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SI VIS PACEM…

Pasquale Nesi

La pace e la democrazia occidentale nella trappola del terrorismo islamico
Sono passati migliaia di anni da quando certe lezioni che gli antichi andavano diffondendo tra se stessi e alle generazioni future, vennero stigmatizzate in poche, brevi frasi, ma di sicuro effetto. Frutto di una saggezza finemente coltivata, quelle poche e semplici parole avevano dentro il seme dell’esperienza che doveva essere trasmessa affinché il contributo fornito alla civiltà umana non andasse perduto. Sono passati secoli, millenni e la civiltà umana si è evoluta, in direzioni talvolta diverse da zona a zona, secondo principi persino contrapposti in certi casi. Ma almeno per quello che riguarda la civiltà che per convenzione viene definita "occidentale", il principio secondo cui la pace viene costruita ed assicurata attraverso un’attenta e minuziosa preparazione dei popoli alla guerra (se non altro alla guerra di difesa della libertà conquistata sicuramente con grandi sacrifici), più che essere osservato ed onorato, è stato nel tempo assecondato per necessità, ma con il fine, perseguito e raggiunto, di superare le barriere che dividevano le nazioni e le ideologie, fino al momento in cui si è capito che l’integrazione pacifica nel proprio tessuto sociale di culture diverse e il rispetto delle differenze in funzione del raggiungimento di un grado di civiltà sempre superiore, sono l’unica via che esclude o quanto meno minimizza la possibilità di ogni sorta di conflitto. Il limite di questo processo, però, è stato forse il modo in cui esso è stato gestito. Raggiungere l’unificazione dell’Italia, costruire l’Europa unita sull’esempio delle democrazie occidentali più evolute, Usa inclusi, vincere i rischi della guerra fredda attraverso uno sforzo congiunto delle maggiori potenze, per il disarmo mondiale, persino lo stesso andare verso un processo di globalizzazione oggi tanto demonizzato da certi dimostranti, ma che è l’esempio più lampante della necessità di estendere lo sviluppo economico come quello culturale anche ai paesi più poveri, contro il rischio di pericolose esclusioni dai progetti di sviluppo mondiale ai loro danni, sono tutti stati sforzi utili, ma sfortunatamente poco produttivi. La storia ha voluto che il ritmo e la qualità del progresso della cultura occidentale non fossero lo stesso ritmo e la stessa qualità dell’evoluzione parallela e contraria della cultura islamica; il principio del confronto non è valso, purtroppo, tra due termini come la cultura occidentale e quella islamica, che ora si trovano faccia a faccia, a voler difendere forse lo stesso diritto alla libertà ed alla pace, maturato nel tempo per vie opposte. E il mondo islamico, lo sappiamo oggi come l’abbiamo sempre saputo, fonda il raggiungimento finale di uno stato di pace solo sulla lotta, sul terrorismo, sulla guerra. Noi no, ma loro sì. E per guerra deve intendersi non solo una lotta ideologica, di religione e di cultura, ma una guerra fisica, materiale. L’evoluzione culturale del mondo occidentale è stata, invece, in un senso verso l’annullamento di ogni occasione di scontro armato, verso una pace costata sicuramente molte vittime nel passato e in un altro senso verso la cosiddetta "tolleranza" nei confronti dell’ingresso all’interno dei propri confini ideologici oltre che territoriali, di uomini di differenti culture come, appunto, gli esponenti del mondo islamico, nel rispetto dei diritti e delle libertà reciproche, fino al punto di arrivare ad una sorta di comunione generale di tutti i popoli, col fine di mettere in comune intelligenze, risorse, cultura, sviluppo. Sta di fatto che uomini di cultura e religione islamica si sono inseriti pian piano nel tessuto sociale mondiale, hanno costruito le proprie moschee, hanno saputo sfruttare la tolleranza democratica del mondo occidentale, ci hanno studiato, si sono preparati nelle nostre università, hanno capito i nostri punti deboli ed ora sono ovunque, pronti a metterci in ginocchio, in quanto "infedeli", in quanto immagine opposta dello stato di pace che l’Islam continuerà a perseguire con la guerra e il terrorismo. Questo tipo di guerra, l’Islam se l’è preparata, nel tempo, molto accuratamente, proprio sfruttando subdolamente la libertà e la democrazia del mondo occidentale che adesso vuole combattere ed annientare, in quanto immagine satanica. È l’occidente che, facendo assegnamento proprio sul fatto di essere in grado sempre di evitare gli scontri armati col dialogo, non solo non si è preparato all’eventualità di una guerra come quella che oggi stiamo vivendo, ma non è stato in grado di individuare il seme del pericolo presente nella cultura islamica già dai tempi più remoti. Forse la trappola islamica in cui è caduta la democrazia e la pace di matrice culturale occidentale, non è così sicura, ma la lezione che il mondo occidentale sta imparando dovrà essere digerita in un arco di tempo molto ampio e la pace a cui bisognerà tendere è un obiettivo molto difficile da raggiungere.

 

 

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