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VITA DI SAN DOMENICO

P. Enrico D. Lacordaire dei Predicatori


 

CAPITOLO IX

 

Nuova riunione dei Frati Predicatori a Notre-Dame di Prouille,

e loro diffusione in Europa.

 

Domenico, partito da Roma dopo le feste di Pasqua dell'anno 1217, con sollecitudine si riunì ai suoi fratelli, giunti al numero di sedici: otto francesi, sette spagnuoli ed uno inglese. Guglielmo Claret, Matteo di Francia, Bertrando di Garriga, Tommaso, Pietro Cellani, Stefano di Metz, Natale di Prouille ed Oderico di Normandia erano francesi; ed insieme ai loro nomi, la storia ci ha conservati anche alcuni episodi che ritraggono in qualche modo il carattere della maggior parte di essi.

Guglielmo Claret, nativo di Pamiers, fu uno dei primi compagni di Domenico. Il Vescovo di Osma al suo partir dalla Francia, gli affidò il governo temporale della missione in Linguadoca. Si dice che dopo aver consacrato all'Ordine più di vent'anni di vita, facesse nuovi voti nell'abazia di Bolbonne fra i Cistercensi, e s'impegnasse ancora perché il monastero di Prouille fosse a loro ceduto.

Matteo di Francia aveva passata la sua giovinezza nelle scuole di Parigi. Il conte di Montfort lo creò Priore della collegiata di S. Vincenzo di Castres; fu là che fece conoscenza con Domenico, anzi si dié intieramente a lui, quando lo vide un giorno in estasi sollevarsi da terra. Matteo fu il fondatore del famoso convento di S. Giacomo di Parigi, ed il suo corpo riposa ora nel coro di quella Chiesa, a piè dello stallo da lui occupato come Priore del monastero.

Bertrando di Garriga, chiamato così dal luogo di nascita, un piccolo borgo della Linguadoca vicino ad Alais, fu uomo di straordinaria austerità. Domenico gli consigliò un giorno di pianger poco i suoi peccati, e molto quelli degli altri: nell'ultimo suo viaggio in Italia gli confidò ancora il governo di S. Romano. Bertrando morì nel 1230, e fu sepolto ad Orange in un monastero di monache. Le sue reliquie operarono miracoli; e nel. 1427 per ordine del papa Martino V, furono trasferite al convento dei frati Predicatori della stessa città .

Tommaso era un distinto cittadino di Tolosa, designato dal B. Giordano di Sassonia per uomo pieno di grazia e di eloquenza . Si fece discepolo di Domenico l'anno 1215, contemporaneamente a Pietro Cellani, suo concittadino. Quest'ultimo, giovane, ricco, onorato, nobile di cuore più ancora che di natali, offrì, a Domenico in uno stesso giorno e la sua persona e la sua casa. Fu il fondatore, del convento di Limoges. La più grande venerazione l'accompagnò fino alla tomba, dove discese l'anno 1257, dopo avere esercitato in tempi difficilissimi l'ufficio d' inquisitore a lui affidato da Gregorio IX.

Stefano di Metz fin dall'anno 1213 si trovava insieme con Domenico a Carcassona; fondò il convento di Metz, da cui prese la denominazione, che lo distingue nella storia.

Nulla di notevole è rimasto riguardo a Natale di Prouille.

Oderico di Normandia fu il primo fratello converso dell'Ordine.

