Attenzione: Queste pagine appartenevano a "L'incontro". Non sono verificate dal 2001. Avendo subito perdite consistenti di dati, e soprattutto essendo ormai datate, possono contenere errori e non rispecchiare più il pensiero degli autori. Se sei l'autore di uno o più di questi contenuti contattami a jotis@iol.it   Politica Cultura Scienze  Società  Religione Psiche  Filosofia  Ambiente Arte  Cinema Sport Napoli Università Home

Lo spirito santo nella vita cristiana

di p.Gardeil

da correggere e restaurare

 SAINT-ESPRIT DANS LA VIE CHRÉTIENNE Éditions Du Cerf - Paris,

Versione dal francete di Resina Vcruggio

JKosina

 

Nihil obstat quominus imprimatur MedioÌani die 10-7-1960

i i Salr^os. Arienti i-J. .1 W>. eccl.

IMPRIMATUR

in: Curia Arch. MedioÌani die 9-7-1960 f J. Schiavini Vie. Gen.

1 Proprietà .riservata Editrice Àncora - Milano

N. A. 1571 - Novembre 1960

cuoic Grafiche Artigianelli Pavoniani - Milano

PREFAZIONE '^"

G7? ró»^ cÀe pubblichiamo sono stati il tema di un ritiro predicato alle Piccole Suore 'Domenicane infermiere dei poveri della casa di Beùune.

Non era la prima vohv che P. Aì^G-ardeil esponeva, in un regolare corso di esercii spirituali, il complesso della dottrina dei Doni e d'Si Frutti dello Spirito Santo. Per non parlare che^el suo ministero in questa congregazione, nel^QVJ a Orléans e nel 1923 a Verviers, egli vi avevS. già predicato in circostanze analoghe su questo soggetto, e ve ragione di credere che abbia fatto beneficiare altre comunità di una dottrina spirituale della quale egli, da lungo tempo, aveva la padronanza. (1)

Questo insegnamento e adatto^ iffffWnsy, tutto

1) Ìl P. Gardeil aveva già pubblicato nel 1903 un'opera di attualità su questo soggetto: « / doni d^llò^'pinto Scmto fiei Santi 'Domenicani » ^(Parigi, Gabalda), e, qualche vanna^dopo-j «.componeva per il « Dizionario di Teologia cattolica » l'articolo « Dam dello Spirito .Smta.* Gi. quest'opera, t. IV, col. 172S-I78I,

g PREFAZIONE

m'

alle anime consacrate a Dio nello stato religioso, ma gioverà pure a tutti coloro che, sacerdoti e laici, aspirano ad un'alta vita spirituale. « Lo Spirito soffia dftve vuole. » La benedica rugiada dei Suoi doni e dei Suoi frutti non è il privilegio di alcun genere di vita: essa può discendere su qualsiasi anima santificata dalla grazia. Ciò che troverà in queste pagine è, quindi, nel senso più vero della parola, un ritiro sulla vita cristiana.

Crediamo utile, però, attirare l'attenzione su di un punita: non abbiamo qui, per essere esatti, una trattazjyne fondamentale sulla vita cristiana. L'attività pftgpria dei doni non si svolge, almeno secondo la futura delle cose, che sulla base delle virtù teologali, mediante le quali l'anima prende contatto col alvino, e sul fondamento delle virtù morali, per cui-la nostra vita è rottamente indirizzata a Dio. A queste basi della vita cristiana il P. Gardeil consacrava un'altra serie di conferenze delle quali presuppone qui i risultati già acquisiti. Tuttavia, in questa serie di studi, specialmente nella ^rj^a, se ne troverà un richiamo sufficiente per potere, senza altre spiegazioni e senza tema di cadere in errore, porsi dal punto di vista proprio di queste^yriflessiom^ ^'lJq \

II testo di: questo ritiro non è opera diretta del P. Gardeil, che, come era suo solito, aveva parlato

PREFAZIONE ,'J

« ex abundantìa cordis » ; esso e stato raccolto da una sua uditrice, ma egli stesso ne ha curata la trascrizione, servendosene fer sua personale utilità. E' dunque, un'opera autenticata dal suo autore, del quale possiede d'altronde, in maniera innegabile, l'impronta originale. Insieme al rigore teologico dell'esposizione, la religiosa che ha piamente trascritto queste istruzioni ha conservato felicemente qualcosa della fiamma intcriore, contenuta ma ardentissima, che faceva della parola del Padre Gardeil non solo un'opera di verità, ma l'opera di un cuore d'apostolo. Possano, dunque, queste pagine prolungare ed estendere, se Dio lo vuole, l'azione soprannaturale di colui che certamente è, e rimane sempre un teologo, ossia l'uomo della scienza divina, il quale ha però compreso e sentito che tale scienza e, allo stesso tempo, sapienza, scienza che si gusta (saporosa), sapida scientìal

Le Saulchoir

H.D. Gardeil, O. P.

INTRODUZIONE

LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Dobbiamo dapprima precisare il posto che occupa lo Spirito Santo ed in particolare le ispirazioni dello Spirito Santo, nella nostra vita cristiana, e a tal fine farci un quadro d'insieme delle meraviglie di questa vita cristiana che siamo destinati a vivere nella sua perfezione, poiché la vita religiosa è la perfezione della vita cristiana, non una vita a parte. Essa affonda le sue radici nella vita cristiana. E' più perfetta solo perché richiede un amore più grande, e più grande per il fatto che non solamente toglie ciò che è proibito, ma sacrifica ciò che è permesso: in questo consiste la differenza tra la vita cristiana e la vita religiosa. Per ambedue il comandamento è lo stesso: « Amerai il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze.» Vi sono delle

10 INTRODUZIONE

anime cristiane che sono più sante delle nostre, perché vivono una vita più profonda, più sacrificata, più eroica. Esse, tuttavia, non sono nello stato di perfezione, perché non fanno ufficialmente professione di tendere alla perfezione con il sacrificio di ciò che è permesso; anch'esse compiono tale sacrificio, ma non è quello il loro scopo precipuo.

I - La vita cristiana

La vita cristiana, chiamata così perché ci è stata apportata da Cristo, è la vita eterna del cielo, già iniziata fin d'ora, con tutto ciò che la compone, la riempie, con tutti i suoi elementi, uno solo escluso: la visione di Dio. In conseguenza di ciò, la nostra carità non è stimolata come lo sarà dalla visione divina; inoltre, possiamo sempre perdere questa vita, mentre in ciclo non potremo più separarcene.

Possediamo già fin d'ora realmente e sostanzialmente Dio, come nella vita eterna? Sì, la nostra anima ha questa felicità quando possiede la grazia santificante; possediamo realmente Dio come i beati.

Dio è dappertutto e tutto intero dappertutto. Noi non possiamo farcene facilmente un'idea.

INTRODUZIONE 11

Dio, che è Spirito infinito, è ih una maniera Speciale in tutto. La nostra anima è in tutto il nostro corpo. Dio è in tutta la creazione. Dovunque crea, conserva, muove ad agire, Dio esiste tutto intero. Quando diciamo che Dio è immenso, ciò significa che è assolutamente presente dappertutto, non solamente come noi, quando vediamo, ma con la Sua Persona, realmente, sostanzialmente. Egli non può fare le cose senza crearle, e si è dove si, crea, senza intermediario. Egli è dunque in tutto.

Ma in misura ben maggiore, Dio è nell'anima del giusto! Se Egli è tutto intero nelle cose, vi è per necessità, poiché produce l'essere di ogni cosa; ima vi è materialmente, nell'indifferenza completa da parte dell'essere che riceve il suo Dio. Egli, qui, impone la Sua presenza. Nell'anima u-mana, Dio trova già un potere lontano di cono-scerLo e di amarLo; quand'essa però possiede la grazia santificante che è una partecipazione alla stessa natura divina, e che la rende capace di compiere atti riservati a Dio, di conoscerLo e di amarLo, essa è in grado di attingere il suo Dio, essa è divinizzata. L'anima può compiere, sul piano di creatura, quest'atto supremo di Dio che possiede Se stesso, conoscendosi, ed amandosi, nella Sua eterna vita. Quando l'anima è capace di im-

U? WKOWZ1WS

padronirsi in tal modo di Dio, Egli rimane in essa in due maniere: dapprima con la presenza necessaria che ha in ogni essere (quindi con quella oggettiva), perché l'anima con la cognizione e l'amore ha il potere di aprirsi dinanzi a questa presenza, essendo capace di ricevere quest'Ospite intcriore e darGli ospitalità. E' ciò che si chiama l'inabitazione di Dio nelle anime dei giusti. Dio vi è come nella Sua propria dimora. L'anima, spirito vivente, si apre per ricevere il Divino Spirito: con la cognizione e l'amore divinizzati, essa è capace di attingere lo Spirito Divino, di co-noscerLo, di amarLo, di entrare in relazione con Lui, relazioni ineguali ma intime, poiché ambo le parti hanno di .che comprendersi e amarsi.

La vita cristiana è dunque l'inabitazione personale di Dio nell'anima che si schiude per darGli ospitalità. Ciò avviene per la potenza che fa i figli di Dio, di cui parla il Vangelo di S. Giovanni (1, 12). Noi possediamo tutto questo se, per la misericordia di Dio, ci troviamo in stato di grazia. Dio dimora nel nostro essere intcriore. Allorché desideriamo la Sua presenza, è lì che dobbiamo cercare l'Ospite intcriore, l'Amico col quale possiamo condurre, con una certa familiarità, una vita intima, beatificante, se siamo fra colóro che comprendono tali cose.

i":

INTRODUZIONE 13;

L'anima in questo stato è come un seme di e-ternità. Nel seme è tutto ciò che farà la pianta;

basterà ch'essa sia nutrita dall'umidità, dal sole, perché tutto si sviluppi; ma ciò non cambierà la sua natura. La-nostra anima, con la sua capacità di attingere Dio, che è in lei come germe fecondante, possiede il seme del ciclo, della beatitudine. In realtà, il ciclo e l'anima del giusto sono la medesima cosa; in questa, tutto è preparato, non è ancora l'epoca del raccolto. E' un dono che abbiamo ricevuto nel battesimo: la grazia santificante consente al bimbo battezzato di possedere Dio, che è in lui sostanzialmente presente.

Quando raggiungeremo la vita eterna, non dovremo ravvisarla ad oriente o ad occidente; essa scaturirà dalle profondità dell'anima santificata dalla grazia, sarà la rivelazione di ciò che eravamo: «Ciò che saremo non appare ancora» dice S. Paolo, ma già esiste. Nel profondo delle nostre anime vi è tutto ciò che formerà la nostra beatitudine. Dio vi è sostanzialmente presente. Vi è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; ivi il Padre genera il Suo Verbo; il Verbo riflette il Padre di cui è l'immagine sostanziale; entrambi si amano infinitamente, e da quest'amore procede lo Spirito Santo. Vita di intimità del Perfettissimo con Se stesso, nella conoscenza e nell'a-

14 INTRODUZIONE

more. L'anima cristiana è, per la fede, il testimonio di questo spettacolo che si svolge in essa e che la pone in uno stato di adorazione.

Dio è là, ma tuttavia abbiamo ancora del cammino da percorrere. Da un lato siamo al termine, perché possediamo Dio; ma dall'altro non Lo possediamo ancora per sempre e non godiamo dello spettacolo visibile della Sua perfezione e della Sua gloria: dobbiamo conquistare la nostra definitiva eternità, con gli atti della vita cristiana. Il neonato che muore dopo il battesimo è trasportato nel luogo della visione divina; noi dobbiamo invece far fruttificare i doni di Dio. Abbiamo visto la Sua parte, ora occorre il nostro sforzo. La via che ci separa dall'eternità è lunga, difficile, seminata di ostacoli; e poi vi sono gradi differenti, la si può raggiungere più o meno presto e più o meno perfettamente, meritare una visione più o meno completa (di questo spettacolo), un possesso più o meno grande di questo bene infinito.

II - Compito dello Spirito Santo nella vita cristiana

Ora, Dio non rimane inattivo dinanzi agli sforzi che dobbiamo fare per percorrere la via che ci farà raggiungere il nostro destino definiti-

INTRODUZIONE 15

vo. Anzitutto, è Lui che ha creato la nostra anima dandole la grazia con le virtù infuse che si chiamano virtù teologali, le virtù molali, ed anche i doni dello Spirito Santo. Inoltre, Egli conserva, sostiene, e muove dentro di noi questa vita che abbiamo da Lui. Dio è presente in ogni atto della nostra vita spirituale.

Ed ecco che ora si manifesta il compito dello Spirito Santo. Quando si tratta di creare, tutto è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Il Padre ha voluto che, in ordine alla salvezza, il Figlio si incarnasse e soffrisse per noi. Entrambi hanno voluto che, compiuta la salvezza, lo Spirito Santo la continuasse attraverso la santificazione delle nostre anime. Cristo, indubbiamente, è sempre presente; Egli è il capo della Chiesa, ci vivifica coi Suoi sacramenti, ci distribuisce le Sue grazie attuali, ci istruisce per mezzo della Chiesa, ci avvolge con la Sua azione. Ma soprattutto Egli ci invia continuamente il Suo Spirito Santo: «Vi manderò lo Spirito Santo, Egli disse, che vi insegnerà e vi suggerirà ogni cosa e vi consolerà quando partirò » (Giov. 14, 26). La cura della nostra santificazione viene affidata, in una maniera misteriosa, allo Spirito Santo. Egli è la guida del nostro cammino, incaricato dal Padre, e dal Figlio di condurci alla vita eterna.

16 IUTRODUZÌONE

Ora, lo Spìrito Santo ci guida in due maniere. Spirazione d'amore del Padre e del Figlio, opera per mezzo delle ispirazioni che seguono una duplice via. Talvolta ci lascia semplicemente agire da soli, fare atti di fede, di speranza, di carità, o atti di prudenza, di giustizia, di forza o di temperanza; noi stessi diamo impulso a questi atti. Lo Spirito Santo veglia sul nostro operato: noi siamo sotto l'azione di questo amore divino, ma conserviamo il comando, la dirczione della nostra vita. Per fare un atto di adorazione, per esempio, ci mettiamo d'impegno, facciamo noi stessi uno sforzo; allo stesso modo, per un atto di giustizia o di carità, riflettiamo per compierlo nella maniera migliore, stiamo attenti a non ferire la carità con le nostre parole, ci dominiamo fortemente per reprimere la nostra impressione... Lo Spirito Santo non è assente, è la causa prima che applica all'azione le nostre energie soprannaturali; ma noi conserviamo la dirczione. Ed in ciò sta la sostanza della vita cristiana: il governo soprannaturale, ma personale, di noi stessi per mezzo delle virtù cristiane.

Ciò ha i suoi inconvenienti, perché noi possediamo le virtù in un modo assai imperfetto. Possiamo commettere con tanta facilità colpe più o meno gravi: meno gravi, tuttavia, nella vita religiosa! Vi sono tante insidie, difficoltà, tentazioni

INTRODUZIONE 17

alle quali non sfuggiamo neppure nella vita religiosa! Lo Spirito Santo, che già ci ha dato queste energie che sono le virtù e ci aiuta a metterle in pratica, non potrebbe venire in nostro aiuto più efficacemente? Come sarebbe vantaggioso per noi se Lui stesso prendesse la dirczione ! Come saremmo assicurati contro queste deficienze ! Ebbene questo secondo intervento dello Spirito Santo ci è garantito per mezzo di ciò che noi chiamiamo i sette doni dello Spirito Santo, la Sapienza, l'Intelletto, il Consiglio, la Fortezza, la Scienza, la Pietà e il Timore di Dio. Lo Spirito Santo stesso, con ispirazioni corrispondenti ai Suoi doni, ci muove e ci stimola, mentre noi siamo come strumenti nelle Sue mani, non abbiamo più il primo posto nella direzione della nostra condotta: muniti del Suo aiuto, dobbiamo solo acconsentire alla Sua o-pera e il lavoro è più facile, le difficoltà sono eliminate.

Ecco la differenza fra i due modi di lavorare alla nostra salvezza. Si potrebbe paragonarli al procedere di una barca a remi o a .vela. A remi, bisogna lavorare a forza di braccia e dirigere la barca: si conserva il comando; ma, a vela, se il vento soffia, non occorre, o almeno non è più così necessario, affaticarsi; si va più veloci e si ;e meno stanchi.

18 INTRODUZIONE

Agire per mezzo delle virtù attive di fede, speranza e carità e delle virtù morali infuse di prudenza, giustizia, forza e temperanza con tutte le loro ramificazioni, richiede sforzo. E' questa, però, la base della nostra vita, perché lo Spirito non soffia sempre. Tuttavia, questo aiuto aggiunto al riostro sforzo, questo soffio, ci è assicurato dal fatto stesso che insieme alla grazia santificante possediamo i doni che ci vengono infusi nel battesimo.

Ili - Alcune osservazioni importanti

1° - I doni non Sono le ispirazioni stesse dello Spirito Santo; essi sono le potenze che rendono la nostra anima docile all'impulso diretto dello Spirito Santo, sono richiami e quasi vele destinate a captare il soffio dello Spirito Santo. La nostra anima non è così divinamente docile per natura; ma quando ama Dio per la grazia, ella si offre allo Spirito d'Amore, Spirito di Scienza, di Fortezza, di Intelletto...; possiamo spiegare, in tal modo, la nostra vela da noi stessi con l'aiuto ordinario della grazia, e lo Spirito Santo soffia e conduce il nostro cammino. I doni, nei confronti delle ispirazioni, possono venir paragonati ai ricevitori del telegrafo senza fili che permettono di ricettare tutto da di-

INTRODUZIONB 19

stanze incalcolabili. Alcuni fili sospesi possono captare queste onde elettriche, concentrarle e; trasmettere così i pensieri attraverso l'aria. I doni sono nell'anima come questi fili sensibili, capaci di ricevere le ispirazioni dello Spirito Santo a beneficio dell'anima nostra. E quanto più l'anima ama Dio, tanto più è pronta e docile.

2° -1 doni dello Spirito Santo non sono più importanti della carità; non esisterebbero in un'anima, se non vi fosse già carità, che resta la cosa principale. Ma in un'anima che ama Dio, vi sono queste disposizioni, questi sette doni; possiamo spiegare la vela e tendere il filo, e il soffio o l'onda vi trasmettono queste forze che vengono dalla divinità per condurci.

Lo Spirito Santo è in tal modo la guida di tutto il cammino. Rimanendo nel nostro intimo, ci spinge dall'interno, sia che ci lasci la nostra attività, sia che al nostro richiamo prenda Lui stesso la dirczione del nostro procedere. Se nelle difficoltà, tentazioni, prove, la nostra vela è spiegata, noi passiamo attraverso la tormenta e arriviamo dall'altra parte. Ciò non avviene senza sacrifici, ma abbiamo l'aiuto necessario; basta essere docili, non cessare di offrire la nostra anima alle ispirazioni, e siamo certi di riuscire più efficacemente col mezzo essenzialmente divino degli impulsi che ci conducono,

20 IffTKODUZtWe

piuttosto che con quello più ordinario, nel quale dirigiamo noi stessi il nostro cammino.

3° - Non si tratta di fenomeni straordinari, di vie spirituali eteree: certamente lo Spirito Santo ci condurrà più in alto, poiché Egli abita nelle altezze; ma siccome la Sapienza attinge tutto, da un estremo all'altro, ci faciliterà anche la repres-- sione delle nostre cattive tendenze, per esempio l'impazienza, lo scoraggiamento, la distrazione nella preghiera... Egli agisce tanto per le piccole cose che per le grandi, il Suo potere si estende sia ai più piccoli dettagli che alle grandi cose: è la qualità propria dello Spirito infinitamente perfetto.

Sotto la Sua ispirazione, possiamo passare in rivista tutti gli atti della vita ordinaria; solo il punto di vista è cambiato. L'azione dei doni dello Spirito Santo non differisce dall'attività delle virtù nei confronti della materia di cui si occupa; ma questa materia è toccata in un altro modo, col soffio dello Spirito Santo: invece di agire per iniziativa propria, siamo strumenti ma tutto ciò non costituisce che una sola vita cristiana, e, pertanto, una sola vita religiosa.

4" — L'attività propria dei doni dello Spirito Santo, secondo S. Agostino e S. Tommaso, è raf-

MTRODVSIONS ^

figurata nelle prime sette beatitudini di S. Matteo. Il governo diretto dello Spirito Santo avrebbe lo scopo di suscitare in noi questa povertà, questa dolcezza, ecc... Ogni beatitudine si riferisce in tal modo a un dono. Lo Spirito si limita ad ispirare i punti principali. Per la povertà di spirito, per esempio, invece di dover lavorare nei minimi particolari contro le concupiscenze, lo Spirito Santo ci da uno spirito di spogliamente, e tutto diventa puro mediante lo Spirito che in alto abita: questo settore della nostra vita è messo in ordine. Lo stesso per le lacrime: un soffio ci invade e produce di colpo gli effetti di un lavoro paziente.

Riguardo all'ordine da seguire, N. Signore possedendo tutti i doni nella loro pienezza, ed avendoli esercitati così, era normale che la Scrittura cominciasse con l'attribuirGli il più perfetto, la Sapienza. Noi invece cominciamo dal basso: « II Timore è l'inizio della Sapienza» (Ps., 110, 10).

Riflettiamo a queste cose che possono esserci di aiuto per la nostra vita soprannaturale, e darci uno slancio verso la perfezione, se abbiamo il culto di questo tipo d'operazione dello Spirito Santo raccogliamo con riconoscenza e docilità i nostri pensieri su questo divino Spirito che è in noi, e ci attireremo le Sue benedizioni,

CAPITOLO PRIMO IL DONO DEL TIMOR DI DIO

« L'inizio della Sapienza è il timor di Dio » (Ps., 110, 10). . .

Il primo soffio dello Spirito Santo nell'anima, la Sua prima ispirazione, allorché per esempio, Egli la converte dal male al bene oppure inizia un progresso, è il Timor di Dio.

L'espressione: timor di Dio, ci agghiaccia; ci piace parlare di amore di Dio, ma non di timore, ed abbiamo ragione.-Vi è tuttavia un timore che non possiamo ricusare.

I - II timore, dono dello Spirito Santo

Vi è un timore che non è altro -che paura, la passione della paura, passione molto poco onorifica e puramente umana, Vi sono delle povere anime

24 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

che temono Dio così, ed esse, per paura, agiscono al di fuori di Lui. Adamo ed Èva ebbero paura nel paradiso terrestre perché avevano peccato; lo stesso fece il servo infedele che, temendo la severità del suo padrone, nascose il talento ricevuto. Così fu il timore di san Pietro, che ebbe paura di una fantesca e rinnegò il suo Maestro. Questa paura ci fa peccare, essa è nociva: non ha diritto al regno di Dio.

Vi è un altro timore, quello dei servi. Allorché questo timore, chiamato servile, è il solo motivo delle nostre buone azioni, queste vengono completamente viziate. Ciò è proprio di colui che servirebbe Dio soltanto per timore dei Suoi giudizi e dell'inferno, dicendo: Se l'inferno non esistesse, mi comporterei diversamente. Questo timore servile è dannoso, e può essere causa di peccati...

Vi è, tuttavia, un certo timore servile, timore dei giudizi di Dio, dei Suoi castighi, che può essere utilizzato per fini buoni. Questa paura può aiutarci, può trattenerci in alcuni casi. E' utile, per esempio, nell'educazione dei bambini che non sono ancora sensibili ai motivi elevati. Allorché 1 amor di Dio non è escluso, ed il tunore non è 1 unico morivo, questo può essere un mezzo che ha una sua bontà; convertìre, e mantenere nella giusta via. Il

IL DONO DEL TIMOR DI DIO 25

Concilio di Trento lo dichiara un dono di Dio,

contro i protestanti.

Finalmente -vi è il timore filiale, quello dei figli. Esso è tale, quando un'anima ama veramente Dio con tutto il cuore, vedendo in Lui la Bontà.'perfetta, l'unico Bene, sapendo che Egli è il Padre suo che l'ama, e non cessa di vedere, tuttavia, quanto Egli è grande, maestoso, chiuso nel Suo segreto imperscrutabile, coi Suoi terribili giudizi, e la Sua Onnipotenza infinita. Che farà l'anima fra queste due prospettive : un Dio terrìbile e un Dio Padre? Quale dirczione prenderà il suo cuore ? Dovrà forse, a motivo della Sua maestà, fuggire il Padre suo? O respingere ogni timore a motivo della Sua bontà, che tuttavia non impedisce la Sua giustizia? Se ella ama veramente Dio, non c'è che una soluzione per lei : buttarsi verso il Padre suo. Che può temere infatti se non di essere separata da Lui ? Essa temerà allora perché Dio è santo, ed ella peccatrice; perché Egli è grande, ed essa così piccola; ma si tratterà del timore di un figlio per il Padre. Per porsi al sicuro di fronte alla Sua grandezza, 1 anima, non dimenticando ch'Egli è anche Bontà, Gli si getterà nelle braccia. Questo timore non dimentica, indubbiamente, la maestà di Dio, la Sua giustizia e i Suoi castighi, ma esso si volge in affetto, in un desiderio più ardente di appartenerGli, di non essere mai

26 LO SPIRITO SANTO NELLA -VITA CRISTÌHNA

separato da Lui. Che differenza fra questo timore di essere separati da Dio e il timore servile che fa obbedire ai Suoi comandamenti soltanto per paura! Il timore filiale, nella sua essenza, è fatto d'amore. E' sempre timore perché si ha paura di essere indegni della maestà, della perfezione, della santità di Dio; ma è un timore che nasce dall'amore. Questo è il timore ispirateci dallo Spirito Santo quando noi mettiamo in atto il dono del Timore, il quale si trova solo nell'anima che ama Dio.

Questa ispirazione di timore è intimamente legata, lo si vede, con ciò che noi chiamiamo la pietà, una parte della virtù di religione con la quale ci rivolgiamo a Dio come a un Padre. Ecco perché, secondo San Tommaso, il dono del Timore è un ausiliario della virtù di religione. Le anime veramente pie, che considerano Dio come un Padre, ricevono dall'ispirazione del dono del Timore una sovrabbondanza di forza per aderire e conformarsi a Lui.

II - Gli effetti del dono del Timore

Quando l'anima è in questostato di docilità all'azione dello Spirito Santo, rie viene di conseguenza che ella si abbandona a Dio e si mette completamente nelle Sue mani. « Signore, ella dice,

IL DONO DEL TIMOR DI DIO 27

prendimi, possiedimi, io Ti appartengo; tienimi, stringimi perch'io non possa separarmi da Tè ». Questo abbandono, questa consegna di tutto il nostro essere con tutte le nostre energie nelle mani di Dio affinchè Egli ci possegga, è l'effetto immediato del dono del Timore.

L'esigenza principale di un buon strumento è quella di esser ben tenuto. Pur con uno strumento difettoso, se sappiamo tenerlo bene in mano, renderemo di più che con uno strumento perfezionato, prezioso, ma che non sapessimo tenere bene in mano e che perciò potrebbe convenire ad altri, ma che non sarebbe adatto a noi. Ci troveremmo a disagio.

Abbiamo visto che il governo dello Spinto Santo ha questo di speciale che, per mezzo dei doni. Dio si serve di noi come di istrumenti. Egli stesso ci governa con le Sue ispirazioni. In tal modo il dono del Timore è il primo in ordine al perfezionamento dell'anima. « II timore è 1 inizio della Sapienza». (Ps. 110, 10). Infatti, come prima di fare qualche cosa, bisogna avere in mano lo strumento, e l'operaio deve prendere innanzi tutto l'utensile, così prima di operare in noi con le Sue ispirazioni, lo Spirito Santo c'invade. Presto (o tra poco) seguiranno la Fortezza, la Pietà, la Scienza, il Consiglio, l'Intelletto, la Sapienza. Al mo-

2g i.0 WRITQ santo NELLA VITA CRISTIANA

merito, non siamo che all'inizio, e tale inizio è l'offerta di noi stessi nelle mani dello Spirito Santo il quale, per successive ascensioni, ci condurrà sino alla Sapienza.

E' attuando questo abbandono di noi stessi nelle mani di Dio, che il dono del Timore diventa l'ausiliario della virtù teologale della speranza. La speranza è una virtù che ci fa confidare di ricevere la beatitudine eterna, sorretti dal soccorso divino. Non contiamo affatto su noi stessi e poco sui nostri meriti; ma unicamente su l'aiuto divino che è il migliore dei nostri meriti. Infatti, solo il soccorso divino è proporzionato alla beatitudine. Mettendoci in tal modo sotto 1 egida dell'aiuto divino, il dono del Timore è 1 ausiliario della speranza con la quale si armonizza. Essendo nelle mani di Dio, siamo nella posizione giusta per ricevere il Suo aiuto, aiuto che è il mezzo proprio per ottenere il paradiso.

Approfondiamo maggiormente, ora^ le attività del dono del Timore.

Che abbiamo da temere ? Perché temiamo Dio ? Per una ragione sola: perché a causa della nostra volontà e della nostra libertà, abbiamo in noi il terribile potere di separarci da Lui. Più che Dio, infatti, noi temiamo la nostra volontà peccatrice. L'effetto del dono del Timore sarà di volgerci, so-

IL DOMDELTimKt>l PIO 29

stenuti dall'onnipotenza dell'ispirazione dello Spirito Santo, verso la nostra volontà perversa per combatterla, rinunciarvi, annientarla crocifiggendo la nostra carne secondo la parola del salmista:

«Trafiggi le mie carni col umore» '(Ps. 118, 12Q). Quando si teme di perdere Dio, si teme il peccato ed ogni occasione di peccato: i nostri vizi e persi-nò le nostre piccole mancanze, debolezze, impotenze.

Abbiamo sperimentato questo effetto del dono del Timore dopo una buona confessione: forse avevamo commesso qualche colpa più grave, e considerandola con amarezza sotto lo sguardo di Dio, che sentivamo vicinissimo a noi, al termine del nostro atto di fede, ci volgevamo a Lui come a un Padre dicendo: Come ho potuto fare ciò al Padre mio? e come ho potuto separarmi da Lui per una cosa tanto piccola ? Noi provavamo un sentimento di contrizione, avevamo il cuore frantumato (contrito) e avremmo voluto annullare la nostra colpa, che detestavamo per amore di Dio... Nel sacramento della penitenza, il dono del Timore agisce al massimo per tutte le anime. Durante e dopo l'assoluzione, siamo sempre sotto l'influenza dei timore filiale: lo Spirito di Timore ci ispira la penitenza, il dispiacere per le colpe commesse, e

30 LO SPIRITO SANTO NEl^A VITA CElSTlANA

per conseguenza il desiderio di lottare contro di esse per combatterle.

San Tommaso dichiara, inoltre, che il dono del Timore è un potente ausiliario della virtù di temperanza. Coloro che temono realmente Dio, con sentimenti di figli, a cagione delle colpe delle quali vedono nella loro carne la sorgente sempre rinascente, sono temperanti, penitenti, sobri, umili. La temperanza non ha miglior ausiliario di questo Spirito di Timore che ci mette in guardia contro la volontà peccatrice.

Il dono del Timore è dunque un aiuto, talvolta per la pietà che favorisce, talvolta per la speranza che intensifica, talvolta per la temperanza che, per esso, regna.

Quando l'anima, avendo ricevuto il dono del Timore, e, temendo di essere separata da Dio, si è abbandonata completamente a Lui, affinchè Egli non la lasci, e faccia di lei ciò che Lui vuole, quando ella ha cominciato a fuggire il peccato e le sue occasioni, è entrata nello stato delle anime timorate. L'anima si fa timorosa conformemente e per opera dello Spirito Santo.

Ella non è scrupolosa, perché lo scrupolo non ha niente a che vedere col dono del Timore, è un'infermità, una prova naturale o soprannaturale.

Quest'anima non ha neppure una coscienza

IL DONO DEL-TISlOK DI MO- 31

troppo lassa, benché abbia una certa larghezza di spirito, e quindi essa non disprezza le piccole cose. E stabilita senza fatica in un giusto centro, ad u-guale distanza da un timóre esagerato e da una coscienza troppo larga: ha una coscienza giusta, (delicata). , . • . . ••\ :

Vi sono anime che si fanno notare per la rettitudine del loro comportamento; sono equilibrate, giuste, distanti da ogni eccesso; sono amabili, per-sino piacevoli, ma controllate; esse danno l'impressione di essere guidate e questa invisibile guida dirige i loro pensieri, i loro giudizi, il loro modo di fare; il loro contegno è un modello. Ciò è dovuto al vero timore, al timore che è frutto dello Spirito Santo; timore che non irrigidisce nello spavento, poiché è filiale, ma che mantiene nell'atteggiamento di riverenza e impedisce di cedere alla seduzione della natura. Lo Spirito Santo tiene le anime in quel giusto equilibrio che ci è difficile determinare col nostro solo giudizio. Egli ve le ha stabilite d un tratto, senza fatica.

Ili - Gradi dello Spirito di Timore

A mano a mano che il nostro amore cresce, il dono del Timore ci trova più docili. L'anima si apre, si dilata. Ciò che restava del timore un po' rigido sparisce, la fiducia sovrabbonda. Il timore

32 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

filiale, infatti, ha i suoi gradi; al primo inizio ci si deve ancora correggere, ma l'anima si dilata sempre più e dice con gioia queste parole del Salmo di Compieta: «Colui che vive sotto 1 egida del Signore dimora all'ombra della Sua protezione»; e ancora: «Sotto le sue ali troverai rifugio (spererai)» (Ps. 90, le 4), nelle quali il Signore si paragona alla madre che cova i suoi pulcini. Dio è come questa madre e, protetta dalle sue ali, l'anima non conserva del timore che un'ansia d'amore, che un fremito di ammirazione: in ciò sta la suprema trasfigurazione del timore.

Così ci appare Santa Rosa, tutta aperta come una rosa tremante in cima allo stelo; ella fu pertanto una rigida penitente, ha attraversato tutti i gradi del timore, ma nel suo schiudersi gioioso è soltanto la figlia del Padre.

Gli Angeli hanno questo atteggiamento dinanzi alla maestà di Dio. Essi sono felici, ma cantano incessantemente: «Egli è Santo», «Sanc-tus», penetrando sempre più nel mistero della Sua santità e trovandosi dinanzi a Lui così imperfetti, così piccoli... Sono frementi di un'ammirazione che, nello stato di gloria, è il termine supremo del dono del Timore. Dolce emozione, poiché essa ha per oggetto la maestà che rimane sul volto del Padre.

IL-DÓNO DEL TIMOR DI DIO 33

Viviamo in questo timore e cerchiamo di sperimentarne tutti i gradi. Lo Spirito Santo, nell'intimo della nostra anima, vuole ispirarcelo, vuole infiammare il nostro cuore d amore filiale, vuole deporvi la trepidazione di sfuggire dalle mani del Padre, di incontrare la minima occasione di peccato. Apriamo le nostre anime, spieghiamo la nostra vela generosamente, con fiducia. Ciò dipende da noi, perché siamo noi che dobbiamo servirci dei nostri doni abituali, col soccorso ordinario della grazia. E lo Spirito divino opererà. Col Suo soffio, Egli ci libererà da un'infinità di complicazioni nelle quali ci dibattiamo. Noi ci lamentiamo di vederci irritabili, indocili, pigri nella preghiera...; lottiamo qui e là, ci pentiamo, siamo perdonati, resistiamo per un po' di tempo, poi ricadiamo; vi sono delle dispute, delle tentazioni oscure nelle quali ci dibattiamo. Ciò è bene, dobbiamo farlo. La venerabile Agnese di Langeac ha detto:

« E necessario un buon combattimento per ogni tentazione». Tuttavia, non c'è forse in noi la tendenza a voler far troppo e da soli? Poiché lo Spirito Santo vuoi prendere il governo della nostra vita, serviamoci di Lui: raggiungeremo prima e più efficacemente lo stesso risultato che non con le lotte.

Occorre perciò amare di più. Bisogna che il

1 .In snirUa Stinta noli fi vìiei frfs'tìnna

34 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Buon Dio sia tutto per noi, che noi Lo amiamo al disopra di tutto. E' forse penoso amare ? E' vero, Dio è sconcertante. Perfino nell'Eucaristia, non Lo vediamo e non dobbiamo vederLo; dobbiamo conquistarci l'eternità. Tuttavia, vi- sono dei momenti nei quali possiamo penetrare oltre il velo, sperimentare la Sua dolcezza, entrare in intimità con Lui. Cerchiamo di essere sempre più uniti a Dio e saremo una cosa sola con lo Spirito Santo:

« Colui che aderisce a Dio (per amore), è un solo spirito con Lui» (I Cor. 6, 17). Il Suo Spirito si riversa nell'anima che Lo ama, e sotto il Suo influsso noi correremo allegramente di virtù in virtù. Se incontreremo degli ostacoli, li oltrepasseremo invece di rovesciarli ad uno ad uno. Il lavoro è, così, più efficace e meno penoso. Proviamo; mettiamo la nostra anima sotto la ispirazione dello Spirito d'amore, abbandonandoci maggiormente, in una parola, all'azione del Buon Dio. Perché:

«Dio comincia a regnare in un'anima, quand'es-sa è sotto l'ispirazione del dono del Timor di Dio che fa i poveri di spirito ».

CAPITOLO SECONDO BEATITUDINE DELLA POVERTÀ'

« Beati i poveri 'di spirito, perché di essi i il regno dei deli» (Matt., 5, 3).

A prima vista non sì vede il rapporto esistente fra la povertà di spirito (o povertà di aspirazione) e il dono del Timore'). Quale è dunque il rapporto tra questa povertà che ci ispira lo Spirito Santo e il dono del Timore ? .

^) «Pauperes spirìtu » si può tradurre tanto con « poveri di spirito» che con «poveri d'aspirazione». Infatti, siamo in presenza di due spiriti: lo spirito di Dio e il nostro. Se noi traduciamo « spiritu » con: il nostro spirito, possiamo dire povertà di aspi" razione; se vediamo in esso lo Spirito di Dio, diciamo: povertà ispirata dallo Spirito di Dìo. Ma povertà di aspirazione e povertà per ispirazione dello Spirito Santo, è tutt'uno. Poiché se il nostro spirito ha delle aspirazioni di povertà, è lo Spirito di Dio che gliele ispira.

