e indirizza, senza cercare affatto di indebolirlo e livellarlo. Così ho cercato di chiarire che cosa s'intende per scandalo nel Nuovo Testamento; ma non soltanto esponendo il significato del fenomeno in sé, bensì dichiarando con la massima precisione che anche il parlare e udire adesso nell'aula stava sotto il discrimen, la linea di demarcazione della possibilità dello scandalo. Infine ho manifestato pure che cos'è che mi rende tanto difficile parlare di cose cristiane davanti a un uditorio assolutamente così eterogeneo!

Dopo di che il numero dei frequentanti sarebbe potuto diminuire; invece oggi l'aula magna era .così piena che molti sono rimasti in piedi. Dunque è realmente così, che essi vogliono sentirsi dire proprio questo.

Monaco, 19.11.54

II primo vero concerto di Veronika Jochum, cioè la ripetizione di quello di ieri. Ha suonato un concerto per pianoforte di Beethoven ed ho trovato meraviglioso come quella giovane creatura abbia eseguito così seriamente e coraggiosamente il suo pezzo davanti al pubblico nella grande sala. Sul fatto musicale in sé non posso dire molto, per-

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che qui non mi permetto alcun giudizio. Comunque la sua esecuzione m'è sembrata ferma, ben strutturata e con una potenza di caratterizzazione sia ricca che sicura.

Bello anche l'uditorio: uno dei concerti per la gioventù nella grande sala del ministero dell'economia; m'hanno detto attorno ai 2000, quasi tutti giovani fra i sedici e i venticinque anni d'età; con i loro abiti migliori e con la lieta consapevolezza che quello che si svolgeva era cosa loro. L'ha detto anche l'applauso che hanno tributato a Ve-ronilca. E io pure ho partecipato in un modo particolare, perché i figli Jochum sono miei nipoti adottivi al pari dei figli Sattler più anziani.

E poi ho avuto modo di chiarirmi cosa occorre, per potere, pur alle soglie della vecchiaia, godere liberamente di tutto cuore con giovani per la loro strada e rallegrarsi con loro non soltanto con intenti pedagogici, ma realmente, anche se spesso non li si comprende.

Monaco, sab. 21.11.54

In S. Luigi l'ultima domenica ho incominciato un ciclo su « le prime cose »: una spiegazione dei tré capitoli introduttivi della Genesi.

Oggi ho cercato di far comprendere che cosa significa creare ed essere-creato e l'atto religioso in cui ci si rende conto reale di questo.

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Alla celebrazione liturgica delle 11 la comunità cresce sempre più e nel contempo diventa più unitaria. Durante il canone c'è stato un silenzio assoluto. Questo ne è una prova.

Se il ciclo riesce, ne nasce una specie di teologia dell'esistenza. Sarebbe tanto necessario che il credente non si fermasse soltanto alla superficie, ma scendesse anche alle radici. Poiché, in realtà, il vero credente pronuncia la frase « io sono » in un modo diverso da chi non crede.

Monaco, mer. 24.11.54

Ho visto ora il film di Walt Disney Deserto che vive. Secondo la critica c'era da aspettarsi molto. È anche una cosa vigorosa sotto molti aspetti. Ma l'impressione complessiva non è bella.

La musica, per incominciare da quella, è desolata. Ma di solito nei film della natura è così. Appena arriva la natura, l'orchestra incomincia a lamentarsi. Lo stesso il testo che l'accompagna. .Niente di più falso del discorso sulla « natura eternamente viva » e « che provvede a tutto ».

Ma era brutto anche il soggetto stesso. Un continuo uccidere e divorare. E a renderlo ancora più brutto, quasi tutti insetti, rettili e serpenti. I più ripugnanti gli insetti. Che l'uomo proprio non abbia intuito quali sentimenti non buoni avrebbero suscitato necessariamente negli spetta-

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tori, traendoli fin dall'inconscio, le loro immagini, eccessivamente ingrandite, i loro movimenti, le loro forme, la loro fredda estraneità?

E prima ancora una specie di film alla Mickey Mouse. Anche qui c'è soltanto da meravigliarsi:

che uno non sappia cosa combina traducendo l'uomo e la sua vita nella figura e nelle le2iosag-gini di questa creatura subumana, di questa caricatura d'un folletto?

Monaco, ven. 26.11.54

Noi — H. Waltmann ed io——siamo andati a Tubinga, dove dovrei parlare. Il viaggio d'andata è stato brutto. Per qualche giorno aveva fatto freddo, poi l'aria s'era riscaldata un pochino; era scesa la nebbia, aveva piovigginato e adesso sull'autostrada c'era il velo di ghiaccio. Invece di tré ore ne abbiamo impiegate cinque.

A Tubinga ho abitato al « Lamm » [Agnello]. Nel tardo pomeriggio sono andato ancora in giro 'a lungo per la vecchia Tubinga; pensavo alla pena dei primi due semestri, il cui trauma è ancora in me..., alla fortuna capitatami durante il secondo soggiorno di studio, quando qui avevo trovato la mia strada, specialmente a quella sera sotto l'antico edificio dei collegi universitari nella medesima vecchia via... Da allora è passato mezzo secolo...

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La conferenza sugli studenti e la loro responsabilità per la cultura ha avuto luogo nella sala delle feste ed è stata trasmessa nell'aula magna e nell'aula 9, e alcuni ancora sono andati via... Che differenza fra il 1903 e il 1954... E adesso fra poco avrò 70 anni.

La sera dal rettore gente simpatica: Gottron, Otto, Letterer, E. "Wasmuth.

Monaco, dom. 28.11.54

In S. Luigi l'uditorio continua a aumentare. Ma sento con preoccupazione come il mio pensare, parlare, trovare e formare la parola non proceda più così speditamente. Prima il meccanismo aveva una sua sicurezza che quasi non mancava un colpo. Il pensiero passava da sé nella parola. Adesso non è più così.

Prenderò nota di quello che accadrà. Fra tré mesi avrò settant'anni. Questa è la soglia della vecchiaia; qui non si può togliere nulla a forza di discorsi.

Monaco, mer. 13.1.55

Di nuovo una lacuna d'un mese e mezzo. Mi devo lasciar convincere che per me un diario non

significa niente.

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E intanto è accaduto parecchio che meritava d'essere scritto. Soprattutto la questione A. ... E così parecchi aspetti spirituali; intuizione, lavoro. Ma quello che succede, che mi avviene, manifestamente non m'interessa fin nell'intimo. Altrimenti troverei il tempo.

Voglio riprendere ancora una volta e questa volta prendendo lo spunto più dal pensiero; senza molta fiducia...

Monaco, mer. 13.1.55

Uno scrittore è un uomo nel cui pensiero il nascere della forma s'avvia già nella prima impostazione della ricerca dell'intellezione. In lui la semplice questione della verità non esiste; è sempre collegata con il 'come' dirla, con il processo di strutturazione.

Bello e difficile nello stesso tempo... Ne deriva il subisso dei compiti. Ogni predica potrebbe diventare un'« opera ».

Monaco, g. 14.1.55

Oggi è moda parlar male di Piatene, in quanto sarebbe un « idealista ». Ma a parte l'arroganza insita in questo atteggiamento, il rimprovero risponde al vero?

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Sotto l'impeto della scoperta dello spirito e nella lotta contro l'opportunismo sofistico, il corpo e la storia impallidiscono, ma dal punto di partenza platonico deve essere necessariamente così?

Si deve far distinzione fra il Plafone storico-individuale e la sua filosofia nel suo fondo. In essa si può rendere piena giustizia al problema dell'uomo come a quello dell'esistenza storica.

Riprova: Agostino, che è consapevole dell'unicità dell'uomo {Confess. i, 1-5) e degli avvenimenti nel tempo come decisione d'eternità, e Dante, di gran lunga non visto abbastanza. La sua dottrina del corpo umano e la sua coscienza storica!... «Roma»...

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PARTE TERZA

15.12.56

DEFINIZIONI NON SISTEMATICHE DI DIO

Dio è quell'essere capace d'essere interamente presente per ogni uomo senza disperdersi e senza essere a sé infedele. Però questo non come essere universale, ma come persona — come 'Egli'.

Questa definizione è esclusiva, e quindi vera.

17.12.56

ESPRIT DE PINESSE

è il punto di vista

1. del concreto-individuale come tale

2. della forma globale, dell'elemento sinfonico

3. del valore e della figura di valore

4. dell'espressione (viso, gesto) e del simbolo.

19.12.56

FORMA

Ciò che si chiama « forma » non si risolve ne 193

nel quantitativo ne nel qualitativo. La forma è un terzo — o primo — non ulteriormente riducibile. P. es. un triangolo...

Che il suo elemento costitutivo fondamentale si possa vedere nella proporzione?

20.12.56

DOMINARE E SERVIRE

Nell'immagine di Dio [l'uomo] dominare e servire sono certo ambivalenze, che soltanto entrambe insieme formano la totalità.

Dominare senza servire diventa egoismo e violenza... Servire senza dominare viltà e indegnità. Soltanto la loro unità, nella quale ciascuna azione arriva alla pienezza del proprio significato, fa l'uno-intero.

