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VITA DI SAN DOMENICO

P. Enrico D. Lacordaire dei Predicatori


 

CAPITOLO VIII

 

Terzo viaggio di S. Domenico a Roma.

Conferma dell'Ordine dei Frati Predicatori.

Predicazione di S. Domenico nel palazzo del Papa.

 

Mentre sotto gli occhi stessi di S. Domenico si stava fabbricando con tutta sollecitudine il convento di San Romano, giunse ad attristare il cuore del Santo Patriarca la notizia inaspettata che Innocenzo III era morto a Perugia il 16 luglio, e due giorni appresso, eletto in fretta e furia, era asceso al soglio pontificio il cardinal Conti, dell'antica stirpe dei Sabelli col nome di Onorio III. Così, oltre a venire a mancare un valido sostenitore dell'opera domenicana, si paravano ancora dinanzi tutti gl'intoppi di una nuova corte. Innocenzo III era uno di quei pochi che la Provvidenza aveva mandati quali apprezzatori e sostenitori di Domenico; della tempra anch'egli degli Azevedo, dei Folchi, dei Montfort, generosa costellazione, astri l'un dopo l'altro si andavano eclissando, Azevedo era scomparso per primo, e con lui l'ordine de' suoi eroici disegni. Ed ora che Domenico ne aveva con rande stento riallacciate le fila sotto gli auspici di Innocenzo III, anche questo gran Papa moriva, senza aver consumata l'impresa a cui si era ripromesso metter l'ultimo suggello. Questa prova però fu di poca durata. Domenico, rivalicato le Alpi per la terza volta, malgrado le difficoltà di un nuovo governo, ottenne prontamente dal Pontefice il premio dovuto alle sue lunghe fatiche. Il 22 dicembre del 1216 il suo Ordine fu solennemente confermato con due bolle di questo tenore:

 