36 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

I - Dono del Timore e povertà ispirata dallo Spirito

Ricordiamoci che il dono del Timore non è il dono del timore servile, che per molti è un dono di Dio, ma che si trova nei peccatori. Il dono dello Spirito Santo, al contrario, non si incontra che nelle anime che già amano Dio; ha per effetto di avvicinarci a Dio come a un Padre e, per timore di essere separati da Lui, di gettarci nelle Sue braccia affinchè faccia di noi ciò che vorrà.

La prima cosa che farà lo Spirito Santo, sarà di premunirci contro il solo ostacolo, sulla terra, che possa farci abbandonare la volontà divina, ossia la nostra volontà peccatrice, il nostro amore al peccato. Ora l'amore al peccato si nutre di oggetti senza cui non può vivere: il mondo, le passioni gli forniscono le ricchezze con le quali esso conserva la sua vita. Quale è questo alimento? San Giovanni dice: «Tutto ciò che è sulla terra è concupiscenza degli occhi, concupiscenza dello spirito, concupiscenza della carne » (I Giov., 2, 16). Vi sono sulla terra, nel mondo, - questo mondo che Nostro Signore detesta -, degli oggetti che ci attirano e che favoriscono la concupiscenza della carne con le tentazioni inferiori, la concupiscenza degli occhi, coi beni di questo mondo, la concupi-

BEATITUDINE DELLA POVERTÀ' 37

scenza dello spirito con 1 orgoglio, l'indipendenza. Nel mondo non c'è altro, ed ecco perché Nostro Signore 1 ha odiato, insieme a queste tré attrazioni che tendono a sottrarre al regno di Dio, per farci peccare, i nostri desideri, le nostre aspirazioni, la nostra volontà.

L'ispirazione del Timore di Dio ci arma contro la nostra volontà peccatrice, contro queste tré concupiscenze rivolte verso i beni del mondo, distacco dalla carne, distacco dall'indipendenza immoderata, distacco dalle ricchezze. Ora, tutto questo è lo spirito di povertà. Il movimento di odio della nostra volontà peccatrice, di avversione per tutti i beni di cui si mitre, ispirateci dal/timore perfetto, si traduce con un sentimento, una volontà di impoverimento nei confronti di tutti questi beni. .

Che differenza con lo spirito del mondo il quale, in una ricerca sfrenata, si precipita sui piaceri, gli onori, l'indipendenza, la fortuna! Lo Spirito di Dio è proprio la tendenza opposta. San Paolo dice: « Ciò che dal punto di vista umano era per me un guadagno l'ho considerato come immondizia (Filipp., 3, 8). E lo spirito di Timore che produce in ava tale rovesciamento; l'oggetto dei nostri desideri carnali ci viene in orrore; ce ne allontaniamo per il timore che, accettandolo,

38 LO SPIRITO SANT.O N'ELICA VITA CRISTIANA

pur in modesta misura, esso possa attrarci e separarci in tal modo da Dio nostro Padre, per il timore della giustizia che ci aspetta, e perché non abbiamo altro rifugio che Lui, altra sicurezza che questo spirito di povertà che Egli ci ispira nei confronti di tutto ciò che potrebbe nutrire la nostra volontà peccatrice.

In tal modo il dono del Timore si collega alla beatitudine dei poveri di spirito.

II -. Il movimento essenziale del dono del fimore

Cè un episodio che rappresenta bene ciò che lo Spirito Santo mormora in fondo all'anima, quando ispira questo sentimento, questo desiderio di povertà verso tutto ciò che forma l'oggetto della concupiscenza umana. Lo troviamo nella vita di S. Benedetto Giuseppe Labre, vita più da ammirare che da imitare e che non è quella di un uomo in comunità. Questo santo aveva un culto, una passione per la povertà. Ora, quando mendicava e gli veniva dato qualcosa (nel momento in cui veniva servito), diceva: «Poco, poco», temendo sempre di ricevere troppo e di fare delle riserve. Allorquando questo servitore di Dio fu in punto di morte, mormorò qualcosa; piegati su di lui per

BEATITUDINE DELLA POVERTÀ' 39

udire ciò che diceva, si intesero ancora queste parole: «Poco, poco».

Questa è la paroletta che lo Spirito Santo ci mormora di fronte alla concupiscenza del mondo. Poco! Ciò che è necessario basta: non c'è bisogno d'altro. San Paolo diceva in tal senso: « Se abbiamo di che nutrirci siamo paghi» (I Tim., 6, 8). La regola di S. Agostino vuole che ci studiamo di diminuire i nostri bisogni piuttosto che aumentare le nostre entrate, stimandoci in tal modo più felici. E' sempre, pur sotto tutte queste forme, la stessa ispirazione di Dio che, con tocchi divini, muove l'anima a desiderare il distacco dai beni del mondo. « Egli ci ispira la noncuranza per tutte le creature, affinchè il Creatore possa essere trovato », dice ^Imitazione. E questo si ricollega a ciò che dice S. Agostino: «Tutte le volte che diminuisce in noi la concupiscenza, cresce l'amor di Dio » (S. Agostino, De doctrina Christiana, III, Cap. 10; Liber de diversis quaestìonìbus, 83, Q. XXXVI). L'amore di Dio regnerà pienamente quando la concupiscenza sarà nulla.

Bisogna, però, che questo movimento di distacco, di impoverimento provenga dall'ispirazione dello Spirito Santo, non dalla ragione orgogliosa;;

questp fu il caso di Diogene che, vedendo un giornomun uomo bere nelle mani, spezzò il bic-

40 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

chiere che aveva conservato come indispensabile, giudicandolo ormai inutile: quest'uomo aveva posto l'orgoglio nel suo impoverimento. Noi, invece, dobbiamo allontanarci dal peccato e da ogni sua sorgente mossi dall'amor di Dio e dalla divina ispirazione dello Spirito di Timore. Siamo i figli dello Spirito di Timore ed abbiamo in Lui un aiuto nei nostri combattimenti.

Ili - La povertà delle aspirazioni, ausilio dello stato religioso

La lotta contro le tré concupiscenze forma la base dello stato religioso, il quale non è altro che 1 amore eminente per Dio che non solo ci fa astenere da ciò che è ad Esso contrario, il peccato, ma arriva a farci sacrificare persino ciò che è permesso e perfettamente legittimo. Esso vien reso stabile per mezzo dei yotì: voti d'obbedienza, di povertà, di castità; impegni da noi presi solennemente per sempre, di rinunciare alle tré concupiscenze: indipendenza della volontà, beni del mondo e piacere. In tal modo, eoi 'distacco da queste cose, con la promessa e la pratica quotidiana, arriviamo a dominare le concupiscenze e a

BEATITUDINE DELLÀ-'PÓVESTA' 41

svincolare l'amore superiore di Dio, in modo da progredire sempe in questo amore.

Lo Spirito di Timore, nella misura in cui ci ispira questo desiderio di impoverimento, è identico allo spirito dello stato religioso. Si tratta dello stesso spirito sotto due forme. Se lo Spirito Santo solo ci ispira questo impoverimento, è semplicemente la buona vita cristiana; se inoltre adoperiamo la disciplina, l'organismo della vita religiosa, ciò è un mezzo in più, ma il fine è sempre lo stesso. Ciò che lo spirito religioso ricerca, è ciò che ispira lo Spirito di Timore.

Sotto l'influenza del dono del Timore, ci ritroviamo dunque, nella grigia vita quotidiana, a compiere quei differenti esercizi e quei sacrifici a cui siamo obbligati per praticare i voti e diminuire in noi l'attrazione degli oggetti di concupiscenza. La materia dei nostri atti è la stessa, soltanto lo spirito differisce. Invece di lottare contro i particolari per acquistare lo spirito di distacco nei confronti degli oggetti cui siamo attaccati, per reprimere i nostri pensieri di orgoglio, il nostro spirito d indipendenza, invece di cercare di ridurre le difficoltà ad una ad una, riceviamo lo Spirito di Dio, il quale, fondato su un amore più grande, ci ispira un distacco generale. Egli ci mor-

42 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

mora questa parola: poco, poco in qualsiasi cosa. Se si tratta di indipendenza: poco; se di attaccamento agli agi, alle cose facili: poco; se di concupiscenza del cuore, di affetto umano: poco...: In tutti i campi: poco. Ci istruisce sull'insieme, non sul dettaglio. Egli ci spinge con un'insistenza onnipotente, e se Gli concediamo di entrare, andremo sino all'estremo limite della perfezione. Il Suo tocco differisce dal lavoro di minatore che siamo obbligati a fare noi stessi abitualmente; distaccare ogni giorno, blocco per blocco, nell'oscurità della fede, per dovere, tutto ciò che si oppone all'unione divina. Questo lavoro tuttavia è eccellente e necessario, perché lo Spirito Santo non è obbligato ad agire sempre in noi per mezzo dei doni. Se 1 anima, però, vive nella Sua atmosfera, amando sempre più, abbandonandosi a Lui sempre più, ella diverrà anche più docile, sentirà un desiderio generale e possente di impoverimento, e giungerà in tal modo ai piccoli distacchi della vita religiosa.

Tutti i grandi santi vi sono arrivati. Allorché S. Domenico vedeva i cibi dei suoi fratelli, a suo parere troppo saporiti (forti), i conventi troppo confortevoli, il suo cuore ne era fortemente afflitto. In occasione di un Capitolo, egli avrebbe voluto che l'amministrazione dei beni fosse lasciata ai

BEATITUDINE DELLA POVERTÀ' 43

fratelli conversi, per favorire lo spogliamento. Dopo la stesura delle costituzioni, chiese ai suoi fratelli di accettare le proprie dimissioni, non voleva essere a capo: ciò lo preoccupava. Per lui ' poco ', voleva dire lasciare tutto, per andare presso i Cu-mani, in capo al mondo.

San Francesco d'Assisi è il tipo dell amante della povertà. Egli era veramente il povero del Buon Dio, lavorato dallo Spirito di povertà; una specie di violento soffio, partendo dal fondo dell'anima, lo accompagnava sempre; volle per sé e per i suoi un distacco sempre maggiore da ogni cosa: poveri nel cibo, nell'abito, nella dimora, ridotti a mendicare. Non volle aver rapporto con tutto ciò che forma l'oggetto della concupiscenza.

Da notare, che non si tratta qui di povertà sotto forma di virtù, per la quale si fanno dei sacrifici: questa forma è eccellente. Qui si tratta invece, della povertà che viene dallo Spirito Santo; è come un soffio che consuma, che muove il cuore al distacco.

Nostro Signore ne è il modello; ci predica la povertà sotto tutte le forme: «Colui che vuoi venire dietro di Me, rinunci a se stesso, venda tutti i suoi beni... e mi segua » (Marco, 8, 34; 10, 21). Egli vuole inculcarci questo spirito fondamentale. lo spirito di Timore ce lo fa ritrovare, ce lo comu-

44

LO SPIRITO SANTO ffELLA VITA CRISTIANA

nica come conseguenza dell'amore. Lo spirito di totale povertà vuole che, pur conservando ciò che è necessario per svolgere la nostra opera, non vi sdamo attaccati e sappiamo spogliarci del resto.

IV - Pratica.

Consideriamo alcuni doveri che sono la conseguenza di questo spirito di povertà.

1-1 beni materiali. - Non c'è materia abbondante per lo spirito di proprietà, in una comunità. Tuttavia, anche nelle: comunità meglio dirette, vi sono talvolta delle riprese sui beni posseduti:

non si tratta di cose considerevoli, ma non sono state rimesse nelle mani dei superiori, non sono stati chiesti i permessi necessari. Certo, non era granché quel pezzo di stoffa che un religioso di S. Bernardo aveva conservato per rattoppare il suo abito; tuttavia, il santo fece venire questo religio--so in mezzo alla comunità a Citeaux, e gli inflis-se una correzione formidabile. S. Bernardo non era crudele, ma aveva questo spirito di povertà che è l'essenza del Vangelo; egli diceva a se stesso:

« Se cedo, saremo disorientati ; Cristo ha detto di essere poveri, noi abbiamo accettato questo, per

BEATITUDINE DELLA POVERTÀ' 45

mezzo dei voti, e tale fatto è un vero scandalo». E' un esempio questo, e gli esempi sono preziosi in quanto mettono le cose al loro massimo di intensità..

In materia di povertà, non bisogna quindi possedere niente, se non col permesso. Bisogna anche, nei confronti delle cose possedute, essere distaccati. Quindi se vi sono delle intrusioni, degli accaparramenti, se ci prendono ciò che è di nostro uso, non dobbiamo lasciarci dominare dall indignazione, mancare di carità, conservare pensieri amari, come succede talvolta, quando ci vengono tolti i nostri poveri piccoli beni di questo mondo che ci vengono lasciati.

II - Gli onori e le distinzioni. - Nella vita religiosa sono rare le occasioni di innalzarsi agli onori e alle distinzioni, e i superiori stessi sono avvertiti dalla regola che non sono dei padroni, ma piuttosto dei padri che devono essere felici di mettersi al servizio degli altri. Tuttavia, possono nascere qualche volta dei sentimenti di vanità, di desiderio di brillare. Innanzi tutto interni: cerchiamo di rialzarci ai nostri occhi, talvolta abbassando gli altri. Inoltre, vogliamo affermare le nostre capacità anche all'esterno, con l'assolutismo dei nostri giudizi, dei nostri apprezzamenti. Ecco la no-

46 LO SPÌRITO SANTO^NELLA VITA : CRISTIANA

stra natura, noi siamo delle creature umane e non degli angeli. Dall altra parte però, lo Spirito Santo mormora la parola dell'Imitazione: «Ama di essere sconosciuto e considerato niente».-Esso è, sotto un'altra forma, il pensiero stesso del beato Labre: Poco. Poco onore, poca stima, anche dal punto di vista del valore del nostro giudizio, per non dare un alimento alla concupiscenza e alla nostra volontà peccatrice e metterci in tal modo nel pericolo di iniziare una separazione da Dio. Tale è l'oggetto del dono del Timore. Più ci distaccheremo, più saremo certi di non separarci da Dio. Lui solo conta; non dobbiamo alimentare la concupiscenza dell'orgoglio.

Ili - L'obbedienzd. - Non siamo fatti per obbedire, ma per comandare secondo il grado che ci è proprio, sotto il governo di Dio, al quale solo dobbiamo, in definitiva, obbedienza. Tuttavia, non abbiamo voluto conservare la padronanza (personale) dei nostriatti; abbiamo visto che in questa padronanza vi era un'insidia, e che fidandoci del nostro giudizio per condurci, noi ci saremmo mal condotti : abbiamo fatto, coi voti, l'abdicazione della nostra libertà, non ci apparteniamo più nei confronti di tutto ciò che ci impone la Regola, e nei confronti della base stessa della nostra vita.

BEATITUDINE DELLA POVERTÀ' 47

Potremo ancora cambiare qualche piccolezza nei dettagli che non sono previsti dalla Regola. Ma in quanto all'essenza, tutto è previsto; il superiore può esigere dalla nostra volontà tutte le rinunce. Se avessimo lo spirito di povertà, andremmo noi stessi incontro a tali rinunce, non vi sarebbe più bisogno dell ordine dei superiori per indurci a compierle: cercheremmo sempre più la sottomissione, la dipendenza sotto ogni forma. Seguendo le ispirazioni dello Spirito Santo, saremmo portati a fare, dal punto di vista dell'obbedienza, piuttosto di più che di meno, pur con le dovute riserve dettate dalla prudenza... Le ispirazioni dello Spirito Santo non vanno contro le leggi sicure della prudenza, allo stesso modo che non vanno contro la obbedienza o contro la Regola. E' lo Spirito Santo che ci ha dato la Regola, che ci ha dato la prudenza; Egli non ci può indurre a distaccarci <la essa. Ciò si applica ad ogni materia, ma è soprattutto in materia di povertà che si potrebbe essere portati ad essere imprudenti.

IV - Gli affetti umani - Infine, non dobbiamo dare libero corso ai pensieri d affetto, alla nostalgia degli affetti umani. E' la povertà di cuore che ci mette al di sopra dei loro richiami, e di quelli più inferiori che ci possono venire attraverso i sen-

48 LO SPIRITO santo NELLA .VITA CRISTIANA

si... L'anima penitente si allontana dalle cose dolci per compiacersi nelle amare, per amor di Dio e per non essere mai separata da Lui.

Questo spirito di povertà è racchiuso nel concetto di poco, è come il grano di senapa del Vangelo. Nel fondo di noi stessi, mormora solamente questa paroletta: poco. Ma questa paroletta è po-tentissima. Per essa siamo premuniti contro ogni concupiscenza, prima che 1 occasione si presenti, e se questa si presenta, ci troviamo preparati a respingerla... Questo Spirito è, nel nostro intimo,; c.q-me una intuizione, una sensibilità che ci rende avvertiti delle occasioni che possono alimentare la nostra volontà peccatrice, accrescere la concupiscenza e correre il rischio di separarci da Dio, e ce ne allontana prontamente facendoci dire: poco, il meno possibile... Tutto ciò, tuttavia, senza e-sagerazione, secondo la via comune, la maniera virtuosa che è praticata attorno a noi. Tale è lo Spirito di Dio, il dono del Timore.

Le anime che, nella vita religiosa soprattutto, sono molto sensibili agli impulsi di questo Spirito e che, per conseguenza, cercano sempre il meno piuttosto che il più in tutti i campi temporali, a-vranno una grande ricompensa. « Beati i poveri di spirito, perché di questi è il regno dei cicli ». Queste anime non debbono fare altro che perseverare,

BEATITUDINE DELLA POVERTÀ' 49

esse sono già nella via giusta e infallibile; le ricchezze del ciclo appartengono già a loro, anche se non le posseggono ancor definitivamente. Tali anime hanno accettato lo spirito di impoverimento, lo hanno conservato ed hanno detto: «Io considero tutto il creato come immondizia, non voglio più avere rapporti con le ricchezze inferiori » ; tutto il loro tesoro è in Dio, esse posseggono il regno dei cicli! Ciò è, indubbiamente, solo un inizio, un dono intcriore. Ma lo Spirito Santo che già opera in esse, non le abbandonerà e, con altre ispirazioni, facendole salire di perfezione in perfezione, le condurrà fino al possesso definitivo del regno dei cicli, la cui certa speranza è racchiusa nella povertà secondo lo spirito.

CAPITOLO TERZO IL DONO DELLA FORTEZZA

« Che Dio vi conceda, mediante la possanza dello Spirito Santo, di essere fortificati nell'uomo inferiore^ (Efesi 3, 16).

Eccoci nelle mani di Dio grazie al dono del Timore. Egli ci ha ispirati a rifugiarci in Lui, per poter essere docili strumenti nelle Sue mani. A-desso potrà fare di noi, sua opera, qualcosa; potrà farci salire attraverso i gradi della vita intcriore sino alla vita eterna.

Quando si ha bene in mano uno strumento, si inizia il lavoro, e la qualità di questo inizio è la forza, il vigore. E' naturale, quindi, che sia il dono della Fortezza ad essere utilizzato dopo quello del Timore, per compiere coraggiosamente, mediante lo Spirito Santo, il nostro dovere, difenderci contro gli ostacoli ed aprirci un cammino sino al compimento della vita eterna.

52 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

I - La virtù della fortezza

La Fortezza è una virtù di altissima importanza nella vita cristiana. D'altronde, essa è importante per tutto. Non basta, quindi, avere pensieri elevatissimi, desideri ferventi, se non sono sostenuti da una forte volontà. Nostro Signore ce lo ha detto. Quando Egli fa l'elogio del Precursore, resta come in ammirazione dinanzi a lui e dice:

« Che siete andati a vedere nel deserto ? Una canna agitata dal vento ? » Ma che vi è di comune tra una fragile canna e colui che tuonava con voce forte nel deserto ? No, Giovanni Battista e- un forte.

Egli stesso, il Signore, pronunciando il discorso sulla montagna, « parlava, dice il Vangelo, come colui che tiene autorità e non come gli scribi e i farisei» (Matt. 7, 29). Gesù fu un forte. Forte nella Sua agonia per sopportarla e, dominando la tristezza, aderire alla volontà del Padre suo. Egli ha camminato, conservandosi forte dinanzi a Pila-to, ad Erode, alla folla in delirio. E all'ultimo istante, compiuta la Sua missione, non ha forse detto, rendendo la Sua anima al Padre in un atto supremo di padronanza di Sé: «Nelle tue mani rimetto il mio spirito »?

IL DONO DELLA FORTEZZA 53

Nostro Signore possedeva la sorgente della fortezza; ma noi possiamo imitarLo a modo nostro. Egli amava elogiare la fortezza: « Quando un uomo forte e ben armato fa la guardia alla casa, tutto è in pace». (Luca 11, 21) E' questa l'immagine del giusto che possiede la virtù della fortezza;

egli difende la sua casa, è forte, tutto ciò che possiede è al sicuro; non vi sono tentazioni, imboscate serie o pericolose contro un uomo ben armato. Per contrasto, noi vediamo Nostro Signore giudicare la debolezza. Indicando il debole, colui che non è così ben armato: « Che il rè rifletta. Egli dice, se con cinquemila uomini può affrontarne ventimila; altrimenti domandi la pace» (Le. 16, 31). Quando si tratta della nostra vita intcriore, chiedere la pace significa arrendersi.

La fortezza è dunque necessaria. E quand essa è al servizio della verità, del diritto, della volontà di fare il bene, non c'è più grande creatrice di lavoro, ne più grande protettrice delle opere già compiute. Bisogna essere forti per creare un'opera e per difenderla.

Per questo, lo Spirito Santo, fra i doni che ci elargisce con la grazia, ha messo in. noi la virtù della fortezza. La fortezza può essere una virtù umana, acquistata attraverso gli atti ripetuti di coloro che combattono e si sforzano di condurre

54 LO SPIRITO SANTO.NELLA VITA CRISTIANA

una vita onesta, di compiere le opere che li sollecitano. Questa virtù deve essere ben più grande quando si tratta di compiere, con mezzi umani, con una volontà e un'intelligenza umane, con passioni umane, l'opera così alta della nostra salvezza che incontra tanti pericoli. Affinchè, dunque, il figlio di Dio non sia, quando raggiungerà l'uso di ragione, in balia degli ostacoli che potranno bersagliarlo. Dio gli ha dato nel battesimo, insieme alla grazia santificante, la virtù della fortezza;

questa si trova in lui già formata, egli dovrà solo farla crescere. Il cristiano è un forte, ha la virtù della fortezza, può lavorare, lottare. Ed è bene aver là convinzione che se siamo deboli, se non facciamo tutto il possibile per compiere il dovere, è perché non abbiamo utilizzato questa risorsa messa in noi da Dio. •

II - II coraggio cristiano

Lo Spirito Santo ci ha dato la fortezza soprannaturale che ci è necessaria. Dobbiamo, dunque, ingrandire i nostri desideri all'altezza della predestinazione divina. Anche la più piccola, la più modesta delle anime cristiane è chiamata ad un destino altissimo: essa deve divenire un'eletta, una

IL DONO DELLA FORTEZZA 55

santa del ciclo, tale è il fine voluto per lei da Dio. Egli ci ha destinati, dice S. Paolo, nel Cristo Gesù Nostro Signore, affinchè siamo santi e immacolati (Efes., 1, 4). '

Non ci vogliono pusillanimi, piccoli, che si accontentano di poco, che si fanno la loro piccola vita, nella grande vita cristiana. Ci vogliono anime all'altezza del fine, anime vigorose che non indietreggino, che non siano esitanti, che diano tutto, dicendo: devo arrivare al ciclo, la mia vita è una preparazione al livello della vita eterna. Ci vogliono anime magnanime! La «magnanimità», la grandezza d anima, è la prima manifestazione della virtù della fortezza in un cuore cristiano;

siamo di queste anime. Osserviamo il furore degli uomini per arrivare al primo posto: è questa l'ambizione, ^sempre piccola perché il suo fine è sulla terra. Dobbiamo spostarla, porre i nostri progetti all'altezza del fine stabilito da Dio.

Non è ancora tutto, però. Quando i nostri desideri sono all'altezza, bisogna por mano all'opera affinchè ogni giorno le attività nostre siano pure all'altezza. E' l'opera della virtù, virtù che progredisce. Per compiere i nostri doveri di cristiani e quelli della nostra vita religiosa, bisogna affrontarli vigorosamente. Questo nuovo compito della fortezza si chiama «coraggio cristiano».

56 LO SPIRITÒ SANTO NELLA VITA. CRISTIANA

. Per non lasciarci scoraggiare dinanzi ad un dovere, ma per affrontarlo, iniziarlo e portarlo a compimento con vigore, ci vuole un'anima coraggiosa. Per compiere il proprio dovere di cristiano ed attendere ad ogni cosa nel modo che la coscienza ci suggerisce, ci vuole una grande virtù. Le o-pere si fanno col coraggio, e non c'è opera che non sia frutto di un coraggio che si è prodigato senza riserve.

Per noi, il dovere si presenta sotto una forma austera, difficile a lungo andare, quella della regolarità. Abbiamo una regola che traccia i nostri doveri, quelli della nostra vita intcriore, della nostra vita di comunità, della nostra vita di apostolato, dei nostri differenti incarichi. Siamo, così, di fronte ad una moltitudine di doveri catalogati, e, ad ogni istante, senza tregua, ci troviamo in presenza di un esercizio da compiere. Non e è niente che richieda più coraggio di questo esercizio della regolarità. Colui che vi è fedele può veramente dire a se stesso: Ho compiuto il mio dovere. Questa coscienza del dovere compiuto è la ricompensa delle anime coraggiose. Non bisogna pertanto insistere eccessivamente: volere, per esempio, con una salute debole, adempiere delle pesanti mansioni. Bisogna tener conto delle possibilità e chiedere permessi che limitino certi doveri. Ma pur

IL DONO DELLA FORTEZZA 57

con le dispense e le impossibilità, ci rimane sempre abbastanza. Noi non possiamo, senza essere coraggiosissimi, tendere al nostro sublime fine nella maniera dovuta. Praticare questa regolarità senza negligenze, senza infedeltà nelle piccole cose, mette veramente alla prova; ma questo ci santifica, perché alla radice di tali sforzi vi è l'amore' di Dio;

senza di esso non saremmo coraggiosi. Così, tutti i nostri atti hanno un merito eccellente grazie a questo coraggio.

Vi è un altro aspetto del coraggio cristiano che è più ingrato, più difficile, più meritorio anche del primo, benché sembri fare meno. Abbiamo visto che ci vuole coraggio per lavorare; ma alla fine si può anche vedere la riuscita, il successo del proprio operare. Quando si soffre, però, non si vede niente. Non si tratta più di intraprendere con vigore, bensì di « sopportare » il dolore fisito che ci impedisce di prodigarci nelle attività che ci stanno più a cuore ; sopportare le pene dello spirito, causate da oscurità della fede, o da scrupoli, stanchezza, noia, depressione, pene che Nostro Signore ha provato nella sua agonia, quando diceva: « La mia anima è triste sino alla morte ». Le pene del cuore, che- talvolta ci riempiono di angoscia, per quelli che amiamo, per le persone care che abbiamo lasciate... La nostra vita è colma di ogni sorta di do-

58 LO SPIRITO .SANTO-NSLLA VITA cristiana

lori. Pene causate dai nostri peccati, dalle nostre infermità, dalle persone che ci sono attorno che giustamente o ingiustamente ci danno incomodo. Ostacoli esterni si alzano contro di noi, i nostri nemici trionfano. La nostra anima è oppressa. Ci vengono tese insidie per trascinarci verso il male o verso un minor bene. E' necessario il coraggio per sopportare, per resistere, per tener duro, per « dominare » la propria anima, affinchè rimanga tranquilla sotto lo sguardo di Dio, per «possederla » come dice Nostro Signore : « Nella sofferenza, possederete le anime vostre » (Luca 21, 19). Andare sino in fondo, senza debolezza, facendo la volontà di Dio e meritare così la vita eterna, è l'opera della fortezza.

Infine dobbiamo avere delle grandi vedute e usare il coraggio per lavorare e sopportare, non soltanto per un istante, ma per tutta una vita, minuto per minuto. E la vita continua, e gli ostacoli si rinnovano. Un'altra virtù deve coronare la fortezza: « la perseveranza », virtù che non si stanca, che rinnova sempre l'impulso ad agire.

Lo Spirito Santo ci da il germe di questa fortezza nel battesimo, insieme alla grazia santificante ed in essa. Con questa energia che procede dall a-more di Dio e con l'amore di Dio, possiamo arrivare sino al martirio, l'atto supremo che si possa

IL DONO DELLA FORTEZZA 59

compiere nella vita umana: lasciarci trafiggere, bruciare, strappare le membra senza mormorare, tenendo il proprio cuore fisso al ciclo.

Ili • Necessita del dono della Fortezza

Precisamente, l'altezza del fine e quella certa delicatezza che deve avere la nostra fortezza per riuscire sono, per l'anima, una sorgente di difficoltà, una occasione di debolezza. Sappiamo che la grazia è onnipotente e che non ci manca mai; ma non siamo ancora confermati in essa come lo saremo in ciclo: finora la grazia è così esposta in noi alle debolezze, che possiamo perderla. I pericoli sono così grandi, il compito sì alto, c'è ragione di temere, se vogliamo conservare « da soli», pur con tè energie divine della virtù della fortezza, la dirczione della nostra vita. Ci rendiamo profondamente conto di questo, quando dopo una luce ricevuta, una buona confessione, un ritiro, ci siamo proposti una cosa precisa che richiedeva coraggio:

ci siamo messi all'opera dopo aver chiesto l'aiuto divino, e non siamo riusciti. Era necessario qualche cosa di più, un aiuto ancor più divino.

Lo Spirito Santo ha pietà della nostra debolezza; non vuole lasciarci soli padroni dell energia

50 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

che ci da: la completa con un «dono». Il dono della Fortezza viene in aiuto alla nostra virtù della fortezza. Il dono non è più fondato su energie da noi possedute in maniera permanente e che possiamo usare o non usare, — benché spetti a noi il tendere la nostra vela, — ma viene dallo Spirito Santo, e quando lo Spirito Santo s'impadronisce di noi, noi siamo irresistibilmente mossi, e non siamo più soggetti agli alea e ai vacillamenti del nostro governo personale.

IV - Effetti del dono della Fortezza

E' il contrasto che vediamo negli Apostoli prima e dopo la venuta dello Spirito Santo. Se si volesse dipingere gli esseri più paurosi, più codardi, più timidi del mondo, non avremmo che da guardare gli Apostoli nel Vangelo: essi hanno paura di tutto. Pietro da l'illusione di essere forte, ma è solo impulsivo: sfodera la spada, taglia l'orecchio di un soldato. Eccolo il suo coraggio! Poco dopo, fugge davanti ad un'ancella. Non è presente alla crocifissione; «egli seguiva da molto lontano» è detto di lui (Marco 14, 54). Tutti gli Apostoli fuggirono;

e tuttavia ci è lecito pensare che essi avevano la grazia divina, la virtù della fortezza, la carità.

IL DONO DELLA FORTEZZA Q\

'Nostro Signore li chiamava amici, ma non avevano ricevuto lo Spirito Santo. RicevutoLo, li ritroviamo pieni di coraggio. Questi barcaioli che non sapevano ne parlare ne comportarsi, sono adesso di fronte ai potenti, agli stranieri e non ne sono turbati: essi parlano con sicurezza in mezzo ad una folla di uomini che facilmente dominano e convincono. Pietro che ha tremato davanti a una ancella, non teme più neanche il gran-sacerdotc :

« Non possiamo fare a meno di dire ciò che abbiamo visto e inteso», egli dice (Atti 4, 20). E ancora:

« E meglio obbedire a Dio che agli uomini » (Atti 5, 29). Che differenza tra la virtù con le sue incertezze e difficoltà, e il dono che comunica tale slancio! Lo Spirito Santo si è impadronito degli Apostoli e ne ha fatto dei leoni. Egli li ha guidati per tutta la vita. Scendendo su di essi come su San Paolo, ci ha ottenuto la grande opera dell'espansione del cristianesimo, cosa per cui noi siamo salvi. Essi hanno dato la vita per questo, ma il loro sangue fu seme di cristiani.

Possiamo tutto sperare quando si vede questa trasformazione. Il principio della fortezza dello Spirito Santo è l'onnipotenza di Dio. Diciamo:

« Patrem omnipotentem », ma il Figlio pure lo è, così come lo Spirito Santo che comunica la Sua onnipotenza all'anima nel dono della Fortezza.

52 LO SPIRITÒ SANTO NELLA VITA CRISTIANA

V - Caratteri del dono della Fortezza

I. Efficacia. - La stessa potenza che ha risuscitato Nostro Signore è a disposizione dello Spirito Santo per farci risuscitare dai morti. Non si può essere più basso di un morto: che c'è di più inerte, di più impotente di un cadavere? Nostro Signore è diventato questo cadavere, e la potenza di Dio l'ha risuscitato! Questa risurrezione fu la grande devozione di San Paolo. Quand'egli si sentiva debole, al pensiero che di un morto. Dio aveva fatto il vivente che è il Cristo risuscitato, riprendeva coraggio, mettendo la sua fiducia in questa fortezza con la quale non c'è niente che non possiamo fare. Questa potenza, questa fortezza che ha risuscitato Nostro Signore dai morti, lo Spirito Santo la mette a nostra disposizione. E l'Apostolo, forte di ciò, proclamava la risurrezione dei corpi, ma anche quella delle anime che lasciano i peccati e le infermità; è la soppressione di ogni impotenza nella vita cristiana. Lo Spirito vive sempre per farci passare dalla morte alla vita e farci salire malgrado le .nostre debolezze.

II. Certezza dì vìncere. - Che avviene col dono della Fortezza, sotto l'onnipotenza di Dio che lo Spirito Santo ci comunica ? Quando le anime han-

IL DONO DELLA FORTEZZA '^3

no chiesto la fortezza di Dio e viene loro concessa, esse hanno una fiducia assoluta che domina ogni situazione, ogni difficoltà: la certezza di sfuggire a tutti i pericoli, di compiere qualsiasi opera che si presenterà ad esse come un dovere facente parte della loro predestinazione. Non vi è nulla che non possiamo fare, quando la Fortezza dello Spirito Santo è con noi. San Pàolo diceva: « Son certo che ne la morte, ne la vita, ne le cose presenti, ne le future, ne ciò che è in alto o in basso..., assolutamente niente può separarmi dall'amore di Dio che ho nel Cristo Gesù » (Rom., 8, 39). Egli aveva questa fiducia assoluta nella fortezza di Dio che era con lui per superare tutti gli ostacoli ed essere alla altezza di tutti i suoi compiti. Lui, così umile che si riconosceva così miserabile, aggiungeva « posso tutto in Colui che mi fortifica » (Filip. 4, 13).

Questo perché col dono di Fortezza non agiamo più solo come padroni e guide della nostra vita, ma come strumenti dell'onnipotenza dello Spirito Santo. Vi sono delle anime le quali irradiano questa fiducia dominatrice. Una di queste è Santa Giovanna d'Arco, che è l'incarnazione del dono della Fortezza. Che debba attaccare o sopportare, ella non è titubante, va, domina tutto. La sua carriera si svolge tra lotte e processi; ella però non si lascia turbare da nessuna cosa, è certa di sfuggire al peri-

54 LO SPIRITO SANTQ NELLA VITA CRISTIANA

colo, si lancia nella mischia; dona se stessa sino al punto di morire e all'ultimo istante afferra la croce e dice ancora: «Gesù».

III. Attività vittoriosa. - Quando siamo così sotto l'azione dello Spirito Santo, ne segue che l'attività nostra, nei confronti del dovere e della sofferenza, diventa un'attività vittoriosa.

L anima esposta allinfluenza dello Spirito di Fortezza s'avanza nella vita dominando tutto: con la virtù, essa si lasciava ancora abbattere, col dono compie invincibilmene il suo compito, sopporta la regolarità, supera gli ostacoli, domina la sofferenza; essa ha un'impressione di vigore, unita alla certezza che niente la potrà fermare. Essa può ancora avere delle mediocrità, delle debolezze, delle lacune; trovandosi in una carne mortale, non può ancora realizzare perfettamente la santità, ma essa è abitualmente calma, sicura, decisa, la sua vita è un seguito di vittorie. Tutto questo essa non lo ha attinto dalla sua forza umana, ma, dalla sua docilità allo Spirito Santo; essa confida nella forza dello Spirito divino, perché non ha fiducia in se stessa, sapendo che nonostante qualche buona velleità, non può condurre niente a buon fine. Essa dice con S. Paolo che « ciò che è debo-

IL DONO DELLA FORTEZZA 55

lezza di Dio è più forte di tutti gli uomini » (Cor. 1, 25), ed essa è pronta a compiere il suo destino.

Concludiamo. Ci vuole il soffio dello Spirito di Fortezza per costruire in noi l'uomo inferiore, condurre una vita intcriore vera, profonda. Chiediamo allo Spirito Santo di compiere quest opera in noi, che è poi la preparazione dell uomo eterno, e di farci vivere in continuità con Dio. Ciò avverrà a condizione di essere strumenti, alla maniera del pennello che l'Artista divino terrà per ritracciare i tratti dell'uomo intcriore; chiediamoglielo!

O Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio, concedici di essere fortificati da questa fortezza che Ti è propria, affinchè diveniamo delle anime intcriori, ossia compiamo coi nostri piccoli mezzi questo capolavoro che si chiama un'anima intcriore .sulla terra, e che sarà domani, in ciclo, un'anima di santo.

5. - Lo sairito Santo nella vita cristiana

CAPITOLO QUARTO LA FAME DI GIUSTIZIA

« Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati » (Mat., 5, 6).

Per giustizia, qui, si deve intendere santità;

pare che sia il significato vero della parola. Non si tratta infatti della virtù particolare della giustizia, ma di quella giustizia generale che Dio ci da e che è identica alla giustificazione mediante la grazia santificante. La santificazione dell anima è con ragione chiamata giustizia poiché ci mette in regola e ci rende giusti nei confronti di Dio:

e questa è la santità.

