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Ci siamo chiesti quale sia la fonte di tanti problemi che riguardano i paesi islamici

Fino a che punto si può parlare di "colpe dell’Occidente"?

di Benedetto Maria Fulgione

E’apparso ancora più chiaramente in questi ultimi due mesi, dagli avvenimenti e dagli studi condotti sul mondo islamico, ciò che già si sapeva, e cioè che esso è afflitto da una serie di problemi interni che reclamano di essere risolti al di là del fatto che vengano sistematicamente ricondotti dagli islamici a presunte colpe dell’Occidente. L’Islam soffre di un forte ritardo tecnologico rispetto all’Occidente; l’industrializzazione procede a ritmo molto lento, l’economia in genere è appena sviluppata, la cultura, così come l’arte, è in perpetuo abbozzo. L’organizzazione statale è arretrata e primordiale e la morale sociale e privata è asfissiante e mortificante nei confronti di molti valori dell’uomo; ma tutti questi problemi appena accennati non trovano colpa nell’Occidente. Allora cosa hanno da lamentare i fondamentalisti islamici nei riguardi dell’Occidente e cosa dipende solo da loro? Indubbiamente gli occidentali hanno profittato delle mille difficoltà dell’Islam per sfruttare anche eccessivamente il mondo arabo. Mondo che, si badi bene, non esisteva fino a cinquanta anni fa. E che ancora oggi stenta a prendere coscienza di se stesso. Ma l’impero ottomano è caduto dopo la prima guerra mondiale, per colpa degli occidentali o per implosione dovuta alla corruzione e alla stanchezza del popolo e dei governanti? La Francia e l’Inghilterra hanno dato solo una scossa ad un edificio che sarebbe crollato comunque da sé. E il mondo musulmano, residuo dell’Impero, rimasto allo stato quasi primordiale di cultura e di civiltà non poteva certo imputare la sua condizione alla cattiveria o allo sfruttamento degli inglesi o dei francesi. Oggi Bin Laden lamenta che da ottant’anni (in conseguenza dello sfacelo dell’Impero Ottomano dopo la prima guerra mondiale) gli infedeli occupano i luoghi santi. Ma cosa ne farebbe qualora fossero lasciati dai presunti occidentali al potere delle sue mani (il regno saudita, gli emirati arabi, la Giordania)? Li aprirebbe alle esigenze di vita moderna o li stringerebbe tutti con un bel burqa per obbedire al suo capriccio, o preteso religioso?

Non è quindi questione di guerra di religione contro gli occidentali, è necessità per l’Islam di confrontarsi con se stesso e le esigenze di vita dell’uomo della società tecnologica. E’ questo il problema vero da affrontare, il nodo da sciogliere. Da qui nasce il suo vero malessere. Non è questione di oppressione degli stranieri, o dello sfruttamento (che certo è reale e va eliminato), o di un supposto tentativo di cancellare la loro religione. La domanda è: fin dove è possibile applicare alla lettera il Corano alla vita dell’uomo di oggi, e fin dove bisogna riconoscere il divorzio fra Stato e Religione, tra scienza e fede, tra morale religiosa e giustizia dello Stato, tra politica, economia, arte, libertà civili ed istanze della fede? Perché puoi avere fino a quattro mogli nella società di oggi così complessa, ma ti condanni a morte se commetti adulterio o se vuoi cambiare religione? Noi occidentali non vogliamo e non dobbiamo entrare in simili questioni, ma l’Islam non avrà pace con se stesso e con gli altri fin quando non avrà dato risposta a simili questioni.

A noi, tutto questo, nel nostro mondo, ci è costato cinque secoli di guerre, condanne al rogo, compromessi, rivoluzioni, notti di S. Bartolomeo, spaccature di nazioni, liti di Chiese e di famiglie, infamie, tradimenti e simili vergogne. Quanto ci impiegherà l’Islam? Finita questa amarissima guerra con i suoi morti e le sue ingiustizie dovrà pure venire il momento dell’esame di coscienza. E sarà un processo lungo e molto doloroso dove si scontreranno credenti contro credenti, correnti religiose contro correnti religiose. Noi non potremo che essere spettatori impotenti purtroppo, perché non si tratterà di guerre tra religioni, ma sarà l’anima dell’Islam e dei suoi fedeli a soffrire.

Se la nostra esperienza potesse essere utile a loro!

 

 

Benedetto Maria Fulgione.

 

 

 

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