«Onorio vescovo, servo dei servi di Dio, ai suoi cari figli Domenico, priore di S. Romano di Tolosa, ed ai fratelli presenti e futuri che professeranno vita regolare, salute ed apostolica benedizione. Essendo ottima cosa porre sotto l'apostolica protezione coloro che si danno alla vita religiosa, affinché temerari assalti non li distolgano dai loro disegni, e non infrangano, che Dio ne liberi, i santi legami della religione; per questo, o cari figli nel Signore, noi volentieri acconsentendo alle vostre giuste richieste, con la presente riceviamo sotto la protezione del Beato Apostolo Pietro e nostra la chiesa di S. Romano di Tolosa, nella quale voi vi siete consacrati al servizio divino. Noi vogliamo in, primo luogo che l'Ordine fondato canonicamente in detta chiesa secondo l'ispirazione di Dio e la regola di S. Agostino, sempre ed inviolabilmente sia rispettato; inoltre, che i beni giustamente acquistati dalla chiesa, o che in seguito possano acquistarsi per concessioni di pontefici, per generosità di re e di principi, per elargizioni di fedeli, o in qualunque altro legittimo modo, siano inviolabili nelle vostre mani, ed in quelle dei vostri successori. Abbiamo ancora creduto opportuno nominare distintamente i seguenti possedimenti cioè: il luogo ove è fabbricata la chiesa di S. Romano con tutto le sue pertinenze; la chiesa di Prouille e sue pertinenze, la tenuta di Cassanel, la chiesa di Notre-Dame de Lescure e sue pertinenze, l'Ospedale di Tolosa, chiamato Arnaldo Berard, parimenti con le sue pertinenze, la chiesa della SS. Trinità di Lobens e sue pertinenze, e le decime che il venerabile nostro fratello Folco, vescovo di Tolosa, nella sua caritatevole e previdente liberalità, di consenso col suo Capitolo, vi ha concesso, come dagli Atti risulta. Nessuno poi presuma di esigere decime da voi, sia sui campi che coltivate voi stessi o a vostre spese, come pure sui prodotti del bestiame. Vi permettiamo di ricevere e ritenere presso di voi, senza timore di esserne poi rimproverati, chierici e laici desiderosi di lasciare il secolo, purché non siano stretti da altri giuramenti. Proibiamo ai vostri fratelli che hanno fatta la professione, di obbligarsi ad altri voti senza il permesso del loro Priore, salvo il caso che si tratti di entrare in una religione più austera, e proibiamo a chicchessia di riceverli senza il vostro consenso. Voi provvederete al servizio delle chiese parrocchiali che vi appartengono, scegliendo e presentando al vescovo diocesano preti degni di ricever da lui la cura delle anime; i quali dipenderanno dal Vescovo quanto alle cose spirituali, da voi quanto alle temporali. Proibiamo che alla vostra chiesa siano imposti oneri nuovi ed insoliti; né contro di essa, né contro di voi sarà lecito fulminare sentenze d'interdetto o di scomunica, tranne il caso di motivi patenti e ragionevoli. Se verrà fulminato qualche interdetto generale, voi potrete tuttavia celebrare i divini uffici, ma a voce bassa, senza suono di campane, a porte chiuse e dopo averne fatti uscire gli scomunicati e gl'interdetti. Per la Cresima, per l'Olio Santo, per la consacrazione degli altari, per l'ordinazione dei vostri chierici vi rivolgerete al vescovo diocesano, se cattolico, nella grazia e comunione della S. Sede, ed accondiscenda a prestar tutto senza condizioni ingiuste; altrimenti potrete rivolgervi a qualunque altro vescovo cattolico vi piacerà, purché nella grazia e comunione della S. Sede; ed egli in virtù della nostra autorità potrà soddisfare alle vostre richieste. Vi concediamo la libertà di seppellire nelle vostre chiese, ordinando che nessuno si opponga alla devozione ed all'ultima volontà di coloro che vorranno esservi sepolti, a meno che fossero scomunicati o interdetti, e salvi i diritti delle chiese a cui appartiene il trasporto dei defunti. Alla morte vostra o a quella dei vostri successori niuno pretenda di ascendere al comando nella carica di Priore di codesto luogo con intrighi o violenze, ma solo colui che, secondo il volere di Dio e la regola di S. Agostino, sarà stato eletto col consenso di tutti o almeno della maggiore e più rispettabile parte de' suoi fratelli. Noi ratifichiamo ancora le libertà, le immunità e le consuetudini ragionevoli introdotte nella vostra chiesa o conservate fino ad oggi, volendo che siano per sempre inviolabili. Che niuno adunque osi molestare cotesta chiesa, appropriarsi e ritenere i suoi beni, diminuirli o farne oggetto di vessazione; ma rimangano intatti, ad uso e sostentamento di coloro in favore dei quali sono stati ceduti, salvo l'autorità apostolica e ciò che, secondo i canoni, spetta al Vescovo diocesano.

«Se alcuno, ecclesiastico o secolare, pur conoscendo questa nostra costituzione, non temesse d'infrangerla, ed avvertito una seconda ed una terza volta ricusasse di dare soddisfazione, sia privato di ogni potere e di ogni onore, sappia che si è reso colpevole d'iniquità al tribunale di Dio, che sarà quindi separato dalla comunione del Corpo e del Sangue del nostro Dio Signore e Redentore Gesù Cristo, e che l'aspetterà tremenda pena il giorno del giudizio finale. Al contrario la pace del Signor Nostro Gesù Cristo discenda su coloro che rispetteranno i diritti di cotesto luogo; ricevano quaggiù il frutto di una buona azione, dal Giudice poi supremo una ricompensa eterna. Così sia».

 

L'altra bolla, documento breve, ma profetico, è così concepita:

 

«Onorio, Vescovo, servo dei servi di Dio, al caro figlio Domenico, Priore di S. Romano di Tolosa, ed a quanti suoi fratelli hanno fatto o faranno professione di vita regolare, salute ed apostolica benedizione. Considerando che i frati del vostro Ordine saranno i campioni della fede e la vera luce del mondo, noi confermiamo il vostro Ordine con tutte le terre e possessioni presenti e future, e prendiamo l'Ordine, stesso, con tutti i suoi diritti e tutti i suoi beni, sotto il Nostro governo e la nostra protezione» .