I - Correlazione fra il dono e la beatitudine

Questa beatitudine ci è presentata dai nostri abituali maestri nell aspetto particolare che è quello di racchiudere l'attività caratteristica del donò di Fortezza. Di primo acchito non si afferra bene

gg LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

questa relazione. Consideriamo però, che i forti ordinariamente hanno un grande appetito. Vi è corrispondenza tra la potenza necessaria ad un'opera tanto materiale che spirituale, e l'appetito, il desiderio. Nel campo spirituale, i forti, coloro che possono fare delle opere, lavorare, hanno un tale appetito, una tale fame, una tale'sete di spiegare le loro forze! Essi hanno la magnanimità e sono anime dai grandi desideri. Non è dunque arbitrario questo ravvicinamento tra gli affamati di santità e i forti secondo lo Spirito Santo.

Tanto più che la Fortezza infusa dallo Spirito Santo nelle Sue ispirazioni è proporzionata al fine ch'Egli ha in vista. E che cosa vede? Egli scruta sino in fondo 1 abisso di Dio, ne vede la santità infinita. E quello l'ideale che avrà per noi. Egli ci spinge all'infinito della santità. Tale è la perfezione senza lirriiti alla quale l'anima tende quand'es--sa è spinta dallo Spirito Santo: ella è affamata e assetata di santità. Ed ecco dove si ricollegano la beatitudine e il dono di Fortezza.

1,1 - La fame e la sete di santità in Nostro Signore

Vediamo adesso in che consiste questa fame e sete di santità, dapprima in Nostro Signore, pòi in noi stessi.

LA FAME DI GIUSTIZIA g9

La fame e la sete sono bisogni « irresistibili », violenti, che esigono naturalmente di essere soddisfatti. :' "

La fame e la sete: sonoin più dei bisogni sempre « rinnovante'si ». Quand'essi sono stati soddisfatti, ce ne liberiamo per qualche ora, ma poi ritornano e vogliono di nuovo essere appagati.

Infine si prova un certo ^piacere » fisico, naturale a soddisfarli; è il gusto di fare un buon pranzo, di mangiare del pane quando si ha fame.

Sono questi i tré caratteri della fame e della sete: queste parole di Nostro Signore non furono dette senza fondamento.

Consideriamo adesso questo bisogno di santità, di giustizia in Nostro Signore Gesù Cristo che è il modello di noi tutti.

Egli si è servito espressamente di queste due parole, famfe e sete, per caratterizzare il suo stato d'animo, la fortezza con la quale si dava alla Sua opera. .

Quando i Suoi discepoli, dopo averlo lasciato presso il pozzo di Giacobbe, ritornano e lo "solle-, citano a prendere un po' di cibo. Egli dice: «Io ho mangiato un cibo che voi non conoscete » (Giov. 4, 32), un alimento invisibile, immateriale. Egli poi spiega la natura di questo cibo: «Mio

70 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA, CRISTIANA

cibo è di fare la volontà del Padre mio e di compiere sino in fondo l'opera Sua » (Giov. 4, 34). Ecco il suo bisogno irresistibile, sempre rinascente, che soddisfa con piacere ma che lascia posto a nuovi appetiti. Non c'è parola più forte: la volontà del Padre suo che è il suo cibo, il suo alimento necessario quotidiano. Egli non ne ha avuto altro. L'Apostolo ci dice: «Entrando nel mondo. Egli dice: Eccomi, Padre, per compiere la Tua volontà » (Ebr. 10, 5). E partendo da questa vita, ripete tré volte: « Non la mia volontà, ma la tua. Padre » (Mar. 14, 36 e ss.). Cristo non ha fatto un passo senza proporsela, era di ciò che aveva fame.

In tutto il Vangelo si parla anche del calice di cui Nostro Signore aveva sete: una prima volta quando Egli annuncia la sua Passione e morte, rispondendo a Giacomo e Giovanni che chiedono di aver parte alla Sua gloria: « Potete bere lo stesso calice che berrò ? » (Mar. 10, 38). Al momento del Suo arresto nel Getsemani Gesù dirà a Pietro:

«Forse che non berrò il calice che il Padre mio mi diede?» (Giov. 18, 11). Nella Sua agonia, ritroviamo questo calice, il calice della volontà del Padre. Durante tale prova, Nostro Signore ha un primo movimento di' repulsione, di tristezza, di angoscia dinanzi a questo calice: «Se è possibile, Padre, che questo calice si allontani da me—A E

LA FAME DI GIUSTIZIA J\

pertanto Egli era venuto per berlo: ma si riprende subito dicendo: «Non la mia volontà, o Padre, ma la tua » (Mar., 14, 36), e l'accetta (Mar., 14, 36). Sulla croce. Egli dice questa parola incomprensibile: «Sitio». Egli ha sete sempre dello stesso calice. Si crede di accontentarLo dandoGli da bere, ma non vuole quella bevanda. Accanto al pozzo di Giacobbe, aveva detto Ja stéssa parola: «Debbo bere un'acqua che voi non conoscete » (Giov., 4). Egli ha sete di questo calice di amarezza, di sofferenza che deve subire per salvarci. E quando ha bevuto sino alla feccia, può dire: «Cónsuia-matum est». Tutto è compiuto. Ho bevuto il calice sino in fondo, non mi resta che dare la vita.

Nostro Signore aveva fame e sete di questa santità, del compimento della volontà del Padre, e in special modo di quella che voleva la sua morte, il suo sacrificio per riparare 1 ingiuria fatta alla santità di Dio e risantificare l'umanità. Ecco Nostro Signore di fronte alla fame e alla sete di giustizia, all'urgenza imperiosa di santità, a questa santificazione attiva delle nostre anime dove Egli ha trovato la consumazione della sua opera.

Ili - La fame e la sete di giustizia i» noi

Che dobbiamo fare per avere anche noi fame e sete di santità?

72 LO SPIRITO SANTO 'NELLA VITA CRISTIANA

Bisogna che questa fame e questa"~setesianò\ in noi allo stato irresistibile. Se abbiamo dei buoni desideri, un po' di buona volontà, ma in modo intermittente debole, non raggiungeremo che risultati modesti, sufficienti forse per salvarsi, per^, condurre una vita religiosa onorevole, ma non per avere una vita cristiana veramente seria, generosa, consapevole: una vita religiosa piena, con tutta la profondità e lo sviluppo che da essa derivano. Lo spirito di Fortezza ci viene in aiuto ispirandoci la fiducia prodotta dalla comunicazione della sua propria fortezza, e l'attività dominatrice, che è come qualche cosa del suo desiderio di santità.

L'Apostolo dice: «La carità, l'amore di Gesù Cristo ci spinge» (2 Cor., 5, 14). Essa è in noi allo stato di bisogno violento, non ci lascia tranquilli:

ed abbiamo da fare, per amare Dio al di sopra di tutte le cose e compiere continuamente con ardore la Sua volontà. E' questo il sentimento ispirateci dallo Spirito Santo, il quale dandoci la Fortezza, ci da pure i suoi appetiti.

E' frequente'fra i'santi questo stato di fame della santità. Possiamo osservarlo in modo notevole in Santa Caterina da Siena. La sua fame di santità è straordinaria, tanto nella sua vita contemplativa-che nell'attività! Semplice fanciulla, ella avvicina le società più disparate e sale persino

LA FAME DI GIUSTIZIA 73

sul patibolo per sostenere un criminale; andrà ad Avignone e pur in mezzo a queste azioni esteriori, ella persegue nel suo interno la santità sino alla compiutezza più consumata. Ella avrà il timore, lo scrupolo perfino, il dolore amaro della minima colpa che potrà sfuggirle: uno sguardo distolto un'istante su un fratello che passava... Ella ha sentito il bisogno irresistibile della perfezione assoluta, perfetta.

Questo bisogno irresistibile deve anche essere in noi sempre rinascente. Certe anime hanno talvolta di questi nuovi ardori che le infiammano per qualche tempo. Poi succede che, cambiato il momento, le circostanze e l'ambiente, esse credono di essere autorizzate a lasciar spegnere il loro fervore. Non è di tale specie la fame secondo lo Spirito, ma si rinnova sempre ed è perseverante:

« Facendo il bene non abbiamo debolezze, non stanchiamoci mai », dice S. Paolo (II Tess., 3, 13). Che nell'intimo siamo lieti o tristi, che tale o tal'al-tra passione si sollevi, che le influenze esteriori siano per noi di consolazione o di afflizione, l'anima che possiede la fortezza dello Spirito Santo rinnova sempre la sua fame e la sua sete; ella rimane la stessa, perché non si appoggia sulle sue forze, ma sulla fortezza di Dio che le viene comunicata dallo Spirito Santo.

74 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Potremmo fare qui il nostro esame di coscienza. Le negligenze, i torpori, le inconstanze che ci impediscono di fare il bene a fondo, in una maniera continua, dimostrano che non abbiamo sufficiente fame di santità. Lo Spirito Santo può darci questa fame, poiché abbiamo in noi il dono della Fortezza, che ha per compito di produrla. Da noi stessi non potremmo averla; ma tendiamo la vela, apriamo il cuore, esponiamoci all'azione dello Spirito Santo, perché ci comunichi questa forza irresistìbile e sempre uguale a se stessa.

Infine, questo bisogno, avendo tutte le proprietà della fame, se soddisfatto, ci da anche gioia. Quando ci siamo sforzati per seguire l'ispirazione dello Spirito Santo, quando raggiungiamo una certa continuità nell'opera di Dio o compiamo qualcosa di più difficile, proviamo una contentezza intcriore. L'anima ha compiuto un sacrificio, uno sforzo, si sente pacificata, la sua fame è per un certo tempo appagata.

E' così che Santa Caterina, dopo uno sforzo che richiedeva maggior sacrificio, quando per esempio, curando una lebbrosa, aveva fatto uno sforzo supremo per superare il disgusto e dedicarsi a colei che la perseguitava, sentiva la sua fame di santità appagata come dopo un pasto magnifico. Ella si sentiva felice, e Nostro Signore, apparendole, espri-

LA FAME DI GIUSTIZIA 75

meva il suo contento, sanzionando in tal modo quello stato di pace nel quale essa era entrata. Al termine di una giornata nella quale abbiamo compiuto con grande cura il nostro dovere, siamo come nutriti della volontà di Dio, ci sentiamo pacificati, tranquilli; è la gioia spirituale promessa a coloro che si sforzano di compiere la volontà di Dio.

Poiché tale è la situazione e che lo Spirito Santo vuole aiutarci, non dobbiamo che invocare il suo aiuto, metterci sotto la sua mozione, ed Egli ci darà questa fame e sete di giustizia. Ed ecco che in maniera semplicissima, noi risolveremo una quantità di problemi e supereremo infinite tentazioni che si presentano sotto la forma delle tré concupiscenze. Sotto l'impulso dello Spirito Santo, era sufficiente la paroletta « Poco », dal punto di vista della povertà, per distaccarci da tutto. Così, nei confronti della santità, ispirandocene la fame e la sete, lo Spirito Santo ci darà una specie di intuizione, di sensibilità, di senso divino col quale cammineremo, sapendo sempre come comportarci dinanzi ai diversi doveri od ostacoli.

Bisogna tuttavia guardarci dalle illusioni. Vi sono delle persone, alle quali l'immaginazione da una fame di santità fittizia, che non è secondo lo Spirito, ma secondo il loro gusto, e che perciò

76 LO SPIRITO SANTO NELLAVITA CRISTIANA

diventano dei tiranni per gli altri. La vera fame di santità non fa mai di questi errori e allo stesso modo l'illuminazione non è mai contraria alla prudenza e all'obbedienza. Non dobbiamo mai crederci autorizzati dallo Spirito Santo ad una fame di santità personale, per esempio, a un amore intransigente per un'osservanza, una mortificazione, e ciò contro l'autorità, la Regola, la prudenza. Eliminiamo queste cose, conserviamo ciò che è buono. « Sappiate discernere gli spiriti, diceva S. Paolo, ritenete il buono » (I Tess., 5, 21). La reale docilità all'azione dello Spirito Santo ci condurrà lontano, — grazie all'ampiezza del campo dell'ob-bedienza e della prudenza, — molto lontano nella perfezione, nella santità del compimento della volontà di Dio.

IV - Pratica

Consideriamo adesso più da vicino quello che ci ispira la fame di santità, questa fame che ci viene dallo Spirito Santo.

a) - Lajame e la sete della dottrina divina. -E' attraversò questa via che il vero Dio si rivela a noi, che si fa conoscere per-farsi amare. Questa dottrinai racchiusa dapprima negli insegnamenti

LA FAME DI GIUSTIZIA 77

del Nuovo Testamento e nella dottrina della Chiesa. Alcuni santi hanno meditato con lo Spirito divino sulle parole di Dio e ce le trasmettono con la luce da,essi acquistata e ancora ricche dell'emozione da essi provata. Tale dottrina ci fa conoscere Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, la Sua vita divina, la carità con la quale il Padre manda il Figlio suo. Nostro Signore, con la sua duplice natura, il suo Cuore adorabile, organo dell'amore sostanziale di Dio, i fatti della sua vita che manifestano in parte la santità del Padre; il dramma della Redenzione di cui siamo causa, lo Spirito Santo con le sue bontà, le sue attenzioni, il suo influsso, la Chiesa, la liturgia, gli scritti dei dottori e dei santi, e specialmente il nostro Credo:

ecco il nutrimento della contemplazione e della carità vera che secondo la misura della sua istruzione trova il vero Dio. Se abbiamo un po' di tempo nutriamoci di questo cibo; ed anche se ci sentiamo stanchi, nutriamocene ancora col ricordo. Meditiamo i misteri del Rosario che racchiudono la quintessenza della dottrina della rivelazione. Questo cibo è santificante.

b) - La fame e la sete dei sacramenti. E' per mezzo di questi che riceviamo o rinnoviamo la grazia divina.

7g LO SPIRITO SANTO NELLA' VITA CRISTIANA

Fame e sete della penitenza, che deriva direttamente dalla croce. Tutte le volte che ci accostiamo a questo sacramento siamo dinanzi alla croce, ed è Nostro Signore stesso che dall'alto della croce, per mezzo della mano del sacerdote, ci da questo cibo della grazia speciale che è la fortezza contro il peccato.

Fame e sete della Messa, nella quale c'è la presenza reale di Nostro Signore nel suo stato d'immolazione. Quale nutrimento per la partecipazione alla santità ! Fame e sete della Messa nella quale giungiamo sino a ricevere nel tabernacolo del nostro corpo, questo pane, l'Ostia del Calvario bruciante degli atti d'amore del Figlio di Dio. Che accrescimento di grazia santificante ci viene in tal modo comunicata ! « Io sono il pane di vita» (Giov., 6, 48), ha detto Nostro Signore. Se vogliamo condurre una vita santa, che conduca a Dio, abbiamo fame di questo pane; in esso è l'alimento, la sorgente, la manna nascosta. « Ho fame», diceva semplicemente santa Caterina, e il beato Raimondo capiva, ed andava a cercare l'Eucaristia. Se talvolta le nostre comunioni sono tiepide, tormentate, è perché abitualmente non abbiamo abbastanza fame. La nostra fame dovrebbe essere sempre irresistibile. Che potremmo desiderare di più, se possediamo Colui che i Beati posseg-

LA FAME DI GIUSTIZIA 79

gono quando Lo contemplano faccia a faccia e si nutrono di Lui ? Dovremmo vivere tutto il giorno della comunione del Corpo del Signore, come pure del desiderio di riceverLo ancora.

e) - La fame e la sete della volontà di Dio. -Noi siamo inquadrati dalla volontà di Dio, la quale si presenta a noi sotto la forma della Regola, delle obbedienze che ci vengono comunicate, delle ispirazioni della coscienza... Ma noi non sappiamo riconoscerla. Vediamo solo l'occupazione tale o tal'altra che ci piace o no, la tal persona, contrarietà, prova della vita comune... esse invece sono volontà di Dio. Se avessimo fame di giustizia, come Nostro Signore, accoglieremmo queste occasioni di inquietudine, di prova, come un cibo sostanzioso capace di appagarci. Lo Spirito Santo può illuminarci per correggere le nostre vedute nei dettagli. Durante la vita nascosta, Nostro Signore, nei suoi viaggi, nelle sue azioni, occupazioni, conversazioni, poteva facilmente incontrare occasioni di urto, di pena; ma erano il suo cibo, perché in esse era la volontà di Dio ch'Egli vedeva in ogni cosa piccola o grande.

Quando Dio vuole per noi la prova, la sofferenza, è questa la sua volontà. Le sofferenze sono penose e l'impressione naturale prodotta in noi

gQ LO SPIRITO SANTO NELLA VII A. CRISTIANA

da queste messaggere del Buon Dio è un'impressione di contrarietà, di disgusto; si geme su di sé, si vorrebbe sottrarsi. Un'anima forte riconosce in esse la volontà di Dio. Santa Teresa non concepiva una vita senza sofferenza: « O soffrire, o morire », diceva.

La fame delle sofferenze è difficile, eroica; non solo accettarle, ma desiderarle, è un effetto ben evidente del dono di fortezza. Ve ne sono di queste anime le quali chiamano le infermità, misericordie del Signore. Esse vedono nelle sofferenze una più intima associazione alle sofferenze del Salvatore ed esse le desiderano con ardore. Tutto ciò è al di sopra delle nostre forze, ma lo Spirito Santo può ispirarcelo; perché non domandar-Glielo?

d) - La fame e la sete delle anime. - E' questo un altro cibo che ci viene proposto.

E dapprima le anime delle persone che ci sono più vicine. Sono anime che Dio ama, e di cui vuole il bene. Esse hanno le loro lacune, le loro debolezze, come noi abbiamo le nostre. Tuttavia Dio si compiace in esse, vuole santificarle, perché vede innanzi tutto il loro bene. Noi pure dobbiamo entrare nelle mire e nella volontà di Dio, reprimere ogni sentimento cattivo, amaro, e alimentare

LA FAME DÌ GIUSTIZIA

in noi sentimenti di bontà, di misericordia, servendole in ogni modo, per aiutarle nel lavoro della loro santificazione.

In seguito, le anime dei disgraziati che hanno bisogno di noi; bisogna vederne l'anima, la volontà di Dio su di essa, la presenza misteriosa di Gesù Cristo nel povero e nel malato. Diamoci a ciò, con sempre maggior slancio e con la nostra instancabile dedizione alle miserie del corpo, portiamo a Dio le anime alle quali ci invia o che Egli stesso ci manda.

Abbiamo quindi parecchie occasioni di provare e di soddisfare questa fame e questa sete di santità, che nel Vangelo ci è data come una beatitudine e che nasce dall'attività del dono della Fortezza.

Abbandoniamoci completamente al soffio divino, che ci darà la forza, la fiducia, l'attività vittoriosa e il cui segno in noi sarà la fame della santità, la sete della volontà divina. Non temiamo di spingere all'estremo questa fame nei limiti della prudenza; lo Spirito Santo è con noi per condurci sino alla verità, alla giustizia, alla santità. Il nostro lavoro di consenso, anche se richiede dei sacrifici, sarà ricompensato, poiché sta scritto nel Vangelo « beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati » (Mar., 5-6).

CAPITOLO QUINTO IL DONO DELLA PIETÀ'

« Dio ha messo in noi lo Spirito di Suo Figlio che grida in noi:; .Padre » (Gai;, 4, 6).

Il terreno è già sgombrato, grazie al soffio dello Spirito di Dio. Per lo Spirito di Timore, la nostra vita si è già liberata dalle tré concupiscenze, ciò che era il desiderio profondo della nostra vita religiosa. Per lo Spirito di Fortezza che produce in noi la fame e la sete di santità, eccoci potentemente armati per fronteggiare i nostri doveri quotidiani e gli ostacoli che incontriamo nel loro adempimento.

Lo Spirito ora ci muove di nuovo, per stabilirci nella pace, non più nel nostro èssere ulteriore e precisamente nei confronti delle nostre concupiscenze o dei nostri doveri personali, ma nei confronti degli altri. Egli ci stabilisce nella pace, ed essendo in pace, non avremo altra preoccupazione

84 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

che di elevarci più in alto, al vertice della vita intcriore con Dio.

/ - Definizione della Pietà

Questo nuovo-tocco dello Spirito è il dono della Pietà. Questa produrrà il suo effetto sul terreno delle nostre relazioni con gli altri.

Generalmente è la virtù 'della giustizia che ci stabilisce in questa pace e armonizza i nostri atti col diritto altrui: per essa, noi diamo a ciascuno il suo. La giustizia non è tutto: vi è pure la carità. Ma la giustizia è il fondamento della vita sociale, e, trasportata nell'ordine soprannaturale, essa è il fondamento della vita della Chiesa e del mondo. Questa è una delle ragioni per cui diciamo di un santo che è giusto; egli non deve niente a nessuno, ha pagato tutto, è stato giusto nei confronti dei diritti altrui, compresi quelli di Dio.

Fra i diritti che incontriamo, ve ne è uno, infatti, che è il diritto supremo: il diritto di Dio. Dio è il nostro Creatore, senza il quale non esisteremmo. Egli ci conserva, è il Padrone della nostra vita, il nostro sovrano Benefattore, i suoi diritti sono i primi. Ecco perché vi; è nella virtù della giustizia una parte principale, la religione,

IL DONO DELLA PIETÀ' g5

con la quale nei limiti del possibile, rendiamo giustizia a Dio stesso. Ai giorni nostri, si crede di essere giusti senza rendere giustizia a Dio. Errore ! La virtù della religione è la virtù principale.

Fra i diversi aspetti di questa virtù ve n'è uno che ha qualcosa di particolare, di dolce: è la pietà. Essa è una parte della virtù della religione, con la quale rendiamo giustizia a Dio dandoGli la devozione, la preghiera, il sacrificio, il digiuno, l'astinenza, il rispetto, il culto, tutto l'insieme dei doveri con i quali Lo riconosciamo come Sovrano Signore. La pietà pone un accento di tenerezza nella religione perché rivolgendosi a Dio Lo considera Padre. La pietà va oltre la religione naturale ordinaria; essa non vede i diritti del Padrone, del Signore, ma quelli del Padre; è una religione che ha (del) cuore. Non si paga il proprio padre come si paga un'altra persona; nei riguardi di un padre non si pratica la giustizia con ciò che essa ha di più rigido e indifferente verso le persone. Pur rendendo a Dio ciò che Gli è dovuto, tanto come cristiani, con la preghiera, l'assistenza alla Messa, l'uso dei Sacramenti, che come religiosi, con l'adempimento degli esercizi promessi, l'osservanza della Regola, non si è fatto ancora tutto! Un figlio non è mai in regola con suo padre, perché il cuore lo spinge a dargli sempre più-onore e culto; allo

g6 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

stesso modo la religione deve essere sovrabbondante. La pietà è il cuore della religione.

' -^""r - ' ' .

II - II dono della Pietà

Lo .Spirito divino prende possesso proprio di questo cuore della religione, e là con una nuova ispirazione, ci tocca nel profondo del nostro essere per animarci dello Spirito di Pietà.

a) - Lo Spirito di Pietà in Nostro Signore.

Quando si parla dello Spirito di Pietà, un'immagine sorge in noi, quella del Figlio diletto del Padre. La cosa più originale e veramente nuova del Vangelo, è la rivelazione della paternità divina. Anche nelle differenti religioni si trova una certa conoscenza di questa paternità, ma Nostro Signore ha sentito profondamente e in una maniera unica questo sentimento dei figli verso il padre. In ciò niente di straordinario, essendo Egli il Figlio consustanziale del Padre. Tertulliano ha detto che nessuno è più madre, di Dio. Nessuno possiamo dire noi, è più figlio di Nostro Signore.

Lo Spirito di Pietà appare già in Nostro Signore quando, dodicenne, risponde ai Suoi genitori che Lo cercavano : « Non debbo forse occuparmi delle cose del Padre mh ? » (Lue., 2, 48). Tutta la

IL DONO DELLA PIETÀ' §7

Sua vita è in questo programma. Egli riconosce il potere di Maria e di Giuseppe : « Egli era ad essi sottomesso»; ma quando si tratta del Padre suo, non conosce che Lisi.

Abbiamo innumerevoli tratti del cuore filiale e pio di Nostro Signore. San Matteo ci riporta questa bella preghiera, che sembra provenire da San Giovanni, tanto ha u-n carattere di intimità:

«Ti ringrazio, Padre, di avere nascosto queste cose ai superbi, e di averle rivelate agli umili-Così è. Padre, perché così a Tè piacque... Ogni potere è stato dato a me dal Padre mio... Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio l'ha rivelato... Venite, voi tutti che siete oppressi, ed io vi solleverò. Il mio giogo è dolce e il mio fardello leggero» (Mat., 11, 25-30).

Quale effusione! Ita, Pater; Sì, Padre! E' l'espressione che meglio traduce la relazione del cuore di un figlio col padre. E la seguente che ne è il commento: «Faccio sempre ciò che a Lui piace » (Giov., 8, 29). « Sì, Padre, perché ciò ti piace». Si^constata anche-questo culto di Nostro Signore per il Padre suo nel discorso della montagna, che è come l'introduzione al Vangelo della dottrina di Nostro Signore. Il nome del Padre vi appare continuamente. Cristo promulga la nuova legge, ma l'annunzio principale è la paternità di-

g8 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

vina : « Siate perfetti come il Padre vostro celeste è perfetto» (Mat., 5, 48). Questo Padre che fa brillare il sole sui buoni e sui cattivi, piovere sui giusti e sugli ingiusti. Si tratti della preghiera, d'insegnare la maniera di digiunare o di fare l'elemosina: tutto si fa per amore del Padre, per pietà filiale: « Nascondetevi nel Padre ». Inùtili tante parole, « II Padre sa ciò di cui. avete bisogno » ;

nessuna ipocrisia, « II Padre che sta nel segreto vi ricompenserà » (Mat., 6, 6-8, 18).

Il Verbo è lo Splendore del Padre, non vive che riflettendoLo; Egli ne riceve la sostanza e Gliela rimanda come un'immagine della perfezione del suo volto. Sono queste perfezioni che si traducono nell'umanità di Nostro Signore con tali accenti filiali.

Nel discorso dopo la Cena, Nostro Signore dice ancora : « Filippo, chi mi vede, vede anche il Padre mio» (Giov., 14, 9). E dice pure: «Quando faccio qualche cosa non sono mai solo... Il Padre è con me» (Giov., 16, 32). Nella ^preghiera sacerdotale, si avverte un tono ancora più filiale, pieno di fiducia, di abbandono, di rispetto. Nostro Signore è in rapporti intimi col Padre suo, rapporti di rispetto, rapporti d'amore; Egli compie continuamente la volontà del Padre: il Padre è l'orizzonte del Suo pensiero, non l'abbandona mai

IL DONO DELLA PIETÀ' §9

Nella parabola del figlioì prodigo. Egli ci descrive questo Padre : come un cuore pieno di pietà, di misericordia, di un'infinita condiscendenza. Infine ci ha' lasciato come un testamento del suo cuore filiale, nella preghiera che ci ha ordinato di dire: «Padre nostro che sei nei cicli». Egli vuole che in Dio consideriamo solo ciò che Lui stesso vi vede: la Sua; paternità. Quest'appellativo di Padre è presente in ogni richiesta del « Poter », bisognerebbe ripeterlo ad ognuna : « Padre, venga il Tuo regno; Padre, sia fatta la Tua volontà;

Padre, dacci oggi il nostro pane... Padre, perdonaci... » E' il grido del cuore di Nostro Signore, ed Egli vuole che sgorghi anche dal cuore dei suoi figli.! Ecco la grande rivelazione della paternità divina.

b) - Lo spirito di Pietà in noi.

Ecco in che modo, però, potremo avere un cuore simile a quello di Nostro Signore: Lo Spirito Santo è lo Spirito del Verbo, lo Spirito di Nostro Signore. Quand'Egli ci promette lo Spirito Santo dice : « Non farà niente da sé, dirà tutto quello che avrà udito. Egli riceverà del mio, e con questo mio vi evangelizzerà, vi annunzierà ciò che ho detto » (Gioy., 16, 13-14). Egli riceverà del mio; che :cosa? Evidentemente ciò che vi è di più

90 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

intimo, di più « suo » in Nostro Signore, il senso della paternità di suo Padre: la sua Pietà. Ecco ciò che riceverà lo Spirito per comunicarcelo.

Lo Spirito di Pietà trae, dunque, la sua origine dall'invio fattone da Nostro Signore. Figli di Dio rigenerati, abbiamo a nostra disposizione lo Spirito del Figlio suo, che ci ha inviato e che grida in noi, come grida nel profondo della sua anima:

«Abba, Padre». L'apostolo ci da questa parola familiare nella lingua siro-caldaica usata da Nostro Signore, per conservarle, indubbiamente, con la lingua, l'accento intraducibile che aveva sulle sue labbra. ''

Ecco che cosa è il dono della Pietà, dove trae la sua origine, in chi trova il suo modello, e quale è la sua azione specifica: Formare nell'intimo delle nostre anime il dolce nome del Padre celeste, con qualcosa dell'accento messovi da Nostro Signore nel pronunciarlo.

Ili - I-,'opera del .dono di Pwtà

Raggiungiamo'qui i nostri doveri ordmari, ma dall'alto, con la semplicità dei mezzi divini. Abbiamo già detto che il desiderio di povertà è messo nel nostro cuore dallo Spirito Santo, che vi irn-

IL DONO DELLA PIETÀ' 0^

prime questa paroletta: «Poco». La Fortezza vi è deposta col sentimento semplice della fame di santità: «Ho fame». La Pietà ci verrà inspirata con questa breve carolai Abba, Padre, formata nel nostro cuore dallo Spirito Santo.

Una piccolissima moneta, se è in metallo prezioso, può equivalere ad un lingotto di bilione. Un solo diamante può avere un valore superiore ad una quantità di pietre meno preziose. Con questa semplice parola dataci dallo Spirito Santo nel-l'ispirarci la pietà, con questo nome di Padre, abbiamo l'equivalente, e più, di tutta la religione. La virtù della religione nasce per intero in uno stato superiore in colui che, sotto l'ispirazione dello Spirito di Pietà, concepisce e onora Dio come Padre suo.

Con l'ordinària virtù della religione, noi ci diamo alla pietà in una maniera sincera, ma laboriosa. Riempiamo le nostre giornate con pii esercizi; per ciò che concerne il culto di Dio, compiamo i nostri doveri a suo tempo, con l'attenzione, l'atteggiamento, i gesti; il -tono voluti. Questa maniera è meritoria e indispensabile; essa è il fondamento stesso della nostra vita cristiana, ma è penosa, piena di ostacoli, senza parlare delle distrazioni, dei torpori, delle negligenze, delle preghiere abbreviate, dette troppo in fretta, ecc... E

92 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CSISTWA

tuttavia vi mettiamo tutta la buona volontà. Ah! se lo Spirito Santo ci desse qualcosa del Figlio diletto del padre, di quell'amore, di quell'accento penetrante che Egli metteva in tutto ciò che faceva per il Padre suo; se nel nostro spirito Egli mettesse il Suo Spirito di Pietà, che era l'anima della Sua vita, noi ritroveremmo facilmente e ameremmo dall'interno tutto quello che facciamo con fatica. La preghiera non ci costerebbe, vi andremmo incontro! La durata degli esercizi? ma in essi ci sentiremmo in intimità col Padre nostro! I vari doveri, l'ufficio comune, le chiamate alla preghiera, che vengono ad interrompere il corso delle nostre occupazioni?... Noi saremmo preparati a tutto, già offerti da un-cuore essenzialmente filiale!

Ecco ciò che può ottenerci lo Spirito di Pietà. Andremo dunque incontro a questo Spirito con un amore di Dio sempre più vittorioso, più sovrano e più intimo. In questo amore troveremo la sottomissione, la •docilità alle mozioni dello Spirito, il quale potrà così formare, impastare il nostro cuore sul modello, Nostro Signore, e farne un cuore di figlio attento alle cose del Padre suo. Ecco come potremo rinnovare la nostra pietà dall'interno. Ma il dono della Pietà esiste già in noi per il Battesimo, con la grazia santificante, Ce ne

IL DONO DELLA PIETÀ' 93

serviamo, talvolta;: nell'orazione, m un momento di grazia, ci raccogliamo sotto l'illuminazione divina, ci appartiamo in faccia al Padre nel segreto di noi stessi, e^ogni tanto la sua figura paterna s'illumina e ci viene rivelata. Si tratta allora di avere una docilità e una prontezza maggiore.

Nella misura in cui noi stabiliremo questo culto inispirilo e verità, saremo sempre meno soddisfatti delle formule, dei doveri compiuti con negligenza. Troveremo nel profondo della nostra preghiera il senso della paternità, sull'esempio di Nostro Signore: allora risponderemo alla nostra vocazione, saremo veramente e interamente delle anime religiose.

La virtù della religione è, dopo le virtù teologali, la nostra virtù principale: essa ha per compito di farci mettere in pratica le ispirazioni delle virtù teologali. Suo esercizio è la lode di Dio, ma niente nella nostra vita sfugge al suo spirito, tutto ciò che facciamo è per la gloria di Dio. Essa è il cuore del nostro spirito; mettiamoci questo senso della divina paternità, della bontà, della benevolenza di Dio come ce lo ha rivelato Nostro Signore. ; •

Abbiamo il culto particolare di questa illumi-nazione dello Spirito Santo che ci infonde (oppure trasmette) il senso della paternità; cerchiamo di

94 £0 SPIRITÒ SANTO NELLA VITA CRISTIANA

non essere più tanto attivi, ma più passivi; desideriamo con amore di ricevere da Nostro Signore « del Suo», stabiliti nella docilità, e il nostro cuore sarà trasformato dal sentimento filiale. Poi andiamo con gioia a tutti i nostri doveri di religione.

IV - II suo irradiamento

a) - Lo Spinto di Pietà e la fraternità umana.

La pietà non semplifica solamente il lavoro della virtù di religione, semplifica anche i nostri rapporti con gli altri. Se abbiamo il senso della paternità divina, considereremo gli altri (gli altri, parola così dura) come fratelli, come figli diletti dello stesso Padre celeste.

Nella pietà c'è l'amore fraterno, dice l'Apostolo (II Pietro 1, 7). Nel senso della Paternità universale di Dio su tutti i suoi figli è racchiuso il senso della fraternità. Nei nostri rapporti con gli altri, avremo allora la stessa dolcezza, la stessa tenerezza che nei rapporti col Padre. La giustizia da sola è rigida, essa dice: prendi ciò che ti appartiene e vattene; è giusto ma duro. Essa s'intenerisce, però, e diventa amorosa quando coloro ai quali si rivolge le appaiono come i figli di uno stesso Padre. La pietà adolcisce le relazioni sociali.

a DONO DELLA PIETÀ' 95

Essa mette interamente la pace con tutti e con Dio e ve la mette con abbondanza.

Liberi ormai da ogni preoccupazione nelle nostre relazioni con i diritti altrui, come nei confronti delle concupiscenze personali, avremo in tal modo la pace, e potremo liberamente « volare verso Dio» come dice la Imitazione, dedicarci alle cose divine, innalzarci alle altezze della contemplazione.

b) - L'estensione della paternità divina.

Un irradiamento speciale dello Spirito di Pietà si estende a tutti coloro che partecipano alla paternità divina. « Piego le ginocchia dinanzi al Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, dal quale prende nome e deriva ogni paternità in ciclo e sulla terra » (Efes., 3, 14-15). San Paolo vede qui in ciclo e sulla terra una'estensione della paternità divina:

essa è dappertutto dove si può pronunciare il nome di Padre.

In cielo: non diciamo certo a Nostro Signore e allo Spirito Santo.; Padre Nostro. Tuttavia essi sono Padre in un certo senso, per il fatto che sono col Padre un solo Dio, un solo Creatore, un solo Benefattore. Tutto questo è già in ciclo un'estensione della paternità. L'irradiamento di tale paternità, si. estende anche ad alcuni santi: in primo

96 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA 'CRISTIANA

luogo alla Santa Vergine. Non diciamo la «paternità » della Santissima Vergine, ma la « maternità», che è universale. Ella partecipa per prima alla paternità divina, ha diritto alla nostra pietà filiale, noi la chiamiamo: Madre di Misericordia, Madre della divina grazia... Il patriarca San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, san Domenico, Padre dell'ordine Domenicano, posseggono una paternità che è l'irradiamento della paternità divina. Il dono di Pietà ci ispirerà un accento filiale nei confronti di questi depositar! in ciclo della paternità divina: ovunque dove brilla un raggio di questa paternità, il culto che offriamo deve essere impregnato di questo sentimento.

Sulla terra: Vi è un irradiamento della paternità divina nella Chiesa, ed in particolare su colui che noi chiamiamo il Santo Padre, « Papa », ossia il Padre grande, tenero, amato. Vi è un culto filiale verso la Chiesa; ce lo ispirerà lo Spirito di Pietà. Non si possono dire pii coloro che non riconoscono, nella Chiesa, una Madre, e nel suo Capo, un Padre, al quale si deve uìi amore filiale. Perché così è avvenuto recentemente di persone anche devote le quali non trovando il Papa abbastanza patriota, emisero lamenti e recriminazioni. Le anime pie che hanno una devozione filiale al Papa, non hanno queste dimenticanze, esse ac-

IL DONO DELLA PIETÀ.' 97

cettano la sua autorità e tutto ciò che viene da lui, come da un Padre che possiede l'irradiamento del Padre celeste.

Più lontano ancora, i Superiori del nostro Ordine e tutti i Superiori ecclesiastici posseggono pure un irradiamento della paternità divina. La Regola ci dice: Obbedite ai vostri Superiori come a Padri o a Madri. La considerazione di questo irradiamento che è in essi, deve prevalere sulla giustizia che esercitiamo col rispetto, con l'obbe-dienza nei confronti dei Superiori; essa deve apportarci qualcosa di speciale. La nostra obbedienza verso di essi non dev'essere un'obbedienza qual-siasi, bensì devota, filiale, pia.

Vi è ancora una cosa, non più una persona, sulla quale si estende un irradiamento della paternità divina: la Sacra Scrittura, questa si presenta con l'autorità della Regola della nostra fede, specialmente il Nuovo Testamento e, realmente, essa ci nutre come un «Padre». Nella parola sacra. Dio Padre esercita verso di noi la Sua bontà paterna, mettendovi qualcosa di Sé. Dobbiamo dunque avere il più grande rispetto e amore per la Sacra Scrittura, non tanto con segni esteriori, come col bacio della pagina prima e dopo la lettura, quanto con una filiale docilità a seguirla. Coloro che l'hanno interpretata come una parola

9g: LO SPÌRITO SANTO nella VITA CRISTIANA

umana, dandole un senso personale, cercando di toglierle ogni diritto al nostro rispetto, hanno fatto un grande peccato. Dobbiamo ricevere le parole della sacra Scrittura, accettarle, acconsentire intcriormente ad esse con amore filiale, assimilarle perché diventino per noi una fonte di conoscenza, d'amore, di attività al servizio di Dio, cornea se noi ascoltassimo la voce stessa di nostro Padre.