Questi gli elementi francesi della famiglia Domenicana d'allora. Pochi di numero; ma di un'azione così operosa ed estesa, da potersi ben dire che la Francia sia stata la miniera e il crogiuolo donde ne venne fuori l'Ordine dei Predicatori. Donne francesi formarono sotto la direzione di Domenico il monastero di Notre-Dame di Prouille, culla dell'Ordine; due francesi che senza alcuna riserva si affidano a lui, danno ora principio a S. Romano di Tolosa; Matteo di Francia fonderà, come vedremo, S. Giacomo di Parigi; ed un altro francese, ancora a noi sconosciuto, fonderà S. Nicola di Bologna. Studiando la predestinazione della Francia tal quale ce la rivelano la sua posizione topografica, il suo genio, la sua storia, non è difficile comprendere perché volle Iddio che avesse sì gran parte nella formazione di un Ordine apostolico. Del popolo francese è stato detto ch'egli è un soldato; meglio si direbbe ch'egli è un missionario; imperocchè anche la sua spada è propagandista. Nessuno più della Francia ha contribuito ad estendere in Occidente il regno di Gesù Cristo, e dal tempo delle crociate il suo nome nella lingua degli orientali è rimasto sinonimo di cristiano. Insieme al dono di credere, riceveva nel battesimo anche quello di amare con eguale potenza; e la sua posizione geografica in perfetta corrispondenza col suo carattere, apriva tutti i continenti del mondo alle sue conquiste. La Francia è un vascello di cui l'Europa è il porto, e che ha gettate le ancore in tutti i mari. C'è dunque da maravigliarsi se Dio la elesse ad essere, sotto la mano di Domenico, il principale strumento di un Ordine destinato ad un'azione universale? Non per questo però la Spagna fu ingrata verso il più illustre suo figlio; e quantunque tutta occupata in quella lunga e gloriosa lotta contro gli antichi dominatori delle sue terre, inviò più d'un soldato a rafforzare l'esercito Spirituale del suo Gusman, cioè: Domenico di Segovia, Suero Gomez, il Beato Mannes, Michele di Fabra, Michele di Uzero, Pietro di Madrid, Giovanni di Navarra.

Domenico di Segovia fu uno dei primi compagni dell’Apostolo in Linguadoca; Giordano di Sassonia lo chiama uomo di perfetta umiltà, povero di scienza, ma sublime nella virtù . Narrasi di lui che visitato in camera da una donna impudica la quale voleva mettere a prova la sua virtù, coricatosi fra tizzoni ardenti, rivolgesse alla tentatrice, queste parole: «se mi ami davvero, questo n'è il luogo e il momento» .

Suero Gomez apparteneva ai più nobili della corte di Sancio I, re di Portogallo. La notizia della crociata contro gli Albigesi lo fece partire per la Linguadoca, dove si arruolò tra i cavalieri della causa cattolica. Ma chiamato da Dio, conobbe che vi era una milizia anche migliore; abbandonò allora tutto, per predicare Gesù Cristo colla parola e colla povertà. Fu il fondatore del convento di Santaren sul Tago, poche leghe sopra Lisbona: dal re Alfonso II ricevé grandi attestati di stima; morì nel 1233, onorato da molti storici del titolo di Santo.

Il Beato Mannes fu fratello di S. Domenico. Quando e come, prendesse l'abito dell'Ordine, non si sa. Mori verso il 1230, e fu sepolto a Gumiel d'Izàn, nella tomba dei suoi antenati .

Michele di Fabra, che fu nell'Ordine il primo lettore o professore di Teologia, insegnò nel convento di Parigi, fu predicatore e confessore di Giacomo, re di Aragona; fondò i conventi spagnoli di Maiorca e di Valenza. Antichi scrittori lodano molto in lui lo zelo apostolico, i servigi resi, nella guerra contro i Mori, l’assiduità alla preghiera e alla contemplazione, ed anche i suoi miracoli. Le sue spoglie furono prima riposte nella sepoltura comune di Valenza; ma poi il Priore prodigiosamente avvertito di dar loro più onorevole sepoltura, le fece trasportare con gran pompa in una cappella del convento dedicata a San Pietro martire.

Nulla di notevole ci ha trasmesso la tradizione intorno a Michele di Uzero, e Pietro di Madrid.

Giovanni di Navarra, nato a Saint-Jean-Pied-de Port, prese l'abito dell'Ordine il giorno della festa di S. Agostino, 28 agosto 1216. Di tutti i primi compagni di Domenico questi fu il solo che fece da testimone nel processo della canonizzazione del S. Padre; dalla sua deposizione rilevasi come di frequente egli avesse abitato e viaggiato con lui.