Il « servire » di Dio... La sua umiltà, la sua dedizione alla dignità-oggettiva d'ogni essere!

26.12.56

EQUIPARAZIONE DEI DIRITTI

Tutti sono equiparati nei diritti; in fondo e nelle sue ripercussioni sociologiche questo significa: tutti sono identici. E dove rimangono i caratteri specifici propri?

La frase « tutti hanno altrettanti diritti » si

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trasforma inarrestabilmente nella frase « tutti hanno gli stessi pochi diritti ».

28.12.56

CULTURA SPIRITUALE

È pura e grande nella misura in cui ogni forma emerge limpida, al tempo stesso si adatta con le altre e si fa chiara l'unità; dietro tutto traluce l'Uno e l'ultimo e onnifondante, però al tempo stesso nessuna forma sfuma nell'altra, ciascuna sta invece chiaramente in sé.

4.1.57

CLERICALISMO

È uno dei peggiori malanni della vita religiosa. Il ci. è il collegamento di errori e insufficienze umane con il ministero sacerdotale.

Sete di dominio, invidia, maldicenza, attaccamento al mangiare e bere, avidità di denaro, sensualità, tutto assume un carattere maligno particolare quando si collega con la carica di chi riveste un'autorità ecclesiastica.

21.1.57

OTTIMISMO - PESSIMISMO

II materiale psicologico delle virtù e quello dei 195

difetti sono la stessa cosa. Di queste due ultime categorie le une sono volta per volta il rovescio degli altri.

Formulazione ottimistica:

I difetti sono le virtù che non hanno ancora avuto tempo di definirsi come tali.

Pessimistica:

Le virtù sono i difetti rimasti ancora imboz-zolati nell'innocuità.

21.1.57

LA PAURA SEGRETA

Quando per lungo tempo si è pensato, e si è cercato come poter volgere al positivo l'intrico delle forze storiche, insorge sempre più ostinata una paura: che in fondo l'intera storia non sia un portare all'esito finale ciò che la rivelazione chiama il primo peccato.

Con ciò nulla si rinnega di tutto quanto di buono e remoto nel tempo è stato fatto nella sto-"ria. Rimane anche l'esigenza di compiere tutto il possibile per volgere le cose al bene. Ma si fa sempre più insistente il pensiero che alla fine « storia » significhi trarre dal peccato originale tutte le conseguenze. Non dice anche Cristo che alla fine sta la catastrofe totale?

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26.1.57

CHE COSA VUOLE L'UOMO DALLO STATO

Anzitutto vuole sicurezza e promozione del

proprio benessere.

Più profondamente, vuole diritto e giustizia. Nel più intimo vuole che la sovranità (Hoheit} si mostri chiaramente. Perciò in tutta la democrazia è insito un senso di cosa a buon mercato, almeno in Europa.

29.1.57

ROCK AN ROLL

Dopo poco tempo sensazione d'una grande monotonia.

Povertà di sostanza nell'ambito umano e in quello spirituale.

Raffreddamento della sensibilità.

Esplosione di frenesia.

Il brutto è che nella foresta vergine le sue forme hanno un senso, ma qui sono soltanto forzate e rimangono vuote.

29.1.57

RAFFREDDAMENTO DELLA SENSIBILITÀ

Oggettività *, apatia, mancanza di contatti, organizzabilità — forse tutti preparativi della na-

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tura a orrori futuri — così come gli animali si coprono d'un pelame più spesso quando l'inverno diventa duro.

* Sachiichkeit: propriamente è l'atteggiamento che considera solo le "cose" (Sachen), quindi tutto tratta come oggetto {n.d.r.}.

29.1.57

PROGNOSI

Sembra che lo stato della cultura e della vita umana proceda sempre verso il livellamento — una entropia psichica.

Allora il futuro sarebbe monotonia crescente, noia, interrotte da eruzioni di pazzia furiosa.

Dom., 9.2.58

In efletti mi dovrei dire che non ho alcuna predisposizione a scrivere un diario. Ma oggi mi sono capitati in mano i vecchi fogli e m'ha ripreso la voglia.

Frattanto sono accaduti avvenimenti d'ogni genere. Soprattutto ha avuto sviluppi spiacevoli la nevralgia del trigemino, che ho sentito per la prima volta come la scarica di un fulmine sulla strada del paese di Neggio. Dai primi di dicembre dell'anno scorso non ho più tenuto lezioni ne la celebrazione liturgica a S. Luigi e l'altro ieri

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ho scritto al decano della facoltà che devo interrompere per tutto questo semestre. Nei due mesi trascorsi da allora non sono stato fuori di casa più di 24 ore in tutto e la nevralgia stessa non è stata — ne è — realmente una bella cosa. Qualche volta ho perduto il coraggio. Una mezza dozzina di medici non ha combinato nulla, neanche tré soggiorni a Kohigrub. Rimane da aspettare se adesso il dottor Korn ottiene qualcosa di buono.

Chissà che ne sarà del mio lavoro all'università ed in S. Luigi in queste condizioni. È una brutta cosa, tutto così incerto! Comunque ora voglio tentare di nuovo. Intanto s'è realizzato qualcosa. Le cinque in-terpretazioni di Mórike del congresso a Rothen-feis dell'autunno del 1956 sono apparse in forma di libro (si chiama Gegenivart una Geheimms [Presenza e mistero]; sarebbe dovuto essere Gegenwàrtigkeit [Presenzialità] und Geheimnis, ma la prima parola è parsa troppo lunga). Poi sono stati raccolti i vari saggi su Dante, che usciranno presto come Dante-Studien *.

Le Predigtbeffe [Quaderni di omelie] sono al numero 19 e le ho già pronte per la stampa fino al n. 22.

La Psychologie Jesu ** doveva essere presentata per così dire come pubblicazione postuma dal dott. Frank, stava pure già qui in bozze; ma poi ha dovuto retrocedere su istruzioni della facoltà di teologia e ora non si sa come si debba procedere.

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Fin qui l'attività letteraria.

Alla trattazione degli argomenti personali mi dedicherò di volta in volta.

Ad ogni modo adesso ho davanti a me — Deo favente — tré mesi di tempo libero e spero di fare qualche cosa. Soprattutto di andare quattro settimane a Hindelang alla ricerca d'un miglioramento generale. Anche quattordici giorni a Isola. E se possibile, una vacanza per il semestre estivo. Se non mi verrà concessa, dovrò presentare domanda di essere messo in pensione e darmi la vacanza io stesso.

I prossimi lavori sono anzitutto il completamento delle Lebensalter [Età della vita]. Manca ancora la fase dell'uomo completamente vecchio. Non molto bella, ma necessaria.

Poi la Psychologie Jesu. In qualche modo la dovrò mettere in ordine.

Infine la nuova edizione deìì'Offenbarung [Rivelazione], che in pratica vuoi dire un libro nuovo di mole doppia.

Nel giugno dell'anno scorso ho ricominciato » leggere tutta la Sacra Scrittura.. Adesso sono al secondo libro di Samuele.

La leggo nella traduzione di Buber. Per suo mezzo tutto acquista una capacità di penetrazione nuova. Talvolta le cose assumono un tono un po' volgare; per quanto si comprenda quello che s'intende. Talvolta non so proprio bene, è qualche e-sigenza" artistica o queste cose vanno dette così per principio, partendo dalla prima realtà concreta?

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Ma davanti a questa caratterizzazione così umana talvolta s'inorridisce. Tanto sangue...

* Tr. it. Studi su Danie, Morcelliana, Bresda 19792 (n.d.r.}.

** Tr. it. La realtà umana del Signore. Saggi sulla psicologia di Gesù, Morcelliana, Brescia 19792 (». d. r.}.

Lunedì, 10.2.58

Ieri ho incominciato a leggere Giovanni della Croce nella tradizione francese. La montée du Carmel *.

Mi sembra chiaro e forte, ma che rigorismo! Ogni attaccamento, ogni amore per una qualsiasi creatura è inconciliabile con la dedizione a Dio. E l'amore per la persona cui sei legato? Per la professione? Per le cose nobili? Il Vangelo dice così?

Le due vie... quella metodico-sistematica e quella della vita concreta!!

A suo tempo, dopo l'assegnazione del premio dei librai tedeschi dell'anno scorso a Thornton Wilder, avevo ricevuto una lettera da Lambert Schneider con un assegno di 10.000 dm. Wilder aveva disposto che l'importo venisse dato a me, affinchè lo usassi a mio giudizio per scopi assistenziali. Bello da parte di Wilder, e grande fiducia in me. 1500 andranno alla laureanda Ricarda Winterswyl per la pubblicazione della sua tesi, che è stata giudicata molto buona. Non ha un

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soldo. Altri 1500 per la guarigione del giovane vicario Schwenneke, profugo, ridotto alla fame dallo studio e che adesso è completamente a terra. 1200-1500 per Hedwig Conrad Martius, ses-sant'anni, • importante bioioga teoretica e filosofa senza incarico ne entrate.

Penso che corrisponda di più all'intenzione del donatore se si opera in modo ordinato, che rechi frutto, piuttosto che concedere piccoli aiuti, che si consumano in fretta.