 

Queste due bolle furono rogate a S. Sabina nel medesimo giorno; e la prima, oltre la firma di Onorio, è sottoscritta da diciotto Cardinali. Peraltro, per quanto si largheggiasse in favori, i voti di Domenico non erano del tutto soddisfatti. Egli desiderava che il nome stesso del suo Ordine fosse testimonio perenne del fine da lui propostosi nel fondarlo. Fin dal principio del suo apostolato egli si era compiaciuto del nome di Predicatore; inoltre da un atto di omaggio al quale egli era intervenuto il 21 giugno 1211, appare come fin d'allora si servisse di un sigillo in cui erano scolpite queste parole: Sigillo di Fra Domenico Predicatore; e nella sua andata a Roma al tempo del Concilio di Laterano, Domenico si era appunto proposto d'ottenere dal Papa, dice il B. Giordano di Sassonia, la conferma di un Ordine i cui membri avessero l'ufficio e il nome di Predicatori. Rimonta pure a tale epoca un fatto notevole. Innocenzo III, che già aveva incoraggiato Domenico all'opera coll'approvarne i suoi disegni, ebbe bisogno di scrivergli; e chiamato un segretario, gli disse:

 

«Scrivete la tal cosa a Fra Domenico ed ai suoi compagni». Poi riflettuto un poco, soggiunse: «Non scrivete così, ma in quest'altro modo: A fra Domenico e a coloro che predicano con lui nelle contrade di Tolosa». E fermatosi ancora: «Scrivete così: Al Maestro Domenico et ai Frati Predicatori» .

 

Ciò nonostante Onorio nelle sue bolle si era astenuto dal dare al nuovo Ordine alcuna denominazione. Fu certo, per riparare a tal silenzio che un mese dopo, il 26 gennaio 1217, dettò la lettera seguente:

 

«Onorio, vescovo, servo dei servi di Dio, ai suoi cari figli, il Priore ed i frati di S. Romano, Predicatori nel Paese di Tolosa, salute ed apostolica benedizione. Noi infinitamente ringraziamo il dispensatore di ogni bene per tutto quello che vi ha concesso, e confidiamo di vedervi perseverare in lui fino alla fine. Divorati internamente dal fuoco della carità, diffondete intorno a voi uno squisito profumo, che rallegra i cuori sani e ristabilisce gli infermi. Da abili medici voi offrite loro delle mandragole spirituali che li preservino dalla sterilità, vale a dire il seme della divina parola, fecondato da una salutare eloquenza. Servitori fedeli, sapete far fruttare il talento che è stato riposto nelle vostre mani, e lo restituite al Padrone con sovrabbondanza. Atleti invincibili di Cristo portate alto lo scudo della fede e l'elmo della salute senza timore di coloro che possono uccidere il corpo, opponendo, da magnanimi, contro i nemici della fede la parola dl Dio, che penetra più addentro della spada la più acuta, odiando le vostre anime in questo mondo, per ritrovarle nella vita eterna. E perché non il combattimento, ma il suo fine, è quel che ci onora, e la perseveranza sola raccoglie il frutto di tutte le virtù, noi con queste lettere apostoliche preghiamo e seriamente esortiamo la vostra carità, che per la remissione dei vostri peccati vi fortifichiate sempre più nel Signore, seminiate il Vangelo sempre e dovunque, adempiate insomma pienamente al dovere di Evangelisti. Se per questo vi toccherà a soffrire qualche tribolazione, sopportatela non solo con tranquillità d'animo, ma sì allegramente, e gloriatevi coll'Apostolo di essere giudicati degni di soffrire obbrobri pel nome di Gesù. Sono leggere e transitorie afflizioni, pegno d'immensa gloria, a cui i mali del tempo non sono paragonabili. Vi chiediamo inoltre, figli diletti, che stringiamo particolarmente al nostro cuore, d'intercedere per noi presso il Signore colle vostre preghiere, acciò si degni concedere per vostra intercessione, ciò che pei nostri proprii meriti non varremmo ad ottenere» .