L'Inghilterra mischiò anch’essa una goccia del suo sangue al sangue francese e spagnolo di questa prima generazione della dinastia domenicana; come se tutti i popoli marittimi d'Europa avessero dovuto portarle il loro tributo. Il nome dell'inglese, seguace di Domenico, fu Lorenzo.

Se grande fu la gioia in tutti al ritorno del padre di famiglia, non fu minore la sorpresa quando intesero ch'egli tornava colla risoluzione di sbandare immediatamente il suo gregge, mentre si credevano sicuri di potere stare ancora per molto tempo insieme raccolti nella santa e studiosa oscurità del chiostro. E perché rompere l'unità in un corpo assai debole? e che aspettarsi da pochi uomini sparsi per l'Europa, prima ancora che rinomanza alcuna del nuovo Ordine li abbia preceduti? L'Arcivescovo di Narbona, il Vescovo di Tolosa, il conte di Montfort, tutti insomma cui stava a cuore la nascente istituzione, scongiuravano Domenico che per un desiderio prematuro di far del bene, non volesse compromettere tutto l'avvenire. Ma egli tranquillo ed irremovibile nel, suo disegno: «Miei signori e padri, rispondeva, non vi oponete a ciò, perché so bene quello che faccio» . Stava a lui dinanzi la visione avuta nella basilica di San Piero, e sentiva come risuonargli all'orecchio quelle parole dei due apostoli: «Va e predica»; ed un altro indizio l'aveva anche ritratto dalla ruina imminente del conte di Montfort. Aveva visto in sogno un albero che coi grandi suoi rami copriva la terra e prestava rifugio agli uccelli del cielo; quando ad un colpo inaspettato ecco l'albero a terra, e dispersi coloro che alla sua ombra avevan cercato asilo. Allorché tali misteriosi presagi vengono da Dio, da lui ne viene pure la luce, che ne scopre il significato. Domenico comprese che Montfort era l'albero la cui caduta avrebbe dileguate le speranze dei cattolici, e che sarebbe stato imprudenza fabbricare sopra un sepolcro. Oltredichè un'altra altissima considerazione si aggiungeva a questa rivelazione, per distoglierlo dal consiglio de' suoi amici. L'apostolo, egli pensava, si forma più nell'azione che nella contemplazione; ed il mezzo più sicuro per dare incremento al nuovo Ordine è di piantarlo arditamente proprio là, dove lo spirito umano è più agitato. E ne dava lui stesso ragione ai suoi discepoli con una figura bella, non men che ingegnosa: «Il grano, diceva loro, dà frutto se vien seminato; ammucchiato si guasta» .

Tre città governavano allora l'Europa. Roma, Parigi, Bologna: Roma col Pontefice, Parigi e Bologna colle loro Università, convegno della gioventù di tutte le nazioni. Queste elesse Domenico a capitali del suo Ordine, per averne ben presto schiere di apostoli. Non poteva però dimenticare la sua patria, per quanto estranea in quel tempo al movimento generale d'Europa; né abbandonare la Linguadoca, a cui avea consacrate le primizie delle sue fatiche. Sedici uomini adunque gli parvero sufficienti per conservare Prouille e Tolosa; per occupare Roma, Parigi, Bologna e la Spagna. Né i suoi progetti erano con questo esauriti, ma aspirava ancora, come abbiam detto, ad evangelizzare gl'infedeli d'oltremare: e già si lasciava crescer la barba all'uso orientale, per esser pronto alla prima occasione; anzi, in vista di ciò, aveva espresso il desiderio che i suoi fratelli eleggessero canonicamente chi fra loro lo surrogasse alla partenza. Questo il suo piano; e dopo gustato per un momento il piacere di vivere in mezzo a' suoi, li convocò tutti nel monastero di Prouille per la prossima festa dell'Assunzione.