Dovrò vedere che si pensi in ugual misura a personalità catt. e prot., in quanto Wilder, per quanto ne so, è protestante.

Oggi finito di dettare l'abbozzo del capitolo « l'uomo senile ». Non facile. Tutto ancora molto disordinato.

* Tr. it. Salita del monte dirmelo, in Opere complete, ed. Carmelitani Scalzi, Roma 1979 (». d. r.).

Gio., 13.2.58

Sembra che la nevralgia vada meglio. Molto lentamente, con tante ricadute, ma pur tuttavia.

Il dott. Korn dimostra un'ostinazione meravigliosa.

Questa sera scritta una parafrasi della sequenza di Pasqua per un ufficio pasquale tedesco. In esametri binati, di cui il secondo con un'intonazione ascendente al centro. Forse un po' classicista, ma

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molto solenne, almeno credo. Il dott. Korn li metterà in musica. •

Oggi H. Kahiefeld qui a pranzo. Parlato della mia Psychologie J. Chr. Dunque uscirà, come ho scritto, senza le note e gli inserti programmati da parte di un altro.

Credo che sarà apprezzata. (Del resto ne sono già prenotati 1500 esemplari).

Lun., 17.2.58

Ho settantatrè anni. Succederà certo a tutti di non riuscire ad accordare se stessi con il numero crescente dei propri anni.

In questi giorni scrivo l'ultimo capitolo di Lebensalter, sulle persone senili, vecchissime. Sensazione singolare, delinearsi la prognosi così da sé.

Gli ultimi mesi sono stati annullati in un modo tutto particolare dalla nevralgia; tolti fuori dal normale... Non mi posso figurare ancora che cosa sarà: pensionamento... o un semestre di vacanza... o ferie prolungate. E che ne sarà di S. Luigi?

Gio., 20.2.58

I miei pensieri ruotano sempre attorno a due punti, che verosimilmente rientrano nello stesso ambito.

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Il primo, l'incomprensibilità, che s'impone costantemente, di come Dio voglia il finito e si sia rapportato ad esso, di come ciò possa essere... Così che il pensiero deve tener fermo il concetto dell'assoluto e al tempo stesso superarlo continuamente.

L'altro, che l'uomo non si può pensare partendo dal concetto della natura, ne la sua storia sulla base del concetto del progresso (dell'evoluzione). Ma che ogni attività umana è essenzialmente un passo nella libertà e quindi nel pericolo; quindi è soprattutto importante « sostituire » la sicurezza, inesistente o in costante regressione, che viene offerta dalla natura con quella data in un « ethos della responsabilità »; anzi, intendere lui stesso come l'essere essenzialmente in pericolo, che vive del riferimento a quella decisione di Dio.

Lun, 24.2.58

Questa sera il rettore mi ha telefonato per chiedermi di considerare se il 12 luglio sarei disposto a tenere il discorso celebrativo all'inaugurazione del cortile coperto dell'università nel quale a suo tempo i due Scholl, fratello e sorella *, avevano sparso dall'alto i volantini con l'appello contro Hitler, e del monumento per i sei nello stesso cortile.

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Ho avuto subito la sensazione di doverlo fare. Non è certo indifferente come riuscirà il discorso, che si dovrà tenere davanti a un grande uditorio accademico, ma pure ufficiale.

Dunque ci devo riflettere bene. La mia posizione personale non ne risulterà più semplice.

Forse parlerò sull'impegno verso la storia, vista l'indifferenza vigente in Germania occidentale nei riguardi della storia contemporanea. Il comportamento diventa sempre più astorico: denaro, divertimento, tecnica, sport... La sera di sabato scorso alla celebrazione degli Scholl hanno presenziato circa 150 studenti e una dozzina di professori. Alla riunione per il motto della cancellata del cortile coperto {Dulce et decorum...) ce n'erano da 2500 a 3000. Ma qui si trattava anche di far del fracasso.

* Guardini si riferisce all'episodio famoso degli studenti della Weisse Rose (Rosa bianca), organizzazione antinazista;

vedi inge scholl, La rosa bianca. La Nuova Italia, Firenze 1967 {n. d. r.).

Mer., 26.2.58

I messaggi di lunedì e quelli di oggi m'hanno dato fiducia. È singolare vedere con quanta tenacia continua a lavorare il dott. Korn. E in me una fiducia si lega a lui, così che forse la cosa riuscirà e potrò riprendere a lavorare.

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C'è ancora tanto da fare! E se non è troppa presunzione, ce ne sono tanto pochi che hanno la mano...

La lettura del libro su Raabe di H. Pong mi fa un effetto strano. Tanti suoni d'un tempo giungono qua.

Giov., 27.2.58

L'ufficio propaganda di mister Cecile de Mille aveva inviato senza soste informazioni sul prodigioso film I dieci comandamenti. Ieri l'ufficio di qui ha telefonato per sapere se la sera del 28 sarei andato alla « première ». Ho rifiutato, trovo la cosa spaventosa e non volevo averci nulla a che fare.

Ven-, 28.2.58

Oggi onomastico. Dopo tré mesi per la prima volta in città. Ho notato come dovrebbe essere facile ritirarsi in un ambito più limitato e silenzioso, e come non ci perderei molto.

Nella libreria della Briennerstrasse ho visto una pubblicazione su Raffaello. M'è ritornato vivo il ricordo della mia esperienza con lui. Prima, naturale ammirazione; poi, meditato rifiuto; poi, credo davanti alla Scuola d'Atene in Vaticano, emozione per la sua arte inaudita.

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Lo si deve riscoprire di nuovo. Non è facile da capire, perché è così perfetto. Nessun pittore regge al confronto con lui. Mozart, Prassitele...

Credo che il modo in cui una persona reagisce a Raffaello sia un test.

Dom., 2.3.58

Ieri pomeriggio dal conte Podewils Heidegger ha letto qualche pagina da un suo corso. Doveva servire come saggio di quello che vorrebbe dire nella serie di conferenze all'Accademia delle belle arti in autunno.

È faticoso seguirlo. Ogni cinque frasi ci si vorrebbe fermare e riflettere. Stanca pure il modo in cui si passa sempre da un'immagine verbale all'altra, e talvolta non si sa che cosa in sostanza venga detto e se venga detto.

La cerchia piuttosto ampia degli amici stava là seduta, credo, del tutto sprovveduta.

Dal professor Hùbinger, che ha l'organizzazione della sezione religiosa della parte tedesca, m'è arrivata un'altra richiesta urgente di assumermi la relazione all'esposizione mondiale di Bruxelles. Nonostante il rischio collegato alla mia nevralgia.

Non so affatto che cosa devo fare.

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Mar., 4.3.58

Ieri sera è stato qui Heidegger. Abbiamo cenato insieme e parlato di parecchi argomenti. È stato molto gentile.

Adesso ci diamo del tu. Ci conosciamo dal 1912 o 13, da Friburgo.

Stamane incontro al Prinz-Karl-Palais: Heidegger, Georgiades, Pode-wils e io. (Wimmer sedeva ora qua ora là e ha fatto schizzi di H., del quale sta eseguendo il ritratto).

Abbiamo discusso il progetto del congresso d'autunno. Se ce la facciamo, potrà riuscire molto bello. Preetorius deve salutare; poi: Buber;

Weizsacker e Burckhardt; Heidegger; W. F. Otto e Georgiades; io.

Gio., 6.3.58

Ieri sera il prof. Lotz e il dott. Forster da me. Abbiamo parlato della celebrazione annuale dell'accademia, che nel contempo dev'essere il contributo catt. all'8000 anniversario della fondazione di Monaco. Sono contento d'aver dichiarato che per l'estate non posso assumermi altri impegni oltre Bruxelles e il discorso del cortile coperto.

Ora speriamo che il discorso lo tenga Lotz. Oggi bella mattinata alla mostra di Spitzweg. I suoi quadri sono un vero ristoro.

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Il dott. Forster ha detto che deve fare qualcosa per l'anniversario di Lourdes e precisamente ha proposto di tenere alcune conferete sul miracolo sotto vari aspetti.

Ho ripreso il mio ciclo di conferenze mai concluso su miracolo e legge naturale ed ora sono alla il conferenza: miracolo e segno.

Dom., 9.3.58

Non sono più ritornato sul pulpito da metà novembre. Così vuole Dio, ma adesso presto riprenderò.

L'altro giorno ho ricevuto la matrice per la incisione su disco del mio discorso su Kultur als Aufgabe und Gefahr [Cultura come compito e pericolo]. M'è sembrata una cosa molto sciocca. Non riesco più a entrare in quest'epoca.

Mer., 13.3.58

Non so se per conseguenza del tempo pazzo, nel quale neve, pioggia, caldo e freddo s'alternano in modo selvaggio, comunque la nevralgia continua a perseguitarmi.

La terapia prosegue regolarmente: massaggio del tessuto connettivo, tarmaci, agopuntura, iniezioni di vitamine. Forse riesco a guarire. Appena

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l'attacco è in corso sul serio, non c'è rimedio che giovi. Allora provo con la pazienza.