CAPITOLO SESTO

BEATITUDINE DELLA MITEZZA O MANSUETUDINE

« Beati i miti perché possederanno la terra » (Mat., 5, 4).

L'attività del dono di Pietà si manifesta con l'ispirazione della mansuetudine. Vedremo adesso come avviene il raccordo fra il dono di Pietà e la beatitudine della mansuetudine. Questa trova la sua applicazione nelle relazioni con gli uomini, perche si può essere miti, e lo si deve essere, dapprima intcriormente, ma questa virtù deve poi riversarsi sugli altri.

/ - Giustizia, Pietà e Mansuetudine

Da che cosa sono regolate le relazioni col prossimo? Dapprima dalla y4rtu della giustizia che si

100 LÒ SPÌRITO SANTO NELLA-VITA ÉRÌSTIANA

stabilisce fra il dare e l'avere, che fa il pareggio fra i debiti e i diritti, e stabilisce in tal modo la pace. Quando abbiamo ricevuto quanto ci era dovuto, noi siamo in pace col nostro debitore. L'uomo, in quanto essere socievole, ha bisogno della giustizia, che gli permette d'intrecciare relazioni, fra commercianti per esempio, con mutui scambi. Questa virtù è estremamente utile perché vi siano buoni rapporti, e questi, come è stato constatato, possono essere eccellenti tra persone che la vivono nella pratica. Tuttavia, la giustizia ha qualche cosa non di ingiusto, ma di rigido per il fatto ch'essa non tiene conto delle persone; guarda solamente a ciò che è dovuto da una parte e dall'altra, fa il pareggio fra le cose, di modo che coloro che sono pagati non ne hanno alcuna riconoscenza, poiché si tratta di cosa convenuta. In tali condizioni le relazioni sociali non vanno molto lontano, e vediamo le classi divise, benché ognuno riceva ciò che gli è dovuto, perché dietro le relazioni di giustizia, non ci sono relazioni personali. Se anticamente si trovavano vecchi servitori affezionati alle famiglie, è perché c'era più carità, che ha una maggior attenzione verso le persone.

Il dono della Pietà viene dall'alto in aiuto alla nostra povera giustizia che, dal punto di vista della pace, è limitata, impotente. La Pietà ci fa

BEATITUDINE'DELLA MITEZZA O MANSUETUDINE •[Q'[

vedere e sentire in Dio il Padre. Non è difficile, però, rendersi conto che questo Padre è un Padre comune; non il Padre di ciascuno di noi individualmente, ma il Padre di tutti. Nostro Signore non ha voluto che, pregando, dicessimo: Padre mio, come diceva Lui, Figlio unico, ma Padre nostro, tutti insieme ; il « Pater » è una preghiera essenzialmente collettiva. Colui allora che ha il senso di questa paternità considera l'umanità come una grande famiglia i cui mèmbri sono uniti fra loro dal più stretto legame quello di primo grado:

figli di uno stesso Padre: non sono cugini, ma fratelli. Ciò è esatto, ed è per questo che la Chiesa si serve della parola: prossimo, poiché non si può essere più vicini.

Ora, è chiaro che le nostre relazioni sono più tenere, se vediamo un fratello in coloro con i quali abbiamo da fare, che incontriamo attorno a noi. In ogni relazione umana metteremo dolcezza e familiarità, come avviene tra i fratelli di una stessa famiglia, uniti sotto l'autorità del padre e della madre : la dolcezza vi regna nel fondo, nonostante tutte le piccole baruffe fraterne. L'irradiamento naturale della pietà che abbiamo verso il Padre, si rivolge anche ai figli. L'umanità è in tal modo animata dalla bontà degli uni nei confronti degli altri. Ed è solo da qui che può venire la soluzione

102 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

della questione sociale. Quando si avrà capita, colta, sperimentata, gustata la paternità divina e la filiazione comune nel Padre, i conflitti violenti spariranno tanto fra le nazioni, ;che fra le diverse classi della società.

Questo spirito di fraternità lo vediamo fra i primi cristiani: non erano che un cuore e un'anima sola; i pagani stupiti dicevano: « Vedete come si amano». E Dio ha conservato negli istituti religiosi come un centro dove persiste questo culto che è sparito dal mondo. Essi, in fondo, rappresentano ciò che era la comunità primitiva.

L'amore della fraternità procede dal sentimento vivo della paternità celeste. Un battelliere corso, vedendo scacciare dei poveri battellieri stranieri dalla costa, esclamava con indignazione: «E' forse bene affamare gli uomini che hanno bisogno di mangiare? Non sono forse dei corpi di Dio come noi ? » Quell'uomo, senza rendersene conto, aveva volgarizzato la parola di San Paolo: «Le diverse nazioni non formano che un solo corpo in Dio» (Ef., 3, 6). Allo stesso modo che noi diciamo: confratelli, san Paolo dice: « concorporales », corpi diversi in un sol corpo.

L'umanità forma una famiglia sulla quale riposa lo sguardo del Padre celeste. L'amore del Padre si estende a tutti gli uomini. « Egli fa spléfl-

BEATITUDINE DEÌ.W-MITEZZA O MANSUETUDINE \Q^

dere il sole sui buoni e suoi cattivi » (Mat., 5, 45). Dal punto di vista soprannaturale. Egli intende salvarli tutti, e benché alcuni Gli sfuggano, da loro la possibilità di salvarsi, volendo fare di essi i suoi figli prediletti, partecipanti alla sua natura, comunicanti con la sua propria vita. Tutta l'umanità è una sola famiglia, come un'unica pasta u-mana. Fra tutti i mèmbri deve regnare la mansuetudine. Dapprima nei cuori e nella sfera delle passioni proprie ad ognuno, come la collera, l'indignazione, i sentimenti violenti; poi nel trattare con gli altri, dando segni di bontà recìproca.

La Pietà ci da così il senso della Paternità divina e l'ispirazione della pietà muove alla mansuetudine. Il rapporto è chiarissimo.

II - La Mansuetudine, atto del dono di Pietà in Nostro Signore

Questo spirito di mansuetudine, lo troviamo nella sua pienezza, in Nostro Signore. Nessuna ha raggiunto un tale grado di pietà; nessuno è stato « più figlio » ; ma vediamo in che modo la sua pietà, il suo sentimento profondo della paternità divina si trasformano in una infinita mansuetudine: « Imparate da me che sono mansueto », Egli dice. Se c'è un comandamento suo, questi è pro-

1-04LO SPIRITO SANTO NELLA VITA. CRISTIANA

prio quello della carità: «Amatevi gli uni gli altri». La sua lezione personale, il suo esempio, è la mansuetudine: Imparate dal mio esempio, dalla mia persona, da « Me », da quello che dico, da ciò che faccio. Basta guardarLo per avere questa impressione di mansuetudine: è la sua perso-naiissima lezione. Indubbiamente Nostro Signore è stato giusto, lo zelo del Padre Suo lo divorava, e quando prese la frusta, nel tempio, fece opera di giustizia. Al di fuori, però, di queste relazioni con quelle anime cattive che erano i Farisei e gli Scribi, Lo vediamo infinitamente mite con gli altri uomini. Se Egli ha potuto dire : « Chi potrà accusarmi di peccato ?» (Lue., 4, 18), allo stesso modo può dire : « Imparate da Me che sono mansueto » (Mat., 11, 29) a coloro che Lo conoscono meglio; essi non potranno rimproverarGli nulla. Sin dal Suo ingresso nella vita pubblica, alla Sua prima manifestazione nella sinagoga di Nazareth, dice queste parole : « Lo Spirito di Dio è sopra di Me...», ed è per questo che «sono inviato da Lui a guarire coloro che hanno il cuore ferito, a rendere la vista ai ciechi, a riscattare gli schiavi » (Gio., 8, 46). Proprio perché lo Spirito di Dio è su di Lui, Egli possiede tale mansuetudine. San Mat-teo, vedendo in Lui questa mitezza. Gli applica le parole di Isaia: «Ecco il figlio mio... non farà

BEATITUDINE DELLA MITEZZA O MANSUETUDINE 105

sentire la sua voce... non griderà... non spegnerà il lucignolo che fuma ancora... non spezzerà la canna fessa» (Isaia, 43, 1-4; Mat., 12, 17-21).

San Paolo ha fatto l'esperienza di questa mansuetudine del Cristo nei suoi confronti, quand'era ancora empio, e pensa di essere stato trattato così, per essere un esempio della pazienza di Dio nella sua opera di formazione degli eletti futuri, ed era solito dire : « Ve ne supplico per la mansuetudine del Cristo ».

Cristo da un'impressione di mitezza, è l'immagine della mitezza. Non soltanto la sua vita è in armonia con Lui stesso, ma Egli vuole formare dei miti. « Vi mando, Egli dice, come agnelli in mezzo ai lupi» (Lue., 10, 3). Così era stato salutato a sua volta da Giovanni Battista : « Ecco l'Agnello di Dio » (Giov., 1, 29, 36). Egli manda i Suoi apostoli senza armi, senza apparato, affinchè essi conquistino il mondo con la mansuetudine. E difatti, se sono forti nell'affermazione della verità, quando si tratta della loro persona, i discepoli, come Santo Stefano, si lasciano condurre alla morte « con mitezza » : « Signore, gridò, non imputar loro questo peccato» (Atti, 7, 59), pare di sentire l'eco della Croce: « Padre mio, perdona loro». Ecco perché Nostro Signore non può sentire l'indignazione negli Apostoli. Giovanni e Giaco-

106 L0 SWBITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

mo vogliono attirare il fuoco del ciclo sulle città colpevoli di non averli ricevuti. Li canzona e d'ora in poi li chiamerà « figli del tuono » (Lue.., 9, 54;

Mare., 3, 17). :

Dappertutto, dunque, nel Vangelo troviamo il segno della mansuetudine. E ciò si capisce facilmente. Nostro Signore, nella sua divinità: ^stessa, nella sua anima umana, vedeva il Padre faccia a faccia; aveva d'altronde in Lui l'ispirazione dello Spirito Santo che dava alla sua anima umana il sentimento della paternità. Egli compiva allora questa missione di riconciliazione dei figli col Padre loro, alla quale era stato inviato dal Padre con un'intenzione estremamente mite. Egli vedeva in noi dei fratelli, dei figli del Padre, ed è con questo sentimento dolcissimo che si consacrava alla loro salvezza.

IH • Pratica della Mansuetudine

La mansuetudine di Nostro Signore è un modello che dobbiamo imitare. Molto spesso, tuttavia, troviamo nelle persone pie una vera miscono-scenza di questa mitezza evangelica. Nelle anime devote, troviamo una severità, un'amarezza, uno zelo forse, ma amaro, un'indignazione... tutto, il

BEATITUDINE DELLA MITEZZA O MANSUETUDINE }ffJ

contrario dello spirito di mansuetudine. E tali persone sono « pie », non trascurano una sola pratica devozionale; ma la loro pietà si cambia in veleno;

non è una vera pietà. La vera pietà deve commuoversi alla vista della paternità di Dio, poi riversare sugli altri qualcosa di questa tenera commozione. Se la pietà non è rivestita di mansuetudine, significa che essa non. arriva sino al cuore della religione. La religione non è un'insieme di pratiche, non si ferma agli oggetti, ma è dominata dal pensiero del Padre che sta nei cicli. La vera pietà si manifesta con qualche cosa di mite, di compassionevole, di buono verso gli altri; ed esige, all'interno, sentimenti, pensieri, un insieme di vita intcriore mite, in un dominio di sé che reprime l'indignazione, l'impazienza, la collera.

Se noi saremo fedeli allo spirito di Pietà che ci muove alla mansuetudine, riformeremo il nostro interno dominandoci per reprimere gli stimoli della natura : « La mansuetudine forma le persone che sono padrone di se stesse », dice san Tomaso (IIaIIae,q.CLVII,a.4).

Non bisogna seguire gli istinti, i pensieri che ci attraversano la mente presentandoci il prossimo sotto il suo aspetto ingrato. Dobbiamo essere capaci di reprimere ;un primo movimento di antipatia, di animosità, di violenza, di indignazione,

IQg LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

di collera, d'impazienza..., movimenti che si formano nelle anime che hanno delle passioni, e tutte ne hanno. Mettiamo ordine dentro di noi facendovi regnare la mansuetudine, la dolcezza che è l'applicazione del dono di pietà di cui siamo provvisti. Le persone che, pur essendo devote, hanno conservato un insieme di sentimenti naturali o cattivi che li eccitano contro il prossimo, hanno dentro di loro un focolaio antifraterno, ed ecco perché, malgrado le pratiche di pietà, esalano il loro fondo cattivo rimasto sotto questo rivestimento di pietà. Bisogna che la nostra pietà corregga dapprincipio l'interno. Nostro Signore dice che l'esterno non ha importanza « è dall'interno che escono i cattivi pensieri, i cattivi sentimenti » (Matt., 15, 11), e il resto. Non saremo miti verso gli altri senza questo calmo dominio di noi stessi.

Il dono di Pietà, muovendoci alla mansuetudine, ha dunque per primo effetto di distruggere questi cattivi focolai di asprezza e di amarezza e mettervi invece dei sentimenti dolci, e buoni verso tutti, affinchè possano felicemente irradiare all'esterno.

Allorché lo Spirito Santo ha soavemente compiuto questa pacificazione intcriore, ci spinge ad essere miti nei confronti degli altri, tanto interior-

SÉATÌTUDWS DELLA MITEZZA, o MANSUETUDINE 1[(^

mente che esteriormente, con l'espressione del viso, col tratto, col modo di fare, con le parole.

Il programma di San Paolo era « vincere il male col bene » (Rom., 12, 21). La scala della mansuetudine è, infatti, l'incontro col male. Trionfiamo sul male con la mitezza essendo « come agnelli in mezzo ai lupi». San Pietro diceva: «Siate sottomessi ad ogni creatura» (I Pietro, 2, 13). Se non affronteremo gli altri con l'atteggiamento di padroni che vogliono dominare, ed invece mettiamo nei nostri rapporti qualche cosa di rispettoso, di sottomesso, disporremo il prossimo allo stesso atteggiamento.

Ascoltate anche questo: « Reputatevi reciprocamente superiori gli uni agli altri » (Filip., 2, 3). Allora ci useremo considerazione, riguardi, amicizia. Quando ci si rivolge alle persone del popolo, si è portati a tenerle a distanza, a parlare loro con una certa condiscendenza, e non si riesce a conquistarne la simpatia. Bisogna radicarci in questa verità che siamo tutti mèmbri di una stessa famiglia: lo Spirito Santo ci ispirerà questa convinzione e la perfetta mansuetudine con la quale dobbiamo avvicinare tutti i nostri fratelli come figli del Padre celeste.

« Portate i pesi gli uni degli altri » (Gai., 6, 2). Siamo compagni di cammino, ciascuno col suo

H() LO SPÌRITO SANTO tIÈLLA VIVA 6tì.SflAVA

fardello: per gli uni, sofferenze intcriori o esteriori; per altri, lavoro difficile; sappiamo penetrare nell'intimo degli altri, portare le loro pene. Facciamolo verso coloro ai quali si rivolge il nostro apostolato. Facciamolo entro l'ambito delle nostre famiglie : qui, soprattutto, incontreremo dei fratelli e delle sorelle. Abbiamo questo spirito di fraternità che in questa sede deve essere esplicito ed ufficiale. Nei confronti di questo primo prossimo, esercitiamo lo spirito di mansuetudine che ci viene dall'ispirazione del dono di Pietà, poiché andiamo verso uno stesso Padre che vuole il bene di noi

tutti, in uno stesso amore.

Se facciamo queste cose, possederemo la terra. Non abbiamo forse tutti la grande ambizione di avere influenza, di governare le coscienze, di fruire della approvazione degli uomini, di possedere i cuori? Il grande mezzo è la mansuetudine. Gli Apostoli non ne hanno conosciuto altro e sono stati efficaci nella loro opera, avendo la guida dello Spirito Santo. La mansuetudine ispirata dalla pietà è onnipotente. Se vogliamo possedere la piccola terra della nostra comunità, oppure quell'altra terra che è il campo del nostro apostolato, o anche la buona fama nella nostra città, serviamoci della mansuetudine, è il mezzo efficace. Essa ci darà, non solo la terra di quaggiù, ma l'altra che ci at-

SeAWUDINE DELLA MITEZZA O ]^ANSUÈTut)lN£ ^

tende in alto (lassù). La „« Pietà », insieme alla mansuetudine che ci comunica, è utile a tutto;

ha la promessa della vita presente, la terra, e della vita futura, il ciclo.

Coloro, dunque, che avranno tenuto a freno le loro passioni intcriori con la mansuetudine che scaturisce dallo Spirito di Pietà, avendo il culto della paternità celeste e vivendo nella fraternità, irradiando dolcezza attorno a sé, avranno fin d'ora la « terra delle anime » e più tardi la terra dei viventi. La loro pietà, infatti, ha la duplice promessa della vita presente e della vita futura.

CAPITOLÒ SETTIMO IL DONO DEL CONSIGLIO

« Parla, Signore, il Tuo serva Ti ascolta » (Rè., 3, 9-10).

E' questa la parola che il giovane Samuele, su consiglio del gran sacerdote Eli, rispose al Signore che lo chiamava e, da quel momento, fu a sua volta un gran profeta. Tale parola ci introduce nel nostro soggetto: «il dono del Consiglio», che ci viene incontro sotto la forma di una parola di Dio. Egli ce la fa udire intcriormente; non ci istruisce dal di fuori, come fa con la parola della Chiesa, ma dall'interno.

1 - Posizione del Consiglio

nell'organismo spirituale

Prima di dire ciò che lo Spirito Santo ci ispira col suo Consiglio, è bene porre il dono del Consiglio nel suo centro (o al suo posto).

114 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA cristiana

Da notarsi che i doni ci sono dati per venire in aiuto alle debolezze delle nostre virtù. Queste, pur soprannaturali, ma appartenendo a noi esseri mutevoli che ne disponiamo per il nostro agire, partecipano, da questo lato, alle infermità della nostra natura. Le virtù sono tuttavia delle grandi perfezioni in rapporto alla natura stessa. La fede è una grande perfezione per la nostra intelligenza che eleva ad una sfera ben superiore alle forze del nostro spirito. La speranza e la carità perfezionano grandemente la volontà: esse l'attirano verso i beni eterni e la muovono a sentimenti di amicizia per Dio. La prudenza ha pure un grande compito, poiché s'impadronisce delle intenzioni della carità e le trasforma in realizzazioni pratiche, mettendo la volontà sotto l'influenza della giustizia, regolando le passioni con la temperanza e la fortezza.

La prudenza interviene fra le ispirazioni dell'amore di Dio che essa raccoglie e le potenze attive che essa muove. E' la virtù del governo, il centro della vita morale soprannaturale; trasforma le a-spirazioni dell'amore negli atti minuti (o nelle azioni pratiche), e l'amore si prova con i fatti.

Anche per i doni lo schema è lo stesso: il dono del Timore perfeziona la virtù della temperanza;

il dono della Fortezza perfeziona la virtù della fortezza; il dono della Pietà perfeziona la virtù

IL DÓNO DEL CONSIGLIO ^5

della giustizia. Elevandosi, il dono del Consiglio perfezionerà la virtù della prudenza. Più in alto ancora, i doni dell'Intelletto e della Scienza serviranno la virtù della fede, il dono supremo della Sapienza servirà la virtù divina della carità.

Poiché il dono del Consiglio perfeziona la facoltà di governo pratico, si trova « al centro » dell'azione dello Spirito Santo in noi. Più in alto vi è la contemplazione; più in basso, la pratica di ogni giorno; al centro, il Consiglio trasforma la luce della contemplazione in ispirazioni pratiche, come la prudenza, ma nella maniera sua propria che è più elevata. Esso ha un compito direttivo sugli altri doni inferiori: la Fortezza, la Pietà, là Giustizia; come la Prudenza lo ha sulle virtù della religione, della giustizia, della fortezza, della temperanza.

Il - Gli interventi dello Spirito di Consiglio

Qui si potrebbe fare un'obiezione. Come può il Consiglio essere un'ispirazione? Non c'è niente che rassomigli meno ad un'ispirazione che la prudenza, che si occupa di sapere quale partito prendere e che pesa tutte le cose per scegliere il migliore. I consigli sono la cosa più lunga e più im-

1-16 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

brogliata. Niente rassomiglia meno ad un'ispirazione che un consiglio.

Ciò è vero per i consigli dati, ma non per quelli che si ricevono; se ci vengono dati da una persona qualificata, arrivano già maturati, degni di essere accettati immediatamente. Ora, i consigli che ci vengono dallo Spirito del Padre e del Figlio sono il frutto del consiglio della Trinità. Lo Spirito Santo ce li da già pronti; ce li inspira intcriormente mettendoli nel nostro cuore.

Questi consigli esistono?

Ne abbiamo l'esperienza. Giovanna d'Arco lo sapeva bene quando rispondeva ai giudici: «Voi avete preso parte al vostro consiglio, ed io al mio ». Ella parlava, è vero, delle sue voci, ma le sue voci erano voci di Dio; ella opponeva i consigli dall'alto a quelli degli uomini. Questo aiuto dall'alto non manca a nessuna anima cristiana.

Il dono del Consiglio è assolutamente indispensabile per trarsi d'impiccio nella vita spirituale. Dobbiamo dirigere la nostra vita spirituale: non basta a tal fine una natura forte, educata alla temperanza e alla giustizia. Abbiamo bisogno di una dirczione d'insieme; le circostanze della vita cambiano, gli schemi si modificano, la nostra vita personale non rimane la stessa, cambiamo con l'età, progrediamo o indietreggiamo; dobbiamo adattare

IL DONO DEL CONSIGLIO \\'J

queste potenze di forza, di giustizia, di temperanza a una materia essenzialmente malleabile, difficile a modellare secondo l'arte dei santi. Da soli non sapremmo riuscire.

Inoltre, la nostra vista è corta, non vediamo « lontano » in noi stessi, ed abbiamo uno strumento adattissimo per chiuderci gli occhi : l'amor proprio, che ci nasconde le vie della prudenza. La vita, persone e cose, gira incessantemente attorno a noi. Non vediamo « bene » o, se vediamo bene, non abbiamo la fermezza necessaria per imporre a noi stessi il nostro giudizio. Tavolta usiamo « le vie traverse », se il partito giusto ci sembra troppo difficile ; o « giochiamo d'astuzia » con le ispirazioni dell'amore di Dio, per non contrariare i nostri attacchi, le nostre abitudini. Questa è sovente la nostra psicologia nel governo di noi stessi.

La virtù della prudenza, anche soprannaturale, s'inserisce in questa psicologia di miseria: diventata cosa nostra, tocca a noi manovrarla, ne serbiamo l'iniziativa. Essa è certamente una perfezione soprannaturale, ma noi abbiamo ancora delle passioni, delle intenzioni nascoste, non agiamo con sincerità e perseveranza. Tuttavia, una volta concepita l'intenzione dell'amor di Dio, dovremmo trasformarla in dirczione pratica di immediata esecuzione; tale ? l'esigenza della virtù .perfetta,

Hg LO SPIRITO SCINTO NELLA VITA CRISTIANA

Donde viene l'ostacolo a questa perfezione ?

Nostro Signore dice : « La luce del vostro corpo, è.l'occhio; se il vostro occhio è sano, tutto il corpo sarà nella luce; se il vostro occhio è cattivo, se il vizio lo turba, tutto il corpo sarà nelle tenebre» (Matt., 6, 22-23).

Il nostro corpo è l'azione; l'occhio è la luce della coscienza. Se il nostro occhio non è puro, in che modo potremo rispondere alle direttive della carità: sì, se così è; no, se non è così? Ecco il lato debole.

Lo Spirito Santo s'interpone appunto per venire in aiuto a questa debolezza. Vi è, infatti, un altro aspetto più consolante: non passiamo tutta la vita a destreggiarci; ci sono anche delle ferme decisioni, altrimenti non saremmo degni del nome di cristiani. Quando lo Spirito Santo vede che l'anima giusta si dibatte, le da dei buoni consigli:

consigli persuasivi, efficaci, che tendono a farle realizzare la cosa voluta da Dio, tanto sono insistenti. Questi ci vengono dati per gli atti. più or-dinari, perché la materia dei doni non è forzatamente elevata... Siamo sotto l'influenza di una passione, l'irritazione, per esempio; una voce ci dice: contieniti, taci, rimani padrone di tè. Ci chiediamo ciò che bisognerebbe dire a tale persona;

ci raccogliamo, si fa la luce; ecco cip che bisogna

IL DONO DEL CONSIGLIO 119

dire o che non bisogna dire: è il consiglio che abbiamo ricevuto dall'alto! Siamo tentati ad agire troppo in fretta; qualche cosa ci trattiene, ci spinge a riflettere, a pregare prima di operare: il Consiglio ci ritira dalla precipitazione. Se, al contrario, siamo portati alla negligenza, ci scuote. In circostanze più gravi, abbiamo delle prove, delle preoccupazioni, un cambiamento di esistenza, la nostra anima è turbata; ci raccogliamo nella pace ed è la risposta divina: « Perché ti tormenti? Ad ogni giorno basta la sua pena » (Mat., 6, 34). O anche :

« Getta la tua pena nel Signore, Egli ti nutrirà » (Salmo 54, 23). Improvvisamente, nel momento in cui stavamo per prendere una decisione disperata, veniamo illuminati, consolati, e possiamo continuare il nostro cammino. Talvolta lo Spirito insinua, stimola; talvolta Egli riprende, rimprovera:

è il rimòrso; talvolta si fa giudice: testimonia nel nostro interno sulla bontà o sulla malizia del nostro operato.

Ili - Consiglio e coscienza

Ma, si dirà, qui è la coscienza dei filosofi che parla, non è lo Spirito Santo!

Che cos'? la coscienza ? E' il suggerimento della

120 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

retta ragione, la quale è una partecipazione della luce di Dio. Ora questa voce della coscienza rassomiglia fortemente alle ispirazioni dello Spirito Santo. La nostra ragione è retta, quand'essa è sotto l'influenza della ragione di Dio, quando parla sotto la sua mozione. Però, in un'anima divinizzata dalla grazia, che ha qualcosa della natura di Dio, che è sotto l'azione costante dello Spirito Santo, della grazia del Cristo, vi è di più: vi è l'illumi-nazione propriamente detta. Tutto ciò tuttavia, coscienza e illuminazione non fa che un tutto unico. Di fatto, è lo stesso Dio che illumina la coscienza e da l'ispirazione. Per l'anima divinizzata, nella quale inabita Dio, e dove Egli ha creato tutto un organismo per ricevere le Sue ispirazioni, quando è sottomessa al regime dei Doni, i suggerimenti della coscienza sono in realtà delle ispirazioni dello Spirito Santo, o meglio le illuminazio-ni del dono di Consiglio si esprimono con i suggerimenti luminosi della coscienza. La filosofia sola, infatti, non può spiegare tutta la psicologia soprannaturale della coscienza. Nell'anima divinizzata, la vita naturale si compenetra con la vita soprannaturale. La teologia considera questa realtà totale e negli incitamenti della coscienza che s'impongono con forza, discerne questo elemento soprannaturale: l'ispirazione,

IL DONO DEL CONSIGLIO • 121

Nostro Signore non ci ha forse assicurato che lo Spirito Santo sarebbe stato la nostra grande coscienza? «Vi manderò lo Spirito Santo, Egli riceverà del mio e vi suggerirà tutto ciò che vi ho detto» (Giov., 14, 16, 26; 16, 14). Questi di nuovo vi sarà inviato nel momento in cui ne avrete bisogno, sotto forma di suggerimento impalpabile, invisibile, sotto la forma di un consiglio.

IV - Pratica

Dobbiamo ancora vedere in che modo il dono del Consiglio può suggerirci, in certi casi,, tale o tal'altra parola di Nostro Signore, per soddisfare ai bisogni di tutta la nostra vita cristiana. Consideriamo un po' le esperienze della nostra vita.

Ci troviamo in colpa, per esempio, per aver mancato alla carità fraterna. Abbiamo fatto male, lo sappiamo; ma, per l'animosità che si prova ancora, non ci si può calmare e arrivare alla pace necessaria per ricevere Nostro Signore. Improvvisamente si sente nel più profondo di noi stessi questa parola: «Se, quando tu presenti la tua offerta all'altare, ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di tè, lascia la tua offerta dinanzi all'altare e va prima a riconciliarti col tuo fratello,

122 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

1 ' ' ^

poi vieni a presentare la tua offerta » (Mat., 5, 23-24). Si era esitanti, non si aveva il coraggio: eccoci liberati! E' lo Spirito di Consiglio che ci ha dato la luce che ci era necessaria. Si segue il comandamento del Vangelo e, riconciliati, si va alla comu- • nione.

Un'anima è tentata dal demonio della vana gloria, il quale si insinua frequentemente nelle buone opere. L'orgoglio, dice san Vincenzo Fer-rier, s'inorgoglisce persino della sua caduta; dopo essere caduti ed avere fatto un atto di umiltà, ecco che ci si trova a pensare: Come sono stato umile! La legittima soddisfazione di un'opera buona si cambia così in amor proprio. L'anima è trascinata e il bene è contaminato. Essa forse non se ne rende conto... Ed ecco che si ricorda della seguente parola: « Chela vostra luce brilli in una tal maniera che gli uomini, vedendola, glorifichino il vostro Padre celeste che sta nel Cielo » (Mat., 5, 16). E l'anima comprende che deve avere un unico fine, che la sua luce non deve brillare per la sua propria gloria, e ch'essa non deve trarre vanità dalle sue ^ buone opere. Oppure, nella stessa circostanza, lo Spirito suggerisce un'altra parola: « Che la vostra mano destra ignori ciò che fa la sinistra» (Mat., 6, 3), « Pregate il Signore nel segreto, dopo aver chiusa la porta, affinchè nessuno lo sappia. Se di- .,

IL DONO DEL CONSIGLIO yQ

giuriate, adornatevi, perché non lo si veda...». Nostro Signore aveva un tale culto dell'oscurità nelle buone opere, dell'umiltà ! Ed io a che punto sono? Proseguendo sul terreno dell'amor proprio, avrei perso tutto il frutto della mia azione!

In seguito ad azioni maldestre o a colpe, ci si è esposti a ricevere dei rimproveri. Invece di riconoscere semplicemente i propri torti, si cercano delle spiegazioni, ci si vuoi « riprendere », scusarci. Ecco, però che risuona in fondo al cuore la vóce di Nostro Signore : « Che la vostra parola sia sì quando è sì; no quando è no » (Mat., 5, 37). E rientriamo in possesso di noi stessi : « Dirò le cose come stanno». Eccoci liberati dalle nostre duplicità, dai nostri farisaismi. ;

Un'altra volta l'anima tentata dice a se stessa:

Questa persona con la quale vivo ha una quantità di difetti, è maldestra e non vuole riconoscerlo; è irritante... non posso vivere con lei; che peso!... E d'un tratto l'anima sente : « Fa attenzione che nel guardare la paglia nell'occhio di tuo fratello, tu non veda la trave che è nel tuo » (Mat., 7, 3). Ed essa, subito illuminata, dice a se stessa: « Questa persona è come me : ha i suoi difetti, io ho i miei, siamo compagni d'infermità».

Ecco adesso l'anima in mezzo a prove di salute e di abbattimento, crisi interne q esterne le fann.g

•[24 L0 SPIRITO SANTO-NELLA. VITA CRISTIANA

sentire il peso della vita, ed essa grida: «Signore che Ti ho fatto? Ciò è insopportabile». Ma d'un tratto la parola del Vangelo si fa sentire : « Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e Mi segua » (Mat., 16, 24). Allora l'anima risponde : « Ho voluto seguirti. Signore, ho ciò che Tu mi hai annunciato: la mia croce da portare... rinnegarmi. Comprendo, e accetto». Oppure «Venite a Me voi tutti che siete affaticati... Prendete il vostro giogo che è il Mio... è leggero» (Mat., 11, 30), perché l'ho portato Io e voi lo portate con Me. Nostro Signore fa in tal modo brillare la luce della sua croce. Egli da l'intelligenza del mistero della croce. Dice a noi come a san Pietro che fuggiva il martirio : « Ritorno a Roma per esservi di nuovo crocifisso». Allora anche noi rientriamo a Roma, e riprendiamo la nostra croce.

Bisognerebbe citare tutto il Vangelo... Lo Spirito Santo rafforza le luci della nostra coscienza con le sue ispirazioni. A volte in una maniera dolce: è un suggerimento, un mormorto, ma persuasivo, insistente. Altre volte è un duro rimprovero, quando non ascoltiamo e ci ostiniamo. Egli agisce per illuminarci in ogni circostanza. Il Vangelo ci istruisce in generale. Lo Spirito Santo fa rivivere in noi i consigli del Vangelo al momento

IL DONO DEL CONSIGLIO ]^5

opportuno, in faccia alle difficoltà. « Egli vi suggerirà, dice Nostro Signore, tutto ciò che vi ho detto» (Giov., 14, 26).

L'opera del dono di Consiglio è una realtà. Siamone consapevoli. Per la grazia santificante abbiamo il dono del Consiglio e la facoltà di ricevere le sue ispirazioni; cerchiamo di essere fermamente convinti che siamo sotto la sua azione e serviamocene; prendiamo l'abitudine di ricorrere ai suoi lumi e, quando il bisogno si farà sentire. Egli ci aiuterà al momento giusto.

V - Mater boni cowsilii

La Santissima Vergine è mediatrice, mediatrice universale in ordine alla grazia. Ora, Ella è salutata in modo particolare dalla Chiesa come mediatrice delle grazie di cui ci occupiamo qui. Leone XIII ha aggiunto alle sue litanie la seguente invocazione: « Mater boni consilii », invocazione cara all'Ordine di San Benedetto.

La Santissima Vergine ha certamente il diritto e il dovere di darci direttamente dei consigli; ma la sua azione si esercita anche per ottenerci i consigli dello Spirito Santo: Ella può pregare loSpi-

\^jq LO SPIRITO SANTO f!Ét,LA' VITA CRISTIANA

rito Santo e agire su di Lui, affinchè ci dia le sue ispirazioni quando ne abbiamo bisogno.

Che cosa ci resta da fare?

Mettiamo in movimento il nostro dono, mettiamoci sotto l'ispirazione dello Spirito Santo;

mettiamoci pure sotto la protezione della Vergine Santa: Ella ci ricorderà di ricorrere allo Spirito Santo, e Lei stessa Gli chiederà di venirci in aiuto. Il dono perfetto allora ci sarà doppiamente garantito: da parte nostra, poiché tenderemo la nostra vela al soffio dello Spirito Santo, che ci darà i suoi doni; da parte della Santa Vergine, poiché, oltre i suoi doni, saprà muovere la nostra buona volontà pregando lo Spirito Santo, affinchè ci dia i suoi quando ne avremo bisogno.

CAPITOLO OTTAVO BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI

« Beati i misericordiosi perche otterranno misericordia » (Mat., 5,7).

I - In che senso la misericordia è detta l'effetto proprio del dono di Consiglio?

La misericordia è, secondo sant'Agostino e san Tomaso, l'effetto proprio del dono del Consiglio. Indubbiamente questo dono ha una sfera più vasta di quella della misericordia. Dallo Spirito Santo possiamo ricevere consigli per ogni cosa: ne fa testimonianza la varietà che troviamo nel Vangelo. Il Consiglio è un dono direttivo, e dirige tutte le virtù morali, l'umiltà, la castità, la giustizia, la pietà, la religione... I consigli dello Spirito Santo si estendono ad ogni ordine di cose. Perché, allora, collegare particolarmente la misericordia a questo dono?

In ogni virtù, come in ogni opera in generale,

128 LO StìNTO SANTO NELLA VITA cristiana

vi è un punto nel quale si manifesta tutta l'eccellenza di questa virtù, nel quale essa raggiunge il grado più alto. San Tomaso dice che la fortezza da il massimo di sé, solo nel martirio; ed egli ne conclude che il martirio è l'atto proprio della fortezza, benché sia pertanto un atto di fortezza il resistere a un dolore minore. Allo stesso modo la misericordia è « l'effetto proprio » del dono di Consiglio, perché qui essa da la sua pienezza.

II - In che consiste la misericordia?

Vediamolo dapprima per contrasto. La misericordia non è la semplice carità fraterna, che e-stende a tutti il suo effetto: la benevolenza. La Carità è universale, fa il bene senza preferenza di persone; si può fare del bene al proprio superiore o a un ricco, che non sono pertanto dei «miserabili ». Distinguiamo, dunque, già la misericordia dalla carità.

La misericordia non è l'elemosina. Questa è un atto della misericordia: un'anima misericordiosa mette la sua attività nel dare l'elemosina. Sappiamo che ci sono sette specie di misericordia corporale e sette di spirituale. Le elemosine corporali, però, che hanno per oggetto il corpo, molto

BEATITUDINE DÈI MISERICORDIOSI 129

facilmente vanno al di là, sino all'anima, che è spirituale.

La misericordia non è neppure la semplice bontà che è qualcosa di più generico.

La misericordia è un sentimento di pietà che ci viene ispirato dalla carità, e ci rende inclini verso il « miserabile » verso chi è privo di tutto, sia dal punto di vista temporale che spirituale. Non esiste la misericordia, se non ci sono miserabili; sono costoro che fan sorgere il sentimento della misericordia, che deve essere regolato dalla prudenza, e adottato dalla carità, affinchè l'amore di Dio ne sia il movente. La misericordia è una sfumatura eccellente della carità fraterna; è in essa che l'amore per i fratelli raggiunge la sua pienezza; per essere misericordiosi bisogna « amare di più » il prossimo, che per essere semplicemente buoni e caritatevoli.