Gran gente era accorsa a Prouille in quel giorno; alcuni attirati dall'antica devozione per quel santuario, altri dalla curiosità; l'affezione poi e un devoto sentimento ci aveva condotti vari vescovi e cavalieri, e lo stesso conte di Montfort. Domenico offrì il Santo Sacrificio su quell'altare tante volte testimone delle sue lagrime segrete; lì ricevette i voti solenni de' suoi fratelli, fino allora a lui legati solo dalla costanza del loro volere o da voti semplici unicamente; e avanti di terminare il discorso indirizzato loro, rivoltosi al popolo, uscì in queste parole: «Sono già molti anni che io v'esorto dolcemente, predicando, piangendo, pregando, ma invano; v'è però nel mio paese un proverbio che dice: dove non può più nulla la benedizione, il bastone può ancora qualche cosa. Ecco che noi susciteremo contro di voi prelati e principi; essi armeranno contro questo paese nazioni e regni; e molti periranno di spada, e le terre si faran deserte, e le mura abbattute, e voi tutti, oh dolore! ridotti in schiavitù. Per tal modo il bastone otterrà qualche cosa, dove la benedizione e la dolcezza nulla valsero ad ottenere». Questo addio di Domenico alla terra ingrata che per dodici anni aveva irrigato co' suoi sudori, sembra un testamento diretto contro coloro che avrebbero un giorno profanata la sua memoria, e determina per sempre il carattere del suo apostolato, di cui tutta la forza era riposta nella dolcezza, nella predicazione, nella preghiera e nelle lacrime. La profetica minaccia che vi è contenuta, ricorda nel suo stile il celebre lamento di Gesù Cristo sopra Gerusalemme: Oh se conoscessi anche tu, e proprio in questo giorno, quel che giova alla tua pace! Ora invece son cose celate ai tuoi occhi. Ché verranno per te giorni, quando i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, e t’attornieranno, e ti stringeranno per ogni parte, e distruggeranno te e i tuoi figlioli con te, e non lasceranno in te pietra su pietra; perché non conoscesti il tempo della tua visita (Lc 19, 42-44). Né Domenico disse che lui stesso in persona avrebbe sollevato principi e prelati; ma non disgiungendo se stesso dal rimanente della cristianità, in generale e a nome di tutti usci in quelle parole: «Ecco che noi vi susciteremo contro principi e popoli!». Domenico, estraneo a tutto ciò che si commise in guerra o in difesa della giustizia, e gemente sulle sventure avvenire, si avanza incontaminato dal sangue; lascia la Francia, e con essa il teatro delle sommosse e delle guerre; si fa fondatore di conventi in Italia, in Francia ed in Spagna; e col bastone da viaggiatore in mano, col sacco da pellegrino sulle spalle, spende in queste pacifiche creazioni quel che gli resta di una vita omai logora dal sacrificio.

Compiuta la pubblica cerimonia, Domenico manifestò al fratelli le sue intenzioni riguardo a ciascuno di loro; cioè, che Guglielmo di Claret e Natale di Prouille sarebbero rimasti nel monastero di Notre-Dame di Prouille; Tommaso e Pietro Cellani in quello di S. Romano di Tolosa; Domenico di Regovia, Suero Gomez, Michele d'Uzero e Pietro di Madrid partirebbero per la Spagna; per Parigi poi sarebbero destinati i tre Francesi, Matteo di Francia, Bertrando di Garriga e Oderico di Normandia, i tre spagnoli, Michele di Fabra, Giovanni di Navarra ed il Beato Mannes, più l'inglese Lorenzo. Domenico per la fondazione dei conventi di Roma e di Bologna non si riservava che il solo Stefano di Metz.

Prima di separarsi, essi elessero Matteo di Francia Abate, vale a dire superiore generale dell'Ordine, sotto la suprema autorità di Domenico. Questo titolo che ritraeva qualche cosa di grande, per il sommo onore in cui erano tenuti i capi di Ordini nelle antiche religioni, non fu ammesso che questa sola volta, e sparì per sempre colla persona di Matteo di Francia. Fu stabilito che si chiamasse col nome più umile di Maestro chi fosse elevato al governo generale dei Frati Predicatori.