Di quando in quando prendo coscienza di quanto scorra sempre uguale e, in fondo, quieta la mia vita. M'incontro assai poco con altri; una visita ogni tanto. Non vado neanche alle manifestazioni. Qualche volta, tanto per avere un piccolo cambiamento, però senza alcuna pretesa, un film o una passeggiata in città. Per il resto leggere, scrivere, passeggiate silenziose con i miei pensieri. È bello la sera, quando non c'è più da sentire niente e mi metto allo scrittoio.

Attualmente sto terminando l'interpretazione del frammento di Riike (Lass Dir, dass Kindheit war). Diventa piuttosto ampia. Circa 60 pagine. Credo che riuscirà bene.

Inoltre va avanti la relazione richiesta dal prof. Doerfler per la comunità evangelica locale: Evan-gel. Christentum in katholischer Sicht beute [II cristianesimo evangelico nella visione cattolica oggi]. Voglio seguire una via indiretta: che cosa significa per me la Chiesa.

-Ancora, due conferenze su « Miracolo » e « Segno ».

E infine la conferenza commemorativa per il circolo degli Scholl: sull'atteggiamento astorico dell'uomo tedesco occidentale del nostro tempo.

Piuttosto estesa. Ma, dato che nessun termine mi incalza, vado avanti tranquillo.

Ho rinunciato alla relazione da tenere all'esposizione mondiale di Bruxelles.

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Ven., 15.3.58

Nel pomeriggio il prof. Maak (matematica), membro del nostro circolo del venerdì, è stato qui a prendere il tè. Purtroppo va a Gottinga.

Cose singolari sul modo come il ministero dei culti tratta questioni di chiamate [a cattedre]...

Ma poi colloquio su questioni matematiche e filosofiche, particolarmente il concetto dell'infinito, e alla fine toccato il tema religioso.

Sembra che si possa vivere nel lavoro scientifico più intenso e non avere alcuna esperienza di realtà religiose.

Lun., 18.3.58

Finita l'interpretazione del frammento di Riike (Lass Dir, dass Kindheit war).

Concerto mirabilmente bello del trio di Trieste. Sensazione particolarissima della perfezione. Tutte le volte che la cosa riesce, la stessa sensazione di definitività. E che qualche cosa esca fuori dal tempo, entri nel regno del valore.

Ven., 21.3.58

Ecco il volume con gli studi su Dante. Non suscita in me una gioia particolare. Propriamente l'ho finito per amore del dr. Wild.

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Talvolta tutta la faccenda dei libri mi si fa così indifferente; leggere, scrivere, pubblicare... Una sola esperieirza pura e profonda vale più di tutto questo.

Dom., 23.3.58

Ieri ho letto i fogli che Ludwig Neundorfer aveva fatto copiare per me dal diario di Karl per il 70° compleanno. Inverno 1906/7 ... Più di mezzo secolo fa ... Vi ricorre continuamente anche il mio nome.

Mi domando se tutto questo sia vero... Sono io quello di cui vi si parla?

Fuori ancora tutto bianco di neve. Di notte molti gradi sotto zero. Perdiamo di nuovo la primavera.

La nevralgia è ancora sempre tanto forte che non mi fido a intraprendere un viaggio. Stamane m'è venuta l'idea di voler andare ancora una volta a Magonza a vedere i vecchi posti, finché esistono ancora... la Gonsenheimer Strasse, St. Bonifatius, il seminario... l'« Alterhausen ».

Mar., 26.5.59

Quattordici mesi fra questa e l'ultima annotazione.

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Mar., 26.5.59

II panteismo è una tecnica per avere la vita intera piena di religiosità e neanche un'ora di vera responsabilità nei confronti di Dio.

Scritto dopo un tentativo di trovare un senso profondo negli aforismi dì Morgenstern.

Mer., 27.5.59

Corso sulla redenzione; più esattamente sul « problema » dell'amore di Dio.

Sarebbe bello poter realizzare l'insieme: una esposizione della globalità della fede, senza specializzazione teologica, nel linguaggio della cultura generale. Ovunque il tentativo di arrivare al « fenomeno », di vedere tutto con freschezza.

L'aula magna di nuovo tutta piena, ovunque ascoltatori in piedi. Soltanto che io fossi finalmente sicuro di me stesso. Ma questo verosimilmente non sarà mai.

Gio., 28-sab., 30.5.1959

Sembra che nello spirituale parecchio stia sommessamente cambiando. Una prima cosa: il problema rimasto sempre vivo per tanti anni di come siano possibili il mondo e il destino dell'uomo da-

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vanti all'assolutezza di Dio sembra stia per risol-versi dopo il colloquio ad Isola con padre Babolin, il quale m'ha fatto capire che dietro potrebbe es-serci la pretesa di voler giudicare che cosa sia possibile a Dio. Ad ogni modo il problema tace, e il mio orientamento e modo di sentire prende « Dio » così come ne parla la rivelazione.

Una seconda cosa: nel leggere il libro di Bal-thasar su Buber * la visione di come il giudaismo — al pari del protestantesimo — abbia un'importanza durevole senza che ne venga messa in causa la validità della Chiesa cattolica.

E infine: la sensazione ch'Egli guarda qui ed io Lo posso guardare.

* H.U. von balthasak, Einsame Zwiesprache, Einsiedein 1958 (n. d. r.}.

Sab, 6.6.59

Incontro sul tema del preconvegno scientifico per il congresso eucaristico del 1960.

.Proposto di adottare un tema che sia intensivo e possa costituire un polo opposto rispetto alla convenzionalità e monotonia dei consueti argomenti eucaristici: la coscienza. Verosimilmente sarà accettato.

Ma che fenomeno « cristiano » è questo! L'Eucaristia, un tempo l'arcano assoluto, adesso oggetto d'un congresso mondiale con tutto il suo spaventoso affaccendamento.

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Gio., 11.6.59

Lunedì andato a Bonn. Capitolo annuale dell'Ordine Poar le ménte. La sera ricevimento del rettore dell'università. (Presente il presidente federale. Sedevo accanto a lui; è veramente gentile.) Al mattino successivo, dalle 9 alle 13, il capitolo. Me n'ero dimenticato, fortunatamente mi trovavo a casa ed ho potuto ricevere la chiamata telefonica dell'ufficio del presidio, cosicché sono arrivato là con V-2. ora di ritardo. (Non confuso come sarei potuto essere. Non ne ho avuto il tempo.)

La seduta molto dignitosa. Dunque adesso conosco collegialmente molte persone eminenti.

A mezzogiorno pranzo in casa del presidente federale. Dapprima ha salutato i mèmbri dell'Ordine, in particolare i nuovi accolti. È una bella dote saper agire così. (« Lei, signor Guardini, ha richiamato la nostra attenzione su tante cose ... ») A tavola in una bella lunga sala con la vista sul Reno. Sedevo tra Hahn e v. Laue. Adenauer a destra di fronte. Aveva qualcosa di grigio e rigido nell'indole. Mi ritornava di continuo alla mente il pensiero di che cosa sia il momento tragico:

qualcosa di piccolo in sé, ma nel quale prende l'abbrivo un grande evento.

Nel pomeriggio alle 17 riunione pubblica nell'aula dell'università; presidente federale, cardinale, autorità d'ogni genere. Tutto molto dignitoso. Saluto e breve comunicazione del cancelliere dell'Ordine Kaufmann. Bergengruen ha commemo-

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rato molto bene il suo predecessore Reinhold Schneider; Litt, che avrebbe dovuto ricordare Alfr. Weber, era gravemente ammalato; Ritter ha parlato sul generale v. Kuhi; io ho tenuto la relazione « su alcuni tratti della figura di Dante nella Commedia ».

La sera di nuovo ricevimento dal ministro federale dell'interno al club della stampa. Alla fine faticoso, ma bello. Mi sono messo a parlare con Hindemith della possibilità d'una musica sacra moderna di consumo. Egli crede che non sia possibile, soltanto il canto gregoriano.

La mattina di mercoledì ho girato a lungo per Bonn. 37 anni fa ho fatto l'esame di abilitazione qui, nel 1922 ... Molti motivi per ricordarsi e meravigliarsi.

Questo dovrebbe essere stato il culmine.

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PARTE QUARTA

Monaco, dom., 30.8.59

Ho incominciato queste note quando mi s'è chiarito che non sono capace di condurre un diario.

Per quanto mi sia apparso sempre desiderabile, ha continuato a languire. Manifestamente non sono interessante a me stesso quanto basta per dedicare regolarmente tempo a questi resoconti e nel mio bilancio spirituale la memoria ha una funzione troppo limitata, altrimenti la preoccupazione di conservare quel che è stato sarebbe rimasta più attiva.

Così voglio tentare di proseguire in un altro modo: fissare pensieri che nascono al di fuori del lavoro organico.

Monaco, dom., 30.8.59

Sto leggendo lo Zauberberg * di Th. Mann. Nel suo discorso agli studenti di Princeton egli dice che il libro gli era cresciuto raggiungendo

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la statura d'opera d'arte, solo dopo che aveva superato la sua propria esperienza diretta a Davos ed acquisito la capacità di trasferirla nel « gioco » sovrano della pura raffigurazione. Deve essersi ingannato. In realtà sotto l'aspetto esistenziale non è mai uscito veramente dalla montagna incantata della malattia. E mai da quella d'un pseudo-mito, altrimenti nei romanzi su Giuseppe l'Ebreo ** non avrebbe tentato di mitizzare l'Antico Testamento, la cui essenza consiste nel superamento del mito.

