VITA DI SAN DOMENICO
P. Enrico D. Lacordaire dei Predicatori
APPENDICE
L'ORDINE DI S. DOMENICO
CAPITOLO VII
Conclusione
Ho detto, senza timore, alla mia patria ciò che
penso e mi son proposto di fare; spero che essa mi avrà compreso; non
aggiungerò quindi che una sola parola.
Una delle basi fondamentali della società moderna è
la divisione illimitata della proprietà in parti uguali fra, gli uomini
e l'ammissione di tutti i cittadini agli impieghi sociali per via di
concorso: due principi che non potrebbero essere impugnati senza che la
moderna società venisse attaccata nella sua essenza. Ma per quanto essi
siano giusti e necessari, hanno degli inconvenienti, nessuna cosa
andando esente quaggiù da una qualche infermità, che poi è il germe
della morte misto alla vita. Dalla divisione infatti della proprietà
risulta una diminuzione dei beni di famiglia ed un accrescimento di
popolazione. Per questa ragione quasi nessuno in Francia ha un'esistenza
assicurata; d'altra parte lo Stato non è ricco abbastanza da potere
stanziare parte considerevole del pubblico erario per provvedere a tutte
le ambizioni generate da nuove esigenze e dalla libera concorrenza. Un
tale stato di cose è impossibile che non porti poi a grandi sofferenze
morali. Niente di più sublime del testamento di Alessandro: Al più
degno; ma niente ancora di più triste nel fatto della spartizione della
sua eredità fra i suoi capitani. Noi assistiamo a simile spettacolo.
Basta aver vissuto e un poco fra la nostra gioventù per sapere quante
angosce agitano quei cuori, a cui tutte le vie sono aperte, e tuttavia
sono moltissimi a rimanere a piedi. La pace universale destinata ad
essere un giorno più solida, aumenta le cause di questo malessere.
Stando le cose a questo punto, perché si dovrà chiudere alla gioventù
il rifugio della vita comune? Abbiamo patrimoni troppo esigui? uniamoli.
Soffriamo in mezzo a questa lotta sociale? usciamone. Nessuno ha
mostrato, almeno finora, di opporsi alle associazioni del lavoro; perché
ci si dovrà opporre a tali associazioni, se al lavoro sarà ancora
unita la religione? Ma è dunque vero che le cose più naturali
divengono illegittime, dal momento che vi entra come elemento anche il
cristianesimo?
E' inutile dissimularlo: le associazioni religiose,
industriali, agricole sono la sola speranza dell'avvenire contro il
continuo succedersi delle rivoluzioni. Il genere umano non ritornerà
mai al passato; mai, qualunque sia la gravezza de' suoi mali, farà
ricorso alle vecchio costituzioni aristocratiche; solo nelle libere
associazioni, fondate sulla religione o sul lavoro, cercherà il rimedio
alla piaga dell'individualismo. Me ne appello alle tendenze, che si
manifestano dovunque. E se il governo permetterà, a coteste generose
tendenze, pure sorvegliandole, lo sfogo ch'esse invocano, preverrà
gravi catastrofi. Ammirabile è la natura umana, che in se stessa colla
malattia porta anche il rimedio. Lasciamola un po’ fare, e non
rigettiamo quelle parole della; Scrittura: Iddio ha fatte sanabili le
nazioni della terra.
Sono adunque convinto di operare da buon cittadino
come da buon cattolico, ristabilendo in Francia i Frati Predicatori. Se
la mia patria lo vorrà, non passeranno dieci anni che avrà assai da
rallegrarsene; ove poi nol volesse, noi andremo a stabilirci presso le
sue frontiere, in terre più avanzate verso il polo dell'avvenire, e lì
aspetteremo pazientemente il giorno di Dio e della Francia.