La misericordia si volge ad ogni specie di miseria, fisica, morale o intellettuale, e s'impegna per rimediare a questa miseria. Per ovviare a una grande miseria, bisogna essere ricchi, potenti, superiori. Un atto di benevolenza per una persona piacevole è una carità, ma non è difficile. Quando ci si trova di fronte a un abisso e si vuole colmarlo, quando si vuole andare ad aiutare un'anima per

9. • Lo Spirito Santo nella vita cristiana

130 L0 SPIKITO SANTO' NELLA VITA CRISTIANA

sottrarla alla miseria, è un atto di carità speciale ed eccellente, che suppone il possesso di abbondanti tesori di bontà, e di mezzi adatti per alleviarne i grandi mali.

Per questa ragione, secondo lo stesso san To-maso, la misericordia è l'atto proprio e speciale di Dio. Infatti, Egli è l'Essere superiore p&r eccellenza, nulla Gli manca. Quando si volge verso la povera creatura, è spinto a venirle in aiuto perché è ricco e buono: la miseria attira il dono della divina sovrabbondanza. Tutto è miserabile per Dio, anche gli angeli, eccezion fatta per gli angeli beatificati e i santi beati perché sono ormai saziati. Tutto ha bisogno di Dio. Bisogna che Dio comunichi l'essere ad ogni cosa e provveda ai bisogni di tutto ciò che esiste. E' proprio di Colui che ha creato questo povero mondo di inclinarsi verso di esso in un sentimento d'amore, che è di pura misericordia. Tutte le nostre bontà non raggiungono la nobiltà di questo Amore, che non avendo bisogno di nulla, s'inclina verso colui che ha bisogno di tutto, per dargli tutto.

Vediamo in tal modo che la misericordia differisce dalla mansuetudine. Questa ci fa dominare e trattenere in noi ciò che possiamo avere di spiacevole, di dannoso, di perverso, d'irritabile, affin-

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI 131

che non escano da noi altro che soavi e buone azioni per il prossimo, qualunque esso sia. La mansuetudine ci ispira dapprima di correggere noi stessi; di ingentilire i nostri costumi e di placare le nostre passioni per volgerci, in un secondo tempo, agli altri con soavità e guadagnarne il cuore. Essa è di regola nei rapporti con tutti. La misericordia, al contrario, è una carità che si propone di venire in aiuto ai soli miserabili, e come la mansuetudine non suppone sempre la miseria che è indispensabile alla misericordia, la misericordia a sua volta non esige sempre la « correzione » 2) intcriore, di cui non può fare a meno la mansuetudine.

Ili - Rapporto esistente fra la misericordia e il dono del Consiglio

In che modo lo Spirito Santo, inviandoci il Suo Consiglio, ci rende misericordiosi? Perché la misericordia è l'effetto proprio del dono di Consigliò ? E' facile adesso comprenderlo.

2) La parola « correzione » è presa qui in un senso speriaie ed indica quello stato ispirateci dalla mansuetudine nel « corregger? t> le nostre asperità.

^32 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

a) - Z/ ^o»o del Consiglio e la verità Sella nostra miseria.

Il dono del Consiglio, perfezionando la prudenza che è la facoltà del nostro governo personale, deve avere la qualità prima della prudenza, che è di farci vedere le cose come sono, di farci vedere giusto, ma a fondo. L'uomo prudente vede giusto, così vien chiamato un uomo giudizioso. Egli vede il giusto mezzo, la giusta decisione da prendere. Vede giusto in sé: nella sua natura, liei suo carattere, nelle sue passioni per dominarle;

nelle sue qualità per usarne. Egli vede giusto negli altri, in tutti coloro che hanno qualche rapporto con lui3).

La risultante del dono di Consiglio deve essere dunque di far vedere giusto in noi e negli altri.

Che cosa significa veder giusto?

Vedere giusto è innanzi tutto riconoscere la miseria universale. La grande verità è questa: che siamo una collezione di miserabili, senza eccezione per noi stessi. Non abbiamo niente di veramente buono, di veramente forte; la nostra natura

3) Facciamo osservare che veder giusto non è la sola qualità della prudenza, ci vuole anche la forza di volontà che eseguisce:

il prudente deve governare, dare l'impulso.

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI ^33

è limitata e, senza la misericordia del buon Dio, non faremo che cose estremamente mediocri. Questa natura, d'altronde, è decaduta; Dio l'aveva fatta potente, retta per la sua giustizia originale. L'uomo che possedeva in sé l'avvenire dell'umanità, malgrado i doni ricevuti, ha peccato, si è separato da Dio. Nostro Signore, è vero, ha col suo sacrificio, riparato la colpa, ma molti ancora non aderiscono a Lui e rimangono nella loro miseria; ed anche negli stessi cristiani rimane l'inclinazione cattiva, conseguenza delle ferite del peccato. Gesù Cristo riconciliandoci, ci ha resi capaci, di nuovo, di vivere della vita divina; se la colpa, però, è riparata nella parte superiore della nostra anima, se, munita della grazia e della carità, l'anima può aprirsi una strada verso la beatitudine, rimane nondimeno un focolaio d'incendio; le passioni sono contenute, ma ancora vive, il loro ardore ci infiamma per cose cattive: la superbia dello spirito, la concupiscenza della carne, la collera... Ci son state lasciate quattro ferite per avere più meriti nella conquista del ciclo.

Coloro che non sono stati rigenerati col battesimo sono in uno stato ancor più miserabile, e i cristiani, che non hanno conservato la grazia, hanno qualcosa di questo stato di spaventosa miseria,

134 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Quanto a coloro che fanno il possibile per rimanere nella carità, hanno anch'essi il loro triste retaggio.

Noi dunque lo diciamo ed è vero: l'umanità è una collezione di miserabili, e noi siamo in testa. Dio lo vede e diffonde la Sua bontà su tutti, ci dice Nostro Signore: «Egli fa piovere sui buoni e sui cattivi, brillare il sole sui giusti e sugli ingiusti » (Mat., 5, 45), tanto nel campo spirituale che in quello temporale. Egli vede la miseria di, tutti, ed è per questo che i suoi benefizi sono-così sovrabbondanti; privo di ciò, il mondo non terrebbe l'equilibrio necessario. La sapienza e la prudenza di Dio si manifestano nella sua misericordia.

Il Dio del Vangelo, la Sapienza incarnata, e una vivente manifestazione della misericordia divina; tale qualità si rivela nella persona di Nostro Signore. E' questa ..una prova della sua divinità; è un argomento potente di apologetica: se Nostro Signore non fosse stato Dio, che avrebbe potuto suggerire agli evangelisti, che dovevano descrivere un Dio incarnato, di farLo misericordioso, dandogli proprio questo attributo fondamentale di Dio? Appunto perché era Dio, infatti. Nostro Signore ha messo in opera molto naturalmente la misericordia divina: essendo Dio, Egli era infinitamente misericordioso, lo era al massimo grado.

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI 135

Ed è in ciò che si manifesta la sua meravigliosa sapienza, la sua prudenza.

L'episodio più commovente riferitoci dal Vangelo, nel quale rifulge la misericordia di Dio in Nostro Signore, è forse quello della donna adultera (Giov., 8, 3-11). I farisei, avendo sorpreso questa donna, la conducono dinanzi al Maestro, e Gli dicono che la legge di Mosè ordina la sua lapidazione ; Gli domandano che ne pensa : « Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra », dice il Salvatore a quegli ipocriti, che presto si allontanano uno dopo l'altro. Poi rimasto solo con quell'infelice: «Nessuno ti ha condannata», le dice, « e neppure io ti condanno, va' in pace e non voler più peccare».

In questa scena si rivela chiaramente la vista corta dell'uomo e la lucidità (o penetrazione profonda) di Nostro Signore che è Dio: quegli uomini sono spietati, sono felici di aver sorpreso questa donna e vogliono che le sia applicata la legge. Non vedono che, in fondo, sono loro i più miserabili; la colpa di lei è grave, ma è meno grave della loro. Essi hanno la superbia dello spirito, l'ipocrisia in materia religiosa, un'assoluta mancanza di carità; bianchi all'esterno «come sepolcri », osservano la legge dal di fuori, « filtrano i moscerini» e si credono puri. Si rendono conto

136 L0 SPIRITO SCÌNTO NELLA VITA CRISTIANA

questi sepolcri, che sono pieni di putredine? La passione ha oscurato la loro vista! L'uomo non sa che cos'è l'uomo. Insensati!

Nostro Signore sapeva invece « ciò che vi è nell'uomo» (Giov., 2, 25); una profonda miseria fisica e morale, l'impotenza a volere il bene, la capacità a volere il male. Di fronte a quest'oceano di povertà e di miseria, che cosa è questa donna? Un « caso particolare » della legge universale. La' sua colpa è grave, ma Gesù non ne è sorpreso, ve ne sono altre più gravi in questi farisei che vogliono lapidarla. Egli vede lungi, vede il fondo di miseria che si nasconde in ogni cuore umano, in ogni volontà umana, in ogni vita umana. Egli lo vede chiaramente, perché niente Gli è nascosto, e, nella Sua natura umana è pienamente assistito dallo Spirito di Consiglio. Allora si disinteressa della dura giustìzia umana: e lo dimostra scrivendo per terra. Che cosa? Non lo sappiamo. Egli ha scritto una sola volta e sulla sabbia. Gli accusatori si rendono conto della loro ridicola posizione, e, vedendo indubbiamente le colpe che nascondevano a se stessi, si ritirano. Allora, viene la parola di misericordia: tutta la misericordia di Nostro Signore, il Suo amore per i peccatori è in questa parola.

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI 137

Egli cercava di preferenza i peccatori. Egli dimorava presso un Zaccheo, un pubblicano appartenente a una razza di peccatori. Un Dio che si fa una simile reputazione ! Che misericordia straordinaria! Ne siamo rapiti. Ma un Dio vede con chiarezza!

Il misericordioso vede giusto; per conseguenza è profondamente prudente. Egli ha tutti gli elementi per giudicare, può dire la verità, mostrare la condotta da seguire: nessuno vede più a fondo di lui. La misericordia sarà, dunque, fra tutti gli atti ispirati dal dono del Consiglio, il gioiello, la perla preziosa. Se vogliamo vedere chiaramente, essere prudenti, siamo misericordiosi. Vedremo in tal modo con verità l'uomo che siamo, conosceremo anche gli uomini che ci circondano. La misericordia facendoci penetrare la miseria universale, scopriremo meglio la scintilla di bene che Dio vi ha lasciato, e che dobbiamo riconoscere, anche in coloro che sono cattivi, perversi, tarati.

Quando Nostro Signore, nella persona del Padrone del campo, risponde ai servitori che Gli chiedono se debbono strappare il loglio seminato dal nemico : « No, lasciate crescere il grano e il loglio sino alla mietitura; poi li separerete» (Mat., 13, 24-30), mostra la sua pietà a cagione di questa scintilla di bene che scopre anche nelle volontà più

138 LO SPIEITQ .SANTV NELLA VITA CRISTIANA

perverse. Sulla croce, davanti a quella folla che ha crocifisso il suo Rè, davanti ai crudeli farisei dice: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lue., 23, 34). In ogni male, vi è sempre un fondo di bene sul quale far leva; in ogni anima, una segreta energia, per elevarsi sino alla vita eterna.

Cerchiamo di vedere alla maniera di Cristo. Chiediamo allo Spirito Santo di farci penetrare la miseria universale e la nostra. Allora non saremo più scossi dall'indignazione farisaica che si insinua nelle anime dalla vista corta che non hanno ricevuto il dono del Consiglio. Non ci sarà più il disprezzo per gli altri, ne quelle maniere sdegnose, crudeli, con le quali trattiamo talvolta i poveri miserabili, senza vedere il male di cui soffrono, e che è la causa della loro ripugnante bruttezza. Inoltre anche se ci dicono delle ingiurie, se qualcuno ci vuoi male, capiremo che ciò è conseguenza di una piaga nascosta di cui queste persone soffrono, e che dobbiamo avere pietà di questi infelici.

Abbiamo visto che lo Spirito Santo ci da questa vista giusta, lasciamoci allora dirigere da essa nelle nostre opere di misericordia.

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI 139

b) Prudenza e misericordia.

\

II dono del Consiglio perfeziona divinamente, abbiamo visto, l'opera della prudenza. Ora, che ci consiglia la prudenza? Certamente di servirci del miglior mezzo per salvarci. Il dono del Consiglio deve miettere in piena evidenza, in .una maniera tutta divina, questo mezzo migliore, che è proprio la «misericordia».

Non c'è nel Vangelo/precetto più inculcato dì questo; «Con la misura onde misurate, vi sarà rimisurato» - «Non giudicate e non sarete giudicati. Secondo il giudizio col quale giudicate, sarete giudicati » (Mat., 7, 2). Siamo in tal modo avvertiti che la misericordia è il solo mezzo per ottenere misericordia. La suprema prudenza è di essere misericordiosi ! E' dunque evidente il legame strettissimo fra la misericordia e il dono del Consiglio che perfeziona la prudenza.

In una scena evangelica, Nostro Signore ci miostra quale sarà la condotta del Padre Suo verso coloro che non fanno misericordia. Un rè chiese conto del proprio denaro al suo servitore; costui non avendo di che pagare, il padrone da ordine che sia venduto. L'infelice supplica, e il padrone gli rimette tutto il debito. (Questa è l'immagine di noi miserabili come eravamo dinanzi a Dio col

140 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

peccato originale e coi nostri peccati attuali, ch'Egli ci ha rimessi). Ma il servitore graziato incontra un suo compagno di lavoro che a sua volta era suo debitore, e lo afferra alla gola. Anche quest'infelice supplica, ma l'esattore non vuole intendere ragione e consegna il debitore alla giustizia. Vedendo ciò, i testimoni lo conducono dal padrone che pronuncia un severo giudizio: Io ti ho rimesso il debito, tu avresti dovuto fare lo stesso con tuo fratello. E lo punì come si meritava. « Anche a voi succederà così, se di cuore non perdonerete le ingiurie ricevute» (Mat., 18, 23-35).

E' la legge. Ci verrà usata misericordia, se abbiamo fatto misericordia. Ne segue che le persone accorte, le anime prudenti, debbono usare misericordia e prendere alla lettera la domanda del « Pater » : « Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». A misura che le ingiurie e le miserie si presenteranno, i prudenti aumenteranno la loro misericordia per ottenere a loro volta il perdono del Padre. E' questo un motivo d'interesse, ma Nostro Signore ha giudicato opportuno di suggerircelo, per renderci più vigilanti.

La prudenza ci consiglia la misericordia, e la pratica della misericordia ci renderà ancora più prudenti. L'aiuto dello Spirito Santo che riceveremo per il governo di noi stessi, sarà il compenso

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI ^

alle misericordie che avremo fatto. Se usiamo misericordia, Dio ci darà una grazia di consiglio più profonda. Allora saremo ancor più portati alla misericordia. In tal modo, di misericordia in prudenza, e di prudenza in misericordia, sarà un cerchio senza fine che avrà per risultato una grande potenza nel governo di noi medesimi, e l'acquisto di innumerevoli meriti.

e) - Misericordia e salvezza delle anime.

Per essere salvati, non dobbiamo soltanto ottenere misericordia, ma anche « cercare il regno di Dio e la sua giustizia », estendere questo regno, fare regnare nei cuori la carità di Cristo. Il dono del Consiglio deve insegnarci il miglior modo per riuscirvi, e la misericordia è ancora quello più eccellente. Ciò mostra un nuovo legame fra il dono del Consiglio e questa virtù.

I grandi politici credono che il sapere a tempo usare la forza sia il mezzo per regnare. La grande molla, invece, per noi, è di penetrare questa miseria universale che si nasconde, e di cercare, con benefici senza numero, di colmare quest'abisso. I misericordiosi raggiungono, anche nelle cose soprannaturali, dei risultati che la violenza non ottiene. Avere parole compassionevoli, essere buono,

142 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

sempre buono, è il mezzo per regnare sui cuori. E' la politica più profonda. Se dobbiamo escludere la violenza, non dobbiamo pertanto trascurare l'autorità: la correzione fraterna è compresa fra le opere di misericordia. Ordinariamente, però, è con la dolcezza, le buone maniere di un'anima compassionevole, aperta alle miserie altrui, che conquisteremo i cuori. San Tomaso dice : « II dono del Consiglio dirige specialissimamente nelle opere di misericordia » (II a II ae, q. LII, a. 4, ad I. m). Da la compassione che apre il cuore, e, quando il cuore è conquistato, tutto il resto verrà. Con la misericordia, l'apostolo del Salvatore conduce i peccatori sino al confessionale, sino alla comunione, sino alla vita cristiana seria, sino alla sovrana dignità della vita religiosa in tutta la sua pienezza. Cerchiamo di essere amabili, passando sopra alle colpe altrui, pur vedendole; portiamo rimedio dapprima alle miserie corporali, per arrivare poi agli intimi dolori; siamo compassionevoli:

regneremo sui cuori, risusciteremo le anime. E, salvando le anime, saremo certamente salvati : Dio ci giudicherà servi buoni e fedeli.

Essere misericordiosi, significa, dunque, essere saggi e profondamente prudenti. Ci sorprende allora che il dono del Consiglio ci porti di preferenza alla misericordia?

BEATITUDINE DEI MISERICORDIOSI 143

* * *

II Consiglio dello Spirito Santo conosce il modo di governare le anime. Dobbiamo, per primo, essere i figli dello Spirito Santo, rimanere sotto l'azione del dono di Consiglio. Teniamoci in contatto intimo con Lui, che ci comunicherà con più abbondanza lo spirito di misericordia e ci dirigerà nel suo esercizio facendoci usare i mezzi per essere buoni. In tal modo saremo condotti con prudenza nella via della salvezza, certi di ricevere un giorno misericordia.

Rivolgiamoci allo Spirito Santo ogni volta che abbiamo bisogno di essere misericordiosi, per veder giusto tanto nell'interesse nostro che in quello degli altri; tendiamo la nostra vela per metterci sotto la sua azione, e non iniziamo ne continuiamo nessuna opera di misericordia, senza ricorrere costantemente al suo buon Consiglio.

CAPITOLO NONO IL DONO DELLA SCIENZA

« Le cose invisibili di Dio sono viste attraverso le cose create, ivi compresa la sua potenza eterna e la sua divinità » (Rom., 1, 20).

I - Transizione dai doni pratici ai doni intellettuali

Abbiamo terminata la parte morale del nostro studio. Col dono del Consiglio è stata posta la base del governò pratico di noi stessi per mezzo dei doni, Infatti il Timore, la Pietà, la Fortezza, il Consiglio, costituiscono una sorte di sovrintendenza dello Spirito Santo, che deve mettere il nostro mondo intcriore nella pace; così protette, le potenze superiori della nostra anima, l'intelligenza con la fede, la volontà con la speranza e la carità, potranno, infatti, svilupparsi in pace nell'amore di Dio.

Dobbiamo ora risalire alla sorgente dalla quale

146 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

vengono le ispirazioni dello Spirito Santo; elevandoci sino al principio stesso della nostra vita divina, ne fortificheremo le energie, entreremo in relazione più intima col nostro Dio per mezzo della fede e della carità! Lo Spirito divino aiuterà la nostra fede con la Scienza e l'Intelligenza, aiuterà la nostra Carità con la Sapienza.

Stiamo per penetrare quindi nel regno di Dio, in un mondo determinato dai nostri rapporti con Lui. Protetti dai doni pratici, ci siamo occupati delle nostre relazioni con gli uomini e con noi stessi e abbiamo cercato di cogliere tutta la perfezione che Dio vuole mettervi mediante l'azione dello Spirito Santo. Adesso contempleremo,-l'altezza che la fede e la carità debbono raggiungere sotto l'impulso dello stesso Spirito.

Le virtù morali pratiche trovano il loro principio direttivo nelle nostre relazioni con Dio. Il miglior modo di compiere un atto morale, quindi, è di farlo per dare più posto nella nostra vita'), all'amor divino. Noi stabiliamo dapprima le esi-

* ) Anche lo stesso dominio delle virtù morali deve essere determinato dall'amore divino: la carità è la forma perfetta di tutte le virtù; ma qui, le influenze della carità si esercitano in tutt'altro modo che nel dominio superiore delle virtù teologali, ed è ciò che si mostrerà con lo studio dei doni della Scienza, dell'Intelletto e della Sapienza.

IL DÓNO DELLA SCIENZA \^J

genze dell'amor di Dio, per determinare poi il nostro dovere, regolandoci su di esse. Tale è, si può dire, l'esercizio della nostra vita cristiana sul terreno delle virtù morali, nei nostri rapporti con gli uomini e con noi stessi. La nostra vita teologale ha un altro ritmo. Con tutto il movimento della fede e della carità noi risaliamo verso la vita intima di Dio. Per mezzo dell'attività di queste virtù, imitiamo la vita stessa di Dio, compiamo gli atti riservati a Dio: Conoscersi come Egli è, e amarsi in proporzione della sua conoscenza. Per la misericordia di Dio, che ci fa partecipi della sua natura e del suo potere, noi ci sforziamo di vivere la nostra vita divina, come figli che cercano di imitare il loro padre; questo è il compito della Fede, della Speranza e della Carità.

II -Natura della Fede

La fede è una virtù per la quale diamo il nostro assenso alle verità riguardanti Dio contenute nella rivelazione, particolarmente in quella di Nostro Signore. Essendo convinti, per fede, che Dio è come ci insegna questa rivelazione, entriamo in relazione col vero Dio per mezzo di un atto simile all'atto glorioso che Dio fa contemplandosi, e che

148 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

fanno con Lui, in ciclo, gli angeli e i beati. Non ci sono due veri Dio, quello del ciclo e quello del Vangelo: quando crediamo nel Vangelo, siamo in relazione di conoscenza col vero Dio del ciclo. Che bene prezioso questo lume sull'oggetto della nostra futura felicità! Possediamo già la sostanza di ciò che speriamo, e, grazie alla fede, essa è a nostra portata. Proprio per la fede, noi ci appoggiamo sulla testimonianza stessa di Dio, che è la Verità. San Tomaso canta nelF'Adoro Tè: «Io credo tutto ciò che ha detto il Figlio di Dio».

Siccome la fede è una perfezione della nostra natura umana (non possiamo credere contro la ragione), essa ricorre a certi argomenti per aiutarci a credere: questa è apologetica; ma la fede non riposa su di essa. La filosofia e l'apologetica servono soltanto a convincerci che, facendo un atto di fede, facciamo una cosa ragionevole. Dopo di che, « bisogna credere », credere in modo assoluto, perché l'oggetto della nostra fede è rivelato. Il motivo è la testimonianza stessa di Dio: «lo ha detto Dio », e Dio, con la sua grazia, lo testimonia nel nòstro interno, come afferma san Giovanni:

« Colui che crede ha la testimonianza di Dio in sé » (Mare., 8, 2; Mal, 9, 36). Un bambino battezzato, giunto all'età della ragione, crede naturalmente come se fosse in piena luce. L'interna testi-

IL DONO DELLA SCIENZA 149

monianza di Dio inclina il nostro cuore e il nostro pensiero a credere. Tale testimonianza è il vero movente della fede.

D'altra parte essendo la nostra fede uria virtù di questa vita, durante la quale camminiamo verso il Ciclo, essa conserva una certa oscurità, è come una debole luce che ci guida in un luogo tenebroso: non siamo ancora arrivati alla patria luminosa, la guardiamo da lontano... Quest'oscurità ci lascia insoddisfatti dal punto di vista intellettuale;

vorremmo vedere chiaramente: ci è penoso dover continuamente obbedire alla fede solo per forza di volontà, invece di avere la piena luce; sarebbe così bello vedere! Siccome però siamo per via,'in un tempo nel quale dobbiamo meritarci l'arrivo al termine, non dobbiamo vedere. Ne risulta che, pur non essendovi dubbio nella nostra fede, perché aderiamo fermamente, vi è tuttavia una specie di ondeggiamento: si prova come un movimento di oscillazione, il nostro pensiero non è fissato dalla vista dell'oggetto. San Tomaso dice: «cogi-tatio»; vi è una certa agitazione, un andare e venire del pensiero. Questo ci spiega perché nell'orazione, siamo così soggetti alle distrazioni, alle evasioni dello spirito: non bisogna attribuirli alla sola negligenza, ma al fatto che non siamo «ancorati», la nostra contemplazione non ha niente

.150 LO SPIRITO SCÌNTO NELLA VITA CRISTIANA

della contemplazione definitiva. Se, come gli angeli, potessimo vedere l'Essenza divina, tutto sarebbe diverso. L'oggetto della nostra contemplazione, invece, ha qualche cosa di sconcertante'nei confronti di una conoscenza che è fatta per vedere, che cerca di vedere e non vede. Per sua natura, dunque, la fede comporta una certa oscurità, e dobbiamo rassegnarci a questa privazione, di non poter vedere Dio. La poca luce della fede non ce lo permette, ma in ciclo riceveremo il lume di gloria per questa visione beatifica; sulla tefira siamo trattenuti dai legami del corpo.

ZJZ - Necessita dei doni di Scienza e d'Intelletto

La fede presenta due altre difficoltà, che si superano con l'Intelletto e la Scienza.

La prima difficoltà sta nel fatto che la fede, lume soprannaturale, lume sovrumano, è radicata nella nostra ragione umana. Essa la perfeziona, ma in contraccambio ne riceve una specie di urto. La nostra ragione non è fatta per l'infinito; deve ottenere le sue conoscenze per mezzo dei sensi ai quali è legata; questi la informano sulle cose materiali, visibili, dalle quali deve risalire a pensieri spirituali. Le cose sensibili e le .evidenze della

IL DONO DELLA SCIÈNZA 15^

ragione, riguardanti le creature visibili e comprensibili, attirano il nostro spirito e possono stornarne l'attenzione e occuparlo interamente. Le creature attirano la nostra conoscenza prima, e poi il nostro cuore che, vedendole belle e buone, vi si attacca. E tutto questo va a scapito della carità. Il compito della povera fede che parla delle cose invisibili, diventa allora molto difficile. Il dono della Scienza deve ovviare a questa imperfezione.

La seconda difficoltà proviene dalla rivelazione, dai dogmi. La forma umana nella quale sono e-spressi non ci può soddisfare interamente. La Sacra Scrittura eleva il più possibile le nostre idee, affinchè possiamo estrarre il divino dalle concezioni umane. Ma noi non penetriamo completamente il suo linguaggio, non andiamo sino in fondo. E' difficile cogliere il senso di una parabola, ed ancor più penetrare in un mistero, quello dell'Incarnazione, per esempio, nonostante le spiegazioni date dalla teologia. Siamo pieni di ammirazione, vediamo che sarebbe dolce capire, ma non possiamo addentrarci sino in fondo al mistero, il cui senso è nascosto sotto la lettera. Di qui la necessità di un dono che ci introduca nel cuore del mistero, e questo è il dono dell'Intelletto.

152 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

IV - II dono della Scienza

II dono della Scienza è necessario a causa dell'ossessione che anche il credente più sincero prova nei confronti delle creature che sono l'oggetto naturale della sua conoscenza. Vediamo le cose di questo mondo, e aon vediamo Dio; siamo attratti dalla terra," e tentati di disertare la contemplazione divina.

Quanto, infatti, ci occupano la mente le creature, e come ci lasciamo prendere dalla loro falsa scienza! Alcuni pensano ch'esse possano spiegarsi senza Dio, perché si valgono della scienza falsa delle creature. Altri credono che l'uomo sia nato buono, che non c'è colpa originale in lui, che non c'è ragione quindi di purificarsi il cuore, e che, tutta la natura essendo ugualmente buona, ci si può abbandonare alle sue attrattive con piena libertà, goderne il più possibile. Altri non vedono che il male; pensano che se vi fosse un Dio, non permetterebbe terribili calamità come la guerra, la peste, la carestia, le miserie, le malattie, i dolori d'ogni sorta. Altri ammettono Dio, ma credono che tale cosa o tal'altra sfugga alla Sua Provvidenza, la libertà, per esempio, e tutto l'ordine che da essa dipende. Essi vogliono in tal modo sottrarre l'uomo e la società al governo divino,

IL DONO DELLA SCIEN.ZÀ 153

II fascino che la natura opera su di noi proviene soprattutto dal suo potere di seduzione : essa contiene una parte di bene col quale ci avvince. Abbiamo il desiderio della felicità; le creature ci dicono: noi siamo questa felicità, e siamo tentati di acconsentire ad esse e dimenticare Dio. Sappia-i,' mo sfuggire completamente a questo materiali-' smo? I beni del mondo non tengono forse un

posto troppo grande in noi ? Siamo affascinati dalla I loro vista, diamo loro un'importanza eccessiva, e abbandoniamo il pensiero di Dio, o per lo meno esso si stempera, si allontana. Come è ostacolata la nostra fede nel suo movimento verso Dio dall'ossessione del creato, malgrado la forza della testimonianza divina! E' verissimo, gli oggetti apparenti ci attirano: seducono la nostra intelligenza e il nostro cuore.

Lo Spirito Santo, vedendo la nostra fede in lotta con queste ossessioni, ha voluto liberarcene con l'ispirazione del dono della Scienza. Tale è la ragion d'essere di questo dono, che ci vien dato per avere una giusta idea delle creature, affinchè non siano un ostacolo, ma un aiuto; non impediscano la fede ma ne diventino un sussidio.

154 L0 SPIRITO SANTO NEU.A VITA CRISTIANA

V • I due aspetti del dono della Scienza

Lo Spirito Santo, con una prima ispirazione di questo dono, ci farà capire, nel nostro essere intcriore soprannaturalizzato, il vuoto, l'insufficienza, la vanità delle creature; ce ne farà sperimentare, assaporare con delizia il nulla. Non si tratta certo del vertice della contemplazione, questa non è che la prima tappa: sotto il suo lume, però, ci appare chiaramente la vanità delle cose che ci trattenevano. Le grandi conversioni avvengono appunto per l'intensità di questo sentimento. Sant'Agostino dopo essersi trascinato nell'amore terreno ritorna per un desiderio di felicità che Dio ha messo in lui. Ha visto quanto scarsa sia la soddisfazione che si trova in questa valle di lacrime: tutto ha una durata così breve, le gioie peccaminose sono così amare! Tale è dunque il primo effetto del dono della Scienza: essa ci fa conoscere il nulla delle creature, ci istruisce con gli avvenimenti della vita, con le disgrazie e i lutti: il tradimento di un amico, una fortuna che crolla, la morte di una persona amata, ma soprattutto la conoscenza di ciò che veramente è l'uomo. Sant'Agostino perde il suo carissimo amico Alipio, e le delusioni lo riportano a Dio. Nelle «Confessioni», egli esalta ad

IL DONO DELLA SCIENZA 155

ogni istante queste disillusioni alle quali dovette la felicità.

Un'anima, quando sa che non deve aspettarsi niente dalle creature, perché la ingannano amaramente, è sapiente della grande scienza dello Spirito Santo. Nostro Signore disponeva in tal modo alla santità una Caterina da Siena dicendole : « Tu sei quella che non è».

Il primo frutto della scienza ispirateci dallo Spirito Santo è dunque di conoscere la brevità, la piccolezza, il nulla delle cose terrestri, la loro incapacità a riempire il nostro cuore avido di vera felicità. Quando si possiede questa scienza, si è liberati dal fascino dei beni perituri e ci si può slanciare in Dio.

Le creature non sono niente, o per lo meno, niente « per se stesse » ; posseggono tuttavia ciò che hanno ricevuto : l'esistenza, la bellezza, la bontà, il valore. Il mondo ha un riflesso che gli viene da un'altra parte. E il vero significato di tale riflesso è il senso di questa bellezza che il dono della Scienza deve insegnarci: ecco l'altro fruttò della sua ispirazione.

Dobbiamo approfondire ciò che dicono le creature: «I cicli narrano la gloria di Dio» dice il salmo (Ps., 18, 2). In una splendida notte stellata, di fronte a un mondo di meraviglie, contemplando

156 L0 SPIRITO SANTO .nella VITA CRISTIANA

gli astri, si pensa ad uno di essi che tra poco si leverà come tutte le mattine, per avvicinarsi a noi quel tanto sufficiente a riscaldarci ed illuminarci. Si riconosce allora che vi è in ciò l'opera di un'Intelligenza infallibile che nasconde nei suoi disegni una bontà senza pari. Il mondo allora diventa trasparente, rivela Dio, l'intelligenza e la bontà di--vina.

Se penetriamo nella vita delle anime e ne osserviamo le azioni generose, possiamo vedervi il riflesso di una bellezza morale superiore. E se queste anime sono veramente religiose, ci offrono come una trasparenza di Dio.

Avviene lo stesso nella storia dell'umanità; la Provvidenza conduce tutto ai suoi fini, rimette in piedi il giusto, castiga il cattivo, sostiene il debole. Quest'ammirabile condotta sfugge a molti, ma un sant'Agostino ne era pieno d'ammirazione ; il Consiglio di Dio gli manifestava la sua Sapienza attraverso gli avvenimenti della storia. Considerando la propria vita, il modo con cui è stata condotta, il punto al quale siamo arrivati, viene da esclamare : « Signore, siamo stati guidati dalla Tua mano destra ».

E' questo un altro frutto del dono della Scienza :^ ci fa vedere, attraverso le cose create, come la

IL DONO'DELLA SCIENZA 157

natura, gli avvenimenti, le,anime, le cose invisibili ch'esse svelano, la traccia di Dio, la sua onnipotenza e la sua divinità.

VI - II dono della. Scienza m Nostro Signore

Nostro Signore possedeva in modo eccellente questa scienza, insieme a tutti gli altri doni; conosceva la piccolezza delle cose, e 'sentiva la voce che s'innalza dalla natura per proclamare il Creatore.

Dopo aver descritto l'uòmo che ha un raccolto abbondante e vuoi fare ingradire i suoi granai, dandosi quindi al piacere, aggiunge queste parole :

«Infelice, questa stessa notte morrai;... e tutto ciò a chi apparterrà? » (Lue., 12, 20). Altrove, parlando della fine del mondo, Nostro Signore ci dice che verrà come un ladro, a mostrarci le città del piacere. Sodoma e Gomorra, ridotte a niente... Egli ha la visione della povertà delle cose umane, del nulla del mondo.

Égli vede anche Dio in trasparenza nelle creature. Nel Discorso sulla montagna evoca gli uccelli che non seminano ne raccolgono... i gigli del campo che non filano, e da questo spettacolo sale sino ' al Padre; celeste, la cui bontà per i piccoli esseri è per Lui così. evidente,

158 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Quando Dio ci da la grazia di vedere il mondo così, tutto concorre a rafforzare la fede. Un san Francesco d'Assisi, che ha tanto rassomigliato a Nostro Signore, perfino nel suo corpo, scopre nell'acqua, nel fuoco, delle cose magnifiche; si ferma rapito davanti agli uccelli come davanti agli astri e scorge in tutta la natura il volto del Padre celeste. Questa percezione è un dono che Dio fa alle anime sante; tutto per esse è occasione ad elevarsi a Dio; la natura, invece di essere un ostacolo, diventa un aiuto; l'umanità, con le sue attrazioni, è motivo di lodare il Signore. E' ancora l'effetto del dono della Scienza.

#. * *

Lo Spirito Santo ci ispira dunque un modo del tutto nuovo di vedere le creature: 1°. Ci mostra il loro nulla, la loro impossibilità di soddisfare i nostri desideri, svelandoci la loro contingenza, la loro dipendenza da Dio: perché da se stesse non sono nulla; 2°. Ci mostra nella loro perfezione qualcosa della perfezione di Dio. Guardandole così, siamo preservati dalle loro insidie e condotte da esse verso il Signore. E' il rovesciamento del modo di vedere della ragione umana, per la quale ciò che conta è il visibile. Non si vedono più che

IL DONO DELLA SCIENZA 159

due cose: un nulla che non può allontanare il cuore da Dio, e un essere che chiama Dio.

Questa scienza è all'inizio della contemplazione: è già una contemplazione, non la più alta, ma la più bassa; una contemplazione pertanto, perché pur restando sul piano delle creature, per una comunicazione dello Spirito di Dio che vi si riflette, noi ci eleviamo a cercare il volto del Signore. La nostra fede, per il dono della Scienza, acquista una specie di movimento verticale, che dalle creature si dirige verso il Creatore, come dice Denys.

Fra le grazie d'orazione, santa Teresa distingue ciò che essa chiama la prima orazione « soprannaturale » : il raccoglimento. Non che la buona meditazione o « la semplice orazione nella fede » di cui parla Bossuet non sia soprannaturale, ma nell'orazione detta di raccoglimento non siamo più noi a dirigere i nostri pensieri, è Dio che opera in noi per sua azione propria. Santa Teresa insegna dunque che l'anima, dopo essere uscita dal castello intcriore, ha vagato al di fuori, sui fiori, nei prati..., poi è stata presa da un disgusto inesplicabile, ha udito il dolcissimo richiamo del Padrone del castello e, voltandosi, è stata « trasportata » sulle ali di questo disgusto, sino a Lui. La santa ha molto semplicemente descritto l'effet-

150 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

to dell'ispirazione dello Spirito Santo relativo al dono della Scienza. Lo Spirito Santo, col quale noi dobbiamo essere in grande intimità, ci distacca dalle creature, ci fa udire il suo richiamo e, col raccoglimento, ci introduce nel primo grado iegli stati soprannaturali d'orazione. Siamo trasportati all'interno, e possiamo così entrare in una ? maggior conoscenza e intimità di Dio, partecipare ' ai gradi superiori dell'orazione che racchiudono il più alto grado d'unione con Dio che vi sia sulla terra, e sono la sorgente per eccellenza del dono |? della Scienza, la quale ci introduce in questo giardino, ci separa dalle creature, e ci fa salire verso Dio mostrandoci il riflesso della sua bellezza e della sua bontà attraverso tutte le cose.

CAPITOLO DECIMO BEATITUDINE DELLE LACRIME

« Beati quelli 'che piangono perché saranno consolati» (Mat., 5, 5).

I - Le lacrime fhe sono dette beate

Le lacrime che sono un dono dello Spirito Santo, non sono le lacrime di coloro che, infelici, piangono semplicemente sulle loro miserie. Giustamente pensiamo che coloro che piangono in questa vita, riceveranno una ricompensa da Dio;

ma bisogna che la meritino, che le loro lacrime siano meritorie. Le lacrime in se stessè non hanno diritto alla consolazione. Possono essere lacrime di dolore, di sofferenza, di disperazione, d'amor proprio ferito: queste lacrime, causate da motivi puramente naturali, non comportano ricompensa. È' vero che, se noi sopportiamo le nostre pene nella

152 L0 SPIRITO SANTO NELLA VIVA CRISTIANA

fede per Dio, queste hanno valore presso di Lui;

ma tali lacrime meritorie nella fede non sono quelle prodotte dall'attività del dono della Scienza.