* Tr. it. La montagna incantata, Mondadori, Milano 1965 («. d.,-.).

** Tr. it. Le storie di Giacobbe, Mondadori, Milano 19634;

11 giovane Giuseppe, Mondadori, Milano 1981; Giusevpe in Egitto, Mondadori, Milano 19632; Giuseppe il Nutritore, Mondadori, Milano 19632 (n. d. r.).

Gallarate, mere., 2.9.59

La psicologia ci dice come un impulso che non venga soddisfatto in conformità al suo senso ne sublimato in modo corrispondente produca uno stato morboso. Se Dio è reale e il rapporto con Lui è essenziale, allora il tentativo di eliminarLo deve diventare una forza patogena senza pari.

I primi segni di ciò potrebbero consistere nell'aperta e proclamata amoralità della politica totalitaria, le cui conseguenze non sono ancora affatto prevedibili.

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Isola Vie., mar., 9.9.1959

II piccolo schnauzer Bella è entrato in casa:

qui si vede subito come si stabilisca il legame tra l'animale e noi. Per la prima volta prendo coscienza di come legando così a sé un animale l'uomo faccia in un certo qual modo la parte del destino. Ma non pensa affatto a quello che fa, invece di solito prende l'animale come una cosa, la cui « soggettività » non viene presa in considerazione.

Isola Vie., 11.9.59

Nevralgia del trigemino: per così dire, dolore puro. Senza cause ne alterazioni fisiologiche rilevabili; si manifesta senza passaggi; cessa all'improvviso in un modo così totale che non rimane neanche un ricordo della sua natura. Ma quando c'è, è così penetrante che rimuove ogni tentativo di autoaffermazione inferiore.

Isola, 12.9.59

Nello Zauberberg Th. Mann usa tutto, anche le realtà più decisive, come materiale per quel gioco ch'egli chiama « opera d'arte ». Ma lo si può fare senza che, sotto l'aspetto esistenziale *, tutto di-

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venti non serio? Il tenore dell'opera può essere continuamente ironico senza che tutto diventi un tradimento?

Per di più, il modo in cui mette in relazione la figura e l'atteggiamento dell'olandese con il Getse-mani è semplicemente sconcezza nello spirito; non rappresentato, ma reale in colui che rappresenta.

Per poterlo fare, bisogna essere increduli fin nel nocciolo, d'una fredda incredulità.

* Existentiell: a differenza di existential, per gli scritti di Martin Heidegger l'aggettivo viene reso con "esistentivo" (non "esistenziale"); ma qui non ci sembra usato così tecnicamente da Guardini (». d. r.).

Isola, 13.9.59

Talvolta in un viso appare una bellezza che è completamente inconsapevole di sé, anzi subito svanirebbe se ne si avesse coscienza. Allora appartiene alla persona interessata? Esiste un possesso non consapevole? Forse si può dire che entra nella totalità della personalità, con la sua purezza non riflessa; però questa totalità entra continuamente nella sfera della consapevolezza. Oppure:

essa appartiene al tutto dell'umanità e ne configura la vita. La risposta autentica suonerà certo così: Dio la conosce e in Lui la dobbiamo trovare.

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Isola, 14.9.50

Che cos'è propriamente l'alchimia? Il pensiero alchimistico? Facendo astrazione da ciò che in essa è forma che precorre la chimica scientifica, si potrà dire: tutte le cose umane: affetti, atti fondamentali, relazioni hanno analogie nell'extraumano. L'alchimia da loro profondità di significato umano e le ipostatizza in forze ed essenze mitiche. P. es.: in questo o quel processo la sostanza si « purifica » in... Oppure: in esso questa sostanza celebra le nozze con quella...

Isola, 15.9.59

L'importanza che s'attribuisce all'elemento estetico per l'esistenza è inversamente proporzionale a quella che si da alla verità. Quanto più incerto è il « che cosa » dell'esistenza, tanto più importante diventa il « come ».

Da un certo punto in poi, questa constatazione s'impone con tanta forza allo spirito esistenzialmente determinato da un serio proposito, che l'estetismo diventa non soltanto grottesco, ma ripugnante.

Per Th. Mami l'arte trova la sua compiutezza nell'ironia e nella parodia (G. Benn).

221

Isola, 15.9.59

II discorso di Heuss del 12.9.59. Vi definisce la democra2Ìa come « dominio a scadenza » e caratterizza la monarchia sulla base delle deficienze d'un dominio permanente e senza la possibilità d'un'alternan2a regolare. Nei riguardi di coloro che nel regime democratico soffrono, perché in ultima analisi appare loro povero di sostanza, sarebbe stato giusto — e saggio — parlare anche dell'aspetto positivo della monarchia, cioè della possibilità d'una tradizione genuina. Poi avrebbe sempre potuto aggiungere ancora che essa ha fatto il suo tempo e come noi si sia obbligati dalla nuova situazione.

Isola, 16.9.59

Nel cristiano ciò che decide tutto, assolutamente tutto, pensiero, azione, essere, è se la realtà di Dio viene sentita, s'egli sta nell'esistenza come il Reale, come in ultima istanza l'unico Reale.

Tutto il resto ne viene determinato; quindi è vivo o solamente pensato, anzi parlato.

Isola, 18.9.59

Qui negli ultimi tré anni s'è potuto rilevare visibilmente il passaggio dall'esistenza agricola a

quella industriale.

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L'agricoltore lavorava nei campi e in stalla; di solito era sporco e maleodorante. Adesso è pulito e si rade la barba con il rasoio elettrico; ma s'è allontanato dalla natura.

È libero dal servizio degli elementi; ma in cambio è soggetto a quello della macchina. E ha perduto quella saggezza che viene dalla natura e dalla tradizione ch'essa determina. Ha guadagnato? Ne troverà un'altra, d'uguale validità?

Isola, 20.9.59

Le prime novelle di Th. Mann: si vede come si sviluppano i mezzi destinati poi ad essere manipolati magistralmente, si vede anche l'esagerazione giovanile. E la crudeltà con la quale viene scovata e messa a nudo la miseria umana...

Forse che in germe tutta l'arte sia crudele? Se poi ancora ci si arriva esplicitamente, è una questione di temperamento e del caso. Ma a -priori e in modo determinante questo è l'atteggiamento connaturale dell'artista, il quale esce dal rapporto con la vita e fa oggetto di raffigurazione in genere quanto ha di fronte a sé. Qui sta il motivo d'una immoralità profonda dell'opera d'arte, a parte tutto il contenuto: nella freddezza dello sguardo oggettivo *.

* Sachiich: propriamente 'reificante', 'cosalizzante' (». d. r.). 223

Isola, 20.9.59

Saggezza:

avere di più di quanto si mostra, potere di più di quanto si da a vedere, essere di più di quanto si sembra.

Isola, 1.10.59

La formazione della consapevolezza cristiana è anzitutto una questione d'esperienza inferiore, nella quale la realtà e l'essenza del rivelato si fanno chiare e penetranti. Ma poi una questione di sforzo spirituale. Non a caso Kierkegaard ha parlato di « esercizio del cristianesimo » *.

Un'esperienza decisiva è quella della paternità di Dio. Però l'esercizio consiste nell'accogliere insieme il fatto dell'« impegno » paterno di Dio nel finito, o piuttosto, nella nostra insignificanza propria, e la sua assolutezza senza che nessuno dei due « elementi » ne soffra. Ma vivo deve rimanere anche il terzo elemento, l'incommensurabilità; un'occasione costante per la decisione biblica tra fede e scandalo. Se giustamente superata o risolta, ne derivano l'adorazione, la gratitudine e una fiducia al di là di tutte le motivazioni.

* Vedi, in tr. it.. Esercivo del cristianesimo, in Opere, a cura di C. fabko, Sansoni, Firenze 1972, pp. 693-822 (w. d. r.).

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Isola Vie., 4.10.59

Monte Berico. - Di quando in quando vien dato di credere di toccare il cuore delle opere di Dio.

Cristo ci ha rivelato — e prima lo ha motivato con la sua incarnazione —, che Colui che è e ha valore in senso assoluto è diventato il nostro, no, mio padre. Non in modo immediato, cosmico, psicologico, etico, ma attraverso il Figlio fatto uomo.

Così per chiunque creda è in corso qualcosa che va « al di là di tutta la ragione »: il Padre realizza in lui la « incorporazione alla forma di Cristo », il divenire-figlio. Il Padre lo opera per mezzo di tutto ciò che il credente è e fa e che gli avviene.

E ora mi ritorna alla memoria quel che m'ha detto J. W. quando poco tempo fa mi trovavo a M.: qui si dilata quell'evento che, nel mistero al cuore dell'esistenza cristiana, trae pane e vino, trasformandoli, nella realtà viva di Cristo: trasforma la sostanza dell'esistenza di questi uomini nella novità, nella partecipazione di Cristo, nel figlio di Dio. Così chi crede; così, per mezzo di lui, il mondo.