L'importante è che vi siano Frati Predicatori
francesi, e che un poco di questo sangue generoso scorra sotto il
vecchio abito di S. Domenico. Quanto al suolo, verrà il tempo anche per
esso, perché la Francia presto o tardi arriverà allo svolto di strada,
ove la Provvidenza l'attende. Ciò che ha predetto il signor de Maistre
si verificherà: la Francia sarà cristiana, l’Inghilterra cattolica e
l'Europa canterà la Messa a S. Sofia. Io lo spero, e non ho fretta.
Qualunque sia d'altronde il trattamento che mi
riserba la mia patria, io non me ne lamenterò; spererò in lei fino
all'ultimo respiro. Comprendo le sue ingiustizie, rispetto perfino i
suoi errori; non già come il cortigiano che adora il suo padrone, ma
come l'amico, che sa con quali nodi il male si accoppi al bene nel più
profondo del cuore dell'amico.
Questi sentimenti sono in me troppo antichi perché
possano dileguarsi, e dovessi anche non raccoglierne il frutto essi
saranno sempre i miei ospiti ed i miei consolatori.
DOCUMENTI PRIMITIVI
riguardanti la Vita di S. Domenico.
.
Primi tempi dell'Ordine dei Frati
Predicatori. Opera del Beato Giordano di Sassonia, secondo Generale
dell'Ordine.
E’ questa la prima fra le leggende di S. Domenico;
e fu scritta avanti la translazione e canonizzazione del Santo, come
chiaramente risulta dal silenzio dell'autore sopra ambedue questi fatti.
Perciò è anteriore all'anno 1233. Il Padre Giacomo Echard, domenicano,
ne pubblicò il testo con note, nell'opera intitolata: Scrittori
dell'Ordine dei Frati Predicatori, Parigi 1719; fu ripubblicata nel 1733
dai Bollandisti negli Atti dei Santi, primo volume del mese di Agosto.
Quest'ultima è l'edizione da noi citata nel corso dell'opera.
II Lettera Enciclica ai Frati sulla translazione
del Beato Domenico, scritta dal Beato Giordano di Sassonia.
Di questa lettera s'ignora la data precisa, ma
certamente fu scritta fra la translazione e la canonizzazione di S.
Domenico, cioè, fra il 24 maggio 1233 e il 3 luglio del 1234; ed è il
compimento della precedente leggenda. Fu pubblicata dai Bollandisti nel
Commentario preliminare agli atti di S. Domenico.
II Atti di Bologna.
Questi atti contengono le testimonianze di nova
discepoli. di S. Domenico sulle virtù ed i miracoli del Santo
Patriarca. La loro data è dal 6 al 30 agosto 1233, nel qual, tempo fu
fatta l'inchiesta. Furono pubblicati da Giacomo Echard nell'opera sopra
citata; dai Bollandisti negli Atti dei Santi, e dal domenicano Mamachi
nell'Appendice al primo volume degli Annali dell'Ordine dei Frati
Predicatori, stampato nel 1756. Questa ultima edizione è quella che noi
abbiamo citato.
IV Atti di Tolosa.
Questi atti, di cui s'ignora la data precisa, ma che
sono necessariamente anteriori alla canonizzazione di S. Domenico,
racchiudono le testimonianze di 26 persone, ecclesiastiche e laiche,
sulle virtù ed i miracoli del Santo durane i dodici anni del suo
apostolato nella Linguadoca. Sono stati pubblicati uniti a quei di
Bologna nelle tre opere suddette. Le nostre citazioni sono prese dal
Mamachi.
. Vita del Beato Domenico, primo fondatore
dell'Ordine dei Frati Predicatori, scritta da Costantino Medici,
vescovo d'Orvieto, del medesimo Ordine.
Questa seconda leggenda, che fu pubblicata fra il
1242 ed il 1247, serve di compimento a quella del B. Giordano di
Sassonia. Essa infatti contiene nuove particolarità; ma è molto
inferiore alla prima per lo stile, e meno importante. Fu pubblicata da
Giacomo Echard.
VI. Vita del Beato Domenico, composta dal Beato
Umberto, quinto Maestro Generale dell'Ordine dei Frati Predicatori.