La scienza ispirata dallo Spirito Santo a noi che amiamo Dio, è la scienza della debolezza, dell'insufficienza, della corruzione delle creature. Essa è dapprima moto di repulsione che poi logicamente si trasforma in slancio verso Dio. Questa seconda scienza, che ci fa vedere il Creatore attraverso la creatura, è la vera scienza delle creature che eleva perennemente il nostro sguardo verso Dio. (Denys definisce orazione verticale quella che io ricollego al dono della Scienza, perché mostrandoci il riflesso di Dio nella creatura, eleva direttamente il nostro sguardo a Lui. Definisce orazione a spirale quella che io ricollego all'Intelletto, e orazione circolare quella che attribuisco alla Sapienza).

Dopo aver approfondito l'insufficienza delle creature, in quanto esse rappresentano per noi dei beni fallaci, alcune anime sono spinte ad avvertire, sotto l'azione dello Spirito Santo, questa debolezza e cattiveria delle creature che ci distolgono da Dio, ma ad assaporare pure il rapporto delle creature con Dio, e, per questa via, a salire « dalle cose visibili alle invisibili», come dice san Paolo (Rom., 1,20).

BEATITUDINE DELLE LACRIME l/g

II - Beatitudine delle lacrime e dono della Scienza

II primo passo di questa scienza è dunque di farci sperimentare l'insufficienza delle creature, i mali che presentano, seducendoci.

Vi sono delle anime che piangono a tale vista. Di questo genere sono le lacrime dei convcrtiti. Illuminati dallo Spirito Santo, vedendo la bassezza delle cose da cui sono stati attratti, e la delusione subita nel cercare la loro felicità, si dolgono della loro aberrazione e piangono sui loro traviamenti. Se hanno abbandonato delle false teorie, provano amarezza nei confronti di quelle idee, della morale che astrae da Dio, delle basse dottrine del sensualismo, alle quali hanno intellettualmente aderito, lo si vede dai loro scritti, tutto ciò è per essi una sorgente di lacrime. Il Padre Gra-try, narrando la sua conversione, riferisce che, li-ceista ancora, vedendo crollare tutto ciò che costituiva la sua felicità, gridò in mezzo alle lacrime:

« Oh Dio, oh Dio! ». Accanto agli intellettuali però, ci sono quelli che si sono lasciati prendere dal cuore, che si sono rotolati nel fango. Che grida! Che pianti! al pensiero della vergogna nella quale sono caduti, degli anni perduti e anche del Dio che hanno offeso, poiché è Dio che li ispira. Possiamo citare qui le lacrime della Maddalena, le

164 L0 SPIRITO ^ANTO NELLA VITA CRISTIANA

quali tuttavia sono dovute a motivi complessi. Ella ha visto il Cristo risplendere della bellezza morale ch'Egli attingeva alla sorgente della Santa Trinità e, sentendosi indegna di ciò, ha pianto. San Pietro che aveva ceduto alla paura, che aveva preferito salvaguardare la sua vita, piuttosto che proclamare il suo Maestro, piangeva amaramente al pensiero di essersi preferito a Lui. Tutti i peccatori che si convertono versano queste lacrime.

Noi stessi, senza aver avuto tali deviazioni, quando abbiamo aderito alla futilità, o siamo tentati di aderirvi ancora, proviamo un sentimento di tristezza che può giungere sino alle lacrime.

E' questa la scienza della vanità dei falsi beni che lo Spirito Santo ci inspira. Bisogna rimanere sotto questa azione, non lasciar inaridire la sorgente delle lacrime, ma alimentarla, perché è salutare, ci allontana dal male. Piangiamo, non lacrime materiali, ma lacrime del cuore, sulle nostre infedeltà, futilità, tempo perduto... Queste lacrime sono pure. Possono far parte di un'orazione; sono l'entrata in materia, l'inizio dell'orazione soprannaturale di raccoglimento: le «lacrime» appartengono a questa fase.

Vi sono ancora altre lacrime. Nói piangiamo vedendo chiaramente la brevità della vita. Ciò può avvenire in occasione di una disgrazia che ha tolto

BE'ATlfUDÌNE DELLE LACRIME \(g

ogni fascino alle cose esteriori, che sono come la facciata dietro la quale si cela la realtà divina, e ce ne mostra il nulla; o in occasione di un lutto che ci porta a considerare questa breve vita che finirà, e a pensare alla morte, noi proviamo allora un sentimento intenso del nostro nulla, penetriamo la fine di tutto, e una profonda malinconia e tristezza s'impossessano di-noi. E' questa dunque la vita, gridiamo; quella persona onorata aveva tutte le lusinghe della giovinezza, della fortuna, della bellezza; tutto crolla e domani sarà il nostro turno. Che cosa sono? Che cos'è l'uomo? E' Dio che inspira queste lacrime. I convcrtiti lo sperimentano: sono esse che li hanno riportati a Dio. Anche le anime ferventi fanno questa esperienza. Alla vista del nulla e della malinconia che ne deriva, esse trovano un motivo per allontanarsi dal creato e slanciarsi verso Dio. Lacrime delle persone colpite da lutti, lacrime di infelici: sono anch'esse un effetto della scienza che lo Spirito Santo ci inspira.

Un'altra sorgente di lacrime élla vista della pazza vita del mondo. Le anime che amano Dio, considerando questa ricerca universale del vuoto, provano una commiserazione infinita. Questo sentimento era nel cuore di Nostro Signore quando vedeva le folle guidate dai farisei. Ne aveva pietà

156 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

come di pecore senza pastore : « Ho pietà della folla» (Mare., 8, 2; Mar., 9, 36). Si sente in questa parola tremare una lacrima. In altra circostanza, trovandosi sulla montagna degli ulivi, contemplando Gerusalemme, pianse su di essa: «O Gerusalemme tanto amata... ho voluto radunare i tuoi figli, come la gallina raduna i suoi pulcini... non sarà lasciata di tè pietra su pietra » (Mat., 23, 37). Egli prova questo sentimento dinnanzi all'empietà, all'ingratitudine della sua patria.

Sono queste le lacrime degli apostoli, di coloro che convertono le anime. Il desiderio di fare del bene fa loro maggiormente comprendere la miseria dei poveri uomini. San Domenico piangeva sovente; la sua fisionomia, benché dolce, era soffusa di malinconia. Considerando una città, pensava ai peccatori che vi abitavano, a coloro che scambiavano i beni delle creature per beni veri... Il suo compagno Bertrand de Garigue piangeva spesso come lui sui propri peccati. San Domenico gli disse un giorno: « Basta, ora piangi sui peccati degli altri». Egli pensava che non vi è niente di più fecondo di queste lacrime ispirate dalla vista del male che ferisce le anime; perché significano che si ha sperimentato a fondo il male, e si ha una ardente carità desiderosa di togliere quei peccatori dal fango.

BEATITUDINE DELLE LACRIME \ffJ

Vi sono anche le lacrime causate dai dolori che Dio ci manda. Pene fisiche o morali che talvolta durano a lungo, che non ci lasciano. Malattie che ci immobilizzano davanti al bene da fare, male di coloro che amiamo, particolarmente quando offendono la legge divina e siamo impotenti a richiamarli. Vi è, anche qui, una comunicazione del dono della Scienza. A contatto delle nostre sofferenze, constatiamo la piccolezza del nostro essere, vediamo come contiamo poco e che Dio non ha bisogno di noi. Le sofferenze delle anime che ci circondano ci mostrano la loro povertà se lasciate a se stesse, perché in tutto dipendono da Dio. Noi piangiamo e perciò stesso ci rivolgiamo a Dio per attingere da Lui consolazione; siamo impotenti, Lui solo potrà sottrarre alla miseria umana noi e coloro che amiamo.

Quando entriamo in orazione, non si deve temere di entrarvi con le nostre esperienze personali. Il principale soggetto dell'orazione è Dio;

ecco perché prendiamo un libro che ci parli di Dio, sfogliamo il Vangelo per ascoltare le sue parole e scoprirvi le sue perfezioni, ma noi stessi, la nostra miseria e debolezza, la miseria degli altri, formano anche dei soggetti eccellenti di meditazione. Questi pensieri sono un inizio. Possiamo entrare con essi nell'orazione, e le lacrime che ci

15§ LO SPIRITO SANTO NEÌ^LA VITA cristiania.

faranno versare si cambieranno in gioia. Lacrime salutari che possono avvicinarci a Dio, perché sgorgano da un cuore che sente sino alla sofferenza la miseria delle creature. -

Ecco un primo aspetto, un aspetto essenziale di questa scienza che .governa la vita purgativa, fase dell'orazione nella quale ci si purifica per mezzo di un sentimento doloroso, e della comprensione di ciò che è il disgraziato attaccamento alle creature.

Lo Spirito Santo ci ispira un altro sentimento nei confronti delle creature, che è il secondo aspetto del dono della Scienza, e consiste nel far trasparire da esse la faccia di Dio. Alla vista dei benefizi che scopriamo in noi e attorno a noi, non possiamo dubitare che Dio si nasconda dietro le cose alle quali Egli da il suo splendore.'

Ed eccoci attratti da Dio. Se l'anima però sente l'azione di Dio, non può vederLo; è attratta da luì,-ma non può raggiungerLo. E' una''nuova causa di dolore. L'anima cerca Dio nella notte de' sensi, cerca le sue tracce come la sposa del Cantico che sospira verso il suo Diletto. Ella piange d'angoscia; dov'è il mio Dio che lo possa vedere! E' questa un'altra specie d'orazione caratterizzata dalle lacrime, che non sono più lacrime di pentimento, ma di doloroso desiderio. Lo si vede, ma

BEATITUDINE DELLE LACRIME -[ff)

incompletamente. Lo si sente ma non si può raggiungere. La Santa Vergine, quando ritrova Nostro Signore nel Tempio Gli rivolge questo rimprovero «Che hai fatto?... Tuo padre ed io, piangendo, ti cercavamo » (Lue., 12, 20). La sposa cerca il suo Dio come la Madre cerca suo Figlio, piangendo.

Queste lacrime della ricerca di Dio nelle creature impotenti a donarLo, benché ne tradiscano la presenza, sono ancora un effetto del dono della Scienza che ci da una conoscenza sufficiente per attaccarci a Dio, senza tuttavia rivelarLo. E' la prima notte dell'anima. La notte dei sensi appartiene a questa ricerca. La Sposa cerca il suo Dio nella notte. Essa ha compreso che Dio è dietro a questo velo diafano, ma ella è come racchiusa in un cerchio dall'orizzonte delle creature, e si trova nella notte. Lo Spirito Santo le ha inspirato la volontà di non attaccarsi al mondo; i suoi sensi sono inoperosi; essa vede le creature, ma non vuole sentire che Dio; forza i suoi sensi a rimanere nella notte. E' una situazione dolorosa, questa, di avere i sensi e di non servirsene. Creature ingannatrici, ella dice, ditemi-dov'è il Dio che cerco... E piange.

170 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

III - II dono delle lacrime e l'esperienza cristiana

Le cose suddette sono elevate, ma tuttavia non sono assenti dalla nostra vita. Vi sono dei momenti nei quali la nostra anima ha compreso, gustato questa scienza. Le creature lasciavano abbastanza trasparire Dio, tanto da farceLo desiderare, ma non abbastanza per darceLo. Eravamo di fronte ad immagini impotenti a calmare i nostri desideri. Così gli Israeliti non vedevano il Messia che attraverso le figure: l'agnello pasquale, la pietra, che significava il Cristo dal quale usciva l'acqua viva, la grazia... Il Messia era per essi una grande speranza, ma un velo stava fra Lui ed essi. Le creature ci rivelano Dio e allo stesso tempo ce Lo nascondono. E' un'eccellente orazione, questa ricerca compiuta « nella valle di lacrime » : ricerca dolorosa, sostenuta dalla speranza che il velo sarà lacerato e noi possederemo Dio.

Le lacrime si ricollegano dunque alla seguente duplice scienza: 1 - l'esistenza effimera, la vanità;

la corruzione delle creature; 2 - la maniera con cui possono condurci a Dio.

Vediamo fiorire queste due scienze nell'anima di Sant'Agostino. Già convcrtito, ancora catecumeno però, è seduto in un angolo oscuro del Duomo di Milano e ascolta le gravi melodie di san-

BEATITUDINE DELLE LACRIME 171

t'Ambrogio. Ripassa la sua vita nascosta, le miserie nelle quali ha vissuto, il popolo attratto dai falsi dei, ed anche le creature che l'hanno portato verso Dio: la sua santa madre, nella quale egli discerne come un riflesso della divinità, sant'Ambrogio che gli rappresenta la santità di Dio. E comincia a piangere copiosamente: «Mi facevano bene quelle lacrime», dice. Orazione di raccoglimento: condotto dallo Spirito Santo, egli cominciava la sua nuova vita raccogliendosi nelle lacrime; lacrime sulla piccolezza delle cose della terra, sulla disgrazia per lui di essersi dato ad esse; lacrime di riconoscenza per i benefizi di Dio che si è mostrato attraverso le cose attirandolo a Sé. Con ciò comprendiamo il potere della grazia che ci da lo Spirito Santo ispirandoci la scienza vera delle creature, che ce ne mostra la vanità profonda e il senso relativo, e con questa luce ci distacca da esse per condurci al Creatore.

CAPITOLO UNDICESIMO IL DONO DELL'INTELLETTO

«Signore, dammi VwteWgenssa » (Ps., 118, 144).

/ - Necessita del dono dell'Intelletto

II dono dell'Intelletto è ben differente dal dono della Scienza. Questi due doni rispondono a due difficoltà diverse della nostra fede.

La fede, che è una convinzione delle cose divine messa in noi in modo soprannaturale, è radicata nella ragione che ha per oggetto naturale le creature, e che può elevarsi sino a Dio, ma sempre per mezzo delle creature. Così la ragione chiamerà Dio, Creatore, Provvido; le creature sono alla base delle sue affermazioni, dovendo risalire dalle cose visibili alle invisibili. Di qui la necessità di una grande perfezione della fede che la allontani dalla seduzione delle creature e l'aiuti a tro-

174 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CKISTIÀNA

vare in esse un cammino verso Dio. Il dono della Scienza assicura questa perfezione.

E non è la sola difficoltà. Le cose divine sono inesprimibili. Dio è ineffabile; l'Incarnazione, la Redenzione, superano infinitamente la nostra cognizione, ed ancor più la supera il mistero della Trinità. Non possiamo pensare al Cristo senza fremere, talmente questo mistero del Verbo incarnato ci annienta. Tutto è difficoltà nella fede: i disegni di Dio nella condotta del mondo e delle anime, nel permesso del male, nella predestinazione degli eletti. E non abbiamo a nostra disposizione per elevarci a questa conoscenza che il povero linguaggio umano. Come si può esprimere l'ineffabile? Ne risulta che Dio, pur rivelandosi, deve celarsi sotto un concetto umano come sotto un velo. Quando concepiamo i termini nei quali è contenuta la fede, restiamo alla superficie del mistero, soprattutto se l'uso ne ha indebolito il senso, o se non essendoci familiare, gli diamo un senso grossolano. Di qui la necessità di un altro dono che ci faccia penetrare oltre la superficie della Rivelazione sin nel profondo. Ecco il dono dell'Intelletto.

IL DONO DELL'INTELLETTO 175

II - Ciò che esso è

L'Intelletto è il senso del divino, scoperto non più nelle creature, come fa la Scienza, ma nella Rivelazione e nella dottrina della Chiesa che sono come lo splendore di Dio. Lo Spirito Santo, per il quale niente è nascosto, « che scruta gli abissi di Dio », comunica a coloro che fanno un solo spirito con Lui nell'amore, una partecipazione della sua intelligenza delle cose divine, della sua potenza di penetrazione, non con una nuova rivelazione, ma mostrando loro in una luce veramente nuova ciò che è già stato rivelato.

Cento volte abbiamo letto una parola del Vangelo senza approfondirne tutto il significato; questa per esempio: «Dio ha tanto amato il mondo, da dargli il Suo unico Figlio» (Giov., 3, 16). La crediamo assolutamente però, ma senza penetrarla. Poi, un giorno, è stata l'oggetto della nostra meditazione e d'un tratto ci è apparsa sotto una luce completamente nuova : « Dio... » e ci siamo fermati, penetrando in una grandezza e in una bellezza infinita. Dio ama... Come ci sembrava bella la parola amare riferita a Dio ! Chi ama ? Il mondo, questo mondo così piccolo, così povero, così peccatore. E lo ama tanto, che gli ha dato, sì, «dato», il Suo unico Figlio, nel quale il Padre

176 L0 SPIK1TO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

si è compiaciuto, e di cui ha detto: «Questo è il mio Figlio diletto », Colui che il Padre ha generato da tutta l'eternità, che vive nell'intimità di pensiero e d'amore col Padre e lo Spirito. Che amore incomprensibile! Dio vive nell'amore. Egli ama infinitamente il Figlio suo e Lo dona «sino alla morte di croce»,,a questo mondo... Perché? Perché Egli ama questo mondo, e ritorniamo quindi al suo misterioso e vivente amore... La frase è stata illuminata, ne sono scaturite come da un frutto maturo che si apra, cose mai penetrate. Questa è l'opera del dono dell'Intelletto. Esso « scruta nel profondo », supera la conoscenza della fede che cerca, che aderisce fermamente, ma si arresta alla superfice, scoraggiata dalla grandezza delle cose. Si tratta sempre di fede, ma illuminata dall'Intelletto dello Spirito Santo. Una virtù segreta di questo divino Intelletto passa nella nostra fede attraverso questo dono. . ,.

La manifestazione del dono dell'Intelletto non è un semplice aumento di conoscenza ordinaria, è un'intelligenza cordiale che sente più che veda, che viene dal cuore toccato dallo Spirito Santo;

noi esperimentiamo con gli occhi del cuore. E' proprio sotto la forma di. un gusto: per le cose divine che penetriamo ulteriormente nell'intelligenza dei misteri della fede. « Gustate e guardate »

!"-/£ DONO DÈCL'INTELLETTO 177

(Ps., 33, 9). Gusto e sguardo sono un'unica cosa, uno sguardo pieno d'amore. Noi gustiamo, assaporiamo cose che conoscevamo, ma delle quali lo Spirito d'amore ce ne;dà con intelligenza l'intima comprensione. Entriamo così nel cuore dei misteri. Questo dono era necessario per rimediare alla freddezza, alla distrazione, alla superficialità della nostra fede che viene in tal modo perfezionata dall'irradiazione dello Spirito Santo.

Ili - Manifestazione del donò dell'Intelletto

II dono dell'Intelletto è chiaramente visibile in alcuni momenti della vita di Nostro Signore, allorché istruisce i suoi apostoli. Nel Vangelo vediamo Gesù in continua lotta contro l'ottusità spirituale dei suoi discepoli. Essi credevano, tuttavia, nel loro Maestro, avevano lasciato tutto per Lui, provavano nei suoi confronti sentimenti di devozione; ma come progredivano poco nella conoscenza dei divini misteri!... Avevano fede in un Messia temporale e mantennero le loro illusioni sino all'ultimo. La madre dei figli di Zebcdeo, altro non vede nel regno di Gesù che due buone sistemazioni per i suoi figli, che la pensano nello stesso modo. E il Salvatore risponde : « Non sapete quello che chiedete » (Mat., 20, 20-27). Egli

^78 LO SP1K1T O SANTO NELLA VITA CRISTIANA

ha finito appena di mostrare loro, con una parabola, il regno di Dio, e i discepoli Gli dicono:

«Spiegaci, Signore» - «Eccovi ancora una'volta senza intelletto », replica il Maestro (Mat., 15, 16). Alla fine, dopo l'istituzione dell'Eucaristia, domandano ancora: «Mostraci il Padre». E Gesù risponde: «Come, Filippo, dal tempo che sono con tè, non hai ancora compreso che chi vede Me vede anche il Padre mio! » (Giov., 14, 9). Più tardi però, i discepoli Gli dicono: «Questa volta parli apertamente, non è più un proverbio per noi ». Essi avevano indubbiamente ricevuto un lume del dono d'Intelletto. Così Pietro, che alla domanda del Signore: «Tu pure tè ne andrai? » risponde : « A chi andremo noi ? Tu solo hai parole di vita eterna, sappiamo che sei il Cristo, Figlio del Dio vivente» (Giov., 6, 68-71). Ma, aggiunge il Salvatore, non aveva detto questo da se stesso, il Padre lo aveva ispirato, era ancora un lume dello Spirito Santo. Questo dono, però, ebbe tutto il suo effetto nell'anima degli apostoli dopo la Pentecoste: furono visti allora come ebbri dell'intelligenza delle Scritture e dei divini misteri che predicavano con trasporto.

Noi pure, c.oms: gli apostoli, materializziamo la divinità e il regno di Dio. Le povere parole con cui il Vangelo ce lo rivela sono circondate da

IL DONODELL'INTELLETTO 179

simboli, e noi o rimaniamo alla superficie, o cogliamo l'occasione per concepire idee singolari sul regno di Dio, sulla vita cristiana, sulla vita perfetta. Quante anime rimangono alla superficie, in una specie di penembra, non penetrano a fondo la loro vita cristiana o religiosa!... Religiosi, forse non abbiamo compreso queste parole, che non tutti sono obbligati di capire: «Colui che vuoi venire dietro a Me, rinunci a se stesso... » - Che faremo, se ci sfugge l'essenza delle verità più preziose?

Vi sono diversi gradi nell'intelligenza delle cose divine. Cerchiamo di penetrare sotto l'involucro, sotto l'apparenza dei misteri, dei segni e dei simboli che ci nascondono la presenza di Dio e la sua onnipotenza, se vogliamo avere, assieme ad un'intelligenza più perfetta, un amore più profondo. Poiché nella misura in cui si conosce si ama; la volontà segue l'intelligenza. Se penetriamo questi misteri d'amore, scopriremo Dio al di là dei veli che Lo nascondono. La carità guidata da una fede che vede con il cuore, è più fervente, più costante. Un'attenzione amorosa al senso divino delle Scritture» ci deve disporre al dono dell'Intelletto.

Vediamo in che modo san Tomaso arrivava a questa intelligenza con la preghiera. Meditiamo l'« Adoro tè », per esempio. Come arrivare al cuore

IgQ LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

del mistero eucaristico? Questo mistero è velato, lo sguardo fermato dalle apparenze, l'intelligenza stupefatta. Oh!, se potessimo penetrare nell'intimo dell'Eucaristia, nelle nostre comunioni o quando siamo davanti al tabernacolo! Cerchiamo di comprendere in che modo san Tomaso passava dalla fede all'intelligenza. «Prostrato dinanzi a Tè, Ti adoro, o Dio, veramente nascosto sotto quelle specie, il mio cuore si sottomette interamente a Tè perché, contemplandoTi, vien meno». (I" strofa dell'inno Adoro Tè devote, latens Deitas, Ufficio del SS. Sacramento); II mio cuore vien meno, è lo stato del credente; guardo il tabernacolo e dico: E' troppo forte, questa parola è dura!

« La vista, il tatto, il gusto non Ti intendono, l'udito solo sostiene la mia fede : credo tutto quello che ha detto il Figlio di Dio; niente è più vero della parola della Verità stessa» (Idem V' strofa:

Visus, tactus...) Ecco le cause del mio venir meno:

la vista con la quale mi metto in rapporto con tutto, il gusto, il tatto, mi ingannano. Ma Tu hai parlato; io credo, la tua parola è vera. Tu hai detto: « Questo è il mio Corpo» E' il tuo Corpo! Non Lo vedo, la Verità stessa lo afferma, credo. Poi il santo penetra oltre nel mistero.

«Sulla croce, la divinità sola era nascosta: qui anche l'umanità è celata, tuttavia credendo e con-

IL DÓNO DELL'INTELLETTO Igl

fessando l'una e l'altra, tì chiedo," o Signore, ciò che Ti chiese il ladrone pentito » {In cruce latebat sola Deitas, etc.). E' ancora la fede che si afferma contro le difficoltà.

«Non vedo le tue piaghe come Tomaso le ha viste; eppure Ti riconosco per mio Dio, fa' che la mia fede s'accresca sempre più, che io speri in Tè, che non ami che Tè» {Plagas sicut Thomas non intueor, etc.). Fin qui è sempre il credente che parla: è solida fede ma si manifesta come fede nuda.

D'un tratto san Tomaso si rivolge all'Ostia:

« O ricordo della morte del Signore, Pane vivo che dai la vita all'uomo, dona all'anima mia di non vivere che di Tè e di trovare sempre in Tè la sua gioia e le sue delizie » (O memoriale mortis Domini, etc.). E' il colloquio diretto, non c'è più sforzo per credere. Contemplando il ricordo della morte del Salvatore, egli è nel cuore del sacramento, al centro del mistero. Egli, però, vede ancora delle apparenze, il pane.

« O pellicano, pieno di tenerezza, che nutrì i tuoi figli col Tuo sangue. Signore Gesù, purificami da tutte le mie iniquità col Tuo sangue, di cui una sola goccia può cancellare tutti i peccati del mondo» {Pie Pellicano, Jesu Domine, etc.). San Tomaso penetra oltre, in profondità, vede

182 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Gesù che ha sparso il Suo sangue sulla croce, vede questo sangue di cui una sola goccia può salvare il mondo intero. Non è più la fede nuda, è fede che penetra nell'intimo del mistero, una fede rivestita d'intelligenza.

« O Gesù, che vedo soltanto, ora, attraverso un velo, colma l'ardente desiderio della mia anima:

che un giorno i miei occhi, passando il velo che Ti nasconde, possano gioire svelatamente della vista della tua gloria » (]esu, quem velatum nunc a-spicio, etc.). Ciò di cui ho sete, Signore, è di veder Ti. Fra questo desiderio di vedere Gesù e la rivelazione del Suo Volto, non c'è che un passo. Una fede così penetrante è molto vicina alla porta del ciclo: basta che il velo si abbassi e Gesù apparirà (o si mostrerà).

Con l'Intelletto, con la fede penetrante, con questo gusto divino, con questo sguardo cordiale, arriviamo sino agli ultimi limiti conoscibili del mistero; se fossero superati, saremmo nella visione.

Il dono dell'Intelletto si manifesta visibilmente anche nella vita e nella spiritualità di santa Caterina da Siena. Quando Nostro Signore le parla, lo fa come un maestro che propone ai suoi discepoli verità brevi ma pienamente evidenti: « io sono Colui che è. Riconosci il tuo Creatore. Cammina alla mia presenza». Parole brevi, senza ragiona-

VSC^DONQ DELL'INTELLETTO ^g3

menti, parole rivelatrici... Si comprendono per intuizione, se ne coglie subito il senso, vi si entra come per un salto dello spirito, perché è proprio la caratteristica del suo genio di essere intuitivo. Vi sono in queste formule come degli assiomi di dottrina spirituale analoghi a quelli della filosofia: il tutto è più grande della parte; è necessario che ciò che è, sia... La loro differenza, tuttavia con i primi principi della ragione, sta in ciò che l'intuizione qui è velata. Non vediamo apertamente, ma esperimentiamo oscuramente; siamo certi di queste divine e ineffabili cose per una specie di intuizione che da la conoscenza, ma non lascia vedere; si aderisce più per un gusto che per puro consenso della fede nuda.

IV - Gli effetti del dono dell'Intelletto

Si può facilmente indovinare la pace che acquista la fede con tale penetrazione. Quando lo Spirito Santo manda i suoi lumi che apportano la certezza, il senso e il gusto del divino, si rimane appagati, rassicurati, fermi, è la « dolce tranquillità dell'anima ». La fede non è ancora stabilita nella visione beatifica, ma Dio invia un raggio della sua

lg4 L0 SPIRITO SANTO: NELLA 'VITA CRISTIANA

luce, e non vi è niente come il dono dell'Intelletto, per acquietare l'intelligenza.

Prima l'orazione era agitata; ora basta una lettura, una parola, un'espressione a darci la calma, a dare stabilità al nostro spirito per parecchi giorni. Si tratta di una certa parola del Vangelo che d'un tratto diventa chiara : « Se tu conoscessi il dono di Dio », o di quest'altra: « Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca». Lo sapevamo, ma eccocene penetrati e le nostre azioni ne risentono. Queste profonde intuizioni possono venirci accordate a proposito di quasi tutte le parole del Salvatore, dei suoi atteggiamenti, dei suoi atti, dei suoi stati in riferimento ai sacramenti; si è commossi per la presenza di Nostro Signore nell'Eucaristia, per il perdono nella Penitenza, o anche nell'Estrema Unzione; vi si scopre la manna nascosta, la linfa, la forza di cui si ha bisogno.

Quando si è abitualmente sotto l'impressione del dono dell'Intelletto, si è giunti a ciò che i mistici chiamano orazione di quiete, l'orazione dei gusti divini come dice santa Teresa. Calma, tranquilla, l'anima gusta, penetra, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, la Sacra Scrittura, l'insegnamento della Chiesa, il divino beneficio dei sacramenti.

Questa conoscenza hai i suoi gradi già distinti

li DONO DELL'INTELLETTO ^g5

in precedenza: Dio illumina (irradia) nelle rivelazioni che ci ha fatte, particolarmente nella Sacra Scrittura. Nelle creature diciamo ch'Egli riflette come in uno specchio: non ne riceviamo che un raggio riflesso, ed ecco perché diciamo che dalla creatura saliamo verticalmente verso Dio. Nella rivelazione di Dio, il Figlio suo ci invia come un divino raggio dello Spirito che viene ad incontrare direttamente la nostra fede per vivificarla.

Ora gli oggetti della rivelazione non sono tutti sullo stesso piano, ve ne sono alcuni che ci istruiscono maggiormente. Per esempio, nel Vangelo, alcune parabole ci rappresentano Dio sotto una forma più vicina alla nostra mentalità terrena, come un Padre di famiglia, e il Suo regno come un festino. Non riusciamo, però, a vedervi chiaramente Dio, i suoi attributi, il suo amore, come nel discorso della montagna nel quale le perfezioni del Padre ci vengono direttamente manifestate. San Giovanni ha delle parole, dei tratti nei quali Nostro Signore si rivela o rivela chiaramente il Padre suo: «II Padre mio ed Io siamo uno » (Giov., 10, 30). - « Chi vede Me vede il Padre » (Giov., 14, 9). Si tocca qui il mistero della Divinità e della Trinità. Si mediti attentamente il discorso dopo la Cena, che è una rivelazione della Trinità, la preghiera sacerdotale nella sua

Igg LOSPIRITO SANTO NEVLA VITA CRISTIANA

parte più sublime, e si vedrà che san Giovanni è, dei quattro evangelisti, colui che ci ha meglio svelato il segreto del divino mistero, colui che ci fa penetrare più profondamente nel « cuore » della fede.

Dovremmo seguire questo luminoso sentiero ch'egli ci traccia, cominciando con le espressioni che sono più alla nostra portata, per risalire alle concezioni più alte che toccano i misteri della divinità. Partendo dal piano delle parabole, ci eleveremmo per graduale illuminazione, sino alla rivelazione suprema. Così san Dionigi descriveva l'orazione a spirale che si applica per gradi successivi alle manifestazioni divine, elevandosi sino alle superiori per arrivare più vicino a Dio.

E' l'orazione secondo il dono dell'Intelletto, in san Tomaso, come pure quella dei gusti divini, in santa Teresa: una via che conduce ad una profondità sempre maggiore. Attacchiamoci a queste lezioni del Maestro. Viviamone per mezzo della fede sotto l'impero di un cuore soprannaturaliz-zato. Saremo così governati con più esattezza dallo Spirito che ci comunicherà, in una forma sperimentale e cordiale, qualche cosa di Se, e, se noi siamo docili, giungeremo sino alle profondita di Dio.

IL DONO DELL'INTELLETTO 187

Serviamoci del dono dell'Intelletto per metterci sotto l'ispirazione della Luce dei cuori; la nostra fede non sarà più in stato di ricerca, agitata, sarà invece tranquilla, appagata, felice, pur rimanendo nelle ombre del cammino, perché già filtrerà per essa un piccolo raggio della gloria che ci attende.

•I

CAPITOLO DODICESIMO

LA BEATITUDINE DEI CUORI PURI

«Beati i puri di cuore perché vedranno Dio* (Mat., 5, 8),

I maestri di cui seguiamo l'insegnamento, collegano la beatitudine dei cuori puri col dono dell'Intelletto. Non si vede subito il legame; per avvertirlo, bisogna comprendere il significato speciale che riveste qui l'espressione: «Cuore puro».

I - II nostro cuore

L'espressione suddetta può essere intesa in due maniere. Intanto, un cuore è puro, ossia ha la virtù della purezza, quando è svincolato dagli affetti violenti, dalle passioni sregolate dell'amore e,

190 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

perciò stesso è preparato a ricevere meglio la verità divina. « L'empio non ha voluto comprendere, per timore di essere obbligato a ben fare », dice la Scrittura (Ps., 35, 4). E' certo che gli affetti malsani hanno il loro contraccolpo sull'intelligenza. Si giudica secondo le disposizioni del proprio cuore, e l'uomo carnale non amando le cose divine, perché i suoi piaceri sono il suo Dio, non può giudicarle rettamente. Questo primo significato è vero. Non è però esattamente il dono dell'Intelletto che rimedia a questo difetto di purezza;

secondo san Tomaso, il compito spetta ai doni affettivi, operanti nella parte appetitiva, principalmente al dono del Timore.

A quale purezza allora intendono riferirsi, qui, sant'Agostino e san Tomaso? La parola cuore ha due significati. A volte indica l'affetto, la inclinazione alle cose amabili. Altre volte indica invece il fondo (l'essenza) del nostro essere, così come diciamo il nocciolo di un frutto, il nocciolo della questione. E' in tal senso che dobbiamo considerarlo nel nostro testo: il fondo dell'anima u-mana, la sua mentalità profonda, la « mens », lo spirito, e particolarmente la ragione illuminata che deve guidare tutto nell'uomo, anche la volontà. Ciò è solo in apparenza un paradosso, ma in realtà l'intelligenza è il cuore dell'uomo, ossia ciò che

LA BEATITUDINE DEI CUORI PURI \<)\

in lui vi è di più profondo. E' in essa quindi che bisogna cercare questa beata purezza di cuore, purezza che d'altronde, per conseguenza, purifica la volontà e gli affetti.

L'intelligenza umana può non essere pura; può essere impacciata, impedita, sia dalle immagini provenienti: dai sensi, sia dall'errore. Secondo i Dottori, lo Spirito d'Intelletto ci libera con la sua azione dai « fantasmi immaginar! » che noi uniamo confusamente all'oggetto della fede, di cui circondiamo la persona del nostro Dio, e dagli « errori » che potrebbero, teoricamente e praticamente, allontanarci dalla vera dottrina.

II -II lume purificatore

Questo lavoro di purificazione lo si vede in alcune circostanze del Vangelo. Gesù appare ai suoi discepoli sul lago di Genezaret (Mat., 14, 22-23); essi Lo scambiano dapprima con un fantasma. Gesù dice loro: « Sono Io », e Pietro col cuore commosso dice timidamente : « Signore, se sei Tu ordina ch'io venga a Tè caminando sulle acque ». Egli non è affermativo, ma la prima illusione è già diminuita; vi è in questo grido più intelligenza che nella prima esclamazione: «E' un fantasma». Qualche, tempo dopo (Giov., 21), Gesù si mostrerà

192 LQ SPIKITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

sulle rive dello stesso lago, e subito Giovanni dirà:

«E' il Signore». Ecco l'opera del dono d'Intelletto. Ne vediamo qui il progresso per gradi : « E' un fantasma... Se sei Tu... E' un esempio ciò dell'azione dello Spirito Santo. Per mezzo suo, siamo liberati dalle nostre idee vaghe, confuse, false, sulle cose divine; con il cuore puro le vediamo come sono, tanto quanto esse possono essere viste.

Vizio opposto all'Intelletto è la cecità dello spirito. Era lo stato d'animo dei farisei: « Essi hanno una dura cervice», diceva santo Stefano, il loro spirito è ottuso per la superbia, sono ciechi e capi di ciechi, perché non vedono che se stessi, la loro eccellenza, la loro tirannia sul popolo. Nostro Signore diffondeva la Sua dottrina, operava miracoli, e più Egli si affermava, meno essi volevano vedere. Cecità volontaria, senza rimedio che fa un dio del nostro io. Tali cuori possono diventare puri? Abbiamo nella Scrittura esempi di simili conversioni, f Dio, nella sua misericordia e onnipotenza, ha cambiato totalmente questi stati d'animo. San Paolo, fariseo e figlio di farisei, avido di persecuzione, improvvisamente griderà: « Signore, che cosa vuoi che io faccia?». E' un miracolo che ci mostra, però, in tutto il suo splendore la potenza del dono dell'Intelletto e quella beata purezza di cuore che succede alla cecità.

LA BEATITUDINE DEI CUOS1 PURI 193

All'azione improvvisa della luce operante col miracolo, si oppone la conversione progressiva della buona volontà che cerca d'istruirsi e di uscire dalla sua cecità. Ne troviamo pure degli, esempi, nel Vangelo.