Qui sta il nucleo del messaggio paolino.

Il credente deve erigere continuamente contro le forze dello scandalo il mistero, anche e proprio contro la voce che dice essere follia, anzi in fondo bestemmia, coinvolgere Colui che, unico, è, in qualcosa del genere.

225

Così nel più intimo, in mezzo al pensare e motivare e all'esistere in genere, la consapevolezza cristiana significherà: questo pensiero, no, questa realtà esiste e opera. Ciò allora è fede e fiducia e amore e azione, tutto in uno.

Qui certo non si deve dimenticare che la forma di tutto questo, fondata nella vita dì Cristo, è la croce.

Monaco, 11.10.59

II periodico « Antaios », caratterizzato come « periodico per un mondo libero » e edito da Mircea Eliade e Ernst Jùnger. Il primo fascicolo tratta temi della scienza dei miti. Rudolf Pannwitz ragiona con parole oscure dell'eterno ritorno come termine ultimo per il superamento della limitatezza dell'individuo e Georg Friedrich Jùnger illustra gli intenti del periodico per mezzo d'una singolare interpretazione del mito di Antaios [Anteo].

Che qualcuno dei curatori e collaboratori indubbiamente intelligentissimi si riprométta da ciò qualcosa che in un qualche senso si possa dimostrare serio per l'uomo del nostro tempo?

Che senso di disgusto si ricava da tutta questa smania di scriverei

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Monaco, 21.10.59

La definizione più profonda dell'uomo — o meglio la più ricca — è quella secondo la quale egli non viene assorbito da nessun ambiente, egli solo fra tutti gli esseri viventi, ma per sua natura sta in relazione con il mondo come una totalità. Di là travalica — o almeno lo può fare — costantemente ogni limite ambientale.

La misura del talento d'un uomo è il grado di questa relazione con il mondo, si può dire anche la misura dell'intensità con cui il mondo raggiunge consapevolezza, si fa valere in lui.

Anche qui c'è la somiglianzà dell'uomo con Dio.

Monaco, 26.10.59

Com'è strano il processo della produzione! Zampilla un motivo, cade nell'interiorità e si comporta come un essere dotato d'una volontà propria. Cresce, si sviluppa, prende sostanza vitale dal sapere e dal ricordo e se ne appropria.

L'arte più importante di colui al quale accade questo è quella di circondarlo con una cura, che gli lasci libertà; di incoraggiarlo, senza influenzarlo direttamente; di tenerlo nella coscienza, senza guardarlo direttamente.

È bello sentire quando quest'autonomia del fattore creativo s'agita di nuovo!

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Monaco, 25.11.59

A tutto quello ch'è connesso all'arte inerisce un qualcosa di freddo, crudele. È strano dir questo, quando creazione e oggetto artistici portano pure con sé tanta ispirazione, dedizione, armonia, rapimento. Tuttavia pare sia così.

Verosimilmente questo deriva dal fatto che l'artista, per essere realmente uno che si giustifica davanti ai grandi criteri di misura, deve costantemente andare verso la vita in una lontananza del-l'oggettività che abolisce l'umano.

In tutto quel che si chiama estetismo questo s'estrinseca poi in manifestazioni mille volte ripetute.

Monaco, 6.1.60

Ampie lacune... Nevralgia, ospedale, operazione...

Dopo le feste:

- uno dei grandi pericoli per la fede, per la prestazione della fede:

il fatto che i grandi numeri: della storia, dell'uomo, della vita, della struttura del mondo... delle masse e dei volumi del mondo... inoltre delle prestazioni culturali del nostro tempo, degli uomini ecc. erodono tutta la sua importanza alla nostra esistenza di uomini su questa terra e riesce molto difficile collegare ad essa quella significati-

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vita divina di cui parla la rivelazione.

Questa difficoltà, sorta con l'era moderna (Pascal), a quanto pare adesso ha superato però un limite critico.

Qui è necessaria una nuova grazia; una rassicurazione per opera del Dio che è la verità e la potenza.

Ma anche una nuova « prestazione », un'« esercitazione » nell'atto di fede, che essenzialmente è superamento del mondo: « Questa è la vittoria che vince il mondo, la nostra fede » [1 Gv 5, 4].

Quel che si supera è l'effetto di quei numeri e precisamente non soltanto, come in Pascal, attraverso la consapevolezza delle dimensioni qualitative dell'uomo, ma anche riferendosi al rapporto personale con Dio, al suo amore.

Monaco, 6.1.60

Epifania, festa dell'apparire luminoso di Dio in Colui che è veduto... Dov'è andato a finire questo significato! Nella vicenda sentimentale dei variopinti « tré rè magi » e della loro venuta da lontano...

Che cosa s'è perso di vista che invece l'Epifania coglie? Vi si può rimediare in qualche modo?

Da quale profondità l'immagine dell'acqua emerge nella liturgia: maria et fiumina... passa in quella del battesimo di Cristo e delle sue nozze

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con la Chiesa, e avanti ancora in quella del vino al banchetto nuziale di Cana... e di qui le assonanze liturgiche procedono in chi ne ha conoscenza, come eco dopo eco: acqua, diluvio universale, Mar Rosso... Cana, Eucaristia, banchetto nuziale dell'Apocalisse, Gerusalemme celeste, sposa e nuova creazione.

Colui che celebrasse la liturgia nel modo giusto, entrerebbe nello scenario in cui così emerge un'immagine dietro l'altra, risuonano ed echeggiano parole sacre, e vi avanzerebbe.

Monaco, 9.1.60

Si dovrebbe creare una teologia che derivasse dalle realtà fondamentali della Scrittura, dal contenuto elementare della Chiesa e dall'essenza della vita, scritta in un linguaggio che il teologo vivo e il non specializzato avessero in comune.

Monaco, 9.1.60

Che cosa sarebbe stato più grande, una creazione riuscita... un trionfo del giusto e del bene che s'elevi fin dall'inizio... Oppure questa, così terribilmente sconvolta, nella quale Dio sta come Egli vi sta?

Un mondo che si fosse compiuto nella grazia,

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o il nostro che è perduto e che va verso Dio perché Egli lo redima, anzi che in gran parte non vuoi essere anatto redento e per il quale i credenti devono appellarsi all'amore di Dio « contro ogni speranza» [Rm 4, 18], affinchè in un prodigio d'eternità Egli faccia « tutto nuovo » [Apoc21,5]?

Monaco, 20.1.60

Appena penetra nell'esistenza umana, il grande numero diventa una potenza apocalittica. Manda in rovina tutto ciò che è grande, nobile, intcriore, prezioso, degno d'onore.

La sua penetrazione è così terrificante perché ogni passo può essere sostenuto con le motivazioni più importanti.

Davanti a essa l'animo che dispera ha soltanto una controdifesa; di testimoniare: il nobile è nobile anche se in apparenza lo si vende all'emporio e lo si stampa da Rowohit, la testimonianza va a Dio ed è certa della sua conferma.

Monaco, 27.1.60

La rivelazione che Dio ha creato il mondo — e me — rende falso fin dalle fondamenta il detto che la cosa migliore sarebbe non essere nato.

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Per l'uomo l'essere nato si basa direttamente sulla creazione dell'esistenza.

Monaco, 27.1.60

I cavalieri dell'Apocalisse:

II grande numero

La tecnica perfetta

II benessere assoluto

La chiusa compattezza del « mondo ».

Monaco, 12.5.60

Per la meditazione mattutina:

Io sono qui, presente in raccoglimento.

E Dio è qui, realtà. No, non « qui », ma in assoluto... e il solo di per sé e semplicemente reale.

Tutto l'altro, pure io, reale soltanto in virtù di Lui, e davanti a Lui, chiamato, al mio posto. , Questo nell'adorazione si fa atto.

Nell'aprirsi... disponibilità... « Io sono qui »... « Parla, Signore ».

Poiché Egli solo è Colui che è dalla radice, il solo naturalmente essenziale, perciò può ignorare di essere negato con parvenza di verità.

La perfezione « scompare »... La sua umiltà ontologica...

Dall'altra parte: l'autentica vigilanza — e ca-

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valleria — « notare » Lui e stare volti verso di Lui.

Isola, 7.5.60

Quanto più perfetto un atto, un essere, una forma, tanto meno sono appariscenti...

Dio è pura perfezione: Egli può essere ignorato... Egli da fondamento a tutto in modo perfetto: è possibile vedere soltanto ciò che è stato fondato da Lui e ignorare Lui.

Il Totalmente perfetto si comporta come il nulla. Ma quale nulla! Il nulla che è; il puro altruismo *...

* Nell'originale Selbstlosigkeit, propriamente "distacco da sé" (». d. r.).

Isola, 19.5.60

Se i Salmi devono rimanere la base della preghiera sacerdotale, deve accadere qualcosa che lo renda possibile.

Anzitutto, la premessa prima è una traduzione buona e corretta. Poi un'esegesi adeguata, anche sotto l'aspetto della storia dello spirito.