Fu così che il nome e l'ufficio di Frati Predicatori furono pontificialmente attribuiti ai religiosi Domenicani; ed è notevole la progressiva gradazione dei tre documenti da noi riferiti. Nella lunga bolla approvata in Concistoro e sottoscritta dai Cardinali, non si parla affatto del fine dell'Ordine. Se ne parla semplicemente come di un Ordine canonicamente stabilito, sotto la regola di S. Agostino. La seconda bolla, nella sua stessa brevità, è più chiara, dando ai figli di Domenico l'appellativo di campioni della fede e veri del mondo. Il terzo diploma infine dà loro apertamente la qualifica di Predicatori, lodandoli per le loro apostoliche fatiche ed incoraggiandoli per l’avvenire. L'insieme di questi documenti ha dato po' da fare agli storici, riuscendo difficile spiegare come il Sommo Pontefice abbia potuto emanare nello stesso giorno due bolle al medesimo scopo; ed hanno congetturato che la prima fosse destinata a conservarsi negli archivi dell'Ordine, la seconda dovesse invece servire ai religiosi come di passaporto giornaliero. Ma un Ordine solennemente approvato dalla Santa Sede, ha egli bisogno di presentarsi sempre dovunque con una bolla alla mano? non è da se stesso la miglior prova della sua autenticità? ed in caso di contestazione non è evidente che il documento necessario sarebbe stato quello contenente le libertà ed i privilegi dell'Ordine, piuttosto che un atto di poche righe, che punto ne determinava la canonica esistenza? D'altra parte nella progressiva ricognizione dei Frati Predicatori c'è una singolarità tale che fa intravedere un'altra spiegazione. Ci sembra probabile che nella corte pontificia trovasse opposizione l'istituzione d'un Ordine apostolico, e che per questa. ragione la bolla principale tacesse affatto intorno allo scopo della nuova religione che veniva autorizzata; ma che poi il Pontefice, sollecitato da Domenico ed ispirato da Dio, sottoscrivesse nello stesso giorno una dichiarazione sul motivo speciale che l'avea a ciò indotto; ed un mese più tardi credesse opportuno di manifestare liberamente tutto il suo pensiero e la sua volontà. Onorio inoltre, ai 7 del seguente febbraio, confermò con apposito breve una disposizione data nella prima lettera, quella cioè che proibiva ai Frati Predicatori di lasciare la propria religione per entrare in un'altra, a meno che non fosse più austera.

Avendo così Domenico ottenuto da Roma tutto che aveva sperato, doveva certo aver fretta di tornate fra i suoi; ma l'imminente quaresima lo trattenne; ed ei ne prese occasione per esercitare nella capitale del mondo cristiano il ministero apostolico che gli era stato affidato. Straordinario ne fu il successo. Nel palazzo stesso del Papa, alla presenza di rispettabili uditori, commentò le lettere di S. Paolo; e ciò dà a conoscere come Domenico, ad eccezione delle controversie cogli eretici, seguisse nella predicazione il metodo stesso dei Padri della Chiesa, spiegando al popolo la Sacra Scrittura, non a frasi spezzate prese qua e là, ma per ordine, in modo che la storia, la morale e il domma si illustrassero l'un l'altro, e l'ammaestramento fosse il fondo dell'eloquenza. Il pulpito infatti non è che una cattedra di teologia popolare. Di là, per mezzo delle labbra del sacerdote iniziato a tutti i misteri della scienza divina, devono sgorgare, sulla terra i fiumi della dottrina eterna con le tradizioni del passato e le speranze dell'avvenire. Secondo il crescere e l'abbassarsi di questi fiumi, crescerà o illanguidirà la fede nel mondo. Domenico eletto da Dio a ravvivare l'apostolato nella Chiesa, avea senza dubbio riflettuto alle condizioni proprie della parola evangelica; e a giudicarne, dal primo saggio che ne dette a Roma nella piena maturità della Vita, dobbiamo credere che egli desse gran peso all’esposizione ordinata delle sacre lettere. Una memorabile istituzione sta ad attestare il frutto di questa sua predicazione. Imperocchè desiderando il Papa che tutto il bene allora ottenuto non fosse passeggero nel popolo romano e specialmente nella sua corte, a cui quella predicazione era stata particolarmente ordinata, volle farne un ufficio perpetuo col nome di Maestro del Sacro Palazzo. E Domenico fu il primo ad essere investito di tale carica, ritenuta anche oggi con onore dai suoi discendenti. Anzi col tempo ne sono cresciuti i privilegi e i doveri; e da semplice predicatore e maestro di spirito in Vaticano, il Maestro del Sacro Palazzo è divenuto il teologo del Papa, il censore generale dei libri che si stampano e s'introducono in Roma, il solo che abbia facoltà nell'Accademia teologica romana di elevare al grado di dottore, quegli che designa chi deve predicare nelle solennità alla presenza del S. Padre: tutte cose importanti, e che portano con sé buon numero di onorifici privilegi; onde tale ufficio giustamente ed invidiabilmente si è trasmesso dall'uno all'altro nei figli di Domenico.