Ecco, per esempio, la condotta così commovente di quell'eccellente fariseo che era Nicodemo (Giov., 3, 1-22). Egli è stato colpito dalla dottrina del Maestro, sino a volerla approfondire. Non è molto coraggioso, va dal Maestro durante la notte. Il suo discorso assomiglia un po', sulle prime, alle parole insidiose dei farisei: «Maestro, sappiamo che sei un Dottore venuto da Dio, poiché nessuno potrebbe fare i miracoli che Tu fai, se Dio non fosse con lui». Tuttavia, egli cerca di uscire dalla

cecità della sua razza. Il Signore, allora, lo illumina, purifica la sua mente dai pensieri grossolani che l'accecano: «Se tu non nasci un'altra volta, non potrai veder il segno di Dio ». Nicodemo non capisce questa espressione, non vede in essa che un significato grossolano: «Come può rinascere un uomo già vecchio? Può forse rientrare nel seno di sua madre e nascere di nuovo? ». Nostro Signore comincia a rivelargli il mistero: «Se uno non; rinasce per l'acqua e per lo Spirito,, non può entrare nel regno di Dio ». Egli spiega in che modo si può nascere per lo Spirito: «Lo Spirito soffia

194' L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

dove vuole, si ode la sua voce, ma non sai ne donde venga ne dove vada. Così sarà chiunque è nato dallo Spirito». Nicodemo comprende sempre meno: « In che modo può avvenire ciò ? ». Nostro Signore gli da altre spiegazioni e gli dice la grande verità : « Dio ha così amato il mondo da dargli il suo unico Figlio, affinchè ogni credente in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna». Il Vangelo non dice il risultato di questo colloquio, ma sappiamo che Nicodemo, con Giuseppe d'Arimatea, non ha acconsentito alla morte del Salvatore e che la Chiesa, nel martirologio, lo enumera fra i suoi santi...

Al capitolo seguente dello stesso Vangelo (Gio., 4), abbiamo un esempio simile di inintelligenza, mista a una sfumatura di malizia e di civetteria, nella Samaritana. Il Signore è là, seduto sull'orlo del pozzo, e le dice semplicemente : « Dammi da bere». La Samaritana Gli risponde: «Ma come! Tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono samaritana?» Gesù insiste: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti domanda da bere, tu stessa Gli avresti chiesto da bere, ed Egli ti avrebbe data acqua viva ».

Ella non vuole capire: « Signore, non hai niente per attingere, e il pozzo è profondo; donde a-vresti allora quest'acqua viva? » E' la cecità della

LA BEATITUDINE DEI CUOEl PORI -[(^

mente che non comprende.e che, in un eerto senso,

non vuoi comprendere.

« Sei tu forse da più di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo?» Gesù le risponde affermando la sua missione pubblica, e le rivela il mistero della grazia: «Chi beve di quest'acqua avrà ancora sete; ma chi berrà dell'acqua che Io gli darò non avrà più sete, e l'acqua che gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua zampillante sino alla vita eterna». Essa allora, scherzando indubbiamente, Gli risponde : « Signore, dammi di quest'acqua, affinchè non abbia più sete, ne venga sin qua per attingere» - «Ebbene! va', le dice Gesù, chiama tuo marito e ritorna qui » - « Non ho marito». «Hai risposto bene, riprende Gesù, tu hai avuto cinque mariti, e quello che hai adesso non è tuo marito; in questo hai detto il vero» -« Signore, riprese la donna, vedo che sei un profeta». E subito ella pone la domanda: «Dimmi:

i nostri padri hanno adorato su questa montagna, e tu dici che il luogo dove bisogna adorare è in Gerusalemme, che significa? » - « Credimi, donna, risponde il Maestro, è venuto il tempo, che ne su questo monte, ne in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi a-doriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l'ora viene, anzi è questa,

Ì9g LO SPÌRITO SAMÒ NELLA VITA CRISTIANA

in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Che il Padre vuole tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che l'adorano debbono adorarLo in spirito e verità », La donna comprende: « So che viene il Messia, e quando sarà venuto ci an-nunzierà ogni cosa». Ella non aspettava che la parola seguente: «Ìo che ti parlo son desso», e lascia l'anfora, e va a cercare i suoi amici : « Venite a vedere un uomo il quale m'ha detto tutto quello che ho fatto, egli è il Messia ». La sua intelligenza è finalmente purificata dall'errore, ma che amnai-rabile pazienza ha avuto il Salvatore, per'condurre quel cuore in piena luce!

L'adorabile storia continua anche ora. Non bisogna credere che tali cose non succedano più; si ripetono per via della grazia nelle anime cristiane che cercano di approfondire il divino mistero. Un continuo lavoro di purificazione viene compiuto nella Chiesa, unito a una continua ascesa verso la luce purissima.

I nostri spiriti rassomigliano a specchi deformanti. La nostra intelligenza, pertanto, è fatta per la verità, ma porta in sé la ferita dell'ignoranza; essa ha tendenza a deformare gli oggetti, soprattutto quando esce dalla sfera che le è familiare per introdursi nel mondo spirituale, e più ancora in quello soprannaturale. Noi vi traspor-

LA BEATITUDINE DEI CUORI PURI

197

riamo le, Bostre immaginazioni e la nostra maniera di pensare, che sono il risultato di idee personali e di passioni grossolane. Fatalmente, quindi, ne seguono delle deformazioni, e se vi aggiungiamo la cattiva volontà, queste deformazioni possono essere considerevoli. La storia della teologia le constata soprattutto negli eretici.

Ili - L'opera di purificazione necessaria

Fra le eresie moderne, accenniamo a due che hanno per oggetto la nostra stessa vita soprannaturale: il Giansenismo e il Quietismo. Questi errori ci permettono di precisare ancora questo punto di dottrina.

All'inizio, i Giansenisti potevano aver ragione di reagire contro il rilassamento dei costumi, i disordini della corte, gir scandali dei grandi. Essi, però, si sono fatti una idea terribile di Dio. Non hanno visto in Lui che il Giudice, riducendo il più possibile la salvezza che Egli aveva portato agli uomini. Tali eccessi corrispondevano al loro temperamento; ma provenivano anche dal fatto che essi, volendo riformare i costumi, vi si erano attaccati come a un compito personale, cercandovi la \oso propria gloria. Così essi furo'no causa per la

198 LO .SPIRITO-SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Francia di rovine, durate sino alla metà del secolo scorso, opprimendo, spaventando le coscienze e chiudendo il cielo. Vi fu un errore palese nella loro mente: essi non ebbero l'intelligenza degli insegnamenti della Chiesa. Questa eresia, per fortuna, è morta, ma ne è rimasto, tuttavia, un riflesso in alcuni spiriti. Nella stessa vita religiosa, vi sono anime portate ad una severità opprimente, scrupolosa. Questo rigore eccessivo fa del male:

perché è contrario alla verità e alla carità. Altri si ergono sempre a censori e giudici. Anche certi superiori, pur con eccellenti intenzioni, ci mostrano continuamente un Dio severo, mentre è soprattutto il Dio misericordioso. Oh! Se il loro Dio fosse mai vero...

Il Quietismo sta all'opposto. Qui, ci si perde nel puro amore, dove non c'è più peccato. Amando Dio di un amore assolutamente disinteressato, si rinunzia ad ogni speranza, perfino al ciclo, perché ciò sarebbe impurità. Si è abbandonati, liquefatti : è il riposo completo in Dio assicurato contro qualsiasi ritomo su di sé. Questi eretici non vedono in Dio che la bontà, la dolcezza, la misericordia. Essi non hanno imparato queste cose nella Sacra Scrittura. Nostro Signore aveva certamente il cuore misericordioso, ma ha detto pure: «Vegliate, non sapete l'ora, nella quale il Maestro

LA BEATITUDINE DEI CUORI PURI ^00

verrà» (Mat., 25, 13). E ci indica le vergini stolte messe alla porta del paradiso.

Questi errori grossolani possono influenzarci praticamente, senza che la nostra intelligenza vi aderisca nella dottrina. Vi sono dei cristiani, ed anche dei religiosi e delle religiose, che, per il loro spirito largo, sono tentati di riposarsi interamente nel Signore per una falsa quiete. Nei novizi, per esempio, si può riscontrare questa affettuosità che è come la trasposizione nella vita soprannaturale di sentimenti che non si possono più provare nei confronti delle creature. Essi si immergono in uno stato d'amore sentimentale e cercano sensibilmente in Dio un amico del cuore;

vorrebbero provare in questa divina amicizia le soddisfazioni che avrebbero trovato troppo umanamente nel mondo, e, trasponendo il loro bisogno d'affetto, si riposano mollemente nell'intimità di Gesù presente nel Tabernacolo, dimenticano l'austero dovere di stato, non si preoccupano abbastanza delle esigenze della Regola, degli obblighi precisi che impone l'amore autentico.

Ecco degli errori gravi, ecco ciò che si può intendere per fantasmi dell'immaginazione, dai quali la nostra mente deve essere purificata, poiché ci privano di quella conoscenza profonda, chiara dell'insegnamento divino, che è la sola viva e. vera.

200 LO SPIRITO'SANTO NELLA VITA CRISTIANA

Una tale cecità sarebbe dannosa per la carità, poiché la fede autentica non è disgiunta dalla carità autentica. Sarebbe egualmente dannosa per i costumi, poiché conduce le anime a commettere peccati che non esistono, a vivere nell'inquietudine o anche nella disperazione o, per eccesso contrario, a commettere colpe che non si crede ; di fare, a trascurare il dovere reale.

Vi sono altri esempi. Alcuni protestanti hanno cercato di spiritualizzare tutto; volendo svincolarsi da qualsiasi idolatria, non hanno più niente che soddisfi il cuore. I loro templi, soprattutto quelli antichi, sono disperanti per la loro freddezza; il loro Dio è duro, il loro Vangelo arido, inculcano rigidamente nei loro figli dei principi morali senza amore. Ma hanno cuore costoro? Non sono questi gli adoratori in spirito e verità che il Padre desidera.

In un certo senso, però, non si va anche da noi materializzando la religione ? Quanti Cristiani stagnano in devozioni che non hanno niente di spirituale ! Conosciamo quelle devote che non possono scoprire una confraternita, uno scapolare o un cordone, sentir parlare di un pellegrinaggio, senza essere impazienti di desiderio. E' il loro modo di intendere la religione. Certo, la S. Chiesa benedice le medaglie, approva le confraternite, santifica que-

LA BEATITUDINE DEI CUORI PURI 201

ste cose che non sono quindi dei feticci, perché essa conosce il cuore umano bisognoso di appoggiarsi sul concreto e di materializzare tutto. Non ha forse Nostro Signore stesso, nelle parabole, come materializzato la sua dottrina, e nei sacramenti, la grazia ? La Chiesa approva, duncjue, questi aiuti esterni della pietà che non sono, però, l'essenza della religione. Si debbono permettere alle persone deboli, ai bambini, come un soccorso per condurli a un culto più intimo. Ma bisogna vedere le preferenze della Chiesa, il posto che occupa per essa la Trinità, col «Gloria» che termina ogni salmo, con le venticinque domeniche che Le vengono consacrate; il posto che la Chiesa da ai misteri dell'Incarnazione e della Redenzione; si tratta di misteri, dell'essenza profonda dei misteri, benché essa consenta a costruire presepi, calvari o statue, per soddisfare i bisogni della nostra natura umana composta di corpo e di anima.

Se la nostra religione si esprimesse interamente e solo nel materialismo dei segni e dei simboli, sarebbe manifestazione di inintelligenza. Dobbiamo dunque servirci di queste devozioni soltanto nella misura che ci è necessaria per trovare Dio, ma non facciamo della religione una questióne di devozioni. Così anche in questo campo lanostra

- 202 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

mente può essere ingombra di errori e fantasmi, dai quali dobbiamo purificarci.

Vi sono altri errori. San Pietro non comprendeva il mistero della Croce, e quando Nostro Signore parla della sua Passione, cerca di allonta-narLo da essa. Il Salvatore è obbligato a dirgli:

« Allontanati da Me, Satana, perché non capisci niente delle cose del Regno di Dio » (Mar., 8, 33). San Pietro ha degli imitatori. Le parole della Scrittura ci rivelano la via dolorosa della Croce. Vi sono anime che non intendono quelle parole e vogliono sostituirle con altri precetti nei quali la natura trova la sua soddisfazione. Si vedono anime religiose che hanno idee che non sono in armonia col mistero della Passione. Questo errore proviene dalla nostra repulsione per la sofferenza, che è un frutto dei pensieri e degli esempi del mondo.

IV - II cuore puro

Per essere liberata dal suo errore, per veder chiaro, l'anima deve essere docile allo spirito d'Intelletto che la spinge a ritemprarsi nel santuario della carità vera, ad amare Dio al disopra di ogni cosa, a ritornare al dono completo di sé per elevarsi in tal modo all'intelligenza delle verità della fede. Uscendo da questo santuario dell'amore, del-

LA BEATITUDINE DEI CV OSI PURI 203

l'unione a Dio, essa non camminerà sola, lo Spirito d'Amore la seguirà e le darà un'intelligenza profonda, sperimentale delle verità della fede. E-gli le mostrerà quanto il Signore è misericordioso e giusto ; le darà l'attrazione della Croce, rendendo luminosa l'espressione : « Bisogna rinunziare a se stessi, portare la propria croce ». Egli le farà vedere un Salvatore che non è soltanto umano, ma che possiede la maestà di Dio, perché se diciamo: « C or Jesu bonitatis infinitae », diciamo pure: « C or ]esu majestatis infinitae ».

L'anima, guidata da un'intelligenza profonda, andrà verso la salvezza non più con timore, ma con fiducia ed amore. Quando lo Spirito è presente, la carità ne è illuminata, l'uomo è perfetto. Quando lo Spirito manca, l'anima è soggetta agli errori. Lo Spirito non fa solo conoscere, guida anche nella pratica, perché si ama ciò che si' conosce e in base alla profondità di tale conoscenza. L'anima che vede mediante lo Spirito che ama, è liberata.

La fede, la fede certa e senza ombre è un fratto dell'Intelletto. E non c'è niente di più prezioso di questa fede liberata, per metterci all'altezza dei nostri doveri e delle difficoltà che incontriamo nel loro compimento. L'anima così illuminata sul suo dovere, racchiuso nella Scrittura, nel Vangelo, co-

204 LQ SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

me nella Regola, non può più arrestare il suo slancio.

Per raggiungere questa vetta, è necessario passare attraverso le prove della notte dello spirito. Niente è duro come il rinunciare a un'idea cara, a un'immagine amata e familiare, a una maniera di vedere alla quale la nostra personalità e il nostro orgoglio si sono attaccati. E' un effetto dell'Intelletto il rinunciare alle nostre idee personali per penetrare la parola di Dio sotto tutte le sue forme, com'essa è in realtà e non come ce l'immaginiamo noi, o come vorremmo che fosse. Quando questa purificazione si produce in un'anima, sembra che le venga tolta la sua intelligenza naturale, le sue abitudini mentali, la sua profonda maniera d'essere, una parte della sua persona, ciò che forma il fondo più misterioso dell'essere: il nostro pensiero. Quando lo Spirito Santo opera tali purificazioni nella nostra intelligenza, ci fa sentire che ciò che costituiva per noi l'occhio della mente non esiste più;

Egli ci toglie perfino ciò che sembrava elevarci verso Dio, le immagini, le idee imperfette che facevano un'unica cosa con la nostra fede, simile, però, a una lega impura. E' questo stato che viene ravvicinato alle notti dello spirito. La nostra mente, umiliata, immersa nelle tenebre, deve rinufì-ziare alle sue idee preferite, alle occasioni di errori,

LA BEATITUDINE t>Sl CUÒRI PURI _ 205

all'inseguimento delle immagini, per aderire alla pura e nuda verità. Lo Spirito Santo, per darci il suo puro insegnamento, ci distacca dalle nostre idee personali sulla dottrina, sulla devozione, sul-l'obbedienza, idee che spesso provengono da un fondo di amor proprio, dal temperamento, dalle passioni. Ci sembra allora che ci venga tolta la luce stessa degli occhi. Ma coloro che hanno il coraggio di fare questo spogliamente, hanno il cuore puro, il loro spirito è libero dalle false immaginazioni, dagli errori dell'amor proprio. Essi contemplano il vero Dio, si elevano ai vertici della fede per mezzo di una vista più penetrante; adorano il Signore in spirito sin da quaggiù, in un'esperienza saporosa, e, gustandoLo, hanno di Lui una conoscenza più profonda. E' il preludio della luce della gloria e della visione beatifica. Il dono dell'Intelletto non sarà d'altra parte assente da tale visione. Esso da all'anima del beato una comprensione più profonda, più intima dei misteri di Dio contemplati nell'Essenza divina. Lo Spirito Santo continuerà in ciclo a purificare quest'intelligenza beatificata, non più dall'errore o dalle immagini, ma dall'ignoranza, «a nescientia». Esso contribuisce a farla penetrare oltremodo nell'Essenza divina, in quel Verbo che sarà la ricompensa e la gloria degli eletti.

CAPITOLO TREDICESIMO IL DONO DELLA SAPIENZA

« O. immensità profonda delle ricchezze ili. Dio» (Kom., 2, 33).

I - Punto di partenza

Prima di penetrare nella suprema regione accessibile sulla terra alla nostra intelligenza guidata, spinta dallo Spirito Santo, prima di parlare del dono della Sapienza, per il quale entriamo definitivamente nelle profondità di Dio, rimettiamoci nello stato di spirito nel quale ci stabilisce l'ispirazione dei doni della Scienza e dell'Intelletto. E' lo spirito di fede, « fides », ma non più la semplice virtù della fede, bensì la fede «perfezionata» da un frutto speciale del dono dell'Intelletto, che noi chiamiamo anche col nome di «fede». L'esercizio abituale di questo dono di luce conduce la virtù

208 L0 SPIKITO SANTO NELLA VITA CRÌSTIANA

della fede alla sua perfezione ultima e felice, ed è un frutto saporoso che da all'anima il godimento della divina certezza. Questo frutto è dunque fede per eccellenza, fede sicura, ben illuminata, che non ha più quel movimento ondeggiante dell'inizio, ma che va verso il suo oggetto con chiaro assenso. L'oscurità della fede, sotto i'azione di Dio, viene rischiarata da bagliori e, giunta a questo grado, la notte brilla come il giorno, per le tante delizie che in essa regnano (Ps., 138), e perché l'anima sperimenta Dio attraverso le creature e la rivelazione donde Egli irradia. Questa fede è un mare di delizie per la carità. Guidata da una fede che non cerca più, ma la cui notte è rischiarata dalle illuminazioni dei doni di Scienza e di Intelletto, la carità è paga. I santi nei quali si sviluppano questi doni, sono nell'orazione di raccoglimento e di quiete. L'anima non è più tormentata dalle creature; essa vede, grazie a tale scienza, la sua piccolezza e il suo peccato, e se ne allontana. Attraverso se stessa, vede Dio e risale sino a Lui. Con questa prima guida, la fede è diventata gioiosa, limpida;

si è liberata dal fardello delle creature. Col dono dell'Intelletto, si slancia nel mondo delle rivelazioni divine, non ostacolata dalle nubi dell'immaginazione che la .costringono, per fissare Dio che, è spirito, liberata dagli. ;errori.dell'anaorpro-

IL DONO DELLA SAPIENZA 209

prio; ella penetra profondamente il senso dei misteri religiosi, per mezzo di un sentimento del cuore che è luce, e gusto divino nel quale passa la luce dello Spirito Santo: stato beato per la fede che sperimenta tali cose.

L'illuminazione della notte della fede è associata, come è già stato detto, a penosi distacchi (o strappi). Bisogna rinunziare ad abitudini che ci sono care, al nostro modo di vedere, alla luce dei nostri occhi. E' la notte dei sensi che sono condannati a rimanere silenziosi, essi che sono così vivi! E' la notte dello spirito, condannato a non ragionare più, esso così raziocinante! Nonostante queste mulilazioni, la luce dello Spirito Santo cresce. Allo stesso modo il vento spazza le nuvole e il sole appare. La luce divina si apre il cammino in mezzo alle pene dell'anima, la quale è beata di sentirsi in contatto col suo vero Dio; felice nella sua carità che poggia sulla grazia di Cristo e illuminata dai doni della Scienza e dell'Intelletto, è portata a credere fermamente, con perfetta certezza.

II - Necessita del dóno della Sapienza

Quanto detto sopra è il termine ultimo della nostra vita contemplatiya, della vita d'amore sulla

210 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

terra? No. Nonostante quei lumi, la carità sente ancora un bisogno. San Paolo ce ne da la ragione:

« La carità non muore » (I Coi'., 13, 8). La fede e la speranza spariranno al momento del nostro ingresso in ciclo. Come la nostra anima che è immortale, la carità, che ha in essa la sua sede, non sparirà. Bisogna che la fede cessi per la visione, la speranza per il possesso; la carità è ugualmente vera nell'assensa dell'oggetto amato che nel possesso. E' la stessa anima con lo stesso amore, la quale ama Dio sulla terra e l'amerà in ciclo. Una sola cosa è cambiata: quaggiù la carità è guidata dalla luce della fede; nel ciclo, dalla chiara visione. Differenza considerevole dal punto di vista della conoscenza di Dio, ma è la medesima carità: in ciclo, carità esaltata, consumata; qui, carità in movimento, a causa della fede che la guida verso il suo ultimo termine.

Perché, allora, il cuore cristiano soffre sulla terra? La ragione di questa sofferenza, di cui si parlava più sopra, è chiara. Sin da ora, la carità è fatta per il ciclo, alla misura del ciclo, alla misura di un Dio visto faccia a faccia, in tutta la sua stupenda bellezza. Ella ha delle virtualità infinite che non può sviluppare quaggiù, pur col soccorso dei doni -della Scienza e dell'Intelletto. Le idee con le quali guardiamo Dio appartengono al crea-

IL DONÒ DELLA SAPIENZA '^1

to, al limitato, al finito. Ora la carità della terra vorrebbe mirare Dio infinito, in quanto infinito, ed essa Lo conosce in una maniera così imperfetta! « O grandezza, o profondità delle ricchezze di Dio!».

La carità vuole dunque che Dio le venga mostrato faccia a faccia. La fede, frutto del dono dell'Intelletto, per quanto stabile, non può mostrar-glieLo così. In conseguenza di ciò, vi è nella carità un'ampia capacità d'amore che non è soddisfatta.

E' a causa di ciò, d'altronde, che sulla terra la carità è un amore di Dio al di sopra di tutto. Esaminando tutte le creature che amiamo, vediamo che Dio le supera, che niente è paragonabile a Lui. Ciò tuttavia è qualcosa di puramente negativo, non è ancora l'amore di un infinito visibile, percepito nella profondità delle sue meraviglie. Per conseguenza, la carità rimane inappagata, sinché segue la fede, pur illuminata dai doni che la fortificano, togliendo gli ostacoli e mettendo il suo oggetto in pieno valore. Che farà dunque la carità imprigionata dalla fede? Colui che ama Dio, tormentato da questa sproporzione tra la luce finita che lo guida e l'infinito istinto del suo amore, ritornerà verso il proprio cuore per trovarvi un movimento d'amore che sfugga a questa stretta della fede. Se fosse possibile trovare

212 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

sulla terra una luce che ci facesse sentire il Divino, non più in modo negativo ma positivamente!

Nella sua stessa carità, nella sua virtù della carità, l'anima non potrà trovare questa luce; la carità è amore, non luce, essa è fatta per seguire la fede. Ma al di là della carità, vi è il suo Creatore. «L'amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo, che ci è stato dato con essa » (Rom., 5, 5). Lo Spirito Santo inabita nell'intimo delle anime sante e la sfera su cui esercita il suo influsso, è quella carità che è qualcosa di Lui stesso, e Lo rappresenta nel cuore dell'uomo. Egli veglia su di essa, la circonda di cure, la muove incessantemente, trova il mezzo di donare alla carità della terra un lume che, in certo senso, supera quello della fede.

Lo Spirito Santo vede Dio faccia a faccia, profondamente. Dio non ha per Lui quella inaces-sibile altezza, profondità, grandezza di cui si inebriava S. Paolo. Egli è alla stessa altezza. Egli è Dio. Nell'anima ove inabita, trasmetterà, mediante un impulso, un'ispirazione, qualche cosa di questa visione faccia a faccia, che forma la sua felicità;

noi abbiamo un dono per ricevere questo-impulso:

il dono della Sapienza;

IL DONO DELLA SAPIENZA 213

IH - Oggetto e attività della Sapienza

L'ispirazione della Sapienza non è altro che una mozione dello Spirito Santo, col quale Egli ci comunica, per là via del cuore, come una esperienza della visione celeste.

Si rimane sempe nella sfera della fede: è la fede che determina l'oggetto del nostro amore. Ma lo Spirito Santo infonde in maniera cordiale, sperimentale, una conoscenza dell'oggetto della fede, che ci fa penetrare, sentire non con gli occhi del corpo, ne con quelli della mente, ma con gli «occhi illuminati del cuore», l'infinito di Dio, quell'« al di sopra di tutto » che è la legge stessa della carità. Questa è un'esperienza oscura dell'immensità divina. L'anima che è sotto l'azione di tale ispirazione si inabissa, si immerge ih una conoscenza intensa del « tutto » di Dio. Essa, in un certo senso, sperimenta Dio. Essa è molto al di sopra di ciò che la fede, pur aiutata dal dono dell'Intelletto, le rivela in termini precisi. Con questa conoscenza, si prostra in attitudine di adorazione dinanzi all'immensità divina. Pur continuando a credere, essa rinuncia ad usare le espressioni della fede, a fissarsi nei suoi concetti, per perdersi in un sentimento intenso d^lla trascendenza divina. Noi

214 L0 SPIRITO SANTO. NELLA VITA CRISTIANA

non vediamo, ma questa conoscenza del cuore, questa esperienza, equivale alla visione, perché è una partecipazione della visione dello Spirito Santo, il quale testimonia in noi, che ciò che sentiamo è la verità.

Quando, nell'orazione, abbiamo. fatto oggetto della nostra fede una verità suprema, per esempio:

«Io sono Colui che è», oppure: «Dio è Carità», e il dono dell'Intelletto ce ne svela il profondo significato, noi penetriamo sempre più, ripetendo «Dio.è»; io, niente, un puro nulla. Lui, è: è eternamente, infinitamente: è Colui che è... D'un tratto, superando questo pensiero, proviamo il bisogno di prostrarci in un sentimento di adorazione dinanzi a Colui la cui profondità ci è così rivelata. Il pensiero della Scrittura sparisce dal primo piano della conoscenza, dove è come alla portata della fede esplicita; scompaiono pure i concetti che l'esprimono, e l'intelligenza, come da un trampolino, si slancia e si prostra dinanza all'Essere di Dio;

non vi è più che una adorazione, un «amen», un moto dell'anima che si perde in Dio. Essa rinuncia momentaneamente ad ogni concezione definita, anche a quelle che l'hanno condotta allo stato attuale. Ecco dunque l'atto del dono di Sapienza: lo Spirito divino ci fa fare un atto di

IL DONO DELLA SAPIENZA . ^5

intelligenza verso Dio, degno dell'Essere di Dio, della Sua trascendenza. Non è un atto della mente che pensa positivamente, ma della mente che rinuncia a pensare, a concepire. In ciclo, penseremo e vedremo nel lume di gloria; quaggiù siamo nella stretta della fede; sfuggiamo ad essa umiliandoci nell'adorazione. E' il solo atteggiamento dello spirito adeguato alla profondità divina. Non diciamo niente, non pensiamo niente, ma il nostro atteggiamento intellettuale proclama: «O profondità delle ricchezze divine!».

Ecco fin dove può condurci lo Spirito di Sapienza. Ciò dura un istante; è un breve rapimento, un volo dello spirito, come un rapido salto. Ricadiamo prestissimo sul terreno della fede. Poi ricominciamo. Come dice San Francesco di Sales, prendiamo, terra sul suolo della fede, ci rianimiamo con un buon pensiero, raccogliamo le forze per risalire ancora.

E' un atto che non può durare perché appartiene allo stato degli eletti; esso ci pone nell'atteggiamento proprio di coloro che vedono, e sulla terra non si può a lungo sostenere simili stati, sono stati angelici. Tuttavia, grazie a Dio, esistono. Abbiamo provato che bisogna superare ogni creatura, ogni espressione creata di Dio, abbiamo sentito questa specie di «uscita da tutto». Non è l'estasi,

216 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

stato straordinario, ma un'uscita totale dalle creature. Non si vede niente, l'ora dell'incontro faccia a faccia non è ancora suonata. Si còglie, tuttavia, l'idea che Dio supera assolutamente ogni creatura, ci si sente piccolissimi di fronte a Lui, si è soggiogati dalla grandezza dei suoi attributi, si ha la conoscenza intuitiva, sensibile, intensa del suo Infinito, e ci si prostra in adorazione.

E' l'atto più sublime, più prossimo alla visione degli eletti. Lo si ottiene rinunciando alle risorse proprie dell'intelligenza umana, ai perfezionamenti che l'arricchiscono, con uno spogliamento totale, per diventare un essere che si prostra nell'adorazione dinanzi all'Essere divino.

Ma quanto dolore è necessario per acquistare simile luce dallo Spirito Santo! Bisogna, infatti, che il nostro spirito si sloghi intcriormente, che si dilati sino a distendersi, per avere un contatto con l'Infinito così com'Egli è. Vi è allora un momento terribile, quello chiamato dai mistici «la grande tenebra». Abbiamo perduto tutto ciò che ha fatto la luce dei nostri occhi. Bisogna rinunziare ai procedimenti naturali della nostra mente, all'evidenza; bisogna, in un certo senso, annientare l'atto dello spirito che si compiace in ciò che vede. E' doloroso, ma questa sofferenza genera una grande gioia. Questa totale docilità che giunge sino al-

IL DONO DELLA SAPIENZA 217

l'estremo della rinunzia e delle forze dello spirito, rende a Dio il solo omaggio degno della sua Maestà. '

IV - Effetti sublimi del dono della Sapienza

Quando lo spirito è così prostrato (nell'adorazione), l'anima è nel gaudio. Questo movimento è come infinito: non si sa fino a quale profondità può giungere l'anima in tale adorazione: l'abisso è senza fondo. E la carità si eleva così a gradi sempre più alti, senza misura: essa è appagata, ha finalmente trovato la luce adeguata all'altezza del suo intimo istinto. Lo spirito si è dilatato alle dimensioni dell'infinito di Dio che tocca, di cui da testimonianza poiché si umilia profondamente;

l'amore ha trovato in esso una misura alla sua altezza: è l'amore più alto che si possa raggiungere sulla terra, benché non sia consumato. Siamo allora adoratori « in spirito e verità ».

La carità, dico, ha raggiunto una conoscenza di Dio all'altezza del suo istinto. Lo spirito del credente, animato dalla Sapienza, parla al suo cuore del Diletto com'Egli è. La carità è felice! Ciò che essa chiedeva invano alla fede esplicita, lo ha trovato quando la Sapienza si è comunicata al-

218 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

l'intelligenza. Essa può vivere quei minuti di gaudio che la carità dei santi prova quando l'intelligenza, rapita in Dio, si prostra dinanzi alla Maestà infinita. Sono questi gli istanti più deliziosi che sia concesso all'amore di provare sulla terra.

Quando tale orazione si fa a proposito di Nostro Signore o dell'Eucaristia, o di qualsiasi oggetto di questo genere, essa non può astrarsi dal creato. Nostro Signore è uomo; tuttavia, essendo Dio, pur tenendo conto della natura finita alla quale la sua Divinità è unita, la Sapienza ci fa vedere in Lui una sublimità ineffabile mediante una conoscenza sperimentale profondissima che prima non avevamo. Così dalle parole del Gloria: «Tu so-lus Sanctus, Tu solus DonUnus, Tu solus altissi-mus », ci sentiamo portati verso ciò che rende il Cristo così santo e talmente il « Signore » e « l'Altissimo », che ci è possibile, seguendo questo moto, di superarlo per così dire e restare dinanzi al Salvatore nell'atteggiamento di adorazione della sua grandezza. Questo è un genere di orazione nel quale la Sapienza ci istruisce ineffabilmente sulla divinità di Gesù, non sulla sua umanità, che, presa a parte, non costituisce l'oggetto diretto della Sapienza. Nessuno può avere per Nostro Signore uh amore all'altezza della sua bontà, se non si

IL DONO DELLA SAPIENZA 219

prostra dinanzi alla sua divinità adorando: «A-doro Tè, latens Deitas: Divinità celata Ti adoro».

Vi è però un terreno di elezione, un oggetto predestinato della Sapienza che è la Trinità. La Trinità è dappertutto; ma essa è in un modo tutto particolare nell'anima santa. Essa vi è come più attenta alla sua opera d'amore, più munifica nei doni, sia di natura che di grazia. Vi è di più: l'anima la riceve in sé come un'amica che ha in questo cuore la sua «intima dimora». E' l'oggetto preferito delle meditazioni dei santi. La divina Trinità è nell'interno della loro anima; essa vi inabita come nella sua propria dimora, ricevuta dall'anima capace di attingerLa e di possederLa.

V •• L'orazione di unione

I santi considerano Dio sostanzialmente presente in essi. Rientriamo in noi stessi, mediante un pensiero di fede, illuminati dalla fede e carità soprannaturali. La Scienza scarta gli ostacoli; l'Intelletto, con una parola, ci rivela dall'interno ciò che Egli è; ma è soprattutto con l'ispirazione della Sapienza che attingiamo Dio, che arriviamo, per così dire, sino a toccarLo, La fede non può farlo;

220 LO SPIRITO SANTO: NELLA VITA CKiSTIAffA

fatalmente essa è rivestita dalle idee di cui si serve;

si manifesta a noi con parole, idee umane, immagini; se l'essere delle cose fosse intelligibilmente all'interno della conoscenza, non avremmo bisogno di idee. Quando andiamo a Dio mediante la fede, supponiamo che Egli sia distante. Basta però, che si produca, per il donò della Sapienza, un movimento d'anima senza idea precisa, perché l'ostacolo sia tolto: noi ci prostriamo allora dinanzi a Dio che inabita all'interno della nostra anima. Quando l'anima si umilia così, avviene un contatto fra essa e il Dio che inabita in lei come in un tempio; non vi è più idea o immagine che separi, non e'è, nell'indivisibilità dell'anima, che un'anima in adorazione e il Dio infinito, sostanzialmente presente, oggetto di esperienza immediata e di contatto. E' questa l'ultima espressione dell'unione e dell'orazione d'unione. Santa Teresa usciva da questa orazione con la certezza di essere andata in Dio, presente in lei. Non c'è che la Sapienza che possa applicare così il nostro spirito alla sostanza di Dio all'interno della nostra anima, ma essa ci conduce sin là.

Si potrebbe credere che queste cose siano fatte per qualche anima più elevata, una santa Caterina, una santa Teresa. Con lo stato di grazia, in-

IL DONO DELLA SAplEN'ZA ^Q\

vece, abbiamo tutti i doni, ivi eonipresa^la Sapienza, e la capacità di provare anche noi quelle cose, che sono fatte per noi, perché appartengono alla potenza della grazia ordinaria, e sono destinate a sviluppare le virtualità di questa grazia.

Gli stati d'orazione non sono una via straordinaria, come invece l'estasi, il rapimento, il ratto, e le grazie «gratis datae» (per esempio: il dono dei miracoli, il dono, di profezia, ecc.) Noi stessi che cerchiamo la perfezione dell'amore di Dio, non ci saremmo forse trovati, senza saperlo, in tale stato d'orazione d'unione ? Non abbiamo forse provato, qualche volta una specie di annientamento dinanzi a Dio, presente in noi, in occasione forse di una comunione?... In quel momento la prossimità di Nostro Signore fu grandissima, ed essa mise la nostra anima in movimento; ci siamo avvicinati maggiormente alla. divinità presente in noi. Dio era là e, rinunziando a capire ci siamo prostrati in una certezza intima della sua presenza immediata, e, con l'atteggiamento del nostro spirito e la potenza della nostra carità, abbiamo preso contatto con Dio. '

Queste cose succedono, ma difficilmente se ne percepisce il valore, la dignità e l'esistenza normale nella nostra vita; non vi diamo importanza.

222 LO SPIRITO SANTO NELLA VITA cristiana

Diciamo giustamente: E' una grazia, un avvenimento della mia vita spirituale. Ma perché non augurarci di rinnovare quell'esperienza? Diciamo ancora: bisogna che Dio ci metta in questo stato. Egli lo farà, ma dobbiamo disporci a così grande favore.

Se la nostra vita si svolge nella pratica delle virtù morali infuse, aiutate dai doni, si trova in tal modo pacificata. Se noi siamo in presenza delle creature in modo distaccato, considerando solo ciò che esse ci dicono di Dio; se, per l'Intelletto, siamo entrati nella conoscenza delle cose divine, siamo sulla soglia dell'orazione unitiva, non ci resta che oltrepassarla e, poiché per il dono della Sapienza abbiamo la capacità di ricevere questa meravigliosa ispirazione, non è troppo temerario sperare che essa qualche volta possa soffiare in noi. L'errore sarebbe di cercarvi una golosità spirituale, di « attaccarsi ai giochi di fisionomia di Dio» come dice sant'Agostino, più che a Dio stesso, di farne una cosa dilettevole. Inoltre, sarebbe presunzione pretendere queste cose elevate, se non si praticassero i comandamenti ordinari di Dio e i Suoi consigli di perfezione. Se lo Spirito Santo, però, ci ha direttamente purificati, elevati, aiutati a salire verso quelle vette, perché non

IL DONO DELLA SAPIENZA ^23

renderemmo a Dio il supremo omaggio di prostrarci dinanzi al Suo Essere col nostro spirito e col nostro cuore, dal momento che è lo Spirito Santo medesimo che ce ne da il potere? Non temiamo di andare incontro a questi favori; non si tratta ne di immaginazione, ne di ambizione: la misericordia di Dio ce ne ha dati i mezzi; questi favori fanno parte di una vita cristiana perfetta, normale.

a

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

BEATITUDINE DEI PACIFICI

« Beati i pacifici, perché saraniio chiamati figli di Dio» (Mat.,»5, 9).

I pacifici sono coloro che dapprima hanno la pace nel cuore e poi la irradiano attorno ad essi. I nostri maestri ricollegano questa beatitudine al dono della Sapienza. I sapienti, secondo lo Spirito Santo, sono dei pacifici.

I - Legame fra questa beatitudine e il dono della Sapienza

II sapiente secondo lo Spirito Santo, ha il potere di immergersi in adorazione profonda, senza parole e senza pensieri, dinanzi alla grandezza divina. Non solamente egli adora, ma assapora, sperimentandola, la realtà del « tutto » di Dio, e

226 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

il più vicino possibile, poiché questo Dio sovrano abita all'interno del suo cuore. E' lo stato della sua anima. Quand'egli contempla questo Dio così grande e così vicino, nel Quale è tutto il bene, la sua carità raggiunge il massimo grado sulla terra, non nella sensibilità che può sottostare a dolorose prove, ma nella volontà, per uno slancio sublime dell'intenzione d'amore. Egli è felice, perché possiede il Bene infinito, il bene perfetto, e sa di possederlo.