Ma, infine e soprattutto, un'indicazione di come possano diventare preghiera, rapporto con Dio, atteggiamento religioso interiore. Perché non sono

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cristiani. In essi l'ordine dei valori non è ancora quello di Cristo. Sono precristiani, vanno verso di Lui, ma non sono ancora presso di Lui. Si deve indicare, dimostrare come questo mondo previo si possa realizzare cristianamente. Questo mondo realistico, irretito nel terreno, senza consapevolezza d'una vita eterna, pervaso dalle passioni più elementari...

Qui il concetto dell'esemplarità non basta;

tanto meno il semplice adattamento.

Si deve essere onesti... e si devono vedere le profondità della vita, anche quelle cattive...

Molto difficile...

Monaco, 19.8.60

II fascicolo speciale « Tabu ».

Pensiero stimolante: il secondo illuminismo... Tutto deve passare attraverso la radioscopia del sapere. Anzi, attraverso quella della visione (fotografia), della pubblicazione. Quello che vi viene distrutto, deve essere distrutto.

Rischio terribile. Primo: si presuppone che l'uomo sia l'uomo come è, e sopporti la procedura senza danni essenziali. Secondo: colui che esegue la procedura abbia le qualità necessarie per non distruggere realtà d'importanza vitale...

E il rispetto, il pudore che ne sarà?

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Monaco, 21.8.60

Sensazioni nell'incontro con il mondo greco:

Prima il rapimento per la bellezza

poi la tristezza per la decadenza.

Infine la sensazione che ci si debba difendere dalla presunzione degli « umanisti », da Goethe a Nietzsche.

Monaco, 26.8.60

L'uomo moderno si vuoi liberare della sua persona, perché lo opprime con la responsabilità — così diventa comunista.

E si vuoi liberare della sua anima, perché gli porta il dolore — così sacrifica il mondo privato e si getta in pubblico.

Monaco, 14.1.61

Quasi cinque mesi di vuoto...

Credo che l'incarnazione del Figlio si debba meditare molto più profondamente, pienamente, vorrei dire: dolorosamente — perfino pericolosamente, di quanto avvenga di solito. Per lo più viene meditata dalla risurrezione all'indietro, o in genere soltanto partendo dalle formule dogmatiche. Per lo più non ha alle spalle nessuna esperienza di realtà — di questa realtà singolare.

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M., 16.1.61

Sequela di Gesù—quando diventa reale? Quando i modi in cui Egli assolve i compiti concreti della vita, diventano [per noi] esemplari. Quando il volonteroso può dire: come lo fa Egli?, e poi fa così lui stesso. Però, affinchè così avvenga, la sua divinità dev'essere entrata realmente nell'umano, così ch'Egli si trovi in situazioni umane — soltanto con risolutezza divina.

Monaco, 25.1.61

La concezione, che diventa sempre più dura, secondo cui il « mondo » è un sistema chiuso nel quale non esistono aperture o finestre verso l'« esterno »; che il relativo, per me, è totalizzante, ha il carattere di « intero ».

Allora la « fede » come può essere una convinzione di cui si assuma responsabilità personalmente — differenziandosi quindi dal sapere da un lato e dall'ipotesi soggettiva, per quanto dinamica sia, dall'altro lato —?

Che cosa viene « dimostrato » dalla finitezza del dato di fatto finito? Certo l'esistenza e la qualificazione spirituale di Dio in genere; ma in un caso determinato? Di una guarigione? (Leggo appunto lo scritto di Michaélis sulla disputa intorno alla guarigione Blumhardt-Dittur). In che cosa consiste la prova della soprannaturalità, se si tien

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conto di tutto, di ciò che cade da un lato sotto i fenomeni dell'autosuggestione, dall'altro sotto quelli dell'energia psichica?

Forse il momento dell'« osmosi », dell'espressione, è in realtà l'unico che porti avanti... Ma certezza oggettiva?

Oppure la testimonianza della persona carismatica, del santo?

O l'autorità di fede della Chiesa, ma poi si ripresenta intero il problema del modo in cui sorge la fede in questa autorità...

M., 25.1.61

C. Fr. v. Weizsacker ha posto la domanda se alla lunga la linea della scienza e quella del benessere umano corrano parallele.

E la linea della salute — tutti i metodi della sua promozione, compresi quelli psicologici e psicoterapeutici — e quella della salvezza. Se si prende in considerazione tutto, che cosa significano peccato originale e croce di Cristo?

M, 25.1.61

Leggo il Nuovo Testamento con ordine e continuità secondo la traduzione molto incisiva di F. Sigge. Per la prima volta vedo quanto siano

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frammentar! e umanamente limitati i racconti dei Vangeli e come dietro ad essi stia grande e misteriosa la figura di Gesù.

M., 30.1.61

L'interpretazione, no, già prima: il vaglio della figura di Gesù gioca fra due poli.

Il primo è la preoccupazione per la realtà dell'incarnazione, la sua arditezza, la sua compiutezza, tutto ciò che la parola della lettera ai Fi-lippesi contiene e che si prende tanto poco sul serio: la categoria dell'umano-divino.

Il secondo è la sovracomprensibilità appunto di questo umano-divino, che rende impossibile ogni sforzo di risolverlo in categorie psicologiche, sto-riche o sociologiche.

M., 5.2.61

Non è raro che uno si domandi se i Salmi non abbiano una funzione troppo ampia nella liturgia, specialmente nel Breviario. Anzitutto perché il loro contenuto è spesso davvero uniforme. E poi perché, quanto più esattamente s'impara a co-' noscerli, tanto più risulta chiaro che sono appunto veterotestamentari. Forse se ne dovrebbe fare una selezione. E non sarebbe possibile dare più

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peso nel Breviario al Nuovo Testamento? A me sembra che dovrebbe essere possibile.

M., 12.2.61

Che cosa c'è in effetti dietro l'immane sforzo della tecnica scientifica?

1. Il tentativo di liberarsi della terra come base dell'esistenza, ma anche vincolo d'essa.

2. Il far esplodere l'atomo-uomo, per andare oltre la forma d'uomo attuale.

3. Del tutto ultima, la volontà di liberarsi di Dio.

M., 16.2.61

Kerényi, Mythologie der Griechen*. Gli dèi, certamente in fondo sono esseri-E.? ** e quindi amorali. Che se poi s'aggiunge l'ineffabilità della bellezza greca, allora la protesta tace. Ma soltanto per un po': perché proprio la bellezza si dirige sempre all'uomo, e allora la protesta prorompe. Fra l'amorale con carattere <l'Es e l'umano si spalanca un'inconciliabilità e allora l'intera compagnia degli dèi, con le loro sessualità, menzogne, suscettibilità, appare appunto come una canaglia e accanto a loro l'uomo più semplice,

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dotato di coscienza e decenza, è un essere pulito.

* Tr. it. La mitologia dei Greci. I racconti sugli dèi e sull'umanità. Astrolabio, Roma 1951 (w. d. r.).

** II neutro, nel senso noto anche dalla psicanalisi (n.d.r.).

M., 20.2.61

La speranza di fronte al pericolo della tecnica scientifica non si dirige alla possibilità in futuro di trovare un criterio etico-razionale, ma ad una rivoluzione derivante Jdall'ambivalenza dei senti-_menti;..

Questa speranza non manca di prospettive di adempimento.

M., 25.2.61

La coscienza cristiana_ schietta pone le cose della vita intcriore e di quella esteriore in relazione diretta fra loro. P. es.: ieri ho mancato di carità, perciò oggi m'è capitata questa disgrazia...

Dio e il suo atto creativo sono eterni, vale a dire fuori del tempo; temporale è la loro realizzazione. Egli è semplice e semplice l'ordine che fa esistere la creazione; differenziata ne è la realizzazione. Così Dio vede e realizza l'intera struttura e in essa anche tutti gli atti liberi come unità

240 . .

eterna-attuale-semplice. Vi è — o vi può essere realmente questo, perché v'era quello...

Bayrischzell, Tannerhoi, 10.3.61

Penetra nella coscienza la verità che la terra è un minuscolo granellino di polvere nell'universo. Ugualmente, che in nessun modo essa ha il carattere d'un centro, ma è « in un qualche posto ». E così pure che, per quanto riguarda il tempo, è nata e sussiste in un qualche momento del processo del mondo.

In conseguenza, sembra che tutto quanto la rivelazione ha detto sul legame d'una « storia di Dio » con la terra diventi inconsistente e non si possa « realizzare » * più.

Ma verosimilmente, se così va perduta tutta la « necessarietà », si deve riconoscere il suo contrario — non contraddittorio —, cioè la pura realtà di fatto, come estrema espressione della finitezza, e che Dio appunto questa vuole. (Transcensione ** dell'assolutezza; umiltà).

* Nel senso dell'inglese to realize, "rendersi conto reale" (n.d.r.).

** Riproduciamo così, con la fonetica italiana, l'intraducibile Transzension: insieme 'ttascendimento' e 'condiscendenza' (». d. r.).