Fu pubblicata prima della sua elevazione al
Generalato, avvenuta nel 1254, e fu chiamata la terza leggenda. Molto più
completa delle altre due, superiore assai or l'ordine e per lo stile a
quella di Costantino Medici. contemporanei di S. Domenico cominciavano
ad invecchiare e a diminuire; in questa vita si sente che il orto ha
voluto raccogliere quanto aveva da loro saputo, affinché nessuna di
tali memorie andasse perduta. Il suo lavoro è stato pubblicato dal
Mamachi
VII. Cronaca dell'Ordine dei Frati Predicatori
del B. Umberto.
Questa cronaca breve, ma molto notevole per la
distribuzione dei fatti, va dal 1202 al 1254. Può vedersi nel Mamachi.
VIII. Vita di S. Domenico di Bartolomeo di
Trento, dell'Ordine dei Frati Predicatori.
E’ una relazione brevissima, la cui data può
stabilirsi fra il 1234 e il 1251; ma non fu annoverata fra le tre grandi
leggende scritte fra il 1233 e il 1254. I Bollandisti l'hanno pubblicata
nel primo tomo d'agosto della loro collezione.
IX. Vite dei Frati dell' Ordine dei Predicatori
di Gerardo di Frachet, dello stesso Ordine.
A questa opera fu dato mano per ordine del Capitolo
generale riunito a Parigi nel 1256, coll'intendimento di salvar
dall'oblio buon numero di fatti eroici che avevano illustrato i primi
tempi dell'Ordine, e che erano tuttavia nella memoria dei vecchi. Il
Beato Umberto, allora. Generale, incaricò di questo lavoro Fra Gerardo
di Frachet, francese di nascita, e celebre predicatore. Egli corrispose
ai voti del suo Ordine con un'opera di squisita semplicità, sulla quale
non potresti por mano senza guastarla. La intitolò: Vite dei Frati, e
la divise in quattro parti, la seconda delle quali si riferisce a S.
Domenico, ma non contiene che alcuni fatti, sfuggiti alle leggendo
anteriori. L'opera intiera è stata stampata a Donai nel 1619.
X. Relazione di Suor Cecilia.
Suor Cecilia della famiglia Cesarini, fu una delle
religiose che S. Domenico trasferì dal monastero di Santa Maria in
Trastevere a quello di S. Sisto. Ella aveva allora 17 anni. Di 22 anni
fu mandata priora nel monastero di Sant'Agnese di Bologna, dove visse
fino al 1290 in concetto di santità. Fra le religiose dello stesso
monastero di Sant'Agnese ve n'era una chiamata Suor Angelica, a cui Suor
Cecilia confidò particolarmente tutto ciò che ella aveva veduto di S.
Domenico, nel tempo che il Santo dimorò a S. Sisto e a Santa Sabina.
Suor Angelica ne scrisse la relazione sotto gli occhi stessi di Suor
Cecilia; relazione ammirabile per la semplicità della narrazione, e che
meglio d'ogni altra storia ci introduce nella vita intima del Santo.
Questa relazione finisce così: «Quanto è stato qui
riferito intorno al Beato Domenico, lo ha raccontato Suor Cecilia la
quale afferma che tutto è così vero, che ella è pronta, ove fosse
necessario, a confermarlo con giuramento. Ma questa precauzione è
inutile; tanta è la santità e la devozione di questa religiosa, che
non si dura fatica a credere ai suoi detti. Onde Suor Angelica, del
monastero di Sant'Agnese, ha scritto ciò che da Cecilia ha sentito dire
sul nostro Beato Padre Domenico, a gloria del nostro Signor Gesù
Cristo, ed a consolazione dei Frati. Voi che leggete, perdonate allo
stile, poiché essa non sa di grammatica».