Indubbiamente questa e là contemplazione che Dionigi chiamava «circolare». Nella contemplazione verticale, dal piano delle creature, con un movimento vivo, l'anima si elevava a Dio, come molto al disopra di noi. Nella contemplazione a spirale, mediante illuminazioni successive, si saliva di luce in luce, di « fede in fede », de fide in fidem. Ora, appare una sola cosa, la grandezza di Dio: non si avanza più, si è in faccia al « Tutto » divino; tenendosi a portata di Dio, senza a-vanzare ne indietreggiare, il pensiero gira come in un cerchio, essendo giunto al suo centro eterno.

Ecco ciò che dona la Sapienza: questa esperienza, questo senso della grandezza di Dio e della sua presenza, di cui si nutre la carità. In ciclo, eccetto la piena vista e l'inammissibilità, non avremo di più.

BEATITUDINE DEI PACIFICI ^

Ora, per noi, rimane la vita quotidiana con le

sue difficoltà. Come Nostro Signore e gli Apostoli dovettero discendere dal Tabor, dopo la Trasfigurazione, pure noi dobbiamo, dopo le più alte contemplazioni, ricadere nella vita ordinaria, aver contatto col mondo. Cristo, ridisceso dal Tabor, trovò un povero ossesso e lo liberò (Mar., 9). Troviamo qui due aspetti della vita.

Il dono della Sapienza viene incontro a questi due aspetti. Non ha solo per effetto di elevare la nostra contemplazione a quel grado sublime, è anche un dono pratico che deve servirci sovranamente nella vita ordinaria. Secondo S. Agostino e S. Tomaso, la Sapienza è ordinata non soltanto a contemplare Dio, ma anche a consultarlo per ottenere da Lui direzioni pratiche. L'anima, avendo esperimentato questo « tutto » di Dio, a che cosa anela? Il suo desiderio è che « Dio sia tutto in ogni cosa» (I Cor., 15, 28). Ed ecco la regola suprema che risulterà da questa unione. Quando l'anima ritorna alia vita pratica, conserva della visione del «tutto» di Dio, l'impulso dello Spirito Santo: «Che Dio sia tutto in tutte le cose». E allora, che cosa farà? Comincerà ad ordinare tutte le cose, a metterle al loro posto, dai pensieri agli affetti, agli atti della volontà, tutto rapportando a questa visione.

LÒ SPÌRITO SANTO WLLA VlfA CRISTIANA

Ella dunque giudicherà ogni cosa da questo nuovo punto di vista, tutto ciò che i doni dell'Intelletto e della Scienza avevano già chiarito; l'ordine sarà più assoluto, perché la luce sarà più grande. Le creature che ostacolano la fede saranno al loro posto.

L'azione della Sapienza, poi, agirà nei nostri consigli: la prudenza, così aiutata, sarà più perspicace e imperiosa. Così, l'anima esce dall'unione divina con un bisogno di verità morale assoluta;

esige una precisione di vista perfetta, vuole ad ogni costo che la prudenza le detti le sue decisioni, in completo accordo con le esigenze del «tutto » di Dio.

Più in basso, la Sapienza eserciterà la sua azione nel campo della giustizia e della mansuetudine, della religione e della pietà, e nelle lotte della fortezza per sopportare e affrontare. Più in basso ancora, essa aiuterà il Timore a combattere le tré concupiscenze. L'anima che è penetrata del « tutto» di Dio, del suo diritto assoluto, ha per ordinare questo mondo inferiore, una luce infinitamente più perfetta e una forza infinitamente maggiore. Nei suoi rapporti col mondo, rapporti di giustizia, di apostolato, sarà spinta da questo bisogno di ordinare tutto in rapporto al « tutto » di Dio. Sarà estremamente apostolica. Quando es-

BEAriWDINE. DEI PACIFICI 229

sa vede un'anima sfuggire ai diritti di Dio, raddoppia la dedizione e l'oblio di sé; prodiga le sue cure materiali e le sue testimonianze d'amore, trasfondendo in esse qualche cosa della conoscenza intuitiva che essa ha del « tutto » di Dio, che deve regnare su quell'anima.

La gloria di Dio è l'unico fine dell'anima che, salita sulla montagna della Sapienza, si è trovata dinanzi alle profondità delle perfezioni divine:

la gloria di Dio, l'amore di Dio diffuso dappertutto!

La conseguenza di ciò è che per l'anima tutto è nell'ordine, tanto nel suo interno che attorno a sé. Ella vede tutte le cose, i suoi sentimenti, i suoi affetti, le sue azioni e tutto ciò che la circonda, nello stato di essere soggetti all'autorità del « tutto » di Dio, il cui valore e prezzo è determinato dalla misura in cui riflettono questo infinito. La tranquillità assoluta dell'ordine regna dunque in essa.

L'ordine non può regnare dove le cose non sono al loro posto. Se gli esseri sono mal disposti, si rivoltano per trovare il proprio equilibrio e il loro centro. Quando tutto, invece, è ordinato come in una casa dove ogni cosa risponde all'idea di un saggio architetto, tutto è solido, ed in pace. Cosi è l'edificio della nostra vita, quando essa è

230 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

regolata sull'esigenza del «tutto» di Dio. L'ordine è stabile, niente stride, niente protesta, e se qualcosa ci facesse soffrire, non avremmo che da contemplare il «tutto» di Dio per lenire la tristezza.

L'ordine tranquillo è la pace; chi dunque h? tutto in regola, tutto in ordine nella sua carità, nelle sue azioni, è nella pace. Ma come un fuoco ardente manda calore, così l'anima intcriore, per la quale Dio è tutto, che si è sforzata di regolare ogni cosa in questo senso e ha trovato la pace per sé, la irradia, ed è per gli altri una messaggera di pace. Vi sono di queste anime che irradiano la pace: sono pacifiche.

II - II Rè pacifico

Vi è Uno che può essere considerato, l'incarnazione della pace. E' « il Rè pacifico », Nostro Signore. Che pace nella sua anima! Anche quando lo zelo lo divora, anche nei suoi incontri con i farisei, non esce mai dalla calma intcriore. Nel complesso della sua vita, nei suoi rapporti con la povera gente, tutto in Lui irradiava la pace, perché il Padre stìo era sempre con Lui. Egli viveva in un rapporto perfetto con Dio. Col suo essere

BEATITUDINE DEI PACIFICI 231

dapprima, nella sua divinità e nella sua umanità, a causa della visione gloriosa e del dono della Sapienza ch'Egli possedeva in grado eminente e per il quale sperimentava il « tutto » di Dio, aveva nel cuore un solo desiderio: possedere questa pace e diffonderla. Egli sedava i flutti in tempesta, calmava l'inquietudine dei discepoli. Soltanto coloro che non volevano pacificarsi ignoravano la sua pace; poiché Egli doveva morire, era necessario che vi fossero i malvagi per crocifiggerLo.

Contempliamo questo modello. Egli è Dio, ma ha una natura umana; è il nostro esempio. Egli ha perfezioni divine ed altre che appartengono solo alla sua umanità. La sua Sapienza è la sapienza di un Dio ed è pure la sapienza umana al grado supremo. E' l'incarnazione della pace: la possiede e la diffonde. Che spettacolo di pace è il Vangelo! E' questa l'impressione che ci da. Si desidera, seguendo il Maestro, andare alla sorgente donde Egli attingeva quella pace: la Sapienza. Egli aveva l'esperienza continua e immediata della presenza di Dio in Lui e del «tutto» di Dio. Proprio per questa pace che emanava da Lui, più che per i miracoli e le affermazioni. Egli testimoniava di essere il Figlio di Dio. Dio è il grande Pacifico: « Egli fa brillare il sole sui buoni e sui malvagi, piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mat.,

232 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

5, 45). Egli è paziente, longanime (dolce) mansueto: il Figlio di Dio riflette tali perfezioni:

è il pacifico. Questo è il segno che Lo fa riconoscere, più ancora che l'attributo della sua misericordia, già caratteristica della sua divinità!

Se dunque le nostre anime sono entrate nello spirito della Sapienza per trovare .Dio, se ne sono uscite con la certezza intuitiva che Dio è tutto, e hanno ordinato ogni cosa a quel principio, esse saranno salutate figlio di Dio. Non sono che fi-glie adottive, ma hanno in comune col Figlio unico la particolarità di essere pacifiche. Non c'è niente che faccia più pensare a Dio e al Figlio di Dio di un'anima pacifica, placata dalla pace divina. Niente rassomiglia di più all'interno di Gesù che l'interno di quell'anima; e ciò che è interno si esteriorizza. Dei primi cristiani si diceva: Vedete come si amano; delle anime pacifiche, si dirà: sono figlio di Dio.

Abbiamo contemplato i setti doni dello Spirito Santo e le sette beatitudini '). Abbracciamo

)) Vi è un'ottava beatidudine, essa non corrisponde a un dono speciale, poiché essa non è una beatidudine particolare, ma piuttosto una conferma delle altre.

BEATITUDINE DEI PACIFICI r 233

con uno sguardo la nostra salita. Lo Spirito Santo

« ha disposto nel mio cuore delle ascensioni », dice la Scrittura (Ps., 83, 6). Siamo partiti da un grado infimo. Col Timore, già sentivamo di essere ad un inizio, mentre, all'altro estremo, a questo primo dono corrispondeva il dono della Sapienza; il Timore già ci guidava verso questi splendori, perché, «il Timore filiale del-Signore è il principio della Sapienza» (Ps., 110, 10).

Siamo saliti con la Fortezza che ci rende atti a compiere i nostri doveri positivi sia attivi che passivi. Siamo giunti alla Pietà con i suoi accenti sublimi di religione, e con la mansuetudine, che è un inizio della pace, abbiamo raggiunto la base della vita pratica: il Consiglio.

Ci siamo quindi elevati alla contemplazione.

La Scienza ci ha fatti entrare in Dio, allontanandoci dalle creature mediante la vista della loro povertà, e, allo stesso tempo, mostrandoci in esse la trasparenza divina.

L'Intelletto ci ha fatto penetrare lo splendore divino che è nella Sacra Scrittura e nella dottrina della Chiesa, e ci ha condotti sino al vero Dio.

A poco a poco, ci siamo avvicinati a Dio, come per cerchi concentrici. Con la Sapienza, termina l'ascesa esiamo giunti al limite estremo: essa è la base definitiva dell'ordine soprannaturale. Avendo

. 234 L0 ^S/TO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

raggiunto questa vetta mediante gli aiuti successivi dello Spirito Santo, possediamo, con la Sapienza, Colui che è la spiegazione di tutto, e allora possiamo effondere su tutti, i benefici di questa divina unione, con l'ordine stabilito in noi e attorno a noi. .

Il grandeSapiente che è il Buon Dio ha ordinato tutto in noi in modo meraviglioso: Egli ha disposto ammirabilmente gli organi della nostra vita spirituale: la grazia, le virtù e i doni, affinchè possiamo in questo modo risalire perfettamente verso di Lui e poi ritornarne migliori. Se Dio ha creato meraviglie nella natura, ne ha fatte soprattutto nell'ordine soprannaturale, i santi, in particolare, sono una di queste meraviglie. Ritorniamo dunque verso di Lui per ringraziarLo e prometterGli di fare il possibile per rimanere attenti a questo spettacolo e tradurre nella pratica le direttive, i pensieri, i desideri, i lumi che Egli avrà con tutti questi mezzi, deposto in noi.

CAPITOLO QUINDICESIMO IL PROGRESSO SPIRITUALE

« La vita dei Giusti è come una luce risplendente che aumenta e cresce sino al meriggio pieno » (Prov., 4, 18).

I - La legge del progresso

Abbiamo visto quale ammirabile organismo di doni e di virtù lo Spirito Santo crea nell'anima del giusto/Ora, l'uomo intcriore; :è incorporato al Cristo, suo capo. Da Cristo gli viene la luce, la vita, il movimento. Capo vero del giusto, il Salvatore lo stimola incessantemente con la sua grazia e i suoi sacramenti, che sono come un'estensione del suo Corpo, questo strumento delle sue meraviglie, durante la sua vita. Fra queste grazie, le prime sono l'insegnamento della Chiesa, la liturgia, la dottrina e l'esempio dei santi. Tutta la vita della Chiesa

236 L0 SPÌRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

e vivificante per coloro che sono nella Chiesa, e tutte queste misteriose influenze cristiane vengono dal Cristo vivente in Ciclo. Dal seno della sua gloria. Egli ci manda lo Spirito Santo, che ci è dato come persona, e che è come il cuore della nostra vita soprannaturale di cui Cristo è il principio. Noi siamo sotto l'azione continua di queste due Persone divine, che operano in noi sinché rimaniamo in stato di grazia. Siamo consapevoli di questo dinamismo divino.

La grazia santificante è come uri innesto colmo di vita divina, inserito nel pollone selvatico della nostra natura, per perfezionare la linfa, divinizzarne l'energia e farle produrre magnifici frutti. Cristo, nell'infondere la grazia nell'anima, l'ha provvista di organi che sono le virtù teologali: la fede che ci mette in relazione col vero Dio, la speranza iche ci fa cercare in Lui il nostro bene, la carità che s'impossessa di tale bene, con l'affetto del cuore, e aspira a godere della sua presenza nella perfetta unione. -

Sotto l'impero di queste virtù, la prudenza governa le virtù particolari infuse nelle nostre facoltà per sottometterle a Dio: la giustizia che da a ciascuno il dovuto, la fortezza e la temperanza che governano Je passioni violente e le basse concupiscenze.

IL PROGRESSO SPIRITUALE 237

Un nuovo aiuto ci viene dallo Spirito Santo che interviene con le sue iniziative personali; veglia sulle nostre debolezze, ci stimola incessantemente, per farci tendere al più perfetto; opera questi effetti con i suoi Doni che sono in noi allo stato potenziale di attesa, e che Egli mette in attività con le sue ispirazioni personali, con le sue iniziative singolari, se noi siamo attenti e fedeli a seguire il suo impulso.

Niente è così bello, forte e grande, e potente come l'uomo giusto! Niente gli manca per camminare verso la vita eterna, e già la possiede in sostanza nell'oscurità della fede: fides, speranda-rum substantia rerum...

Qual'è la legge di questa vita etèrna cominciata fin da quaggiù con le energie messe a nostra disposizione sotto l'influenza dei nostri due Maestri, ed anche del Padre che li manda ?

E' una legge di progresso. Dobbiamo tendere alla perfezione. E' quella la nostra vita: la vita deve essere per noi come la luce che inizia all'aurora, si fortifica, aumenta, crésce ancora e giunge al pieno meriggio, alla luce piena che cresce senza posa! Ed anche strada sulla quale avanziamo! «La via dei figli di Dio è come una luce che sale».

2-38 LO SPIRITO SANTO -NELLA VITA CRISTIANA

II— Cónte si progredisce in grazia e carità?

In che consiste questo progresso? In che modo un'anima sempre in esercizio avanza verso la vita eterna ?

Nell'ordine della natura, il progresso morale, come quello in arte o qualsiasi altro, si ottiene con la ripetizione degli atti. Compiuti con attenzione, gli atti, a poco a poco generano abitudini, come se la loro forza creasse una molla per riprodurli. E' dunque mediante gli atti ripetuti che progrediamo nelle nostre abitudini, che possiamo arrivare a produrre facilmente, naturalmente, delle cose che, prima, ci sembravano difficili, inaccessibili.

E' impossibile ottenere questo accrescimento nell'ordine soprannaturale con la semplice ripetizione degli atti, con la sola applicazione della nostra volontà. Il soprannaturale viene da Dio. Come, pur volendo, non potremmo aggiungere un cubito alla nostra altezza, così non possiamo con i nostri soli sforzi, accrescere la nostra vita soprannaturale '). Tanto quando viene elargita, che nei

\) Ciò non significa che il progresso della grazia si faccia senza sforzi, e che non si richieda la ripetizione degli stessi atti: ma la vera causa, del progresso non sta in questa ripetizione, in questo esercizio e in questi sforzi, essa è nel dono di Dio che, o ricompensa i nostri sforzi, o ci porta ad atti migliori, come l'autore spiegherà più avanti. (Nota dell'Editore francese).

IL PROGRESSO SPIRITO^LE ^30

suoi sviluppi ulteriori, la grazia è un dono; essa

partecipa della natura di Dio che è inafferrabile. Bisogna dunque che Dio conceda la grazia e i suoi accrescimenti, uno a uno. Questo dovrebbe renderci molto umili: se facciamo il bene dobbiamo dire con san Paolo: « E' per la grazia di Dio che sono ciò che sono » (I Cor., 15, 10).

Non c'è niente da fare se non attendere, allora? C'è modo, al contrario, di essere attivi. Se l'one-st'uomo, l'artista progredisce con i suoi sforzi, il cristiano progredisce per i suoi meriti: noi possiamo meritare. Meritare significa metter dinanzi a Dio un certo diritto a ricevere questo aumento di vita soprannaturale. Non possiamo dare impulso da soli, con le nostre proprie forze, al movimento della perfezione, possiamo meritare questo accrescimento della vita divina: a colui che ha fatto fruttificare i talenti, il Maestro da per ricompensa una ricchézza più grande.

Vi sono due specie di meriti: il merito di convenienza (de congrua} e il merito di stretta giustizia {de condigno).

Un uomo onesto che non conosce la legge di Dio, ma vive ragionevolmente, merita per stretta giustizia un bene dell'ordine soprannaturale? No. Egli non può pretendere da Dio un diritto stretto alla grazia, non è egli sul.piano-(livello) della vita

940 LO'SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

divina. E' conveniente però, che sia ricompensato. Conviene, dico, se l'uomo fa ciò che può, che Dio faccia pure Lui ciò che può. Quell'uomo non avendo la vita divina non può meritare in stretta giustizia una divina mercede, ma merita le misericordie del Signore. Di tale genere è il merito dei peccatori; esso ottiene infatti mediante le opere buone. Queste opere non sono, in un certo senso, di necessità assoluta nei confronti di Dio, ma esse Lo dispongono, se così possiamo dire, a dare la Sua grazia misericordiosa. Non è il peccatore che si dispone da sé alla salvezza, soltanto un intervento dall'alto può introdurlo nella grazia; ma chi fa tutto ciò che può attira su di sé infallibilmente la bontà infinita di Dio, sempre pronta a effondersi. E' questo il merito di convenienza o benevolenza.

Per le anime, invece, che sono in grazia la cosa è diversa. Esse hanno un fondo di divinità die è una partecipazione alla natura divina. Il cristiano santificato dalla grazia è figlio di Dio; quest'atto porta in lui una perfezione soprannaturale, un effetto della vita stessa di Dio; egli è al giusto livello per ricevere una partecipazione più alta della vita divina. E' il merito di stretta giustizia, che rende degni di ricevere gli aumenti della ea-

IL PROGRÈSSO 'SPIRITUALE ^\

rità; merito di colui che, adendo ricevuto i talenti, li ha fatti fruttificare ed ha diritto alla ricompensa.

Per ogni sforzo, per ogni atto, fatto in stato di grazia e per arnor di Dio, c'è una ricompensa. In ciò sta il mezzo e il segreto del progresso spirituale. Il porre atti divini, ci ottiene in tutta giustizia, una ricompensa divina, che non può essere che un accrescimento della vita eterna cominciata in noi.

Ciò che costituisce tale merito, non è l'atto preso in se stesso, nella sua pura materialità, ne la difficoltà, ne il sacrificio che costa; ma è quel fondo di grazia, quella elevazione, quella predestinazione soprannaturale delle nostre opere alla ricompensa divina: ecco ciò che rende degni della gloria di Dio, e non lo sforzo. Si pensa a torto che^il sacrificio, la difficoltà, siano la causa di un merito più grande. La ragione di un merito più grande è una carità maggiore. Compiere un atto insignificante, come ve ne sono molti nella vita cristiana, con grande amore, è più meritorio che intraprendere un'opera difficile con poca carità 2). Ciò che fa il merito dei nostri atti, dite sant'Agostino (E-narr. in Ps., XCIX, n. 15), è ciò che Dio vi mette:

2) Lo sforzo e il sacrificio, tuttavia, sono ordinariamente il segno di una maggior carità: ci vuole un grandissimo amore per compiere cose difficili. (Nota dell'Editore francese).

242 LÒ SPIRITO SANTO'NELLA VITA CRISTIANA

« Quando coroni i nostri meriti. Signore, Tu coroni i tuoi doni» (Prefazio proprio della festa di tutti i Santi).

Ili - Oggetto del merito

In questo modo che cosa meritiamo in giustizia?

Per ogni nostro atto, in tale stato di santità, meritiamo la vita eterna. Un solo atto di carità, con nessun altro motivo che la durata di un sospiro d'amore verso Dio, merita la vita eterna. In un'intera esistenza ciascuno degli atti fatti così merita la vita eterna.

E' questo il nostro primo progresso nella vita della grazia; tutti questi atti compiuti nello stato di giustizia mediante le virtù e i doni, si accumulano a poco a poco'; formano quel « tesoro che non può venire roso dai vermi » (Mat., 6, 20'). Ci procuriamo, perciò, delle borse colme di pietre preziose, ognuna delle quali può acquistare il bene dell'immortalità.

Vi è dunque, con l'accumulo degli atti buoni, come un peso sterminato di meriti per la vita eterna. San Paolo ha detto che la tribolazione di un momento (sofferta per carità) ci appresta un

IL PROGRESS-0 -spirituale 243

peso eternò di gloria (II Cor., 4, 17). Chediremo allora se questi pesi si accumulano?

Questo pensiero deve sollevarci nei confronti dei nostri peccati veniali che vengono, così, ad essere compensati da tutti i nostri atti d'amore.

Ma chi può fare il più, può fare anche il meno. Se Dio da il ciclo per ognuno dei nostri atti meri-tori, a maggior ragione concederà un aumento di vita eterna nel nostro stato presente.

Infatti, per ogni nostro atto buono, meritiamo un aumento di grazia, un aumento di carità. San Paolo dice: «Vi mostro poi una via anche più sublime... la carità » (Cor., 12, 31). La carità è come una strada che avanza, che si sposta e ci fa camminare con sé.

IV - In che modo cresce la carità?

In che modo la grazia e la carità possono crescere è, con esse, la vita eterna ch'esse iniziano? Questo accrescimento non può avvenire per via dell'oggetto: l'oggetto della carità non può, in noi, divenire più grande: è Dio stesso. Un unico grado di grazia corrisponde già alla vita eterna, e ci da diritto a possederla interamente, e non in modo più o meno totale. In che modo allora si deve intendere tale progresso ?

244 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

La grazia, la carità e le virtù che ne derivano sono come innesti inseriti nella nostra natura; ma possono esserlo più o meno profondamente, possono sottomettere più o meno le energie naturali dell'anima ed accordarle più o meno all'ideale divino.

Nella natura, gli innesti prendono bene o male, e fra questi due estremi, quanti gradi vi sono! Se l'innesto prende bene, attira tutta la linfa del pollone selvatico, che d'ora in poi fruttificherà perfettamente. Se prenda meno bene, la pianta selvatica mette dei virgulti più o meno robusti; se robusti, assorbono tutta la linfa e l'innesto muore, se deboli, non apportano vita all'albero innestato, però non lo inaridiscono.

Questa immagine ci permete di seguire il lavoro della grazia nella nostra anima. La grazia e la carità progrediscono radicandosi nella nostra natura decaduta. Se la sottomettono interamente, niente può sfuggir loro, tutti gli atti sono fatti in virtù della grazia... e rivestono la sua qualità;

l'innesto, in questo caso, ha preso egregiamente. Ci sono certo dei piccoli atti che sfuggono a questa forza divina, essi provengono dall'amor proprio:

peccati veniali, imperfezioni, che non impediscono la divina fioritura delle virtù. Ciò, tuttavia, non spegno l'amor di Dio. Solo il peccato mortale, in-

IL PROGRESSO SPIRITUALE 245

vece, che tira a sé tutta la linfa a benefizio della natura peccatrice, può arrestare questa vita della grazia e della carità.

Sé le cose stanno così, ogni volta che facciamo un atto di carità, con le virtù e i doni, meritiamo di radicarci sempre più nella grazia; la nostra natura è maggiormente dominata, la linfa delle nostre energie native passa più abbondante nella vita soprannaturale, e con la continua produzione di tali atti, la natura è finalmente presa tutta intera sotto l'influenza divina: non c'è più in noi nemmeno una fibra, come dice san Francesco di Sales, che non vibri per Dio. L'innesto divino attira così tutte le forze a sé, prima di lanciarle nella vita dove esse fruttificheranno.

V— Compito degli atti ordinavi di Carità in questo accrescimento. L'atto più wtenso

Talvolta, tuttavia, noi facciamo degli atti di carità debolissimi, per abitudine; non abbiamo per Dio un interesse vivo e, per torpore, il nostro amore non è forte. Questi atti, compiuti con negligenza, sono senza vigore. Le virtù sono rispettate, sono però contrariate nel loro slancio dagli stimoli della natura; i loro atd potrebbero essere più perfetti,

246 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

più ferventi, data la presenza della grazia. Questi atti buoni ma tiepidi, diminuiranno il nostro tesoro intcriore? No, niente è perduto. I nostri atti non meritano sempre in virtù di un amore attuale di Dio, ma nell'anima giusta, tutto è indirizzato all'amore di Dio, eccetto il peccato. Non rinunciamo a quest'amore, abbiamo formulato l'intenzione di fare ogni cosa in tale amore: dal momento che uno dei nostri atti non è un peccato, ha un sapore di virtù, ha un merito divino. Che cosa merita ? Quanto aumento di grazia e di carità spetta,, a un atto così piccolo ? Esso non ci da un aumento sensibile, attuale, ma ci dispone a riceverlo. Esso non produce un grado di carità in più, ma una disposizione nuova, una preparazione all'accrescimento. Non porta con sé una perdita, accresce al contrario quel misterioso potenziale di vita che si accumula nel nostro cuore, e prepara una manifestazione più perfetta, un sensibile aumento di amore ; questi atti tesorizzano le loro forze nel fondo delle potenze dell'anima, e l'organismo soprannaturale è in tal modo conservato, arricchito. Per coloro che amano Dio in verità, niente è perduto, anche di ciò che è compiuto con tiepidezza, se questo è un atto di virtù. Tutto ciò che non è peccato, se si è in sfato di grazia, ci avvicina a Dio, oppure ci dispone ad una più grande unione.

IL PROGRESSO SPIRITUALE 247

In conseguenza di questi piccoli atti buoni ripetuti sovente succederà che, giunto il momento di provare a Dio un amore più grande, perdonare un'ingiuria, curare un malato, compiere un dovere diffìcile che esige tutto il nostro sforzo, saremo spontaneamente all'altezza del nostro dovere: la nostra anima scatterà in un atto di carità intensa che avremo da lungo tempo preparato, e saremo degni di ricevere un grado superiore di grazia. Spesso; quest'accrescimento delta carità si compierà nella comunione; l'Eucaristia non è forse il sacramento che ci nutre della vita divina? Il cibo materiale fa crescere il corpo, la comunione vivifica lo spirito. Forse questo avverrà in una comunione nella quale ci saremo offerti interamente, lasciandoci veramente mangiare da Colui che mangiamo, e a titolo definitivo, otterremo, in virtù degli atti meritori precedenti, un grado d'amore nuovo che ci è ottenuto per sempre, se non torniamo indietro.

VI - II peccato 'veniale non diminuisce la carità

Non ci sono soltanto, però, gli atti deboli, vi è il peccato. Abbiamo il terribile potere di impedire il misterioso passaggio della linfa umana nell'innesto divino: possiamo così perdere questa vita

248 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA-CRISTIANA

soprannaturale col peccato mortale. Il peccato veniale, si sa, non distrugge la grazia. Può diminuirla però? No! Nessun peccato veniale ci fa perdere il grado di carità che abbiamo raggiunto con i nostri meriti. Il peccato veniale ha per oggetto dei mezzi di perfezione che non sono necessariamente legati con la carità. Esso concerne una preghiera, un'osservanza, un atto di bontà, un insieme di cose che non sono indispensabili per la vita soprannaturale, che, per conseguenza, noi possiamo omettere senza perdere l'amore di Dio, o commettere senza distruggerlo. Per una negligenza nella preghiera o un'impazienza non perdiamo lo stato di grazia.

Questa dottrina è saggia. La carità concernc Dio nostro fine; il peccato concerne il mezzo. Se il mezzo è essenzialmente legato con la carità, in modo da formare l'oggetto di un comandamento, non si può andare contro il mezzo senza andare anche contro il fine; non possiamo dire di amare Dio se non compiamo la sua volontà. Se l'oggetto, invece, delle piccole mancanze non è così legato con la carità, non è assolutamente incompatibile col fine divino dell'amore. Indubbiamente non possiamo dire che amiamo Dio col peccato veniale, ma non cessiamo pertanto, anche allora, di amarLo abitualmente al disopra di tutto. Non sarebbe giu-

IL PROGRESSO SPIRITUALE 249

sto che avendo commesso una colpa in cosa piccola, fossimo puniti con la perdita del tesoro acquistato con una grande quantità di atti, o forse con un atto eroico'; non ci sarebbe proporzione. I doni di Dio sono senza pentimento. Se non Lo offendiamo mortalmente, conserviamo la grazia o il grado di grazia al quale eravamo arrivati con i nostri meriti e con la misericordia di Nostro Signore.

Il peccato veniale, tuttavia, non è inoffensivo. Esso opera disposizioni non buone. Queste sono come piccoli virgulti che, germogliati nella parte inferiore del pollone selvatico, diminuiscono nella stessa proporzione il vigore dell'innesto. Se questi nuovi virgulti si moltipllcano, inaridiscono l'albero; e se ne spunta uno più robusto, la vita dell'innesto è interamente compromessa. Il peccato veniale dispone al peccato mortale, diminuisce l'attività soprannaturale delle abitudini virtuose, è un pericolo per la vita della grazia.

VII - Aumento indefinito

Qual è il limite dell'accrescimento della vita divina sulla terra? Questo accrescimento non ha limiti; non è infinito, ma indefinito. Non c'è, intanto, limite nella carità stessa la quale è un'e-

250 L0 SPIRITO SANTO NELLA VITA CRISTIANA

manazione dell'amore che Dio ha per Se stesso e per noi. La nostra carità è un'immagine piccola, ma precisa dell'amore dello Spirito Santo: le sue aspirazioni sono infinite; si volgono a Dio stesso che è infinito. ,, .

Non ci sono neppure limiti nella capacità della nostra anima. Il nostro cuore non è come un vaso dalle rigide pareti ; esso può dilatarsi senza misura e la carità accresce incessantemente, con gli atti che le sono propri, il suo potere d'amare. L'anima a-mante è posseduta dal desiderio dell'infinito, cerca il bene perfetto, il Dio vivente : ogni accrescimento di grazia, invece di colmare la capacità senza limiti della nostra volontà, la dilata. Noi vediamo quindi, certi santi, come san Domenico, santa Caterina, santa Teresa, crescere sempre più nell'amore ed essere sempre più bramosi di amare. Più beviamo a questa sorgente e più abbiamo sete. Il nutrimento spirituale, a differenza di quello terreno, più lo si assorbe più lo si desidera, più si ha il potere di assimilarlo.

Non vi .è limite neppure alla potenza che muove l'amore. La carità, le virtù e i doni ci tengono costantemente sotto la mozione dello Spirito la cui virtù è infinita; più Egli ci muove, e più Egli ci può muovere. Anche da questo lato, l'accrescimento della nostra vita divina e senza misura,

IL PROGRESSO SPIRITUALE 251

Questo accrescimento, abbiamo detto, è dovuto al merito. Crescita perenne, simile ad «una luce che sale sino al suo pieno meriggio ». Siamo passati dall'oscurità alla luce, camminiamo verso questo meriggio (o piena luce), che rapisce di felicità gli eletti nella gloria del Dio vivente. .

Ecco la nostra vita. Non accontentiamoci di tracciare la perfezione del nostro ideale. Tendiamo ad esso! Non dobbiamo mai fermarci; Dio ci ha dato le risorse per arrivare a questa vetta! Divinamente dotati per realizzare questo accrescimento, non abbiamo altra amorosa preoccupazione che di raggiungere la pienezza del Cristo.

La vita non ha che un senso per noi: crescere nell'amore di Dio, credere di più, sperare di più, per amare maggiormente. San Tomaso diceva:

« Fate, mio Dio, che sempre più io creda in Voi, che speri meglio in Voi, che vi ami più ardentemente». Questo è il senso profondo, definitivo della vita. Felici noi che lo sappiamo. Dobbiamo ora camminare su questa strada di Dio. Conosciamo i mezzi necessari a questo progresso, possediamo le risorse che un tale cammino esige. Progrediamo, avanziamo verso il Signore, oggetto del nostro amore. Che la nostra vita cresca, come la luce che sale, « sino a raggiungere il nostro pieno meriggio »,

 

INDICE

Prefazione ........... pag. 5

Introduzione'. Lo Spirito Santo nella vita cristiana ............. •» 9

I - La vita cristiana ........ » 10

II - Compito dello Spirito Santo nella vita

cristiana .......... » 14

III - Alcune osservazióni importanti . . . » 18

I. - IL DONO DEL TIMOR DI DIO

,1 - II Timore, dono dello Spirito Santo . . » 23

II - Gli effetti del dono del Timore ... » 26

III - Gradi dello spirito di timore .... » 31

II. - BEATITUDINE DELLA POVERTÀ'

I - Dono del Timore e povertà ispirata

dallo Spirito . . . . . ... . » 36

II - II movimento essenziale del donò del

Timore .......... » 38

III - La povertà delle aspirazioni, ausilio del- ;

lo stato religioso ....... » 40

IV - Pratica ........... » 44

III. - IL DONO DELLA FORTEZZA

I - La virtù della Fortezza ...... » 52

II - II coraggio cristiano ...... » 54

III - Necessità del dono della Fortezza . . » 59

IV - Effetti del dono della Fortezza ... » 60

V - Caratteri del dono della Fortezza . . » 62

254 indice

IV. - LA FAME DI GIUSTIZIA

I - Correlazione tra il dono e la beatitudine ". ........... » 67

II - La fame e la sete di santità di Nostro

Signore . . . . . . . . . . » 68

III - La fame e la sete di Giustizia in noi » 71

IV - Pratica ........;..» 76

V. - IL DONO DELLA PIETÀ'

I - Definizione della Pietà ...... » 84

II - II dono della Pietà ....... » 86

III - L'opera del dono di P^età ..... » 90

IV - II suo irradiamento ........ » 94

VI. BEATITUDINE DELLA MITEZZA O MANSUETUDINE

I - Giustizia, Pietà e Mansuetudine ... » 99

II - La Mansuetudine, atto del dono di Pietà

. in Nostro Signore . . . . . . . » • 103

III - Pratica della Mansuetudine ..... » 106

VII. - IL DONO DEL CONSIGLIO

I - Posizione del Consiglio nell'organismo

spirituale .......... » 113

II - Gli interventi dello spirito di Consiglio » 115

III - Consiglio e coscienza ...... » 1:19

IV - Pratica ........... » 121

V - Mater Boni Consilii ....... » 125

INDICE 255

Vili. - BEAOnrUDINE DEI MISERICORDIOSI

I-In che senso la Misericordia g detta l'effetto proprio del donoA'Consig(ó?j|l?' » 127

II - In che consiste la'Misericordia? . .e" . » 128

III - Rapporto esistente fra la Misericordia e

il dono del Consiglio ...... » 131

IX. - IL DONO DELLA SCIENZA

I - Transizione dai doni pratici ai doni in^

tellettuali .... . . . . . . » 145

II - Natura della Fede ....... A 147

III - Necessità dei doni di Scienza e d'Intel-

letto ........... » 150

IV - II dono della Scienza . .., . • • » 152

V - I due aspetti del dono della Scienza . . .^ 154

VI - II dono della Scienza in Nostro Signore y 157

w'' X. - BEATITUDINE DELLE LACRIMÌ

I - Le lacrime che sono dette beate . . . ».,. 161

afl.^.J .,.-{«

II - Beatitudine delle lacrime etàe\ don<y-

della Scienza ......... » 163

III - II dono delle lacrime e l'esperienza cristiana .......... .3- » 170

XI. - IL DONO DELL'INTELLETTÀ

r * <<»

I - Necessità del dono dell'Intelletto . •%^ ^» 173

II - Ciò che es^o è . . . . ... ^t » 175

III - Manifestazione del dono dell'Intelletto » 177

IV - Gli effetti"'del dono dell'Intelletto . . » 183

256 indice

XII. - LA BEATITUDINE DELJOTUORI PURI

^

I - II nostro cuore . . —fé- h . .'V » 189

II - II lumei^urificata^E'. io.b F. . . . . » 191

III - L'opera di purificazione necessaria ... » 197

IV - II cuore puro ......... » 202

i "

XIII. - IL DONO DELLA SAPIENZA

I - Punto di partenza ....... » 207

II - Necessità del dono della Sapienza . . » 209

III - Oggetto e attività della Sapienza . . » 213

IV - jEffetti sublimi del dono della Sapienza » 217

V - l'orazione di unione ...... » 219

<M

,J|XIV - BEATITUDINE DEI PACIFICI

I -"ffcgame fra Questa beatitudine e il dono

della Sapienza. . . ...... » 225

II -1| Rè Pacifico ......... » 230

A" XV. - IL PROGRESSO SPIRITUALE

I - La legge del progresso . . . ... » 235

II - Come si progredisce in Grazie e in Carità? ... .,.,., ... . . . . » 238

III - Oggetto del merito ... . . .' . . » 242

IV - In che modo cresce la Carità? ... » 243

V - Campito degli atti ordinai di carità it^ questo accrescimento. L'aito più in-ien|ip. .^—t^ . . ^ . . . . » 245

VI - II peccato veniale non dimiBùisce^la

carità . . . . . . . .^'.issk . » 247

VII - Aumento indefinito . . . . '. * . » 249

 

 

 

 

2001

Novembre

Ottobre

Settembre

Giugno

Maggio

Aprile

Marzo

Febbraio

Gennaio

2000

Dicembre

Novembre

Ottobre

Settembre

    Politica Cultura Scienze  Società  Religione Psiche  Filosofia  Ambiente Arte  Cinema Sport Napoli Università Home