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Bayrischzell, Villa Reh, 13.3.61

Jl_ fatto .antropologico.. che l'uomo non .e, legato a un ambiente, ma rapportato al mondo come totalità o intero; che pertanto ogni ambiente lega soltanto in modo relativo, e si può superare continuamente, direttamente o indirettamente (mediante apparato e calcolo), al momento o nella prosecuzione della storia,

forma un'espressione della somiglianzà rispetto a sé nella quale Dio ha fondato l'uomo.

Is. Vie., 20.4.61

Sto leggendo Die Lente von Seldwyla * di Kel-ler. Pieno di vita, forma, bellezza. Cose squisite. (Non tutte: la noiosa predica liberale della signora Regel Amrein).

Ma colpisce una cosa: una crudeltà subliminale sua propria, p. es. nel modo di condurre il destino.

* La gente di S.; ve. it. in G. keller, Tutte le novelle, 2 "voli., Adelphi, Milano 1963 s. (n. d. r.).

Is. Vie., 1.5.61

G. Keller, un anticristianesimo attivo ovunque. Nessun prete o religioso è simpatico, neanche soltanto onesto.

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Il modo particolare con cui viene usato il termine « la persona »... Qualcosa in cui v'è la sensibilità al valore, un che di gentile, quasi tenero.

Monaco, 11.1.64

DaU'1.5.61 fino all'11.1.64 grossa lacuna. Molto impedimento dalla salute. Ora sto all'inizio del 79° anno e ricomincio.

Prima m'era venuta una intuizione particolare. Avevo appena letto Marionettentheater * di Kleist e meditato sulla superiorità del moto [dell'animo] derivante dal puro istinto rispetto a quello consapevole. Allora mi s'è chiarito quale pericolo significhi la celebrata crescita della condizione universale di consapevolezza [riflessa] ** per il giusto operare dei popoli e dell'umanità:

la zona istintiva s'indebolisce sempre più.

* Tr. it. H. von kleist, II teatro delle marionette. II Melangolo, Genova 1979 (». d. r.).

** Bewussfheit: lo stato di dò che è "consaputo" (». d. r.).

11.1.64

L'intero Faust * è l'abbandono dell'esistenza etica-personale alle forze mitico-magiche — anche l'ultimo atto della « redenzione » avviene non attraverso il lavoro e il sacrificio, ma tramite la

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magia. Così in tutto manca la vera serietà. Anche nella fantasmagoria di redenzione della conclusione.

(Qualora, malgré le poète, non fosse tutto parodia, teatro dei burattini).

* Tr. it. J.W. goethe, Faust -Urfaust, 2 voli., Feltrinelli, Milano 19802 (n.d.r.).

12.1.64

Tra le cose più incomprensibili che esistano rientra la cecità del liberalismo per le conseguenze storiche dei suoi atteggiamenti e concezioni. Mi capita di rilevarlo in continuazione dalla corrispondenza di Th. Mann *, di cui leggo il secondo volume. La distruzione di tutti i criteri assoluti, della possibilità d'una autentica decisione, anche di ciò appunto da cui prende il nome, la libertà. Il liberalismo tedesco è stato — e in una qualche forma sarà ancor sempre — il padre del nazismo.

' * Tr. it. Epistolario (1889-W6), Mondadori, Milano 1963 (n. d. r.).

13.1.64

Sembra sia diventata una regola citare un termine straniero appartenente a un genere diverso da quello del corrispondente in tedesco, con l'arti-

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colo nel genere del termine tedesco: « Der Étoile in Paris » *. Perfetta barbarie!

* Infatti la stella (Étoile) in tedesco (Sfern) e maschile e vuole l'articolo corrispondente [der); ma buona regola è, in tutte le lingue, apporre ai termini stranieri l'articolo del genere che è loro proprio nella lingua originaria (n. d. r.).

13.1.64

Che cosa voleva la Riforma:

L'uomo adulto vuole avere a che fare direttamente con la prima parola di Dio;

senza il « clero », nel più intimo faccia a faccia, come persona esperta, che aspira alla salvezza;

quello che si annuncia nel Concilio è una volontà analoga; come sarà soddisfatta nella Chiesa senza che diventi « protestante-»?

Come l'esistenza del cristiano cattolico maggiorenne, a contatto immediato con Dio nella Chiesa?

20.1.64

La dottrina degli opposti [o contrari] avrà ancora un futuro. È ovunque operante l'idea fondamentale gnostica che le contraddizioni sono polarità: Goethe, Gide, C. G. Jung, Th. Mann, H. Hesse... Tutti vedono il male, il negativo... come elementi dialettici nella totalità della vita, della natura.

245

5.4.64

J. Paul Sartie: Les mots *.

Di nuovo attaccato un idolo: la pura, amabile infanzia.

Il piccolo J. Paul è un raffinato ipocrita.

Visto perché in effetti persone molto vigili e per bene — in fondo gran parte della gioventù — approvano il processo con il quale si distruggono i vecchi valori e le vecchie forme. Leggo il Faust e spesso mi sorprendo a stendere la mano verso uno dei poeti altrimenti a me tanto incomprensibili: E. Pound, Eliot, Bachmann. Capisco come proprio i più vivi fra i giovani sentano in questo linguaggio la retorica.

* Tr. it. Le parole, II Saggiatore, Milano 19804 (». d. r.).

5.4.64

Talvolta la teologia nel suo complesso — alla quale s'è pur dedicata metà della propria vita, mentre, con il resto, ci si propone di fare lo stesso — appare come un'enorme escrescenza sulla vita della lieta novella, della proclamazione e della fede cristiana... Allora si capisce pure che di tempo in tempo — naturalmente tempi lunghi — deve succedere qualcosa che faccia morire l'escrescenza... almeno faccia sì che si crei una distanza e si renda possibile un nuovo inizio...

246

3.5.64

Pensiero dai margini del sogno.

« Quid Deus sit, nemo scire potest ». Assioma fondamentale della teologia. Tutto il pensiero e tutte le enunciazioni teologiche rientrano in questa frase. Dio:

è l'Unica realtà della quale dovremmo sapere partendo dal nostro esser-ci.

Tutto in Lui è « Io », tutto in Lui è « Tu »... Egli « è » l'assoluto dialogo eterno-infinito.

In Lui è « essere » — coscienza — ardore. In Lui è il mistero centrale dell'autotranscensione per calarsi nel finito...

Ogni atto di Dio è eternità... Quindi il mondo è « secondariamente eterno »?

11.5.64

Una parte rilevante dell'umanità odierna nella sua volontà di non credere si comporta come scolaretti scappati al maestro e che facendo chiasso dissimulano con impudenza il disagio del loro stato fuor della regola — vuoto e cattiva coscienza —.

247

12.5.64 Letto:

L'aspetto inquietante di specchi, campane, gatti.

12.5.64

II mondo dell'odierna letteratura « realistica » è il mondo dal quale l'incredulità ha cancellato l'unica « spiegazione »: il peccato originale e, con esso, l'unica speranza: la redenzione. È comunque un mondo « selvaggio e cieco ». Così Enzensberger su Blechtrommel * di G. Grass. L'uomo vi è rinserrato; e soltanto questa letteratura è onesta in esso.

* Tr. it. Il tamburo di latta, Feltrinelli, Milano 19815 (». d. r.).

25.5.64

Beati i poveri...

Cos'è la povertà? È non avere niente di ciò di cui la vita si nutre... La vita nel senso più lato, da quello corporeo allo spirituale fino al bisogno più" elevato... Specialmente la povertà di sentimento, che sa cos'è quando si sente... Anche qui certo esiste un'accettazione, la quale fa sì che la povertà diventi « beata »...

248

10.6.64

In questi giorni mi occupa spesso questo pensiero:

Io aspiro molto alla conoscenza della natura. Però non delle scienze naturali, ma di quella profondità di sentimento che si fa presagire nel mistero della natura. Essa si rende accessibile soltanto nella sfera religiosa; sono arrivato a questa formulazione: si chiarirebbe che cos'è un albero, se si chiarisse come deriva dal pensiero e dal potere sia creativo che amoroso di Dio. Questo non accade nella temporalità, ma accadrà soltanto nella vita eterna. Soltanto la vita eterna, cioè donata da Dio, darà la conoscenza — che appartiene pure alla beatitudine — del mondo e della forma del tempo.

Quanto è stata dimenticata questa verità. Tanto quanto il fatto connessovi che soltanto la vita eterna mi darà la conoscenza di « chi » sono e di che « cosa » sono io, il nuovo nome sulla pietra bianca nella lettera dell'Apocalisse all'« Angelo di Pergamo » [Apoc 2, 17].

30.7.64

Forse questo caratterizza la differenza fra l'atteggiamento cattolico e quello protestante:

il protestante pone al centro la domanda: « Come trovo la mia salvezza? ».

249

Il cattolico:

« Come si realizza la gloria di Dio? In essa si realizza anche la mia salvezza ».

250

INDICE

Prefazione

PARTE PRIMA

[12 febbraio 1942-11 maggio 1945]

PARTE SECONDA

[Pentecoste 1953-14 gennaio 1955]

PARTE TERZA

[15 dicembre 1956-11 giugno 1959]

PARTE QUARTA

[30 agosto 1959-30 luglio 1964] .

 

 

 

 

 

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