Questa relazione e le leggende del Beato Giordano di
Sassonia, di Costantino Medici, e del Beato Umberto, sono i quattro
principali e primitivi documenti intorno alla vita di S. Domenico. La
sua data è da fissarsi al tempo in cui Suor Angelica viveva in Bologna,
nel monastero di Sant'Agnese, cioè verso il 1240; ma non fa conosciuta
che più tardi, cioè negli ultimi 30 anni del secolo tredicesimo. Il
Mamachi ne, ha pubblicato il testo.
XI. Cronaca Vaticana.
Questa cronaca è anonima, e dal tempo di S. Domenico
va fino al 1263. Si trova anche questa nel Mamachi.
XII. Dei sette doni dello Spirito Santo, di
Stefano di Borbone, dell'Ordine dei Frati Predicatori.
Stefano di Borbone entrò nell'Ordine nel 1219, e morì
nel 1261. Il suo libro dei Sette doni dello Spirito Santo contiene molte
cose relative alla vita di S. Domenico, raccolte dalle leggende che
correvano in quel tempo.
XIII. Il bene universale delle Api di Tomaso da
Catimprè, dell’Ordine dei Frati Predicatori.
Questo libro pubblicato verso l'anno 1261, tratta in
vari luoghi di S. Domenico e del suo Ordine.
XIV. Specchio istorico di Vincenzo Beauvais,
dell'Ordine dei Frati Predicatori.
Molti capitoli di questa opera sono consacrati a S.
Domenico, e fu scritta quasi contemporaneamente alla precedente.
XV. Vita del Beato Domenico di Rodrigo di Cerrat,
dell'Ordine dei Frati Predicatori.
Rodrigo di Cerrat, nato in Ispagna nella valle di
Cerrat, presso Palenza, fiorì negli ultimi trent'anni del tredicesimo
secolo. La sua leggenda è una imperfetta compilazione tratta dalle
precedenti. Non se ne sa la data precisa, ma certamente è posteriore
all'anno 1265, perocchè vi si parla del convento fatto edificare da
Alfonso il Savio a Calaruega nella casa ove nacque S. Domenico. Si trova
anche questa nel Mamachi.
XVI. Vita di S. Domenico di Teodoro d’Apolda,
dell’Ordine dei Frati Predicatori.
Il tredicesimo secolo era prossimo a finire. Munione
di Zamora, settimo Generale dell'Ordine dei Frati Predicatori, stimò
opportuno riunire come in un grande quadro tutto ciò che
precedentemente era stato scritto sulla vita di S. Domenico, e di
inserirvi anche quei minimi frammenti sfuggiti alle pie cure degli
agiografi. Ne diede l'incarico a Teodoro d'Apolda, Domenicano tedesco,
della borgata d'Apolda, tra Iena e Weimar. Questi, conforme agli ordini
del suo Generale, pubblicò verso il 1288 una nuova vita di S. Domenico,
molto più ampia di tutte le altre, nella compilazione della quale ,fu
adoperata per la prima volta la relazione di Suor Cecilia, rimasta fino
allora nell'ombra del monastero di Sant'Agnese a Bologna. Questa Vita è
fatta con amore, ma con poco ordine, ed in uno stile che troppo si
dilunga dalla semplicità dei primi storici, quantunque non manchi di
forza, né di unzione. Teodoro d'Apolda chiude, la serie degli scrittori
che avevano comunicato coll'istesso S Domenico, e coi discepoli che gli
sopravvissero. Tutto ciò che si poteva sapere intorno al suo eroe, ei
lo seppe; raggranellò anche gli ultimi avanzi della messe; e malgrado
il volger dei tempi, malgrado l'enorme differenza che corre fra il suo
stile e quello del B. Giordano di Sassonia, trovasi nel suo libro il
carattere di S. Domenico senz'alcuna alterazione. Siamo debitori ai
Bollandisti della pubblicazione di questa lunga, ed ultima leggenda.
XVII. Cronaca dell'Ordine dei Frati Predicatori,
di Galvano Fiamma.