Questo dividersi il mondo fra pochissimi uomini ha già dello straordinario; ma lo è ancor più per le circostanze. I nuovi, apostoli partono a piedi, senza danaro, privi di ogni umana risorsa, e con la missione non solo di predicare, ma di fondar conventi. Uno solo fra tutti, Giovanni di Navarra, ricusa di mettersi in viaggio a tali condizioni, e chiede danaro. Domenico a vedere un frate Predicatore che pel suo sostentamento non sa affidarsi alla Provvidenza, piangente si getta al piedi di quel figlio di poca fede; pur non riuscendo a persuaderlo di confidar tutto nel Signore, gli fa consegnare dodici danari.

Quando tutte queste cose furono compiute, il 13 settembre 1217, quattro anni precisi dalla battaglia di Muret, il vecchio conte Raimondo rientrava in Tolosa. L'opera dell'abate di Citaux era stata distrutta, ultimata quella di Dio.

 

INDICE

INTRODUZIONE

 

Capitolo I. Genesi di S. Domenico

Capitolo II Arrivo di S. Domenico in Francia

Suo primo viaggio a Roma

Colloquio a Montpellier .

Capitolo III Apostolato di S. Domenico dall' abboccamento di Moutpellier fino al principio della guerra Albigese

Fondazione del monastero di Notre-Dame di Prouille

Capitolo IV Guerra degli AlbIgesi

Capitolo V Apostolato di S. Domenico dal principio della guerra Albigese fino al quarto

Concilio Lateranense

Istituzione del SS. Rosario

S. Domenico ed i suoi primi discepoli a Tolosa

Capitolo VI Secondo viaggio di S. Domenico a Roma

Approvazione provvisoria dell'Ordine dei Frati Predicatori fatta da Innocenzo III

Incontro di S. Domenico con S. Francesco d'Assisi

Capitolo VII Riunione di S. Domenico e del suoi compagni a Notre-Dame di Prouille

Regola e Costituzioni dei Frati Predicatori

Fondazione del convento di S. Romano a Tolosa

Capitolo VIII Terzo viaggio di S. Domenico a Roma

Conferma dell'Ordine dei Frati Predicatori

Predicazione di S. Domenico nel palazzo del Papa

Capitolo IX Nuova riunione dei Frati Predicatori a Notre-Dame di Prouille, e loro diffusione in Europa

Capitolo X Quarto viaggio di S. Domenico a Roma

Fondazione dei conventi di S. Sisto e di S. Sabina

Miracoli che accompagnarono queste due fondazioni

Capitolo XI Soggiorno dì S. Domenico a S. Sabina

S. Giacinto ed il B. Ceslao entrano nell'Ordine

Miracolosa unzione fatta dalla Vergine Santissima sul B. Reginaldo

Capitolo XII Fondazione dei conventi di S. Giacomo a Parigi, e di S. Niccolò di Bologna

Capitolo XIII Viaggio di S. Domenico in Spagna ed in Francia

Sue veglie nella grotta di Segovia

Modo di viaggiare e sistema di vita del Santo

Capitolo XIV Quinto viaggio di S. Domenico a Roma

Morte del B. Reginaldo

Il B. Giordano di Sassonia entra nell'Ordine

Capitolo XV Primo Capitolo Generale dell'Ordine

Dimora di S. Domenico in Lombardia

Istituzione del Terz'Ordine

Capitolo XVI Sesto ed ultimo viaggio di S. Domenico a Roma

Secondo Capitolo Generale Malattia e morte del Santo Patriarca

Capitolo XVII Traslazione del corpo di S. Domenico

Canonizzazione del Santo

 

 

APPENDICE

L'ORDINE DI S. DOMENICO

Capitolo I Della legittimità degli Ordini religiosi dinanzi suo Stato

Capitolo II Idea generale dell'Ordine dei Frati Predicatori

Motivi per ristabilirlo in Francia

Capitolo III Azione dei Frati Predicatori come Apostoli

Loro Missioni nell' antico e nel nuovo mondo

Capitolo IV Azione dei Frati Predicatori come dottori

S. Tommaso d'Aquino

Capitolo V Artisti, Vescovi, Cardinali, Papi, Santi e Sante, dati alla Chiesa dall’Ordine dei Frati Predicatori

Capitolo VI L'Inquisizione

Capitolo VII Conclusione

 

 

 

 

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