Il santo Patriarca, dietro la fama acquistatasi in Roma con la sua predicazione, ebbe occasione di visitare la casa del Cardinale Ugolino, vescovo di Ostia, venerando vegliardo di settantatrè anni, discendente dalla nobile famiglia dei Conti, già da venti anni decorato della porpora, ed amico altresì di S. Francesco d'Assisi, il quale gli presagì la tiara, e più volte gli scrisse in questi termini: Al Reverendissimo padre e signore Ugolino, futuro vescovo di tutto il mondo e padre delle nazioni. Per quanto di età avanzata, Ugolino si sentì attratto verso Domenico come lo era stato verso Francesco; ed il suo cuore, sempre giovane, fu capace di, nutrire per ambedue eguale amicizia. E’ privilegio di alcune anime l'esser feconde di caldi affetti fino all'ultima ora; quello di Domenico fu di non perdere un'amicizia che per acquistarne delle altre. Ed il vecchio cardinale Ugolino, destinato a morire quasi centenario sul trono pontificale, fu dato da Dio a Domenico, affinché lo riponesse nella tomba, ne celebrasse i funerali colla pietà di un amico, ne tramandasse ai posteri la memoria, scrivendone il nome, con infallibilità di pontefice, nell'albo dei Santi. Né questi soli furono i frutti di cosi nobile amicizia.

Nella casa del Cardinale vi era un giovane italiano, Guglielmo di Monferrato, venuto a Roma a passarvi le feste di Pasqua. La figura e i modi di Domenico molto l'impressionarono e finirono per condurlo a delle risoluzioni, ch'egli stesso così racconta: «Ecco, sono quasi sedici anni ch'io venni a Roma per passarvi la quaresima, e fui ospite dell'attuale Pontefice, allora Vescovo di Ostia. Fra Domenico, fondatore e Maestro dell'Ordine dei Predicatori, che si trovava allora presso la corte romana, veniva spesso a trovare il Vescovo d'Ostia; così ebbi modo di conoscerlo, e tanto mi piacque la sua conversazione, che presi ad amarlo. Più e più volte parlammo delle cose riguardanti la nostra salvezza e quella degli altri, e mi parve di non essermi mai imbattuto in uomo più religioso di lui, quantunque di santi uomini fin d'allora ne, avessi conosciuti parecchi; ma nessuno mi era apparso ripieno di tanto zelo per la salvezza del genere umano. Nello stesso anno andai a Parigi per studiarvi teologia, dopo aver convenuto fra noi che fra due anni, terminati io gli studi e lui ultimata la fondazione del suo Ordine, saremmo andati insieme ad evangelizzare i pagani, che si trovano nella Persia e nelle regioni del Settentrione» . Così Domenico si guadagnava ad un tempo il cuore di un vecchio ed il cuore di un giovane, e non aveva appena ottenuto la conferma del suo Ordine, che già pensava ad aprirgli lui stesso le porte del Settentrione e dell'Oriente. La sua anima, quasi a disagio nell'Europa incivilita, lanciavasi verso i popoli non ancora illuminati dal cristianesimo; là desiderava di terminar la sua corsa e di suggellare col martirio il suo apostolato.