Galvano Fiamma, nato nel 12831 entrò nell'Ordine nel
1298. La sua cronaca utile per alcune particolarità, non è stata
stampata. Ne esiste una copia manoscritta nella Biblioteca Casanatense,
nel convento della Minerva a Roma.
XVIII. Delle quattro cose, di cui Dio ha onorato
l'Ordine dei Frati Predicatori, di Stefano di Salanhac del medesimo
Ordine.
Stando al tempo in cui visse, e nel quale scrisse
Stefano di Salanhac, dovremmo riporlo fra gli agiografi del tredicesimo
secolo, immediatamente avanti a Teodoro d'Apolda. Imperocchè egli
nacque nell'anno 1210, ricevè l'abito di Frate Predicatore nel 1230
dalle mani di Pietro Cellani, e finì Il suo trattato verso il 1278.
Disgraziatamente non abbiamo questo trattato, quale usci dalla sua pen
na: ecco come ci è pervenuto. Nel 1304 il Padre Almerico di Piacenza
essendo stato eletto Maestro Generale dell'Ordine nel Capitolo Generale
riunito a Tolosa, comandò a Bernardo Guidonis, domenicano già noto pel
suo zelo e la sua scienza, di riunire insieme quanto potesse'trovar
d'inedito sulla storia dell'Ordine. Bernardo Guidonia gli rese conto
delle sue ricerche in una lettera del, medesimo anno 1304, nella, quale
prima di tutto fa menzione del trattato di Salanhac ch'egli dice di
avere scoperto, e di avervi aggiunte diverse cose tralasciate
dall'Autore; come avverte premurosamente al principio e alla fine del
trattato; facendo anche sapere che per lo più le sue giunte le aveva
poste in margine, ma non sempre. Perciò quando anche avessimo oggi il
trattato di Salanhac quale lo pubblicò Bernardo Guidonis, non avremmo
che un'opera mista, nella quale sarebbe impossibile discernere la prima
mano dalla seconda. Ma la negligenza dei copisti ha grandemente
cresciuta questa confusione; imperocchè nei manoscritti di Salanhac,
che tuttavia esistono, le note marginali destinate ad indicare la
maggior parte delle aggiunte, sono al tutto disparse. Il trattato di
Salanhac non ha dunque la sua originaria importanza, e non ha altra
autorità se non quella del tempo in cui il Guidonis lo mise in ordine,
facendone un'opera. Così è che vi sono parecchie cose che non
concordano coi documenti del secolo decimoterzo. Questo trattato non è
stato mai stampato. So ne conserva il manoscritto nella Biblioteca
Casanatense del convento della Minerva in Roma.
XIX. Vita di S. Domenico, di Pietro Cali.
Questa leggenda è una specie di raccolta. I suoi
dodici primi numeri o paragrafi son presi dal trattato di Stefano di
Salanhac, ed il resto non è che un'accozzaglia di aneddoti senza
ordine. Nella parte copiata da Stefano di Salanhac, l'autore ha anche
accresciute le aggiunto che avevano di già, corrotto l'opera di
Stefano. Pietro Cali scrisse nel 1324, più di un secolo dopo la morte
di S. Domenico, come risulta dal paragrafo dodicesimo della sua
leggenda, in cui parla della promozione di Bornardo Guidonis al
vescovato di Lodève; promozione che ebbe luogo nel 1324 sotto il papa
Giovanni XXII.
Sino alla fine del XV secolo S. Domenico non ebbe più
storici se non in piccolissimo numero; e questi si restrinsero a copiare
le leggende del secolo decimoterzo, se ne eccettui il domenicano Bretone
Alano de la Roche, che corruppe tutte le tradizioni scrupolosamente
rispettate fin allora, e pretese scrivere la Vita di S. Domenico per
mezzo di rivelazioni particolari, fondandosi su autori, di cui nessuno
aveva mai sentito parlare, né trovasi traccia in alcun luogo.
Sant'Antonino Arcivescovo di Firenze, morto nel 1459 è il contrapposto
di Alano de la Roche pel suo esemplare rispetto ai monumenti primitivi.