Una visione contribuì ad infervorarlo nei suoi propositi. Mentre un giorno pregava in S. Pietro per la conservazione e la propagazione del suo Ordine, fu rapito in estasi, e gli apparvero i due Apostoli Pietro e Paolo: Pietro nell'atto di offrirgli un bastone, Paolo un libro; ed una voce ripeté queste parole: «Vai e predica, poiché a questo sei eletto» ; e nel tempo stesso vide i suoi discepoli diffondersi a due a due per tutto il mondo ad evangelizzarlo. Da quel giorno Domenico ebbe il costume di portar sempre con sé le lettere di S. Paolo ed il Vangelo di S. Matteo; e sia nei suoi viaggi, sia ancora per le città camminò sempre col bastone in mano.

 

 

 

INDICE

INTRODUZIONE

 

Capitolo I. Genesi di S. Domenico

Capitolo II Arrivo di S. Domenico in Francia

Suo primo viaggio a Roma

Colloquio a Montpellier .

Capitolo III Apostolato di S. Domenico dall' abboccamento di Moutpellier fino al principio della guerra Albigese

Fondazione del monastero di Notre-Dame di Prouille

Capitolo IV Guerra degli AlbIgesi

Capitolo V Apostolato di S. Domenico dal principio della guerra Albigese fino al quarto

Concilio Lateranense

Istituzione del SS. Rosario

S. Domenico ed i suoi primi discepoli a Tolosa

Capitolo VI Secondo viaggio di S. Domenico a Roma

Approvazione provvisoria dell'Ordine dei Frati Predicatori fatta da Innocenzo III

Incontro di S. Domenico con S. Francesco d'Assisi

Capitolo VII Riunione di S. Domenico e del suoi compagni a Notre-Dame di Prouille

Regola e Costituzioni dei Frati Predicatori

Fondazione del convento di S. Romano a Tolosa

Capitolo VIII Terzo viaggio di S. Domenico a Roma

Conferma dell'Ordine dei Frati Predicatori

Predicazione di S. Domenico nel palazzo del Papa

Capitolo IX Nuova riunione dei Frati Predicatori a Notre-Dame di Prouille, e loro diffusione in Europa

Capitolo X Quarto viaggio di S. Domenico a Roma

Fondazione dei conventi di S. Sisto e di S. Sabina

Miracoli che accompagnarono queste due fondazioni

Capitolo XI Soggiorno dì S. Domenico a S. Sabina

S. Giacinto ed il B. Ceslao entrano nell'Ordine

Miracolosa unzione fatta dalla Vergine Santissima sul B. Reginaldo

Capitolo XII Fondazione dei conventi di S. Giacomo a Parigi, e di S. Niccolò di Bologna

Capitolo XIII Viaggio di S. Domenico in Spagna ed in Francia

Sue veglie nella grotta di Segovia

Modo di viaggiare e sistema di vita del Santo

Capitolo XIV Quinto viaggio di S. Domenico a Roma

Morte del B. Reginaldo

Il B. Giordano di Sassonia entra nell'Ordine

Capitolo XV Primo Capitolo Generale dell'Ordine

Dimora di S. Domenico in Lombardia

Istituzione del Terz'Ordine

Capitolo XVI Sesto ed ultimo viaggio di S. Domenico a Roma

Secondo Capitolo Generale Malattia e morte del Santo Patriarca

Capitolo XVII Traslazione del corpo di S. Domenico

Canonizzazione del Santo

 

 

APPENDICE

L'ORDINE DI S. DOMENICO

Capitolo I Della legittimità degli Ordini religiosi dinanzi suo Stato

Capitolo II Idea generale dell'Ordine dei Frati Predicatori

Motivi per ristabilirlo in Francia

Capitolo III Azione dei Frati Predicatori come Apostoli

Loro Missioni nell' antico e nel nuovo mondo

Capitolo IV Azione dei Frati Predicatori come dottori

S. Tommaso d'Aquino

Capitolo V Artisti, Vescovi, Cardinali, Papi, Santi e Sante, dati alla Chiesa dall’Ordine dei Frati Predicatori

Capitolo VI L'Inquisizione

Capitolo VII Conclusione

 

 

 

 

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